L esecuzione degli obblighi di fare (fungibili) e di non fare

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1 ROBERTA METAFORA L esecuzione degli obblighi di fare (fungibili) e di non fare SOMMARIO: 1. L esecuzione degli obblighi di fare (fungibili) e di non fare: caratteri generali ed ambito di applicazione (Segue). L esecuzione dell obbligo di consegna dei minori (Segue). L obbligo di reintegra nel posto di lavoro (Segue). I rapporti tra l esecuzione degli obblighi di fare e la nuova misura coercitiva indiretta di cui all art. 614 bis I titoli esecutivi legittimanti l esecuzione degli obblighi di fare e non fare. 3. Le parti del processo di esecuzione degli obblighi di fare e di non fare. 4. La fase preliminare. Il precetto e l inizio dell esecuzione. 5. Lo svolgimento del procedimento. La determinazione delle modalità dell esecuzione. 6. Il regime di impugnazione del provvedimento. 7. I provvedimenti temporanei ex art. 613 c.p.c. 8. Il provvedimento di liquidazione delle spese. 1. L esecuzione degli obblighi di fare (fungibili) e di non fare: caratteri generali ed ambito di applicazione. Le pretese esecutive che hanno ad oggetto l esecuzione degli obblighi di fare o la distruzione di quanto realizzato in virtù dell inadempimento di un obbligo di non fare sono disciplinate dagli artt del codice di procedura civile. Siffatte norme si correlano alle disposizioni dell'art codice civile, secondo cui «se non è adempiuto un obbligo di fare, l'avente diritto può ottenere che esso sia eseguito a spese dell'obbligato nelle forme stabilite dal codice di procedura civile», e dell'art codice civile, secondo cui «se non è adempiuto un obbligo di non fare, l'avente diritto può ottenere che sia distrutto, a spese dell'obbligato, ciò che è stato fatto in violazione dell'obbligo». Diversamente da quanto previsto dall'art del codice civile previgente, il giudice che emette una sentenza di condanna di una parte all'adempimento di un obbligo di fare o di non fare non può autorizzare il titolare del correlativo diritto a provvedere egli stesso e direttamente all'esecuzione di tale obbligo a spese della controparte in caso di inadempimento dell obbligato, dovendo, in tal caso, l'esecuzione dei detti obblighi essere attuata secondo le regole stabilite dagli artt. 612 e seguenti del codice di rito, i quali vietano l'autotutela del creditore, demandando in via esclusiva al giudice dell'esecuzione la materiale fissazione delle modalità dell'esecuzione 1. Scopo degli artt. 612 e seguenti è di mettere lo strumento dell esecuzione specifica a disposizione di chi, a seguito di una intervenuta violazione, è creditore di un fare o di non fare 2 ; pertanto, tramite dette norme è possibile l attuazione coattiva sia di un ineseguito credito di fare e di non fare, sia anche di un diritto assoluto (o della 1 Da tempo la giurisprudenza costantemente afferma il principio secondo cui laddove la sentenza condanni all adempimento di un obbligo di fare o di non fare, il giudice del merito non ha il potere di autorizzare il titolare del diritto ad adempiere egli stesso a spese dell obbligato, dovendo l esecuzione dell obbligo contenuto nel titolo esecutivo avvenire nelle forme previste dall art. 612 c.p.c. (Cass. 24 maggio 1962, n. 1204; Cass. 18 giugno 1968, n. 2016; Cass. 15 aprile 1970, n. 1043; Cass. 24 luglio 1980, n. 4815; Cass. 6 dicembre 1984, n. 6402; Trib. Roma, 7 dicembre 1994; Trib. Monza 21 febbraio 2005). Pertanto, la sentenza con la quale il giudice del merito autorizzi il creditore a provvedere direttamente all esecuzione di uno dei predetti obblighi a spese dell obbligato, in caso di inerzia di quest ultimo, è da ritenersi adottata al di fuori dei poteri conferiti allo stesso giudice dall ordinamento, sicché va in parte qua cassata senza rinvio, in quanto inficiata, relativamente e limitatamente a tale parte, da nullità insanabile: così Cass. 18 gennaio 1992, n MANDRIOLI, Esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare, in Digesto civ., VI, Torino, 1991,

2 personalità 3 ), la cui violazione determina l esigenza di fare qualcosa o di distruggere quanto compiuto in conseguenza del comportamento antigiuridico 4. L unico vero limite all azionabilità dell esecuzione degli obblighi di fare o disfare, dunque, non è dato dalla natura dell obbligo rimasto ineseguito, ma dalla caratteristiche della prestazione dovuta: tramite il procedimento esecutivo delineato dagli artt. 612 e seguenti, infatti, il creditore ottiene un risultato equivalente a quello che avrebbe ottenuto a seguito dell adempimento spontaneo del debitore; se ne desume perciò che limite naturale 5 all esecuzione in forma specifica è dato dalla fungibilità o surrogabilità della prestazione, nel senso che essa può essere eseguita da un terzo o dal debitore con identica soddisfazione per il creditore 6. Laddove oggetto dell obbligo sia un facere infungibile è infatti impossibile eseguire coattivamente la prestazione, essendo insurrogabile il comportamento del debitore. In tali casi, allora, non potrà azionarsi la procedura di cui agli artt. 612 e seguenti, rendendosi necessaria l esecuzione indiretta, attraverso il ricorso a misure coercitive, consistenti nella minaccia rivolta all obbligato di un male maggiore di quello che gli deriverebbe dall adempimento spontaneo allo scopo di premere psicologicamente sull obbligato perché adempia spontaneamente 7 ; altrimenti il creditore avrà diritto soltanto ad essere risarcito per equivalente, in forma generica, attraverso l esecuzione forzata 8. 3 MANDRIOLI, op. cit., 551, il quale al riguardo richiama come esempio la distruzione delle copie di un giornale o di un manifesto nel quale si sia fatto arbitrario uso del nome altrui in violazione dell art. 7 c.c. 4 Deve pertanto ritenersi ampiamente superata quella tesi sostenuta in passato (SATTA, Commentario al codice di procedura civile, III, Milano, 1966, 12 ss.), secondo cui con l esecuzione degli obblighi di fare e di non fare (e più in generale con le esecuzioni dirette) si possono tutelare solo i diritti reali e quelli assoluti in genere, giacché gli altri diritti, soprattutto le obbligazioni, darebbero luogo solo al risarcimento dei danni. A tale ricostruzione è stato infatti obiettato che determinante, ai fini esecutivi, non è il tipo di diritto da tutelare, sibbene il tipo di obbligo inadempiuto da surrogare. Che poi questo obbligo sia correlato ad un diritto reale, o ad un diritto personale di godimento, o ancora ad una obbligazione non è in sé rilevante (LUISO, Esecuzione forzata, II)- Esecuzione forzata in forma specifica, in Enc. giur., XIII, Roma, 1998, 2). 5 MANDRIOLI, op. cit., 552; MAZZAMUTO, L esecuzione forzata, in AA. VV., Trattato di diritto privato, diretto da Rescigno, XX, 2, Torino, 1998, 347. Conforme nella sostanza, MICHELI, Esecuzione forzata, in Commentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1977, 184, che definisce fisico siffatto limite. Sulla nozione di prestazione fungibile, v. anche PROTO PISANI, Lezioni di diritto processuale civile, Napoli, 2012, Quanto al tipo di attività surrogabile, e dunque al contenuto dell obbligo di fare, benché il legislatore ammetta l esecuzione specifica di obblighi aventi un contenuto positivo o negativo, la loro attuazione attraverso l'intervento dell'ufficio esecutivo ex artt. 612 ss. si manifesta sempre in un facere, vale a dire in una condotta positiva, consistente o nella stessa prestazione cui era originariamente tenuto il debitore ovvero nell'eliminazione di quanto realizzato in violazione dell'obbligo di astensione: così LUISO, Diritto Processuale Civile, III, Milano, 2011, 229. Nel medesimo senso si pone anche la giurisprudenza. Si v. ad esempio, Cass. 9 dicembre 1981, n. 6500, in Foro it., Rep. 1981, voce Esecuzione di obblighi di fare o di non fare, n. 6, la quale, partendo dal presupposto che è possibile avvalersi dell esecuzione di cui agli artt. 612 e seguenti solo qualora la condotta del trasgressore si sia concretata in un quid novi, suscettibile di essere posta nel nulla, poiché solo in tal caso l intervento del giudice può determinare il ripristino della situazione preesistente, compromessa ed alterata dal soggetto che era tenuto ad astenersi da qualsiasi modificazione, ha affermato che l intimazione, emessa nel corso di un procedimento possessorio a carico di un titolare di un frantoio di non scaricare residui oleosi sul fondo vicino non fosse eseguibile in forma specifica mediante distruzione delle strutture del frantoio potenzialmente idonee a consentire scarichi siffatti. 7 Così PROTO PISANI, Appunti sulla tutela di condanna (trentacinque anni dopo), in Foro it., 2010, V, 257 ss.; cfr. anche SILVESTRI-TARUFFO, voce Esecuzione forzata. III) Esecuzione forzata e misure coercitive, in Enc. giur., XIII, Roma, 1988, 2; CHIARLONI, Misure coercitive e tutela dei diritti, Milano, 1980, La non attuabilità coattiva degli obblighi aventi ad oggetto prestazioni infungibili ha per molti anni creato il problema di garantire una idonea a tutela a chi si sia visto riconosciuta la titolarità di un credito 2

3 È infungibile sia la prestazione che non può essere materialmente eseguita da un terzo, sia quella che, postulando una specifica ed autonoma determinazione di volontà dell obbligato, si risolva in una sua condotta strettamente personale e, quindi, del tutto insostituibile 9. In particolare, non possono essere eseguite nelle forme degli artt. 612 e seguenti sia le prestazioni corrispondenti ad un obbligo connotato dall intuitu personae 10 della prestazione, sia quelle che possono essere adempiute dal solo obbligato, il quale si trovi in regime di monopolio, di fatto o di diritto. Ancora, senza avere alcuna pretesa di approfondire una questione considerata tra le più enigmatiche della materia 11, non è suscettibile di esecuzione diretta il facere consistente in un attività negoziale e, più in generale, nel compimento di atti giuridici, posto che gli organi esecutivi non potrebbero sostituirsi all obbligato nel compimento di attività giuridiche volte a modificare la sfera giuridica dell obbligato stesso a favore dell avente diritto, stante il disposto dell art c.c. 12. Al riguardo, è stato osservato 13 avente ad oggetto un facere non surrogabile tramite l opera di un terzo. Se in molti sistemi processuali stranieri le misure coercitive di portata generale rappresentano da tempo una realtà ben consolidata (si pensi al contempt of court anglo americano, alle Zwangsstrafen tedesche e all astreinte di origine francese [in argomento, v. tra gli altri VULLO, L esecuzione indiretta tra Italia, Francia e Unione Europea, in RDP, 2004, 727]), in Italia il ricorso all esecuzione indiretta è stato ammesso in via generalizzata solo recentemente, a seguito dell'introduzione da parte della legge 18 giugno 2009, n. 69 dell art. 614 bis c.p.c. Tale innovazione ha il pregio di introdurre per la prima volta nel nostro ordinamento un sistema generale di tutela degli obblighi infungibili, caratterizzato dalla previsione di una sanzione di natura patrimoniale, volta a coartare la volontà del soggetto obbligato alla esecuzione spontanea dell obbligo. Dalla lettura della norma è agevole cogliere l impronta chiaramente francese del sistema delle astreintes; da esse, infatti, viene mutuato il carattere accessorio e patrimoniale della sanzione, nonché la sua natura giudiziale, potendo essa essere pronunciata soltanto da un giudice all esito di un procedimento giurisdizionale. A differenza dell astreinte francese, che richiede per produrre effetti concreti la sua liquidazione da parte del giudice attraverso un procedimento autonomo rispetto a quello che ha accertato l obbligo e destinato ad accertare a sua volta l effettivo inadempimento, l art. 614 bis non prevede alcun procedimento in tal senso; inoltre, essa si applica alle sole obbligazioni di fare infungibile e di non fare (al contrario, le astreintes trovano applicazione anche per le obbligazioni di fare fungibile, per quelle volte alla consegna e al rilascio e a quelle a contenuto patrimoniale). Su quest aspetto, v. amplius, SILVESTRI, Commento all art. 612, in CARPI TARUFFO, Commentario breve al codice di procedura civile, Padova, 2009, Una questione strettamente a quella appena esaminata nel testo concerne la natura dell obbligo di concludere il contratto definitivo di cui all art c.c. Con riferimento a tale particolare obbligo di fare, parte della dottrina ha ritenuto la relativa prestazione fungibile, in quanto suscettibile di essere direttamente attuata tramite il provvedimento del giudice. In senso contrario, si è sostenuto che la prestazione del consenso negoziale consiste in un facere infungibile che, come tale, ben potrà essere assistita dalla nuova misura coercitiva di cui all art. 614 bis c.p.c. (vedi amplius le considerazioni di CONSOLO, Una buona novella al c.p.c.: la riforma del 2009 (con i suoi artt. 360 bis e 614 bis) va ben al di là della sola dimensione processuale, in Corr. giur. 2009, 741 e ss.) La giurisprudenza ammette l esecuzione in forma specifica (ex art c.c.) dell obbligo assunto con il contratto preliminare, configurando tuttavia la relativa azione quale costitutiva (art c.c.); a tal fine, è però necessario che il contratto preliminare contenga la determinazione degli elementi essenziali del contratto definitivo, non potendosi il giudice sostituire alle parti stesse per supplire alle carenze del preliminare (cfr. Cass. 13 settembre 1997, n. 9129, in Foro it., Rep. 1997, voce Contratto in genere, n. 435; Cass., 4 gennaio 2002, n. 59, in Giur. it., 2002, 1134). Nello stesso senso, v. FORNACIARI, I limiti dell esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare, in REF, 2000, 401.Potenza 10 LUISO, Esecuzione forzata: II)- Esecuzione forzata in forma specifica, in Enc. giur., XIII, Roma, 1998, MAZZAMUTO, L esecuzione forzata, cit Dunque, l attività surrogabile dall ufficio esecutivo può consistere unicamente nel compimento di un opera materiale o nella sua distruzione; pertanto, non è suscettibile di esecuzione forzata ai sensi dell art. 612, siccome non implicante un attività materiale e fungibile di distruzione di opere, la sentenza che ordina la cessazione della destinazione di un locale, realizzata mediante la locazione del medesimo a 3

