RISERVE ACCERTATE DI PETROLIO

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1 127 I L P E T R O L I O Il petrolio è un materiale combustibile liquido, oleoso, più o meno viscoso, di colore da bruno chiaro a nero, di odore spesso sgradevole, che si incontra in natura in rocce sedimentarie. Il petrolio è stato trovato in tutti i ontinenti. Le regioni petrolifere più importanti sono nel Medio Oriente (coste del Golfo Persico, Arabia, Iran, Irak) nell'africa settentrionale (Algeria, Tunisia, Libia), negli Stati Uniti del Sud-Ovest (Texas/Oklahoma, Louisiana) e dell'ovest (alifornia), in Venezuela, nell'urss (Mar aspio, Asia entrale). Petrolio in quantità meno rilevante è prodotto in molte altre regioni della Terra. L'Italia dispone di modesti giacimenti di petrolio in Sicilia (Gela, Ragusa) e modestissimi sul ontinente (Abruzzo, Emilia). Le riserve accertate ammontano a circa 95 Gt. La ripartizione geografica ed i consumi sono riportati nelle figg RISERVE AERTATE DI PETROLIO % , ,5 0 OPE Am. Nord Am. Sud Africa ex URSS + ina Europa Altri Fig.1

2 128 Fig Riserve accertate 60 Gt onsumo cumulativo Anno Fig. 3

3 129 Si valuta che tutto il petrolio recuperabile esistente sulla Terra ammonti a circa 500 miliardi di t. E però certo che il petrolio non si forma con lo stesso ritmo con cui viene consumato. I giacimenti di petrolio si trovano a profondità variabili da poche decine di metri a oltre 8000 metri, in rocce del Paleozoico o più recenti. L'origine del petrolio rimane, nonostante i molti studi in proposito, tra i misteri della Terra. È però generalmente ammesso che sia un'origine prevalentemente organica, a partire da resti di organismi marini (in gran parte alghe, plancton, batteri) che si sarebbero accumulati assieme a sedimenti inorganici in vicinanza del mare. La concentrazione inizialmente non era elevata, ma poi i gas ed i liquidi migrarono in zone costituite da materiali porosi. In un lungo periodo di tempo, carboidrati e proteine furono distrutti per azione batterica lasciando un olio che è più difficile a attaccare da parte dei batteri. Questi materiali avrebbero subito quindi, col trascorrere del tempo (da qualche millennio a qualche centinaio di milioni di anni), azioni chimiche, fisiche e microbiologiche fino a trasformarsi nell'attuale grezzo Perché il petrolio grezzo (e con esso il gas naturale) possa essersi conservato sono considerate essenziali le seguenti condizioni: 1. Presenza di rocce-serbatoio, porose e fessurate, in grado di trattenere il petrolio (sabbie, arenarie, calcari); 2. Presenza di rocce di copertura, impermeabili, al disopra delle rocce-serbatoio; il cosiddetto arco anticlinale ha una cima compressa ed ha densità maggiore rispetto alle rocce circostanti (fig. 4) 3. onfigurazione «chiusa» degli strati di roccia, tale da impedire la fuga dei fluidi. Fig. 4

4 130 Queste condizioni definiscono una «trappola» potenziale, nella quale si può accumulare petrolio (assieme ad acqua o a gas). Quando viene estratto, è bene che la portata di estrazione sia bassa, per mantenere il pozzo in pressione e quindi risparmiare energia nel pompaggio. Il gas naturale e la O 2 fuoriusciti possono essere addirittura reimmessi nel pozzo per ripressurizzarlo. In queste condizioni ( bassa portata e riciclo a 9,6 Mpa) si recupera il 70% del grezzo presente nel pozzo. L aria non sarebbe adatta per la ripressuruzzazione in quanto deteriora il prodotto. Quanto il materiale è troppo pesante e necessita di fluidificazione per la estrazione, si può iniettare vapore o addirittura introdurre aria in modo da bruciare una piccola parte del grezzo presente con generazione di calore e quindi renderlo più fluido. L'analisi elementare di grezzi di diversa origine da risultati abbastanza costanti per quanto riguarda e H, i due costituenti fondamentali. Entro limiti percentualmente più ampi possono invece variare gli altri elementi (S. N e O) (Fig. 5) 11,4-11,8% 0,05-8% S 0,05-3% O N 0,02-1,3% H Fig % La composizione elementare, e soprattutto il tenore in carbonio e idrogeno, non variano molto perché il petrolio grezzo è costituito in larga prevalenza da idrocarburi appartenenti a poche serie omologhe. Il differente rapporto /H deriva in gran parte da diversa abbondanza relativa di ciascuna serie. Per valutare un grezzo l'analisi elementare non ha importanza rilevante, dato che a differenze minime della composizione elementare può corrispondere una difformità notevole della distribuzione delle diverse serie di idrocarburi. Questa distribuzione è determinante per valutare un grezzo e stabilirne la qualità e la distribuzione dei prodotti primari. Dal punto di vista pratico o importante la distribuzione dei componenti del grezzo in base alle dimensioni molecolari (verificabile attraverso la distillazione frazionata). L'uno e l'altro criterio sono determinanti ai fini della valutazione tecnologica e commerciale dei petroli grezzi.

5 131 Gli idrocarburi del petrolio Nei grezzi si trovano idrocarburi appartenenti a quattro gruppi principali: paraffine, nafteni (cicloparaffine), aromatici e non saturi. Altri non sono presenti nel grezzo ma si formano nei processi di trasformazione. Idrocarburi alifatici n-paraffine ( 30) (a catena lineare di atomi di carbonio): sono i costituenti di tutti i grezzi. Isomeri a catena lineare o poco ramificata (purtroppo!!!) i-paraffine (a catena ramificata): i grezzi ne hanno un contenuto limitato (max 0,2%) ma sarebbero desiderabili in quanto hanno un comportamento migliore nei motori a combustione interna. Si formano anche nei processi della lavorazione per reforming catalitico, alchilazione, isomerizzazione. olefine: sono assenti nel grezzo, aumentano il potere antidetonante delle benzine, anche se non in modo così efficace come le iso paraffine. Tendono a polimerizzare ed a ossidarsi e questo è indesiderabile. Idrocarburi ciclici Nafteni (cicloalcani): sono i secondi maggiori componenti nella gran parte dei grezzi. Hanno la stessa formula chimica delle olefine ma sono saturi. H 3 Aromatici: toluene, etilbenzene, o-, m- e p-xilene; sono scarsi; contenuto relativamente alto nei grezzi del Borneo, Sumatra etc. I non idrocarburi Accanto agli idrocarburi, i grezzi possono contenere svariati altri composti organici. Si tratta di composti solforati, ossigenati e azotati degli idrocarburi.

