Referendum: Unimpresa, in mano a stranieri 30% debito pubblico italiano

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1 Referendum: Unimpresa, in mano a stranieri 30% debito pubblico italiano 4 dicembre 2016 Domani i conti del Paese sotto i riflettori dei mercati internazionali alla luce del voto di oggi sulla riforma costituzionale Ecco analisi dell associazione sulla ripartizione del debito del Paese per sottoscrittori: dimezzata in 12 mesi quota debito pubblico in mano a famiglie, raddoppiata fetta di Bankitalia. E in mano a soggetti stranieri oltre il 30% del debito pubblico italiano: su miliardi di titoli del Tesoro e altre forme di indebitamento statale, 743 miliardi sono sottoscritti da soggetti esteri. Fa capo alle famiglie il 5% del debito (115 miliardi), mentre le banche italiane hanno una fetta pari al 29% (661 miliardi) e le assicurazioni del nostro Paese al 21% (467 miliardi). Vale il 10% la quota di debito posseduta dalla Banca d Italia (236 miliardi), cresciuta sensibilmente nell ambito del piano di acquisti deliberato dalla Banca centrale europea. In particolare, la quota di Bankitalia è raddoppiata negli ultimi 12 mesi (aveva 142 miliardi un anno fa, pari al 6%), mentre si è contemporaneamente dimezzata quella delle famiglie (possedevano bot e btp per 219 miliardi, pari al 10%). E questo, secondo una analisi del Centro studi di Unimpresa, il quadro del debito pubblico italiano che domani sarà sotto i riflettori dei mercati finanziari internazionali alla luce del risultato del referendum costituzionale di oggi. Secondo l analisi dell associazione, basata su dati della Banca d Italia, ad agosto 2016 su 2.224,7 miliardi di debito, 743,1 miliardi (33,40% risultavano sottoscritti da soggetti stranieri, 115,9 miliardi (5,21%) dalle famiglie, 467,5

2 miliardi (21,02%) da assicurazioni e fondi d investimento del Paese, 661 miliardi (29,71%) da banche italiane e 236,9 miliardi (10,65%) dalla Banca d Italia. Ad agosto dello scorso anno, su 2.186,4 miliardi di debito pubblico complessivo, i soggetti esteri erano detentori di 754,8 (34,52%) miliardi di debito italiano, le famiglie italiane di 219,5 miliardi (10,04%), le assicurazioni e i fondi d investimento del Paese di 402,9 miliardi (18,43%), le banche italiane di 666,2 miliardi (30,47%), la Banca d Italia di 142,8 miliardi (6,53%). Il quadro della ripartizione del debito per sottoscrittori è rimasto stabile per la quasi totalità nell ultimo anno: non risultano variazioni significative per quanto riguarda gli investitori stranieri, le assicurazioni e i fondi pensione italiani oltre che per le banche del Paese. Si registrano, tuttavia, due novità. Innanzitutto, è raddoppiata la quota di debito in mano a Bankitalia, che ha incrementato gli acquisti di obbligazioni emesse dal Tesoro nell ambito del piano varato dalla Banca centrale europea: ad agosto 2015 l istituto di Via Nazionale aveva 142,8 miliardi, pari al 6,53%; dopo un anno l ammontare dei titoli italiani era salito a 236,9 miliardi pari al 10,65%. In direzione opposta, invece, l andamento dei titoli detenuti nei portafogli delle famiglie: ad agosto 2015 la clientela retail aveva 219,5 miliardi pari al 10,04% e dopo un anno quasi la metà ovvero 115,9 miliardi, pari al 5,21%.

3 Crisi: Unimpresa, su tasse e debito pubblico Italia supera Europa e Usa Nel nostro Paese il prelievo erariale è sistematicamente oltre la media europea. In Italia pressione fiscale al 43,8% del pil, in Germania al 39,6%, in Gran Bretagna al 34,8% e negli Stati Uniti al 26,4%. Ma il giro di vite fiscale e le casse statali gonfie non hanno contenuto l allargamento del buco nel bilancio dello Stato. Lo studio dell associazione sul confronto internazionale tra tributi versati dai contribuenti e conti pubblici. Il vicepresidente di Unimpresa, Claudio Pucci: Le tasse extralarge sono il principale ostacolo alla crescita economica. Bene il governo con la cancellazione dell Irap sul costo lavoro, ma non basta. Nei prossimi giorni un documento al governo con le proposte per le pmi: via l Irap e via gli studi di settore, flat tax. Meno tasse sulle persone fisiche con due sole aliquote al 25% e al 37% (e no tax area fino a 10mila euro). Più tasse e più soldi nelle casse statali che non si sono tradotti, per l Italia, in un miglioramento dei conti pubblici. Negli ultimi 10 anni, i contribuenti del nostro Paese hanno visto crescere enormemente il peso delle tasse senza riscontrare un andamento virtuoso delle finanze pubbliche: la pressione fiscale era al 39,1% del prodotto interno lordo nel 2005 ed è progressivamente salita fino ad attestarsi al 43,5% nel 2015; e contemporaneamente sono aumenti gli incassi per lo Stato, passati dal 42,5% del pil al 47,6%; un incremento di balzelli ed entrate a cui non ha fatto

