Romolo, il fondatore dell Urbe

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1 Romani :07 Pagina 61 I PROTAGONISTI 61 Romolo, il fondatore dell Urbe La figura leggendaria di Romolo, inserita a sua volta nel più vasto epos di Enea e dei suoi discendenti, conferiva alla nascita e al destino di Roma una solida veste razionale, che dava opportuna spiegazione a molti degli aspetti della complessa storia mitico-religiosa di Roma. Già gli storici romani ne riferiscono i particolari con molto scetticismo. Tuttavia qualcosa di vero, nel vasto complesso delle narrazioni fantastiche intorno al fondatore dell Urbe, nato dalla stirpe regale di Albalonga discendente da Iulo, cresciuto insieme al fratello da una lupa, divenuto re di Roma dopo il fratricidio e infine assunto tra gli dei con il nome di Quirino, deve esserci. Così, ad esempio, la cronologia tradizionale per la fondazione di Roma, fissata dagli antichi alla metà dell VIII secolo a.c., coincide con quanto ci viene restituito dalle scoperte archeologiche sul Palatino, i cui primi insediamenti di capanne risalgono proprio a quel periodo. In ogni caso, al di là dei dubbi sui particolari, gli antichi Romani consideravano molte delle imprese attribuite a Romolo dall istituzione del Senato all incontro-scontro con i Sabini, che portò al ratto delle donne della tribù vicina e infine, per intercessione delle stesse rapite, all alleanza tra le due stirpi come accertati fatti storici, a cui far risalire le basi delle propria identità nazionale. E, dal nome assunto da Romolo come dio, portavano con orgoglio il nome collettivo riservato ai soli cittadini romani di antica origine di Quiriti. Il papà di Romolo Questa statua di Marte, dio della guerra, fa parte di un gruppo marmoreo di età adrianea ( d.c.). ASCENDENZE ILLUSTRI Romolo e Remo erano ritenuti figli di Marte, il dio della guerra, e, come discendenti dalla casa reale di Albalonga, vantavano la discendenza da Iulo, figlio di Enea, e tramite lui dalla dea Venere. La gens Iulia, che pretendeva di discendere anch essa dai re di Albalonga, coltivava con particolare cura le leggende di Enea e di Romolo, entrambi considerati come progenitori ed entrambi celebrati da Cesare e da Augusto con l erezione di un tempio a Venere genitrice e di statue nel Foro. L eroe ferito Affresco di Ercolano che raffigura Enea ferito. Gli è accanto il figlio Ascanio, fondatore di Albalonga e capostipite della gens Iulia. L ultima fatica di Enea Con il duello tra Enea e Turno, re dei Rutuli, si conclude l Eneide, il poema di Virgilio dedicato all eroe troiano. Dopo aver sconfitto il rivale, promesso sposo di Lavinia, figlia del re Latino, Enea potrà sposare la fanciulla e divenire il successore designato del regno laziale. A fianco, Enea vince Turno, particolare di un dipinto di Luca Giordano ( ).

2 Romani :08 Pagina I PROTAGONISTI I PADRI DELLA PATRIA: CAMILLO E SCIPIONE Un protagonista dai contorni ancora semileggendari e un generale, uomo politico e intellettuale ormai pienamente illuminato dalla luce della storia: questi i due padri della patria della Roma repubblicana. La figura di Camillo è fissata nella storia nella teatrale posa tramandata dall agiografia latina, mentre irrompe tempestoso sulla scena del pagamento del tributo romano a Brenno, re dei Galli devastatori dell Urbe, proclamando sprezzante: «Non auro sed ferro recuperanda est patria» («Non con l oro ma con il ferro delle armi si salva la patria»). La sua iniziativa risollevò l orgoglio quirite, galvanizzò le sconfitte legioni romane, le portò alla vittoria contro gli invasori e fece di lui il riconosciuto secondo fondatore di Roma. Tuttavia il personaggio che sta dietro a questa stereotipata, e forse non del tutto veritiera, immagine era molto più complesso. Camillo fu un abile L influsso della Grecia L epoca di Scipione fu caratterizzata dalla scoperta del mondo greco, della sua cultura e delle sue opere d arte. L ala più conservatrice del Senato, capeggiata da Catone, considerava questa contaminazione un potenziale pericolo per l integrità dei costumi romani. A fianco, Afrodite al bagno, copia romana da un originale greco (III sec. a.c.). La conquista di Veio Posta sulla riva occidentale del Tevere, a soli 20 chilometri da Roma, Veio era una delle principali città etrusche. Furio Camillo la espugnò con uno stratagemma: fece scavare una galleria sotto le mura, permettendo a un gruppo di soldati di penetrare in città e di aprire le porte all esercito romano. Sopra, testa di fanciullo in terracotta proveniente da Veio (V sec. a.c.). Il carisma di un leader Pur senza rivestire particolari magistrature, Scipione l Africano (a fianco) ebbe a Roma un influenza pari a quella di un re, tanto da lasciare intravedere l insufficienza delle strutture repubblicane a resistere a forti personalità politiche.