6 132 S : costituente indesiderato a causa dell odore, è corrosivo. In genere lo si rimuove recuperandolo come S elementare. Oltre allo S elementare si può trovare nel grezzo H 2 S, mercaptani, tiofene, disolfuri, solfuri ciclici ed alifatici. Alcuni composti solforati si decompongono a temperatura relativamente bassa ( ) liberando H 2 S; quindi il ritrovamento di H 2 S nei distillati di petrolio non è prova certa della sua presenza nel grezzo di origine. N: i grezzi contengono meno azoto (da 0 a 1,3%) che zolfo. In base alla titolabilità con acido perclorico si possono classificare in: a) composti basici, tra i quali la piridina e i suoi alchilderivati, le chinoline, le benzochinoline ; b) composti non basici, tra i quali il pinolo, l'indolo, il carbazolo e loro alchilderivati. Tra i composti azotati possono essere annoverate le porfirine, che spesso sono considerate separatamente per la loro capacità di formare complessi stabili con alcuni metalli. I complessi metalloporfìrinici sono di solito associati con i residui asfaltici dei grezzi nei quali sono presenti. In genere la presenza di composti azotati non dà fastidio, limitatamente all impiego del prodotto finito. Metalli : più spesso presenti vanadio e nichel, ma anche Fe; avvelenano i catalizzatori. O: l'ossigeno totale nei grezzi si ritiene non superi mai il 2%; analogamente allo zolfo e all'azoto, si concentra nei prodotti alto-bollenti. I composti ossigenati più abbondanti sono gli acidi naftenici (fino a 0,4% sul grezzo), e tra essi i derivati del ciclopentano OOH (acidi ciclopentancarbossilici) e del cicloesano (acidi cicloesancarbossilici). Il grezzo è inoltre sempre inquinato da componenti accidentali: acqua e materiali inorganici (sali disciolti nell'acqua, particelle di ossidi di ferro, quarzo, mica e rocce diverse). Possono provocare corrosione e vanno eliminati. N SH N SH lassificazione dei grezzi: A in base ai componenti S Benzine Lubrificanti Bitumi PARAFFINII Libia poco basso N.O. buoni no NAFTENII Venezuela molto poche e buone cattivi ottimo AROMATII Borneo ottime cattivi

7 ,5 densità B - in base alla densità: API 131, 5 La distillazione analitica del grezzo Per determinare la resa delle diverse frazioni dal petrolio grezzo, questo viene distillato in laboratorio. Per una valutazione accurata si impiega un apparecchio costituito da un pallone di vetro sormontato da un'efficiente colonna di rettifica. Riscaldando il fondo del pallone, dal liquido si sviluppano i vapori che vengono condensati mediante un refrigerante; il liquido condensato viene raccolto in recipienti graduati. Riportando in un diagramma il volume % distillato in funzione della temperatura segnata da un termometro posto in testa alla colonna si ottengono delle curve (curve di distillazione TBP), delle quali un esempio è riportato nella Fig temperatura del vapore, medio oriente (K it) libico (Dahra) volume grezzo distillato, % Fig. 6 urve di distillazione (metodo TBP) di due grezzi: il Dahra, più «leggero», il Kuwait più «pesante». Le curve riportate sono ottenute mediante distillazione a pressione atmosferica fino a 350 e mediante distillazione sotto vuoto al disopra di tale temperatura. I dati della distillazione sotto vuoto sono riportati con il calcolo alla pressione atmosferica per tracciare una curva continua. Dal grafico riportato risulta che a temperatura dei vapori 200, del grezzo Kuwait è distillato il 28 % circa in volume, del grezzo Dahra è distillato il 42 % circa in volume. Il grezzo Dahra, più ricco in frazioni leggere (benzine), è definito convenzionalmente «più leggero». Non è possibile distillare a pressione atmosferica un grezzo al disopra di circa 350. Le curve della Fig. 6 si riferiscono a distillazione a pressione atmosferica fino a una certa temperatura, proseguita poi a pressione ridotta. Le temperature lette a pressione ridotta vengono riportate a pressione atmosferica con una delle note correlazioni, per es. con il nomogramma di Fig. 7.

8 134 Fig.7 il nomogramma riporta le tensioni di vapore degli idrocarburi tra 0,1 e 100 atm. Si possono ricavare le temperature di ebollizione a pressione atmosferica delle frazioni di petrolio dalle temperature determinate a pressioni differenti.

9 135 Dalla Fig. 6 si può valutare la resa in frazioni di prima distillazione ottenibili da un grezzo. Per es. la frazione benzina (per convenzione fino a 200 ) rappresenta circa il 28% del grezzo Kuwait, e il 42% del grezzo Dahra. Analogamente si possono valutare le rese nelle frazioni che distillano a temperature superiori. Se, in corrispondenza dei punti segnati sulle curve, si provvede a raccogliere separatamente le singole frazioni, si può analizzarle separatamente. Su questo criterio si fonda il metodo di valutazione del grezzo più largamente diffuso, quello del Bureau of Mines degli Stati Uniti. Si distilla il grezzo in un apparecchio normalizzato fino a 275 sotto pressione atmosferica, e successivamente sotto 40 mm (Hg) di pressione residua. Si raccolgono le frazioni bollenti entro intervalli di 25 (per es , , ecc.) e si determina la densità (o l API Gravity *) di due frazioni: quella che distilla tra 250 e 275 a pressione atmosferica (frazione chiave n. 1) e quella che distilla tra 275 e 300 a 40 mmhg (frazione chiave n. 2). Se la frazione n. 1 ha densità 0,825 o inferiore (API gravity 40 o superiore) le frazioni basso-bollenti del grezzo sono considerate paraffiniche, se ha densità 0,860 o superiore (API (gravity 33 o inferiore) tali frazioni sono considerate nafteniche; se la densità è compresa tra i due limiti sopra riportati le frazioni basso-bollenti sono considerate intermedie o a struttura mista. In base alla densità della frazione chiave n. 2 si classificano le frazioni alto-bollenti: se la frazione chiave n. 2 ha densità inferiore a 0,876 (API Gravity superiore a 30) le frazioni alto-bollenti sono considerate paraffiniche, se ha densità 0,934 o superiore (API Gravity inferiore a 20) sono considerate nafteniche. Se la frazione chiave n. 2 ha densità compresa tra i due limiti citati le frazioni alto-bollenti sono definite intermedie o a struttura mista. Bureau of Mines (USA): criterio di valutazione distillare il grezzo fino a 275 a Patm poi ridurre a 40 Torr Si raccolgono due frazioni: Frazione chiave N 1 Frazione chiave N 2 Frazione chiave 1 Le frazioni basso bollenti sono: d<0,825 (> 40 API) paraffiniche d>0,860 (< 33 API) nafteniche Frazione chiave 2 Le frazioni alto bollenti sono: d<0,876 (> 30 API) paraffiniche d>0,934 (< 20 API) nafteniche * API è la sigla dell'american Petroleum Institute. La relazione tra API Gravity e densità relativa (a 15 /15 ) è espressa dalla: API =141,5/d - 131,5

