CONVEGNO IGI CODICE ANTIMAFIA: PRIMO MONITORAGGIO DELLA SUA APPLICAZIONE. Roma, 16 maggio I problemi applicativi del Codice Antimafia

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1 CONVEGNO IGI CODICE ANTIMAFIA: PRIMO MONITORAGGIO DELLA SUA APPLICAZIONE Roma, 16 maggio 2013 I problemi applicativi del Codice Antimafia a cura di Laura Savelli Con il d.lgs. n. 218/2012, è entrato in vigore il Libro II del d.lgs. n. 159/2011 contenente la disciplina dedicata alle nuove regole sulla documentazione antimafia: una normativa che ha già effettuato una prima fase di rodaggio, essendo divenuta operativa dal 13 febbraio 2013, e che è dunque pronta a sottoporsi ad un primo bilancio sui risultati conseguiti. Inquadramento generale. Nel Libro II del d.lgs. n. 159/2011, come accadeva per la disciplina previgente, sono individuate due tipologie di documenti che debbono essere richiesti ai fini dei controlli antimafia: la comunicazione antimafia e l informazione antimafia. La comunicazione antimafia [art. 84, co. 2] attesta la sussistenza o l insussistenza di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto indicate dall art. 67 del Codice antimafia, vale a dire di provvedimenti definitivi di applicazione di una misura di prevenzione. L informazione antimafia [art. 84, co. 3] si caratterizza invece per un elemento ulteriore, nel senso che, oltre a certificare la sussistenza o l insussistenza di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto indicate dall art. 67 del Codice antimafia, attesta anche l esistenza di tentativi di infiltrazione mafiosa tendenti a condizionare le scelte e gli indirizzi delle società sottoposte a controllo. In particolare, le situazioni relative ai tentativi di infiltrazione mafiosa sono desunte [art. 84, co. 4]: a) dai provvedimenti che dispongono una misura cautelare o il giudizio, ovvero che recano una condanna anche non definitiva per i reati di turbata libertà degli incanti [art. 353 c.p.], turbata libertà del procedimento di scelta del contraente [art. 353-bis c.p.], estorsione [art. 629 c.p.], truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche [art. 640-bis c.p.], usura [art. 644 c.p.], riciclaggio [art. 648-bis c.p.], impiego di denaro, beni o utilità di provenienza illecita [art. 648-ter c.p.]; b) dalla proposta o dal provvedimento di applicazione di una misura di prevenzione; 1

2 c) dall omessa denuncia all autorità giudiziaria dei reati aggravati di concussione [art. 317 c.p.] e estorsione [art. 629 c.p.] da parte dei soggetti indicati dall art. 38, co. 1, lett. b), del Codice dei contratti; d) - e) dagli accertamenti disposti dai Prefetti competenti sui cantieri; f) dalle sostituzioni negli organi sociali, nella rappresentanza legale della società o nella titolarità delle imprese individuali o delle quote societarie, effettuate da chiunque conviva stabilmente con i soggetti destinatari dei provvedimenti di cui alle lett. a) e b), con modalità che, per i tempi in cui vengono realizzati, il valore economico delle transazioni, il reddito dei soggetti coinvolti, nonché le qualità professionali dei subentranti, denotino l intento di eludere la normativa sulla documentazione antimafia. In aggiunta, il Prefetto può desumere il tentativo di infiltrazione mafiosa anche [art. 91, co. 6]: 1) da provvedimenti di condanna, anche non definitivi, per reati strumentali all attività delle organizzazioni criminali unitamente a concreti elementi da cui risulti che l attività d impresa possa, anche in modo indiretto, agevolare le attività criminose o esserne in qualche modo condizionata; 2) dall accertamento di violazioni reiterate degli obblighi di tracciabilità dei flussi finanziari di cui all art. 3 della legge n. 136/2010. Chi può fare la richiesta [art. 83, co. 1 e 2]: sia la comunicazione, sia l informazione antimafia devono essere richieste dalle pubbliche amministrazioni, dagli enti pubblici, anche costituiti in stazioni uniche appaltanti, dagli enti e dalle aziende vigilati dallo Stato o da altro ente pubblico e dalle società o imprese comunque controllate dallo Stato o da altro ente pubblico, nonché dai concessionari di opere pubbliche e dai contraenti generali. Dove fare la richiesta: sia per la comunicazione antimafia [art. 87], sia per l informazione antimafia [art. 90], la richiesta deve essere indirizzata al Prefetto della provincia in cui hanno sede i soggetti richiedenti. Mentre, per i soggetti aventi residenza o sede all estero, la documentazione antimafia (sia la comunicazione, sia l informazione) è rilasciata dal Prefetto della provincia di esecuzione dei contratti e dei subcontratti. Quando fare la richiesta: la documentazione antimafia deve essere acquisita prima di stipulare, approvare o autorizzare i contratti e subcontratti relativi a lavori, servizi e forniture pubblici [art. 83, co. 1], fatta eccezione per i provvedimenti, gli atti, i contratti e le erogazioni il cui valore complessivo non supera i euro [art. 83, co. 3, lett. e]. La richiesta di documentazione antimafia è formulata in base all importo del contratto. 2