3 Romani :09 Pagina 63 I PROTAGONISTI 63 uomo politico, capace di ottenere per ben sei volte l imperium consolare, un generale astuto e deciso, che guidò Roma alla prima vittoria decisiva contro una grande città etrusca, Veio, e una figura carismatica in grado di sedare un conflitto con la sola maestà della sua presenza. Ma fu anche uomo chiacchierato e discusso, di cui si diceva che avesse intascato ampia parte dell immenso bottino del saccheggio di Veio e che avesse osato paragonarsi a Giove Ottimo Massimo, la divinità suprema del pantheon romano: accuse che gli meritarono la pena dell esilio, da cui solo l emergenza dell invasione gallica lo trasse. Tuttavia i suoi meriti sorpassarono nella memoria romana i suoi eventuali peccati, se è vero che gli fu innalzata (evento straordinario per l epoca) una statua nel Foro e che la sua figura fu equiparata, nella considerazione dei cittadini, a quella di Romolo. Generale innovatore e intellettuale grecizzato Con l esclusione di Giulio Cesare, genio supremo in guerra come nella politica e nella letteratura, Publio Cornelio Scipione fu il più grande generale di Roma. Seppe prendere in mano le legioni demoralizzate dalle dure sconfitte inflitte da un altro fuoriclasse dell arte della guerra, il cartaginese Annibale, e portarle alla vittoria su vari fronti. La decisiva battaglia di Zama (202 a.c.), che pose fine alla seconda guerra punica, valse a Scipione il soprannome di Africano, con cui passò alla storia. Ma questo personaggio non eccelse solo in guerra: fu anche un grande aristocratico, orgoglioso esponente di una famiglia intorno a cui gravitava tutta la politica romana, e un intellettuale di vasta e vigorosa preparazione, che introdusse a Roma le idee, la lingua e la cultura del mondo greco. Da questa politica, destinata a diventare tradizionale per la sua famiglia, nacque la civiltà classica come noi la conosciamo, Scena di saccheggio Rilievo di un urna raffigurante il saccheggio di un tempio da parte di guerrieri galli (IV sec. a.c.). fusione di pensiero greco e di pragmatismo romano. Ma il filoellenismo di Scipione gli attirò le ire dell ala tradizionalista del Senato, che scatenò contro il grande generale una tambureggiante campagna di accuse che ne infangavano la figura e mettevano in dubbio la sua correttezza, costringendolo ad affrontare un processo pubblico. Sdegnato e amareggiato, il vincitore di Annibale si ritirò nella propria villa di Literno, in Campania, dove risiedette fino alla morte. L ultima dimora Il sarcofago più antico della tomba degli Scipioni (a fianco) appartiene a Lucio Scipione Barbato. IL SEPOLCRO DEGLI SCIPIONI Lungo la Via Appia, poco prima di Porta San Sebastiano, è conservata la tomba familiare degli Scipioni, mantenutasi quasi integra grazie all immensa fama della famiglia, che ne fece un monumento famoso e visitato già nell antichità. La gens Cornelia, cui appartenevano gli Scipioni, era l unica tra le grandi famiglie romane a praticare l inumazione invece della cremazione. Si sono così conservati numerosi sarcofagi, sistemati in loculi scavati nel tufo, le cui interessanti iscrizioni gettano una commovente luce di umanità sugli esponenti della grande dinastia. Celebre l epitaffio su uno di questi sarcofagi, tra i più semplici: «Questa pietra racchiude saggezza e molte virtù e una vita breve. Per conseguire i più grandi onori mancò a colui che qui riposa la vita, non il valore».

4 Romani :10 Pagina I PROTAGONISTI I GRACCHI, MARIO E SILLA Mentre si espandeva all esterno, arrivando a dominare tutto il bacino del Mediterraneo, Roma fu travagliata da sempre più feroci contrasti interni, in parte derivanti proprio dai grandi cambiamenti provocati dalle conquiste. Questo scenario turbolento fu il campo d azione di vari personaggi i Gracchi, Caio Mario, Lucio Cornelio Silla che a turno tentarono di imporre alla società romana, oltre che il proprio dominio, la visione della vita di cui erano portatori. Aristocratici rivoluzionari Tiberio Sempronio Gracco e suo fratello Caio provenivano da una delle grandi famiglie aristocratiche dell Urbe. La loro madre, Cornelia, era figlia di Scipione l Africano. I loro precettori (scelti dalla Esercito personale Mario e Silla disponevano di un vero e proprio esercito personale, che foraggiavano con i proventi delle campagne militari. Sopra, bassorilievo raffigurante due legionari all attacco. Lo sfruttamento dell ager publicus L ager publicus, costituito dalle terre confiscate ai popoli vinti, era destinato in parte al pascolo e in parte all agricoltura. Nella foto, mosaico con scene campestri proveniente da Cesarea.