10 136 Benché l'industria della raffinazione del petrolio sia sotto molti aspetti un'industria chimica, essa presenta caratteri del tutto particolari. Tra questi ricordiamo le grandi dimensioni degli impianti, le grandi produzioni, la variabilità delle produzioni, la flessibilità dei processi. Un aspetto caratteristico di questa industria che la differenzia dall'industria chimica vera e propria sta nel fatto che i prodotti di raffineria non sono di regola composti chimici, ma miscele di numerosi componenti, le cui prestazioni in determinati impieghi sono assai più importanti della loro composizione chimica. È tuttavia evidente che la composizione e le caratteristiche fisiche dei vari prodotti di raffineria sono determinanti sulle loro prestazioni. Un altro aspetto caratteristico dell'industria della raffinazione del petrolio è che le esigenze del mercato nei riguardi delle prestazioni dei prodotti la condizionano fortemente. iò comporta un continuo adeguamento delle caratteristiche oltre che delle quantità dei prodotti alle richieste del mercato, espresse dai «requisiti di accettazione», spesso definite impropriamente «specifiche». hiariamo meglio questo aspetto di un'industria così importante con un esempio. In una fabbrica di acido solforico si ottiene un solo prodotto chimico, eventualmente in qualità diverse per concentrazione o per presenza di impurezze. Il composto prodotto è però sempre lo stesso. In una fabbrica di metanolo e formaldeide, attraverso processi e con impianti complessi e tra loro collegati si ottiene una gamma di prodotti principali (appunto il metanolo e la formaldeide) e sottoprodotti, che vengono venduti specificandone composizione, concentrazione, purezza ecc. Nel caso dell'industria del petrolio, i prodotti (miscele di più componenti) devono essere preparati «su misura» in funzione delle esigenze dei consumatori, esigenze che mutano nel tempo. Raffinerie: Si classificano in base a: potenzialità ciclo produttivo 1. Raffinerie a combustibili: producono distillato e residuo. 2. Raffineria a reforming: produce anche benzina di qualità. 3. Raffineria a cracking: aumenta anche la resa in benzina 4. Raffineria a lubrificanti: presenza di topping s.v. 5. Raffineria completa Per classificare le raffinerie di petrolio si ricorre a due criteri principali: 1) la capacità lavorativa o potenzialità, 2) il ciclo operativo. Il primo criterio non è assoluto: la quantità di petrolio grezzo che una raffineria può lavorare è vincolata dalla qualità del grezzo e dalla distribuzione e qualità dei prodotti. Una raffineria da 5 milioni di t/anno può lavorare la quantità indicata di un determinato grezzo nel periodo di un anno, a portata costante dell'alimentazione, fornendo una

11 137 determinata gamma di prodotti finiti. Dal punto di vista del ciclo operativo si usa classificare le raffinerie in alcuni gruppi fondamentali. Le raffinerie a combustibili producono una gamma più o meno completa di distillati più un residuo. Se la raffineria, accanto all'impianto di distillazione primaria (topping) dispone di un impianto di reforming per produrre benzina per motori di qualità commerciale si parla di raffineria a reforming. Se, per aumentare la resa in benzina la raffineria dispone di altri impianti, come un cracking o un idrocracking, si parla di raffineria a cracking. Le raffinerie che forniscono almeno il 10-15% dei loro prodotti sotto forma di oli lubrificanti base si chiamano raffinerie a lubrificanti. Esse devono disporre di un impianto di topping sotto vuoto. Si considerano infine complete le raffinerie che realizzano lavorazioni a combustibili e a lubrificanti. Sono queste le raffinerie più complesse e di maggiore potenzialità. Vi si trovano installati impianti di ogni genere, anche del tipo petrolchimico. I principali prodotti delle raffinerie Dalla lavorazione del grezzo le raffinerie ottengono tre tipi di prodotti: 1) prodotti finiti, da immettere al consumo (benzina normale e super, cherosene, gasolio, ecc.); 2) prodotti semifiniti, da miscelare e trattare in vari modi per renderli atti all'uso (frazioni base per lubrificanti); 3) sottoprodotti o intermedi che la raffineria può non elaborare ulteriormente, ma cedere ad altre industrie (per es. gli intermedi per usi petrolchimici). Una possibile classificazione dei prodotti di raffineria è quella in base al peso molecolare medio degli idrocarburi in essi contenuti, che corrisponde in prima approssimazione a quella in base all'intervallo di ebollizione. Abbiamo così: 1) Gas incondensabili (H 2, H 4 e idrocarburi 2 ) 2) Gas liquefacibili (GPL, miscele 3-4 ; 3) Distillati leggeri per uso petrolchimico (la cosiddetta virgin naphtha); 4) Benzine per motori (prevalentemente per autotrazione); 5) Benzine solventi e idrocarburi aromatici singoli; 6) ombustibili per aviogetti; 7) herosene per motori, per riscaldamento e illuminazione; 8) Gasolio per motori Diesel 9) Oli lubrificanti; 10) Paraffina solida; 11) Olio combustibile residuo; 12) Bitume; 13) oke di petrolio.