4 seguito un contenimento del debito, schizzato al 132,7% del pil nel 2015 rispetto al 101,9% del Impietoso il confronto con altri paesi: in Germania la pressione fiscale è passata dal 38,4% al 39,6% del pil, il debito pubblico dal 66,9% al 71,2%; nella media dell area euro il peso delle tasse è passato dal 39,4% al 41,%; il debito degli Stati dal 62,1% all 83,3%; in Gran Bretagna, il fisco è salito dal 35,7% al 34,8% e il rosso nei conti dello Stato dal 41,5% all 89,2%; negli Stati Uniti, il prelievo fiscale è rimasto sostanzialmente invariato, dal 26,3% al 26,4% con il debito salito dal 66,9% al 113,6% del pil Usa. E quanto emerge da una analisi del Centro studi di Unimpresa secondo cui in Italia si registra il livello più alto sia per le imposte sui consumi (Iva), con un aliquota massima al 22%; sia per le imposte personali sul reddito (Irpef), con un aliquota massima al 48,9%; sia per le imposte sul reddito delle società (Ires), con un aliquota massima al 31,4%. Secondo lo studio di Unimpresa Pressione fiscale e conti pubblici nel confronto internazionale, che contiene elaborazioni di dati della Banca d Italia, in Italia il giro di vite fiscale e le casse statali gonfie non hanno contenuto l allargamento del buco nel bilancio dello Stato. Nel 2005 la pressione fiscale era al 39,1%: da quel momento la corsa all insù non si è mai fermata con il picco massimo al 43,6% raggiunto nel triennio ; lo scorso anno una lieve flessione al 43,5%. Una analoga impennata è quelle registrata sul versante delle entrate che 10 anni fa erano al 42,5% del pil e nel 2014 hanno raggiunto il livello più alto al 47,7% per poi ridursi dello 0,1% al 47,6% nel L anno scorso, invece, è stato toccato il record del periodo sotto esame sul versante del rapporto tra debito e pil: 132,7%; nel 2005 la percentuale si attestava al 101,9% ed è poi scesa solo nel 2007, quando si è fermata al 99,9%. Un livello altamente superiore alla media registrata in Europa (sia nell area euro sia tra i paesi che non adottano la moneta unica) e anche negli Stati Uniti d America. Nella media dell area euro

5 (esclusa l Italia) il rapporto tra debito e pil si è attestato all 83,3% nel 2015, quando la pressione fiscale era al 41% e le entrate pubbliche al 46,3%; nel 2005, il rapporto tra debito e pil era ad appena il 62,1%, il prelievo tributario al 39,4% e gli incassi statali al 44,3%. Impietoso il paragone con i paesi anglosassoni;ì: in Gran Bretagna, lo scorso anno il peso delle tasse era al 34,8%, le entrate al 38,8% e il debito all 89,2%; negli Usa, 26,4% di tasse (2014), 33,1% di entrate (2014) e 111,7% di debito (2015). Anche limitando l analisi ai paesi dell area euro e più vicini, il confronto vede l Italia in cima alla classifica per il maggior peso tributario: in Germania lo scorso anno le tasse erano al 39,6% del pil, le entrate al 44,6% e il debito al 71,2%; solo la Francia è più vicina ai nostri valori: il prelievo fiscale dei contribuenti transalpini si attesta al 47,8% (più alto dell Italia) e le entrate al 53,2%, ma l aggravio tiene il debito al 95,8% del pil. PUCCI: TASSE EXTRALARGE PRINCICPALE OSTACOLO ALLA CRESCITA ECONOMICA La pressione fiscale è il principale ostacolo alla crescita economica del nostro Paese commenta il vbicepresidente di Unimpresa con delega al fisco e ai bilanci, Claudio Pucci. Un primo passo è stato attuato con le modifiche introdotte dal governo attualmente in carica spiega Pucci che ha abolito l Irap sul costo del lavoro. Tuttavia, continua a permanere l incidenza di una imposta che non ha nessuna ragione di esistere, se non quella di fare cassa. Il vicepresidente di Unimpresa spiega, poi, che ra i problemi e limiti delle imprese italiane c è quello dell internazionalizzazione, che non vuol dire semplicemente delocalizzare la produzione. Il nostro sistema fiscale ha introdotto una serie di normative antielusione che rappresentano un serio ostacolo per l imprenditore creando anche qui una distorsione rispetto alle grandi imprese che sono strutturate per far fronte alle presunzioni di tali

