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2 INDICE PARTE PRIMA... 4 ANALISI DEL TERRITORIO, DELL'UTENZA VENATORIA E QUADRO FAUNISTICO MATERIALI E METODI Superficie territoriale provinciale Superficie agro silvo pastorale (TASP) Sistema informativo territoriale e metodologia di analisi dei dati territoriali a supporto della pianificazione faunistico venatoria RAPPORTO CON LA PIANIFICAZIONE A LIVELLO PROVINCIALE: PIANO FAUNISTICO VENATORIO - P.T.C.P. PIANO AMBIENTALE DEL PARCO REGIONALE VENETO DEL DELTA DEL PO Piano territoriale di coordinamento provinciale Sinergia tra PTCP e Piano faunistico venatorio provinciale Piano Ambientale del Parco Regionale Veneto del Delta del Po INQUADRAMENTO TERRITORIALE Aspetti geo-morfologici, climatici e paesaggistici Aspetti caratterizzanti il paesaggio polesano Classificazione delle zone umide in provincia di Rovigo Utilizzo del territorio polesano (uso del suolo) LA RETE NATURA 2000 NEL CONTESTO POLESANO QUADRO FAUNISTICO DEL TERRITORIO POLESANO Introduzione Check-list delle specie presenti in provincia di Rovigo Vocazionalità del territorio provinciale per le specie di interesse gestionale e per le specie cacciabili Bibliografia GESTIONE FAUNISTICA Censimenti dell Avifauna acquatica svernante in provincia di Rovigo Analisi dell avifauna nidificante in provincia di Rovigo Indicazioni gestionali relative alle specie coloniali di avifauna acquatica Censimenti della fauna stanziale oggetto di caccia (Lagomorfi, Galliformi) e delle specie d'interesse gestionale Riduzione dell'impatto causato dalle specie problematiche (metodi ecologici e Piani di contenimento) Il Centro Recupero Animali Selvatici (C.R.A.S.) della Provincia di Rovigo L'UTENZA VENATORIA POLESANA Analisi a campione Illeciti in materia venatoria Analisi sulle specie Breve rassegna delle tipologie di attività venatoria in Polesine PARTE SECONDA: INDIRIZZI E CONTENUTI DEL PIANO FAUNISTICO VENATORIO PROVINCIALE IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO INDIVIDUAZIONE DEI COMPRENSORI OMOGENEI E PROPOSTA DI DELIMITAZIONE DEGLI AMBITI TERRITORIALI DI CACCIA Definizione dei criteri per l individuazione degli ATC nella provincia di Rovigo

3 9.2 ATC Delta del Po ATC Polesine Centrale ATC Polesine Occidentale INDIVIDUAZIONE DELLE OASI DI PROTEZIONE La gestione delle oasi di protezione INDIVIDUAZIONE ZONE DI RIPOPOLAMENTO E CATTURA Analisi ZRC esistenti nella precedente pianificazione ( ) Criteri utilizzati per l identificazione delle aree da destinare a ZRC Indicazioni per la gestione attiva della fauna nelle ZRC CENTRI PUBBLICI E PRIVATI DI RIPRODUZIONE DELLA FAUNA SELVATICA ALLO STATO NATURALE Centri pubblici: formulazione di indirizzi a livello provinciale Centri privati: formulazione di indirizzi a livello provinciale ZONE E PERIODI PER L ALLENAMENTO, L ADDESTRAMENTO E LE GARE DEI CANI GLI ISTITUTI FAUNISTICI A GESTIONE PRIVATA Premesse Quadro riepilogativo delle strutture private esistenti nella precedente pianificazione Indicazione delle specie di indirizzo per le AFV AFV vallive Piano di assestamento Piano di abbattimento Indicazioni e criteri per la predisposizione della Valutazione di incidenza a corredo della richiesta di concessione per Istituti privatistici Disciplinare di concessione CRITERI PER LA DETERMINAZIONE DEL CONTRIBUTO PER LA PREVENZIONE E IL RISARCIMENTO DEI DANNI PRODOTTI DALLA FAUNA SELVATICA ALLE PRODUZIONI AGRO-ITTICHE E ALLE OPERE PER ESSE ALLESTITE MIGLIORAMENTI AMBIENTALI A SCOPO FAUNISTICO Premessa e contenuti generali Attività proposte IDENTIFICAZIONE DELLE ZONE IN CUI SONO COLLOCABILI GLI APPOSTAMENTI FISSI DI CACCIA Appostamenti a titolo individuale non ubicati nel territorio lagunare e vallivo Appostamenti ad uso collettivo ubicati nel territorio lagunare e vallivo PROGRAMMI DI IMMISSIONE FAUNISTICA OBIETTIVI E AZIONI DEL PIANO 2013/2018 E INDIVIDUAZIONE DELLE ALTERNATIVE SINTESI ISTITUTI PREVISTI NEL PIANO, TASP PROVINCIALE E COMPARAZIONE CON PFV 2007/

4 PARTE PRIMA ANALISI DEL TERRITORIO, DELL'UTENZA VENATORIA E QUADRO FAUNISTICO 4

5 1 - MATERIALI E METODI 5

6 1.1 Superficie territoriale provinciale Nella precedente pianificazione i dati relativi alla superficie territoriale provinciale ripartita per ciascuno dei 50 comuni polesani e, per le relative zone omogenee era stata determinata sulla base dei dati ufficiali ISTAT riferiti al 14 Censimento Generale dell anno Il dato della superficie territoriale era stato determinato in complessivi ettari Con la L.R. 23 aprile 2004, n. 11 Norme per il governo del territorio e in materia di paesaggio con la quale sono stati stabiliti criteri, indirizzi, metodi e contenuti degli strumenti della pianificazione ai diversi livelli, è stato, tra l altro, prevista la realizzazione di un sistema integrato delle informazioni e dei dati necessari alla comprensione delle tematiche svolte dagli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica, denominato Quadro conoscitivo regionale I limiti amministrativi ufficiali regionali, provinciali e comunali risultano, pertanto, quelli riportati nel citato quadro conoscitivo, e hanno formato la base di riferimento per la formulazione del presente piano. Nella successiva tabella vengono riportate le superfici territoriali comunali e il totale della superficie provinciale come desunte dalla fonte citata. CODISTAT NOMCOM PROVINCIA AREA (m2) PERIMETER Adria RO , , Ariano nel Polesine RO , , Arqua' Polesine RO , , Badia Polesine RO , , Bagnolo di Po RO , , Bergantino RO , , Bosaro RO , , Calto RO , , Canaro RO , , Canda RO , , Castelguglielmo RO , , Castelmassa RO , , Castelnovo Bariano RO , , Ceneselli RO , , Ceregnano RO , , Corbola RO , , Costa di Rovigo RO , , Crespino RO , , Ficarolo RO , , Fiesso Umbertiano RO , , Frassinelle Polesine RO , , Fratta Polesine RO , , Gaiba RO , , Gavello RO , , Giacciano con Baruchella RO , , Guarda Veneta RO , , Lendinara RO , , Loreo RO , , Lusia RO , , Melara RO , , Occhiobello RO , ,