12 138 Gas di raffineria e GPL I gas che vengono prodotti nelle raffinerie provengono da diverse fonti. In parte provengono dal topping, ma le quantità più rilevanti di gas si ottengono dai vari processi di conversione (cracking, reforming). I gas devono essere liberati dall'h 2 S e da eventuali altri composti solforati dai quali si può produrre S o acido solforico. I gas incondensabili vengono bruciati nei forni nella stessa raffineria. I componenti saturi (propano, butano) vengono liquefatti e immessi al consumo in cisterne o in bombole (GPL). Quelli non saturi (olefine) possono essere inviati all alchilazione. Distillati leggeri (virgin naphtha) Le frazioni di testa del topping, oltre che come materia prima per l'ottenimento di benzina per motori, trovano impiego come alimentazioni per processi petrolchimici: gassificazione a O+ H 2, cracking a olefine e ad acetilene. Benzina per motori Il prodotto più importante anche se non il più abbondante delle raffinerie di petrolio è la benzina per motori. Le condizioni di impiego di questo combustibile nei motori a scoppio e le tendenze della tecnica automobilistica costringono le raffinerie a modificarne spesso le caratteristiche chimico-fìsiche e quindi la composizione chimica. Le caratteristiche determinanti del comportamento della benzina nei motori a scoppio sono numerose. Le principali sono la volatilità, che viene valutata dalla curva di distillazione analitica ASTM, la tensione di vapore, e il potere antidetonante. Questo viene determinato prevalentemente attraverso il numero di ottano (N.O.), in un motore di prova (motore FR), per confronto con il comportamento di miscele binarie di n- eptano (al quale è assegnato per convenzione N.O. = zero) e 2,2,4- trimetilpentano (isoottano, al quale è attribuito N.O. = 100). Le benzine del commercio in Italia erano di due tipi: normale con N.O. non inferiore a 83 e super con N.O. non inferiore a 92. In entrambe era ammessa la presenza di antidetonanti piombo-alchilici (piombo tetrametile e/o piombo tetraetile) in concentrazione non superiore a 0,6 cm 3 /litro. heroseni (11 15) Sono i distillati (provenienti in gran parte dal topping) che bollono nell'intervallo di temperatura immediatamente superiore a quello delle benzine. ontengono idrocarburi tra 11 e 15. Il loro impiego si ha soprattutto come combustibile per uso domestico (per cottura dei cibi e per riscaldamento), per motori di macchine agricole, di piccoli natanti, ecc. Per l'impiego motoristico i

13 139 cheroseni devono avere un N.O. più alto possibile (quindi un alto tenore in aromatici). Gasolio I distillati di petrolio che bollono nel campo di temperature compreso tra quelli del cherosene e delle frazioni lubrificanti sono chiamati gasoli. I loro impieghi principali si hanno come combustibili per motori Diesel, per riscaldamento civile e per gassificazione. ome combustibili Diesel la loro caratteristica più importante è il comportamento nel motore, espresso con il numero di cetano (N..). Questo viene determinato in un motore di prova, per confronto con il comportamento di miscele binarie di n-esadecano (cetano) (al quale è assegnato per convenzione il valore N.. = 100) e -metilnaftalina (alla quale è assegnato N.. = 0). Il comportamento nel motore velocità di accensione in seguito a compressione della miscela aria-combustibile è migliore con gasoli paraffinici, peggiore con gasoli aromatici. Oli combustibili Sebbene questa definizione non sia molto soddisfacente, in quanto tutti i derivati del petrolio che vengono bruciati sono «oli combustibili», la si adotta per definire i combustibili pesanti, formati prevalentemente da residui di distillazione, impiegati per forni, caldaie, e grandi motori marini. Sono classificati in generale in base alla loro viscosità (che ne condiziona la pompabilità), al tenore di zolfo e di ceneri (che condizionano rispettivamente la concentrazione di SO 2 nei fumi e la corrosione degli impianti di combustione). Da considerare che gli insaturi presenti possono polimerizzare formando fanghi nei serbatoi. Oli lubrificanti Provengono da frazioni ottenute mediante distillazione sotto vuoto (distillati lubrificanti) e da residui estratti con solventi selettivi. Benché rappresentino una percentuale piccola del grezzo (circa il 2% mediamente), sono importanti per i loro svariatissimi impieghi e per i problemi connessi con la loro preparazione e con il loro impiego. Mentre le frazioni lubrificanti che si ottengono in raffineria dalla distillazione sotto vuoto sono poche (due-quattro), miscelazioni, trattamenti di raffinazione, aggiunte di additivi portano a un numero elevatissimo di lubrificanti finiti per i diversi impieghi. La caratteristica fondamentale degli oli lubrificanti è la viscosità, che ne determina in prima approssimazione l'attitudine a un determinato uso.

14 140 Paraffina I componenti n-paraffinici superiori a 20 sono solidi a temperatura ambiente. La paraffina viene messa in commercio in diverse qualità, come impermeabilizzante per carte, come sigillante, per la produzione delle candele, ecc. Sue caratteristiche determinanti sono il punto di fusione (deve essere piuttosto elevato) e il tenore in olio (deve essere quanto più basso possibile). Bitumi I residui della distillazione sotto vuoto effettuata nelle raffinerie per recuperare le frazioni lubrificanti costituiscono un materiale adatto come legante per materiali da costruzione (soprattutto per strade, terrazze e pavimentazioni varie). Dissalazione del grezzo II grezzo prodotto dai pozzi contiene inevitabilmente dell'acqua, di solito ricca di sali. Benché parte di quest'acqua (salamoia) si separi dal grezzo per decantazione durante le operazioni di immagazzinamento e trasporto dalla zona di produzione fino alla raffineria, molto spesso la raffineria riceve un grezzo che contiene acqua (e quindi sali). Questi sali devono esser allontanati dal grezzo prima della sua distillazione, perché nel corso di questa e delle successive operazioni provocherebbero corrosioni e incrostazioni. La prima operazione che una raffineria esegue in un grezzo è quindi molto spesso la dissalazione. Mediante questo trattamento, attraverso l'uso di composti chimici disemulsionanti o di campi elettrici ad alto potenziale, si rende instabile l'emulsione salamoia-olio e se ne consegue la separazione, realizzabile mediante un processo continuo.