6 strumenti di accertamento, magari sfruttando le norme relative alla exit tax, alla esterovestizione e al transfer price. IVA, IRPEF E IRES: IN ITALIA E RECORD DI BALZELLI Secondo il rapporto di Unimpresa, in Italia si registra il livello più alto per tutte le categorie dei prelievi fiscali principali: nel nostro Paese è record sia per le imposte sui consumi (Iva) con una aliquota massima del 22% da confrontare col 21,4% della media dell Unione europea e col 20,8% della media dell area euro; sia per le imposte personali sul reddito (Irpef), con un aliquota al 48,9% da paragonare al 39,3% della media Ue e col 42,1% della media dell area euro; sia per le imposte sul reddito delle società (Ires), con un aliquota al 31,4% più alta del 22,8% della media dell Unione europea e del 24,6% della media dell area euro. DOCUMENTO AL GOVERNO: UN PIANO IN 6 PUNTI PER RIFORMARE IL FISCO Nelle prossime settimane Unimpresa invierà una articolata proposta in materia fiscale a governo e Parlamento. Il progetto elaborato dall associazione si divide in sei punti: abolizione dell Irap; cancellazione degli studi di settore; introduzione di una flat tax per le micro, piccole e medie imprese; diminuzione del carico tributario sui redditi personali con la previsione di due sole aliquote (25% e 37% oltre a una no tax area fino a 10mila euro); tassazione delle rendite finanziarie con prelievo al 20% sui capital gain e al 12,5% sui titoli di Stato; eliminazione delle norme relative alle attività estere della piccola impresa.

7 Finanza pubblica. Unimpresa, in due anni giù di 15 mld (-14%) debito regioni, province e comuni

8 Cala il debito di comuni, province e regioni italiane mentre cresce la voragine nei conti pubblici statali. Negli ultimi due anni il rosso degli enti locali del nostro Paese è diminuito di oltre 15 miliardi di euro (-14%) e nello stesso arco temporale il debito delle amministrazioni centrali è salito di quasi 100 miliardi (+5%). Da aprile 2014 a marzo 2016, il debito delle Pa territoriali è passato da 107 miliardi a 92 miliardi, con una riduzione generalizzata che ha interessato sia i comuni (-3 miliardi) sia le province (-643 milioni) sia le regioni (-7,9 miliardi); il debito dello Stato è aumentato da miliardi a miliardi. E quanto emerge da un analisi del Centro studi di Unimpresa, secondo la quale, complessivamente, il debito pubblico dell Italia si attesta a miliardi, in crescita di 81 miliardi rispetto ai di due anni fa. Secondo lo studio dell associazione, basato su dati della Banca d Italia, il totale del debito delle amministrazioni locali ovvero comuni, province e regioni è passato da 107,6 miliardi di aprile 2014 a 92,01 miliardi di marzo 2016 in discesa di 15,5 miliardi (-14,48%). Il debito dello Stato centrale è aumentato, invece, di 96,6 miliardi (+4,74%) passando da 2.039,4 miliardi a 2.136,1 miliardi. Il totale del debito delle amministrazioni pubbliche (enti locali e Pa centrale) ha beneficiato del miglioramento della finanza pubblica a libello territoriale ed è aumentato di 81,05 miliardi (+3,78%) da 2.147,06 miliardi a 2.228,1 miliardi. Nel dettaglio, a livello territoriale il debito è sceso in tutte le zone del Paese: nel Nord Ovest è passato da 30,7 miliardi a 27,3 miliardi in calo di 3,4 miliardi (-11,13%); nel Nord Est è passato da 15,4 miliardi a 12,5 miliardi in calo di 2,8 miliardi (-18,46%); nel Centro è passato da 28,3 miliardi a 23,6 miliardi in calo di 4,6 miliardi (-16,57%); al Sud è passato da 22,9 miliardi a 19,9 miliardi in calo di 2,9 miliardi (-13,00%); nelle Isole è passato da 10,2 miliardi a 8,5 miliardi in calo di 1,6 miliardi (-16,14%). La diminuzione

9 ha interessato sia i comuni sia le province sia le regioni: per quanto riguarda i comuni è stata registrata una contrazione di 3,4 miliardi (-7,41%) da 46,07 miliardi a 42,6 miliardi; il debito delle province è invece diminuito di 643 milioni (-7,63%) da 8,4 miliardi a 7,7 miliardi; il rosso delle regioni (categoria che comprende anche le province autonome di Trento e Bolzano) è sceso di 7,9 miliardi (-20,71%) da 38,5 miliardi a 30,5 miliardi. Longobardi: Che fine ha fatto la spending review sulle amministrazioni centrali? I dati sono utili per riflettere sugli indispensabili tagli alla spesa pubblica. Negli ultimi anni commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi si è spesso puntato il dito contro le autonomie locali, sostenendo che i disastri della finanza pubblica siano cagionati dalla periferia e non dalle amministrazioni centrali. Invece, è evidente come proprio a livello territoriale si registra una gestione virtuosa del debito, ridottosi a tutti i livelli nelle regioni, nelle province e nei comuni. Secondo Longobardi se il governo intende intervenire sulla spesa pubblica deve aggredire i conti dei ministeri e degli apparati centrali che erano stato oggetto di una dettagliata analisi da parte della commissione sulla spending review coordinata dal dottor Carlo Cottarelli, poi affidata a Yoram Gutgeld, ma senza risultati concreti.