4 come esistano diversi livelli di fungibilità e/o infungibilità, a seconda che si privilegi l aspetto materiale o quello giuridico: saranno materialmente infungibili prestazioni che non consentono la surroga ad opera di terzi (si pensi ai più comuni esempi del cantante o dell attore che devono eseguire uno spettacolo musicale o teatrale, o a colui che deve eseguire una prestazione d'opera intellettuale, come la redazione di un libro), mentre saranno giuridicamente infungibili prestazioni che, pur consentendo materialmente tale surroga, in considerazione dell autonomia di cui gode il soggetto passivo o della necessaria partecipazione di terzi, tale surroga non consentono (si consideri ad esempio l obbligazione del costruttore venditore di appartamenti, compresi in un edificio realizzato in difformità della licenza edilizia, di ottenere il rilascio del permesso di abitabilità mediante il pagamento di una sanzione pecuniaria) 14. Va peraltro precisato che è possibile ricorrere all esecuzione in forma specifica degli obblighi di fare e di non fare, solo se l utilità che il creditore intende conseguire non possa essere ottenuta tramite l'esercizio dei propri poteri sostanziali, vale a dire compiendo egli stesso l'attività 15. In altre parole, occorre che la prestazione da attuare debba essere compiuta non nella sfera giuridica del creditore, ma in quella del debitore, superando tutti gli ostacoli, di natura possessoria o meno, che questa sfera giuridica pone 16, onde poter giustificare l attribuzione al giudice dell esecuzione del potere di determinare le modalità dell'esecuzione dell'obbligo 17. Pertanto, se non vi è necessità di incidere la sfera giuridica del debitore per ottenere la soddisfazione del proprio diritto, come accade qualora l attività del debitore abbia come punto di riferimento un bene che è nel possesso del creditore, quest ultimo potrà senz altro compiere esso stesso quelle attività, eventualmente delegandole ad un terzo, e chiedere all obbligato le eventuali maggiori spese. Solo se l attività materiale del debitore deve aver luogo nella sua sfera giuridica, si renderà necessario l intervento degli organi esecutivi. Ad esempio, mentre il conduttore può fare eseguire le riparazioni spettanti al locatore sul bene a lui concesso in locazione senza dover ricorrere all esecuzione in forma specifica, al contrario il locatore che deve far riparare il bene locato, di fronte alle resistenze del conduttore, dovrà adire l ufficio esecutivo per vincere gli ostacoli da questi opposti 18. terzi da parte di un condomino, perché contraria al regolamento di condominio (così testualmente, Cass. 22 marzo 1968, n. 917, in Foro it., 1968, I, 2841 ss., con nota di Borrè). Nello stesso senso, più di recente, Trib. Potenza, 12 aprile DI MAJO, La tutela civile dei diritti, Milano, 2003, Cass. 26 marzo 1979, n. 1756, in Foro it., 1979, I, 926 ss., con nota di Barone. In proposito, è orientamento consolidato e mai smentito da più recente giurisprudenza che il rimedio di cui all art c.c. non sia utilizzabile per la surroga di attività negoziali che concorrono al perfezionamento di fattispecie costitutive e, più in genere, di atti giuridici ovvero di prestazioni di terzi estranei al rapporto controverso (v. ad esempio per la promessa del fatto del terzo, Cass. 6 aprile 1966, n. 910, in Foro it., 1967, I, 354, secondo cui nell ipotesi in cui il terzo non si obblighi o non adempia l obbligazione il promittente deve risarcire il danno al promissario). È stata invece ritenuta suscettibile di esecuzione in forma specifica la sentanza che condanna alla rimozione delle immissioni aventi carattere permenante, agendo sulle macchine industriali che le producono (Cass. 27 ottobre 1969, n. 3526, in Foro it., 1970, I, 862, con nota di Borré). 15 LUISO, Esecuzione forzata, cit., 2; MANDRIOLI, Esecuzione forzata, cit., BORRE, Esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare, Napoli, 1966, 100 ss., in part. 109; MANDRIOLI, voce cit., 552; PROTO PISANI, Lezioni di diritto processuale civile, cit., I modi di "invasione" della sfera giuridica dell'obbligato, infatti, devono essere definiti dagli organi della procedura esecutiva: così FABIANI, Esecuzione forzata in forma specifica ed eliminazione dei vizi e/o difformità dell'opera appaltata, in Foro it., 1999, I, 2636). 18 LUISO, Esecuzione forzata, cit., 3. In senso conforme si esprime anche la giurisprudenza, la quale limita l esecuzione in forma specifica dell obbligo dell appaltatore in caso di difformità o vizi dell opera di cui all art c.c. alle ipotesi in cui l opera non sia stata integralmente eseguita o non sia stata consegnata (Cass. 16 ottobre 1995, n , in Contratti, 1996, 126; Cass. 29 maggio 1980, n. 3542, in Foro it., Rep. 1980, voce Esecuzione degli obblighi di fare, n. 5). Altre decisioni hanno però ritenuto che la la decisione giudiziale di condanna ad un obbligo di fare o di non fare non autorizzi il creditore, in caso di 4

5 Ulteriore limite all ammissibilità dell esecuzione degli obblighi di non fare (rectius: di disfare) è la circostanza che la distruzione della cosa è di pregiudizio all economia nazionale ; invero, questo limite tocca, più che la fase esecutiva, la possibilità per il giudice della cognizione di emanare il provvedimento di condanna alla rimozione dell opera: toccherà dunque a quest ultimo valutare l attitudine o meno dell eventuale distruzione dell opera a pregiudicare l economia nazionale 19. La Cassazione ha adottato una interpretazione restrittiva dell art c.c., precisando che la limitazione contenuta in questa norma riguarda solo le fonti di produzione e di distruzione delle ricchezze del paese 20 e non trova riscontro nella demolizione parziale o totale di un edificio 21. In sostanza, siffatta norma si riferisce unicamente alla distruzione di beni adibiti alla produzione e non anche alla distruzione di beni aventi ingente rilievo economico. Nell eventualità in cui il giudice ritenga che la distruzione della cosa realizzata in violazione dell obbligo di fare pregiudichi l economia nazionale, egli, non potendo attivare la procedura di cui agli artt. 612 e seguenti, non ha altra possibilità che quella di pronunciare la condanna al risarcimento del danno per equivalente 22. Infine, un discorso a parte va condotto per quanto concerne gli obblighi di pati; in questi casi, l obbligato è tenuto a tollerare, a sopportare l invasione nella propria sfera giuridica da parte del creditore, affinche quest ultimo possa compiere una determinata attività (si pensi al diritto di accedere al fondo del vicino per costruire o riparare il proprio di cui all art. 843 c.c.). Al riguardo, la giurisprudenza aveva in passato affermato il principio secondo cui l obbligo di pati deve essere realizzato con le forme del procedimento di cui agli artt. 612 e seguenti 23. Detto orientamento è stato, tuttavia, aspramente criticato dalla dottrina, la quale ha evidenziato la differenza strutturale tra gli obblighi di pati e quelli di fare e di disfare, i quali, a differenza dei primi, si risolvono sempre in un operare. Inoltre, è stato notato che negli obblighi di pati differente è l interesse che realizza l attività del creditore: talvolta questo interesse può essere soddisfatto dal risultato dell attività richiesta dal creditore (ad esempio, la costruzione di un acquedotto in relazione ad una servitù o l esecuzione delle opere di rifacimento dei solai e del lastrico solare sovrastanti la proprietà altrui); in altri casi, invece, il predetto interesse sarà soddisfatto dallo svolgimento della attività stessa (es. il diritto di cacciare sul fondo altrui). Se l interesse dell attività è correlato al risultato, la tutela esecutiva specifica può operare, ma essa ha luogo nelle forme dell esecuzione per consegna o rilascio e non in quella degli obblighi di fare: in tali casi, infatti, il giudice dell esecuzione non potrebbe far altro che nominare l ufficiale giudiziario perché provveda a consentire all esecutante l accesso nei cespiti di proprietà dell esecutato 24 ; qualora, invece, l interesse del inadempimento del debitore, ad attuare direttamente (ma a spese di quest'ultimo) il comportamento dovuto (Cass. 18 gennaio 1992, n. 576; Trib. Monza, 21 gennaio 2005), richiedendo che la prestazione sia ottenuta attraverso l'esecuzione in forma specifica nelle modalità concrete determinate in tale sede (contra Cass. 2 settembre 1982, n. 4798, che non ritiene necessario provvedere ex art. 612, se la sentenza di condanna nomini un consulente tecnico, incaricandolo della fissazione delle modalità dell'esecuzione della prestazione). 19 Diversamente NIGRO, Condanna ed esecuzioni restitutorie nei confronti delle pubbliche amministrazioni, in RDP, 1968, 677, in part. 702, nel senso che spetterebbe al giudice dell esecuzione controllare che non sia intervenuto l impedimento derivante dal pregiudizio all economia nazionale. 20 Cass. 15 febbraio 1999, n. 1272; Cass. 5 gennaio 2000, n Cass. 17 febbraio 2004, n. 3004; Cass. 24 maggio 1996, n. 4770; Cass. 16 aprile 1982, n. 2324, in Giur.it., 1983, I, 1, 190; Cass. 4 dicembre 1982, n Cass. 30 luglio 2004, n ; Cass. 16 gennaio 2007, n. 866; TAR Emilia Romagna, Bologna, Sez. I, 27 ottobre 2003, n. 2160, in Foro Amm., 2004, Cass. 21 marzo 1969, n. 914; Cass. 15 marzo 1980, n. 1749; Cass. 8 aprile 1980, n Queste considerazioni sono oggi condivise anche dalla giurisprudenza di merito, per la quale la tutela esecutiva di cui all art. 612 non può essere invocata nel caso in cui la sentenza di condanna obblighi il debitore a permettere l'accesso altrui sul proprio fondo per un periodo di tempo determinato, potendo in 5