15 141 LA DISTILLAZIONE PRIMARIA (TOPPING) II frazionamento industriale del petrolio si ottiene mediante vaporizzazione continua, pompando l'alimentazione attraverso forni a serpentino (pipe still) e separando poi in una colonna di frazionamento il liquido e il vapore che si sono formati nelle condizioni di temperatura e pressione esistenti in colonna. Liquido e vapore in questo caso hanno composizione costante nel tempo. Le colonne di frazionamento consistono in una serie di camere separate da piatti sovrapposti, opportunamente distanziati. iascun piatto ha un certo numero di fori muniti di un «camino» e di una «campanella» disposti in modo tale che i vapori, attraversato il camino, vengano obbligati a gorgogliare nel liquido che colma il piatto. I piatti moderni non sono sempre del tipo a «campanelle»: piatti perforati costituiti da semplici piastre di acciaio di spessori variabili, attraversate da fori di diametro e «passo» (triangolare e quadrato) pure variabile funzionano altrettanto bene. Per frazionare un petrolio grezzo in una colonna di topping (Fig. 8), l'alimentazione, preriscaldata a stadi successivi per scambio di calore con i prodotti distillati (dal più leggero, uscente dall'impianto alla temperatura più bassa, al più pesante, uscente alla temperatura più alta) e infine con il residuo, viene surriscaldata in un forno a serpentino e introdotta ad una certa altezza della colonna. Rispetto al punto di introduzione dell'alimentazione, la colonna si divide in due sezioni: si definisce «sezione di rettifica», la parte al disopra del piatto di alimentazione, «sezione di esaurimento» (o di stripping) quella al disotto di tale piatto. Le due sezioni purificano il prodotto di testa e di fondo rispettivamente, nel modo seguente. Ammettiamo di introdurre in colonna un alimentazione (grezzo) parzialmente vaporizzata: la porzione che resta liquida sul piatto ricade nella sezione di stripping, nella quale vengono eliminate dal liquido tutte le frazioni leggere che non s'intende prelevare dalla colonna insieme al prodotto di fondo (residuo). Quest'azione di esaurimento viene svolta da una corrente di vapori che sale dalla base della colonna e che, attraversando i piatti della sezione di esaurimento, asporta dal liquido le frazioni più volatili. I vapori di stripping possono essere vapor d'acqua introdotto dall'esterno oppure vapori di idrocarburi prodotti in un ribollitore esterno alla colonna o incorporato in essa. Salendo lungo la colonna, i vapori di stripping trascinano una piccola parte delle frazioni che in teoria dovrebbero far parte del prodotto di fondo; queste frazioni giunte al piatto di alimentazione si mescolano con la parte dell'alimentazione introdotta come vapore, e cominciano a salire lungo la sezione di rettifica della colonna. Qui avviene la rettifica delle frazioni che si desidera ottenere come «prodotto di testa». I vapori uscenti in testa alla colonna vengono condensati e in parte prelevati come prodotto di testa, in parte rinviati in colonna. Il riflusso viene realizzato in modo da mantenere ciascun piatto alla temperatura desiderata: i vapori provenienti dal piatto sottostante ad esso gorgogliano

16 142 attraverso il liquido, e le frazioni più pesanti si condensano; il calore latente liberato da questa condensazione fa evaporare le frazioni più leggere del liquido presente sul piatto e il vapore così formato sale assieme al vapore non condensabile alla temperatura del piatto verso il piatto soprastante per subirvi lo stesso processo di raffreddamento e condensazione parziale. Nello stesso tempo il vapore condensato su ciascun piatto ricade sul piatto sottostante, viene in parte vaporizzato dai vapori in salita, si unisce a questi e risale verso il piatto sovrastante dove si raffredda e condensa nuovamente. iascuna frazione contenuta nell'alimentazione viene vaporizzata e condensata più volte, finché non viene eliminata dal sistema. Quando una colonna deve separare la carica in più di due frazioni (prodotto di testa e di fondo), come avviene nel topping del grezzo, si prelevano le frazioni desiderate come «tagli laterali» da apposite prese laterali intermedie tra la testa della colonna e il piatto di alimentazione. Il calore necessario al lavoro di separazione delle diverse frazioni viene fornito alla colonna o tutto con l'alimentazione, o in parte con l'alimentazione e in parte al fondo alla colonna mediante ribollitori. Questo calore viene poi eliminato essenzialmente come calore latente nei condensatori di testa e come calore sensibile nei prodotti laterali, e in parte recuperato col preriscaldamento del grezzo Indipendentemente dal tipo di grezzo e dal numero e quantità delle singole frazioni che si desidera ottenere, il topping del grezzo ha caratteristiche costanti: consiste nelle due operazioni combinate di vaporizzazione parziale in equilibrio (flash) dell'alimentazione riscaldata nel forno e introdotta in colonna, per far evaporare tutti i componenti che si intende ottenere come distillati, e di distillazione frazionata per distribuire le frazioni vaporizzate nell'ordine del loro intervallo di ebollizione e recuperarle allo stato liquido o gassoso. Entrato in colonna, il grezzo parzialmente vaporizzato subisce il processo di distillazione frazionata indicato in Fig. 8; la porzione più pesante del grezzo, rimasta allo stato liquido, scende al fondo della colonna dalla quale viene prelevata come olio combustibile residuo; la porzione più leggera, evaporata, sale invece verso la testa della colonna, e per il processo cui si è accennato i vapori vengono raffreddati, condensati e prelevati allo stato liquido come frazioni con diversi intervalli di ebollizione. Ammettiamo di voler frazionare il grezzo in cinque prodotti: gas e benzina leggera assieme, benzina pesante, cherosene, gasolio, olio combustibile residuo, come indicato in Fig. 8. Il prodotto più volatile (gas e benzina leggera) viene prelevato dalla testa della colonna allo stato di vapore, normalmente alla temperatura del suo punto di rugiada (punto di rugiada: T alla quale, raffreddando il vapore, condensa la prima goccia di liquido). I prodotti che vengono prelevati dalla colonna allo stato liquido (i «tagli laterali»: nell'esempio di Fig. 8 la benzina pesante, il cherosene e il gasolio) escono alla temperatura del loro punto di bolla.