10 Banche. Unimpresa, stretta su btp minaccia 280 mld debito in scadenza nel 2016 L analisi sui titoli di Stato in circolazione: nel triennio scadono obbligazioni statali per complessivi 679,8 miliardi e nel periodo per altri 1.125,3 miliardi: in circolazione, complessivamente, ci sono titoli di Stato pari a 1.805,2 miliardi; nel 2017 vanno rifinanziati 231 miliardi e nel ,1 miliardi. Oltre 280 miliardi di euro di debito pubblico da rinnovare nel 2016: il rifinanziamento è minacciato dalla possibile stretta sui portafogli delle banche, prospettata in ambito europeo. Entro la fine dell anno appena cominciato vanno in scadenza 105 miliardi di bot, 136 miliardi di btp, 13 miliardi di cct e 26 miliardi di ctz. Questi i dati di un rapporto realizzato dal Centro studi di Unimpresa secondo il quale nel triennio scadono obbligazioni statali per complessivi 680 miliardi e nel periodo per altri miliardi: in circolazione, complessivamente, ci sono titoli di Stato pari a milliardi. Nel 2017 scadono 231 miliardi di debito pubblico, mentre nel 2018 rifinanziati 168 miliardi. Sul debito in scadenza, in particolare la quota che va rinnovata entro l anno, pari a 280 miliardi di euro, si potrebbero avvertire gli effetti negativi di una eventuale limite all acquisto e alla detenzione, da parte degli istituti di credito, di titoli di Stato in discussione nell Unione europea. L analisi di Unimpresa, basata su dati della Banca d Italia e

11 del Ministero dell Economia e delle Finanze, rivela che nel triennio va rifinanziato debito pubblico per un ammontare complessivo di 679,8 miliardi. Nell arco del 2016 le scadenze delle obbligazioni emesse dal Tesoro sono suddivise in maniera non omogenea e ammontano complessivamente a 280,7 miliardi: entro giugno di quest anno vanno rifinanziati titoli di Stato per 85,2 miliardi, nel terzo trimestre 112,1 miliardi e nel quarto trimestre 65,1 miliardi. Nel dettaglio, quest anno arrivano a fine corsa 105,03 miliardi di bot, 136,03 miliardi di btp, 13,3 miliardi di cct e 26,2 miliardi di ctz. L anno prossimo vanno rifinanziati 13,5 miliardi di bot, 171,2 miliardi di btp, 20,7 miliardi di cct e 25,5 miliardi di ctz; nel 2018, scadono 140,9 miliardi di btp e 27,2 miliardi di cct; nel 2019, in agenda ci sono scadenze di btp per 141,2 miliardi e di cct per 12,6 miliardi; nel 2020 sono previsti rifinanziamenti di btp per 129,3 miliardi e di cct per 15,3 miliardi; nel 2021 sono previste scadenze per 130,7 miliardi di btp, mentre nel 2022 scadono 96,3 miliardi di btp e 27,8 miliardi di cct. Guardando al periodo successivo alla scadenza naturale di questa legislatura, tra 2019 e il 2047, arrivano a fine corsa altri 1.125,3 miliardi di titoli di Stato: si tratta di 1.069,4 miliardi di btp e di 55,9 miliardi di cct. Complessivamente, i titoli di Stato in circolazione e quindi in scadenza sono pari a 1.805,2 miliardi: 118,5 miliardi sono bot, 1.517,6 miliardi sono btp, 117,2 miliardi sono cct e 51,7 miliardi sono ctz.

12 Crisi. Unimpresa, 280 miliardi di debito pubblico da rinnovare nel 2016 con scudo Bce L analisi sui titoli di Stato in circolazione: nel triennio scadono obbligazioni statali per complessivi 679,8 miliardi e nel periodo per altri 1.125,3 miliardi: in circolazione, complessivamente, ci sono titoli di Stato pari a 1.805,2 miliardi; nel 2017 vanno rifinanziati 231 miliardi e nel ,1 miliardi. Oltre 280 miliardi di euro di debito pubblico da rinnovare nel 2016 sui quali potrebbero avere effetti positivi le recenti misure adottate dalla Banca centrale europea: entro la fine

