FORMAZIONE E COMUNICAZIONE

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1 IN QUESTO NUMERO INDICE 1 FOCUS Le principali novità 2 COMMENTI Rifiuti. Il formulario di trasporto rifiuti e la sua disciplina sanzionatoria nel T.U. Ambientale (Miriam Viviana Balossi) 4 LEGGI Legge comunitaria Legge 6 febbraio 2007, n. 13 (Rino Pavanello) 9 SENTENZE Omessa richiesta di visita specialistica. Responsabilità del medico competente (Cass. Pen., sez. III, 13 giugno 2006, n ) (con nota di commento di Anna Guardavilla) 14 Responsabilità colposa. Errato intervento terapeutico post-infortunio (Cass. Pen., sez. IV, 21 dicembre 2006, n ) (con nota di commento di Anna Guardavilla) 18 Sicurezza. Occasione di lavoro (Cass. Civ., sez. Lav., 5 maggio 2006, n ) 25 Inquinamento idrico. Autorizzazione allo scarico: principio di responsabilità (Cass. Civ., sez. I, 8 maggio 2006, n ) 27 Rumore. Riduzione emissioni sonore (Tar Puglia, sez. I, 4 dicembre 2006, n. 5639) 29 INSERTO Testo Unico. Lo schema di legge delega per il testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro: le novità e gli aspetti più significativi (Anna Guardavilla e Rino Pavanello) 49 "Prevenire si può e si deve" (CGIL, CISL, UIL) 57 FORMAZIONE E COMUNICAZIONE Decreto RSPP. Obblighi di formazione dal 14/02/2007 al 14/02/2008 (Anna Guardavilla e Rino Pavanello) 61 SALUTE E SICUREZZA Vibrazioni. FAQ sul D.Lgs. 197/2005 (Coordinamento tecnico Regioni, ISPESL) 65 DOCUMENTAZIONE Medico competente: attività, responsabilità, rapporto con le imprese (Giuseppe Briatico Fangosa) 70 NEWS Italia, Europa 75 SEGNALAZIONI 77 1

2 LE PRINCIPALI NOVITA di Rino Pavanello Testo Unico: inizia l iter. Pubblichiamo da pag. 49 in poi, l intero schema di disegno di legge per il conferimento al Governo della delega all emanazione di un Testo Unico per il riassetto e l aggiornamento della normativa in materia di tutela della salute, della sicurezza e dell igiene sul lavoro, che il Consiglio dei Ministri n. 39 ha approvato il 16 febbraio Sono previste importanti novità, come riportiamo nell inserto appositamente dedicato al T.U.,. Il Governo intende perseguire una politica per pervenire ad un testo unico non meramente compilativo, in quanto è prevista l introduzione di molti elementi di novità nella normativa delegata ed il superamento di lacune significative. Rispetto al campo di applicazione oggettivo, è prevista l applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza a tutti i settori di attività e a tutte le tipologie di rischio, anche tenendo conto delle peculiarità o della particolare pericolosità degli stessi e della specificità di settori ed ambiti lavorativi, quali quelli presenti nella pubblica amministrazione. Rispetto al campo di applicazione soggettivo, è prevista l applicazione della normativa in materia di salute e sicurezza a tutti i lavoratori e lavoratrici, autonomi e subordinati, nonché ai soggetti ad essi equiparati, attraverso da un lato misure di particolare tutela per determinate categorie di lavoratori e lavoratrici e per specifiche tipologie di lavoro o settori di attività, e dall altro adeguate misure di tutela per i lavoratori autonomi secondo i principi della Raccomandazione 2003/134/CE. E previsto il riordino della normativa in materia di macchine, impianti, attrezzature di lavoro, opere provvisionali e DPI, per operare il necessario coordinamento tra le direttive di prodotto e quelle di utilizzo e di razionalizzare il sistema pubblico di controllo. E prevista la semplificazione degli adempimenti meramente formali in materia di salute e sicurezza, nel pieno rispetto dei livelli di tutela, con particolare riguardo alle piccole e medie imprese. E prevista la revisione dei requisiti e delle funzioni di tutti i soggetti del sistema di prevenzione aziendale ed in particolare il rafforzamento del RLS territoriale. E prevista la valorizzazione di accordi aziendali nonché, su base volontaria, dei codici di condotta ed etici e delle buone prassi che orientino i comportamenti dei datori di lavoro, anche secondo i principi della responsabilità sociale, dei lavoratori e di tutti i soggetti interessati, ai fini del miglioramento dei livelli di tutela. Sono previste iniziative per promuovere la cultura della sicurezza, quali: il finanziamento degli investimenti in materia di SSL delle piccole e medie imprese e la diffusione della cultura della salute e sicurezza nelle scuole e università. Tra i primi punti definiti qualificanti della disciplina che il Governo metterà a punto dopo aver ricevuto la delega dal Parlamento, vi è la riformulazione e l adeguamento del sistema sanzionatorio - amministrativo e penale - in un ottica di razionalizzazione. Nella legge delega non è stato dunque posto un vincolo rispetto al minimo da cui partire ma solo specificazione del tetto massimo. Il Disegno di Legge sarà ora sottoposto al vaglio del Parlamento, nonché al parere della Conferenza Stato- Regioni e del Consiglio di Stato. A seguito di ciò dovrà essere approvato con le eventuali modifiche dal Governo e sottoposto nuovamente al parere del Parlamento per ritornare al Governo per la definitiva emanazione. Quindi, i tempi quindi non potranno essere brevi, sicuramente non inferiori ad un anno, tanto che la delega è stata chiesta per dodici mesi. Ciò permetterà comunque l avvio di una vera consultazione anche con le forze sociali e le Associazioni scientifiche, a partire dalla CIIP. I nuovi obblighi per RSPP e ASPP. Il 14 febbraio 2007 è terminata la fase transitoria prevista dal D.Lgs. 195/2003 e dagli Accordi Stato- Regioni del 26 gennaio e 5 ottobre Ne conseguono importanti conseguenze, tra cui: - dal 14/02/2007 non potrà essere più nominato alcun RSPP o ASPP se non ha già frequentato gli appositi Corsi di Formazione Moduli A, B e C; - entro il 14/02/2008 dovrà essere completata la frequenza ai Moduli B per i RSPP e ASPP che non ne siano esonerati oppure dovranno essere frequentati i Corsi di Aggiornamento, in misura di almeno il 20% del monte ore totali per tutti i RSPP e ASPP che sono esonerati dalla frequenza dei Moduli B; - entro il 14/02/2008 dovrà essere completata la frequenza ai Moduli C per tutti i RSPP già in attività; - entro il 14/02/2014 dovranno essere frequentati tutti i Corsi di Aggiornamento quinquennali. Esistono tuttavia alcune interpretazioni più restrittive, che riportiamo nell apposito articolo a pag /2007

3 Sentenze. Pubblichiamo a pag. 14 una ampia serie di sentenze, sui temi dell ambiente e della salute e sicurezza sul lavoro, due in particolare sono corredate da un commento della Dott.ssa Guardavilla. Una sentenza è relativa alla Responsabilità colposa e al Nesso di causalità tra condotta ed evento. Nel caso di lesioni personali conseguenti ad infortunio sul lavoro cui sia seguito il decesso della vittima, la colpa dei medici, anche se grave, non può ritenersi causa autonoma ed indipendente rispetto al comportamento dell agente perché questi provocando tale evento (le lesioni) ha reso necessario l intervento dei sanitari, la cui imperizia o negligenza non costituisce un fatto imprevedibile ed atipico, ma un ipotesi che si inserisce nello sviluppo della serie causale. In una seconda sentenza, relativa alla responsabilità del medico competente, la Cassazione conclude: gli accertamenti periodici di cui all art. 16 non sono solo quelli per così dire programmati e cioè effettuati in date prefissate, con una frequenza prestabilita, ma possono essere effettuati anche in momenti diversi da quelli programmati, quando il medico competente o il datore di lavoro o il lavoratore stesso ne ravvisino la necessità, essendosi ad esempio verificato un qualche accadimento che imponga di verificare lo stato di salute del lavoratore ed effettuare un giudizio formale sulla sua idoneità alla mansione specifica cui è adibito. Legge Comunitaria Pubblichiamo a pag. 9 l elenco delle principali direttive dell UE che l Italia si appresta a recepire tramite la recentissima Legge Comunitaria Tra esse: le direttive sull esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (radiazioni ottiche artificiali (2006/25/CE), macchine. (rifusione della 2006/42/CE), parità di trattamento fra uomini e donne (rifusione della 2006/54/CE), rifiuti delle industrie estrattive (2006/21/CE), progettazione eco-compatibile dei prodotti che consumano energia (2005/32/CE). Vibrazioni. Pubblichiamo a pag. 65 un importante documento, costituito da una serie di indicazioni (FAQ) sul D.Lgs. 187/2005 relativo alle esposizioni a Vibrazioni, realizzato dalle Regioni, d intesa con l ISPESL. Rifiuti. Pubblichiamo un commento della Do.tt.ssa Miriam Balossi, sul formulario di trasporto rifiuti e la sua disciplina sanzionatoria nel cd. Testo Unico Ambientale. Oltre a garantire il controllo della movimentazione dei rifiuti, il formulario assolve la funzione di esentare il produttore/detentore dei rifiuti dalla responsabilità per il corretto recupero o smaltimento degli stessi. PER ESSERE SEMPRE INFORMATO 2-3/2007 3

4 Rifiuti IL FORMULARIO DI TRASPORTO RIFIUTI E LA SUA DISCIPLINA SANZIONATORIA NEL T.U. AMBIENTALE di Miriam Viviana Balossi Oltre a garantire il controllo della movimentazione dei rifiuti, il formulario assolve la funzione di esentare il produttore/detentore dei rifiuti dalla responsabilità per il corretto recupero o smaltimento degli stessi. La disciplina sostanziale. L art. 193 del D.L.vo 3 aprile 2006, n. 152 (in vigore dal 29 aprile 2006) regolamenta la disciplina del Fir, prescrivendo che durante il trasporto effettuato da enti o imprese, i rifiuti devono essere accompagnati dal formulario di identificazione, dal quale devono risultare alcuni dati essenziali: nome ed indirizzo del produttore e del detentore; origine, tipologia e quantità del rifiuto; impianto di destinazione; data e percorso dell istradamento; nome ed indirizzo del destinatario. Il nuovo testo unico lascia quindi invariata la disciplina già fissata dall art. 15 del D.L.vo 5 febbraio 1997, n. 22 in materia di requisiti minimi del formulario, anche se sono state introdotte alcune innovazioni con riferimento alle esclusioni soggettive dall obbligo di compilazione del formulario. Infatti, il c. 4 dell art. 193 prevede che il trasporto di rifiuti urbani effettuato dal soggetto che gestisce il servizio pubblico non sia accompagnato dal formulario di trasporto, così come il trasporto effettuato dal produttore di rifiuti non pericolosi, in modo occasionale e saltuario che non ecceda la quantità di 30 kg o di 30 litri. Un precisazione è d obbligo per quanto riguarda il trasporto effettuato dal soggetto gestore: essendo utilizzata nella norma la dicitura letterale di soggetto che gestisce il servizio pubblico, taluni commentatori hanno ritenuto che nel caso in cui questo soggetto non operi direttamente sul territorio, ma si avvalga di terzi appaltatori del servizio, l esenzione dall utilizzo del formulario si estenda anche a costoro. Ciò non è del tutto corretto, perché questa particolare eccezione alla regola generale sul trasporto dei rifiuti trova la propria fonte nella peculiare qualificazione soggettiva di chi effettua il trasporto medesimo, sicché il soggetto gestore non è munito della potestà di trasferire la sua legittimazione esclusiva all esonero dal formulario, in quanto gli deriva direttamente da una specifica norma di legge. In altre parole, i terzi appaltatori del servizio pubblico, devono quindi impiegare il formulario di trasporto e compilarlo quali produttori del rifiuto, eventualmente aggiungendo nelle annotazioni il riferimento alla convenzione stipulata con il soggetto gestore del servizio pubblico. Altre sostanziali modifiche sono invece state introdotte con la seconda parte del c. 4, dell art Infatti durante la vigenza del D.L.vo 22/97 era esonerato dalla compilazione del formulario il produttore di rifiuti, qualora li trasportasse in quantità non superiore a 30 kg al giorno ovvero a 30 litri al giorno; ora, invece, è venuto completamente a mancare il riferimento temporale al trasporto giornaliero e quindi il riferimento al quantitativo (kg o litri) rimane riferito al singolo trasporto e non più alla singola giornata. Va da sé che in questo modo nell arco delle ventiquattro ore, il produttore potrebbe anche effettuare numerosi trasporti non eccedenti i quantitativi prescritti, senza compilare nessun formulario. Questo si traduce inevitabilmente in una notevole estensione della deroga prevista, anche se il produttore può non impiegare il formulario qualora si tratti di rifiuti non pericolosi, mentre prima il riferimento era a tutti i rifiuti, ed inoltre l esonero dall uso del formulario vale esclusivamente qualora il produttore trasporti i rifiuti non pericolosi, in modo occasionale e saltuario /2007

