LO SCOPO DEL NOSTRO NOTIZIARIO

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2 MONTEREALE VALCELLINA PORDENONE LO SCOPO DEL NOSTRO NOTIZIARIO IN QUESTO NUMERO Parliamo un po di fisica (5a parte)... pag. 1 Raccolta e analisi dei micro meteoriti... pag. 7 Ultime immagini Deep Sky dall osservatorio... pag. 12 Lo sapevi che?... pag. 14 Notiziario stampato in proprio e distribuito a soci e simpatizzanti Gli articoli e le relazioni sono ad uso interno e riservate ai soci Per questo numero hanno collaborato: Carrozzi Giampaolo Abate Dino Luigi De Giusti Andrea Berzuini - Stampa curata da Luigi De Giusti IL DIRETTIVO DELL ASSOCIAZIONE PER IL BIENNIO PRESIDENTE: Giampaolo Carrozzi 2. VICE PRESIDENTE: Zanut Stefano 3. DIRETTORE OSSERVATORIO: Salamon Franco 4. SEGRETARIO: Abate Dino 5. MEMBRI: - Berzuini Andrea - Cauz Omar - De Giusti Luigi - Degli Innocenti Dante - Gasparotto Mauro - Vanzella Piermilo 2

3 PARLIAMO UN PO DI FISICA - 5 Giampaolo Carrozzi OTTICA 1. FENOMENI LUMINOSI Sorgenti luminose e corpi illuminanti. Sono sorgenti luminose i corpi capaci emettere luce, cioè di impressionare i nostri occhi con fenomeni che vengono chiamati fenomeni luminosi. Sin dall antichità l uomo si è posto il problema relativo alla natura della luce e spiegarsi il meccanismo della visione. Per una organica trattazione del fenomeno generalmente si opera sviluppando due branche specifiche: - Ottica geometrica che si propone di sviluppare l analisi del fenomeno indipendentemente dalle teorie sulla natura della luce. - Ottica fisica che tratta la specifica natura della luce e le relative teorie. È ben noto che la principale fonte di vita sul nostro pianeta è dovuta alla presenza del Sole, che illumina tutti gli oggetti che vediamo di giorno. In generale le sorgenti di luce sono tutti i corpi luminosi, sia che brillino di luce propria (stelle), sia di luce artificiale (metalli riscaldati oltre gli 800 ). Il colore delle sorgenti luminose è strettamente collegato alla temperatura superficiale. La maggior parte degli oggetti visibili però sono corpi illuminati che ricevono la luce da qualche sorgente e la diffondono in tutte le direzioni. La percentuale di luce diffusa dipende dal colore dei corpi. Quelli oscuri assorbono la maggior parte della luce ricevuta (tratteremo il corpo nero in seguito), mentre per quelli chiari prevale la quantità di luce diffusa. Alcuni corpi, quali lastre di vetro, l aria, l acqua, si lascano attraversare dalla luce, consentendo così la visione degli oggetti che si trovano dalla parte opposta: questi sono i corpi trasparenti. Oltre ai corpi trasparenti ed opachi vi sono poi i cosiddetti corpi traslucidi; questi fanno passare la luce ma non consentono di distinguere l oggetto (vetro smerigliato, vetro bianco, carta, ecc). La luce, a differenza del suono, si propaga anche nel vuoto e, secondo i dettami della fisica classica, si propaga in linea retta. Si definisce raggio luminoso un pennello molto sottile di luce rappresentato schematicamente, nelle figure, da una retta. Una classica applicazione della propagazione rettilinea della luce ci è data dalla camera oscura, nella quale si osserva l immagine dell oggetto in forma capovolta. Ombra e penombra. La propagazione rettilinea della luce determina anche il fenomeno dell ombra e della penombra. Si ha il solo fenomeno dell ombra quando un corpo viene illuminato da una sorgente luminosa di dimensioni trascurabili. Si ha il fenomeno della penombra quando un corpo luminoso ha le dimensioni non trascurabili. Si definiscono: - zona d ombra quella compresa tra le tangenti esterne comuni ai due corpi; - zone di penombra quelle nelle quali giunge solo una parte dei raggi emessi dalla sorgente. Queste sono comprese tra le tangenti interne e le tangenti esterne comuni ai due corpi. Una delle conferme classiche della propagazione rettilinea della luce deriva dal fenomeno dell eclissi (di Sole o di Luna), ben nota in astronomia. Velocità della luce Durante un temporale è ben noto il fenomeno per cui perviene ai nostri occhi prima l immagine del lampo e successivamente perviene alle nostre orecchie il rombo del tuono. Da ciò si può dedurre che la velocità della luce seppure finita è di gran lunga superiore alla velocità del suono. Il problema della velocità finita della luce fu posto, in particolare da Galileo, che cercò, per primo, di misurarne la velocità. Per ricavare questo dato sviluppò una serie di esperimenti usando due lanterne, tenute da due osservatori, coperte e poste a distanze sempre maggiori. Facendo scoprire la prima il secondo doveva scoprire la sua nell istanze in cui percepiva la luce. Ne deduceva che l intervallo di tempo tra l istante in cui un osservatore scopre la sua e l istante in cui percepisce la luce emessa dall altra, misurato sulle varie distanze dava valori via via maggiori, questa differenza rappresenta il tempo che la luce impiega a percorrere due volte la distanza tra una lanterna e l altra. Galileo però non trovò alcuna differenza e dedusse che la luce doveva viaggiare ad una velocità altissima se non infinita. Lo stesso esperimento fu ripetuto alcuni anni dopo dagli accademici del Cimento che posero gli osservatori a distanza di qualche chilometro, ma i risultati furono sempre negativi. La prima determinazione sperimentale della velocità della luce fu eseguita tra 1670 e il 1680 dall astronomo danese Ole Rømer ( ). Diversi astronomi, tra i quali Cassini, avevano già osservato che le eclissi dei satelliti medicei di Giove, erano talvolta in anticipo o in ritardo. Durante ogni rivoluzione i satelliti scompaiono nell ombra di Giove, così che l intervallo di tempo tra due eclissi consecutive corrisponde esattamen- 3