3 La comunicazione antimafia deve essere richiesta per contratti di appalto di valore compreso tra euro e le soglie comunitarie, e quindi: LAVORI: ; SERVIZI E FORNITURE: SETTORI SPECIALI - LAVORI: ; SETTORI SPECIALI - SERVIZI E FORNITURE: L informazione antimafia deve essere invece acquisita prima di stipulare contratti di appalto, il cui valore sia pari o superiore alle soglie comunitarie [art. 91, co. 1, lett. a], o di autorizzare subcontratti, cessioni o cottimi di importo superiore a euro [art. 91, co. 1, lett. b]. In ogni caso, per determinate tipologie di attività suscettibili di infiltrazione mafiosa (che dovranno essere definite con decreto del Ministero dell interno), sarà sempre obbligatoria l acquisizione della documentazione, indipendentemente dal valore del contratto o del subcontratto [art. 91, co. 7]. Schematizzando: Tipologia contrattuale Fascia di importo Documentazione antimafia Nessuna Appalto Soglie UE Comunicazione Sopra Soglie UE Informazione Subappalto Nessuna Sopra Informazione Validità: la comunicazione antimafia ha una validità di 6 mesi dalla data di acquisizione [art. 86, co. 1]; mentre, l informazione antimafia ha una validità di 12 mesi [art. 86, co. 2], salvo che non vi siano state nel frattempo modificazioni dell assetto societario. In tale ipotesi, infatti, i legali rappresentanti, entro 30 giorni dall intervenuta modificazione, hanno l obbligo di trasmettere al Prefetto che ha rilasciato l informazione antimafia copia degli atti dai quali risulta le variazioni societarie o gestionali dell impresa [art. 86, co. 3]. Quanto all utilizzo della documentazione, i soggetti che acquisiscono la comunicazione antimafia, di data non anteriore a 6 mesi, o l informazione antimafia, di data non inferiore a 12 3

4 mesi, adottano il provvedimento richiesto e gli atti conseguenti o esecutivi, compresi i pagamenti, anche se il provvedimento o gli atti sono perfezionati o eseguiti in data successiva alla scadenza di validità della documentazione antimafia [art. 86, co. 5]. Le verifiche antimafia per i subappalti di importo inferiore a 150 mila euro. Un primo problema operativo nell applicazione del Codice antimafia è riferito all ipotesi di esenzione dalle verifiche disposta per i subcontratti di importo inferiore a 150 mila euro, per i quali, come evidenziato nel prospetto di cui al paragrafo precedente, il d.lgs. n. 159/2011 non richiede alcun accertamento presso le Prefetture da parte delle P.A. Tale esenzione presenta tuttavia un difetto di coordinamento normativo innanzi tutto con la disciplina del subappalto contenuta nel Codice dei contratti, che non prevede alcuna soglia di importo al di sotto della quale non sono disposte le verifiche antimafia, nonché con la disciplina dei requisiti di ordine generale, che ciascun operatore economico deve possedere in maniera indistinta ai fini dell ammissione alla gara o dell ottenimento dell autorizzazione al subappalto. Dalla lettura dell art. 118, co. 2, del d.lgs. n. 163/2006, risulta infatti in maniera inequivocabile che: l affidamento in subappalto o in cottimo è sottoposto alle seguenti condizioni: (...) 4) che non sussista, nei confronti dell affidatario del subappalto o del cottimo, alcuno dei divieti previsti dall articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni [ora, art. 67, d.lgs. n. 159/2011]. E, altrettanto chiaramente, la norma dispone 3) che, al momento del deposito del contratto di subappalto presso la stazione appaltante, l affidatario trasmetta altresì (...) la dichiarazione del subappaltatore attestante il possesso dei requisiti generali di cui all articolo 38. In particolare, poi, con riferimento all eventuale sussistenza di provvedimenti interdittivi antimafia, la norma sul possesso dei requisiti generali considera sufficiente, quale motivo di esclusione (e quindi, di mancata autorizzazione al subappalto), anche la mera pendenza di un procedimento per l applicazione di una misura di prevenzione, attribuendo implicitamente rilievo ai provvedimenti formalmente già disposti dall Autorità giudiziaria. Il citato art. 38 del Codice dei contratti prevede infatti l esclusione dalla gara per i concorrenti (e quindi, la mancata autorizzazione per i subappaltatori) c) nei cui confronti è pendente procedimento per l applicazione di una delle misure di prevenzione di cui all articolo 3 della legge 27 dicembre 1956, n o di una delle cause ostative previste dall articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n In realtà, anche la previgente disciplina antimafia non prevedeva alcuna verifica per i subcontratti di importo inferiore alla soglia di 150 mila euro. Ma, tale disciplina non poneva problemi di coordinamento normativo con le citate disposizioni del Codice dei contratti, dal momento che era riconosciuta alle stazioni appaltanti la possibilità di utilizzare i certificati 4