5 L art. 193 prevede inoltre una serie di documenti ai quali viene attribuita ex lege una valenza pari a quella del formulario di trasporto, in quanto il Legislatore ha inteso evitare appesantimenti e duplicazioni documentali: l art. 193, c. 7 prevede che il formulario sia validamente sostituito dai documenti previsti dalla normativa comunitaria indicata al successivo art. 194, per quanto riguarda le spedizioni transfrontaliere di rifiuti, anche con riguardo alla tratta percorsa sul territorio nazionale; il successivo c. 8, dell art. 193, sancisce che le norme in materia di formulario di trasporto non trovano applicazione con riguardo ai fanghi in agricoltura. L esonero è giustificato dal fatto che per questa particolare tipologia di rifiuti, il D.L.vo 27 gennaio 1992, n. 99, impone già l impiego di un documento corrispondente al formulario di trasporto; l art. 13 di questo decreto, infatti, fa riferimento ad una scheda di accompagnamento che deve seguire i fanghi durante le fasi di raccolta e trasporto, stoccaggio, condizionamento e utilizzazione; ulteriore documento in grado di sostituire il formulario di identificazione dei rifiuti, è il documento commerciale di cui all art. 7 del regolamento CE 1774/2002, recante norme sanitarie relative ai sottoprodotti di origine animale non destinati al consumo umano. Questa norma prevede infatti che durante il trasporto questi prodotti siano accompagnati da un documento commerciale ovvero da un certificato sanitario, i quali devono essere conformi a determinate specifiche e requisiti, parimenti indicati nel medesimo regolamento all allegato II; sempre nell ottica di evitare inutili sovrapposizioni documentali, il c. 8 dell art. 193 dichiara espressamente che il formulario di identificazione dei rifiuti sostituisce a tutti gli effetti il modello F di cui al D.M. 16 maggio 1996, n. 392 Regolamento recante norme tecniche relative alla eliminazione degli oli usati. Una disposizione innovativa introdotta dal nuovo D.L.vo 152/06 è rappresentata dal comma 11, dell art. 193 relativo alla microraccolta dei rifiuti. Con questo istituto ci si vuole riferire alla raccolta di rifiuti da parte di un unico raccoglitore o trasportatore presso più produttori o detentori. Questa pratica trova quindi legittimazione nel nuovo TU sempre che sia svolta con lo stesso automezzo e nel più breve tempo tecnicamente possibile. Ai fini della compilazione del formulario si deve tenere presente che nello spazio riservato al percorso, dovranno essere indicate tutte le tappe intermedie previste. Naturalmente qualora il percorso dovesse subire delle variazioni, sarà cura del trasportatore indicare nello spazio relativo alle annotazioni, il percorso realmente effettuato conformemente al dettato dell ultimo capoverso del predetto c. 11. Accade talvolta che durante un trasporto di rifiuti sia necessario provvedere alla effettuazione di soste: il c. 12 dell art. 193 in esame, affronta in modo innovativo questo fenomeno facendolo assurgere a vero e proprio istituto giuridico, distinguendolo dallo stoccaggio, disciplinato a sua volta dall art. 183, comma 1, lettera 1) 1. Ma quali sono le condizioni di esclusione della sosta dall applicazione di quest ultima disciplina? Innanzitutto deve trattarsi di soste durante il trasporto di rifiuti caricati per la spedizione all interno dei porti e degli scali ferroviari; delle stazioni di partenza; delle stazioni di smistamento e di quelle di arrivo; oppure di stazionamenti di veicoli in configurazione di trasporto; infine può trattarsi di soste tecniche per le operazioni di trasbordo che parimenti non rientrano nelle operazioni di stoccaggio in presenza delle condizioni seguenti: a) siano dettate da esigenze di trasporto; b) non superino le 48 ore (escludendo dal relativo computo i giorni interdetti alla circolazione). La elaborazione di una disciplina di carattere nazionale relativa al formulario di trasporto è rimessa, dal c. 5 dell art. 193, al Ministro dell ambiente e della tutela del territorio; il c. successivo demanda sempre al medesimo ministero la emanazione di un ulteriore decreto diretto alla definizione del nuovo modello di formulario, nonché del suo contenuto; la definizione delle modalità di numerazione, vidimazione e gestione dello stesso; ed infine la definizione delle specifiche responsabilità dei soggetti coinvolti nel trasporto (produttore o detentore, trasportatore e destinatario finale). Nelle more della emanazione dei predetti decreti, la disciplina applicabile è quella fissata dal D.M. 1 aprile 1998, n. 145, con riferimento alla definizione del modello e dei contenuti del formulario. Per quanto concerne invece la numerazione e la vidimazione, i formulari dovranno per il momento essere vidimati e numerati dagli uffici dell Agenzia delle entrate o dalle Camere di Commercio, oppure anche dagli uffici regionali e provinciali competenti in materia di rifiuti nonché annotati sul registro IVA acquisti. 1 "l) stoccaggio: le attività di smaltimento consistenti nelle operazioni di deposito preliminare di rifiuti di cui al punto D15 dell'allegato B alla parte quarta del presente decreto, nonché le attività di recupero consistenti nelle operazioni di messa in riserva di materiali di cui al punto R13 dell'allegato C alla medesima parte quarta". 2-3/2007 5

6 La disciplina sanzionatoria. Per quanto concerne l apparato sanzionatorio, nell ambito del Titolo VI, Capo I (Sanzioni), del D.L.vo 152/06, l art. 258 si evidenzia per l importanza pratica che ricopre nel sistema di gestione dei rifiuti, laddove non siano stati rispettati gli adempimenti documentali previsti, per quanto qui di rilievo, nell art. 193 (Formulario) del D.L.vo 152/06 stesso. Le disposizioni dell art. 258 che riguardano il formulario sono il c. 4 e c. 5, cpv 2 2, e in questa sede l art. 258, c. 4 richiama direttamente l art. 193 allo scopo di ricordare l obbligo sancito in quella sede di accompagnare ogni trasporto di rifiuti con il formulario di identificazione (non c è, peraltro, una precisa individuazione dei soggetti obbligati, in quanto si tratta di un obbligo generale, le cui uniche due eccezioni sono quelle di cui si è già detto nella pagine precedenti). Le condotte sanzionate dall art. 258, c. 4 sono di due tipi, ovvero il mancato utilizzo del formulario durante il trasporto ed il suo utilizzo con l indicazione di dati incompleti o inesatti. Si tratta di due diverse condotte che sono parimenti punite con una sanzione amministrativa pecuniaria dal a Nel caso in cui si tratti di rifiuti pericolosi si applica, invece, la sanzione penale di cui all art. 483 Cod. Pen. (falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico fino a 2 anni di reclusione): a questo proposito, si rammenta che la dottrina ritiene che il rinvio operato dall art. 258 D.L.vo 152/06 all art 483 Cod. Pen. riguardi solo la pena, in quanto più aderente al dettato letterale della norma e in grado di punire anche le condotte colpose, garantendo così un più ampio margine repressivo 3. Peraltro, il Legislatore estende la sopraccitata sanzione penale anche al diverso caso del certificato di analisi dei rifiuti: infatti, la pena di cui all art. 483 Cod. Pen. si applica anche a chi, nel predisporre un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sugli stessi (natura, composizione, caratteristiche fisico-chimiche), nonché a chi utilizza un certificato falso durante il trasporto. In altre parole, non solo le condotte sanzionate penalmente sono due, ovvero quella di predisposizione di un certificato di analisi con false indicazioni (e questo è un reato che prescinde dall attività di trasporto) e quella di uso di un certificato falso, ma le stesse sono riferibili (e quindi la pena è ugualmente applicabile) sia ai rifiuti non pericolosi, sia ai rifiuti pericolosi, in quanto l art. 258, c. 4, cpv 3, non fa alcun cenno alle caratteristiche del rifiuto. Il cpv 2 del c. 5, invece, si segnala per due diversi aspetti: innanzitutto, esordisce con l espressione scorretta la stessa pena, quando nel capoverso precedente si trattava della sanzione amministrativa pecuniaria ridotta da 260 a ; poi, ripropone l ipotesi del formulario contenente indicazioni formalmente incomplete o inesatte, ma con una differenza rispetto ai precedenti casi del Mud e del registro C/S. Infatti, mentre in precedenza gli elementi utili per ricostruire le informazioni dovute per legge potevano essere reperite tramite il Mud, i registri e i formulari, nel caso del Fir, lo stesso deve essere autoreferente ovvero tali elementi devono essere contenuti solo nel formulario, senza poter avvalersi del Mud e dei registri (la ratio di una simile previsione non è manifesta, ma si può ipotizzare che questo particolare rigore sia dovuto alla particolare ed importante funzione assolta dal formulario, ovvero quella di permettere agli organi di controllo di verificare ogni passaggio del rifiuto trasportato) 4. Si tenga presente che il c. 5, cpv 2, fa soggiacere alla stessa sanzione amministrativa pecuniaria anche l ipotesi di mancata conservazione dei formulario di cui all art. 193 D.L.vo 152/06. Dalla lettura dell art. 258 emerge in modo sufficiente chiaro che lo stesso individua quale soggetto autore dell illecito colui che effettua il trasporto in assenza del formulario ovvero colui che lo compila in modo inesatto ovvero incompleto, non richiamando quindi espressamente il soggetto che lo riceve. Tuttavia, occorre tenere presente un principio generale che anima l impianto sanzionatorio del D.L.vo 152/06, rappresentato dal dovere di cooperazione fra tutti i soggetti coinvolti nel ciclo di gestione dei rifiuti, al fine di una loro maggiore responsabilizzazione. Questo principio è sancito dall art. 178, comma 3: la gestione dei rifiuti è effettuata conformemente ai principi di precauzione, di prevenzione, di proporzionalità, di responsabilizzazione e di cooperazione di tutti i soggetti coinvolti nella produzione, nella distribuzione, nell utilizzo e nel consumo di beni da cui originano i rifiuti, nel rispetto dei principi dell ordinamento nazionale e comunitario, con particolare riferimento al principio comunitario chi inquina, paga. Questo principio generale, che impone oneri di controllo e di diligenza su ogni soggetto coinvolto nella gestione dei rifiuti, sovrintende ad ogni intervento interpretativo sulle norme del D.L.vo 152/06 in tema di responsabilità. 2 "4. Chiunque effettua il trasporto di rifiuti senza il formulario di cui all'articolo 193 ovvero indica nel formulario stesso dati incompleti o inesatti è punito con la sanzione amministrativa pecuniaria da milleseicento euro a novemilatrecento euro. Si applica la pena di cui all'articolo 483 del codice penale nel caso di trasporto di rifiuti pericolosi. Tale ultima pena si applica anche a chi, nella predisposizione di un certificato di analisi di rifiuti, fornisce false indicazioni sulla natura, sulla composizione e sulle caratteristiche chimico-fisiche dei rifiuti e a chi fa uso di un certificato falso durante il trasporto. 5. La stessa pena si applica se le indicazioni di cui al comma 4 sono formalmente incomplete o inesatte ma contengono tutti gli elementi per ricostruire le informazioni dovute per legge, nonché nei casi di mancato invio alle autorità competenti e di mancata conservazione dei registri di cui all'articolo 190, comma 1, o del formulario di cui all'articolo 193". 3 RAMACCI L., La nuova disciplina dei rifiuti, Piacenza, 2006, p Si veda anche RAMACCI L., La nuova disciplina dei rifiuti, Piacenza, 2006, p. 203: "In generale, la giurisprudenza riconosce l'applicabilità della violazione amministrativa nel caso in cui l'applicazione di dati incompleti o inesatti consista "in un difetto puramente formale, dovuto a inesattezza o incompletezza di registrazione comunque ovviabile" (Cass. Sez. III, n del 23 maggio 2001, Maio, cit.; nello stesso senso Cass. Sez. III, n del 3 marzo 2000, Laezza, cit.) escludendola, però, con riferimento ai rifiuti pericolosi" /2007