5 Romani :10 Pagina 65 I PROTAGONISTI 65 madre, perché il padre era morto quando i due fratelli erano ancora piccoli) erano due tra i più celebri intellettuali greci dell epoca, l oratore Diofane di Mitilene e il filosofo Blessio di Cuma. Ma i privilegi non nascosero ai loro occhi i difetti della società in cui vivevano. Il problema maggiore era la progressiva scomparsa della classe dei piccoli proprietari terrieri, spina dorsale dell esercito, falcidiata dalle continue guerre e schiacciata dalla concorrenza dei latifondi coltivati con manodopera servile. Questa situazione spinse Tiberio Gracco a candidarsi, nel 133 a.c., al tribunato della plebe e, una volta eletto, a presentare un incisiva legge di riforma agraria che prevedeva la distribuzione ai cittadini meno abbienti di lotti dell ager publicus, cioè dell immenso patrimonio fondiario dello Stato, fino a quel momento affittato a poco prezzo ai membri delle grandi famiglie senatorie. La legge fu ostacolata in ogni modo dai ceti conservatori, che alla fine organizzarono l uccisione stessa di Tiberio. Dieci anni dopo, il fratello Caio riprese la lotta, candidandosi anch egli al tribunato, ripresentando le leggi agrarie e conducendo lo scontro con una durezza e una spregiudicatezza che Tiberio non aveva avuto. Ma il risultato fu analogo, e portò alla A favore delle classi meno abbienti Caio Gracco non si preoccupò soltanto della riforma agraria. Promulgò, tra le altre, una legge frumentaria, che istituiva la vendita mensile di frumento ai poveri a un prezzo politico, e una legge militare, che imponeva allo Stato di fornire gratuitamente l intero equipaggiamento ai soldati. Sopra, un cippo con le leggi dei Gracchi (II sec. a.c.). morte anche del secondo Gracco, che preferì suicidarsi piuttosto che arrendersi ai suoi avversari. Tuttavia il problema restava, e la strada dei Gracchi sarebbe stata battuta in futuro da altri grandi uomini politici, come Mario e Cesare. L esercito come leva per il potere politico All inizio del I secolo a.c. l uso della violenza era ormai stabilmente entrato nella lotta politica romana. Era solo questione di tempo prima che allo scopo venisse usato lo strumento più devastante, l esercito. Il passo fu attuato da Caio Mario, un abilissimo generale proveniente da Arpino, nel Lazio. Dal momento che per colmare i ranghi delle sue legioni non era sufficiente l afflusso sempre più ridotto di piccoli proprietari terrieri, egli aprì le porte dell esercito ai cittadini capite censi, cioè nullatenenti, attirati sotto le armi Il corredo del legionario Questo elmo bronzeo di età tardo-repubblicana reca un inscrizione con i nomi di due legionari e delle rispettive centurie. dalle prospettive di carriera e bottino. Questo nuovo esercito, riorganizzato anche nella struttura e nelle tattiche, si rivelò invincibile: ma era una forza fedele non più alla Repubblica, bensì al generale, da cui dipendeva per il suo sostentamento durante il servizio e per l assegnazione di terre al momento del congedo. E Mario infatti la usò per combattere i suoi avversari politici del ceto aristocratico, guidando per la prima volta legioni romane contro lo Stato. A sua volta Lucio Cornelio Silla, luogotenente di Mario divenuto suo acerrimo avversario ed esponente del partito aristocratico, impiegò le truppe arruolate per le campagne in Oriente come strumento per abbattere i seguaci di Mario e conquistare il dominio su Roma, sancito dalla sua nomina a dittatore. La democrazia romana era ormai agli sgoccioli. E Giulio Cesare, nipote di Mario, ne avrebbe tratto le conseguenze. Il trionfo di Silla Questo denario di Silla raffigura probabilmente il dittatore stesso in trionfo su una quadriga. Diventato l unico padrone di Roma, Silla stilò le famigerate liste di proscrizione, mandando a morte migliaia di avversari politici. «COMBATTONO E MUOIONO PER LA RICCHEZZA DI POCHI» Le tristi condizioni delle classi povere di Roma sono efficacemente descritte in questo passo di un discorso di Tiberio Gracco, riportato (e forse abbellito) da Plutarco: «Le fiere che sono in Italia hanno le tane e ciascuna di esse ha un proprio giaciglio e un proprio rifugio; mentre, a coloro che combattono e muoiono per l Italia, non è concesso nulla se non l aria e la luce, sono senza casa né ricovero e vengono costretti a vagabondare con i figli e con le mogli combattono e muoiono per la ricchezza di pochi».

6 Romani :00 Pagina I PROTAGONISTI I FONDATORI DELL IMPERO: CESARE E AUGUSTO Intorno alla metà del I secolo a.c. la Repubblica agonizzava tra scontri di fazioni, crisi sociale e ambizioni personali. Emerse allora uno dei più grandi uomini della storia, Caio Giulio Cesare, che abbozzò le linee della nuova struttura destinata a reggere la società romana per i secoli successivi: il Principato, a cui il nipote ed erede di Cesare, Ottaviano Augusto, diede consistenza, solidità e radicamento. Caio Giulio Cesare, uomo di sovrana ironia e di aristocratico buon gusto, avrebbe probabilmente arricciato il naso allorché il suo erede adottivo, Caio Giulio Cesare Ottaviano Augusto, si fregiò del titolo di Divi filius, figlio di un dio, asceso al cielo dopo l uccisione a opera di Bruto e degli altri congiurati. Tuttavia riuscì a fare tante, ben riuscite e spesso impossibili cose nel corso della sua vita (100 al 44 a.c.) da rendere verosimile la sua origine divina. Nato da una schiatta che faceva risalire le sue origini ai re di Albalonga, e tramite essi a Enea e alla dea Afrodite, ma impoveritasi nel tempo, riuscì poco alla volta, con genio e volontà, a far girare intorno a sé l intera storia del mondo. Gaudente dalle mani bucate, donnaiolo impenitente, aristocratico raffinato e perfino schizzinoso, seppe essere soldato coraggiosissimo, generale ispirato e geniale, scrittore di razza, uomo politico di abilità suprema, spregiudicato e al tempo stesso concreto. Fu pontefice massimo, conquistò la Gallia, sbarcò in Britannia, travolse in una guerra civile Pompeo, considerato condottiero insuperabile, impresse in pochi anni il suo sigillo in ogni campo, Le idi di Marzo Cesare fu ucciso il 15 marzo del 44 a.c. da 23 pugnalate, di cui una sola mortale. Il dittatore cadde riverso ai piedi della statua di Pompeo, all interno della curia fatta costruire proprio dal suo nemico di un tempo. L episodio è rievocato in questo dipinto di Vincenzo Camuccini ( ). L aspetto di Cesare Ecco il lato umano di Cesare secondo Svetonio: «Si dice che fosse di alta statura, di carnagione chiara, ben proporzionato e di fibra robusta Non sopportava di essere calvo, soprattutto perché si era accorto che suscitava le canzonature dei suoi avversari». Privilegio imperiale Questo denario con il ritratto di Giulio Cesare fu la prima moneta romana con l effigie di una persona vivente.