6 creditore sia correlato alla attività stessa, l esecuzione in forma specifica non è idonea a soddisfare l avente diritto, rendendosi necessaria, pertanto, l esecuzione indiretta 25, che oggi potrebbe realizzarsi nelle forme dell art. 614 bis (Segue). L esecuzione dell obbligo di consegna dei minori. Se le soluzioni sin qui offerte circa l ambito di applicazione dell esecuzione degli obblighi di fare e di non fare presentano un elevato grado di certezza, è altrettanto vero che in materia esistono molte altre questioni dal carattere assai complesso, in cui, al contrario, il tasso di opinabilità è assai elevato. Tra queste particolare rilevanza assume il tema dell attuazione dell obbligo di consegna dei minori: al riguardo, essendo in questa sede impossibile esporre esaustivamente tutte le complesse problematiche che la necessità della consegna forzata di un fanciullo all avente diritto può generare ed anche in considerazione del fatto che ampi e ragguardevoli contributi sono stati già offerti sul tema 26, l attenzione si concentrerà solo sull utilizzabilità dello strumento di cui agli artt. 612 e seguenti per attuare gli obblighi di consegna dei minori 27. La giurisprudenza costituzionale 28 e di legittimità 29, seguite da parte della tali casi avvalersi della diversa esecuzione in forma specifica per rilascio di cui agli artt. 608 ss. c.p.c. Sul punto, si v. Trib. Napoli, 13 aprile 2011, in 25 LUISO, Esecuzione forzata, cit., 3-4; in senso conforme FORNACIARI, I limiti dell esecuzione forzata di obblighi di fare e di non fare, cit., Sul punto, si v. FORNACIARI, L attuazione dell obbligo di consegna di minori. Contributo alla teoria dell esecuzione forzata in forma specifica, Milano, Invero, numerosissime sono le ricostruzioni offerte dalla dottrina e dalla giurisprudenza, soprattutto di merito; ad esempio, ancor prima dell introduzione in via generalizzata delle misure coercitive nel nostro ordinamento, non è mancato chi ha sostenuto che, ove l obbligato non ottemperi all ordine di consegna della prole, sia possibile influire sulla sua volontà tramite l irrogazione di una sanzione sul modello francese delle astreintes (così CHIARLONI, Misure coercitive e tutela dei diritti, cit., 86); altri hanno affermato l utilizzabilità della forza pubblica quale forma di esecuzione di tipo amministrativo (BAVIERA, Diritto minorile, II, Milano, 1976, 232); altri ancora hanno optato per l intervento del Giudice Tutelare (così Pret. Milano, 8 agosto 1986, in Giur.it., 1989, I, 2, 184; Pret. Roma, 16 dicembre 1987, in Foro it., 1990, I, 1392; Pret. Casoria, 13 gennaio 1988, in Foro it., 1989, I, 2665; Pret. Padova, 20 novembre 1995, in Fam. e dir., 1996, III, 269; Trib. Min. Perugia, 13 giugno 1997, in Rass. Giur. Umbra, 1998, 17; Trib. Catania Paternò, 27 maggio 2004); infine, vi è stato anche anche chi ha proposto di avvalersi dell esecuzione prescritta per la consegna dei beni mobili, di cui agli artt. 605 ss. (tale tesi è stata proposta da CARNELUTTI, Lezioni di diritto processuale civile, Processo di esecuzione, Padova, 1932, I, 36 ss., ed è stata successivamente riproposta da FORNACIARI, L attuazione dell obbligo di consegna di minori, cit., 203). 28 Corte Cost. 25 febbraio 1987, n Cass. 15 gennaio 1979, n. 292; Cass. 7 ottobre 1980, n. 5374, in Foro it., 1980, I, In questa pronuncia, la Suprema Corte ha individuato tre categorie di situazioni possibili, stabilendo, per ognuna di esse, la soluzione ritenuta più adeguata: 1)- il provvedimento minorile contenuto in una sentenza passata in giudicato, deve essere eseguito nelle forme di cui agli artt. 612 ss. c.p.c.; 2)- i provvedimenti di giurisdizione volontaria, che, pur inidonei al giudicato, sono destinati a regolare la situazione in modo "tendenzialmente stabile", vanno eseguiti facendo ricorso al procedimento ex artt. 612 ss. c.p.c.; 3)- i provvedimenti interinali o cautelari, quali, primi fra tutti, i provvedimenti presidenziali prodromici tanto al giudizio di separazione che a quello di divorzio, stante la loro assoluta provvisorietà ed instabilità, vanno eseguiti "in via breve", mediante "forme processuali esecutive garantite dallo stesso giudice che ha disposto (provvisoriamente) al riguardo", cioè ricorrendo, se necessario, agli organi amministrativi di polizia. Nello stesso senso sono anche Cass. 19 febbraio 1981, n. 1014, in Foro it., Rep. 1981, voce Esecuzione forzata di obblighi di fare o di non fare, n. 9; Cass. 11 novembre 1982, n. 5946, in Dir. fam. 1983; Cass. 15 dicembre 1982 n. 6912, in Giust. civ., 1983, I, 792; Cass. 12 novembre 1984, n. 5696, id., Rep. 1984, voce cit., n. 45, in cui è stato affermato che I provvedimenti temporanei ed urgenti, adottati dal presidente del tribunale o dal giudice istruttore nel procedimento di separazione personale a norma dell art. 708 c.p.c., sono soggetti, in difetto di spontaneo adempimento, ad esecuzione coattiva in via breve, a mezzo dell ufficiale giudiziario, salvo che il beneficiario del provvedimento preferisca avvalersi, come gli è 6

7 giurisprudenza di merito 30 e della dottrina 31, si sono da tempo espresse a favore di tale ricostruzione interpretativa: l esecuzione degli obblighi di fare e non fare, infatti, sarebbe in grado di attuare le garanzie del processo giurisdizionale con un estrema duttilità, potendo le regole del processo di esecuzione specifica essere adattate alle peculiarità che presenta il coattivo spostamento del minore da una sfera ad altra di potestà 32. Più precisamente, la previsione di un giudice diverso da quello competente per il merito permetterebbe di minimizzare gli effetti traumatici che l attuazione coattiva dell obbligo di consegna può determinare sulla psiche del minore, potendo il giudice dell esecuzione dettare le prescrizioni più idonee a salvaguardare la sua posizione. A ciò si aggiunga che il giudice dell esecuzione può avvalersi dell opera di ausiliari, quali psicologi, assistenti sociali, esperti di terapia familiare, così adattando le prescrizioni contenute nei provvedimenti di affidamento alle esigenze peculiari di ogni singola fattispecie. È però indubitabile che l adattamento delle regole di cui agli artt. 612 e seguenti ai procedimenti di attuazione di consegna dei minori dà luogo a non pochi inconvenienti: in primo luogo, protagonisti di questa esecuzione sono due organi, quali il giudice dell esecuzione e l ufficiale giudiziario, poco avvezzi a trattare le vicende, delicate, che concernono i minori 33 ; in secondo luogo, applicare le regole relative agli artt. 612 ss. significherebbe immettere la prole in un ingranaggio sordo, lento ed aleatorio 34. Infine, è stato osservato che l obbligo di consegnare un minore comporta un attività in sé semplicissima e, in relazione alle modalità della quale, non si vede su cosa dovrebbe dunque esplicarsi la discrezionalità del giudice 35. In questo quadro di grande incertezza è intervenuto il legislatore nel 2006, introducendo un procedimento tipico per il caso di gravi inadempienze o di atti che arrechino pregiudizio al minore o ostacolino il corretto svolgimento delle modalita dell affidamento. Si intende far riferimento all art. 709 ter c.p.c., il quale prevede un procedimento di carattere sussidiario e con funzione esecutiva 36, caratterizzato dalla previsione di un sistema progressivo di misure coercitive indirette, volte ad assicurare il rispetto di tutti i provvedimenti in senso lato di affidamento, istruzione ed educazione dei minori 37. alternativamente consentito, della normale procedura di esecuzione forzata, notificando alla controparte il titolo e l intimazione ad adempiere; Cass. 1 aprile 1998, n. 3374, in Foro it. Rep. 1998, voce Separazione di coniugi, n. 89; Cass. 10 maggio 2001, n Trib. Milano, 30 giugno 1958; Trib. Palermo 16 aprile 1987; Trib. Roma 8 aprile 1988, in Foro it., 1990, I, 1392 ss. Va, tuttavia, segnalato che, per l attuazione dei provvedimenti temporanei e urgenti adottati dal presidente del tribunale a norma dell art. 708 c.p.c., la giurisprudenza di merito ha riconosciuto competente per l esecuzione dei provvedimenti relativi all affidamento dei minori il giudice tutelare ai sensi dell art. 337 c.c. e non, invece, il giudice dell esecuzione ex art. 612 c.p.c. (cfr. Trib. Cassino 25 giugno 2004, in Nuovo dir., 2004, I, 1004,con nota di n. LOTITO; analogamente. Trib. Palermo, 26 luglio 2001, in Dir. famiglia, 2002, 413; Pret. Padova 20 novembre 1995, in Famiglia e dir., 1996, 269, con nota di VULLO; P. Roma, 16 dicembre 1987, in Foro it., 1990, I, 1392, con nota di CANEVELLI). 31 MANDRIOLI, op. cit., 704; FINOCCHIARO, Esecuzione forzata dei provvedimenti di affidamento dei minori, in Giust. civ., 1981, Cass. 7 ottobre 1980, n VACCARELLA, Problemi vecchi e nuovi dell esecuzione forzata dell obbligo di consegna dei minori, in Giur. it., 1982, I, 2, 309; CONSALES, L attuazione dell obbligo di consegna dei minori: orientamenti dottrinali e giurisprudenziali, in REF, 2002, SACCHETTI, Problemi e prospettive fra giurisdizione e amministrazione negli interventi giudiziari a protezione dei minori, in RTPC, 1985, FORNACIARI, L attuazione dell obbligo di consegna, cit., Così FINOCCHIARO-POLI, Esecuzione di provvedimenti di affidamento dei minori, in Digesto, Disc. Priv. Sez. Civ., Agg. III, Torino, 2007, Cfr. GRAZIOSI, L esecuzione forzata dei provvedimenti del giudice in materia di famiglia, in Dir. Fam., 2008, 880. Si tratta dunque di una tecnica che si affida allo strumento delle astreintes; con l introduzione dell art. 614 bis c.p.c. si è allora posto il problema della concorrenza di tale misura di 7