7 Si considerino ora i seguenti casi concreti relativi ad episodi di errata compilazione del Fir: 1) scorretta indicazione del peso: il DM 1 aprile 1998, n. 145 consente alle aziende di trascrivere il peso a destino e infatti, nell allegato B del predetto decreto, al punto 6) è prevista l indicazione in Kg o litri e il peso da verificarsi a destino. Apparentemente queste indicazioni potrebbero sembrare alternative, sennonché la Circolare 4 agosto 1998, n. GAB/DEC/812/98, esplicativa sulla compilazione dei registri di carico/scarico dei rifiuti e dei formulari di accompagnamento dei rifiuti trasportati, al punto 1), lett. t), così si esprime: t) alla voce «quantità», casella 6, terza sezione, dell allegato B, al decreto ministeriale n. 145/1998, deve sempre essere indicata la quantità di rifiuti trasportati. Inoltre, dovrà essere contrassegnata la casella «(-)» relativa alla voce «Peso da verificarsi a destino» nel caso in cui per la natura del rifiuto o per l indisponibilità di un sistema di pesatura si possano, rispettivamente, verificare variazioni di peso durante il trasporto o una non precisa corrispondenza tra la quantità di rifiuti in partenza e quella a destinazione. Da questa formulazione si comprende indubbiamente come queste indicazioni non siano alternative, ma che occorra sempre indicare il peso in Kg o litri ed eventualmente prescegliere anche l opzione di verifica a destinazione, qualora ricorrano le condizioni prescritte dalla norma, salvo incorrere nella sanzione prevista dall art. 258, c. 4, D.L.vo 152/06; 2) dubbia indicazione della destinazione del rifiuto: la compilazione del punto 5 del modello di formulario relativo alla voce destinazione del rifiuto deve specificare, anzitutto, la scelta della destinazione a recupero o smaltimento; queste sono infatti le voci indicate tra parentesi nel modello stesso di formulario. La prassi ha portato ad indicare anche le singole operazioni di recupero o smaltimento cui il rifiuto è destinato. Non vi è, infatti, a che risulti, una norma specifica che imponga o vieti di indicare nella stessa voce 5 una o più delle operazioni di recupero o smaltimento cui è inviato il rifiuto, ma è possibile sostenere che il complesso delle norme che regolano la cosiddetta corretta gestione dei rifiuti si basa sulle seguenti modalità di compilazione del formulario alla sua voce n. 5. Senz altro l indicazione dell operazione specifica di recupero o smaltimento per quella tipologia di rifiuto è opportuna per la completezza del formulario e per facilitare il controllo degli addetti durante il trasporto. Nel caso in cui siano indicate più operazioni di recupero o smaltimento non si ritiene, però, applicabile la sanzione di cui all art. 258, c. 4 per indicazione nel formulario di dati incompleti o inesatti, e neppure quella di cui al successivo c. 5, ovvero per quei casi in cui le indicazioni sono incomplete o inesatte ma sono comunque ricostruibili le informazioni dovute, e nemmeno, infine, quella di attività di gestione di rifiuti non autorizzata (art. 256) purché ricorrano le seguenti ipotesi: - tutte le operazioni indicate siano operazioni di recupero o smaltimento che l impianto di destino è regolarmente autorizzato a svolgere; - l indicazione delle operazioni non sia equivoca, ad esempio perché sono indicate sia operazioni di recupero sia di smaltimento; - non vi siano indicazioni incompatibili tra loro relative al concreto svolgimento delle operazioni, ad esempio, l indicazione D1 smaltimento in discarica non può essere riportata validamente unitamente a D4 lagunaggio ; è corretta invece l indicazione D15 deposito preliminare e anche D14 e D13, rispettivamente ricondizionamento preliminare e raggruppamento preliminare, perché entrambe le ultime due operazioni sono normalmente seguenti al deposito preliminare per gli impianti di stoccaggio; 3) correzione dei dati del formulario: qualora al produttore ritornino dei formulari in quarta copia corretti nelle sole parti relative alle indicazioni di trasportatore e destinatario, pur se precisato alla voce annotazioni, si rammenta che la regola generale di buona prassi nell utilizzo del formulario è che tale documento non venga corretto. Secondo la dottrina 5, non vale nemmeno allegare il fax ricevuto del formulario corretto alla copia che rimane, in quanto tale condotta altera il senso del formulario. È evidente che nel momento in cui si cambia il nome del produttore o del destinatario o del trasportatore, o peggio ancora il codice di identificazione del rifiuto, si perdono i dati fondamentali della tracciabilità dei rifiuti trasportati. Il formulario deve necessariamente contenere tutti i dati da esso richiesti all atto della partenza del rifiuto (tranne, ovviamente, i dati relativi all accettazione del carico). I dati incompleti o inesatti integrano inevitabilmente gli estremi della violazione di cui all articolo 258, comma 4, D.L.vo 152/ 06. L unica correzione consentita è quella relativa al peso da verificarsi a destino, la cui casella va sempre barrata unitamente a quella del peso presunto (indicandolo). Laddove il carico giunga con un formulario incompleto o inesatto (o peggio, senza formulario) il carico va senza indugio respinto per intero e di ciò sarebbe bene informare le autorità di controllo. In difetto, si integrano a carico del ricevente gli estremi di un contributo casualmente agevolatore ad una condotta di trasporto difforme da quanto richiesto dalla disciplina, censurabile a titolo di concorso o di cooperazione colposa ai sensi dell articolo 110 Cod. Pen. (per i rifiuti pericolosi) e dell articolo 5, L. 689/81 (per i rifiuti non pericolosi). Nel caso di utilizzo della voce annotazioni, ciò salvaguarda in parte il produttore del rifiuto che 5 FICCO P., "Il formulario non può essere corretto", in Rifiuti - Bollettino di informazione normativa n / /2007 7

8 riceve il formulario con le correzioni, anche se, in caso di controlli, non sarà facile dimostrare la buona fede sia di colui che ha corretto il formulario sia del produttore che lo ha ricevuto, rendendo così applicabile la sola sanzione amministrativa pecuniaria (nei confronti di chi ha corretto il documento unitamente - come obbligati in solido - agli altri soggetti indicati nel formulario) di cui all art. 258, c. 5, cpv 2, ovvero la somma da 260 a 1.550, perché le indicazioni nel Fir sono formalmente incomplete o inesatte, ma contengono tutti gli elementi per ricostruire le informazioni dovute per legge; 4) mancata vidimazione del formulario e ripetizione della violazione: premesso che l art. 193, c. 6, conferma l obbligatorietà della vidimazione dei formulari, bisogna capire se il difetto della vidimazione di un formulario, impiegato per successivi trasporti di rifiuti, debba considerarsi quale violazione singola, anche se reiterata, o se debbano ritenersi integrati diversi illeciti amministrativi tanti quanti sono i trasporti effettuati, tutti ugualmente sanzionabili. Infatti, l art. 8, L. 689/81 (la cd. legge di depenalizzazione ) prevede che salvo che sia diversamente stabilito dalla legge, chi con un azione od omissione viola diverse disposizioni che prevedono sanzioni amministrative o commette più violazioni della stessa disposizione, soggiace alla sanzione prevista per la violazione più grave, aumentata sino al triplo. Si tratta, quindi, di capire se è possibile identificare l omessa vidimazione del formulario quale singola omissione, a prescindere dal numero complessivo di trasporti effettuati successivamente. Ciò che rileva in primo luogo è l unicità della condotta, oltre all unicità della norma violata: la disposizione contenuta nell art. 8 della L. 689/81 si riferisce solo all ipotesi di violazione di diverse disposizioni o della stessa disposizione compiute con una sola azione od omissione, e non anche alla diversa fattispecie di più violazioni attraverso una pluralità di azioni od omissioni, pur se esecutive di un unico disegno. Quindi, una volta ritenuta applicabile la norma denominata della continuazione e ritenuta altresì sussistente l unicità della condotta, si provvederà ad applicare la sanzione prevista per la violazione più grave, aumentata sino al triplo. La mancata vidimazione del formulario rientra nell ipotesi di cui all art. 258, c. 5, D.Lgs. 152/06 ed il fatto di non aver sottoposto il formulario alla vidimazione, come richiesto dall art. 193, c. 6, D.Lgs. 152/06, è identificabile quale condotta omissiva singola, anche se poi ciò si ripercuote su tutti gli impieghi successivi del formulario stesso non vidimato. In altre parole, non dovrà, dunque, applicarsi la sanzione di cui al richiamato art. 258, c. 5, cpv 2, tante volte quanti sono gli impieghi dei formulari appartenenti al blocco non vidimato, ma una sola sanzione, anche se aumentata sino al triplo. Con una sola omissione (la mancata vidimazione di un blocco) si è, infatti, verificata più volte la violazione della stessa disposizione, l art. 193, c. 6, D. Lgs. 152/06. per essere sempre aggiornati Sintalex SP 2.0. Banca dati di sostanze pericolose aggiornata al 29.o adeguamento SINTALEX SP 2.0 è stata citata nelle Linee Guida (Allegato A) per la Protezione da Agenti Chimici (Titolo VIIbis D.Lgs. 626/94) redatte dal coordinamento tecnico per la Sicurezza nei Luoghi di Lavoro delle Regioni Per ogni sostanza sono riportate (ove disponibili): informazioni tossicologiche, chimico-fisiche e di classificazione legislativa e normativa su oltre sostanze chimiche; N. CAS, EINECS, CEE; Nome chimico principale e sinonimi; Formula e peso molecolare; LD50 e CL50 e IDLH (soglie per le emergenze); A.C.G.I.H. aggiornati al 2005; Classificazione di cancerogenicità IARC, CCTN e NIOSH; Mutageni e cancerogeni; D.Lgs. 334/99 (Seveso-3): quantitativi limite; ADR 2005: dati riguardanti la classificazione per il trasporto stradale; Caratteristiche di pericolosità per valutare i rischi di atmosfere esplosive. Informazioni all indirizzo: /2007