7 Romani :11 Pagina 67 I PROTAGONISTI 67 Ricostruzione del tempio di Marte Ultore Al centro del Foro di Augusto sorgeva il tempio di Marte Ultore ( Vendicatore ), nel quale si riuniva il Senato per decidere della pace e della guerra e per accogliere le legazioni straniere che venivano a Roma a fare atto di sottomissione o a sottoscrivere alleanze. dall urbanistica alla riforma del calendario. Per abbatterlo fu necessario il pugnale dell uomo che amava come un figlio (e forse lo era), Bruto. Ma la sua opera aveva ormai indicato la strada da percorrere: la sostituzione della Repubblica, con le sue magistrature dalla durata annuale, incapaci di governare un complesso più vasto dell Europa attuale, con un potere imperiale in grado di progettare e portare a termine disegni coerenti e di ampio respiro. Il timido autocrate Quando il prozio Cesare, che in mancanza di discendenti diretti lo aveva nominato suo figlio adottivo ed erede, cadde sotto i pugnali dei congiurati, Gaio Ottavio ora Caio Giulio Cesare Ottaviano aveva solo diciotto anni, una salute cagionevole e un aspetto timido e fragile. Sembrava, nonostante l adozione prestigiosa, il meno dotato e importante dei tre uomini (lui stesso, Marco Antonio La moglie di Augusto Testa in basalto di Livia, terza moglie di Augusto, che svolse un ruolo di primo piano sia accanto al marito, sia accanto al figlio, l imperatore Tiberio, dal quale fu divinizzata dopo la morte (29 d.c.). UNA ROMA TUTTA NUOVA Augusto esercitò un enorme influsso non solo sulla politica ma anche sull architettura di Roma. Fece erigere molti monumenti pubblici e religiosi, aprì piazze, innalzò teatri e le prime terme stabili della capitale: tutti interventi improntati a un classicismo elegante e severo che era il marchio di fabbrica dell architettura imperiale. Anche i materiali di costruzione cambiarono: al travertino, al tufo e alla terracotta si sostituì il raffinato marmo apuano (o lunense, come si diceva allora, perché estratto vicino alla città di Luni). ed Emilio Lepido) che si spartirono il potere. Eppure riuscì a emergere come trionfatore finale, sconfiggendo ad Azio, nel 31 a.c., la flotta di Antonio e della regina d Egitto Cleopatra. Da quel momento comincia la storia imperiale romana. Ottaviano dettò infatti le basi della struttura politica destinata a governare il mondo mediterraneo per mezzo millennio: un autocrazia fortemente basata sul potere militare ed esaltata dalla divinizzazione del principe. Fu lui a creare molte delle realtà che poi avrebbero condizionato le epoche successive: il corpo dei pretoriani, guardia del corpo del sovrano; l esercito permanente, totalmente di mestiere; una burocrazia basata su liberti, in sostituzione di quella di nomina senatoriale; l utilizzo sistematico delle arti come strumenti di esaltazione e legittimazione del potere. Diede ossa e muscoli all improvvisazione di Cesare. Non c è dubbio che il titolo di Augusto, l accresciuto (ma noi diremmo forse il sommo, il grande) sia stato ampiamente meritato. In corazza da guerra Pur non mostrando una particolare attitudine per l arte della guerra, Augusto, qui raffigurato nelle vesti di comandante, introdusse importanti riforme in campo militare: tra queste l istituzione di un esercito permanente, il cui assetto rimase invariato fino alla meta del III secolo d.c.