13 dell anno appena cominciato vanno in scadenza 105 miliardi di bot, 136 miliardi di btp, 13 miliardi di cct e 26 miliardi di ctz. Questi i dati di un rapporto realizzato dal Centro studi di Unimpresa secondo il quale nel triennio scadono obbligazioni statali per complessivi 680 miliardi e nel periodo per altri miliardi: in circolazione, complessivamente, ci sono titoli di Stato pari a milliardi. Nel 2017 scadono 231 miliardi di debito pubblico, mentre nel 2018 rifinanziati 168 miliardi. L analisi di Unimpresa, basata su dati della Banca d Italia e del Ministero dell Economia e delle Finanze, rivela che nel triennio va rifinanziato debito pubblico per un ammontare complessivo di 679,8 miliardi. Periodo nel quale le attività finanziarie del Tesoro beneficeranno degli interventi decisi dalla Bce lo scorso 10 marzo, in particolare l incremento da 60 a 80 miliardi al mese degli acquisti di titoli pubblici che rappresenta uno scudo per i Paesi dell area euro. Nell arco del 2016 le scadenze delle obbligazioni emesse dal Tesoro sono suddivise in maniera non omogenea e ammontano complessivamente a 280,7 miliardi: entro il primo trimestre di quest anno vanno rifinanziati titoli di Stato per 20,2 miliardi, nel secondo trimestre 83,02 miliardi, nel terzo trimestre 112,1 miliardi e nel quarto trimestre 65,1 miliardi. Nel dettaglio, quest anno arrivano a fine corsa 105,03 miliardi di bot, 136,03 miliardi di btp, 13,3 miliardi di cct e 26,2 miliardi di ctz. L anno prossimo vanno rifinanziati 13,5 miliardi di bot, 171,2 miliardi di btp, 20,7 miliardi di cct e 25,5 miliardi di ctz; nel 2018, scadono 140,9 miliardi di btp e 27,2 miliardi di cct; nel 2019, in agenda ci sono scadenze di btp per 141,2 miliardi e di cct per 12,6 miliardi; nel 2020 sono previsti rifinanziamenti di btp per 129,3 miliardi e di cct per 15,3 miliardi; nel 2021 sono previste scadenze per 130,7 miliardi di btp, mentre nel 2022 scadono 96,3 miliardi di btp e 27,8 miliardi di cct. Guardando al periodo successivo alla scadenza naturale di

14 questa legislatura, tra 2019 e il 2047, arrivano a fine corsa altri 1.125,3 miliardi di titoli di Stato: si tratta di 1.069,4 miliardi di btp e di 55,9 miliardi di cct. Complessivamente, i titoli di Stato in circolazione e quindi in scadenza sono pari a 1.805,2 miliardi: 118,5 miliardi sono bot, 1.517,6 miliardi sono btp, 117,2 miliardi sono cct e 51,7 miliardi sono ctz. Crisi: Unimpresa, con pil in frenata da 9 mesi 3 pmi su 5 vedono nero

15 Pesa debito pubblico: nell ultimo anno su di 58 miliardi, pari a 138,4 milioni al giorno e 5,7 milioni l ora. Dopo tre trimestri di rallentamento del prodotto interno lordo, le micro, piccole e medie imprese italiane vedono sempre più nero per il Le prospettive di ripresa stabile si affievoliscono per 3 pmi su 5 e le previsioni di crescita del pil per quest anno potrebbero essere fallite. Il basso costo del petrolio, le enormi iniezioni di liquidità della Banca centrale europea e i tassi di interesse prossimi allo zero avevano fatto sperare in risultati E quanto emerge da un sondaggio condotto dal Centro studi di Unimpresa tra le aziende associate. Nel 2015 il pil italiano è cresciuto, su base trimestrale, rispettivamente dello 0,4%, dello 0,3%, dello 0,2% e dello 0,1% ed è assai probabile che il dato complessivo resti sotto lo 0,8% indicato nelle ultime stime del governo. Risulta evidente come il ritmo di aumento del pil sia significativamente rallentato e senza inversioni di tendenza nette appare quasi impossibile il raggiungimento degli obiettivi programmatici delineati dallo stesso governo, secondo cui l economia crescere dell 1,6%. italiana nel 2016 dovrebbe A pesare sull andamento dell economia è il quadro di finanza pubblica. Nonostante l aumento della pressione fiscale e anni di misure volte all austerity, il buco nei conti dello Stato non è stato ridotto. A novembre il debito delle amministrazioni centrali era arrivato a quota 2.211,8 miliardi in aumento di 50,8 miliardi rispetto ai 2.161,1 miliardi di novembre La voragine è cresciuta di 4,2 miliardi in media al mese, pari a 138,4 milioni al giorno (5,7 milioni l ora). Un aumento incessante su cui pesa senza dubbio anche l incapacità di ridurre gli sprechi nel bilancio pubblico con

16 i tentativi di sistematicamente. spending review che falliscono Debito pubblico. Unimpresa, in mano a stranieri il 39% dei titoli di Stato Sfiora il 39% la quota di titoli di Stato italiani in mano a investitori stranieri che hanno in totale bot e btp per 713,5 miliardi. Mentre è al 26%, per un controvalore 481 miliardi, la fetta di obbligazioni statali sottoscritte da banche; più piccola quella delle assicurazioni: 17% e 322 miliardi. In calo al 6% la percentuale che fa capo alle famiglie, titolari di 112 miliardi. Questi i dati principali di una analisi del Centro studi di Unimpresa sulla ripartizione del debito pubblico italiano secolo cui la quota in capo alle banche è crescita di quasi 60 miliardi nell ultimo anno. La ricerca registra le variazioni intercorse da settembre 2014 a settembre 2015: l ammontare dei titoli di Stato in circolazione è passato da 1,742,2 miliardi a 1,842,4 miliardi. In totale, gli investitori italiani hanno il 61,27% dei titoli pubblici in circolazione emessi dal Tesoro; quota stabile rispetto al 61,59% di un anno fa. Secondo l analisi dell associazione, basata su dati della Banca d Italia, le imprese hanno il 52,1 miliardi di titoli di Stato pari al 2,83% del totale; quota stabile rispetto all anno precedente (2,86%). E passata dal 24,32% al 26,14% la fetta in mano alle banche, ora titolari di bot e btp per 481,6 miliardi, con una crescita di 57,9 miliardi. Le imprese sono titolari di 52,1