4 te al periodo di rivoluzione e pertanto dovrebbe essere costante. Come si potrebbero allora spiegare i ritardi e gli anticipi con cui vengono osservate le eclissi? In particolare si era osservato che le eclissi si succedono con ritardo quando la Terra, nel suo moto di rivoluzione, si allontanava da Giove, mentre avvenivano con anticipo quando la Terra si avvicinava a Giove. Rømer fu il primo a capire che la somma di tutti i ritardi, come pure la somma di tutti gli anticipi, corrispondeva esattamente al tempo impiegato dalla Terra a percorrere il diametro T T della sua orbita. Calcolò così che la luce impiegava 1320 s per percorrere il diametro dell orbita terrestre noto a quei tempi come 2, m, ricavando per la velocità della luce c il valore: 11 2,8 10 m 3 Km c s s Oggi sappiamo che questo valore è molto approssimato. Ciò è dovuto all inesattezza sia delle misure di Rømer che del diametro dell orbita terrestre noto a quei tempi. Infatti le misure odierne del tempo danno il valore di 980s, mentre il diametro dell orbita terrestre è di 2, m, per cui la velocità della luce dedotta con il metodo di Rømer sarebbe: 11 2,99 10 m 3 Km c s s Il francese Fizeau ( ) fu il primo che, nel 1849 con un esperimento terrestre, riuscì a misurare la velocità della luce. Egli si servì di un dispositivo del tipo indicato in figura a destra La luce emessa dalla sorgente S, incidendo su uno specchio semi-argentato, in parte viene trasmessa ed in parte riflessa. Il raggio riflesso passa attraverso un vano di ruota dentata, che può girare a grande velocità attorno al proprio asse, si riflette sullo specchio A e torna indietro. Se la ruota è ferma, il raggio di ritorno passa attraverso lo stesso vano e colpisce lo specchio A; qui la luce in parte viene riflessa ed in parte è trasmessa pervenendo all occhio dell osservatore. Se la ruota gira ad una velocità tale che, nel tempo Δt che la luce impiega a percorrere 2 volte la distanza da R ad A, ad un vano si sostituisce il dente successivo, il raggio luminoso di ritorno da A incontra un dente e non può raggiungere l osservatore, che pertanto non osserva la luce. Supponiamo che la ruota abbia raggiunto la velocità ω e valutiamo l intervallo Δt di tempo che impiega perché ad un vano si sostituisca il dente successivo. Se n è il numero dei denti e quindi anche il numero dei vani, ogni periodo T della ruota è composto di 2n intervalli di tempo Δt. 2 Si ha perciò : 2n Δt = T, e poiché è T, con ω velocità angolare della ruota segue: 2 2n t da cui: t (1) n Se indichiamo con d la distanza tra la ruota e lo specchio A e con c la velocità della luce si avrà: 2d 2d 2dn t (2). Dalle (1) e (2) segue: da cui c. c c n Dalla precedente, nota la velocità angolare ω della ruota ed il numero n di denti, misurando d, si ricava la velocità della luce: il valore trovato da Fizeau con questo metodo è di km/s. In questo esperimento però l osservatore deve fare una stima soggettiva, e quindi affetta da errore di intensità luminosa massima e minima. Foucault, che aveva lavorato con Fizeau all esperimento, eliminò questo inconveniente sostituendo alla ruota dentata uno specchio girevole. Questo metodo nuovo per la misura della velocità della luce è infatti noto come metodo Foucault o dello specchio ruotante. Figura a sinistra La luce emessa dalla sorgente S colpisce lo specchio semiargentato A ove in parte è trasmessa e in parte si riflette. Il raggio riflesso subisce una seconda riflessione sullo specchio G nella direzione OO incontrando lo specchio concavo A che ha il suo centro di curvatura in O. Per la proprietà degli specchi concavi, ogni raggio passante per il centro O si riflette, sullo specchio, su se stesso. Il raggio OO perciò torna indietro seguendo lo stesso cammino, si riflette una seconda volta sullo specchio G ritornando secondo la direzione OA sullo specchio A, ove in parte si trasmette lasciando un immagine sullo schermo C nel punto P. Se lo specchio G ruota, il raggio OO, riflettendosi sullo specchio A, ritorna incontrando lo specchio ruotante nella posizione G e riflettendosi secondo la direzione OP. Lo spostamento PP sullo schermo è una 4