17 143 Fig. 8 L'intervallo di ebollizione dei tagli laterali viene regolato aggiustando opportunamente il rapporto tra prodotto prelevato e riflusso. Il punto di ebollizione iniziale del prodotto di testa dipende invece dalla composizione dell'alimentazione. Per quanto riguarda il residuo, non ha molto senso parlare di punto di ebollizione finale, dato che i componenti più pesanti dei grezzi non sono distillabili. La regolazione del rapporto tra prodotti prelevati e riflusso sulle varie prese della colonna corrisponde a stabilire il punto finale di ebollizione di ciascuna frazione distillata. Evidentemente il punto di ebollizione iniziale di ciascuna frazione dipende a sua volta dal punto finale della frazione immediatamente più volatile di quella considerata, nonché dalle caratteristiche e proporzioni dei componenti che costituiscono le due frazioni. Da cosa dipendono i punti di ebollizione? Peb. iniziale Peb. finale Testa Dalla composizione Taglio laterale Residuo dell alimentazione Dal Peb. finale della frazione più volatile di lui Da R 1, R 2, R 3 Non ha senso in quanto i componenti non sono distillabili

18 144 Dopo che ciascun prodotto è uscito dalla colonna se ne aggiusta il punto iniziale di ebollizione allontanando i componenti più volatili. Questa operazione prende il nome di stabilizzazione nel caso di prodotti di testa e di esaurimento (o stripping) nel caso di frazioni laterali (Fig. 9). L'esaurimento si effettua quasi sempre con vapor d'acqua, in colonnine adiacenti al topping. Fig. 9 La benzina uscente in testa alla colonna di topping viene stabilizzata allontanando i componenti più leggeri (fino a 4); il punto iniziale della benzina stabilizzata risulta più alto di quello della benzina di testa topping (a sinistra). Il punto di ebollizione iniziale delle trazioni laterali (nell'esempio : il gasolio) viene innalzato asportando i componenti più volatili con vapor d acqua. Il vapor d'acqua e i vapori di idrocarburi da esso trascinati vengono reintrodotti nella colonna di topping (a destra). Il residuo del topping viene liberato dal componente più volatile nella stessa colonna, al fondo della quale si immette vapor d'acqua. Quantità e qualità delle frazioni ottenibili da ciascun grezzo dipendono dalla sua curva di distillazione (Fig. 10). Le frazioni ottenute dalla distillazione primaria sono quasi tutte da considerarsi prodotti intermedi o semifiniti : devono essere rilavorate, talvolta trasformate, e infine miscelate tra loro in proporzioni opportune per ottenere i prodotti finiti richiesti dal mercato. L'impianto di topping condiziona l'intera raffineria; in una moderna raffineria però non ha senso identificare la capacità complessiva di lavorazione con quella dell'impianto di topping. Innanzitutto la capacità del topping varia in funzione del grezzo trattato; in teoria, una colonna progettata per lavorare una certa quantità di grezzo «leggero» ne può lavorare una maggiore di grezzo più «pesante». Se ci si riferisce alla Fig. 6, che riporta le curve di distillazione TBP del grezzo Dahra e del grezzo Kuwait, e si suppone di poter lavorare questi grezzi in modo da

19 145 ottenere da ciascuno, come distillati, tutti i prodotti che vaporizzano fino a 330 (TBP), del grezzo Kuwait vaporizza il 49%. del Dahra il 68% in volume. Per distillare la stessa quantità di grezzo, ottenendo come frazioni distillate tutti i prodotti che vaporizzano fino a 330 TBP, occorrerà evidentemente una colonna più grande per il grezzo Dahra, che è più ricco di frazioni volatili a quella temperatura. Dalle considerazioni ora esposte se ne deducono immediatamente altre due : 1 ) passando dalla distillazione di un grezzo a quella di un altro, occorre variare le condizioni di esercizio della colonna di topping, dato che variano le quantità relative delle diverse frazioni; 2) lavorando un certo tipo di grezzo, se si desidera variare la resa dei vari prodotti, è necessario variare le condizioni di esercizio della colonna. 400 gasolio pesante temperatura vapori, gasolio leggero cherosene benzina pesante volume dist., % Fig. 10 urve di distillazione (secondo il metodo normalizzato ASTM) delle frazioni liquide successive della distillazione primaria di un petrolio grezzo. La distillazione analitica ASTM è correntemente impiegata per valutare l efficacia del frazionamento degli impianti di distillazione. Un «distacco» tra il punto di ebollizione finale della frazione immediatamente più leggera e il punto di ebollizione iniziale della frazione successiva è indice di efficace frazionamento; una sovrapposizione tra la parte finale della curva di distillazione della frazione più leggera e della parte iniziale della frazione più pesante è indice di cattivo frazionamento. In realtà si ha un «distacco» solo tra le frazioni più leggere e si tollera una certa sovrapposizione delle curve di distillazione delle frazioni più pesanti. Quando variano le condizioni di esercizio: se si cambia il grezzo se si intende variare la resa dei prodotti

20 146 I prodotti del topping La scelta delle condizioni di funzionamento della colonna determina il numero e le caratteristiche di volatilità (tensione di vapore, curva di distillazione, punto iniziale e finale) delle frazioni di topping. A loro volta, le condizioni di funzionamento sono determinate dalle richieste del mercato servito dalla raffineria, con il vincolo posto dal tipo di grezzo disponibile. Di solito, nelle condizioni prevalenti in Italia (grezzi disponibili, distribuzione della domanda del mercato) dal topping si ottengono: una benzina leggera (p.f. intorno a ), una benzina pesante (p.f ), un cherosene, uno o due gasoli e il residuo. Resa 1. Gas, GPL 0,8 1,5 2. Benzina leggera ( ) 3. Benzina pesante ( ) herosene ( ) 5 8,5 5. Uno o due gasoli ( ) Residuo (>370 ) Se la raffineria è del tipo detto a combustibili, queste frazioni vengono ulteriormente lavorate per ottenere, come prodotti finiti: GPL, benzina, cherosene o combustibile per aviogetti, gasolio per riscaldamento e per motori Diesel, olio combustibile per forni e caldaie. ome si vede nella Fig. 11a se le rese del topping sono condizionate dal grezzo, è possibile variarle sostanzialmente ricorrendo a vari altri processi (Fig.11b). Le raffinerie che, accanto ai prodotti finiti fin qui elencati, producono anche lubrificanti e bitumi ricorrono alla distillazione sotto vuoto del residuo del topping atmosferico e utilizzano le frazioni distillate sotto vuoto come materia prima per lubrificanti o per alimentazione del cracking. (Fig. 12)