17 miliardi di obbligazioni pubbliche e la quota è varata dal 2,86% al 2,83%. Al 17,52% (era il 17,47%) si attesta la quota in mano ad assicurazioni e fondi pensione (322,8 miliardi), mentre è calata dal 9,12% al 6,13% quella posseduta dalle famiglie: i privati ora posseggono 112,8 miliardi cioè 45,9 miliardi in meno rispetto ai 158,8 di un anno fa. Nessuna variazione significativa per quanto riguarda gli investitori esteri: avevano il 38,41% e ora detengono il 38,73% con 713,5 miliardi di bot e btp in portafoglio. Debito pubblico: Unimpresa, agli investitori esteri record di bot e btp Record di bot e btp per gli investitori esteri che detengono il 29% dei titoli pubblici in circolazione, pari a oltre 534 miliardi. Nella classifica dei detentori di obbligazioni

18 emesse dal Tesoro, ci sono poi le banche italiane con 364 miliardi (20%), le assicurazioni italiane con 286 miliardi (15%), le famiglie italiane con 242 miliardi (13%), la Banca d Italia con 126 miliardi (7%), la Banca centrale europea con 60 miliardi (3%), i fondi di investimento italiani con 58 miliardi (3%). Questi i dati di un analisi del Centro studi di Unimpresa, secondo cui sono in circolazione 1.829,8 miliardi mentre il debito pubblico ammonta a 2.095,9 miliardi. Ma in Italia, complessivamente, risiedono due terzi di titoli pubblici (67%) per un totale di miliardi, mentre all estero risultano più di 594 miliardi (32%). Secondo l analisi dell associazione, basata su dati della Banca d Italia, su 2.095,9 miliardi complessivi di debito pubblico 1.829,8 miliardi corrispondono a titoli di Stato, cioè bot, btp, cct, ctz.. La Banca centrale europea detiene obbligazioni emesse dal Tesoro pari a 60,3 miliardi (3,30%) del totale, gli investitori stranieri (per lo più banche) detengono 534,3 miliardi (29,20%): in totale la quota di bond pubblici italiani detenuta all estero è pari a 594,6 miliardi (32,50%). Dentro i nostri confini, la Banca d Italia ha titoli pubblici per 126,2 miliardi (6,90%), nei portafogli delle famiglie ci sono bot, btp, cct e ctz per 242,4 miliardi (19,90%), le banche hanno titoli per 364,1 miliardi (15,65%), le assicurazioni per 286,3 miliardi, i fondi d investimento per 58,5 miliardi; altri 157,3 miliardi (8,60%) sono suddivisi tra altri investitori italiani non classificati: complessivamente, la quota di bond pubblici italiani in mano a investitori italiani è pari a 1.235,1 miliardi (67,50%). Dipendiamo meno dall estero e questo è un bene. Questa situazione dovrebbe dare spinta e coraggio al governo per dare impulso alle riforme, sulle quali non pende più la spada di Damocle degli investitori stranieri sempre pronti a dettare la legge anche lontano da casa commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi.

19 Grecia. Unimpresa, entro l anno in Italia 197 miliardi di debito pubblico da rinnovare La risalita dello spread causata dalla crisi in Grecia potrebbe avere effetti negativi su oltre 197 miliardi di euro di debito pubblico italiano da rinnovare entro l anno. A tanto ammonta la quota di titoli di Stato in circolazione che arrivano in scadenza tra luglio e dicembre L anno prossimo arrivano a fine corsa 220 miliardi di bot e btp, nel 2017 altri 206 miliardi di obbligazioni e nel 2018 altri 153 miliardi. E quanto emerge da una analisi del Centro studi di Unimpresa secondo cui tra il 2019 e il 2046 scadono altri miliardi di titoli e in totale sono in circolazione bot, btp, cct e ctz per complessivi miliardi. Le tensioni sul differenziale di rendimento tra i titoli italiani e quelli tedeschi potrebbero erodere i vantaggi sul versante della spesa per interessi programmata negli scorsi mesi quando lo spread era sceso fin sotto quota 90 punti base. Secondo l analisi dell associazione, basata su dati della Banca d Italia, tra luglio e dicembre del 2015 scadono complessivamente 197,5 miliardi di titoli emessi dal Tesoro italiano: si tratta, nel dettaglio, di 85,1 miliardi di bot, di 71,8 miliardi di btp, di 25,1 miliardi di cct e di 15,5 miliardi di ctz. L anno prossimo arrivano a fine cors 220,3