5 camerali recanti la dicitura del nulla osta antimafia, per accertare l eventuale sussistenza di provvedimenti interdittivi a carico dei soggetti sottoposti a controllo. In altri termini, le stazioni appaltanti, pur non essendo vincolate ad effettuare verifiche al di sotto di tale soglia, ottenevano ugualmente le informazioni sulla eventuale pendenza di procedimenti per l applicazione di misure di prevenzione o sulla sussistenza di provvedimenti definitivi mediante l acquisizione dei certificati camerali, che consentiva dunque di verificare i requisiti richiesti dall art. 118 del Codice dei contratti. Sennonché, nel Codice antimafia non è stata riprodotta una disposizione analoga al previgente art. 9 del d.p.r. n. 252/1998, che equiparava il certificato camerale alla comunicazione prefettizia, essendo stato disposto invece che l accertamento viene effettuato dalle P.A. mediante apposita richiesta alla Prefettura che, a tal fine, si avvale dei collegamenti telematici con le altre banche-dati già esistenti, vale a dire con il CED interforze e con le stesse Camere di commercio. Si tratta, all evidenza, di una modifica fondata sul fatto che la nuova disciplina è stata interamente pensata in funzione della Banca dati nazionale unica della documentazione antimafia, vale a dire di un archivio informatizzato che consente (sebbene, per il momento, solo in via potenziale) di acquisire in tempo reale tutte le notizie sull integrità dei soggetti sottoposti a controllo, facendo venire meno la necessità di doversi avvalere, come in passato, dei certificati camerali. Solo in via potenziale, però. Poiché, allo stato attuale, l art. 87, co. 1, del Codice antimafia, dispone da un lato che: La comunicazione antimafia è rilasciata dal prefetto ( ), ed è conseguita mediante consultazione della banca dati nazionale da parte dei soggetti di cui all articolo 97, co. 1 [P.A., CCIAA e ordini professionali], debitamente autorizzati ; ma, dall altro lato, l art. 99, co. 2-bis, stabilisce che: Fino all attivazione della banca dati, e comunque non oltre dodici mesi dalla data di pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale del primo dei regolamenti di cui al co. 1, i soggetti di cui all art. 83, co. 1 e 2 [P.A.], acquisiscono d ufficio tramite le prefetture la documentazione antimafia. Ma, a prescindere dalla mancata attivazione della banca-dati antimafia e dalla contestuale scomparsa del nulla-osta camerale, resta il fatto che l esenzione attualmente prevista dal d.lgs. n. 159/2011 per i subcontratti di importo inferiore a 150 mila euro crea un conflitto normativo tra la discipline del Codice dei contratti e del Codice antimafia che, non solo nelle more della messa a punto dell archivio informatico, ma anche una volta divenuto operativo, dovrà trovare necessariamente una soluzione. In caso contrario, infatti, la richiesta della documentazione antimafia per i soli subcontratti di importo superiore a tale soglia rischia di far apparire paradossale l operato delle stazioni appaltanti nel momento in cui avviano invece, nei confronti dei subappaltatori di affidamenti minori, i necessari accertamenti sulla regolarità della loro posizione fiscale o contributiva, tralasciando invece le verifiche antimafia. 5

6 Ma, nell attesa di un intervento legislativo riparatorio, resta l urgenza di far fronte alla attuale impossibilità delle stazioni appaltanti di compiere le verifiche antimafia e di reperire altrove le informazioni che dovrebbe fornire la Prefettura, considerato peraltro che si tratta di dati che non implicano alcuna valutazione discrezionale. Ad oggi, infatti, a fronte dei controlli avviati dalle P.A. per tale fascia di subcontratti nei primi mesi di applicazione della nuova disciplina, le Prefetture hanno sostanzialmente restituito al mittente le richieste di comunicazioni antimafia, sul presupposto che, per importi inferiori a 150 mila euro, vi sia un esenzione da qualunque