5 misura dell angolo PÔP di cui il raggio riflesso dallo specchio ruotante è ruotato; si può così conoscere l angolo GÔG che è esattamente la metà di PÔP per le note proprietà della riflessione della luce. Nota allora la velocità di rotazione dello specchio si può ricavare il tempo Δt che lo specchio impiega a descrivere l angolo GÔG ; questo tempo è ovviamente anche quello che impiega la luce a percorrere due volte la distanza d = OO. Noti perciò Δt e d si calcola la velocità della luce c con la formula: c 2 d. t Con questo metodo viene eliminato l inconveniente dell esperimento di Fizeau della stima dell intensità luminosa massima e minima, in quanto si tratta solo di misurare lo spostamento PP sullo schermo. Il valore trovato da Foucault per la velocità della luce nell aria fu di km/s. Questo metodo fu successivamente perfezionato da Michelson ( ) nel 1923, il quale ottenne il valore di km/s. Il valore moderno con cui la luce si propaga nel vuoto è di ,5 km/s, che generalmente si approssima al noto valore di km/s. 2. FOTOMETRIA Ogni corpo esposto alla luce solare o a qualsiasi altra sorgente luminosa si riscalda in modo maggiore se scuro ed in modo minore se chiaro. Poiché un riscaldamento indica sempre assorbimento di energia, se ne deduce che anche la luce trasporta energia. Sperimentalmente si ricava che corpi di colore diverso si riscaldano in maniera diversa per cui risulta chiaro che l assorbimento della luce, cioè dell energia trasportata varia da copro a corpo. Si avrà quindi che il massimo di energia assorbita, quindi il riscaldamento, si avrà su un corpo nero, mentre gli altri corpi assorbono solo parte della luce incidente, diffondendo e trasmettendo la rimanente. Per un confronto tra le varie sorgenti, dal punto di vista della luce emessa, e quindi dell energia irradiata, sono stati introdotti i concetti di intensità luminosa e intensità di illuminazione. - Intensità luminosa di una sorgente è l energia che essa emette in un secondo: l unità di misura è il watt. - Intensità di illuminazione o luminosa su uno schermo è invece l energia che in un secondo arriva su 1 m 2 di superficie e si misura in watt/m 2. Fisiologicamente per altro, l intensità della sensazione luminosa prodotta da una sorgente non dipende solo dall energia emessa dalla sorgente. Infatti due sorgenti che emettono la stessa quantità di energia possono produrre sensazioni diverse. Quindi la sensazione luminosa prodotta da una sorgente non dipenderà solo dall energia emessa, ma anche dalla forma, dalle dimensioni della sorgente, dal colore della luce, così come pure corpi diversi sui quali l intensità di illuminazione è uguale da un punto di vista energetico, possono produrre sensazioni diverse. Per questo motivo spesso si prescinde da considerazioni energetiche e si confrontano le intensità luminose e quelle di illuminazione basandoci su effetti più specificatamente fisiologici. A tale scopo sono state introdotte le grandezze fotometriche, espresse in unità definite direttamente mediante la scelta di un campione. Le misure che si fanno per confrontare le sorgenti e l illuminazione prodotta sono chiamate misure fotometriche. Per l intensità luminosa veniva usata una unità di misura (ormai superata) chiamata Violle che rappresentava l intensità luminosa di una sorgente costituita da 1 cm 2 di superficie di platino alla temperatura di fusione (1769 ) in direzione normale alla superficie stessa. Essendo per altro una unità piuttosto grande si scelse come unità di misura la sua ventesima parte, chiamata candela internazionale (cd). Oggi l'intensità luminosa viene quantificata come candele in una data direzione di una sorgente che emette radiazione monocromatica di frequenza pari a hertz e con 1 una intensità radiante in detta direzione di watt per steradiante (angolo solido corrispondente tridimensionale del 683 radiante). L'intensità luminosa può anche essere considerata come il numero di fotoni che attraversa una sezione unitaria di un campione (che può essere anche il vuoto) nell'unità di tempo. Il problema della misura delle intensità luminose viene risolto nel momento i cui, definite le unità di misura, si perviene ad un criterio per confrontare una intensità luminosa con il campione unitario o più in generale due intensità luminose qualsiasi. A questo scopo vengono usati i fotometri. Il più classico dei quali, dal punto di vista storico-scientifico, è senz altro quello a macchia d olio o di Bunsen. Strumento ormai superato dai moderni sistemi di misura basati sui microcip al silicio (es. il CCD usato in astronomia). Attraverso le misure fotometriche eseguite con il fotometro di Bunsen si pervenne anche alla legge dell inverso del quadrato della distanza, legge che regola anche la dipendenza della forza d interazione gravitazionale tra due masse, della forza d interazione elettrica tra due cariche e dell intensità del suono. In particolare se si indica con K l intensità di illuminazione prodotta su uno schermo da una sorgente a distanza K unitaria, l intensità di illuminazione E prodotta dalla stessa sorgente a distanza r sarà: E 2 r La legge dell inverso del quadrato della distanza che caratterizza l intensità di illuminazione prodotta su uno schermo è facilmente interpretabile in base alla propagazione rettilinea della luce. 5