9 LEGGE COMUNITARIA 2006 Sul Supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n. 40 del 17 febbraio 2007 è pubblicata la Legge 6 febbraio 2007, n. 13, ovvero la Legge comunitaria 2006, che delega tra l altro il governo ad adottare, entro dodici mesi, i decreti legislativi di recepimento molte Direttive dell Unione europea. Tra esse, segnaliamo, in particolare, le direttine n. 2006/25/CE, del 5 aprile 2006, sulle prescrizioni minime di sicurezza e di salute relative all esposizione dei lavoratori ai rischi derivanti dagli agenti fisici (radiazioni ottiche artificiali) (diciannovesima direttiva particolare ai sensi dell articolo 16, paragrafo 1, della direttiva 89/391/CEE). 2006/42/CE, del 17 maggio 2006, relativa alle macchine e che modifica la direttiva 95/16/CE (rifusione). 2006/54/CE, del 5 luglio 2006, riguardante l attuazione del principio delle pari opportunità e della parità di trattamento fra uomini e donne in materia di occupazione e impiego (rifusione). 2006/21/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 15 marzo 2006, relativa alla gestione dei rifiuti delle industrie estrattive e che modifica la direttiva 2004/35/CE. 2005/61/CE, del 30 settembre 2005, che applica la direttiva 2002/98/CE per quanto riguarda le prescrizioni in tema di rintracciabilità e la notifica di effetti indesiderati ed incidenti gravi. 2005/32/CE, del 6 luglio 2005, relativa all istituzione di un quadro per l elaborazione di specifiche per la progettazione eco-compatibile dei prodotti che consumano energia e recante modifica della direttiva 92/42/CEE e delle direttive 96/57/CE e 2000/55/CE 2005/35/CE, del 7 settembre 2005, relativa all inquinamento provocato dalle navi e all introduzione di sanzioni per violazioni. 2005/64/CE, del 26 ottobre 2005, sull omologazione dei veicoli a motore per quanto riguarda la loro riutilizzabilità, riciclabilità e recuperabilità e che modifica la direttiva 70/156/CEE. 2005/65/CE, del 26 ottobre 2005, relativa al miglioramento della sicurezza dei porti. 2005/94/CE, del 20 dicembre 2005, relativa a misure comunitarie di lotta contro l influenza aviaria e che abroga la direttiva 92/40/CEE. 2006/7/CE, del 15 febbraio 2006, relativa alla gestione della qualità delle acque di balneazione e che abroga la direttiva 76/160/CEE. Legge 6 febbraio 2007, n. 13. Disposizioni per l adempimento di obblighi derivanti dall appartenenza dell Italia alle Comunità europee - Legge comunitaria 2006 Pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 40 del 17 febbraio Supplemento ordinario n. 41/L. Capo I. Delega al Governo per l attuazione di direttive comunitarie. Art. 1. (Delega al Governo per l attuazione di direttive comunitarie). 1. Il Governo è delegato ad adottare, entro il termine di dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, i decreti legislativi recanti le norme occorrenti per dare attuazione alle direttive comprese negli elenchi di cui agli allegati A e B. Per le direttive il cui termine di recepimento sia già scaduto ovvero scada nei sei mesi successivi alla data di entrata in vigore della presente legge, il termine per l adozione dei decreti legislativi di cui al presente comma è ridotto a sei mesi. 2. I decreti legislativi sono adottati, nel rispetto dell articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche europee e del Ministro con competenza istituzionale prevalente per la materia, di concerto con i Ministri degli affari esteri, della giustizia, dell economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati in relazione all oggetto della direttiva. 3. Gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive comprese nell elenco di cui all allegato B, nonché, qualora sia previsto il ricorso a sanzioni penali, quelli relativi all attuazione delle direttive comprese nell elenco di cui all allegato A sono trasmessi, dopo l acquisizione degli altri pareri previsti dalla legge, alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica affinché su di essi sia espresso il parere dei competenti organi parlamentari. Decorsi quaranta giorni dalla data di trasmissione, i decreti sono emanati anche in mancanza del parere. Qualora il termine per l espressione del parere parlamentare di cui al presente comma, ovvero i diversi termini previsti dai commi 4 e 9, scadano nei trenta giorni che precedono la scadenza dei termini previsti ai commi 1 o 5 o successivamente, questi ultimi sono prorogati di novanta giorni. 2-3/2007 9

10 4. Gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive che comportano conseguenze finanziarie sono corredati dalla relazione tecnica di cui all articolo 11-ter, comma 2, della legge 5 agosto 1978, n. 468, e successive modificazioni. Su di essi è richiesto anche il parere delle Commissioni parlamentari competenti per i profili finanziari. Il Governo, ove non intenda conformarsi alle condizioni formulate con riferimento all esigenza di garantire il rispetto dell articolo 81, quarto comma, della Costituzione, ritrasmette alle Camere i testi, corredati dei necessari elementi integrativi di informazione, per i pareri definitivi delle Commissioni competenti per i profili finanziari, che devono essere espressi entro venti giorni. La procedura di cui al presente comma si applica in ogni caso per gli schemi dei decreti legislativi recanti attuazione delle direttive: 2005/32/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 luglio 2005; 2005/33/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 6 luglio 2005; 2005/35/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 7 settembre 2005; 2005/47/CE del Consiglio, del 18 luglio 2005; 2005/56/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005; 2005/61/CE della Commissione, del 30 settembre 2005; 2005/62/CE della Commissione, del 30 settembre 2005; 2005/65/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 ottobre 2005; 2005/71/CE del Consiglio, del 12 ottobre 2005; 2005/81/CE della Commissione, del 28 novembre 2005; 2005/85/CE del Consiglio, del 1o dicembre 2005; 2005/94/CE del Consiglio, del 20 dicembre 2005; 2006/54/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 5 luglio Entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore di ciascuno dei decreti legislativi di cui al comma 1, nel rispetto dei princìpi e criteri direttivi fissati dalla presente legge, il Governo può emanare, con la procedura indicata nei commi 2, 3 e 4, disposizioni integrative e correttive dei decreti legislativi adottati ai sensi del comma 1, fatto salvo quanto previsto dal comma Entro tre anni dalla data di entrata in vigore dei decreti legislativi di cui al comma 1, adottati per il recepimento di direttive per le quali la Commissione europea si sia riservata di adottare disposizioni di attuazione, il Governo è autorizzato, qualora tali disposizioni siano state effettivamente adottate, a recepirle nell ordinamento nazionale con regolamento emanato ai sensi dell articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, secondo quanto disposto dagli articoli 9 e 11 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, e con le procedure ivi previste. 7. In relazione a quanto disposto dall articolo 117, quinto comma, della Costituzione e dall articolo 16, comma 3, della legge 4 febbraio 2005, n. 11, si applicano le disposizioni di cui all articolo 11, comma 8, della medesima legge n. 11 del Il Ministro per le politiche europee, nel caso in cui una o più deleghe di cui al comma 1 non risultino ancora esercitate decorsi quattro mesi dal termine previsto dalla direttiva per la sua attuazione, trasmette alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica una relazione che dà conto dei motivi addotti dai Ministri con competenza istituzionale prevalente per la materia a giustificazione del ritardo. Il Ministro per le politiche europee ogni sei mesi informa altresì la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica sullo stato di attuazione delle direttive da parte delle regioni e delle province autonome nelle materie di loro competenza. 9. Il Governo, quando non intende conformarsi ai pareri parlamentari di cui al comma 3, relativi a sanzioni penali contenute negli schemi di decreti legislativi recanti attuazione delle direttive comprese negli elenchi di cui agli allegati A e B, ritrasmette con le sue osservazioni e con eventuali modificazioni i testi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica. Decorsi trenta giorni dalla data di trasmissione, i decreti sono adottati anche in mancanza di nuovo parere. Art. 2. (Princìpi e criteri direttivi generali della delega legislativa). 1. Salvi gli specifici princìpi e criteri direttivi stabiliti dalle disposizioni di cui al capo IV e in aggiunta a quelli contenuti nelle direttive da attuare, i decreti legislativi di cui all articolo 1 sono informati ai seguenti princìpi e criteri direttivi generali: a) le amministrazioni direttamente interessate provvedono all attuazione dei decreti legislativi con le ordinarie strutture amministrative; b) ai fini di un migliore coordinamento con le discipline vigenti per i singoli settori interessati dalla normativa da attuare, sono introdotte le occorrenti modificazioni alle discipline stesse, fatte salve le materie oggetto di delegificazione ovvero i procedimenti oggetto di semplificazione amministrativa; c) al di fuori dei casi previsti dalle norme penali vigenti, ove necessario per assicurare l osservanza delle disposizioni contenute nei decreti legislativi, sono previste sanzioni amministrative e penali per le infrazioni alle disposizioni dei decreti stessi. Le sanzioni penali, nei limiti, rispettivamente, dell ammenda fino a euro e dell arresto fino a tre anni, sono previste, in via alternativa o congiunta, solo nei casi in cui le infrazioni ledano o espongano a pericolo interessi costituzionalmente protetti. In tali casi sono previste: la pena dell ammenda alternativa all arresto per le infrazioni che espongano a pericolo o danneggino l interesse protetto; la pena dell arresto congiunta a quella dell ammenda per le infrazioni che rechino un danno di particolare gravità. Nelle predette ipotesi, in luogo dell arresto e dell ammenda, possono essere previste anche le sanzioni alternative di cui agli articoli 53 e seguenti del decreto legislativo 28 agosto 2000, n. 274, e la relativa competenza del /2007