accertamento. Pertanto, resta da comprendere quali siano le modalità alternative di verifica antimafia, cui possono ricorrere le stazioni appaltanti per ovviare ai dinieghi disposti dalle Prefetture e, soprattutto, per adempiere agli obblighi posti dagli artt. 38 e 118 del Codice dei contratti. Una soluzione, peraltro illustrata anche nella determinazione dell Autorità per la Vigilanza n. 1 del 16 maggio 2012, potrebbe essere rappresentata dall acquisizione del certificato che può essere rilasciato dalla Sezione Misure di Prevenzione di ciascun Tribunale il quale attesta, in caso di esito negativo, tanto la pendenza di procedimenti per l inflizione di misure di prevenzione, quanto la sussistenza di provvedimenti che ne dispongano l applicazione. L inconveniente pratico di tale soluzione è tuttavia costituito dal fatto che, mentre le richieste di comunicazione antimafia sono inoltrate alla Prefettura della provincia in cui ha sede la P.A. richiedente per tutti i soggetti da sottoporre a verifica, i certificati delle Sezioni Misure di Prevenzione debbono essere acquisiti presso i diversi Tribunali dei capoluoghi di provincia nell ambito dei quali dimorano le persone fisiche sottoposte a controllo e, pertanto, debbono essere inoltrate tante richieste quanti sono i soggetti da verificare (senza considerare le ulteriori difficoltà legate alla esatta individuazione della dimora dei diversi interessati). Peraltro, trattandosi di una soluzione alternativa rispetto all acquisizione della comunicazione prefettizia, si pone poi anche il problema, di non poco rilievo pratico, della identificazione delle persone fisiche in relazione alle quali deve essere effettuata la richiesta al Tribunale, nel senso cioè che occorre stabilire se, tra i soggetti da sottoporre a controllo, rientrino tutti i soggetti indicati dal nuovo Codice antimafia [art. 85, di cui si parlerà approfonditamente in seguito] o solamente quelli risultanti dall elencazione più ristretta di cui all art. 38, co. 1, lett. b), del Codice dei contratti. Una maggiore cautela imporrebbe naturalmente di formulare una richiesta per ciascuno dei soggetti contemplati dal Codice antimafia; ma, partendo dal presupposto che le Prefetture non ritengono applicabile il d.lgs. n. 159/2011 per i subcontratti di importo inferiore alla soglia di 150 mila euro, la verifica potrebbe essere condotta solamente per le persone fisiche indicate dall art. 38, co. 1, lett. b), del Codice dei contratti. Infine, qualora tale soluzione dovesse risultare un adempimento eccessivamente gravoso per le stazioni appaltanti, non è da sottovalutare l ipotesi di ritornare, seppur in via transitoria, al sistema di verifica precedente, vale a dire ripristinando l utilizzo del nulla-osta camerale, almeno finché non diventi effettivamente operativa la Banca dati nazionale unica della documentazione antimafia. 6

7 L acquisizione della comunicazione antimafia. Dalla mancata attivazione della banca-dati, deriva poi un ulteriore problema riguardante l acquisizione della comunicazione antimafia da parte delle stazioni appaltanti per i contratti di appalto di importo pari o inferiore alla soglia comunitaria. A tal riguardo, l art. 88, co. 1, del Codice antimafia prevede infatti che il rilascio della comunicazione antimafia è immediatamente conseguente alla consultazione della banca dati quando non emerge la sussistenza di cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all articolo 67. Mentre, nel caso che dal database dovesse emergere la sussistenza di una di tali cause, l art. 88, co. 2, specifica che il prefetto effettua le necessarie verifiche e accerta la corrispondenza dei motivi ostativi emersi dalla consultazione della banca dati alla situazione aggiornata del soggetto sottoposto agli accertamenti. In sostanza, partendo dal presupposto dell esistenza di una banca-dati operativa, la norma non fissa attualmente alcun termine di rilascio della comunicazione antimafia, fatta eccezione per il caso che la Prefettura debba effettuare controlli sulla situazione aggiornata del soggetto da verificare. Solo in tali ipotesi, infatti, l art. 88, co. 4, del Codice antimafia dispone che: il prefetto rilascia la comunicazione antimafia entro quarantacinque giorni dal ricevimento della richiesta. Quando le verifiche disposte siano di particolare complessità, il prefetto ne dà comunicazione senza ritardo ai soggetti richiedenti di cui all art. 83, co. 1 e 2 [P.A.], e fornisce la comunicazione antimafia entro ulteriori trenta giorni. Con riferimento all acquisizione della comunicazione antimafia, un primo profilo critico è dunque rappresentato dalla