6 In figura a lato è rappresentata una sorgente luminosa S ed una superficie A a distanza x da essa. Se la luce si propaga in modo rettilineo, la quantità di luce che, per esempio in un secondo, passa attraverso la superficie A, passa nello stesso intervallo di tempo anche attraverso la superficie A, situata entro il cono che da S proietta il contorno di A. Se la superficie A si trova a distanza 2x da S, tutti i lati di A sono ovviamente il doppio dei corrispondenti lati di A, e quindi la superficie di A sarà 4A. Si indica con q la quantità di energia che attraversa A in un secondo, le intensità di illuminazione E ed E rispettivamente su A ed A saranno: q q E E E' ed essendo A = 4A si avrà E ' A A' 4 Si deduce che raddoppiando la distanza della superficie, la intensità di illuminazione diventa un quarto. Analogamente si trova che a distanza tripla, quadrupla, ecc. la intensità di illuminazione diventa 1/9, 1/16, ecc. In particolare la fotometria è una tecnica usata in astronomia e che riguarda la misurazione del flusso, o dell'intensità, della radiazione elettromagnetica di un corpo celeste. Solitamente la fotometria si indirizza alla misurazione di ampie bande di lunghezze d onda; quando viene misurata la distribuzione spettrale della radiazione, e non solamente la sua intensità, viene usato il termine spettrofotometria. Quando la distanza dell'oggetto misurato può essere stimata, la fotometria può fornire informazioni sul totale dell' energia emessa dall'oggetto, la sua dimensione, la temperatura e altre proprietà fisiche. Accurate misurazioni fotometriche sono difficoltose quando la magnitudine apparente dell'oggetto è fioca. In passato nella fotometria veniva esclusivamente usato il fotometro fotoelettrico, uno strumento che misura l'intensità della luce di un oggetto indirizzandola su celle fotosensibili. Oggi sono stati largamente rimpiazzati dalle camere CCD, comunque i fotometri fotoelettrici sono ancora usati in situazioni particolari, come nei casi in cui è richiesta una elevata risoluzione temporale. La fotometria si esegue convogliando la luce in un telescopio, fatta passare attraverso speciali filtri ottici, e poi catturata su CCD. Generalmente vengono riprese almeno tre immagini fotometriche, tante quante sono le immagini delle stelle standard fotometriche, usando per ognuna filtri differenti. Solitamente la fotometria è usata per generare le curve di luce di oggetti come: stelle variabili e supernove, dove l'interesse è concentrato sulla variazione dell'energia emessa nel tempo. Gli esami fotometrici sono anche usati come tecnica per scoprire pianeti extrasolari. Misurando infatti l'intensità della luce delle stelle in un dato periodo di tempo, gli astronomi possono esaminare deviazioni del loro spettro e determinarne possibili cause. In fotometria si definisce la grandezza flusso luminoso come il prodotto tra la potenza emessa da una sorgente luminosa puntiforme e il coefficiente di visibilità (λ), dove λ è la lunghezza d onda. Il flusso luminoso si misura in lumen. Il coefficiente di visibilità (λ) è stato ottenuto statisticamente come il valore atteso o medio tra un certo numero di soggetti testati. Esso varia, come detto, con la lunghezza d'onda tra la zona del violetto e quella del rosso ed è massimo in corrispondenza della luce giallo-verde. La curva di visibilità possiede un andamento cosiddetto a campana ristretta (fig. a lato), che indica la sensibilità dell'occhio umano al variare della lunghezza d'onda (colore). L'asse orizzontale è in nanometri (nm). Se la sorgente luminosa, considerata puntiforme emette un watt di potenza, il flusso corrispondente alla lunghezza d'onda di visibilità massima (555 nanometri) è pari a 683 lumen, in quanto vale l'azione del coefficiente di visibilità. Per le altre lunghezze d'onda vale il peso della curva (λ). Dal flusso luminoso derivano le altre grandezze fotometriche come l' illuminamento, la radianza e l' intensità luminosa. Il lumen, in sigla lm. Equivale al flusso luminoso rilevabile in un angolo solido di 1 steradiante emesso da una sorgente isotropica con intensità luminosa di 1 candela. Ne discende che la stessa sorgente isotropica con intensità luminosa di 1 candela emette un flusso luminoso totale di 4π lumen. L unità di misura nel S.I. dell intensità di illuminazione è il lux (simbolo lx): pari a un lumen fratto un metro quadrato. cd sr Dimensionalmente si ha: lx 2 m Per dare un idea di quanto vale un lux di seguito alcuni dati di illuminamento: - la luce del Sole mediamente varia tra i lx (32 klx) e i lx (100 klx); - sotto i riflettori degli studi televisivi si hanno circa lx (1 klx); - in un ufficio luminoso si hanno circa 400 lx; - in un ufficio illuminato secondo l'attuale normativa europea Uni En vi sono 500 lx - la luce della Luna è pari a circa 1 lx; - la luce di una stella (Sirio) luminosa è soltanto 0,00005 lx (50 µlx). 6