11 giudice di pace. La sanzione amministrativa del pagamento di una somma non inferiore a 150 euro e non superiore a euro è prevista per le infrazioni che ledano o espongano a pericolo interessi diversi da quelli indicati nel secondo periodo della presente lettera. Nell ambito dei limiti minimi e massimi previsti, le sanzioni indicate dalla presente lettera sono determinate nella loro entità, tenendo conto della diversa potenzialità lesiva dell interesse protetto che ciascuna infrazione presenta in astratto, di specifiche qualità personali del colpevole, comprese quelle che impongono particolari doveri di prevenzione, controllo o vigilanza, nonché del vantaggio patrimoniale che l infrazione può recare al colpevole o alla persona o all ente nel cui interesse egli agisce. Entro i limiti di pena indicati dalla presente lettera sono previste sanzioni identiche a quelle eventualmente già comminate dalle leggi vigenti per le violazioni omogenee e di pari offensività rispetto alle infrazioni alle disposizioni dei decreti legislativi; d) eventuali spese non contemplate da leggi vigenti e che non riguardano l attività ordinaria delle amministrazioni statali o regionali possono essere previste nei decreti legislativi recanti le norme necessarie per dare attuazione alle direttive nei soli limiti occorrenti per l adempimento degli obblighi di attuazione delle direttive stesse; alla relativa copertura, nonché alla copertura delle minori entrate eventualmente derivanti dall attuazione delle direttive, in quanto non sia possibile fare fronte con i fondi già assegnati alle competenti amministrazioni, si provvede a carico del fondo di rotazione di cui all articolo 5 della legge 16 aprile 1987, n. 183, per un ammontare complessivo non superiore a 50 milioni di euro; e) all attuazione di direttive che modificano precedenti direttive già attuate con legge o con decreto legislativo si procede, se la modificazione non comporta ampliamento della materia regolata, apportando le corrispondenti modificazioni alla legge o al decreto legislativo di attuazione della direttiva modificata; f) nella predisposizione dei decreti legislativi si tiene conto delle eventuali modificazioni delle direttive comunitarie comunque intervenute fino al momento dell esercizio della delega; g) quando si verifichino sovrapposizioni di competenze fra amministrazioni diverse o comunque siano coinvolte le competenze di più amministrazioni statali, i decreti legislativi individuano, attraverso le più opportune forme di coordinamento, rispettando i princìpi di sussidiarietà, differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione e le competenze delle regioni e degli altri enti territoriali, le procedure per salvaguardare l unitarietà dei processi decisionali, la trasparenza, la celerità, l efficacia e l economicità nell azione amministrativa e la chiara individuazione dei soggetti responsabili. Art. 3. (Delega al Governo per la disciplina sanzionatoria di violazioni di disposizioni comunitarie). 1. Al fine di assicurare la piena integrazione delle norme comunitarie nell ordinamento nazionale, il Governo, fatte salve le norme penali vigenti, è delegato ad adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, disposizioni recanti sanzioni penali o amministrative per le violazioni di direttive comunitarie attuate in via regolamentare o amministrativa, ai sensi delle leggi comunitarie vigenti, e di regolamenti comunitari vigenti alla data di entrata in vigore della presente legge, per le quali non siano già previste sanzioni penali o amministrative. 2. La delega di cui al comma 1 è esercitata con decreti legislativi adottati ai sensi dell articolo 14 della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri o del Ministro per le politiche europee e del Ministro della giustizia, di concerto con i Ministri competenti per materia. I decreti legislativi si informano ai princìpi e criteri direttivi di cui all articolo 2, comma 1, lettera c). 3. Gli schemi di decreto legislativo di cui al presente articolo sono trasmessi alla Camera dei deputati e al Senato della Repubblica per l espressione del parere da parte dei competenti organi parlamentari con le modalità e nei termini previsti dai commi 3 e 9 dell articolo 1. Art. 4. (Oneri relativi a prestazioni e controlli). 1. In relazione agli oneri per prestazioni e controlli si applicano le disposizioni di cui all articolo 9, comma 2, della legge 4 febbraio 2005, n Le entrate derivanti dalle tariffe determinate ai sensi del comma 1, qualora riferite all attuazione delle direttive comprese negli elenchi di cui agli allegati A e B, nonché di quelle da recepire con lo strumento regolamentare, sono attribuite alle amministrazioni che effettuano le prestazioni e i controlli, mediante riassegnazione ai sensi del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 10 novembre 1999, n Art. 5. (Delega al Governo per il riordino normativo nelle materie interessate dalle direttive comunitarie). Omissis. 2-3/

12 Art. 6. (Attuazione di direttive comunitarie con regolamento autorizzato). 1. Il Governo è autorizzato a dare attuazione alle direttive comprese nell elenco di cui all allegato C con uno o più regolamenti da emanare ai sensi dell articolo 17, comma 2, della legge 23 agosto 1988, n. 400, secondo quanto disposto dagli articoli 9 e 11 della legge 4 febbraio 2005, n. 11, e con le procedure ivi previste, previo parere dei competenti organi parlamentari ai quali gli schemi di regolamento sono trasmessi con apposite relazioni cui è allegato il parere del Consiglio di Stato e che si esprimono entro quaranta giorni dall assegnazione. Decorso il predetto termine, i regolamenti sono emanati anche in mancanza di detti pareri. 2. Dall attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri né minori entrate per la finanza pubblica. Capo II - Informazioni al Parlamento sul contenzioso comunitario e sui flussi finanziari con l Unione Europea. Omissis. Capo III - Princìpi fondamentali della legislazione concorrente. Art. 8. (Individuazione di princìpi fondamentali in particolari materie di competenza concorrente). 1. Sono princìpi fondamentali, nel rispetto dei quali le regioni e le province autonome esercitano la propria competenza normativa per dare attuazione o assicurare l applicazione degli atti comunitari di cui agli allegati alla presente legge in materia di tutela e sicurezza del lavoro, i seguenti: a) salvaguardia delle disposizioni volte a tutelare in modo uniforme a livello nazionale il bene tutelato tutela e sicurezza del lavoro, con particolare riguardo all esercizio dei poteri sanzionatori; b) possibilità per le regioni e le province autonome di introdurre, laddove la situazione lo renda necessario, nell ambito degli atti di recepimento di norme comunitarie incidenti sulla materia tutela e sicurezza del lavoro e per i singoli settori di intervento interessati, limiti e prescrizioni ulteriori rispetto a quelli fissati dallo Stato, con contestuale salvaguardia degli obiettivi di protezione perseguiti nella medesima tutela dalla legislazione statale. 2. Sono princìpi fondamentali, nel rispetto dei quali le regioni e le province autonome esercitano la propria competenza normativa per dare attuazione o assicurare l applicazione degli atti comunitari di cui agli allegati alla presente legge nella materia tutela della salute, i seguenti: a) salvaguardia delle disposizioni volte a tutelare in modo uniforme a livello nazionale il bene tutelato salute, con particolare riguardo all esercizio dei poteri sanzionatori; b) limitazione degli interventi regionali e provinciali in materie concernenti la tutela della salute e le scelte terapeutiche comunque incidenti su diritti fondamentali della persona interessata, qualora l opzione normativa non risulti fondata sull elaborazione di indirizzi basati sulla verifica dello stato delle conoscenze scientifiche e delle evidenze sperimentali acquisite tramite istituzioni e organismi nazionali o sopranazionali e non costituisca il risultato di tale verifica; c) possibilità per le regioni e le province autonome di introdurre, nell ambito degli atti di recepimento di norme comunitarie incidenti sulla tutela della salute e per i singoli settori di intervento interessati, limiti e prescrizioni più severi di quelli fissati dallo Stato, con contestuale salvaguardia degli obiettivi di protezione della salute perseguiti dalla legislazione statale. 3. Le regioni a statuto speciale e le province autonome danno attuazione o assicurano l applicazione degli atti comunitari di cui al presente articolo compatibilmente con le disposizioni dei rispettivi statuti speciali di autonomia e delle relative norme di attuazione. 4. Dall attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica. Capo IV - Disposizioni particolari di adempimento, criteri specifici di delega legislativa. Omissis. Art. 15. (Modifica all articolo 7 del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 174, recante attuazione della direttiva 98/8/CE, in materia di immissione sul mercato di biocidi). 1. Il comma 3 dell articolo 7 del decreto legislativo 25 febbraio 2000, n. 174, è sostituito dal seguente: 3. Non è consentito il rilascio dell autorizzazione all immissione sul mercato per l impiego da parte del pubblico di un biocida classificato a norma del decreto legislativo 14 marzo 2003, n. 65, e successive modificazioni, come tossico o molto tossico, cancerogeno di categoria 1 o 2, mutageno di categoria 1 o 2 o tossico per la riproduzione di categoria 1 o 2, fermo restando che per l impiego professionale ed industriale l autorizzazione all immissione sul mercato può essere sottoposta ad eventuali restrizioni di uso /2007

13 Art. 15., 17. e 18. Omissis. Art. 19. (Introduzione dell articolo 144-bis del codice di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, recante disposizioni per la tutela dei consumatori). 1. Dopo l articolo 144 del codice del consumo, di cui al decreto legislativo 6 settembre 2005, n. 206, è inserito il seguente: - Art. 144-bis. - (Cooperazione tra le autorità nazionali per la tutela dei consumatori) Il Ministero dello sviluppo economico svolge le funzioni di autorità pubblica nazionale, ai sensi dell articolo 3, lettera c), del regolamento (CE) n. 2006/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 27 ottobre 2004, sulla cooperazione tra le autorità nazionali responsabili dell esecuzione della normativa per la tutela dei consumatori. 2. In particolare, i compiti di cui al comma 1 riguardano la disciplina in materia di: a) servizi turistici, di cui alla parte III, titolo IV, capo II; b) clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, di cui alla parte III, titolo I; c) garanzia nella vendita dei beni di consumo, di cui alla parte IV, titolo III, capo I; d) credito al consumo, di cui alla parte III, titolo II, capo II, sezione I; e) commercio elettronico, di cui alla parte III, titolo III, capo II. 3. Il Ministero dello sviluppo economico esercita le funzioni di cui al citato regolamento (CE) n. 2006/2004, nelle materie di cui al comma 1, anche con riferimento alle infrazioni lesive degli interessi collettivi dei consumatori in ambito nazionale. 4. Per lo svolgimento dei compiti di cui al comma 1, il Ministero dello sviluppo economico può avvalersi delle camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura e può definire forme stabili di collaborazione con altre pubbliche amministrazioni. Limitatamente ai poteri di cui all articolo 139, può avvalersi delle associazioni dei consumatori e degli utenti di cui all articolo Con decreto del Ministro dello sviluppo economico adottato ai sensi dell articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono disciplinati i procedimenti istruttori previsti dal presente articolo. In mancanza, i procedimenti sono regolati dalla legge 7 agosto 1990, n. 241, e successive modificazioni. 6. Il Ministero dello sviluppo economico designa l ufficio unico di collegamento responsabile dell applicazione del citato regolamento (CE) n. 2006/2004. Art. 20., 21., 22., 23., 24., 25., 26., e 27., Allegati A, B e C. Omissis. 2-3/