8 Romani :13 Pagina I PROTAGONISTI LA VERTIGINE DEL POTERE: MESSALINA E NERONE La parabola della dinastia giulio-claudia segue un andamento destinato a diventare quasi rituale per le grandi famiglie imperiali romane: un regime illuminato e tollerante, via via sostituito da un autocrazia sempre più sfrenata nei giochi di potere e nei comportamenti privati, fino a provocare la reazione dell esercito. Valeria Messalina divenne, giovanissima, la terza moglie di Claudio, quarto imperatore della dinastia giulio-claudia. Bellissima, intelligente e audace, aveva un immenso ascendente sull anziano e timido consorte, che non sapeva negarle nulla. Messalina ne approfittò largamente, perseguitando cittadini innocenti al solo scopo di impadronirsi delle loro ricchezze e intrecciando relazioni amorose sempre più sfrenate e sfacciatamente esibite, fino a un matrimonio-farsa con un giovane, Gaio Silio, la cui unica qualità evidente era di essere «l uomo più bello dell Impero». Fu la goccia che fece traboccare il vaso e spinse l imperatore a reagire, ordinando l uccisione della moglie e del suo amante. Messalina fu sostituita da un altra moglie giovanissima, Agrippina, che non le fu certo da meno né come protagonista di scandali né come orditrice di intrighi politici: anzi, arrivò ad avvelenare il maturo consorte per spianare l ascesa al trono del figlio prediletto, Nerone. E tuttavia fu Messalina a passare alla storia come archetipo dell imperatrice scandalosa e dissoluta. Parenti serpenti Agrippina Minore (sopra), quarta moglie di Claudio, si sbarazzò del marito ricorrendo all arma usuale negli intrighi di corte, il veleno. Quindi pose sul trono il figlio Nerone che, insofferente alla sua tutela, la fece uccidere da un sicario. I figli di Messalina Dal matrimonio tra Messalina e Claudio nacquero due figli, Ottavia e Britannico. La prima, sposa infelice di Nerone, sarà ingiustamente accusata di adulterio; il secondo perderà la vita nel primo di una serie di efferati delitti ordinati da Nerone. A fianco, Messalina e Britannico. Testa di Nerone Testa in bronzo di Nerone proveniente dalla Cilicia (I sec. d.c.). L imperatore era eccentrico anche nel taglio dei capelli, che portava più lunghi del normale e a volte con boccoli inanellati dal taglio scalato.

9 Romani :17 Pagina 69 I PROTAGONISTI 69 Il martirio di Pietro e Paolo Pietro e Paolo, qui raffigurati in un affresco delle catacombe di San Gennaro a Napoli, furono tra le vittime della spietata persecuzione di Nerone, anche se la data esatta e le modalità del martirio non sono facili da ricostruire. Alcune fonti parlano del 64 d.c. per Pietro, altre collocano ambedue i martiri nel 67; Tertulliano parla semplicemente di crocifissione per Pietro; scrittori più tardi narrano di crocifissione a testa in giù per il principe degli apostoli e di decapitazione per Paolo. Il dispotismo di un giovane viziato I primi anni di regno di Nerone (54-68 d.c.) furono caratterizzati da un governo equilibrato ed efficiente, sotto la direzione di due eccellenti collaboratori, il prefetto del pretorio Afranio Burro e il filosofo Lucio Anneo Seneca. Morto Burro nel 62 d.c. e ritiratosi a vita privata Seneca, la situazione peggiorò rapidamente, sia nella vita privata, con l esilio e poi l uccisione della prima moglie dell imperatore, Ottavia, sostituita da Poppea, sia nella sfera pubblica, dove acquistò triste fama il nuovo prefetto del pretorio, Tigellino. Si ebbero processi sommari, confische di beni, congiure vere o presunte stroncate nel sangue e una feroce persecuzione dei cristiani, Un imperatore stonato La musica, la poesia, il teatro erano le vere passioni di Nerone. Fin da ragazzo compose versi e da imperatore si esercitò fino allo sfinimento nel canto per il quale sembra fosse negato e nello studio della cetra, strumento che appare in questa scultura raffigurante Apollo citaredo. additati come colpevoli del disastroso incendio che nel 64 d.c. devastò un ampia parte di Roma. Sul piano militare le cose non andarono meglio, con scacchi in Armenia, rivolte in Britannia e una furiosa sollevazione ebraica in Palestina. Finché, nel 68 d.c., le legioni della Gallia e della Spagna si ribellarono. La rivolta di Giulio Vindice in Gallia venne repressa, ma quella di Sulpicio Galba e Salvio Otone nella Penisola Iberica ebbe successo. Nerone, abbandonato da tutti, si fece uccidere da uno schiavo. La gloriosa dinastia di Giulio Cesare, la prima a comandare sull Impero di Roma, era finita. LA GRANDE PERSECUZIONE Durante il regno di Nerone avvenne la prima grande persecuzione dei cristiani, minoranza non amata ma fino a quel momento ampiamente tollerata nell Impero. La ragione fu probabilmente contingente: Nerone, accusato (quasi certamente a torto) del catastrofico incendio del 64 d.c., aveva bisogno di trovare un capro espiatorio su cui riversare l accusa, e scelse questa setta piccola e disprezzata. La persecuzione fu di spietata e belluina crudeltà. I cristiani, secondo il racconto dello storico Tacito, «coperti di pelli ferine, vennero dilaniati dai cani e, al tramonto del sole, arsi vivi con le fiaccole notturne. Nerone offrì i suoi giardini per quello spettacolo, come se si trattasse di un gioco circense; e in abito da auriga si mescolava alla plebe oppure sedeva su un cocchio».