incertezza che attualmente sussiste sui tempi di rilascio della documentazione prefettizia e che, nell attesa di un chiarimento al riguardo, si presuppongono pari a quelli scanditi invece con maggior precisione dall art. 92, co. 2, per il diverso caso dell informazione antimafia. Tale ultima disposizione stabilisce infatti che: (...) quando dalla consultazione della banca dati emerge la sussistenza di cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all articolo 67 o di un tentativo di infiltrazione mafiosa di cui all articolo 84, comma 4, il prefetto rilascia l informazione antimafia interdittiva entro quarantacinque giorni dal ricevimento della richiesta. Quando le verifiche disposte siano di particolare complessità, il prefetto ne dà comunicazione senza ritardo all amministrazione interessata e fornisce le informazioni acquisite entro i successivi trenta giorni. (...). Ma, aldilà dell incertezza sui termini di rilascio della comunicazione antimafia, la differenza sostanziale tra le due disposizioni è rappresentata dal fatto che, mentre per le informazioni prefettizie è stata confermata, mutuandola dal sistema previgente, la regola del silenzioassenso per cui, in caso di mancato o ritardato riscontro della richiesta della P.A. da parte della Prefettura, le stazioni appaltanti procedono anche in assenza dell informazione, per le comunicazioni antimafia non è stata confezionata una disposizione analoga. 7

8 Difatti, solamente per le informazioni, l art. 92, co. 3, del d.lgs. n. 159/2011 dispone che: Decorso il termine [per il rilascio dell informazione], ovvero, nei casi di urgenza, decorso il termine di quindici giorni dalla ricezione della richiesta, i soggetti di cui all art. 83, co. 1 e 2 [P.A.], procedono anche in assenza dell informazione antimafia. In tali casi, i contributi, i finanziamenti, le agevolazioni e le altre erogazioni di cui al co. 1 sono corrisposti sotto condizione risolutiva e i soggetti di cui all art. 83, co. 1 e 2 [P.A.], revocano le autorizzazioni e le concessioni o recedono dai contratti, fatto salvo il pagamento del valore delle opere già eseguite e il rimborso delle spese sostenute per l esecuzione del rimanente, nei limiti delle utilità conseguite. Per le comunicazioni antimafia, sembra invece che l unico caso in cui l Amministrazione possa proseguire il suo iter sia rappresentato dalle ipotesi in cui ricorra un urgenza o il rinnovo di provvedimenti già disposti. Solo per tali evenienze, infatti, l art. 89, co. 1, del Codice antimafia stabilisce che: Fuori dei casi in cui è richiesta l informazione antimafia, i contratti e i subcontratti relativi a lavori, servizi o forniture dichiarati urgenti ed i provvedimenti di rinnovo conseguenti a provvedimenti già disposti, sono stipulati, autorizzati o adottati previa acquisizione di apposita dichiarazione con la quale l interessato attesti che nei propri confronti non sussistono le cause di divieto, di decadenza o di sospensione di cui all articolo 67. La dichiarazione deve essere sottoscritta con le modalità di cui all articolo 38 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n In termini operativi, ciò significa che, nel caso in cui dovesse verificarsi un ritardo delle Prefetture nella trasmissione della comunicazione antimafia, le stazioni appaltanti verrebbero a trovarsi in una impasse che, allo stato attuale, oltre a non trovare conforto in soluzioni legislative, rischia di generare una paralisi nella conclusione delle procedure di affidamento dei contratti pubblici. Peraltro, tale rilievo critico sembra oramai avvalorato anche dalla realtà, dal momento che, ad oggi, gran parte delle richieste di comunicazione antimafia, inoltrate dalle stazioni appaltanti alle Prefetture nei primi tre mesi di applicazione della nuova disciplina, non hanno ricevuto riscontro nell (ipotetico) termine di 45 giorni, determinando di conseguenza una situazione di stallo nella conclusione dei procedimenti delle P.A. Anche in tal caso, dunque, valgono le osservazioni formulate con riferimento all ipotesi dei controlli da effettuare per i subcontratti di importo inferiore alla soglia di 150 mila euro, nel senso cioè che resta da comprendere se esistano modalità alternative di verifica, cui possano ricorrere le Pubbliche Amministrazioni, per ovviare ai ritardi ingiustificati maturati dalle Prefetture nei riscontri delle richieste formulate da parte delle stazioni appaltanti. Pertanto, anche in considerazione di tale ulteriore problema operativo, diventa ancora più urgente la necessità di stabilire se gli accertamenti antimafia possano essere condotti con modalità alternative, ossia mediante l acquisizione dei certificati della Sezione Misure di Prevenzione dei Tribunali o mediante l eventuale reintroduzione, nelle more dell attivazione della banca-dati, dei nulla-osta forniti dalle Camere di commercio. Tuttavia, a differenza dei subcontratti di importo inferiore alla soglia di 150 mila euro, la soluzione dell acquisizione dei certificati presso i Tribunali potrebbe rivelarsi eccessivamente 8