14 Omessa richiesta di visita specialistica RESPONSABILITA DEL MEDICO COMPETENTE Corte di Cassazione, Sezione Terza Penale, Sentenza n /2006 (Presidente: A. Postiglione; Relatore: R. Teresi) (con nota di commento di Anna Guardavilla) L art. 17 del D.Lgs. n. 626/94 lett. I) prevede che il medico competente, fatti salvi i controlli di cui alla lett. b), effettui le visite mediche richieste dal lavoratore qualora tale richiesta sia correlata ai rischi professionali, sicché integra contravvenzione la mancata richiesta da parte del medico competente di esami clinici e biologici a fronte della documentata persistenza nel lavoratore di una patologia psichiatrica grave ricollegabile alle attività lavorative assegnategli. Suprema Corte di Cassazione. Sezione III penale. Con sentenza 23/4/2004 il Tribunale di Nola condannava O. G. e P. F. S. alla pena dell ammenda per non essersi assicurato, O., quale datore di lavoro, che il lavoratore G.A.A., dipendente dello stabilimento A. s.p.a. di Nola, avesse acquisito una sufficiente ed adeguata formazione in materia di sicurezza e salute relativa al proprio posto di lavoro e alla propria mansione, nonché, P. per non aver, quale medico competente presso il suddetto stabilimento, richiesto al datore di lavoro la visita medica specialistica sul lavoratore A., affetto da psicosi dissociativa, al fine di salvaguardare l integrità psicofisica del suddetto. Il Tribunale, premesso un breve excursus delle vicende concernenti la vita professionale della persona offesa, rilevava che l O., quale datore di lavoro perché direttore dello stabilimento A. di Nola, a fronte di un mutamento di mansioni di specialista in ingegneria della manutenzione stabilito nei confronti dell A., trasferito a Nola il 29/5/2000, non aveva curato di assicurargli un adeguata formazione professionale. Il primo e unico corso di formazione, necessario per la complessità del profilo assegnato al lavoratore, era stato effettuato nel gen a seguito di una specifica prescrizione impartita dagli ispettori del lavoro e in modo inadeguato, come riferito da costoro in dibattimento. Quanto al P., il giudice di merito, costatata la gravità incalzante della patologia di cui risultava affetto l A., risultando dai certificati medici prodotti sindrome depressivo ansiosa e genesi reattiva, psicosindrome marginale e genesi reattiva, disturbo d adattamento con stato di conflitto nell ambiente di lavoro, scompenso psicoemotivo con spinte deliranti reattivo a situazione di grave stress socio-ambientale, psicosi delirante, psicosi dissociativa, riteneva che l imputato, in presenza di certificazioni provenienti da strutture sanitarie pubbliche, avrebbe dovuto prescrivere una visita specialistica, donde un ingiustificata condotta omissiva del medico dello stabilimento considerato che la richiesta del lavoratore era correlata al rischio professionale e che lo stato ansioso era determinato da una presunta sua inadeguatezza, giudicata fondata dagli ispettori del lavoro, rispetto alle mansioni assegnategli con possibile danno per se stesso, e per gli altri e per le strutture aziendali. Proponevano ricorso per cassazione gli imputati denunciando violazione di legge in ordine all affermazione di responsabilità. Deduceva O. che, egli non poteva essere qualificato datore di lavoro sia per l assenza di documentazione e/o di procura rilasciata dal legale rappresentante della società sia per essere rimasto estraneo al trasferimento del lavoratore e alle contestazioni disciplinari allo stesso indirizzate; che la funzione assegnata allo stesso, ingegneria della manutenzione, non richiedeva l accesso ai reparti produttivi e ai macchinari, ma solo attività di ufficio da svolgere sulla base delle richieste e delle relazione tecniche provenienti dal reparto di produzione e di manutenzione sulla base di documentazioni e in suo possesso e di sicura sua conoscenza. Deduceva P. che, il medico ex art. 17 del D.Lgs. cit. non ha l obbligo di disporre accertamenti specialistici anche in presenza di diagnosi di medici esterni, se non ne reputa la necessità; che egli aveva reiteratamente visitato l A. e l aveva ritenuto idoneo alla specifica attività cui era destinato essendo in suo potere discrezionale accedere o meno alla richiesta di visita specialistica avanzata dal lavoratore così come era nella sua competenza professionale e funzionale valutare se la patologia psichiatrica lamentata incidesse sulla sicurezza del lavoro cui doveva essere addetto l A., donde l insussistenza del reato. Entrambi i ricorrenti denunciavano mancanza di motivazione sul contenuto della documentazione prodotta dalla parte civile a riprova del cambiamento delle mansioni e della maggiore pericolosità di quelle attribuitegli con il trasferimento allo stabilimento di Nola, nonché su quanto dichiarato dai testi a discarico /2007

15 Chiedevano l annullamento della sentenza. Va, anzitutto, rilevato che, in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro, il decreto legislativo 19/9/1994 n. 626, che ha dato attuazione a varie direttive comunitarie, integra e coordina la normativa, dello stesso tenore, dei decreti presidenziali di portata generale che sono il DPR 27/4/1955 n. 547 (norme per la prevenzione degli infortuni sui luoghi di lavoro) e il DPR 19/3/1956 n. 303 (norme generali per l igiene del lavoro), la cui violazione è contestata all imputato. Ha, quindi, affermato questa Corte, sez. III, sent. n. 904/2001, ud. 2/3/2001, rv , che il decreto n. 626/94, come modificato dal decreto n. 242/96, se, da un lato, non abroga espressamente le singole prescrizioni previgenti, dall altro, introduce categorie e istituti generali che sostituiscono, modificano e accrescono quelli definiti dai precedenti decreti 547/55 e 303/56, precisando, per quel che interessa, la nozione di datore di lavoro nel senso che per le violazioni delle norme di sicurezza e d igiene stabilite nei decreti su citati si deve fare riferimento alla nozione di datore di lavoro definita dall art. 2 lett. b) del d.lgs. 626/94, nonché al contenuto degli obblighi prevenzionali che lo stesso decreto stabilisce per i singoli soggetti obbligati. Pertanto, il soggetto destinatario delle norme contestate all imputato è il datore di lavoro titolare delle obbligazioni prevenzionali più importanti in materia di sicurezza del lavoro, cui sono rivolte le prescrizioni di assicurare al lavoratore un adeguata formazione nella materia de qua. Sussiste, quindi, responsabilità penale, quanto meno per colpa, se il datore di lavoro non adotti le misure atte a conseguire il segnalato obiettivo. Tanto premesso, va rilevato che datore di lavoro è chi ha la responsabilità dell impresa o dell unità produttiva, cui spetta il controllo su tutta l organizzazione amministrativa e gestionale dell ente cui è egli preposto; il che comporta anche l obbligo di assicurare ai lavoratori un adeguata formazione in materia di sicurezza del lavoro. Quindi, il direttore di uno stabilimento, specie se non abbia preposto alla direzione del lavori altra persona, ha sempre l obbligo, quale soggetto apicale dell unità produttiva (essendo tale, nella specie, lo stabilimento dell A. in Nola) nell ambito delle proprie competenze e attribuzioni, di accertarsi che il lavoro degli operai si svolga in condizioni di sicurezza. Invece, solo nel caso in cui l impresa abbia carattere di società e non sia possibile individuare gli organi tenuti a garantire la sicurezza del lavoro, la relativa responsabilità grava anche penalmente sui legali rappresentanti della società, perchè costoro, ancorché non svolgono mansioni tecniche, sono pur sempre preposti alla gestione della società e si identificano quindi con i soggetti primari destinatari delle norme antinfortunistiche. Corretta, quindi, è la qualificazione operata dal Tribunale anche alla luce di quanto emerso dall istruttoria dibattimentale (dichiarazione dei testi della difesa) secondo cui l O. ebbe ad occuparsi personalmente della problematica relativa alla gestione del lavoratore e del fatto che furono rivolte direttamente a lui, che sottoscrisse il relativo verbale, le prescrizioni degli ispettori del lavoro (teste B.), sicché il direttore dello stabilimento è tenuto a rispondere, quanto meno a titolo di colpa, della violazione delle prescrizioni in tema di igiene e di sicurezza del lavoro, in quanto destinatario delle relative norme. Nel caso in esame la responsabilità è stata, quindi, correttamente affermata sia per il ruolo rivestito dall imputato, direttore generale e, quindi, organo apicale dell ente, nonché datore di lavoro ed unico titolare del potere di spesa, sia per l omesso rilascio di valida delega nelle materie in questione ad altri dirigenti. Non è puntuale l altro motivo secondo cui la funzione assegnata al lavoratore (ingegneria della manutenzione) non richiedeva l accesso ai reparti produttivi e ai macchinari, ma solo attività di ufficio da svolgere sulla base delle richieste e delle relazioni tecniche provenienti dal reparto di produzione e di manutenzione, sicché non occorreva alcun aggiornamento formativo. È stato, infatti, accertato, con congrua motivazione, che l omissione ascritta al direttore dello stabilimento è stata rilevata dagli ispettori del lavoro all esito di una complessa valutazione effettuata in azienda, culminata nell imposizione di specifiche prescrizioni allo stesso direttore, e che la formazione professionale era imposta dalla complessità del profilo professionale riguardante il lavoratore cui venivano assegnate attività che richiedono cognizione tecniche elevate, acquisibili mediante una formazione specifica che non è surrogabile con l esperienza maturata in un settore del tutto diverso né con il mero possesso di un incongruo titolo di studio. Inoltre, l asserzione del teste della difesa S., secondo cui l A. avrebbe dovuto gestire solo gli aspetti economici dei problemi tecnici affrontati da altri, è smentita dal documento che elenca le nuove mansioni, dato che tale funzione, indicata al punto 2 del profilo professionale, non è l unica. Non è, infine, censurabile la ritenuta ininfluenza del fatto che A. non avesse in concreto svolto la funzione assegnatagli dovendo la formazione precedere tale svolgimento. Poiché il primo e unico corso di formazione fu effettuato nel gen a seguito di specifica prescrizione in tal senso degli ispettori del lavoro e in modo comunque inadeguato (f. 15 della sent. Impugnata), il reato non è prescritto. Anche il ricorso del P. è infondato perché propone doglianze su questioni che i giudici di merito hanno deciso con congrua motivazione, ritenendo che il medico aziendale, preso atto delle molteplici certificazioni 2-3/

16 provenienti da strutture sanitarie pubbliche, che attestavano una patologia psichiatrica grave a carico dell A., avrebbe dovuto necessariamente disporre gli accertamenti specialistici richiesti dal lavoratore per accertare la compatibilità dello stato di salute con le mansioni da esercitare. Sia l ispettore del lavoro sia il medico della ASL, incaricato dell accertamento, avevano condiviso l assunto del lavoratore tanto da imporre prescrizioni specifiche nei confronti dell azienda con l assegnazione di un preciso termine, rimasto inosservato, per la regolarizzazione. Circa la configurabilità del reato contestato, va puntualizzato che l art. 17 del d.lgs. n. 626/94 let. I) prevede che il medico competente fatti salvi i controlli di cui alla let. B), effettui le visite mediche richieste dal lavoratore qualora tale richiesta sia correlata ai rischi professionali, sicché, nella specie, ricorrevano le condizioni per sottoporre a visita il dipendente che aveva documentato la persistenza di una patologia psichiatrica grave ricollegabile alle attività lavorative assegnategli. Tuttavia, la condotta dell imputato non è stata idonea a soddisfare il precetto normativo perché egli ha eseguito le visite mediche senza essere in possesso di specializzazione in materie psichiatriche e senza il supporto di esami clinici e biologici che erano necessari per rendere effettiva la protezione dal rischio e che rientravano nei controlli che egli poteva disporre nell esercizio delle funzioni tipiche riconosciutegli dall art. 16 del decreto citato in tema di sorveglianza sanitaria. È quindi, corretta l affermazione di responsabilità basata sui tali rilevanti elementi probatori, che le poco incisive dichiarazioni dei testi della difesa (puntualmente prese in considerazione dal Tribunale, unitamente alla documentazione acquisita agli atti) non sono valse a smentire. Non possono, infatti, avere rilevanza in questa sede le valutazioni del fatto, diverse da quella adottata dal giudice di merito, proposte dalla difesa perché il controllo di legittimità non può investire l intrinseca adeguatezza della valutazione dei risultati probatori, riservata al giudizio di merito, né la loro rispondenza alle effettive acquisizioni processuali. Il rigetto del ricorso comporta condanna al pagamento delle spese processuali, nonché, per il P., alla rifusione delle spese del grado sostenute dalla parte civile liquidate come da dispositivo. P.Q.M. Condanna, altresì, S.S. ala rifusione delle spese del grado sostenute dalla parte civile che liquida in complessivi Euro 2500, 00 di cui 300,00 per spese vive, oltre agli accessori di legge. Roma, 25/5/2006. La Corte rigetta il ricorso e condanna in solido i ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento. Depositata in Cancelleria il 13 giugno Il commento alla sentenza di Anna Guardavilla La ricostruzione del caso. La situazione giuridica proposta dal caso in oggetto può essere così ricostruita: - Il primo imputato è il datore di lavoro O., il quale ha omesso di erogare al lavoratore A. una sufficiente ed adeguata formazione in materia di sicurezza e salute relativa al proprio posto di lavoro e alla propria mansione ai sensi dell art. 22 del D.Lgs. 626/94. Egli si difende deducendo di non poter essere qualificato datore di lavoro sia per l assenza di documentazione e/o di procura rilasciata dal legale rappresentante della società sia per essere rimasto estraneo al trasferimento del lavoratore e alle contestazioni disciplinari allo stesso indirizzate. - Il secondo imputato è il medico competente, condannato per non avere richiesto al datore di lavoro una visita medica specialistica per il lavoratore A., affetto da psicosi dissociativa, al fine di salvaguardare l integrità psicofisica del suddetto. Egli si difende deducendo che il medico ex art. 17 del D.Lgs. 626/94 non ha l obbligo di disporre accertamenti specialistici anche in presenza di diagnosi di medici esterni, se non ne reputa la necessità; che egli aveva reiteratamente visitato l A. e l aveva ritenuto idoneo alla specifica attività cui era destinato essendo in suo potere discrezionale accedere o meno alla richiesta di visita specialistica avanzata dal lavoratore così come era nella sua competenza professionale e funzionale valutare se la patologia psichiatrica lamentata incidesse sulla sicurezza del lavoro cui doveva essere addetto l A.. Gli imputati sono stati condannati in primo grado al pagamento di un ammenda che - giova ricordarlo - è la sanzione penale di tipo pecuniario prevista per la commissione di un reato contravvenzionale. La sentenza in oggetto non consegue ad un infortunio sul lavoro o ad una malattia professionale, bensì è emanata in applicazione del decreto legislativo 19 dicembre 1994 n. 758, che prevede un meccanismo in forza del quale, a seguito di prescrizione da parte dell organo di vigilanza, l azione penale può essere sospesa in attesa che il datore di lavoro ottemperi, e poi estinta, previa regolarizzazione, con il pagamento dell ammenda /2007