7 29034 Papozze RO , , Pettorazza Grimani RO , , Pincara RO , , Polesella RO , , Pontecchio Polesine RO , , Porto Tolle RO , , Porto Viro RO , , Rosolina RO , , Rovigo RO , , Salara RO , , San Bellino RO , , San Martino di Venezze RO , , Stienta RO , , Taglio di Po RO , , Trecenta RO , , Villadose RO , , Villanova del Ghebbo RO , , Villanova Marchesana RO , , Villlamarzana RO , , ,40 Fonte: risorsa informativa limiti amministrativi comunali del Quadro Conoscitivo regionale di riferimento per la pianificazione 1.2 Superficie agro silvo pastorale (TASP) Il territorio agro silvo pastorale (TASP) rappresenta il territorio potenzialmente utile per la fauna selvatica e, quindi, comprendente anche le zone umide, i corsi d acqua, i laghi, gli incolti produttivi ed improduttivi con l esclusione delle aree urbane e di quelle fortemente antropizzate e le infrastrutture di trasporto (strade, ferrovie, ecc.). A partire dal TASP si calcolano e individuano gli Istituti Faunistici previsti dalla vigente normativa regionale in materia di caccia (Legge 157/92, Legge regionale 50/93, Doc. Tec. N. 15 dell'infs, ) quali Oasi, ZRC, Ambiti Territoriali di Caccia, calcolo della TASP è inoltre funzionale al calcolo della Densità Venatoria. Nella precedente pianificazione Calcolo del TASP nella pianificazione precedente (piano 2007/2012) erano stati utilizzati i dati del 5 Censimento Generale dell Agricoltura ISTAT) pervenendo al calcolo del TASP attraverso la Σ, per ciascun Comune, delle sup. agricole totale (SAT), dei terreni non utilizzati e delle acque. Nel presente Piano è stato utilizzato un file digitale fornito dalla Regione in formato shapefile, compatibile con software GIS, della superficie di territorio escluso alla TASP (non - TASP) per ciascun Comune della Provincia. Sono stati considerati appartenenti alle classi di suolo improduttive (non TASP) le seguenti categorie: elementi della carta di copertura del suolo regionale (scala 1:10.000, aggiornamento 2009): territori modellati artificialmente (corrispondenti a tutto il codice "1" del primo livello) 7

8 rocce nude (corrispondente a tutti gli elementi con codice 332 del terzo livello -, con l'esclusione degli elementi con codice 3321 = greti e letti di fiumi e torrenti) urbanizzato sparso della carta CTR (Carta Tecnica Regionale), ultimo aggiornamento 2005, non presenti nella carta di copertura del suolo; viabilità (grafo-strade e ferrovie della CTR), non compresi nella carta di copertura del suolo, applicando all'elemento lineare un buffer di volta in volta calcolato sulla base dell'indicazione "classe di larghezza" presente nel grafo strade stesso. NB: la rete stradale è comunque per la maggior parte ricompresa nella categoria "territorio modellato artificialmente" dell'uso del suolo, per cui questo calcolo è stato fatto solo per le parti escluse: 50 metri per le autostrade; per le altre, a seconda della classe di larghezza indicata dal grafo strade, 10, 7 o 5 metri. Per quanto concerne la viabilità, sono state considerate le strade in esercizio; le strade in progetto non sono state inserite, mentre la viabilità in fase di costruzione è stata inserita nel territorio improduttivo solo laddove il sedime stradale fosse già completato. Piano Faunistico Venatorio (PFV) della Provincia di Rovigo anno Dati per Comune. Cod_Istat Comune Sup. Territoriale totale (Ha) Sup. Tasp Totale (Ha) Adria 11364, , Ariano nel Polesine 8111, , Arqua' Polesine 2001, , Badia Polesine 4487,6 3793, Bagnolo di Po 2142, , Bergantino 1766, , Bosaro 602,03 499, Calto 1099,62 999, Canaro 3266, , Canda 1442, , Castelguglielmo 2220, , Castelmassa 1158,53 919, Castelnovo Bariano , Ceneselli 2858, , Ceregnano 3009, , Corbola 1821, , Costa di Rovigo 1609, , Crespino 3179, , Ficarolo 1796, , Fiesso Umbertiano 2741, , Frassinelle Polesine 2195, ,58 8

9 29024 Fratta Polesine 2086, , Gaiba 1206, , Gavello 2428, , Giacciano con Baruchella 1827, , Guarda Veneta 1724, , Lendinara 5532, , Loreo 3950, , Lusia 1760,5 1532, Melara 1753, , Occhiobello 3251, , Papozze 2208, , Pettorazza Grimani 2155, , Pincara 1768,9 1645, Polesella 1650, , Pontecchio Polesine 1147, , Porto Tolle 26131, , Porto Viro 13291, , Rosolina 7438, , Rovigo 10853, , Salara 1434,6 1327, San Bellino 1572, , San Martino di Venezze 3111, , Stienta 2408,9 2197, Taglio di Po 7967, , Trecenta 3502, , Villadose 3250,7 2935, Villanova del Ghebbo 1168,42 913, Villanova Marchesana 1821, , Villamarzana 1403,5 1223,86 Totali , , Sistema informativo territoriale e metodologia di analisi dei dati territoriali a supporto della pianificazione faunistico venatoria Delimitazione e misura degli ATC e degli Istituti previsti nel Piano Il ruolo essenziale svolto dal Sistema Informativo Territoriale della Provincia, attraverso l utilizzo di sistema GIS (Geographic information System) ha permesso un livello di accuratezza elevato nella conoscenza del territorio ed ha consentito di: 9

10 effettuare la perimetrazione delle zone a scala adeguata, appoggiandosi a riferimenti territoriali certi e validati proprio perché quelli rappresentati su Carta Tecnica Regionale, in scala 1:5.000 digitalizzata e georeferenziata, e Ortofoto, in scala 1:10.000; l utilizzo di una base cartografica aggiornata (con riferimento agli aggiornamenti della Carta Tecnica Regionale, anno 2009); la creazione di una banca dati associata alle zone relative agli istituti, riportante attributi quali la denominazione e i Comuni afferenti all area; l estrazione automatica dei valori di superficie degli istituti in ettari (questo in particolare risulta essere un elemento che va a sostituire del tutto la tecnica di misurazione manuale finora praticata, che utilizzava invece come strumento di misura il cosiddetto planimetro polare); elaborazioni numeriche risultanti da operazione tipiche in ambiente gis (quali overlay, buffering, merge, intersect ed erase). Nella delimitazione e successiva digitalizzazione di ciascun istituto previsto dal Piano, si sono seguiti i seguenti criteri: confine delimitato da strada carrozzabile: si è considerato il ciglio stradale lato campagna; confine delimitato da corso d'acqua: si è considerato la mezzeria del corso fluviale; confine delimitato da strada carrozzabile arginale e/o a margine di un corso d'acqua: si è considerato il ciglio stradale lato campagna Risorse informative del Piano Faunistico Venatorio provinciale Tutte le risorse informative del Piano Faunistico Venatorio provinciale sono in formato shapefile, sistema di riferimento Gauss-Boaga fuso Ovest. Secondo i vigenti dettati normativi, per ogni risorsa informativa è stato redatto il relativo Metadato, secondo il modello Core Standard ISO 19115, rel. 3.1, fornito dalla Regione del Veneto, Unità complessa per il Sit e la Cartografia, nell'ambito della pianificazione. L'elenco dei dati, riportato a seguire, precisa la fonte del dato, il nome della risorsa informativa in formato shapefile presente nella cartella del dvd allegato, il contenuto informativo ed il nome del relativo metadato. 10