9 gravosa per le P.A.: trattandosi in tal caso di contratti di appalto di importo pari o inferiore alla soglia comunitaria, cioè soggetti all acquisizione della comunicazione antimafia, le richieste dovrebbero essere effettuate per ciascuno dei soggetti indicati dall art. 85 del d.lgs. n. 159/2011, e quindi presso i diversi Tribunali dei capoluoghi di provincia in cui dimorano le singole persone da sottoporre a verifica, con ogni aggravio procedimentale che ne potrebbe derivare. Le misure di prevenzione. Come illustrato in precedenza, la comunicazione e l informazione antimafia hanno in comune l attestazione della sussistenza o meno di una delle cause di decadenza, di sospensione o di divieto di cui all articolo 67. La norma cui si rinvia, vale a dire l art. 67 del Codice antimafia, rubricato Effetti delle misure di prevenzione, riproduce in sostanza il contenuto dell art. 10 della legge n. 675/1965, seppur con una differenza fondamentale rispetto al testo previgente. La norma originaria, nel disciplinare gli effetti di un provvedimento interdittivo, estendeva infatti il suo ambito di applicazione alle misure di prevenzione sia personali sia patrimoniali, prevedendo al comma 1 che: Le persone alle quali sia stata applicata con provvedimento definitivo una misura di prevenzione non possono ottenere: (...) c) concessioni di costruzione, nonché di costruzione e gestione di opere riguardanti la pubblica amministrazione e concessioni di servizi pubblici; d) iscrizioni negli albi di appaltatori o di fornitori di opere, beni e servizi riguardanti la pubblica amministrazione e nell albo nazionale dei costruttori, nei registri della camera di commercio ( ), e precisando al comma 2 che il provvedimento definitivo di applicazione della misura di prevenzione determina ( ) il divieto di concludere contratti di appalto, di cottimo fiduciario, di fornitura di opere, beni o servizi riguardanti la pubblica amministrazione e relativi subcontratti, compresi i cottimi di qualsiasi tipo, i noli a caldo e le forniture con posa in opera. L attuale art. 67 del Codice antimafia circoscrive invece il perimetro degli effetti interdittivi alle sole misure di prevenzione personali applicate dall Autorità giudiziaria, stabilendo che: Le persone alle quali sia stata applicata con provvedimento definitivo una delle misure di prevenzione previste dal libro I, titolo I, capo II, non possono ottenere: (...). Nella relazione illustrativa del Codice antimafia, la ragione della formulazione dell art. 67 è stata individuata nella modifica apportata in materia di misure di prevenzione dal d.l. 23 maggio 2008, n. 92, il quale ha introdotto la possibilità di applicazione disgiunta della misura personale e di quella patrimoniale: possibilità che, fino a quel momento, non era consentita, dal momento che la misura di prevenzione patrimoniale poteva solo accompagnare o seguire quella di carattere personale. Come si ricava infatti dalla lettura della relazione, nel d.lgs. n. 159/2011 viene affrontata e risolta la questione - postasi successivamente all introduzione della facoltà di applicazione disgiunta delle misure di prevenzione personali e patrimoniali - degli effetti delle misure di 9

10 prevenzione patrimoniali ove applicate disgiuntamente dalle misure personali. Il tessuto normativo, infatti, sul quale è andata ad incidere la dirompente innovazione portata dal d.l. n. 92/08, era disegnato in termini di applicazione necessariamente congiunta delle due distinte tipologie di misure di prevenzione, di tal che non sarebbe stato possibile applicare una misura di prevenzione patrimoniale senza la previa o contemporanea applicazione anche della corrispondente misura personale. In applicazione del principio di delega relativo al coordinamento ed all armonizzazione delle disposizioni, si è reso, pertanto, necessario chiarire il tenore del previgente art. 10 della legge n. 575/65, il quale disciplina, per l appunto gli effetti delle misure di prevenzione, senza fornire alcuna precisazione in ordine al tipo di misure di prevenzione alle quali conseguano gli effetti ivi indicati. Pertanto, come precisato dalla relazione, dopo l innovazione dell applicazione