10 Romani :18 Pagina I PROTAGONISTI GLI IMPERATORI FILOSOFI: ADRIANO E MARCO AURELIO Equilibrati nell esercizio del potere, colti e amanti delle arti, delle lettere, della filosofia e al tempo stesso abili e talvolta spietati generali: gli imperatori scelti per adozione nel II secolo rappresentano il punto più alto della parabola imperiale romana. Alcune fonti storiche sostengono che Traiano ebbe molte esitazioni a nominare erede e successore il suo giovane congiunto Adriano, che aveva vedute assai diverse dalle sue in molti campi. Appena salito al trono, infatti, quest ultimo abbandonò le tre province orientali Assiria, Mesopotamia, Armenia che Traiano aveva annesso all Impero, facendogli raggiungere la sua massima estensione. Era una chiara manifestazione del suo desiderio di «mantenere la pace in tutto il mondo», abbandonando con grande disappunto di militari e mercanti la politica espansiva del predecessore. Per contro si dedicò a un inedita politica di viaggi lungo tutte le province dell immenso dominio romano, per conoscerne di prima mano problemi e possibilità e per risolvere sul posto, ove possibile, le questioni in sospeso: un attività che doveva trovare espressivo ricordo nella stupenda villa che l imperatore costruì presso Tivoli, dove fece riprodurre dai suoi architetti gli edifici che più lo avevano impressionato durante le sue peregrinazioni. Adriano era una personalità contraddittoria e complessa: amante della Grecia ma fiero sostenitore della superiorità romana, mecenate avveduto e curioso e al contempo Adriano, instancabile viaggiatore Dal 121 al 134 (con una breve interruzione nel 127 per tornare a Roma), Adriano, qui raffigurato in un busto marmoreo, viaggiò ininterrottamente per l Impero. Ovunque lasciò benefici, opere pubbliche, novità amministrative. Cronaca di guerra La Colonna Antonina fu eretta per ricordare le vittorie di Marco Aurelio sui Sarmati e i Marcomanni. Il suo lungo fregio spiraliforme inizia con il passaggio delle truppe romane sul Danubio e si dispiega in un crescendo di scene di battaglia, allocuzioni dell imperatore, distruzioni di case, esecuzioni di prigionieri e sottomissioni di barbari. generale sperimentato, conoscitore profondo della macchina burocratica dell Impero ma impaziente di ogni lungaggine, amante appassionato (etero e omosessuale: al suo favorito Antinoo eresse una splendida città lungo il Nilo) e verseggiatore non secondario. A lui dobbiamo una delle più toccanti e serene meditazioni poetiche sulla morte: «Animula vagula blandula, hospes comesque corporis, quae nunc abibis in loca» («Tenera anima vagabonda, ospite e compagna del corpo, in quali luoghi mai stai per andare»). Il suo regno non fu senza ombre, ma rappresenta comunque uno dei vertici della civiltà romana.

11 Romani :03 Pagina 71 I PROTAGONISTI 71 Marco Aurelio: un filosofo sul trono Il regno migliore di tutti i tempi : così passò alla storia l epoca di Marco Aurelio ( d.c.). Fu un imperatore colto, saggio, equilibrato e competente, che considerava la filosofia la propria professione e un ingrato compito il regnare. Eppure proprio in quel luminoso periodo molti storici vedono l inizio del declino dell Impero. Dopo cinquant anni di pace, alle frontiere esplosero gravissimi problemi, che minacciarono di polverizzare il confine orientale e quello danubiano e costrinsero l imperatore a una serie di estenuanti campagne militari. I legionari di rientro da una di queste campagne, quella contro i Parti, furono l involontario veicolo di un epidemia di peste che si diffuse in tutto l Impero. Questo flagello falciò secondo alcuni storici circa metà della popolazione, con conseguenze a catena: attività produttive in caduta libera, crollo delle entrate, mancanza di reclute per l esercito, terre abbandonate e incolte. E mentre le decimate legioni tentavano di tamponare le invasioni germaniche sul fronte danubiano, le truppe in Oriente si ribellarono proclamando imperatore il loro comandante Avidio Cassio. Quello che Marco Aurelio, morendo a Vienna nel marzo del 180, lasciò al successore era un impero squassato fin dalle fondamenta. Sacrificio agli dei Questo rilievo rappresenta Marco Aurelio che sacrifica davanti al tempio di Giove. Nonostante le professioni di tolleranza, l imperatore non fu tenero con i cristiani che si rifiutavano di rendere omaggio agli dei, atto che equivaleva a rinnegare lo Stato romano. I ricordi dell imperatore Marco Aurelio, qui raffigurato in un busto in oro, ci ha lasciato una preziosa eredità, i Ricordi, un opera letteraria in cui, accanto al racconto autobiografico, emerge il rigoroso codice morale al quale l imperatore cercò di attenersi per tutta la vita. L ETÀ DEI GRANDI MONUMENTI Adriano e Marco Aurelio ci hanno tramandato alcuni tra i più famosi monumenti della storia romana: la Villa Adriana di Tivoli, il mausoleo di Adriano a Roma (nucleo dell attuale Castel Sant Angelo), la statua equestre di Marco Aurelio (collocata poi da Michelangelo in piazza del Campidoglio), la Colonna Antonina (eretta anch essa da Marco Aurelio in onore del padre Antonino Pio) nell omonima piazza di Roma, di fronte a palazzo Chigi. Sono testimonianze dello splendido periodo vissuto nel corso del II secolo dall arte, e in particolare dall architettura di Roma, giunta ormai ai vertici della propria capacità tecnica e delle proprie possibilità espressive. Ponte e Castel Sant Angelo Nel 134 d.c. Adriano inaugurò un ponte sul Tevere, chiamato Elio, che congiungeva il suo mausoleo con la città di Roma. Quel ponte esiste ancora, seppur rimaneggiato, ed è chiamato Sant Angelo, lo stesso nome del castello costruito sulla struttura del mausoleo.