7 RACCOLTA ED ANALISI DEI MICROMETEORITI (M.Grazia Pellegrini) (Lavoro per l esame di Stato-Maturità Scientifica ) La raccolta e l'analisi delle cosiddette micro meteoriti, particelle sub millimetriche di origine prevalentemente asteroidale che cadono continuamente sulla Terra può essere effettuata da un dilettante con l'impiego di una semplice attrezzatura. Per cercare queste microscopiche particelle, quasi perfettamente sferiche è sufficiente porre all'aria delle bacinelle di plastica, lasciandole all'aperto per alcuni giorni finché non si riempiono d'acqua piovana. Per estrarre le micro meteoriti ferrose dal materiale residuo dopo evaporazione dell acqua, si pone una potente calamita in un sacchetto di plastica e lo si passa sopra il materiale in questione: si estrae poi il magnete dal sacchetto -picchiettando sullo stesso- in una vaschetta la polvere rimasta attratta, che conterrà molte particelle ferrose di origine spaziale. Infine si raschiano le pareti e il fondo del recipiente con un ago disteso che viene poi esaminato allo steroscopio. Nel residuo finale avremo una presenza discreta di Cosmic Dust, sia sotto forma di MM (micro meteoriti) che di CS (Cosmic Spherules). Già a bassi ingrandimenti si potranno individuare le micro meteoriti ferrose, piccole sferette metalliche lucide la cui forma è dovuta al processo di fusione nel passaggio in atmosfera. Hanno dimensioni che vanno da qualche decina a qualche centinaia di micrometri. Le foto riportano le micrometeoriti ferrose individuate nella ricerca. Le immagini sono state effettuate appoggiando sull'oculare dello steroscopio una macchina fotografica digitale con obbiettivo di 100 mm e una posa di circa mezzo secondo. 7