disgiunta, tuttavia, appare logico limitare gli effetti in questione alla sola applicazione di misure di prevenzione personali, le uniche in relazione alle quali è ancora sempre prevista una valutazione dell attuale pericolosità sociale del soggetto proposto. Considerata la novità di non poco rilievo, ci si domanda dunque se ciò non comporti ulteriori problemi di coordinamento rispetto alla disciplina sulla documentazione antimafia. Indubbiamente, tale modifica sta a significare che le cause di decadenza, sospensione o divieto, di cui all art. 67 del d.lgs. n. 159/2011, poste alla base della comunicazione [art. 84, co. 2] e dell informazione antimafia [art. 84, co. 3], possono essere riferite unicamente alle misure di prevenzione personali; e, di conseguenza, che possono essere estromessi dalla gara o non ottenere l autorizzazione al subappalto le sole imprese il cui legale rappresentante o direttore tecnico sia stato ad esempio raggiunto da un provvedimento di sorveglianza speciale, ma non anche gli operatori economici interessati da un provvedimento di sequestro. Diversamente, le misure di prevenzione di carattere patrimoniale potrebbero acquisire rilevanza solamente ai fini dell informazione prefettizia, dal momento che, ai sensi dell art. 84, co. 4, del d.lgs. n. 159/2011, le situazioni relative ai tentativi di infiltrazione mafiosa, che danno luogo all adozione dell informazione antimafia interdittiva, sono desunte, senza alcuna distinzione, anche dalla proposta o dal provvedimento di applicazione di taluna delle misure di prevenzione : il che conduce alla conclusione che, in presenza di una misura di prevenzione patrimoniale, non è più possibile emettere una comunicazione interdittiva, rilevando tale provvedimento ai soli fini della informazione antimafia. Ciò comporterebbe peraltro un nuovo difetto di coordinamento con l art. 38, co. 1, lett. b), del Codice dei contratti che, come abbiamo visto in precedenza, rinvia alla originaria norma antimafia, vale a dire all art. 10 della legge n. 575/1965, che si intende oramai sostituito dall art. 67 del Codice antimafia: pertanto, anche a tal riguardo, appare necessario un chiarimento circa i provvedimenti interdittivi che assumono rilevanza ai fini delle autodichiarazioni rese dai concorrenti (e dai subappaltatori) e dei controlli che la stazione appaltante è tenuta ad effettuare sul loro contenuto. 10

11 I soggetti da sottoporre a verifica antimafia. Tra le novità del Libro II del Codice antimafia, compare indubbiamente un ampliamento delle categorie di soggetti da sottoporre a verifica [art. 85], rispetto all elencazione contenuta nella disciplina previgente; ma, anche sotto tale profilo, sono stati registrati problemi operativi nell applicazione della norma non solo da parte delle stazioni appaltanti, ma anche degli operatori economici, a causa delle difficoltà incontrate nella indicazione dei soggetti da sottoporre a verifica. Ci si riferisce in particolar modo all ipotesi delle società di capitali, per le quali l art. 85, co. 2, lett. c), del d.lgs. n. 159/2011 estende le verifiche anche al socio di maggioranza in caso di società con un numero di soci pari o inferiore a quattro, ovvero al socio in caso di società con socio unico. La norma presenta infatti un difetto di coordinamento rispetto all art. 38, co. 1, lett. b), del Codice dei contratti, il quale dispone parallelamente che sono esclusi dalla gara i concorrenti c) nei cui confronti è pendente procedimento per l applicazione di una delle misure di prevenzione di cui all art. 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1424, o di una delle cause ostative previste dall'articolo 10 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e che l esclusione e il divieto operano se la pendenza del procedimento riguarda il titolare o il direttore tecnico, se si tratta di impresa individuale; i soci o il direttore tecnico se si tratta di società in nome collettivo, i soci accomandatari o il direttore tecnico se si tratta di società in accomandita semplice, gli amministratori muniti di poteri di rappresentanza o il direttore tecnico o il socio unico persona fisica, ovvero il socio di maggioranza in caso di società con meno di quattro soci, se si tratta di altro tipo di società. Nel Codice dei contratti, è stato dunque opportunamente specificato che, per le società di capitali, la dichiarazione sulla inesistenza di procedimenti pendenti per l applicazione di una misura di prevenzione deve essere resa dal socio unico persona fisica: locuzione che, come ulteriormente chiarito dall Autorità per la Vigilanza nella determinazione n. 1 del 16 maggio 