21 147 Fig. 11 a) Rese tipiche (% in volume) dalla distillazione primaria (topping) di grezzi di diversa provenienza. Dal diagramma delle rese nelle diverse frazioni, e dal mercato servito dalla raffineria, viene condizionato il ciclo di lavorazione che si dovrà adottare, b) Adottando diversi cicli di lavorazione le raffinerie possono variare entro limiti abbastanza larghi il diagramma delle rese. Nella seconda colonna da destra (max. olio combustibile) le rese dalla distillazione primaria; nelle altre colonne le rese ottenibili adottando processi diversi. Fig. 12 Schema di raffineria completa (American Petroleum Institute)

22 148 OPERAZIONI DI ONVERSIONE Si possono suddividere in processi che variano il n di atomi di carbonio, processi che variano il rapporto H/ oppure di isomerizzazione in cui viene modificata la sola struttura molecolare, fig. 12. Al fine di aumentare la quantità di benzina prodotta da un barile di grezzo i più importanti sono quelli che variano il n di carbonio: cracking termico, coking, cracking catalitico, idrocracking e polimerizzazione. Anche il visbreaking è un processo che varia il n di carbonio, sebbene lo scopo principale dell'operazione sia di modificare la viscosità piuttosto che aumentare la produzione di benzina. Il rapporto H/ viene modificato dall'idrogenazione e dalla deidrogenazione; il principale processo che realizza questo scopo è il reforming catalitico. Tuttavia il reforming catalitico può coinvolgere una modifica della forma delle molecole e, in condizioni operative severe, anche il n di carbonio. L'isomerizzazione è un processo in cui non viene modificato né il n di carbonio, né il rapporto H/, ma solamente la forma delle molecole ath. aromatici POLIM. paraffine ISOMERIZZAZIONE 100 DEIDROG. IDROG. 10 benzene RAKING 1 metano H/ Fig. 12 Effetto dei processi di raffineria sul rapporto H/ e sul n di atomi di. Variano il n di Variano il rapporto H/ cracking termico idrogenazione cracking catalitico deidrogenazopne coking reforming catalitico idrocracking polimerizzazione visbreaking RAKING : è un processo che parte da distillati altobollenti e residui e produce composti che bollono nell intervallo proprio delle benzine. Quindi aumenta la quantità della benzina. REFORMING: tende a migliorare la qualità della benzina. Questo si ottiene aumentando la volatilità o nella conversione in olefine o aromatici.

23 149 I processi di conversione possono avvenire sia attraverso un meccanismo radicalico che attraverso un meccanismo ionico. La presenza di un eventuale catalizzatore, oltre alle condizioni di T e P determinano quale dei due predomina. Di seguito sono illustrate le principali reazioni che avvengono nei processi di conversione. 1) racking ( o pirolisi) Rottura di grandi molecole idrocarburiche in molecole più piccole per effetto del calore o per effetto catalitico: 7 H H 30 7 H 15 = 7 H H 28 =H H 12 =H 2 Gasolio pesante benzina riciclo benzina antidetonante 2) Polimerizzazione di olefine leggere ( da catene corte insature a catene più lunghe ancora insature) 2 P, cat + 82% 18% 3) Alchilazione L unione di una olefina con un idrocarburo aromatico o paraffinico: insaturo + isoparaffina = catena satura ramificata butilene opp. isobutilene + isobutano isoottano 4) Idrogenazione Addizione di idrogeno ad una olefina H 2 cat diisobutilene isoottano

24 150 5) Idrocracking Simile al cracking, ma in presenza di idrogeno. Non si formano insaturi. 7 H H 30 7 H 15 + H 2 = 7 H H H 32 Gasolio pesante lineare ramificato riciclo 6) Isomerizzazione Si altera la posizione degli atomi di ma non cambia il numero All 3 7) Reforming o aromatizzazione La conversione delle nafte per ottenere prodotti a più alto N.O. Simile al cracking ma usa alimentazioni più volatili. at. Re, Pt, r. H cat H 3 + 3H 2 n7 H 3 + 4H 2 r 2 O 3 o Al 2 O 3 SOPO DELLE OPERAZIONI DI ONVERSIONE Miglioramento quantitativo (resa) Leggeri pesanti Pesanti leggeri Miglioramento qualitativo (N.O.) polimerizzazione alchilazione cracking coking visbreaking hydrocracking isomerizzazione reforming hydrotreating Le operazioni si possono fare su frazioni gassose (in tal caso sono sempre catalitiche) e su frazioni liquide (possono essere sia termiche che catalitiche).

25 151 onversione delle frazioni gassose I diversi processi di raffineria producono frazioni gassose di diversa composizione: topping, reforming catalitico e idrocracking forniscono soltanto idrocarburi saturi; i diversi cracking danno idrocarburi saturi e insaturi. Un processo che si applica a frazioni gassose (ma può essere applicato anche a frazioni liquide purché leggere) è l isomerizzazione. Nel caso di frazioni gassose tale processo si applica evidentemente solo al n-butano, che viene trasformato in isobutano (N.O. più alto) e materia prima per il processo di alchilazione. In teoria le frazioni gassose potrebbero essere bruciate direttamente in raffineria ma possono essere invece recuperate e convertite in frazioni liquide da impiegare come componenti di benzine ad alto numero di ottano. I processi che permettono di ottenere frazioni liquide da frazioni gassose (idrocarburi 3 e 4) sono due: polimerizzazione e alchilazione. Isomerizzazione Il n-butano viene isomerizzato a isobutano, in presenza di idrogeno, a bassa temperatura, con catalizzatore a base di All 3, in soluzione acida per Hl, tra 40 e 100 e pressione atm; oppure ad alta temperatura tra 250 e 480, con catalizzatori di solito a base di Pt su allumina acidificata, pressione tra 20 e 70 atm. Uno schema di impianto di isomerizzazione ad alta temperatura del n-butano è illustrato in Fig. 13. Fig. 13 Schema di impianto di isomerizzazione del n-butano. Benché il processo non consumi (teoricamente) H 2, si lavora sotto pressione di H 2 per impedire reazioni secondarie. on analogo impianto si isomerizzano le frazioni liquide 5 e 6 per ottenere componenti leggeri ad alto N.O. per benzine da autotrazione.