17 In caso di mancata regolarizzazione il procedimento penale, apertosi al momento della comunicazione al pubblico ministero della notizia di reato da parte dell organo di vigilanza, prosegue il suo iter regolare. Nel caso di specie, specifiche prescrizioni erano state emesse da parte degli ispettori del lavoro nei confronti dell azienda a fronte della violazione degli articoli 17 e 22 del D.Lgs. 626/94, con l assegnazione di un preciso termine, rimasto inosservato, per la regolarizzazione 1. Gli imputati ricorrono per Cassazione. Il principio giuridico sancito dalla Corte di Cassazione. I profili di maggior interesse su cui la Suprema Corte si pronuncia nella sentenza in oggetto sono rappresentati da un lato dalla qualificazione della figura di datore di lavoro e dall altro dalla condotta omissiva del medico competente. Per quanto riguarda il primo aspetto, la Cassazione torna sulla nozione di datore di lavoro precisando che per le violazioni delle norme di sicurezza e d igiene stabilite nei decreti su citati [decreti prevenzionali e D.Lgs. 626/94, n.d.r.] si deve fare riferimento alla nozione di datore di lavoro definita dall art. 2 lett. b) del d.lgs. 626/94 e che datore di lavoro è chi ha la responsabilità dell impresa o dell unità produttiva, cui spetta il controllo su tutta l organizzazione amministrativa e gestionale dell ente cui è egli preposto; il che comporta anche l obbligo di assicurare ai lavoratori un adeguata formazione in materia di sicurezza del lavoro. Da qui la Corte opera una interessante distinzione: Quindi, il direttore di uno stabilimento, specie se non abbia preposto alla direzione del lavori altra persona, ha sempre l obbligo, quale soggetto apicale dell unità produttiva (essendo tale, nella specie, lo stabilimento dell A. in Nola) nell ambito delle proprie competenze e attribuzioni, di accertarsi che il lavoro degli operai si svolga in condizioni di sicurezza. Invece, solo nel caso in cui l impresa abbia carattere di società e non sia possibile individuare gli organi tenuti a garantire la sicurezza del lavoro, la relativa responsabilità grava anche penalmente sui legali rappresentanti della società, perchè costoro, ancorché non svolgono mansioni tecniche, sono pur sempre preposti alla gestione della società e si identificano quindi con i soggetti primari destinatari delle norme antinfortunistiche. [ ] Nel caso in esame la responsabilità è stata, quindi, correttamente affermata sia per il ruolo rivestito dall imputato, direttore generale e, quindi, organo apicale dell ente, nonché datore di lavoro ed unico titolare del potere di spesa, sia per l omesso rilascio di valida delega nelle materie in questione ad altri dirigenti. Per quanto riguarda invece la posizione del medico competente, la Suprema Corte rileva che in presenza di certificazioni provenienti da strutture sanitarie pubbliche, egli avrebbe dovuto prescrivere una visita specialistica, donde un ingiustificata condotta omissiva considerato che la richiesta del lavoratore era correlata al rischio professionale e che lo stato ansioso era determinato da una presunta sua inadeguatezza, giudicata fondata dagli ispettori del lavoro, rispetto alle mansioni assegnategli con possibile danno per se stesso, per gli altri e per le strutture aziendali. La Corte conclude affermando che l art. 17 del d.lgs. n. 626/94 let. I) prevede che il medico competente, fatti salvi i controlli di cui alla lett. b), effettui le visite mediche richieste dal lavoratore qualora tale richiesta sia correlata ai rischi professionali, sicché, nella specie, ricorrevano le condizioni per sottoporre a visita il dipendente che aveva documentato la persistenza di una patologia psichiatrica grave ricollegabile alle attività lavorative assegnategli. Tuttavia, la condotta dell imputato [medico competente, n.d.r.] non è stata idonea a soddisfare il precetto normativo perché egli ha eseguito le visite mediche senza essere in possesso di specializzazione in materie psichiatriche e senza il supporto di esami clinici e biologici che erano necessari per rendere effettiva la protezione dal rischio e che rientravano nei controlli che egli poteva disporre nell esercizio delle funzioni tipiche riconosciutegli dall art. 16 del decreto citato in tema di sorveglianza sanitaria. Va osservato che sempre più frequenti sono le sentenze emanate dalla Suprema Corte sugli obblighi e le responsabilità del medico competente. Una per tutte, si veda Cass. Pen., Sez. IV, 28 giugno 2005 n , in cui la Corte fornisce utili indicazioni in merito al contenuto degli obblighi previsti dagli articoli 16 e 17 del D.Lgs. 626/94, richiamando quanto affermato dalla Corte d Appello secondo cui quand anche non si volesse ritenere nascente dalla segnalazione del disturbo l obbligo di visita ex art. 16 del D.Lgs. 626/94 si ritroverebbe pur sempre nella lettera i) del comma 1 dell art. 17 del D.Lgs. n. 626/1994 che fissa i doveri del medico competente un generale obbligo in capo a tale soggetto di effettuare una visita medica qualora sia il lavoratore a richiederla e vi sia una correlazione, come in questo caso, tra tale richiesta e i rischi professionali, tenendo conto che, nella fattispecie, il comportamento tenuto dalla lavoratrice di recarsi nella sala medica (ove il medico titolare aveva obbligo contrattuale di essere presente e comunque lei si aspettava di trovare) non può infatti che essere interpretato se non come richiesta di diagnosi e terapia rivolta a soggetto competente, cioè, a medico. E la Cassazione conclude: gli accertamenti periodici di cui all art. 16 non sono solo quelli per così dire programmati e cioè effettuati in date prefissate, con una frequenza prestabilita, ma possono essere effettuati anche in momenti diversi da quelli programmati, quando il medico competente o il datore di lavoro o il lavoratore stesso ne ravvisino la necessità, essendosi ad esempio verificato un qualche accadimento che imponga di verificare lo stato di salute del lavoratore ed effettuare un giudizio formale sulla sua idoneità alla mansione specifica cui è adibito. 1 La Suprema Corte rileva infatti che poiché il primo e unico corso di formazione fu effettuato nel gen a seguito di specifica prescrizione in tal senso degli ispettori del lavoro e in modo comunque inadeguato (f. 15 della sent. Impugnata), il reato non è prescritto. 2-3/

18 Responsabilità colposa ERRATO INTERVENTO TERAPEUTICO POST-INFORTUNIO Corte di Cassazione - Sezione Quarta Penale, Sentenza 4 ottobre - 21 dicembre 2006, n (con nota di commento di Anna Guardavilla) Nel caso di lesioni personali conseguenti ad infortunio sul lavoro cui sia seguito il decesso della vittima, la colpa dei medici, anche se grave, non può ritenersi causa autonoma ed indipendente rispetto al comportamento dell agente perché questi provocando tale evento (le lesioni) ha reso necessario l intervento dei sanitari, la cui imperizia o negligenza non costituisce un fatto imprevedibile ed atipico, ma un ipotesi che si inserisce nello sviluppo della serie causale. La corte suprema dicassazione, Sezione Penale, sentenza: Fatto e Diritto. L.F e A.D., la prima in qualità di legale rappresentante della I. S.r.l. di Barletta, ed il secondo quale responsabile della sicurezza del cantiere di lavoro della predetta società ex artt. 4 ed 8 D. Lvo 626/94, venivano tratti a giudizio avanti il Tribunale di Bari per rispondere di varie contravvenzioni alle norme antinfortunistiche e di omicidio colposo in danno di C.N., dipendente della I. Nel procedimento si costituivano parti civili la moglie e le figlie della vittima. Con sentenza datata 21 gennaio 2004 le contravvenzioni venivano dichiarate prescritte, mentre per il delitto entrambi gli imputati venivano condannati alla pena di un anno e quattro mesi di reclusione con la concessione delle attenuanti generiche, nonché al risarcimento del danno alle parti civili cui veniva concessa una provvisionale di per ciascuna di esse. Proposto appello, la Corte di Bari confermava la condanna e riduceva la pena a mesi dieci di reclusione per ciascun imputato che veniva dichiarato tenuto anche al rimborso delle spese sostenute dalle parti civili. Il giudice d appello individuava tre temi di discussione: 1) l inquadramento giuridico degli eventi nei paradigmi di colpa dell art. 589 c.p. ascrivibile ai due imputati; 2) la individuazione dei soggetti responsabili; 3) la sovrapposizione del separato giudizio a carico di alcuni medici per la medesima ipotesi di omicidio colposo in termini di interruzione del nesso di causa tra la loro condotta e l evento morte, addebitabile all imperizia e negligenza dei medici intervenuti nelle cure della vittima. In ordine alle modalità del fatto la corte precisava che esso era molto lineare e non lasciava margini di dubbio sulla sua ricostruzione: Il giorno 31 settembre 1998 il C., autista, si trovava con la propria squadra nel quartiere sito in Triggiano, dove era in atto l attività di posa di cavi elettrici in uno scavo della lunghezza di circa 400 metri, recintato con una retina sostenuta da bacchette di ferro; scendendo dal camion per fumare una sigaretta perdeva l equilibrio e finiva con le parti basse del corpo su uno di questi tondini che si infiggeva nella zona perineale, ferendolo. Ricoverato all Ospedale di Triggiano, gli veniva praticata una sutura e veniva dimesso con una prognosi di otto giorni. Nonostante le cure con cortisonici e tachipirina (solo dal giorno 2 al giorno 4 settembre gli erano stati somministrati antibiotici), il giorno otto, all altezza del ginocchio destro comparivano delle bolle gassose, per cui veniva inviato al Policlinico di Bari, ove una terapia d urto a base di ossigeno iperbarico non riusciva ad impedire il suo decesso, avvenuto il giorno 14 settembre. PER ESSERE SEMPRE AGGIORNATI Collegati al sito Internet dedicato: Scegli i Corsi di Eccellenza: Abbonati alle Riviste della Prevenzione: /2007

