Maria Corrado Psicologa UOMI distr.58 Giugliano

Transcript

1 Maria Corrado Psicologa UOMI distr.58 Giugliano Servizio sperimentale di supervisione a supporto dell équipes territoriali integrate per l adozione nazionale ed internazionale e per l affido familiare Dal 29\09\2006 al 23\03\2007 presso l istituto di terapia relazionale di Napoli

2 Una mia amica ieri sera ha lasciato, nel mio armadietto al lavoro, un libro che le avevo chiesto di visionare. Il titolo mi aveva incuriosito Perché le zebre non hanno l ulcera?. Ho visualizzato una zebra. La vedevo correre libera, elegante, che ancora correva ma le zebre ce l hanno lo stress? L idea che mi stesse venendo l ulcera perché non riuscivo ad organizzare e a dirigere tutto il traffico lavorativo, relazioni, relazioni ed ancora relazioni era ormai un assillo continuo. Era forse questo il momento di fermarsi per osservare che stava succedendo? Nel libro trovo infilato un foglio dattiloscritto. Cominciava così. So che c è una forza che sa dove condurci: Essa ci porta esattamente là dove dobbiamo realizzare il nostro divenire. Tutti noi, del resto, possiamo giungere a saperlo. Conoscere se stessi è un imperativo noto, ma sfortunatamente da molti dimenticato. Divenire se stessi non è solo un imperativo, è il telos della nostra esistenza: questo è dimenticato da quasi tutti. Se il significato della vita è che essa ci ha posto un problema, questo problema, appunto, è il nostro divenire. Noi possiamo fare le nostre cose, decidere i nostri traguardi o, più semplicemente, come si preferisce, fare il nostro dovere. Resta il fatto che tutto ciò corrisponde ad un idea di sé che rappresenta solo l immagine dell io cosciente alle prese con l opera del mondo. Al di sotto, si svolge tutt altra storia. Sicchè le due vicende possono andare perfettamente d accordo, ma è molto difficile che ciò accada per lungo tempo. Ad un certo punto, il timone con il quale l io conduce le sue faccende vorrà sfidare la corrente: così potrebbe entrare in contrasto con il vento. Intendo dire che in qualche momento della nostra vita potremmo attenderci un rovescio. Se non vogliamo piegare la natura ai nostri comandi, sopravvivere alla tempesta non dovrebbe essere così difficile. Se l io, viceversa, si oppone potremmo essere travolti. Questo implica e richiede innanzitutto di sottrarsi al tempo. Sottomettersi al tempo quando esso sia il tempo del progetto, ovvero il tempo dell io nel mondo, è la principale causa di nevrosi. Quel tempo, infatti, non è mai nostro ed è un illusione immaginare di piegarlo a noi. Nella realtà, quel tempo si imporrà sempre, sarà lui a decidere delle nostre scelte e, a un certo punto, comincerà a lavorare contro di noi. Si impadronirà di quello che indichiamo come tutto il nostro tempo e noi saremo costretti a ripetere la solita litania del non ho tempo. Per questo la nevrosi è una frattura con sé, una profonda incrinatura del tempo vissuto. Per questo la sua cura consiste nella restituzione e nella riconquista del proprio tempo. Sono gli altri che ci condannano al loro egoismo se accettiamo il loro tempo. Il prezzo da pagare per tutto questo non è altro che la solitudine. Affermare la propria indipendenza, non soggiacere al tempo degli altri, ed affidarsi alla corrente del divenire sono tutte operazioni che hanno come oggetto la

3 conoscenza di sè. Ora conoscere sé è conoscere la solitudine. Più si avanza nella conoscenza di sé, più si scopre che si è soli. Si scopre anzi la necessità della solitudine. Vi sono momenti in cui ogni parola sembra futile e vana. In quei momenti, non c è ristoro se non nella solitudine. C.G. Jung E con questo spirito che ho iniziato il corso di supervisione sull adozione Con tanta solitudine tanto peso e poco tempo per tutte le cose da fare. Era tempo di fermarsi a riflettere e poi c era la responsabilità di lavorare con tante coppie aspiranti l adozione che si erano fiduciosamente affidate a me. E poi se le zebre non hanno l ulcera non sarà mica perché hanno tutto il tempo che vogliono? Carica di aspettative ma anche contenta di potermi confrontare, di poter parlare con le altre colleghe è cominciata la supervisione. Durante i primi incontri all istituto, sfilavano una ad una le immagini di queste coppie che arrivavano al servizio piene di ansia e di speranza con un solo obbiettivo: riuscire a farla franca a loro stessi, alla loro sofferenza, per arrivare ad un traguardo tanto sognato; l unica cosa importante che avrebbe davvero dato un senso alla loro piccola vita: avere un bambino. Ciò che più era evidente era il grande dolore che ogni persona portava dentro e come questo il più delle volte si trasformava in un angoscia ed un pensiero costante, quello di non avere tempo. Le coppie durante il percorso adottivo non hanno mai tempo. non molto. Il tempo per queste coppie non è più un illusione, non è il caos assurto a sistema e a legge generale nella quale, purtroppo, la nostra bolla di energia stenta ad orientarsi; no, il tempo diventa un persecutore reale, diventa lo spazio necessario a concretizzare la vita; il tempo fornisce alle coppie una idea comprensibile senza la quale non potrebbero esistere in alcun modo. Nel lavoro con le coppie che aspirano ad adottare un bambino, raramente ho visto riflesso il raggio luminoso dell esistenza, prima.. durante.. e dopo la sciagura. Le coppie non vivono più il presente ma solo il passato ed il futuro. La loro vita non è più la vita. Non più il presente che si riproduce all infinito, ma c è una corsa con il tempo, si rincorre il tempo. Il tempo o il bambino perso? Allora è possibile che si sia assaliti dai dubbi che, se non affrontati, si trasformano in uno dei più grandi e dolorosi vuoti dell individuo legati alla domanda, per tutti prima o poi inevitabile: Chi sono io? Perché sono qui?. Il tempo è senz altro una nostra illusione; è lo spazio che accoglie la nostra essenza, la nostra energia e nel quale è consentito lo sviluppo e il deterioramento del nostro corpo. L individuo ha bisogno di sapere che con la propria morte non finisce il proprio mondo. E che, il deterioramento del corpo, corre binario con l evoluzione di un altro essere che percorre le sue stesse tappe. È in quel momento che la coppia forse si può abbandonare al tempo. Ha messo qualcun altro sulle sue tracce.