12 Romani :15 Pagina I PROTAGONISTI LA DIVISIONE DELL IMPERO: DIOCLEZIANO E COSTANTINO Per salvare l Impero dalla rovina, Diocleziano prese una decisione drastica: la divisione del suo immenso territorio in due tronconi. Il successore Costantino ne trasse le estreme conseguenze, togliendo a Roma il privilegio di capitale. La trasformazione impressa da Diocleziano alla struttura imperiale fu radicale. Per poter difendere efficacemente i confini e al tempo stesso affrontare le crisi esterne, Diocleziano associò al trono il fedele amico Massimiano, cui affidò il controllo dell Occidente, mentre lui si occupava dell Oriente. I due sovrani uniti riuscirono in breve tempo a ripristinare l ordine, spazzando le bande di fuorilegge (le bagaudae) che infestavano le province, mettendo a freno i pirati franchi e sassoni, rinsaldando le frontiere orientali. Subito dopo venne intrapresa una completa riorganizzazione della struttura dell Impero: un nuovo sistema di successione al trono, basato su eredi designati (cesari) che sarebbero a loro tempo succeduti ai sovrani titolari (augusti); un irrigidimento spietato delle classi e delle professioni, Un idea vincente Comprendendo che i domini di Roma erano troppo vasti per essere governati da un solo monarca, Diocleziano ripiegò sulla tetrarchia (dal greco governo di quattro ) ed ebbe ragione: con un imperatore pronto a intervenire in ogni angolo dell Impero le usurpazioni divennero pressoché impossibili. A fianco, particolare di un gruppo scultoreo raffigurante i tetrarchi. Il diadema imperiale Costantino indossa il diadema imperiale in questo particolare di un mosaico della chiesa di Santa Sofia a Istanbul, l antica Costantinopoli. Testa colossale di Costantino Alla morte di Diocleziano l Impero fu conteso da sei pretendenti: Massimiano, Massenzio, Licinio, Galerio, Massimino e Costantino, che dominava sulle provincie occidentali. Fu quest ultimo a prevalere, dopo la decisiva battaglia combattuta contro Massenzio al Ponte Milvio, presso Roma, il 28 ottobre del 312. LE PIETRE DELL IMPERATORE L uso di pietre preziose, che con i loro bagliori e riflessi multicolori circondavano di splendore la figura del sovrano, conobbe sotto l impero di Diocleziano un enorme diffusione. Con sottile ironia si diceva che l imperatore pretendeva intarsi di gemme persino nei calzari, cosa ritenuta infamante, degna di sovrani dissoluti come Eliogabalo. Sempre a Diocleziano, e alla sua pretesa vanità (che era in realtà un assai più politica volontà di esaltare la carica imperiale, ponendola fuori della portata delle persone comuni), veniva collegata l introduzione come simbolo distintivo del diadema, originariamente una semplice benda bianca che cingeva la fronte dei sovrani ellenistici, trasformata ora in prezioso ornamento d oro e di pietre preziose.

13 Romani :22 Pagina 73 I PROTAGONISTI 73 Tomba di un cristiano Questo frammento di lastra sepolcrale, databile tra la fine del III e l inizio del IV secolo, raffigura un celebre episodio del Nuovo Testamento: la moltiplicazione dei pani. che costringesse gli abitanti dell Impero a fornire tasse e prodotti allo Stato anche a scapito della loro libertà economica e civile; una totale riorganizzazione della difesa con la creazione di limites, cioè di confini fortificati, virtualmente impenetrabili, lungo tutto il perimetro imperiale; una lotta senza quartiere alla religione cristiana, considerata elemento di disgregazione della compagine statale. Se la cura imposta da Diocleziano non fu sufficiente a risolvere i problemi dell Impero, consentì almeno la sua sopravvivenza ancora per parecchi decenni. La resa al cristianesimo Il complicato sistema di successione messo a punto da Diocleziano non funzionò. Al ritiro dell imperatore si scatenò immediatamente la lotta tra i successori designati. Da questa emerse vincitore Costantino: un imperatore destinato a restare sul trono per ben un quarto di secolo e a introdurre nell Impero le modifiche che ne avrebbero connotato tutta la restante vita, proiettandosi anche nel lontano futuro. I cristiani, che avevano appoggiato Costantino, ricevettero nel 313 piena libertà di culto e un peso rapidamente crescente nell assetto statale. Roma venne abbandonata come capitale a favore di una nuova Roma eretta sul Bosforo, a cavallo tra Europa e Asia: Costantinopoli, in cui la corte imperiale si insediò nel 330 e che tramandò per oltre un millennio la tradizione imperiale romana. Sant Apollinare in Classe Edificata nel VI secolo, la basilica di Sant Apollinare in Classe, alle porte di Ravenna, presenta la tipica struttura delle prime chiese cristiane. Nella foto, la navata centrale e l abside. LA NASCITA DELLA BASILICA CRISTIANA Grazie alla libertà di culto concessa da Costantino, i cristiani ebbero la possibilità di erigere in piena tranquillità le loro chiese, fino a quel momento celate alla vista dei non adepti. Si pose perciò il problema di dare in breve tempo una forma canonica all edificio di culto: nacque così la basilica, una costruzione che mutuava il nome (e, in parte, la forma) dalle omonime realizzazioni pagane, che però svolgevano essenzialmente funzione di aule giudiziarie. La tipica basilica paleocristiana, quale si configurò ai tempi di Costantino, era un edificio rettangolare a tre (eccezionalmente a cinque) navate, con ingresso su uno dei lati corti e un esedra (o abside, come venne chiamata) sull altro lato corto. La copertura era semplicissima, a capriate, anziché con i sistemi voltati tipici delle costruzioni imperiali; un ampio quadriportico, riservato ai catecumeni, cioè alle persone non ancora battezzate, precedeva l edificio.