2012, deve riferirsi anche al socio di maggioranza, nella diversa ipotesi di società con meno di quattro soci. Non a caso, la modifica apportata all art. 38, co. 1, lett. b), del Codice dei contratti ha avuto origine proprio dalla necessità di evitare la formazione di una interminabile filiera di soggetti da sottoporre a verifica e quindi l avvio di controlli superflui e, soprattutto, irragionevoli: uno scenario che, invece, il Codice antimafia si presta nuovamente a riaprire, non avendo inserito il riferimento al socio persona fisica all interno dell art. 85, co. 1, lett. c). Non è difatti infrequente il caso che un operatore economico abbia un socio di maggioranza rappresentato da una holding oppure, ancora, si avvalga dei requisiti di una multinazionale: in termini numerici, si tratta di ipotesi che possono comportare centinaia di controlli che, in realtà, si traducono in meri atti formalistici, ben lontani dall intento originario di perseguire la lotta alla mafia. La paralisi dei procedimenti risulta poi garantita soprattutto laddove si consideri che, per i contratti di importo superiore alla soglia comunitaria e per i subappalti di importo superiore 11

12 a 150 mila euro, i controlli debbono essere disposti anche nei confronti dei familiari conviventi dei soggetti da sottoporre a verifica, poiché l art. 85, co. 3, del d.lgs. n. 159/2011, nel riprodurre una disposizione analoga a quella già contenuta nell Allegato 4 del d.l. 8 agosto 1994, n. 490, conferma che: L informazione antimafia, oltre che ai soggetti di cui ai commi 1 e 2, deve riferirsi anche ai familiari conviventi. Sennonché, dato l ampliamento dell elenco dei soggetti da verificare, e quindi il consecutivo moltiplicarsi del numero dei familiari conviventi rientranti nei controlli, la disposizione sembra sottovalutare un aspetto non irrilevante, quale quello rappresentato dalla tutela della privacy: un esigenza particolarmente avvertita dai numerosi soggetti residenti all estero che, spesso, si trovano a rivestire ruoli di direttore tecnico, di socio o di amministratore delegato, e che legittimamente manifestano il proprio dissenso a fornire le generalità dei propri familiari, ai fini dei controlli antimafia. I protocolli di legalità. Infine, restano sempre attuali i profili di contrasto tra il contenuto dei protocolli di legalità e la disciplina antimafia. Come noto, mediante la sottoscrizione dei protocolli, le Amministrazioni assumono l obbligo di inserire nei bandi di gara, quale condizione per la partecipazione alle procedure, l accettazione preventiva da parte degli operatori economici di determinate clausole che hanno come scopo la prevenzione, il controllo e il contrasto dei tentativi di infiltrazione mafiosa. In alcuni casi, tuttavia, tali cautele aggiuntive si traducono in condizioni di accesso alle gare maggiormente restrittive rispetto a quelle fissate dalla legge o, addirittura, in ipotesi di risoluzione contrattuale extra legem che scattano al verificarsi di violazioni di obblighi o di mancati adempimenti imposti dagli stessi protocolli. In un primo tempo, anche l Autorità per la Vigilanza aveva dubitato del fatto che, in forza del principio di tassatività della cause di esclusione, tali strumenti potessero essere presi in considerazione nella definizione dei bandi-tipo, evidenziando che la possibilità di condizionare la partecipazione alla gara all accettazione dei protocolli non potesse avere un fondamento unilaterale, e che non potesse pertanto essere esclusa l impresa che non lo avesse accettato. Sennonché, nella versione finale della deliberazione n. 4 del 10 ottobre 2012 contenente le linee-guida per la redazione dei bandi-tipo, la stessa Autorità ha fornito una soluzione opposta, in ciò sostenuta successivamente anche dall art. 1, co. 17, della legge anticorruzione (legge n. 190/2012), in base al quale il legislatore ha affermato in via definitiva che: Le stazioni appaltanti possono prevedere negli avvisi, bandi di gara o lettere di invito che il mancato rispetto delle clausole contenute nei protocolli di legalità o nei patti di integrità costituisce causa di esclusione dalla gara. 12

13 Con tale ultimo intervento normativo, sembra dunque che il contrasto abbia avuto una risoluzione definitiva, anche se da un solo punto di vista formalistico; resta però la difficoltà delle stazioni appaltanti e delle imprese di riuscire a conciliare previsioni a volte discordanti che, seppur originate da un intento condivisibile, portano al blocco totale delle procedure di gare e dell esecuzione dei contratti. 13

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