8 Con tale innovazione, probabilmente, l annoso problema dell individuazione di strumenti idonei per garantire l effettiva tutela degli interessi del minore troverà finalmente una soluzione: le nuove regole dettate dall art. 709 ter, affidandosi agli strumenti compulsori della c.d. esecuzione indiretta, consentono infatti al giudice del procedimento in corso di pronunciare provvedimenti che valgano non soltanto ad individuare, se necessarie, nuove modalità dell affidamento, ma anche ad influire sulla volontà dell obbligato per indurlo ad ottemperare volontariamente al contenuto precettivo del relativo provvedimento. Il legislatore, accogliendo gli auspici di parte della dottrina 38, ha introdotto una nuova forma di esecuzione indiretta, la quale presenta il pregio di adattare una serie di istituti originati in diversi campi del diritto alle esigenze caratterizzanti i rapporti genitoriali 39. Proprio riconoscendo il limite degli strumenti di enforcement a risolvere un intera situazione di conflitto, essa consente il cumulo di provvedimenti coercitivi con le sollecitazioni volte a far intraprendere percorsi di mediazione alle parti (i genitori), di modo da far prendere loro coscienza del fatto che, al di là della rottura del rapporto coniugale, sopravvivono le responsabilità verso la prole, il cui interesse deve essere perseguito in via prioritaria su tutte le altre questioni scaturenti dalla crisi del rapporto sentimentale (Segue). L obbligo di reintegra nel posto di lavoro. Altra questione particolarmente controversa e di difficile risoluzione è quella relativa alle forme di esecuzione dell ordine di reintegra nel posto di lavoro. Al riguardo, esulando dalla presente indagine il tema dell esecuzione in forma indiretta dell obbligo di reintegra tramite gli strumenti previsti ad hoc dall art. 18 (di recente modificato dall art. 1, comma 42 della legge 28 giugno 2012, n ) e dall art. ordine generale e quella di cui all art. 709 ter: sul punto, si v. le considerazioni di VULLO, L attuazione dei provvedimenti relativi all affidamento della prole, in Commentario del codice civile fondato da Schlesinger diretto da Busnelli, Milano, 2010, 872 e ivi a nota 11, nonché per una diversa ricostruzione del problema, CHIZZINI, in AA.VV., La riforma della giustizia civile, Torino, 2009, Sul punto v. CONSALES, L attuazione dell obbligo di consegna dei minori, cit., 480 ss. 39 L art. 709 ter, infatti, prevede che il giudice, in caso di gravi inadempienze o di atti che comunque arrechino pregiudizio al minore od ostacolino il corretto svolgimento delle modalità dell affidamento, può modificare i provvedimenti in vigore e può anche congiuntamente: 1)- ammonire il genitore inadempiente; 2)- disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti del minore; 3)- disporre il risarcimento dei danni, a carico di uno dei genitori, nei confronti dell altro; 4)- condannare il genitore inadempiente al pagamento di una sanzione amministrativa pecuniaria, da un minimo di 75 euro a un massimo di euro a favore della Cassa delle ammende. 40 Le nuove norme introdotte dalla legge 28 giugno 2012, n. 92 superano l'automatismo tra licenziamento ritenuto illegittimo e reintegrazione del lavoratore, prevedendo solo in caso di licenziamento discriminatorio (cioè quello determinato: da ragioni di credo politico o fede religiosa; dall'appartenenza ad un sindacato a dalla partecipazione a scioperi ed altre attività sindacali; dal sesso, dall'età, dall'appartenenza etnica o dall'orientamento sessuale) la declaratoria di nullità del licenziamento (al pari di come avveniva con la precedente normativa) e la conseguente reintegrazione (o "reintegro") nel posto di lavoro con risarcimento integrale (pari a tutte le mensilità perdute ed ai contributi non versati). Le stesse regole si applicano in caso di licenziamento orale (cioè comunicato solo verbalmente) o quando il licenziamento è avvenuto in concomitanza col matrimonio, con la maternità o la paternità. Viene invece previsto che in caso di licenziamento disciplinare (cioè quello motivato dal comportamento del lavoratore), il giudice può ritenere che non ci siano gli estremi per il licenziamento per due motivi: perché il fatto non sussiste; oppure perché il fatto può essere punito con una sanzione di altro tipo. Il giudice, in tal caso, può decidere se applicare, come sanzione, la reintegrazione con risarcimento limitato nel massimo di 12 mensilità, oppure il pagamento di un'indennità risarcitoria, tra le 12 e le 24 mensilità, senza versamento contributivo. Il licenziamento può essere anche motivato da "giustificato motivo oggettivo", cioè da ragioni inerenti 8

9 28 dello Statuto dei Lavoratori, nonché mediante quello generale di cui all art. 614 bis (di cui, peraltro, è fortemente discussa l applicabilità alle controversie di lavoro, stante l esplicito dettato della norma) 41, ci si può limitare a segnalare come l orientamento assolutamente prevalente si sia da tempo espresso per l incoercibilità dell obbligo di reintegra tramite l esecuzione diretta, attesa l infungibilità della prestazione 42. Si osserva in particolare che l obbligo del datore di lavoro condannato alla reintegra si sostanzia non soltanto in un comportamento riconducibile ad un pati, quale è la riammissione del lavoratore nell azienda, ma anche in un insostituibile comportamento attivo, consistente nel ricostruire la posizione lavorativa del dipendente reintegrato, attribuendogli le mansioni a cui era adibito, e nell impartirgli le direttive necessarie per lo svolgimento dell attività lavorativa, tutte attività che confluiscono nell esercizio dei tipici poteri datoriali. In particolare, tale ultimo comportamento non può essere posto in essere da terzi, né dal giudice per il principio costituzionale sancito dall art. 41 Cost. della libertà di impresa 43. "l'attività produttiva, l'organizzazione del lavoro e il regolare funzionamento di essa" (c.d. licenziamento economico). Ad esempio, quando una nuova modalità produttiva o una contrazione del mercato impongono all'azienda di ridurre il numero di addetti ad una certa mansione. In tal caso, se il giudice accerta che non ricorrono gli estremi del giustificato motivo oggettivo, può condannare l'azienda al pagamento di un'indennità risarcitoria in misura ridotta, da 12 a 24 mensilità, tenendo conto dell'anzianità del lavoratore e delle dimensioni dell'azienda stessa, oltre che del comportamento delle parti. Se però ritiene che l'atto è "manifestamente infondato", applica la stessa disciplina della reintegrazione dovuta per il licenziamento disciplinare. Nonostante le modifiche apportate all art. 18 cit., resta ancora configurabile la eseguibilità forzata dell ordine di reintegrazione tramite l irrogazione di una misura coercitiva, seppure in forma attenuata : difatti, nelle ipotesi di licenziamento c.d. disciplinare e più in generale in tutti i casi di licenziamento previsti dai primi due commi della norma è prevista la possibilità per il giudice di condannare il datore di lavoro al versamento delle mensilità e ai contributi non versati fino al giorno della effettiva reintegrazione (art. 18, 2 comma). 41 L art. 614 bis afferma esplicitamente che la misura coercitiva non si applica alle controversie di lavoro subordinato pubblico e privato e ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa di cui all art. 409 c.p.c. La norma si ispira alla tesi sostenuta in passato da Chiarloni (Misure coercitive, cit., 230 ss.), per la quale occorreva rispettare in ogni caso talune sfere di libertà del soggetto obbligato (con il conseguente sacrificio della possibilità per il creditore di ottenere l esecuzione in forma specifica del proprio diritto). Siffatta limitazione, tuttavia, si riferiva soprattutto agli obblighi di fare e di non fare infungibili implicanti prestazioni di natura lavorativa e personale o comunque di natura intellettuale (per le quali la sanzione del non adempimento appariva comunque più adeguatamente data dal classico rimedio del risarcimento del danno per equivalente). Il legislatore del 2009 invece generalizza l esclusione, stabilendo che le misure coercitive non operano per tutte le obbligazioni derivanti dai rapporti di lavoro dipendente od autonomo, risultando escluse anche le obbligazioni di fare e di non fare gravanti sul soggetto datore di lavoro, che in sé non hanno nella maggior parte dei casi alcun elemento di coinvolgimento personale o intellettuale, come ad esempio è per l obbligo di di assegnare il lavoratore le mansioni dovute. Proprio in materia di lavoro, l introduzione dell art. 614 bis c.p.c. costituisce allora un occasione mancata, anche se forse il legislatore ha in tal modo voluto mantenere una linea cauta, per timore di un aggravamento eccessivo degli oneri del sistema produttivo: così SANDULLI-SOCCI, Il processo del lavoro, Milano, 2010, 480; sul punto, si v. anche le considerazioni di DALFINO, Le novità per il processo civile del 2009 e il rito del lavoro, in, 26 ss., nonché la nota precedente. 42 Invero, in passato, una parte (seppur minoritaria) della giurisprudenza di merito ha ritenuto applicabile il combinato disposto degli artt c.c. e 612 e ss. c.p.c. a dette situazioni, al fine di assicurarela piena aderenza dell essere al dover essere. A questo riguardo, si deve rammentare una decisione del Pretore di Milano, nella quale si imponeva all ufficiale giudiziario di procedere all esecuzione coattiva della sentenza di reintegra, provvedendo a compiere tutte quelle attività necessarie alla ripresa effettiva del servizio da parte del lavoratore: così Pret. Milano, 26 novembre 1992, in Lavoro e Diritto, 1993, 449 ss. A favore della coercibilità del provvedimento di reintegra, si v. altresì Pretore di Roma 15 marzo 1992, in Il diritto del Lavoro, 1992, II, 269 e ss.; Pretore di Milano, 13 ottobre 1983, in Foro it., 1984, I, 3042; Pretore di Padova, 17 marzo 1980, in Foro it., 1980, I, 1779 e ss.; Pretore di Roma, in Foro it., 1979, I, 2132 e ss. 43 Cass. 11 gennaio 1988 n. 112, in Mass. giur. lav., 1988, 93, con nota di MANNACIO, con riferimento 9

10 Pertanto, se l esecuzione forzata nei confronti del datore di lavoro per le sentenze di condanna aventi ad oggetto il pagamento di una somma di denaro non pone particolari problemi, trovando applicazione le norme generali del processo esecutivo, è stata, invece, esclusa l applicabilità delle norme di cui agli artt. 612 ss. c.p.c. per eseguire coattivamente l obbligo di reimmettere il lavoratore nel posto di lavoro. Per ragioni analoghe, è stata esclusa la possibilità di attuare in via coattiva la sentenza che contenga l ordine di riassegnare il lavoratore alle precedenti mansioni o ad altre di equivalente contenuto professionale, qualora sia stato violato il divieto di demansionamento di cui all art c.c., nonché i provvedimenti aventi come contenuto l ordine di reintegrazione del lavoratore nella sede originaria a seguito di declaratoria di illegittimità del provvedimento di trasferimento (Segue). I rapporti tra l esecuzione degli obblighi di fare e la nuova misura all'ordine di reintegrazione ex art. 18 della legge n. 300 del 1970 ha affermato che «che il detto ordine di reintegrazione - salva la indiretta coazione conseguente all'obbligo di continuare a corrispondere la retribuzione - non è suscettibile di esecuzione specifica, la quale è possibile soltanto per le obbligazioni di fare di natura fungibile, in cui non può ricomprendersi l'obbligo di reintegrazione. Invero, la reintegrazione nel posto di lavoro comporta non soltanto la riammissione del lavoratore nell'azienda (cioè un comportamento riconducibile ad una semplice "pati"), ma anche un indispensabile ed insostituibile comportamento attivo del datore di lavoro di carattere organizzativo - funzionale consistente, fra l'altro, nell'impartire al dipendente le opportune direttive, nell'ambito di una relazione di reciproca ed infungibile collaborazione. Codesti principi devono essere mantenuti fermi, non ravvisandosi ragione alcuna per discostarsene (cfr., oltre alla già citata Cass. n. 112 del 1988: Cass. 20 gennaio 1978 n. 262; 15 aprile 1976 n. 1355). Nel medesimo senso anche, Cass. 11 gennaio 1990, n. 47 e n. 48, entrambe in Dir. e pratica del lavoro, 1990, In dottrina, v. per tutti GARBAGNATI, Profili processuali del licenziamento per motivi antisindacali, in RDP, 1973, 599; MANDRIOLI, L esecuzione in forma specifica dell ordine di reintegrazione nel posto di lavoro, in RDP, 1975, 9 ss. 44 Al riguardo, la Cassazione è solita affermare che la provvisoria esecutività riconosciuta dal comma 1 dell'art. 431 c.p.c. riguarda solo le sentenze contenenti una condanna al pagamento e non anche le sentenze che accertano il diritto del lavoratore ad una qualifica superiore e condannano il datore di lavoro all'attribuzione di detta qualifica, le quali, ancorchè in parte di accertamento e in parte di condanna, non sono comunque suscettibili di esecuzione forzata, non potendo l'attribuzione della qualifica e il conferimento delle relative mansioni avvenire senza la necessaria cooperazione del debitore: così, v. tra le più recenti, Cass., sez. lav., 17 giugno 2004, n , in Notiziario giurisprudenza lav., 2004, 746; Cass., sez. lav., 14 luglio 1997, n. 6381, in Giust. civ., Mass. 1997, 1191; Cass. 4 settembre 1990, n. 9125, in Notiziario giurisprudenza lav., 1990, 689; Cass. 20 settembre 1990, n. 9584, ivi, 1990, 894. Inoltre, «il principio per cui l'ordine di reintegrazione del lavoratore nel posto di lavoro non è suscettibile di esecuzione in forma specifica può applicarsi anche nel caso di sospensione in via giudiziaria del provvedimento di trasferimento del lavoratore ad altra sede di lavoro, sussistendo pure in tale ipotesi la necessità di un comportamento attivo del datore di lavoro nell'ambito delle proprie competenze organizzative e funzionali, postoché egli può ottemperare all'ordine di reintegrazione assegnando il dipendente a mansioni diverse da quelle precedenti, purché ad esse equivalenti. Ne deriva che, ottenuta in via d'urgenza dal pretore la sospensione del trasferimento, il lavoratore non è passibile di sanzioni disciplinari qualora senza chiedere allo stesso pretore la determinazione delle modalità di esenzione del provvedimento di sospensione, ai sensi dell'art. 612 c.p.c., offra al datore di lavoro le proprie prestazioni nella sede originaria, rifiutandosi di assumere servizio in quella nuova : Cass. 19 novembre 1996, n , in Giust. civ. Mass. 1996, Infine, per quanto concerne la reintegrazione dei dipendenti pubblici, sebbene la situazione sia in apparenza analoga, si è esclusa la possibilità per il pubblico dipendente di ricorrere al procedimento ex art. 612 c.p.c., potendo egli promuovere il giudizio di ottemperanza davanti al giudice amministrativo (così tra le altre, Trib. Parma, 12 luglio 2005, in Lav. nella giur., 2005, 1160, con nota di BRUSATI, secondo cui deve essere dichiarato inammissibile il ricorso proposto ai sensi dell'art. 612 c.p.c. da un pubblico dipendente per la esecuzione forzata della sentenza del giudice del lavoro, provvisoriamente esecutiva, di condanna della p.a. datrice di lavoro ad un fare infungibile ; T.A.R. Marche 19 settembre 2003, n. 997, in Guida al dir., 2003, fasc. 45, 97, secondo cui qualora una sentenza del Giudice del lavoro preveda a carico della p.a. obblighi di fare infungibili, il pubblico dipendente non può avvalersi del ricorso all'art. 612 c.p.c., ma può promuovere il giudizio di ottemperanza avanti il Tar. 10