8 Ogni anno cadono sulla Terra dallo spazio da a tonnellate di materiale di ogni dimensione. La Terra riceve, infatti, un continuo apporto di materiale extraterrestre di dimensioni e peso molto diversi: dalle grandi meteoriti, fino alle più minute particelle di polvere. Le meteoriti raccolte sulla Terra rappresentano percio solo una porzione -sebbene la piu evidente- della grande quantita di detriti che ogni hanno ci piovono addosso, benche sui tempi brevi il contributo maggiore e dovuto alla polvere cosmica e alle micro meteoriti. I corpi progenitori sono le comete e gli asteroidi della Fascia Principale (che si trovano nella regione del sistema solare compresa tra l'orbita di Marte e quella di Giove) o i loro recenti o antichi frammenti che vagano liberamente nello spazio interplanetario sfiorando di tanto in tanto la Terra, i cosiddetti meteoroidi. Si tratta di corpi eterogenei dal punto di vista delle masse, che vanno da particelle di polvere di pochi grammi a giganteschi massi di 10 milioni di chili, oggetti che quando incontrano lungo il proprio cammino la Terra possono dar luogo alle tracce luminose chiamate meteore (bolidi quando sono particolarmente appariscenti) o giungere fino al suolo, nel qual caso prendono il nome di meteoriti. Nella regione fra Marte e Giove, durante le prime fasi della nascita del Sistema Solare, circa 4,5 miliardi di anni fa, le perturbazioni gravitazionali indotte da Giove, in corso di formazione, inibirono la nascita di un altro pianeta, dando luogo alla formazione di una miriade di corpi di varie dimensioni, gli Asteroidi della Fascia principale. Le perturbazioni dello stesso pianeta gigante, poi, hanno modificano l orbita di diversi di questi corpi minori, portandoli ad incrociare quella terrestre e disseminando lo spazio a noi vicino di materiale cosmico di varie dimensioni. Allo steroscopio i micro meteoriti ferrosi appaiono perfettamente sferici. Questa loro particolarità li rende inconfondibili dal materiale antropogenico. 8