11 RISORSE INFORMATIVE (presenti in dvd nella cartella \Shapefile) Nome Fonte Nome file Dato Note Rete Natura 2000 Parco Delta del Po Ambiti territoriali di caccia Regione del Veneto (vedi quadro conoscitivo regionale) Parco Delta del Po Provincia di Rovigo sic_2008.shp zps_2008.shp parcodeltapo_ shp atc_ro.shp Perimetro SIC Perimetro ZPS Estrazione dei soli siti ricadenti nel territorio provinciale Perimetro Perimetro del Parco adottato in data 14/12/2012 Perimetro Metadato: Atc_ro.xls Zone di ripopolamento e cattura Oasi Provincia di Rovigo Provincia di Rovigo zoneripopolamentocattura_ro.shp oasi_ro.shp Perimetro Metadato: zoneripopolamentocattura_ ro.xl Perimetro s Metadato: oasi_ro.xls Campi addestramento cani Provincia di Rovigo campiaddestramentocani_ro. shp Perimetro Metadato: campiaddestramentocani_ro.xls Fondi chiusi Provincia di Rovigo fondichiusi_ro. shp Perimetro Metadato: fondichiusi_ro.xls Appostamenti fissi lagunari Provincia di Rovigo appostamenti_fissi_lagunari. shp Posizione Metadato: appostamenti_fissi_lagunari.xls Zone individuate per la collocazione di appostamenti fissi di caccia a titolo individuale in RO1 e RO2 Provincia di Rovigo sup_x_app_fissi_ind_ro1_ro2.shp Perimetro Metadato: sup_x_app_fissi_ind_ro1 _ro2.xls 11

12 Zone di tutela in Ro1eRO2 (superficie territoriale al netto di oasi, zrc, sic, zps, parco, buffer di 250m dai predetti istituti, campi addestramento cani, fondi chiusi, superficie no-tasp) Provincia di Rovigo sup_tutela_ro1_ro2.shp Perimetro Metadato: sup_tutela_ro1_ro2.xls 12

13 2 RAPPORTO CON LA PIANIFICAZIONE A LIVELLO PROVINCIALE: PIANO FAUNISTICO VENATORIO - P.T.C.P. PIANO AMBIENTALE DEL PARCO REGIONALE VENETO DEL DELTA DEL PO 13

14 Il Piano Faunistico Venatorio Provinciale rappresenta uno strumento di gestione non solo faunistica, ma con forti ripercussioni anche sul territorio se è vero, ad esempio, che, soprattutto nel Delta del Po, la caccia, assieme ala pesca e alla vallicoltura, hanno saputo da secoli trarre profitto dall idoneità dell ambiente conservandolo e promuovendone un utilizzo armonico ed integrato. Per questa ragione le linee di pianificazione contenute nel presente documento non possono prescindere dalle strategie fornite da altri Piani di gestione territoriale, in primis dal Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale. Unicamente dalla sinergia fra le indicazioni fornite dal PTCP e quelle del presente piano diviene realizzabile una gestione territoriale razionale, che tenga in considerazione le peculiarità del territorio polesano e le esigenze dei diversi portatori di interesse, con il fine di apportare miglioramenti concreti, non solo alla componente faunistica, ma all'intero territorio provinciale. Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale rappresenta lo strumento con cui la Provincia definisce gli obiettivi generali relativi all'assetto e alla tutela del proprio territorio, connessi ad interessi di rango provinciale o sovracomunale o costituenti attuazione della pianificazione regionale: si tratta, quindi, di un atto di indirizzo della programmazione socio-economica della Provincia avente efficacia paesaggistico-ambientale. 2.1 Piano territoriale di coordinamento provinciale a) Iter procedimentale Il Consiglio Provinciale, con proprio atto n. 18/19105 in data 21/04/09, ha adottato il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale e il Rapporto Ambientale corredato della Sintesi non Tecnica e dalla Valutazione d'incidenza Ambientale; La Giunta Regionale Veneta ha approvato il PTCP con deliberazione n 683 del 17 Aprile 2012, pubblicata sul B.U.R. n 39 del 22/05/2012. L'istruttoria dello strumento urbanistico provinciale è durata alcuni mesi, durante i quali tutte le Direzioni Regionali sono state chiamate ad esprimere un parere sul PTCP. In particolare è stata valutata la conformità del Piano con il PTRC adottato, con il PTRC vigente, con il PdA Delta Po, con i contenuti degli atti di indirizzo e dell'art. 22 della L.R. 11/2004. Successivamente la Giunta Provinciale ha approvato con deliberazione n. 146 del 19 Luglio 2012, i criteri di adeguamento del PTCP al parere VTR e alle prescrizioni dettate dalla Commissione Regionale VAS, quale Autorità Ambientale per la Valutazione Ambientale Strategica. b) gli obiettivi generali del piano 1 E' una costante del Piano l'attenzione alla tutela e alla valorizzazione dell'ambiente e del paesaggio, i quali sono fattori imprescindibili di qualità della vita e di vivibilità del Polesine, sia in termini strettamente psicofisici per l'individuo, sia sotto il profilo culturale, e per tale ragione gli interventi e le attività sul territorio non possono prescindere dalle criticità che lo stesso presenti e da un complessivo rispetto degli elementi naturali che possano essere coinvolti. Da questo punto di vista la protezione dell'ambiente impone, come obiettivi connessi, la difesa del suolo e la tutela dal rischio idrogeologico, a garanzia, prima ancora che del terreno e delle attività agricole, degli insediamenti residenziali e produttivi. L'obiettivo di salvaguardia del territorio si estrinseca anche nella percezione del paesaggio come bene da cogliere nel suo insieme, da apprezzare "vivendolo" ed esaltandone le condizioni di pregio, nonché, 1 Fonte: PTCP all. 1 Sintesi della Relazione,

15 conseguentemente, da salvaguardare in quanto ambiente in cui la persona è immersa quotidianamente. La tutela e la valorizzazione dell'ambiente e del paesaggio non possono essere disgiunti - e anzi, per alcuni aspetti ne sono imprescindibili corollari - dall'intento di conseguire sintesi della relazione un significativo risparmio di territorio, inteso anche come recupero e riconversione degli spazi, come riorganizzazione funzionale ed efficiente delle aree e dei servizi, superando cieche impostazioni campanilistiche a favore di una visione lungimirante e di vasto respiro delle attività e delle destinazioni d'uso delle aree. Sistemi del PTCP Al fine di dare una rappresentazione organica della realtà del territorio, il PTCP ha raggruppato gruppi di argomenti che presentassero un minimo comune denominatore nei seguenti sei sistemi di Piano: il Sistema della Difesa del Suolo, in cui vengono trattati i temi di natura litologica e geologica e quelli relativi alla sicurezza idraulica ed idrogeologica; il Sistema delle Infrastrutture e della Mobilità, che affronta le questioni relative alle infrastrutture materiali ed immateriali, alla mobilità lenta, al trasporto pubblico; il Sistema Ambientale e naturale, che si occupa in particolare dei problemi connessi alla rete ecologica; il Sistema del Primario, articolato in settore agricolo e settore ittico; il Sistema del Produttivo, che si occupa degli insediamenti industriali, artigianali, commerciali e della 15