26 152 La fig. 14 riporta l aumento del N.O. per isomerizzazione di alimentazioni paraffiniche leggere. 120 N.O alimentazione prodotto A B Fig. 14. A(n-pentano isopentano); B(n-esano isoesano); (metilpentano dimetilpentano) T eb.( ) i-butano -12 n-butano 0 i-pentano 28 n-pentano 36 dime-butano 50 i-esano 60 me-pentano 63 n-esano 69 Polimerizzazione La polimerizzazione catalitica quale si realizza in raffineria è in realtà una dimerizzazione di monomeri insaturi a 3-4 atomi di carbonio prodotti dal cracking (propilene, butileni). Il processo converte gas in idrocarburi liquidi (benzina); il suo contributo al livello del N.O. della benzina della raffineria può essere rilevante. 2 gas benzina

27 153 L'importanza della polimerizzazione come processo di raffineria è in rapida diminuzione, in quanto i processi di cracking o reforming catalitico mettono a disposizione miscele di isoparaffine e olefine più adatte all'alchilazione, che tende allo stesso fine della polimerizzazione ma con migliori risultati. Alchilazione Nell'industria del petrolio per alchilazione si intende l'addizione di una olefina, proveniente dal cracking, a una paraffina ramificata, in presenza di un catalizzatore acido. In raffineria gli idrocarburi di partenza sono l isobutano (proveniente da isomerizzazione, cracking e reforming catalitico) e olefine 4 (eccezionalmente 3 e 5) provenienti da cracking termico e/o catalitico: + HF isobutilene isobutano isoottano Si basa sulla forte reattività del III dell isobutano. La reazione è fortemente esotermica e quindi occorre lavorare a temperature basse, Per limitare la eccessiva intensità della reazione si lavora con un forte eccesso di paraffina.

28 154 onversione delle frazioni liquide A differenza della conversione delle frazioni gassose, queste trattano miscele di prodotti. E quindi estremamente difficile affrontare lo studio di questi processi con i criteri classici della chimica organica e della chimica fisica. RAKING ( o Pirolisi) Quando, preferibilmente ma non necessariamente in presenza di un catalizzatore, si fornisce ad una paraffina una sufficiente quantità di calore, questa si rompe in due o più frazioni, una delle quali è sempre un olefina. Da sempre il gasolio è stato usato come alimentazione; oggi si tende ad usare frazioni più pesanti (10-30). Lo scopo è quindi quello di produrre benzine da oli; quindi RH ad alto peso molecolare vengono trasformati in RH di peso molecolare più basso. Le reazioni di cracking sono endotermiche e richiedono una forte quantità di energia. Tipi di cracking: Termico: avviene con meccanismo radicalico, sotto condizioni severe. atalitico: è un meccanismo ionico in presenza di carbocationi, in condizioni meno severe grazie alla presenza del catalizzatore. Nel cracking catalitico si ha rottura eterolitica delle catene: : + La rottura è più facile sul carbonio terziario dove il legame è più debole ( cfr. energia dei legami). Quindi le isoparaffine e gli alchilnafteni sono facilmente attaccabili e si formano olefine, paraffine e nafteni a peso molecolare più basso. L anello aromatico è invece molto stabile e resiste al cracking. Il processo si accompagna sempre a fenomeni di polimerizzazione delle molecole più piccole insature ed alla cokizzazione delle olefine per dare gas e coke. Quest ultimo, ovviamente avvelena il catalizzatore che dovrà essere rigenerato bruciando lo stesso in modo controllato (per evitare la sinterizzazione del catalizzatore). Il coke è quindi un veleno temporaneo che può essere eliminato; lo stesso non vale, purtroppo, per eventuali metalli pesanti presenti. Oggi il cracking è sempre catalitico. Inizialmente si usarono catalizzatori a letto fisso, presto sostituiti da quelli a letto fluido. Quelli a letto fisso, infatti, possono funzionare solo per pochi minuti prima che si abbia deposito di nerofumo che blocca l attività catalitica. Il letto deve allora essere rigenerato bruciando il carbone in

29 155 condizioni controllate per evitare la sinterizzazione del catalizzatore e recuperare il calore di combustione. on l avvento del letto fluido, è stato sperimentato che, con opportuna agitazione, una sospensione finemente suddivisa di un solido in un gas scorre come un liquido e può essere maneggiata con pompe, scambiatori di calore a doppio tubo, etc. senza che si verifichino intasamenti nei tubi. Poiché il gas è leggero ed il solido pesante, la miscela tende ad assumere le proprietà di un solido, quindi un alta p che rende il controllo della temperatura più preciso. Il cracking e la rigenerazione avvengono in due unità distinte facenti parte della stessa struttura. Kellog-Ortoflow Fig. 14 L impianto (fig. 14) prevede che il reattore sia montato sopra il rigeneratore, con la sezione di stripping catalitico nel mezzo, in tal modo lo stripper supporta il reattore. Il flusso del catalizzatore è laminare: si evita così la corrosione dei tubi. Nel convertitore il catalizzatore polverizzato è mantenuto in letto fluido dai vapori. Il catalizzatore, proveniente dal rigeneratore, arriva al reattore (Figg. 14 e 15), insieme all alimentazione ed al riciclo, che vengono vaporizzati dal calore che accompagna il catalizzatore stesso. Quando l olio ed il catalizzatore passano attraverso i tubi di salita, inizia la reazione di cracking che prosegue all interno del reattore. I prodotti di cracking, vapore ed inerti salgono verso l alto; il catalizzatore ricade, passa nello stripper dove una corrente di vapore allontana i prodotti di cracking e l olio ancora intrappolati, e poi cade nel rigeneratore. Qui il coke che si trova nel catalizzatore viene bruciato con una corrente di aria. I gas di combustione passano in cicloni e di qui all atmosfera oppure possono essere bruciati per ottenere vapore ad alta pressione.

30 156 Gli effluenti del reattore (inerti, gas, benzine etc.) vengono separati nella torre di frazionamento. Fig. 15 Varianti di processo: Visbreaking oking Hydrocracking Hydrotreating Versione più blanda del termico il cui scopo è di abbassare la viscosità degli oli pesanti combustibili. Anche questo è un termico non molto severo. Trasforma oli pesanti in leggeri. L alimentazione è costituita da un residuo sotto voto. Si formano notevoli quantità di coke e quindi viene usato per residui di basso pregio evitando l avvelenamento del catalizzatore da asfalto. E una variante energica del cracking catalitico. In presenza di idrogeno gli oli pesanti vengono trasformati in prodotto leggeri di buona qualità. Non si forma coke che avvelenerebbe il catalizzatore. Le frazioni leggere sono ricche in isoparaffine. Altra variante (ma meno energica) sempre in presenza di idrogeno che consente la saturazione delle sole diolefine.

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