9 PROVE DELL ORIGINE COSMICA DEI MICROMETEORITI Una forte prova dell'origine cosmica delle micro meteoriti è la loro regolare presenza in molti sedimenti geologici antichi. Un'altra chiara dimostrazione è costituita da una netta tendenza al loro aumento in corrispondenza di importanti impatti cosmici. E' il caso di grandi tempeste meteoritiche o della disintegrazione in atmosfera di grossi bolidi. E' il caso dell'evento di Tunguska del 30 Giugno del Più in generale è il caso dell'impatto con la Terra di grossi asteroidi. In generale, per essere sicuri che l'origine delle CS non fosse dovuta a fenomeni locali, alcuni gruppi di studiosi hanno effettuato delle ricerche e praticamente ovunque le abbiano cercate, hanno potuto riscontrare la presenza di micrometeoriti: questa è stata un'ulteriore conferma della loro natura extraterrestre. LA CLASSIFICAZIONE DELLE METEORITI L analisi mineralogica non e, in generale, alla portata di un dilettante; puo essere tuttavia utile sapere, quali sono i principali tipi di meteoriti esistenti: in altre parole conoscere la loro classificazione. Le meteoriti, a seconda della loro composizione, si dividono in tre grandi categorie: Meteoriti pietrose o aeroliti. Sono molto simili alle comuni rocce terrestri per il fatto che la loro composizione minerale è dominata dai silicati, di gran lunga il tipo di minerale maggiormente presente nelle rocce del nostro pianeta. Meteoriti pietrose-ferrose (o sideroliti). Sono formate sia da minerali sia da roccia, cioè rappresentano una via di mezzo tra le meteoriti pietrose e quelle ferrose. In pratica, sono misture di silicati e di metalli liberi (ferro-nichel) in proporzioni approssimativamente uguali. Si tratta di meteoriti rare e spesso sono tra gli oggetti più belli e preziosi di una collezione. Meteoriti ferrose (o sideriti o ferri meteorici). Sono meteoriti costituite da metalli con quantità maggiori di ferro e nichel. Si tratta di meteoriti comuni, ma sono ugualmente di un certo valore perché difficili da distinguere dalle rocce terrestri. La quantità di nichel 9