16 logistica; il Sistema Insediativo Residenziale, al quale è affidato il compito di formulare indicazioni e proposte in merito alle organizzazioni urbane. Di seguito sono riportate le principali linee di indirizzo indicate nei due sistemi di Piano correlati al PTCP, ovvero il Sistema Ambientale e Naturale e il Sistema del Primario. Tali indirizzi sono stati assunti quale fonte di riferimento per le scelte pianificatorie in materia faunistico venatoria. Sistema Ambientale e Naturale 2 Obiettivi di sistema Mantenimento delle dinamiche di distribuzione degli organismi e della vitalità delle popolazioni e delle comunità animali e vegetali Salvaguardia delle diverse forme di vita, degli ecosistemi, delle specie e degli ambienti fondamentali Assoggettamento delle attività antropiche a verifica di compatibilità con gli habitat della flora e della fauna Obiettivi operativi Tutela degli spostamenti delle specie animali e vegetali Garanzia della piena funzionalità dei corridoi ecologici Implementazione degli elementi naturali caratteristici Prevenzione e contrasto dell inquinamento della rete idrografica Salvaguardia delle aree con vegetazione arborea e con colture legnose, dei corpi d acqua e delle zone umide, di siepi e filari di valenza ambientale, di parchi, giardini ed elementi naturali comunque rilevanti Monitoraggio delle specie faunistiche e floristiche e controllo delle specie invasive non caratterizzanti la biodiversità locale Ricomposizione dei siti estrattivi a fini ambientali Realizzazione di interventi di compensazione e mitigazione ambientale Sistema del Primario 3 Il miglioramento della qualità ed il rapporto con il territorio si realizza attraverso l adozione delle buone pratiche agricole in campo agronomico, previste dalla politica comunitaria che, insieme alle iniziative agroambientali di corretta gestione del territorio, consentono di investire nel rapporto con l ambiente e nel contrasto ai cambiamenti climatici, puntando sulla multifunzionalità e diversificazione dell attività agricola. Il P.T.C.P. della provincia di Rovigo si propone anche obiettivi di tutela e gestione delle risorse naturali ed ambientali che, come per gli altri sistemi, mirano a: individuare le aree ad alto valore ambientale, ad elevata integrità e funzionalità ecologica; valorizzare gli ambienti in funzione della stabilità idrogeologica, della valenza ecosistemica e della sostenibilità ambientale, anche in funzione degli obiettivi di Kyoto e di contrasto ai cambiamenti climatici; 2 3 Fonte: PTCP all. 1 Sintesi della Relazione, Fonte: PTCP all. 1 Sintesi della Relazione,

17 integrarne la continuità ecologica, attraverso il sistema dei nuclei e dei corridoi ecologici, al fine di promuovere la biodiversità animale e vegetale, ma anche un sistema di zone umide in diretta continuità con la rete idrografica per salvaguardare la qualità della risorsa idrica; collegare e completare la rete ecologica, attraverso l individuazione di biotopi, parchi provinciali, ambienti naturali di rilevanza naturalistica, sia in zone verdi (boscate, arginali, dunali, paleoalvei e altri elementi del paesaggio), sia in zone umide integrate al sistema idrografico; caratterizzare a livello provinciale ambiti di paesaggio agrario e individuare strategie di tutela e valorizzazione del verde urbano ed extraurbano funzionali al perseguimento della salvaguardia della qualità della risorsa idrica, del miglioramento della qualità dell aria, della riduzione delle emissioni di anidride carbonica, del contrasto ai cambiamenti climatici; caratterizzare gli ambienti naturali in funzione della conservazione della fauna selvatica e del mantenimento degli elementi del paesaggio, per la qualificazione del territorio rispetto ad una fruibilità di turismo rurale e fluviale inserita in un contesto di multifunzionalità agricola e di complementarietà ed integrazione al sistema produttivo, e per la valorizzazione dei prodotti ed identificazione territoriale delle produzioni; integrare ed infrastruttuturare sotto il profilo ambientale il sistema di mobilità lenta che si sta sviluppando nel territorio, seguendo le direttrici dei grandi fiumi, ma che non può prescindere dal contesto agroambientale e da una efficace presentazione dei percorsi ambientali strutturati in itinerari naturalistici, didattici, di ricerca e conoscenza del territorio, oltre che di promozione dei prodotti tipici; 2.2 Sinergia tra PTCP e Piano faunistico venatorio provinciale Di seguito vengono messi in luce i punti salienti di contatto, sinergia e interazione tra i due strumenti di pianificazione. P.T.C.P. Estratto Norme Tecniche Titolo III SISTEMA AMBIENTALE NATURALE Art. 21 Obiettivi del Sistema Ambientale Naturale 1. Il P.T.C.P., in coerenza con le finalità di cui agli artt. 1 e 3, assume come obiettivo primario il mantenimento delle dinamiche di distribuzione degli organismi, della vitalità delle popolazioni e delle comunità vegetali e animali, la salvaguardia della diversità delle forme di vita, degli ecosistemi e delle specie, tutelandone gli ambienti fondamentali, e sottopone le attività antropiche a verifica di compatibilità con gli habitat della flora e della fauna. Art. 22 Definizioni per il Sistema Ambientale Naturale 1. Ai fini delle presenti norme si definiscono: Rete Ecologica: l insieme delle aree ecologicamente rilevanti per valori naturalistici e ambientali, fra loro connesse da corridoi ecologici; è composta da Aree Nucleo, Corridoi Ecologici e altri elementi lineari e areali, assimilabili ai precedenti per valori naturalistici e ambientali; ( ) 17

18 Art. 23 Individuazione degli elementi del Sistema Ambientale Naturale 1. Il P.T.C.P. recepisce gli elementi della Rete Ecologica Regionale individuata e definita dalle norme e cartografie del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento, rispettandone prescrizioni e vincoli, e provvedendo a dare attuazione alle relative direttive. 2. Il P.T.C.P. individua nella Rete Ecologica di cui all art. 22 il mezzo per salvaguardare la biodiversità e realizzare gli obiettivi esposti all art. 21. ( ) Art. 24 Indirizzi per il Sistema Ambientale Naturale La Provincia tutela gli spostamenti delle specie animali e vegetali, garantisce la strumentalità a tal fine dei corridoi ecologici e promuove l implementazione degli elementi naturali caratteristici. La Provincia pone in essere efficaci misure per prevenire e contrastare l inquinamento della rete idrografica, per garantire il mantenimento di aree con vegetazione arborea e con colture legnose, di corpi d acqua e zone umide, di siepi e filari di valenza ambientale, di parchi e giardini ed elementi naturali comunque rilevanti. La Provincia preserva e incentiva la diversificazione delle specie faunistiche e floristiche nel proprio territorio. La Provincia riconosce e assicura il valore fondamentale dell agricoltura tradizionale nelle aree appartenenti alla rete ecologica. La Provincia, al fine di contrastare eventuali fenomeni di degrado ed impoverimento della biodiversità, d intesa con i Comuni e gli altri Enti competenti in materia di tutela ambientale, effettua specifiche campagne di monitoraggio delle specie e delle comunità faunistiche e floristiche presenti sul territorio. La Provincia, al fine di ridurre l impatto negativo che le specie esotiche possono avere sugli ecosistemi, promuove e sostiene efficaci azioni di controllo delle specie invasive, sia della fauna che della flora, non caratterizzanti la biodiversità locale. La Provincia ritiene che la ricomposizione dei siti estrattivi, ovunque ubicati, debba essere informata alla valorizzazione e riuso del territorio a fini ambientali, paesaggistici, agricoli, idraulici in particolare come bacini di laminazione o artificiali, turistico-ricreativi e di incentivazione della biodiversità nel rispetto di quanto previsto dalla specifica normativa di settore. ( ) Art. 34 Criteri e modalità per la corretta gestione della Rete Ecologica Al fine di agevolare la disciplina di dettaglio e la realizzazione concreta degli interventi volti a garantire la salvaguardia della biodiversità di cui al presente Titolo, la Provincia indica a tutti i soggetti competenti i criteri e modalità attuative illustrati nei commi seguenti. In relazione alla tutela delle aree boscate di particolare valenza ambientale e naturalistica si raccomanda di: evitare la raccolta del legno morto e marcescente; creare fasce tampone circostanti, sia boschive che prative; spiantare le specie alloctone. 3. In merito ai sistemi agricoli complessi: gli interventi di pulizia e sfalcio della rete scolante vanno effettuati al di fuori del periodo di riproduzione della fauna e quindi non nel periodo compreso tra il primo di aprile ed il primo di luglio. è consigliata l adozione di tecniche di coltivazione a minor impatto nonché la differenziazione delle colture, la creazione di zone incolte periodicamente ruotate o, 18