11 coercitiva indiretta di cui all art. 614 bis. Il discorso sin qui svolto circa l ambito di applicazione ed i limiti del procedimento di esecuzione degli obblighi di fare (fungibili) non può ancora ritenersi concluso: la recente introduzione della misura coercitiva di carattere generale di cui agli artt. 614 bis nel nostro sistema processuale, infatti, ha dato vita ad un ulteriore questione di carattere sistematico, ponendosi il problema di stabilire se l astreinte italiana sia una semplice tecnica di esecuzione indiretta o un rimedio avente carattere generale 45, applicabile in ogni caso e, dunque, anche per l attuazione di prestazioni fungibili, laddove l esecuzione degli obblighi di fare, seppure astrattamente possibile, sia di difficile realizzazione. Sul punto, va riportata la posizione della dottrina e della giurisprudenza prevalente, la quale ritiene che la misura coercitiva di cui all art. 614 bis sia limitata alle obbligazioni infungibili di fare o non fare 46. Ciò per tre ragioni. Innanzitutto, perché la collocazione della disposizione così suggerisce, visto che essa va a chiudere un Titolo del codice di rito dedicato all esecuzione in forma specifica. Essa, in sostanza, chiude il quadro di un sistema nel quale si afferma che, se per le obbligazioni fungibili soccorrono gli articoli 612 ss. c.p.c., per quelle infungibili, e solo per queste, l interessato ha l àncora di salvezza dell art. 614 bis c.p.c. 47. In secondo luogo, la rubrica della norma discorre di esecuzione degli obblighi di fare infungibili, così sembrando escludere l attuabilità di qualunque altro obbligo; infine, poiché la norma introduce nel nostro ordinamento una pena privata, non è suscettibile di interpretazioni estensive 48. A ben guardare, però, sussistono margini per una diversa e più ampia interpretazione. In primo luogo, la rubrica dell art. 614 bis non è vincolante (giacché nel nostro ordinamento vige la regola secondo la quale la rubrica non est lex, per cui non impone alcun obbligo all interprete); secondariamente, il tenore letterale della legge (che parla solo di violazione ed inosservanza dell obbligo senza precisare la tipologia 45 Come accade nel sistema d oltralpe. Sui caratteri e la natura dell astreinte nell ordinamento francese, v. tra gli altri, ASPRELLA, Il nuovo istituto dell astreinte, in ASPRELLA-GIORDANO, La riforma del processo civile dal 2005 al 2009, in Giust. civ., Suppl., 2009, 116; PUCCIARIELLO-FANELLI, L esperienza straniera dell esecuzione forzata indiretta, in AA.VV., L esecuzione processuale indiretta, a cura di Capponi, Milano, 2011, 48 ss. 46 AMADEI, Una misura coercitiva generale per l esecuzione degli obblighi infungibili, in, 2; BOVE, La misura coercitiva di cui all art. 614-bis c.p.c., in., 2; CHIZZINI, in AA.VV., La riforma della giustizia civile, cit., 164; MANDRIOLI-CARRATTA, Come cambia il processo civile, Torino, 2009, ASPRELLA, L attuazione degli obblighi di fare infungibile e di non fare, in Giur. merito, 2011, 117 ss.; ID., L esecuzione processuale indiretta nel processo civile, in REF, 2012, 37 ss.; BUCCI-SOLDI, Le nuove riforme del processo civile. Commento alla legge 18 giugno 2009, n. 69, Padova, 2009, 220 ss.; MERLIN, Prime note sul sistema delle misure coercitive pecuniarie per l attuazione degli obblighi infungibili nella L. 69/2009, in RDP, In giurisprudenza, si v. Trib. Milano, 9 giugno 2011; Trib. Modena, 7 marzo 2011, n. 415 secondo cui la condanna di cui all art. 614 bis non può riguardare la condanna ad un fare fungibile, quindi suscettivo di esecuzione forzata ; Trib. Varese, 16 febbraio 2011, in NGCC, 2011, 876, con nota di Notarpasquale; Trib. Trento, 8 febbraio BOVE, La misura coercitiva, cit., A tali considerazioni si aggiunge anche l ulteriore osservazione secondo cui se si ammettesse l uso del meccanismo coercitivo-sanzionatorio anche nei casi in cui operi l esecuzione diretta, si rischierebbe di duplicare le voci di danno in favore del creditore che si vedrebbe riconoscere non solo l utilità originaria, ma anche il danno e la somma dovuta a titolo di astreinte, così introducendosi surrettiziamente una disposizione analoga all art c.c. (relativa alla clausola penale), ma di determinazione giudiziale (ASPRELLA, L esecuzione processuale indiretta, cit., 37). 11

12 dello stesso) permette un applicazione estensiva della disposizione 49. Soprattutto, la tesi estensiva presenta innegabili vantaggi sotto il profilo sistematico; come accennato, frequentemente ci si può imbattere in ipotesi in cui l obbligo, sebbene fungibile, è di complessa attuazione: si pensi, tra i molti esempi, alla prestazione di consegna di cosa generica o a quello di manutenzione del locatore per quanto attiene ai servizi comuni. Ancora, si pensi agli obblighi nascenti in capo ai genitori nell ipotesi di crisi dei rapporti familiari, tanto che il legislatore ha avvertito la necessità di prevedere (con l art. 709 ter c.p.c.) forme di attuazione sotto il diretto controllo del giudice del merito, con la possibilità di sanzioni indirette, risarcimento del danno e modifiche peggiorative per il coniuge o il genitore inadempiente. In tutte le ipotesi menzionate, sebbene le prestazioni siano astrattamente fungibili, sembra che l estensione dell ambito applicativo dell art. 614 bis comporti un innegabile vantaggio in termini di effettività della tutela, essendo il risultato conseguibile con l esecuzione diretta realizzabile in tempi irragionevoli. Peraltro, la soluzione di estendere il raggio applicativo dell art. 614 bis, oltre ad aumentare il grado di efficacia della tutela ottenuta dal creditore, evita altresì di costringere il giudice a valutare in via pregiudiziale la infungibilità della prestazione come presupposto legittimante 50, con le conseguenti complicazioni circa il coordinamento con l eventuale successiva opposizione all esecuzione fondata sul (l erroneità di) detto presupposto 51. Dunque, nonostante le indubbie difficoltà connesse all accoglimento della tesi estensiva, sembra preferibile affermare che l art. 614 bis si possa applicare anche per assicurare l esecuzione dei provvedimenti giudiziari aventi ad oggetto obblighi di fare fungibili di complessa attuazione. Spetterà dunque al giudice della cognizione (anziché quello dell esecuzione) 52 disporre la comminatoria di cui all art. 614 bis, onde garantire la realizzazione materiale dell obbligo. 2. I titoli esecutivi legittimanti l esecuzione degli obblighi di fare e non fare L art. 612 prevede quale unico titolo legittimante l esecuzione degli obblighi di fare e di non fare la sentenza di condanna. Da sempre si afferma che tale limitazione si spiega con le caratteristiche dell esecuzione degli obblighi di fare e di non fare: poiché detti obblighi sono coercibili solo in quanto fungibili e il risarcimento del danno in forma specifica può essere concesso solo se esso sia possibile e non eccessivamente oneroso (art c.c.), «appare di tutta evidenza che il legislatore abbia inteso subordinare l esecuzione 49 In questo senso, si v. Trib. Terni, 4 agosto 2009, in Foro it., 2011, I, 287; ZUCCONI GALLI FONSECA, Le novità della riforma in materia di esecuzione forzata, in., Spesso è difficile stabilire il confine tra obblighi fungibili ed infungibili. Si consideri ad esempio l ordine di reintegrazione nel posto di lavoro, pacificamente ritenuto infungibile, in cui tuttavia rientrano delle attività che sono definite sottoprestazioni fungibili (al riguardo, si pensi alle prestazioni che non integrano poteri discrezionali, come il rilascio del cartellino o l accesso alla mensa o, ancora, il pagamento delle retribuzioni, che possono essere coattivamente attuate). 51 ZUCCONI GALLI FONSECA, Le novità, cit., L attribuzione al giudice della cognizione del potere di procedere all attuazione dell obbligo di fare di complessa attuazione si giustifica per due diversi motivi: in primo luogo, vi è la lettera dell art. 614 bis che espressamente configura come giudice competente per la irrogazione della sanzione quello della cognizione; secondariamente, trattandosi di un infungibilità operante non sul piano sostanziale, ma su quello squisitamente processuale (sul punto, si v. le considerazioni di MAZZAMUTO, L esordio della comminatoria di cui all art. 614 bis c.p.c. nella giurisprudenza di merito, in Giur. it., 2010, 637 ss., in part. 642), è compito del giudice della cognizione verificare in concreto, tenendo conto dei pregiudizi ulteriori che possono derivare dalle alterazioni già consumate e dai tempi dell esecuzione forzata, se l irrogazione della misura coercitiva sia ammissibile o se, al contrario la richiesta del creditore sia manifestamente iniqua. 12