19 Secondo la corte costituiva colpa l avere posto in opera una recinzione dello scavo tanto pericolosa, dato che la reticella era sorretta da tondini alti circa un metro, normalmente utilizzati per armare il cemento, mancavano di protezione a tappo ed erano in parte arrugginiti: essi costituivano dei veri e propria offendicula sia per i lavoratori che per i terzi. Quanto al secondo punto, vale a dire la riconducibilità della colpa agli imputati, la corte affermava che il datore di lavoro che sceglie un professionista e lo designa come responsabile della sicurezza non si libera dalle conseguenze connesse alla sua posizione di garanzia se non sceglie un professionista idoneo, non elabora assieme a questi un piano di sicurezza, non gli mette a disposizione i mezzi necessari per attuarlo, non vigila su tale attuazione. Specularmente il rappresentante [responsabile, n.d.r.] del servizio di prevenzione [e protezione, n.d.r.] deve essere capace, deve predisporre il piano di sicurezza, deve richiedere dall imprenditore i mezzi per attuarlo, non deve mettere in atto condotte elusive, impedendo la vigilanza del titolare delegante. Ciò non era avvenuto nel caso di specie perché la L. si era preoccupata di comunicare all Ispettorato dell ASL il nome del delegato alla sicurezza del quale trasmetteva il curriculum in cui questi si dichiarava esperto in materia di prevenzione nell ambiente di lavoro ed affermava di occuparsi di tale settore presso la I., ma non curava affatto l aspetto attuativo della prevenzione, omettendo di richiedere la predisposizione del relativo piano e del pari l A. forniva il curriculum e non apprestava la sua opera per assolvere tali compiti. Quanto al terzo aspetto innanzi elencato, relativo alla sovrapposizione della responsabilità dei medici che ebbero in cura il C. che vennero dapprima prosciolti e dopo l appello del Procuratore Generale rinviati a giudizio, la corte concorda con la decisione del primo giudice che ha negato il lungo rinvio richiesto per celebrare un processo unitario, rilevando che la colpa addebitata ai medici non configura una causa sopravvenuta idonea ad interrompere l efficienza causale delle condotte precedenti in ordine all evento morte. Avverso detta decisione entrambi gli imputati hanno presentato ricorso per cassazione. La L. con il primo motivo deduce la non corretta applicazione della normativa antinfortunistica e contesta che l art. 68 D.P.R. 164/56 sia riferibile ai mezzi di tutela del cunicolo di scavo presente nel cantiere, perché la norma riguarda una tipologia di costruzioni in quota, mentre gli operai lavoravano ad un livello inferiore rispetto a quello della strada, all interno dello stesso cunicolo e non sopra di esso. Si doveva perciò escludere che esistesse un pericolo di caduta ed era fuorviante la prospettiva accusatoria che pretendeva l uso di un parapetto. Inoltre questo sarebbe stato di intralcio al lavoro che prevedeva il contestuale avanzamento del camion avvolgi-cavo con il lavoro di scavo che era destinato all alloggio di cavidotteria. Le caratteristiche del cantiere, insistente su manto stradale, imponevano, invece, un altro tipo di protezione diretta a segnalarne la presenza in ossequio al disposto dell art. 32 CdS a tutela degli utenti, cosa cui la L. aveva provveduto con la posa della reticella arancione. Con il secondo motivo la ricorrente deduce illogicità della motivazione perché da una parte la corte d appello riconosceva che essa imputata aveva delegato l A. al compito di responsabile della sicurezza e su tale presupposto affermava la colpevolezza di quest ultimo e dall altra non sollevava il datore di lavoro dalle responsabilità inerenti alla sua posizione di garanzia. Con il terzo motivo la L. denuncia erronea applicazione della legge penale e contraddittorietà della motivazione in ordine al nesso di causa. Anzitutto la ricorrente contesta che siano state chiarite le dinamiche dell infortunio, non essendo state rinvenute tracce di sangue in loco e mancando testi oculari del fatto; in secondo luogo sostiene che il lavoratore aveva dimesso le sue mansioni lavorative perché si stava accendendo una sigaretta e quindi il suo comportamento esonerava il datore di lavoro da ogni responsabilità, dovendosi ritenere diretto al compimento di un attività autonoma estranea al lavoro e comunque abnorme. Infine, richiamando la più recente giurisprudenza di questa Corte in tema di causalità sostiene che il dubbio sussiste non solo in ordine all antigiuridicità del suo comportamento, ma anche in ordine alla sussistenza del nesso causale. Addebita alla corte territoriale la contraddittorietà della motivazione perché da una parte il giudice d appello riconosce la responsabilità del delegato alla sicurezza e l imperizia dei medici e dall altra considera come causa dell evento anche la condotta della datrice di lavoro, mentre si potrebbe ravvisare solo al più il reato di lesioni colpose, essendo interrotto il nesso di causa con l evento morte. Con i motivi aggiunti approfondisce il tema della incompatibilità tra la ritenuta responsabilità dell A., delegato alla sicurezza, ed il permanere della sua responsabilità, nonché il tema della interruzione del nesso di causa. L A. contesta di aver assunto la posizione di delegato alla sicurezza, non essendogli mai stato comunicato tale incarico. A sua volta sostiene che non era applicabile la normativa antinfortunistica richiamata dal capo di imputazione, mentre andava fatto riferimento all art. 32 CdS in base alla quale norma la recinzione adottata era perfettamente regolare, né poteva essere ritenuta pericolosa per gli addetti ai lavori. Denuncia inoltre la manifesta illogicità della motivazione sul punto, anche perché la stessa non tiene conto che esisteva un piano di sicurezza dell Enel che non prevedeva misure di recinzione diverse da quella posta in opera. 2-3/

20 Sostiene che non vi era la prova dell esistenza di ruggine sui palette perché il teste N. aveva affermato che solo qualcuno di quelli adoperati poteva essere arrugginito. Infine deduce la violazione degli artt. 521 e 522 c.p.p. per il passaggio dalla contestazione di colpa specifica a quella di colpa generica, nonché dell art. 41 secondo comma c.p. assumendo che la condotta contestata e la lesione riportata rimane nell ambito della semplice occasione, inidonea a determinare l evento letale, mentre l incuria dei medici avrebbe da sola prodotto la morte per l errore riconosciuto dal Prof. I. della mancata somministrazione di antibiotici. Con memoria aggiuntiva l A. ammette di avere firmato il curriculum (circostanza negata in ricorso), ma afferma di avere sconosciuto la circostanza che lo stesso sarebbe servito alla società per designarlo come responsabile della prevenzione e che pertanto la firma apposta non corrispondeva alla coscienza e volontà di accettare tale ruolo. Il Procuratore Generale ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi. Risulta dalle dichiarazioni delle parti che i medici sono stati prosciolti per prescrizione, mentre il reato contestato ai ricorrenti non risulta prescritto, nemmeno tenendo conto delle attenuanti generiche concesse con conteggio della pena con giudizio di prevalenza [ ]. I ricorrenti sostengono che non sono stati chiariti i termini dell infortunio, ma dalla sentenza si apprende che certamente il C. si ferì scendendo dal cassone dal camion e precipitando su uno dei tondini che reggevano la rete che delimitava lo scavo. Dalla sentenza di primo grado si apprende che la vittima si trovava sul cassone del camion perché doveva aiutare a svolgere la bobina, mentre il teste C.P. si trovava sul piano della strada a tirare il cavo. Giunti alla punta dello stesso il teste aveva invitato il collega a scendere dal cassone e a portarsi nella cabina del camion perché era necessario metterlo in moto e partire per svolgere l altra metà. Fu poco dopo che il C. si diresse verso detto teste affermando che si era rotto l ano, presentando i pantaloni inzuppati di sangue. Pertanto non vi è dubbio che la vittima stava svolgendo un lavoro cui era stata preposta e si adeguava alle richieste del collega con il quale era addetto allo svolgimento del cavo che doveva essere posizionato nello scavo. Sia in primo che in secondo grado si è discusso in ordine alle cautele che la ditta doveva adottare per proteggere i lavoratori nel cantiere in cui operavano e la stessa questione viene riproposta in questa sede attraverso la contestazione del dovere di posizionare un parapetto come previsto nelle norme antinfortunistiche citate nel capo di imputazione. Dalle indagini dell Ispettore della Direzione Generale del Lavoro risulta che sul luogo del fatto era stato realizzato uno scavo profondo m. 1,50, largo m. 1,20 e lungo m. 400 che veniva richiuso mano a mano che la collocazione dei cavi elettrici procedeva. La profondità dello scavo richiedeva una protezione per il rischio di caduta. Sul punto la ricorrente L. afferma che gli operai lavoravano all interno dello scavo per cui non correvano tale pericolo, ma questo ragionamento non è fondato perché vi erano operai come il C. che non entravano nello scavo e comunque, i lavoratori, prima di scendere al suo interno, erano esposti alla caduta, provenendo necessariamente dal piano stradale posto ad un metro e mezzo sopra il fondo della trincea. La protezione apprestata non serviva a tale scopo, ma solo a delimitare l area e a rendere visibile il cantiere a terzi utenti della strada, mentre per l altezza insufficiente dei tondini, per le loro dimensioni, per la punta lasciata libera, per essere alcuni arrugginiti la rete non funzionava da barriera atta ad evitare il rischio di caduta all interno della buca e nello stesso tempo presentava per le sue caratteristiche un pericolo imminente. Il tribunale ha distinto le tutele a favore degli utenti della strada, posto che il cantiere insisteva sulla sede stradale, da quelle a favore dei lavori e per queste ultime ha richiamato la normativa del DPR 164/56 e quella di cui al D.Lvo 626/94, di attuazione delle direttive CEE riguardanti il miglioramento della sicurezza dei lavoratori che impone al datore di lavoro di valutare i rischi a cui sono esposti i suoi subordinati, di individuare le misure di prevenzione e predisporre il programma per attuarle, designando il tecnico responsabile del servizio di prevenzione e protezione, nominativo che va comunicato all Ispettorato del Lavoro ed alle unità sanitarie competenti per territorio. Entrambe le normative trovano applicazione per i lavori effettuati in cantieri temporanei o mobili, come quello in esame. La relativa disciplina è contenuta nel D.Lvo 494/96. I ricorrenti sostengono che esisteva il piano di sicurezza dell Enel, ma questo piano prendeva in considerazione i rischi per gli utenti della strada e non quelli afferenti l organizzazione del cantiere, essendo questo un aspetto che riguardava espressamente l impresa esecutrice dei lavori cui venivano rimesse le specifiche prescrizioni. L art. 68 del DPR 164/56 imponeva l adozione di opere protettive per il pericolo di caduta rispetto ad una profondità superiore a 0,50 cm, mentre lo scavo arrivava anche ad un metro e mezzo e le opere dovevano essere eseguite con buon materiale ed a regola d arte. Pertanto, anche a tenere conto che il lavoratore non si fece male perché non venne protetto dalla caduta, il tribunale sottolinea che se la protezione fosse stata eseguita a regola d arte e soprattutto se non fosse stato utilizzato materiale arrugginito ed appuntito, l incidente non si sarebbe verificato e che pertanto era questa presenza pericolosa, inidonea ad ogni effetto ed insidiosa, che radicava la responsabilità del datore di lavoro e del preposto alla sicurezza /2007

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