19 meglio ancora, di prati stabili sfalciati annualmente o ogni due anni e comunque da non sfalciare nel periodo riproduttivo. 4. Per quanto concerne le aree umide di particolare valenza ambientale e naturalistica e i laghetti di cave senili dimesse, dovrebbero essere: evitati gli interventi di manutenzione, pulizia, sfalcio nel periodo di riproduzione della fauna, ed in particolare nel periodo compreso tra aprile e giugno compresi; evitati gli sbalzi repentini del livello idrico, onde evitare di danneggiare la riproduzione delle specie animali e la struttura della vegetazione, essendo assolutamente da escludere il totale prosciugamento, anche se temporaneo, di questi siti; evitati lo sfalcio e l asportazione delle idrofite nel periodo compreso tra il mese di aprile e quello di agosto compresi; evitati la regimentazione delle sponde, nonché la loro cementificazione; evitati la pratica dell incendio come metodo sostitutivo al taglio della cannuccia; incentivati la reintroduzione di specie vegetali non più presenti, in particolare quelle legate all acqua; incentivati la creazione di fasce tampone, preferibilmente con il sistema della macchia-radura o comunque boscate; incentivati l utilizzo di tecniche proprie della bioingegneria per interventi di sistemazione idraulica, nonché la stesura di maglie metalliche antinutria; incentivati lo sfalcio periodico e l allontanamento delle biomasse. PIANO FAUNISTICO VENATORIO PROVINCIALE a) Sintesi degli obiettivi del pfv Conseguire gli obiettivi di conservazione e tutela della fauna e degli habitat individuati ai sensi delle Direttive Habitat e Uccelli, in base ad una razionale programmazione del territorio e delle risorse naturali ed ambientali. Le presenze faunistiche sono promosse prioritariamente mediante la tutela, la conservazione e il ripristino degli ambienti naturali idonei. La pianificazione faunistico-venatoria è finalizzata, per quanto attiene alle specie carnivore, allaconservazione delle effettive capacità riproduttive e al conseguimento naturale di altre specie e, per quanto riguarda le altre specie, al conseguimento della densità ottimale e alla sua conservazione mediante la riqualificazione delle risorse ambientali e la regolamentazione del prelievo venatorio (art. 10 l. n. 157/1992). Valorizzare, attraverso una programmazione sostenibile delle attività gestionali e venatorie, le tradizioni venatorie regionali legate alle peculiarità territoriali e faunistiche, compatibilmente con la normativa vigente. Pervenire ad un misurabile miglioramento dei parametri di autosufficienza della produzione di selvaggina cacciabile e ad una riduzione dei contingenti di selvaggina immessi sul territorio provenienti da allevamento e comunque dall estero Ricondurre il fenomeno dei danni causati dalla fauna selvatica alle attività agricole a livelli di tollerabilità e di sostenibilità economica, attraverso una corretta pianificazione territoriale tenuto conto delle vocazionalità faunistiche e delle vulnerabilità del territorio e delle produzioni, favorendo lo strumento della prevenzione. Contenere l espansione e, per quanto possibile, tendere all eradicazione, di specie estranee al panorama faunistico, in particolare se la loro presenza è causa di possibili conflitti con attività 19

20 antropiche e con la salvaguardia delle componenti biocenotiche autoctone (con particolare riferimento alla nutria). Promuovere un miglioramento in termini qualitativi e quantitativi del livello di conoscenza delle componenti faunistiche regionali e dei parametri relativi all attività venatoria e più in generale a tutte le attività connesse alla gestione faunistica. b) Strumenti attuativi del piano Il Piano faunistico venatorio provinciale prevede, tra l altro, la individuazione: delle oasi di protezione; delle zone di ripopolamento e cattura; dei centri pubblici di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale; dei centri privati di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale; delle zone e i periodi per l'addestramento, l'allenamento e le gare di cani anche su fauna selvatica naturale o con l'abbattimento di fauna di allevamento appartenente a specie cacciabili, la cui gestione può essere affidata ad associazioni venatorie e cinofile ovvero ad imprenditori agricoli singoli o associati; dei criteri e il procedimento per la determinazione del risarcimento, in favore dei conduttori di fondi rustici, per i danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole, di acquacoltura e alle opere approntate sui fondi vincolati per gli scopi di cui alle lettere a), b) e c); dei criteri e il procedimento per la determinazione degli incentivi in favore dei proprietari o conduttori dei fondi rustici singoli o associati, che si impegnino alla tutela ed al ripristino degli "habitat" naturali e all'incremento della fauna selvatica nelle zone di cui alle lettere a) e b); deiprogrammi di miglioramento ambientale, volti a favorire la riproduzione naturale e la sosta di fauna selvatica, comprendenti eventuali progetti di valorizzazione del territorio presentati da singoli proprietari o conduttori di fondi, a norma del comma 4 dell'articolo 23 della legge n. 157/1992; nonché iniziative di ripristino di biotopi distrutti e di creazione di biotopi con particolare riguardo ai territori di cui alle lettere a) e b); dei programmi di immissione di fauna selvatica anche tramite la cattura da attuare con la collaborazione delle associazioni venatorie, di selvatici presenti in soprannumero in parchi nazionali e regionali ed in altri ambiti faunistici, salvo accertamento delle compatibilità genetiche da parte dell'infs e sentite le strutture regionali delle organizzazioni professionali agricole presenti nel Comitato tecnico faunistico-venatorio nazionale di cui all'articolo 8 della legge n. 157/1992. AZIONI Aree di tutela faunistica Oasi di Protezione: Il Piano prevede la istituzione di n. 28 oasi di protezione che si estendono per una superficie complessiva di 2.569,03 ettari. Tutti gli istituti ricadono all interno della Rete Ecologica Provinciale e 6 di esse rientrano in Aree Nucleo (Rete Natura 2000) con una superficie complessiva pari ad ettari circa. 4 oasi istituende risultano comprese nelle aree indicate dall Atlante dei vincoli paesaggistici ed ambientali della Provincia di Rovigo (oasi Gorgo Marola, Gorghi di Trecenta, Cave Danà, Vasche di Colombano). Zone di ripopolamento e cattura: Il Piano prevede la istituzione di n. 54 ZRC che si estendono per una superficie di ettari (pari ad ettari di superficie T.A.S.P.). Queste aree hanno una percentuale di superficie urbanizzata inferiore al 6%, e quindi riguardano ambiti agrari, solitamente scelti tra i migliori dal punto di vista ambientale. 20