13 coattiva di tali obblighi ad un preventivo accertamento giurisdizionale avente ad oggetto la fungibilità, possibilità e non eccessiva onerosità della prestazione» 53. Tuttavia, già da tempo la dottrina ha optato per una lettura estensiva dell art. 612, affermando che l esecuzione in forma specifica degli obblighi di fare (e non fare) possa essere azionata sulla base di qualsiasi provvedimento giudiziale di contenuto condannatorio, anche se non assunto nella forma di sentenza 54. Pertanto, sarà titolo esecutivo idoneo a fondare l esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare anche l ordinanza conclusiva del procedimento sommario di cognizione, come peraltro risulta dall art. 702 ter che espressamente attribuisce ad essa generale efficacia esecutiva. Si assiste in tal modo ad un aumento dei titoli esecutivi legittimanti questa forma di esecuzione, giacché il procedimento sommario di cognizione, nato in sordina come giudizio alternativo alla cognizione piena, è divenuto, per effetto dell introduzione del decreto legislativo n. 150/2011 di semplificazione dei riti 55, uno dei principali modelli (accanto al rito del lavoro e a quello ordinario) in cui si articola il processo civile. Pertanto, potrà oggi considerarsi titolo esecutivo per l esecuzione diretta degli obblighi di fare (tra le altre) l ordinanza emessa all esito dell opposizione ai provvedimenti amministrativi in materia di diritto all unità familiare ex art. 20 del d.lgs. 150/2011 o quelle rese in materia di discriminazione di cui all art. 28 dello stesso decreto, laddove abbiano ad oggetto la condanna ad un facere fungibile. A seguito della modifica dell art. 474, 2 comma, n. 1, inoltre, non pare più dubbia la possibilità di fondare l'esecuzione sul verbale di conciliazione giudiziale, giacché la L. 28 dicembre 2005, n. 263, modificando la norma appena citata, espressamente considera quali titoli esecutivi anche gli «altri atti ai quali la legge attribuisce espressamente efficacia esecutiva. Può dunque essere finalmente abbandonata quell'opinione che escludeva che il verbale di conciliazione fosse titolo idoneo per l'esecuzione forzata degli obblighi di fare e non fare V. ex multis SOLDI, Manuale dell esecuzione forzata, Padova, 2009, ANDRIOLI, Commento al codice di procedura civile, Napoli, 1957, 327; secondo DENTI, L esecuzione forzata in forma specifica, Milano, 1953, 211, l'espressione «sentenza di condanna» esprimerebbe semplicemente la necessità di un previo accertamento giudiziale dell'esistenza e del contenuto dell'obbligo da attuare. Anche la giurisprudenza interpreta il termine sentenza in senso ampio, con riferimento ad ogni provvedimento giudiziale di condanna: così Trib. Roma, 10 settembre 2008, per la quale il termine sentenza va inteso come qualsiasi provvedimento adottato dal giudice con prevalente funzione esecutiva, includendo così anche le ordinanze adottate ex art. 700 c.p.c. e quelle rese all'esito di procedimenti per nuova opera o danno temuto. 55 Su cui v. CONSOLO, Prime osservazioni introduttive sul d.lgs. n. 150/2011 di riordino (e relativa semplificazione ) dei riti settoriali, in Corr. giur., 2011, 1485 ss. 56 Per molto tempo sia in dottrina che in giurisprudenza è prevalsa l idea che il verbale di conciliazione, pur essendo titolo idoneo ai sensi dell art. 185 c.p.c. all esecuzione per le obbligazioni pecuniarie, nonché all esecuzione specifica per consegna o rilascio, non legittimasse l esecuzione degli obblighi di fare e di non fare, poiché l art. 612 menzionava quale unico titolo valido per questo tipo di esecuzione la sentenza di condanna (in tal senso si v. Cass. 13 ottobre 1954, n. 3637, in Giur. it., 1955, I, 1, 345; più di recente, Cass. 13 gennaio 1997, n. 258, in Foro it., Rep. 1997, voce Esecuzione forzata degli obblighi di fare, n. 1; Cass. 14 dicembre 1994, n , id., Rep. 1994, voce cit., n. 2; in dottrina, sostengono tale tesi, DENTI, L esecuzione forzata in forma specifica, cit., 211 ss.; LANCELLOTTI, Conciliazione delle parti, in Enc. dir., VIII, Milano, 1961, 416; BORRE, Esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare, cit., 233; MONTESANO, Esecuzione specifica, in Enc. dir., XV, Milano, 1966, 536). Invero, già da tempo, parte della dottrina aveva manifestato una certa insoddisfazione per la soluzione restrittiva sostenuta dall opinione maggioritaria, in virtù dei vantaggi indubbi che la conciliazione poteva apportare sotto il profilo del guadagno in termini di tempo, di energie e di spese (così già ANDRIOLI, Commento al codice di procedura civile, III, cit., 327 ss.; più di recente, BRIGUGLIO, Conciliazione giudiziale, in Digesto civ., III, Torino, 1988, 239 ss.; CASTORO, Il processo esecutivo nel suo aspetto pratico, Milano, 2006, 704; LUISO, Diritto processuale civile, III, cit., 230, il quale in particolare osserva che «è assurdo pretendere, di fronte ad un accordo delle parti, che il giudice debba emettere ugualmente sentenza che 13

14 D altronde, già da qualche tempo la Corte Costituzionale, dichiarando infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 612, nella parte in cui non prevedeva tra i titoli esecutivi idonei a fondare l esecuzione degli obblighi di fare o non fare il verbale di conciliazione, osservava che escludere che l art. 612 c.p.c. fosse idoneo a consentire l esecuzione anche se il titolo esecutivo fosse costituito dal verbale di conciliazione avrebbe comportato la negazione del valore di accelerazione della definizione della controversia, «che costituisce la principale caratteristica della conciliazione e comporterebbe un irragionevole seppur parziale sacrificio del diritto di difesa, nonché una protrazione altrettanto irragionevole dei tempi del processo» 57. Peraltro, anche il legislatore, già prima della modifica dell'art. 474, 2 co., n. 1, aveva sancito espressamente l'idoneità del verbale di conciliazione ad essere titolo esecutivo anche per l'esecuzione in forma specifica: gli artt 16, 2 comma, per il verbale di conciliazione giudiziale, e 40, per quello stragiudiziale, del d.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, nel contesto dell ormai abrogata disciplina del processo per le controversie societarie, finanziarie e bancarie, espressamente qualificavano il verbale come titolo per l'esecuzione degli obblighi di consegna o rilascio e di fare o non fare 58. Discorso più complesso va condotto con riferimento alla conciliazione raggiunta all esito di un procedimento di mediazione: stabilisce l art. 11, 1 comma, del d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28 che se è raggiunto un accordo amichevole, il mediatore forma processo verbale al quale è allegato il testo dell'accordo medesimo ; laddove le parti non riescano a raggiungere un accordo amichevole, il mediatore può formulare una proposta su richiesta congiunta delle parti, vincolativamente, ovvero di sua iniziativa, discrezionalmente, in assenza di richiesta congiunta. Se è raggiunto l accordo amichevole o se tutte le parti aderiscono alla proposta del mediatore, stabilisce l art. 11, 3 del decreto citato che si forma processo verbale che deve essere sottoscritto dalle parti e dal mediatore, il quale certifica l'autografia della sottoscrizione delle parti o la loro impossibilità di sottoscrivere 59. Ai sensi del successivo art. 12 il verbale di accordo, il cui contenuto non è contrario all'ordine pubblico o a norme imperative, è omologato, su istanza di parte e previo accertamento anche della regolarità formale, con decreto del presidente del tribunale nel cui circondario ha sede l'organismo. Tale verbale, all esito dell omologa, quindi costituisce titolo esecutivo per l'espropriazione forzata, per l'esecuzione in forma specifica e per l'iscrizione di ipoteca giudiziale. Sennonché, proprio stando all art. 11 d.lgs. cit., il verbale di accordo costituisce titolo esecutivo prima ed a prescindere dall omologazione. Ciò in considerazione della costituirebbe la trascrizione fedele dell accordo delle parti solo perché il verbale di conciliazione non avrebbe efficacia esecutiva»). 57 C. Cost. 12 luglio 2002, n. 366, in Foro it., 2004, I, 41 ss. e in Riv. es. forz., 2003, 137 ss. con note di Norelli e Amadei. Dopo il citato intervento della Corte costituzionale e la modifica dell art. 474 c.p.c., anche in giurisprudenza si è finalmente fatta strada l idea che il verbale di conciliazione possa fondare un'esecuzione ex art. 612 (Trib. Brescia, 10 giugno 2003, in Mass. Trib. Brescia, 2004, 91; in senso analogo, Trib. Trani, 2 ottobre 2007, in Corriere del Merito, 2008, 1, 26 ss., la quale ha precisato che il verbale di conciliazione ha efficacia di titolo esecutivo ai sensi dell art. 612 c.p.c. esclusivamente nei confronti di chi lo ha sottoscritto, in quanto con il verbale sorge un'obbligazione a titolo personale che non è trasmissibile agli eredi del sottoscrittore). 58 A cio si aggiunga che ai sensi del secondo comma dell art. 12 del d.lgs. 4 marzo 2010, n. 28, il verbale di accordo raggiunto all esito del procedimento di mediazione ha, se omologato dal presidente del tribunale nel cui circondario ha sede l organismo di mediazione, efficacia di titolo esecutivo anche per l esecuzione in forma specifica. 59 Si distingue dunque tra accordo (atto delle parti, che esse devono sottoscrivere ed al quale il mediatore non partecipa) e relativa verbalizzazione (atto proprio del mediatore che spetta a lui redigere ed espressione dell epilogo della mediazione). Essi sono atti complementari, giacché al verbale va allegato l accordo. 14

15 circostanza che la sottoscrizione del verbale viene autenticata dal mediatore, il quale certifica l autografia della loro sottoscrizione. Si è dunque in presenza di una scrittura privata autenticata, costituente titolo esecutivo ancora prima della omologazione ai sensi dell art. 474, 2 comma, n. 2 c.p.c. In quanto scrittura privata autenticata, però, il verbale di accordo può costituire titolo solo per l espropriazione forzata, mentre, ai sensi dell art. 12 cit., esso è titolo per qualsiasi forma esecutiva e, pertanto, laddove abbia ad oggetto obblighi di fare fungibili, anche per l esecuzione di cui all art E invece ancora dubbio se gli atti ricevuti da notaio o altro pubblico ufficiale autorizzato dalla legge a riceverli permettano l instaurazione dell esecuzione diretta di cui agli artt. 612 e seguenti. Con la riforma dell art. 474 c.p.c., per questi atti è venuto meno il limite tradizionale alle obbligazioni di pagamento di somme di denaro in essi contenute; ciò ha determinato il sorgere del dubbio se i titoli notarili fossero idonei anche per l esecuzione degli obblighi di fare e non fare. La lettera della legge pare escludere un interpretazione estensiva, giacché l art. 474, 3 comma, come modificato dalle leggi nn. 80 e 263 del 2005, attribuisce al possessore dell atto pubblico la facoltà di procedere unicamente all'esecuzione forzata per consegna o rilascio, senza fare menzione dell esecuzione degli obblighi di fare e non fare. La scelta compiuta del legislatore pare invero criticabile, essendo del tutto irragionevole 61 ; difatti, se la legge ha attribuito efficacia esecutiva ad un atto stragiudiziale quale il titolo notarile, lo ha fatto all evidente scopo di accelerare i tempi necessari per la realizzazione delle ragioni creditorie; dunque, al pari di quanto già accaduto per il verbale di conciliazione, gli atti pubblici dovrebbero annoverarsi tra i titoli idonei a dar luogo all esecuzione degli obblighi di fare; pare infatti formalistica e contraria al principio di economia processuale la soluzione di costringere il creditore ad instaurare un processo di cognizione al solo scopo di ottenere un titolo esecutivo identico a quello di origine notarile 62. Il dubbio circa la possibilità di avvalersi del procedimento di cui agli artt. 612 e 60 E stato notato che il decreto n. 28/2010 si pone non solo in linea con i recenti interventi normativi, ma soprattutto evita il sorgere di ogni questione intorno alla qualificazione del verbale di conciliazione stragiudiziale (omologato) in termini di titolo esecutivo giudiziale ai sensi dell art. 474 comma 2 n. 1 c.p.c. ovvero stragiudiziale (quale scrittura privata autenticata) ai sensi del n. 2 art. 474 c.p.c. Pure essendo indubbio che l omologa del tribunale non trasforma un titolo stragiudiziale (il verbale di conciliazione) in provvedimento (e quindi titolo) giudiziale in senso stretto (il controllo del giudice in sede di exequatur non contiene nessun accertamento e non basta perciò per equiparare il titolo stragiudiziale al titolo giudiziale), ove fosse mancata una previsione quale quella dell art. 12 comma 2 d.lgs. cit., si sarebbe potuto porre il dubbio se ricondurre il verbale di accordo entro la categoria dei titoli giudiziali in qualità di atto a cui la legge attribuisce efficacia esecutiva ex art. 474 n. 1 c.p.c. idoneo perciò a costituire titolo per qualsiasi forma di esecuzione forzata. Probabilmente alla stessa conclusione cui perviene l art. 12 cit. si sarebbe giunti poi invocando oltre che l art. 474 comma 2 n. 1 c.p.c. - l esperienza del processo del lavoro, in cui da tempo si ritiene (anche prima dell ultima riforma) in via interpretativa che il verbale di conciliazione stragiudiziale omologato è titolo per qualsiasi forma esecutiva (seppure non si esita a sottolinearne i limiti quanto alla sua capacità di vincere l inerzia del datore di lavoro assoggettato ad un obbligo di fare)77. Il testo dell art. 12 comma 2 d.lgs. cit. elimina ogni dubbio (e va perciò apprezzato) adottando la soluzione più estensiva, a tutto vantaggio della mediazione : così TISCINI, L esito positivo della mediazione civile e commerciale del d.lgs. n. 28/2010: il verbale di accordo, tra requisiti formali e pregi/difetti sostanziali, in., V., anche per riferimenti DALFINO, Il titolo esecutivo e il precetto, in L espropriazione forzata riformata, a cura di G. Miccolis e C. Perago, Torino, 2009, Ritengono invece impossibile procedere ad una interpretazione correttiva del dato normativo BALENA - BOVE, Le riforme più recenti del processo civile, Bari, 2006, 130; analogamente SOLDI, Manuale, cit., 1008; contra RONCO, Commento all art. 474, in AA. VV., Le recenti riforme del processo civile, I, diretto da S. Chiarloni, Bologna, 2007, 581 ss.; DEMARCHI, Il titolo esecutivo, in Il nuovo rito civile, III, L esecuzione, Milano, 2005, 12-3; DE STEFANO, Scrittura privata come titolo esecutivo, in Le guide del professionista, Il Sole 24 ore, 2006,