4 Tutto ciò sarebbe sacrosanto se non fosse per il fatto che ognuno deve fare i conti con quei meccanismi automatici così preziosi quanto inconsapevoli che spingono, alla realizzazione di un progetto che spesso è un progetto ideale, un sogno di altri o della società per non sentirsi diversi o soli. Una ferita al proprio io che è difficile da risanare. Chi decide di adottare un bambino, acquista coscienza dell idea di adottarlo, si dà da fare e finalmente arriva il momento in cui il bambino deve materializzarsi. Sfortunatamente per i genitori adottivi, può capitare che al momento in cui hanno trovato il bambino non siano più sicuri di volerne uno. D.W. Winnicott Il gruppo della supervisione intanto man mano prendeva corpo, o meglio il nostro corpo prendeva consapevolezza di tutto il valore intrinseco nella richiesta di adottare. Qualche volta si usciva dal gruppo alleggeriti, talvolta molto più pesanti, ed intanto ognuno portava dentro di sè queste coppie sempre più ansiose e sempre più insoddisfatte. Intanto la supervisione rimuoveva i nostri ingorghi emotivi. Quanta reattività o insofferenza ma anche tanta delicatezza, gioia, nel trovare con la nostra coppia la strada per l autenticità. In realtà ognuno è solo, lasciato in balia della risposta pratica o strategica, sfiduciato nell istituzione, solo, irrimediabilmente solo. E allora mi ritorna in mente Sapolsky, l autore del libro Perché le zebre non hanno l ulcera? siamo gli unici esseri abbastanza svegli da aver inventato queste fonti di stress e gli unici abbastanza stupidi da aver lasciato, troppo spesso che dominassero le nostre vite. Di certo abbiamo il potenziale per essere gli unici abbastanza saggi da allontanare la loro presa stressante. Il gruppo insieme ha lavorato bene, creando una forza nata dallo stare insieme ed affrontare lo stress e la solitudine. Insieme ha lavorato a portare alla coscienza le emozioni più antiche rispetto alla famiglia adottiva. Ciascuno di noi è mosso a sua insaputa, dalle forze che hanno presieduto alla formazione delle storie che ci hanno unito ai nostri genitori, nel bene e nel male. Gli ideali, i talenti, la scelta del partner o della professione, i sogni più dolci come le depressioni più nere, tutto questo nasce dall alchimia secréta dall incontro con i nostri genitori. La nostra storia è fondata sulla preistoria del loro passato. Innanzittutto la consapevolezza che: i comportamenti interattivi, la famiglia, l'individuo, le mappe, i giochi della famiglia, la relazione, la co-costruzione di significati non sono le uniche e sole componenti che, hanno costituito il fulcro delle riflessioni che nascevano, anche il controtransfert come insieme di sentimenti repressi o desideri infantili evocati nel terapeuta dalla coppia diventa, un rivivere con la stessa, delle tensioni provate nella propria.

5 L'altro dato importante nel lavoro è stato la possibilità di osservare le emozioni del terapeuta utilizzandole ed enfatizzandole dando loro valore come indicatori dei processi inconsci della coppia e quindi costituire la premessa per interpretazioni più efficaci. Abbiamo valutato insieme al gruppo che le emozioni, o anche il calore, la simpatia, l'empatia, ma anche la noia, il fastidio, la rabbia, l'indignazione, ecc, non sono in sé stesse un problema, non c è l'emozione giusta o più terapeutica, ma rimane il punto di come utilizzare durante il lavoro, le varie emozioni che sorgono spontaneamente nell'interazione e che sono comunque parte importante nello sviluppo di un legame 'forte', presupposto necessario per qualsiasi intervento.

6