21 Monitoraggi Il Piano prevede la realizzazione di una serie di censimenti e monitoraggi standardizzati, rivolti alle specie di fauna stanziale oggetto di prelievo venatorio e di gestione (lepre, fagiano, starna, volpe). In particolare i monitoraggi riguardano tutta la superficie delle Zone di ripopolamento e cattura, da svolgersi sia nei confronti delle popolazioni in periodo riproduttivo che post-riproduttivo (censimenti notturni con faro, diurni con cane da ferma, diurni su transetti, ecc...). Piani di controllo Il Piano prevede l'organizzazione di piani di contenimento numerico di specie alloctone dannose sia per le colture che per gli habitat (con particolare riferimento alla nutria), nonché piani di riduzione numerica per le specie che interagiscono negativamente con le colture o con la selvaggina oggetto di caccia (volpe, corvidi) con la finalità di ridurne gli effetti negativi. Appostamenti fissi a titolo individuale Il Piano prevede che gli appostamenti fissi a titolo individuale possano essere ubicati esclusivamente a mt. 250 dagli istituti di tutela (oasi, ZRC), nonché dai siti della Rete Natura 2000; questo al fine di mitigare l'impatto prodotto dall'attività venatoria nei confronti della fauna presente in zone di particolare pregio faunistico. Il Piano prevede, inoltre, che l allagamento dell area sulla quale insiste l appostamento stesso per l intero anno o, almeno, nel periodo riproduttivo, costituisca titolo preferenziale per il rilascio della autorizzazione; questo al fine di incentivare la permanenza dell'acqua anche in periodo primaverile-estivo, con maggior beneficio per la riproduzione della fauna. Miglioramenti ambientali Il Piano va ad individuare le tipologie di miglioramenti ambientali realizzabili in ambito agrario, con il fine di incentivare la presenza di fauna e di mantenimento delle caratteristiche tradizionali del territorio. Va inoltre a indicare le aree ove realizzarli in maniera preferenziale (oasi, ZRC), nonché fissa un budget minimo che gli ATC devono investire in dette azioni di miglioramento. Immissioni di fauna Il Piano detta le norme per l'immissione sul territorio di specie oggetto di prelievo venatorio. In particolare detta norme che evitino il propagarsi di malattie, che portino ad un miglioramento degli individui immessi (sia dal punto di vista genetico, che sanitario, che di chance di sopravvivenza); incentiva, inoltre, la reintroduzione della starna, specie caratteristica del paesaggio agrario e in via di riaffermazione. *** 21

22 Oltre che per l esame e l implementazione delle scelte pianificatorie, il PTCP ha costituito una fondamentale risorsa di dati desunti dai diversi elaborati che lo compongono (Relazione Tecnica, Rapporto Ambientale V.A.S., tematismi grafici) che sono stati riportati nei capitoli dedicati all inquadramento territoriale e alla descrizione del territorio provinciale del presente Piano, citandone la fonte. 2.3 Piano Ambientale del Parco Regionale Veneto del Delta del Po Il Parco Regionale Veneto del Delta del Po è stato istituito con Legge regionale n. 36, in data Come riportato nel Cap. 8 del presente Piano, la sua attuale perimetrazione (contenuta nel Piano del Parco, deliberata dal Consiglio in data ) si estende per complessivi ettari ricompresi negli A.T.C. RO2 e RO3, i quali vengono evidenziati nella successiva tabella. ATC SUP. TOT. SUP. NO- TASP SUP. TASP SUP. PARCO % PARCO / TASP SUP. SIC SUP. ZPS RO , , , ,01 2,96% 1.021,32 925,78 RO , , , ,44 19,25% , ,32 TOT , , , ,45 7,84% , ,09 Il Parco, pur comprendendo anche territori posti nei comuni di Adria, Loreo, Papozze (A.T.C. RO2), è parte integrante soprattutto dell ATC Delta del Po dal punto di vista ambientale e faunistico, poiché comprende tutte le emergenze naturali, nonché la maggior parte del patrimonio faunistico di tutte le specie di fauna presenti sul territorio e, particolarmente, dell avifauna legata agli ambienti umidi e salmastri. Da tale punto di vista, l area del Parco non può che costituire un sistema integrato tra aree naturali e semi-naturali a valenza ambientale diversificata (tipico esempio quello delle valli da pesca) ed aree antropiche e agroproduttive fisicamente connesse, nel quale si produce una notevole diversità biologica e si producono rapporti di complementarità ed interdipendenza tecnicamente favorevoli. 22

23 Tav. 1 - Perimetrazione definitiva Parco Regionale Delta del Po. Fonte: Ente Parco Regionale Veneto Delta del Po. Le numerose emergenze ambientali (inquinamento, consumo di suolo, perdita di habitat e specie, specie alloctone, ecc ), dovrebbero portare in secondo piano le contrapposizioni ideologiche e rimarcare invece l importanza e l urgenza di saper costruire un sistema di relazioni istituzionali e sociali finalizzato al medesimo obiettivo: la conservazione degli ambienti naturali e della fauna, quale risultato di un perfetto intreccio e sinergia tra politiche di conservazione, agricole, forestali, zootecniche e di prelievo faunistico sostenibile. Per le suesposte motivazioni questo Piano si pone l obiettivo di determinare, anche per quanto concerne la fauna del Parco, i criteri e gli orientamenti complessivi sulla omogeneità nei comportamenti di gestione del territorio. Si vuole tendere, cioè, ad evitare che le competenze amministrative diverse di territori adiacenti e le diverse gradualità di tutela ambientale degli stessi, possano provocare atteggiamenti contrapposti con decisioni che potrebbero compromettere, complessivamente, gli equilibri biologici ed ambientali dell intero comprensorio. In tale ottica le aree ricadenti all interno del perimetro del Parco, quelle assoggettate a regime di caccia programmata nonché a strutture di iniziativa privata (AFV), vengono a perseguire obiettivi ed interessi 23