20 miliardi di titolo così ripartiti: 43,4 miliardi di bot, 136,8 miliardi di btp, 13,9 miliardi di cct e 26,2 miliardi di ctz. Nel 2017 vanno rinnovati, allo stato, 206 miliardi di debito: 162,2 miliardi di btp, 31,2 miliardi di cct e 12,7 miliardi di ctz. I titoli in circolazione che scadono nel 2018 ammontano a 153,7 miliardi: 125,7 miliardi di btp e 28,1 miliardi di cct. Il resto dei titoli in circolazione con scadenza prevista tra il 2019 e il 2046 vale 1.011,5 miliardi: 973,9 miliardi di btp e 37,6 miliardi di cct. Complessivamente, ammontano a 1.789,4 miliardi i titoli di Stato in circolazione: si tratta di 128,5 miliardi di bot, di 1.470,5 miliardi di btp, di 135,8 miliardi di cct e di 54,4 miliardi di ctz. L esito del referendum avrà ripercussioni sui nostri conti pubblici italiani, ma la migliore ricetta per combattere la crisi finanziaria internazionale sta nelle riforme, nelle misure di cui hanno bisogno le imprese e le famiglie per avere fiducia e per rimettere in moto definitivamente l economia del nostro Paese. E la soluzione passa, come diciamo da sempre, in meno tasse e più credito commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi. Crisi. Unimpresa, con calo spread benefici su 370 mld di debito pubblico

21 La discesa dello spread potrebbe avere effetti positivi su 370 miliardi di euro di debito pubblico in circolazione. A tanto ammonta la quota di titoli di Stato emessi a tasso variabile per la quale, grazie al calo del divario di rendimento tra i btp italiani e i bund tedeschi sceso sotto i 90 punti base, la spesa per interessi a carico del Tesoro è destinata a calare nei prossimi mesi e nei prossimi anni. E quanto osserva il Centro studi di Unimpresa segnalando che le obbligazioni statali in circolazione a tasso variabile sono arrivate, complessivamente, a gennaio a 370,3 miliardi pari al 17,1% del totale del debito pubblico ora a 2.165,9 miliardi. Lo spread è sceso sotto i 90 punti base nel corso dell ultima settimana: secondo Unimpresa, la diminuzione del differenziale tra Italia e Germania porterà dunque vantaggi sia sul fronte dei titoli in circolazione sia sulle future emissioni, in questo caso stimabili in miliardi nell arco di un triennio. Secondo l analisi dell associazione, basata su dati della Banca d Italia, a gennaio 2015 l ammontare di titoli di Stato in circolazione a tasso variabile era arrivata a quota 370,3 miliardi, pari al 17,1% del totale del debito pubblico di 2.165,9 miliardi; il dato è in crescita di 37,1 miliardi (+11,14%) rispetto ai 333,2 miliardi di gennaio 2014 quando la fetta di debito in circolazione a tasso variabile corrispondeva al 15,9% del totale (2.088,9 miliardi). L aumento dei titoli a tasso variabile rientra, probabilmente, in una strategia precisa delineata dal ministero dell Economia che ha puntato, indovinando la previsione, sul calo dello spread, uno dei fattori che contribuisce a determinare gli interessi a tasso variabile per i titoli già emessi. Quanto al tesoretto legato alle nuove emissioni, stimabile in miliardi tra il 2015 e il 2017, nel primo anno, si otterrebbe un risparmio, sul versante della spesa per interessi sul debito statale, pari a 2,3 miliardi, nel secondo

22 anno il vantaggio salirebbe fino a 4,6 miliardi e poi ancora altri 5,8 miliardi il terzo anno. In totale, i benefici per le casse dello Stato arriverebbero di 12,7 miliardi nell arco di 36 mesi. La stima parte dall indicazione fornita dalla Banca d Italia secondo cui 100 punti base di spread valgono circa 0,2 punti percentuali di pil nel primo anno, 0,4 punti nel secondo anno e 0,5 punti nel terzo anno. Nell ultimo Documento di economia e finanza, il pil è stimato a circa miliardi, mentre il differenziale tra i titoli del Tesoro e quelli tedeschi viene indicato sui 190 punti. Pertanto, se lo spread restasse attorno a quota punti, ci sarebbe un vantaggio positivo pari a 100 punti base rispetto alle stime di spesa per interessi contenuta nel Def. Ne consegue che il risparmio, su un ipotetico arco triennale, sarebbe di 12,7 miliardi complessivi così suddivisi: 2,3 miliardi, 4,6 miliardi e 5,8 miliardi. Longobardi: Tesoretto spread da dirottare al fondo tagliatasse Non ci sono dubbi: i soldi che lo Stato riuscirà a risparmiare sul fronte della spesa per interessi, vanno destinati senza indugi all abbattimento delle tasse. Un tesoretto da dirottare immediatamente al fondo taglia tasse già istituito da tempo a palazzo Chigi e spesso utilizzato per altri scopi. Se la Banca centrale europea ha fatto la sua parte con misure importanti sul versante del credito bancario alle imprese, ora spetta al governo di Matteo Renzi agire sul terreno di sua competenza, quello fiscale, intervenendo con tagli decisi al peso dei tributi, dopo le delusioni toccate con la legge di stabilità per il 2015 commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi.