10 determina la classificazione delle meteoriti all'interno di questa categoria. Se presentano un'alta percentuale di altri materiali (silicati, zolfo, carbonio, etc.) sono classificate anche come meteoriti ferrose silicate. Di tutte le meteoriti viste cadere sul nostro pianeta nel corso dei secoli il 94% sono pietrose, il 4% ferrose ed infine solo l 1-2% pietrose- ferrose. Diametro meteoriti Numero impatti sulla terra 1 mm Uno ogni 30 secondi 1 metro Uno ogni anno 100 metri Uno ogni anni 10 chilometri Uno ogni 100 milioni di anni Tutte queste particelle hanno un ruolo importante in molti settori della ricerca: per censire le popolazioni di corpi cosmici in funzione della loro massa, per elaborare modelli di distribuzione della polvere interplanetaria, per avviare indagini sulla struttura e composizione dei corpi progenitori (asteroidi e comete), per quanti- 10

11 ficare il rischio di impatto dei meteoroidi sui veicoli spaziali, per riconoscere eventuale materiale esogeno per lo sviluppo della vita sul nostro pianeta. BIBLIOGRAFIA: Astronomia UAI, Gen-Feb Matteo Chinellato, A caccia di meteoriti, Scibooks. Mc Sween H.Y., Meteorites and their Parents Planets, Cambridge University Press, Cambridge. Norton R. O., Rocks from Space, Missoula, Reynolds M.D., Falling Stans, Barnes & Noble, New York,

12 ULTIME IMMAGINI DEEP SKY DALL OSSERVATORIO Presentiamo una selezione d immagini di oggetti deep sky, riprese nel 2008 dal nostro osservatorio, con il riflettore Marcon 400 F5 e ccd DTA Discovery 260. A tutte le immagini, elaborate e ridimensionate in fase di post-elaborazione, è stato sottratto, in fase di ripresa, il dark frame. 16/07/2008: M27 posa /07/2008: M27 posa 60 16/07/2008: M57 posa /04/2008: M104 posa /10/2008: NGC 6826 posa 10s 26/10/2008: NGC 6992 (parziale) posa 60 12

13 26/10/2008: NGC 7008 posa 60 26/10/2008: NGC 7048 posa 60 26/10/2008: NGC 7031 posa 60 26/10/2008: Quintetto di Stephan posa

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16 LA REDAZIONE DEL NOTIZIARIO AUGURA A TUTTI: SOCI E SIMPATIZZANTI I MIGLIORI AUGURI DI BUONE FESTE! E CHE IL 2009 POSSA ESSERE FORIERO DI SALUTE E FELICITÀ PERCHÉ TUTTO FOSSE PIÙ VERO Maniago, dicembre 2008 Nacque nella notte originaria sotto esiliato cielo e già luminosa stella da lontani emisferi in quieta adorazione da lande deserte ricevette doni e doni dispensò Nacque per noi tra noi per trarci dal buio della solitudine noi naviganti di tormentati oceani che non troviamo Pace Nacque nudo nell umile terra al freddo di una grotta perché tutto fosse più vero perché tutto nasce e riconduce e Lui Giuseppina Tundo Carrozzi 16

17 ASSOCIAZIONE PORDENONESE DI ASTRONOMIA Via della Croce MONTEREALE VALCELLINA PN IL NOTIZIARIO VIVE SOLO SE TUTTI I SOCI COLLABO- RANO ALLA SUA STESURA CON NOTIZIE e/o ARTICOLI Inviare all indirizzo: info@apaweb.it CALENDARIO DEGLI INCONTRI: - Serate Osservative aperte al pubblico: secondo o terzo venerdì di ogni mese (aggiornamento sul sito) - Incontri mensili in sede: il 1 venerdì di ogni mese (conferma via ) ATTENZIONE!!!! IL SITO DELL APA: SI RICORDA A COLORO CHE ANCORA NON AVESSERO PROVVEDUTO DI RINNOVARE LA QUOTA ASSOCIATIVA PER L ANNO ,00 da versare sul c.c. postale n PER CONTATTARE: Presidente: Giampaolo Carrozzi Via Manzoni, MANIAGO tel Segretario: Dino Abate Via Corva, Tiezzo tel Direttore Osservatorio: Franco Salamon Via Amman, Pordenone tel

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