24 comuni di conservazione, tutela e gestione della fauna selvatica, in un quadro di equilibrio tra le diverse esigenze in gioco, al fine di evitare che orientamenti e criteri errati in un settore del territorio, possano riversarsi negativamente anche nel territorio limitrofo. Nella stessa relazione che accompagna il Piano Ambientale del Parco si riconosce, ad esempio, per quanto riguarda i territori vallivi l esigenza di armonizzare e omogeneizzare le normative in modo da evitare differenze fra il dentro e il fuori del parco nelle situazioni dove non è presente una individuabile soluzione fisica di continuità (..). Così, ad esempio, un eccesso di conservazione passiva di determinate specie ittiofaghe (Cormorano) nelle zone di Parco potrebbe creare situazioni di incompatibilità, sia all interno del Parco stesso, sia nelle aree esterne ad esso dove viene praticata l itticoltura, mentre analoghi contraccolpi di segno negativo verso le aree di Parco potrebbero derivare da comportamenti illeciti o comunque privi di etica venatoria nelle aree esterne (uso di richiami acustici a funzionamento elettrico nelle lagune, eccessiva pasturazione o abbattimenti massivi nelle valli). Il Piano Faunistico Venatorio Provinciale ha, inoltre, significative connessioni con la gestione e la conservazione del sito della Rete Natura 2000 ZPS IT Delta del Po. Gli ipotetici effetti significativi (qualora rilevati) su habitat e specie di interesse comunitario determinati dalle varie attività da esso previste e dalle situazioni connesse e/o correlate alla gestione faunistica e venatoria, vengono attenuati o annullati adottando le misure mitigative riportate nella V.Inc.A. che accompagna il presente Piano. In questa sede ci si limita ad osservare che le diverse attività (e le loro eventuali implementazioni sul territorio cacciabile e protetto) dovrebbero essere oggetto di monitoraggio a cadenza annuale per la verifica puntuale degli obiettivi prefissati. Piano. Di seguito vengono evidenziati alcuni punti di contatto con il PAdP che sono stati recepiti nel presente Appostamenti fissi di caccia a titolo collettivo ubicati nelle lagune deltizie. Come sarà precisato nel successivo Cap. 15 del presente Piano, i n. 317 appostamenti fissi ubicati nel territorio lagunare polesano (riportati nell apposito Elaborato di Piano n. 8) risultano ubicati esternamente al perimetro definitivo come indicato alla Tav. 1 allegata al Piano Ambientale del Parco del Delta del Po approvato con Deliberazione Consiliare n. 18 del 17/12/2012. Perimetrazione del Parco all interno delle Valli. La nuova perimetrazione del Parco all'interno delle Aziende faunistico-venatorie vallive appare soddisfacente in quanto relativamente congruente con il Piano D'area a suo tempo approvato con Delibera del Consiglio Regionale n del Dopo la definitiva approvazione del PFVR, le porzioni di Parco ricadenti all interno di ciascuna valle costituiranno la base di riferimento per la destinazione ad oasi delle AFV vallive, fatta salva la verifica in ordine alla loro congruità con il disposto di cui all art. 29, comma 5 della L.R. 50/1993 e successive modifiche ed integrazioni. Ad li là delle implementazioni legate alla distribuzione spaziale degli strutture faunistiche in aree demaniali e private, si ritiene essenziale indicare nel presente Piano alcune linee di azione (già descritte in altre parti di questo documento) che dovranno costituire oggetto di confronto e collaborazione con l Ente Parco nel breve-medio periodo: Monitoraggio delle tane di Volpe lungo le arginature dei vari rami del Po ed eventuali interventi di prelievo finalizzati alla limitazione del rischio idraulico legato alla presenza delle tane di Volpe nelle aree arginali (secondo quanto indicato dalle competenti Autorità di Bacino, AIPO e Genio Civile). Pianificazione di un programma di monitoraggio regolare e coordinato dell'avifauna acquatica da effettuare secondo metodologia standardizzate, e in particolare: - proseguire i censimenti dell'avifauna acquatica svernante (IWC) promossi da Wetlands International e coordinati dall'ispra garantendo un'efficace copertura di tutte le zone umide del Delta, con estensione anche ai periodi di migrazione autunnale e primaverile; 24

25 - monitorare e censire almeno su base mensile, tra settembre e marzo, i roost di Ardeidi e Phalacrocoracidi (Cormorano, Marangone minore); - monitorare le colonie di nidificazione di Caradriformi, in particolare in ambiente vallivo, con verifica degli effetti su queste dovuti alla gestione ittico-venatoria. Regolamentazione delle operazioni di pasturazione artificiale nelle AFV vallive, con incentivazione delle operazioni di miglioramenti ambientali atti a favorire la crescita spontanea di vegetazione di fondale utile all'alimentazione dell'avifauna acquatica. Pianificazione ed attuazione in collaborazione con l'atc, le aziende faunistico-venatorie e le associazioni venatorie, di un programma coordinato, standardizzato e regolare di monitoraggio quali e quantitativo del carniere venatorio per la produzione di statistiche attendibili riguardo allo sforzo ed al prelievo venatorio con particolare riguardo alle specie acquatiche (Anatidi, Rallidi, Caradriformi). Pianificazione ed attuazione in collaborazione con l'atc, le aziende faunistico-venatorie e le associazioni venatorie, di un programma regolare di raccolta dati sulla composizione del carniere venatorio relativo agli Anatidi al fine di determinare le classi di età e e sesso (presa visione dei carnieri, raccolta a campione di capi abbattuti, ecc...). Attuazione piani di contenimento/eradicazione di specie invasive alloctone quali Sylvilagus floridanus (Silvilago), Myocastor coypus (Nutria) e Sciurus carolinensis (Scoiattolo grigio nordamericano). Predisposizione di un programma relativo alla attenuazione dell impatto prodotto dalla predazione da uccelli ittiofagi nelle valli da pesca. 25

26 3 - INQUADRAMENTO TERRITORIALE 26

27 3.1 Aspetti geo-morfologici, climatici e paesaggistici Inquadramento geografico La provincia di Rovigo si estende su una superficie complessiva di circa km2 nella parte meridionale della Regione Veneto; confina a nord con le province di Verona, Padova e Venezia, ad ovest con quella di Mantova e a sud con quella di Ferrara. Il Polesine si sviluppa principalmente lungo la direttrice est-ovest, presentando una lunghezza di circa 110 km, mentre la larghezza (direzione nord-sud) è inferiore ai 20 km. Il territorio, caratterizzato dalla presenza di una fitta rete di canali di bonifica, è attraversato dai due principali fiumi italiani, l Adige e il Po, che costituiscono di fatto rispettivamente i confini nord e sud della provincia. La provincia è poi attraversata longitudinalmente nella parte centrale dall'asta del Tartaro Canalbianco Po di Levante che attualmente rappresenta una importante via navigabile. La parte orientale del territorio provinciale, ospita un ambiente di rara importanza e pregio paesaggistico naturalistico, ovvero il Delta del Po, caratterizzato da pinete, valli da pesca, lagune, sacche, bonelli, scanni, che rappresentano degli habitat unici per molte specie animali e vegetali, ed inoltre con gli oltre 180 km2 di superficie valliva e lagunare costituisce la più importante zona umida italiana. Gli aspetti morfologici Il territorio è interamente pianeggiante, di origine alluvionale, con quote che degradano lungo la direzione ovest - est con pendenze molto modeste, passando da valori poco superiori ai 12 m s.l.m. nel comune di Melara, a valori inferiori ai 4 m nei territori del Delta del Po. La pianura è interrotta da limitate zone rilevate, sia di origine naturale, quali dossi fluviali, dune fossili (quello che rimane) e ventagli di esondazione, che di origine antropica, quali gli argini del Po, dell Adige e del Fissero-Tartaro-Canalbianco-Po di Levante, nonché antiche arginature trasversali. La provincia di Rovigo, per buona parte è soggiacente il livello medio del mare (indicativamente lo zero passa per i comuni di San Martino di Venezze, Villadose, Ceregnano, Crespino); tale circostanza unitamente alla presenza di corsi d acqua pensili (l Adige a nord, ii Tartaro-Canalbianco-Po di Levante al centro e il Po a sud), origina una situazione idraulica molto particolare, nella quale le opere di bonifica (canali, impianti di sollevamento), le strutture di difesa a mare e le arginature dei fiumi, proteggono quasi l intero Polesine dalle acque. Tale scenario, è anche il risultato della forte subsidenza, provocata dalle estrazioni di metano, avvenute tra il 1938 e il I dossi fluviali, che rappresentano i segni delle frequenti variazione dell idrografia avvenute nel corso dei secoli, talvolta intercludono delle zone depresse, nelle quali diventa difficoltoso lo smaltimento delle acque meteoriche. Gli aspetti litologici Il substrato di origine alluvionale, formato per lo più dagli apporti del fiume Po, è principalmente costituito da materiali a tessitura prevalentemente limo-argillosa (talvolta con inclusioni torbose); materiali più grossolani a tessitura prevalentemente sabbiosa sono presenti invece lungo i dossi fluviali. Materiali a maggior granulometria di origine eolica, rinvenibili in corrispondenza delle antiche linee di costa, avevano originato nei comuni Rosolina, Porto Viro, Taglio di Po ed Ariano Polesine dune fossili di notevoli dimensioni, di cui oggi rimangono, a causa principalmente dell azione antropica, solamente alcuni relitti. In generale i materiali a tessitura limo-arigillosa presentano una limitata permeabilità, che in particolari 27