23 Finanza pubblica. Unimpresa, in 2014 cala di 9,4 mld (-8,6%) debito regioni, province e comuni Migliora la finanza pubblica a livello territoriale. Il debito delle regioni, delle province e dei comuni nel corso del 2014 è calato complessivamente di 9,4 miliardi di euro rispetto all anno precedente. Alla fine del 2013 il rosso nei conti degli enti locali era di 108,6 miliardi e 12 mesi più tardi è sceso a 99,1 miliardi con una riduzione vicina al 9%. Sia in termini percentuali sia in valore assoluto, la riduzione più significativa è quelle del debito delle regioni sceso di 3,3 miliardi pari a una contrazione dell 8,88%. Questi i dati più rilevanti di una analisi sul debito degli enti locali e territoriali realizzata dal Centro studi di Unimpresa, che ricorda come il debito dello Stato centrale sia invece cresciuto di 66,2 miliardi (+3,2%) dai 2.068,7 miliardi di dicembre 2013 ai 2.134,9 miliardi di dicembre Secondo l analisi di Unimpresa, basata su dati della Banca d Italia, in totale il debito delle regioni, delle province e dei comuni italiani è diminuito nel corso dell ultimo anno di 9,4 miliardi (-8,67%) passando da 108,6 miliardi di dicembre 2013 ai 99,1 miliardi di dicembre Nel dettaglio, è calato il debito delle regioni (in cui vengono comprese le province autonome di Trento e Bolzano) di 3,3 miliardi (-8,88%) dai 37,3 miliardi del 2013 ai 33,9 del 2014; in calo anche il debito delle province di 387 milioni (-4,59%) da 8,4

24 miliardi a 8,1 miliardi e in diminuzione è risultato anche quello dei comuni, sceso di 2,1 miliardi (-4,59%) da 47,4 miliardi a 45,2 miliardi; si è ridotto, poi, anche quello di altri enti pubblici (tra cui quelli previdenziali) calato di 3,5 miliardi (-23,02%) da 15,3 miliardi a 11,8 miliardi. Longobardi: Che fine ha fatto la spending review sulle amministrazioni centrali? I dati sono utili per riflettere sugli indispensabili tagli alla spesa pubblica. Negli ultimi anni commenta il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi si è spesso puntato il dito contro le autonomie locali, sostenendo che i disastri della finanza pubblica siano cagionati dalla periferia e non dalle amministrazioni centrali. Invece, è evidente come proprio a livello territoriale si registra una gestione virtuosa del debito, ridottosi a tutti i livelli nelle regioni, nelle province e nei comuni. Secondo Longobardi se il governo intende intervenire sulla spesa pubblica deve aggredire i conti dei ministeri e degli apparati centrali che erano stato oggetto di una dettagliata analisi da parte della commissione sulla spending review coordinata dal dottor Carlo Cottarelli, poi inspiegabilmente accantonata. Crisi. Unimpresa, debito pubblico cresce di 8,6 mld al mese

25 L analisi dell associazione: fallisce la politica del rigore, il buco si allarga a un ritmo sempre maggiore. Longobardi: Basta austerity, giù le tasse Corre sempre più veloce il debito pubblico italiano. Negli ultimi dodici mesi, tra aprile 2013 e aprile 2014, il buco nelle finanze statali è cresciuto di 103,5 miliardi di euro, pari a una media di 8,6 miliardi al mese. Un ritmo che lo ha portato a superare la quota di miliardi. Tale media è più alta rispetto a quella registrata nel periodo aprile 2012aprile 2013, quando il debito si allargava di 7,01 miliardi al mese. Questi i dati più rilevanti che emergono dal rapporto flash del Centro studi Unimpresa Il debito pubblico italiano. Secondo l analisi dell associazione, basata su dati della Banca d Italia, negli ultimi due anni (da aprile 2012 ad aprile 2014) il buco nei conti della pubblica amministrazione è aumentato complessivamente di 187,6 miliardi di euro; oltre la metà dello stock aggiuntivo del periodo è stato accumulato negli ultimi 12 mesi, arco di tempo nel quale il debito è salito di 103,5 miliardi. Nei dodici mesi precedenti la fetta di debito in più era stata pari a 84,1 miliardi. Dati che dimostrano una crescita costante e a una velocità sempre maggiore: alla fine del 2012 l ammontare del debito era a 1.989,5 miliardi; alla fine del 2012 il debito era a quota 2.069,3 miliardi. Questi dati dice il presidente di Unimpresa, Paolo Longobardi confermano che la politica del rigore attuata negli ultimi anni, si rivela insufficiente non solo per la salute dei conti statali, ma anche sulle prospettive. Le scelte dei vari esecutivi, Monti, Letta e pure Renzi, hanno colpito le poche speranze di ripresa dell economia. Secondo Longobardi, per salvare le micro, piccole e medie imprese deve essere abbattuta la pressione fiscale con interventi seri

26 e rigorosi, non più rinviabili. Adesso basta con l austerity, giù le tasse.

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