16 seguenti per procedere all'attuazione delle misure cautelari e dei provvedimenti possessori, invece, è stato ormai risolto in senso negativo: si afferma in giurisprudenza che poiché a norma dell art. 669 duodecies c.p.c. l'esecuzione del provvedimento in materia possessoria dà luogo ad un ulteriore fase del relativo procedimento, di competenza dello stesso giudice che ha emesso il provvedimento, e non già al procedimento di esecuzione forzata, è erroneo - e come tale inammissibile - il ricorso, da parte di chi abbia subito la molestia possessoria, all art. 612 c.p.c. onde ottenere l'attuazione dell'ordine impartito dal giudice; inoltre, più in generale, dall'art. 669 duodecies c.p.c. si evince che l'attuazione dei provvedimenti cautelari aventi ad oggetto obblighi di fare o dare va concepita come una fase dell'unitario procedimento cautelare, del tutto autonoma dal processo esecutivo di cui Libro III del c.p.c., il quale è manifestazione di tutela ordinaria e non può essere assimilato alla tutela cautelare 63. La giurisprudenza, in verità, si era espressa in questo senso già con riferimento al provvedimento d urgenza ex art. 700, osservando come detti provvedimenti non costituissero titolo esecutivo, con la conseguenza che la loro esecuzione coattiva non poteva attuarsi con la procedura prevista dagli artt. 612 e ss., anche in considerazione della circostanza che nei procedimenti cautelari la fase della cognizione forma un tutt'uno con quella della esecuzione, per cui è lo stesso giudice che ha emesso il provvedimento a stabilirne le modalità di attuazione o contestualmente all'emissione del provvedimento o in un momento successivo 64. Ovviamente nulla vieta al giudice in questa attività di mutuare le forme dagli artt. 612 c.p.c. ss.; ciò peraltro non comporta applicazione diretta delle norme citate, delle quali si ammette solo l'estensione in via analogica a un diverso procedimento, che non costituisce una forma di esecuzione forzata (in modo specifico) regolata dal libro terzo del codice di rito, ma che trova fondamento nello stesso provvedimento cautelare, dotato di un'intima esecutorietà realizzabile officio iudicis, con una esecuzione meramente processuale 65. Gli esposti principi, in quanto ritenuti di portata generale, sono di sicuro applicabili all intera materia di attuazione di provvedimenti cautelari di altro genere Le parti del processo di esecuzione forzata degli obblighi di fare e non fare. In virtù dei principi generali, il titolo esecutivo e il precetto devono essere notificati a colui che risulti obbligato in base alle risultanze del titolo stesso, ovvero al suo successore universale o particolare. Del pari, l esecuzione in forma specifica degli obblighi di fare e non fare può essere azionata non solo da chi risulti creditore nel titolo, ma anche dal suo successore. In effetti, non è dubbio che il processo possa essere instaurato dal successore o nei suoi confronti. In particolare, in tema di successione nel titolo soccorrono esplicitamente gli artt. 475 e 477 del codice di rito, i quali per opinione ormai pacifica 63 Di recente, Cass. 16 giugno 2008, n ; Cass. 12 marzo 2008, n. 6621; Cass. 12 gennaio 2006, n. 407; Trib. San Benedetto del Tronto, 28 aprile 2010, in Dir. Lav. Marche, 2010, 3-4, Cass. 20 maggio 1977, n Cass. 20 dicembre 1991, n ; analogamente, con riferimento all esecuzione di provvedimenti d'urgenza in materia possessoria, v. Cass. 15 gennaio 2003, n. 481, nonché Cass. 12 gennaio 2006, n. 407 e Cass. 12 marzo 2008, n. 6621; Cass. 16 giugno 2008, n , per le quali l esecuzione dei provvedimenti interinali di reintegrazione deve avvenire omettendo l'osservanza delle formalità dell'ordinario processo di esecuzione e, quindi, senza preventiva notificazione del precetto, bastando, nei confronti dell'intimato, che il provvedimento sia notificato in forma esecutiva, con la conseguenza che le spese del precetto, ove intimato, non sono ripetibili. 66 Così, esplicitamente, Trib. Novara, 16 gennaio 2006, in , per la quale un ulteriore dato che non permette di equiparare l'esecuzione forzata degli obblighi di fare o non fare alla attuazione dei provvedimenti cautelari è rappresentato dalla diversità del giudice che vi presiede, atteso che la prima è diretta dai giudice dell'esecuzione e la seconda dal giudice che ha pronunciato il provvedimento cautelare, a nulla rilevando l'eventuale identità personale dei due magistrati. 16

17 ammettono la azionabilità del titolo da e contro il successore a titolo universale e particolare 67. Dunque, grazie alla previsione contenuta nell art. art. 475 c.p.c. il successore può ottenere la spedizione in forma esecutiva del titolo; se, pertanto, costui può ritenersi legittimato ad iniziare un'esecuzione, a maggior ragione dovrà essergli riconosciuto il diritto di proseguire un'esecuzione già instaurata, attività che potrà realizzare procedendo al compimento dei necessari atti esecutivi, successivamente alla morte del suo dante causa. Correlativamente, nel caso in cui il debitore abbia trasferito a terzi la proprietà del bene oggetto dell esecuzione, titolo esecutivo e precetto potranno essere notificati all avente causa del debitore. Sennonché, poiché l esecuzione degli obblighi di fare e disfare (analogamente a quella per consegna o rilascio) provoca un'incisione del possesso o della detenzione del bene dell'obbligato 68 (più precisamente, più che la soppressione del possesso in capo all obbligato, la sua compressione, al fine di consentire il compimento delle operazioni materiali da parte degli ausiliari del giudice), deve ritenersi che l'unico soggetto che può spontaneamente adempiere è il possessore (o detentore) del bene sul quale gli ausiliari del giudice devono operare (anche laddove costui non risulti titolare dell obbligo) 69. Da tali premesse discende che soggetto passivo di questa esecuzione deve ritenersi chi sia in concreto destinatario della pretesa esecutiva, a prescindere dalla circostanza 67 In particolare, se ciò è espressamente indicato dall'art. 475 c.p.c. per il caso di successione dal lato attivo, qualora essa avvenga dal lato passivo, il tenore letterale dell'art. 477 c.p.c. per il quale il titolo esecutivo è efficace solo nei confronti degli «eredi» del debitore è interpretato estensivamente e, pertanto, detto titolo sarà efficace anche nei confronti del successore a titolo particolare. In particolare, la dottrina che più si è occupata della questione (LORENZETTO PESERICO, La successione nel processo esecutivo, Padova 1983, 342 ss.174 ss.) afferma che la successione a titolo particolare nell obbligo, anche se avvenuta successivamente alla conclusione del processo di cognizione, determini l opponibilità del titolo al «terzo» (rispetto alle parti individuate nel titolo in senso documentale). Diversamente opinando, ben poche esecuzioni in forma specifica potrebbero raggiungere gli esiti sperati, potendo il debitore sostituire a sé dopo la cristallizzazione del titolo un altro soggetto al solo fine di eludere il proprio obbligo (LUISO, L esecuzione ultra partes, Milano, 1984, 4; Cass., 14 giugno 2001, n. 8056). Oltre a questa considerazione di ordine pratico, si pongono solidi argomenti interpretativi e sistematici. In primo luogo, l art. 477, 2 comma, c.p.c. nulla prevede in merito alla successione a titolo particolare mortis causa dal lato passivo, ma, fissando un principio generale in tema di processo esecutivo, chiarisce come interpretazioni restrittive non siano ammissibili. Inoltre, con riferimento al processo di cognizione, gli artt. 110 e 111 cod. proc. civ. e l art cod. civ. stabiliscono per le ipotesi di successione a titolo universale ed a titolo particolare differenti regimi, i quali, in ogni caso, mai distinguono ulteriormente tra le ipotesi di successione tra vivi e quelle a causa di morte (MANDRIOLI, In tema di rapporti tra estensione soggettiva del giudicato ed estensione soggettiva del titolo esecutivo, in RDP, 1985, 472 ss.). Si può, quindi, ragionevolmente concludere che risulta principio dell ordinamento quello in base al quale gli effetti del rapporto (come accertato in via cognitiva), che investono i successori nel rapporto medesimo, comprendono necessariamente anche gli effetti esecutivi riconnessi a tale accertamento, al di là del momento in cui la successione sia avvenuta (LUISO, L esecuzione, cit., 206, il quale parla, però, di rapporto di dipendenza, e non di successione). In definitiva, anche laddove la successione a titolo particolare avvenga dopo la conclusione della fase cognitiva, il suo verificarsi renderà il successore a titolo particolare successore non solo nei diritti in cui è subentrato, ma anche negli obblighi che ad essi (ed al rapporto accertato) sono riconnessi (diffusamente, LORENZETTO PESERICO, La successione, cit., 182 ss., 365; LUISO, L esecuzione, cit., 291, 295; in giurisprudenza v. Cass., 1 luglio 2005, n , ed in particolare Cass., 17 gennaio 2003, n. 601). 68 LUISO, L'esecuzione ultra partes, cit., 27 ss.; BORRE, Esecuzione forzata degli obblighi di fare e non fare, cit., 101 ss. 69 Dunque, il soggetto passivo dell'esecuzione degli obblighi di fare e non fare deve essere individuato sulla base degli effetti concreti che produrrà l'esecuzione: titolo esecutivo e precetto devono essere notificati a chi esercita sul bene il potere di fatto, nonché al proprietario, se questi è soggetto diverso dal procedente o dall'esecutato. Infatti, la costruzione o la demolizione dell'opera incide, oltre che nella sfera giuridica del detentore corpore, anche nella sfera giuridica del proprietario. 17