14 Romani :23 Pagina I PROTAGONISTI GIULIANO L APOSTATA E GALLA PLACIDIA Pur ancora forte ed esteso, l Impero era ormai entrato, nel IV secolo, nella sua fase di decadenza, che divenne irreversibile nel secolo successivo. Produsse tuttavia ancora grandi figure, come l imperatore Giuliano e la principessa imperiale Galla Placidia. L abiura di Giuliano Giuliano, qui raffigurato con la toga da filosofo greco e la corona da sacerdote pagano, fu educato nella fede cristiana, che abiurò dopo essere entrato a contatto con le tradizioni pagane e il misticismo neoplatonico. Per questo fu detto l Apostata. Giuliano, salito al trono per acclamazione delle legioni galliche nel 360 d.c., fu un imperatore all altezza dei grandi sovrani del II secolo, ai quali cercò di ispirare la propria opera: Traiano, Adriano e Marco Aurelio. Avviò una grandiosa riforma legislativa, fiscale ed economica dello Stato, che solo la brevità del suo regno gli impedì di condurre a termine. E tuttavia entrò nella storia quasi solo per il tentativo, da lui compiuto, di ripristinare l antica religione pagana, che gli valse l epiteto, con cui è universalmente conosciuto, di apostata. Tale tentativo Le basiliche pagane Questo pannello decorativo faceva parte della basilica annessa alla casa del console Giunio Basso, costruita nel IV secolo sulla sommità dell Esquilino a Roma. In tali luoghi s incontravano gli ultimi rappresentanti dell aristocrazia pagana dell Urbe. L imperatrice dei Romani Su questa moneta bizantina montata a ciondolo è impresso il profilo di Galla Placidia. si scontrò con la resistenza della parte orientale dell Impero, ormai profondamente cristianizzata. Ma avrebbe forse avuto successo, anche per l abilità con cui il sovrano mutuò, mettendole al servizio delle sue idee, varie caratteristiche della religione cristiana, come il sistema di elemosine e beneficenza, se Giuliano non avesse incontrato una repentina morte durante una campagna contro i Persiani, nel 363. Con lui scomparve l ultimo imperatore che tentò di riallacciarsi alla tradizione classica di Roma.

15 Romani :23 Pagina 75 I PROTAGONISTI 75 Una principessa nella bufera Galla Placidia, figlia del grande imperatore Teodosio, visse da involontaria protagonista gli anni del crollo dell Impero d Occidente. Nata intorno al 388, fu educata a Roma, dove si trovava nel 410, quando la città fu saccheggiata dai Goti di Alarico. Questi, abbandonando l Urbe devastata, portarono con sé come prigioniera la principessa. Per anni Galla Placidia seguì, ostaggio di lusso, le peregrinazioni dell orda barbarica, fino a quando il matrimonio con Ataulfo, cognato di Alarico, diede al tempo stesso pace ai due popoli Romani e Goti ferocemente contrapposti e alla giovane donna, avviando una fusione che si incarnò nel figlio avuto dalla coppia, battezzato Teodosio come il nonno. La morte a breve distanza di tempo del figlioletto e del marito (assassinato a tradimento), ne rifecero una prigioniera, L ULTIMA COSTRUZIONE ROMANA O LA PRIMA BIZANTINA? Il mausoleo di Galla Placidia a Ravenna (sopra) è una piccola costruzione a pianta cruciforme, dall esterno estremamente semplice e spoglio, in mattoni a vista. L interno, per contro, è un trionfo di colori e di fregi, resi ancora più suggestivi dalla luce che filtra dalle lastre di alabastro poste alle finestre: un contrasto che, in questa tarda architettura romana, anticipa con chiarezza e splendore i caratteri della futura architettura bizantina. che poté ritornare tra i Romani, alla corte di Ravenna, solo dopo un cospicuo riscatto in grano: unicamente, purtroppo, per maritarsi con l ambizioso generale Costanzo, nei confronti del quale nutriva una profonda repulsione. Dal matrimonio nacquero due figli, Onoria e il futuro imperatore Valentiniano III. Ma Galla Placidia ne gioì ben poco. Sempre più ritirata nel palazzo imperiale di Ravenna, trovò conforto nella fede cristiana e nelle letture religiose. Donna colta, intelligente e sensibile, fu travolta dai tempi, che fecero di lei una pedina sullo scacchiere politico. Eppure fu proprio la fragile principessa, pur sempre più concentrata nei problemi dello spirito, a difendere per quasi un quarto di secolo la dinastia, incarnata dal suo erede Valentiniano, mentre intorno il plurisecolare Impero crollava sotto le invasioni di Svevi, Vandali, Parti, Franchi, Unni. Morì a Roma nel 450, ultima esponente di un mondo alla fine. Il Cristo buon pastore Questo mosaico, posto sulla porta d ingresso del mausoleo di Galla Placidia, è un capolavoro dell arte antica. La prospettiva e i delicati colori creano l illusione che gli oggetti si perdano in una misteriosa lontananza, mentre su tutto domina, aureolato d oro, il volto di Cristo.

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