18 che una tale qualifica risulti dal titolo esecutivo o dal precetto 70 ; nonostante tale estraneità formale, questo terzo deve considerarsi l'effettivo soggetto passivo dell'esecuzione, giacché solo lui, trovandosi nel possesso o nella detenzione del bene, è in grado di permettere l attuazione coattiva dell obbligo e soddisfare la pretesa esecutiva dell'avente diritto 71. Il soggetto istante, dunque, se vuole che l azione esecutiva possa avere concretamente inizio, deve indirizzare gli atti esecutivi nei confronti di chi si trovi nel possesso o nella detenzione del bene, nonostante non sia menzionato quale soggetto passivo né nel titolo esecutivo, né nel precetto. In altre parole, parte passiva deve ritenersi colui che, sebbene non sia destinatario della notificazione degli atti preesecutivi (quali il titolo esecutivo e il precetto), subisce il compimento di quelli esecutivi 72. Nelle esecuzioni dirette (al pari di quanto accade nell espropriazione), ciò che importa ai fini dell acquisto della qualità di soggetto passivo dell esecuzione (e a contrario di terzo estraneo ad essa) è l essere stati o meno destinatari della pretesa esecutiva. Peraltro, l idea secondo cui ciò che consente di individuare la parte passiva dell esecuzione è la direzione impressa dal soggetto attivo al processo, mediante la proposizione della domanda esecutiva, trova conferma nel dettato normativo del novellato art. 608 c.p.c., a mente del quale l esecuzione inizia con la notifica dell avviso con il quale l ufficiale giudiziario comunica almeno dieci giorni prima alla parte, che è tenuta a rilasciare l immobile, il giorno e l ora in cui procederà : non sembra sia dubitabile che solo in tale attività sia ravvisabile la pretesa esecutiva. 70 Il caso in cui l'istante notifica il titolo esecutivo e il precetto nei confronti di colui che dal titolo risulta debitore della consegna o del rilascio, ma agisce poi esecutivamente nei confronti di colui che è nella detenzione corpore del bene oggetto dell'esecuzione viene definito «modulo senza contraddittorio» (LUISO, L'esecuzione ultra partes, cit., 74 ss., 184 ss., 305 ss., spec. 367). Esso si differenzia dal caso in cui il creditore dell'esecuzione forzata in forma specifica preannuncia la sua azione nei confronti del terzo notificando a questi titolo esecutivo e precetto - c.d. «modulo con contraddittorio». 71 La correttezza di quest orientamento sembra essere confermata anche da quelle decisioni della giurisprudenza di legittimità secondo cui la successione di un terzo avente causa nel diritto sul bene oggetto dell'esecuzione non vale a trasmettere sul terzo l'obbligo dell'attuazione del comando contenuto nel titolo esecutivo pronunciato nei confronti del dante causa, qualora il trasferimento del diritto non sia stato seguito dal trasferimento del possesso sulla cosa; il comando (contenuto nel titolo esecutivo) si impone al terzo acquirente del bene solo se egli si trova nel possesso o nella detenzione della cosa oggetto dell'esecuzione, essendo costui l'unico soggetto attraverso il quale l'adeguamento imposto dalla sentenza può essere concretamente attuato: così Cass. 17 gennaio 2003, n. 601, in Riv. esec. forz., 2004, 205 ss. Nello stesso senso, tra le tante, Cass. 14 giugno 2001, n. 8056, in Giust. civ., 2002, I, 95 ss. e in Foro it., 2002, I, 1486 ss., con nota di Caponi, secondo cui, diversamente opinando, si verificherebbe l'inconveniente ben più grave di lasciare l'avente diritto privo della tutela, «in conseguenza di maliziose manovre di colui nei cui confronti è intervenuta la sentenza di condanna». Vedi però Cass. 8 gennaio 2003, n. 73, in Riv. esec. forz., 2004, 205, a mente della quale, nel processo di esecuzione forzata ex art. 612 per l'attuazione di un'ordinanza di reintegrazione del possesso, la legittimazione passiva all'esecuzione sussiste in capo all'autore dello spoglio anche se egli abbia perduto il possesso del bene oggetto dell'esecuzione per averlo alienato a terzi, non potendo il creditore agire nei confronti degli aventi causa, essendo questi ultimi estranei al giudizio in cui si è formato il titolo esecutivo. Invero, tale affermazione lascia perplessi, poiché, così ragionando si finisce per condannare il processo esecutivo ad una prosecuzione inutile perché l'originario esecutato contro il quale di dovrebbe procedere non sarebbe più in possesso dei beni al momento della conclusione dell'esecuzione e quindi il processo esecutivo non potrebbe realizzare il suo scopo. 72 LUISO, L esecuzione, cit., 74 ss., 379; MANDRIOLI, In tema di esecuzione per consegna o rilascio contro il terzo possessore o detentore, in Riv. dir. civ., 1985, I, 579 ss., in part. 590, 596. Sul punto, per più ampie considerazioni, sia consentito rinviare a METAFORA, L opposizione del terzo possessore avverso l esecuzione in forma specifica e i suoi rapporti con l opposizione di terzo ordinaria, in Giur. it., 2006, V, 1004 ss., in part

19 Dalle svolte considerazioni ne esce confermato che, ai fini dell individuazione del soggetto passivo dell esecuzione, ciò che importa è che costui sia stato destinatario degli atti esecutivi (o anche di quelli preesecutivi, quali la notificazione del precetto), costituendo il possesso o la detenzione del bene mero elemento che condiziona la scelta del creditore nell imprimere all azione esecutiva una specifica direzione 73. Nel processo di esecuzione forzata degli obblighi di fare, allora, la qualità di parte esecutata si assume con la notifica del ricorso che il procedente formula ai sensi dell art. 612 c.p.c. Il fatto che l azione esecutiva possa essere indirizzata nei confronti di chi, al momento della proposizione del ricorso, riveste la qualità di possessore del bene non esclude tuttavia che costui possa reagire all attività intrapresa dalla parte istante, contestandone la legittimità; in particolare, potrà proporre opposizione di terzo ordinaria qualora ritenga di essere titolare di un diritto autonomo ed incompatibile con quello risultante dal titolo esecutivo, mentre potrà agire con l opposizione all esecuzione, ove intenda far valere un diritto prevalente ma compatibile rispetto al diritto accertato nel titolo esecutivo, in tal modo contestando non l accertamento in esso contenuto, ma solo il procedimento di attuazione forzata La fase preliminare. Il precetto e l inizio dell esecuzione. A differenza dell art. 605 c.p.c., l'art. 612 non specifica il contenuto del precetto per obblighi di fare 75, né prevede la necessità di inserirvi una descrizione dell'obbligo di fare o non fare rimasto inadempiuto; ciò nonostante, la 73 In passato prevaleva in giurisprudenza la tesi della c.d. efficacia erga omnes o ultra partes del titolo esecutivo nelle esecuzioni in forma specifica (si v. ex multis, Cass. 24 marzo 1943, n. 681, in Foro it., 1943, I, 747; Cass. 13 giugno 1951, n. 1511, in Giur. compl. cass. civ., 1951, II, 585; Cass. 15 aprile 1953, n. 976, in Foro it., 1953, I, 1279; Cass. 14 gennaio 1967, n. 151; Cass. 15 luglio 1959, n. 2303, in Giur. it., 1962, I, 1, 330; Cass. 15 novembre 1974, n. 3649; Cass. 16 febbraio 1976, n. 508, in Foro it., 1976, I, 2194; Cass. 5 aprile 1977, n. 1299, in Giust. civ., 1977, I, 1169; Cass. 17 novembre 1981, n. 6104, in Foro it., Rep. 1981, voce Esecuzione forzata in genere, n. 51; Cass. 6 maggio 1986, n. 3024, in Foro it., 1987, I, 876; Trib. Roma 6 giugno 1987, n , in Temi Rom., 1987, 127 ss.; Pret. Napoli 30 novembre 1987, in Arch. loc., 1988, 172. In dottrina per la tesi dell'efficacia erga omnes dell'ordine di rilascio si esprimevano MORTARA, Commentario del codice e delle leggi di procedura civile, Milano, 1923, 596; CHIOVENDA, Istituzioni di diritto processuale civile, Napoli, 1960, 409; SATTA, Commentario al codice di procedura, III, cit., 344). Per codesto orientamento, l'ordine contenuto in una sentenza di condanna o in un'ordinanza di convalida dello sfratto doveva ritenersi operativo nei confronti di chiunque, essendo efficace non solo verso chi risultava obbligato nel titolo esecutivo, ma anche di chiunque si trovasse a detenere i beni nel momento in cui la sentenza veniva portata ad esecuzione; ciò indipendentemente dalla posizione concretamente rivestita da detti terzi, fossero stati meri detentori sine titulo o a titolo precario o, invece, titolari di un autonomo diritto al godimento del bene nei confronti dell'esecutante. 74 Sul punto, sia consentito rinviare per un ampia trattazione del problema a METAFORA, L opposizione di terzo all esecuzione, Napoli, 2010, 214 ss. 75 Più precisamente, la disciplina dell esecuzione degli obblighi di fare e di non fare non stabilisce espressamente che debbano esser preventivamente notificati titolo esecutivo e precetto (così testualmente BRUSCHETTA, Studi per una teoria dell esecuzione forzata degli obblighi di fare e non fare, 2012, 128). Sennonché, si può rimediare a tale lacuna normativa ricorrendo all art. 479 c.p.c. che impone per qualunque tipo di procedimento esecutivo (sia in forma generica per espropriazione che specifica) l onere per il creditore di preannunciare il suo intento di agire notificando titolo esecutivo e precetto (così BRUSCHETTA, op. cit., 128, il quale richiama i precedenti dottrinali di REDENTI, Diritto processuale civile, III, Milano, 1957, 304, nonché, più di recente, di LUISO, Diritto processuale civile, cit., 230). 19

20 dottrina ritiene che una tale descrizione, pur se sommaria ed eventualmente per relationem, debba, per ragioni sistematiche, esservi 76. Al pari di quanto accade nell'esecuzione per consegna e rilascio, inoltre, anche con il precetto con cui si intima l adempimento dell obbligo risultante dal titolo esecutivo è possibile chiedere il pagamento delle spese sostenute per la redazione dell atto, che possono essere autoliquidate a cura della parte creditrice 77. Una volta notificato il titolo esecutivo ed il precetto, la parte ha l onere di instaurare il procedimento esecutivo depositando il ricorso sottoscritto da un difensore munito di procura presso la cancelleria del giudice dell esecuzione 78 con il quale è tenuto a specificare la prestazione indicata nel titolo e richiedere di conseguenza la determinazione delle modalità con cui procedere alla sua attuazione. Non è ormai dubbio che con siffatta attività il creditore dia avvio al processo esecutivo 79. L individuazione del momento in cui ha inizio l esecuzione ha rilievo sotto molteplici aspetti: in primo luogo, perché il precetto non perda efficacia a norma dell art. 481 c.p.c. costringendo il creditore alla sua rinnovazione, occorre che il deposito del ricorso ex art. 612 avvenga entro e non oltre novanta giorni dalla sua notificazione. In secondo luogo, solo a decorrere dal deposito del ricorso è possibile proporre le opposizioni esecutive di cui agli artt. 615, 2 comma, 617, 2 comma e 619 c.p.c. 80 ; ancora, nell ambito delle controversie di lavoro, segna il momento a partire dal quale il giudice d appello può disporre la sospensione dell esecuzione; infine, la presentazione del ricorso permette il prodursi della interruzione permanente del termine prescrizionale del diritto fatto valere dal creditore Lo svolgimento del procedimento. La determinazione delle modalità esecutive. Nonostante il silenzio del legislatore, costituisce principio pacifico che siano applicabili gli artt. 484, 485 e 488 del codice di rito relativi all espropriazione forzata 82 : pertanto, ricevuto il ricorso, il cancelliere ha l onere di formare il fascicolo d ufficio nel quale devono essere inseriti tutti gli atti processuali, nonché il titolo esecutivo e il precetto debitamente notificati 83. Una volta compiuta tale formalità, il Presidente del tribunale o della sezione procederà alla nomina del giudice assegnatario dell affare sulla base delle vigenti tabelle. Il giudice dell esecuzione, esaminato il ricorso, provvede all instaurazione del 76 CARNELUTTI, Istituzioni del nuovo processo civile italiano, III, Roma, 1956, 95, nt. 806; DENTI, L esecuzione, cit., 230; MANDRIOLI, Esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare, cit., Così, Cass. 20 gennaio 1994, n. 457; con riferimento al precetto ex art. 605, Cass. S.U., 24 febbraio 1996, n. 1471, in Foro it., 1996, I, A norma dell art. 26 c.p.c. il giudice competente per l esecuzione forzata degli obblighi di fare e di non fare è il magistrato designato dal Presidente del tribunale del luogo dove l obbligo deve essere adempiuto. 79 Vedi per tutti, CRIVELLI, L esecuzione in forma specifica, cit., Va ricordato che la sospensione dei termini processuali in periodo feriale indicata dall'art. 1 della legge 7 ottobre 1969, n. 742 non si applica ai procedimenti di opposizione all'esecuzione, come stabilito dall'art. 92 del r.d. 30 gennaio 1941, n. 12, a quelli di opposizione agli atti esecutivi ed a quelli di opposizione di terzo all'esecuzione). Sul punto, tra le molte, si v. Cass. 22 giugno 2007, n , in Riv. cancellerie, 2007, 5, 571, con precipuo riferimento all'appello avverso un provvedimento di carattere decisorio, avente valore di sentenza, reso nel procedimento esecutivo di obblighi di fare e di non fare, avendo detto appello valore di opposizione all'esecuzione ex art. 615 per contestare il diritto della controparte ad agire "in executivis" nelle forme di cui agli artt 612 ss. (sul punto, amplius, 6). 81 CASTORO, Il processo di esecuzione, cit., CASTORO, Il processo di esecuzione, cit., , per il quale siffatte norme si applicano all esecuzione degli obblighi di fare in virtù di interpretazione estensiva o quanto meno per analogia. 83 Cass. 11 luglio 1975, n. 2773, in Foro it., 1976, I, 325 ha affermato che non occorre che il titolo esecutivo sia depositato all atto della proposizione del ricorso, bastando che esso venga inserito nel fascicolo dell esecuzione prima che il giudice provveda con ordinanza a determinare le modalità esecutive. 20

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