28 condizioni morfologiche, quali le interclusioni di zone depresse tra dossi, possono dare origine a fenomeni di ristagno idrico. Gli aspetti Idrogeologici Gli acquiferi della provincia di Rovigo, rientranti nella fascia della Bassa Pianura, sono in generale caratterizzati da una bassa potenzialità ed estensione ridotta. Il sistema è multifalde, caratterizzato da falde freatiche superficiali sovrapposte a falde confinate più profonde, che vengono alimentate sia direttamente dalle precipitazioni atmosferiche (quelle superficiali), che, principalmente, dalle filtrazioni nel sottosuolo di acque superficiali del reticolo idrografico principale. La direzione di deflusso delle falde segue grosso modo quello dei corsi d acqua superficiali, ovvero la direzione ovest est. Gli aspetti idrologici e climatici Il clima abbastanza uniforme in tutta la Provincia, è caratterizzato da inverni relativamente rigidi e umidi e da estati calde ed afose. L'umidità relativa è molto elevata, con frequenti nebbie nel periodo invernale. Le precipitazioni medie annue sono abbastanza scarse (mediamente mm annui), comunque inferiori alla media regionale, e concentrate per lo più nelle stagioni primaverili ed autunnali; esse non sono in grado di equilibrare le perdite d acqua per evapotraspirazione e, pertanto, il bilancio idroclimatico risulta negativo. Gli aspetti idrografici ed idraulici Il territorio polesano, compreso tra i tratti terminali dei fiumi Adige e Po, è caratterizzato da un sistema idrografico estremamente complesso, nel quale lo scolo delle acque è garantito da una fitta rete di canali di bonifica, che hanno uno sviluppo complessivo di quasi km. L evoluzione del territorio polesano L evoluzione del territorio polesano, come in generale quello della Pianura Padana, è stata condizionata dai mutamenti climatici avvenuti nel corso dei millenni, che hanno determinato continue fasi di ritiro ed espansione del mare. Dal Pliocene, 5-2 milioni di anni fa, quando il mare lambiva i rilievi alpini ed appenninici, al Wurm, anni fa, l ultimo periodo glaciale, si venne formando la pianura Padana. La linea di costa sull Adriatico si stabilizzò solo anni fa ed è da quel periodo che possiamo seguire con buona approssimazione il processo evolutivo del territorio afferente al fiume Po. All Età del Bronzo (5.000 anni fa) il Po si biforcava nei pressi di Guastalla, nella bassa pianura reggiana, dando vita a due rami: Il Po di Adria a nord ed il Po di Spina a sud. In epoca etrusca e romana il corso del Po e il suo apparato deltizio si sviluppava a sud di Comacchio e successivamente subì profonde modifiche nel corso dei secoli sia per cause naturali che antropiche. L attuale conformazione geo-morfologica del territorio palesano comincia a delinearsi all inizio del secondo millennio. Una piena storica causò, nell anno 1152, la rotta di Ficarolo, a seguito della quale il corso del fiume si raddrizzò dirigendosi più a nord; anche il Delta nei secoli successivi andò via via estendendosi in quella direzione. I rami verso Nord-est si ingrossarono riducendo l afflusso delle acque verso il Po di Primaro e di Volano. Tra il 1600 ed il 1604, per timore che l espansione a nord-est del Delta andasse ad interrare la laguna di Venezia, il Po fu deviato a sud verso La Sacca di Goro con un canale artificiale che è il suo letto attuale. Questo intervento detto Taglio di Porto Viro, determinò l inizio della formazione del Delta moderno. Se prima del 1600 il Delta si espandeva di circa 53 ettari l anno, dal 1604 al 1840 si passò a 135 ettari l anno. Fu così che l espansione verso est del Po e delle diramazioni provocarono il riempimento della Sacca di Goro dando 28

29 origine al territorio del comune di Porto Tolle. Incerta dunque, marginale e fisicamente sofferta la compenetrazione terra-acqua ha imposto nei secoli un rapporto con la natura del tutto particolare. Un tessuto artificiale di canali, idrovore, di innalzamento degli argini fluviali a causa delle costipazioni dei terreni seguiti agli interventi di bonifica, di terreni che una volta bonificati tornarono ad allagarsi a causa di forti fenomeni di subsidenza, che rimane completamente al di sotto del livello del mare, eccezion fatta per argini, scanni e dune fossili. Questi aspetti molto evidenti nel Delta, scompaiono verso ovest, essendo le terre relativamente più consolidate. Dal punto di vista litologico, a grandi linee, il territorio del Polesine occidentale e centrale è caratterizzato da una larga fascia che presenta fenomeni di sedimentazione fluviale nella quale sono presenti tutti i tipi litologici. Suolo e sottosuolo Inquadramento litologico, geomorfologico e geopedologico Con il termine litologia si intende dare una descrizione macroscopica e dell'affioramento con riferimento sia alle rocce che ai sedimenti come caratteristiche generali del territorio provinciale. La carta descrivere complessivamente il territorio provinciale per classi litologiche (Fonte: Regione del Veneto, Museo dei Grandi Fiumi (Rovigo). Con il termine geomorfologia si intende classificare schematicamente il territorio provinciale in unità caratteristiche delle forme del terreno nei loro rapporti con la litologia e le strutture geologiche, individuazione 29

30 delle tendenze evolutive in atto nel paesaggio. Fonte: Provincia di Rovigo, Ufficio SIT Aspetti climatici L influenza del mare adriatico da una parte e della Pianura Padana dall altra, determinano sul territorio palesano nel complesso, un clima temperato freddo ad elevata escursione termica estiva, con estati calde e inverni rigidi. Il mare Adriatico infatti, per la sua ridotta profondità, non è in grado di mitigare i rigori invernali. 30

31 Si possono demarcare, seppure in maniera non netta, due regioni: una a carattere sub-litoraneo ed una a carattere sub-continentale. La prima fascia si estende lungo la zona costiera e presenta alcuni aspetti di maggior spicco. Per quanto attiene alle precipitazioni, si registra un valore tra i più bassi a livello regionale, con precipitazioni medie annue inferiori ai 500 mm. Nonostante l apporto meteorico medio risulti scarso, non mancano le precipitazioni intense a carattere di rovescio temporalesco. Da un punto di vista anemologico, la fascia costiera risulta essere ampiamente ventilata durante tutto l arco dell anno: durante la stagione fredda infatti, il bacino adriatico è influenzato da correnti orientali e nord-orientali, mentre nella stagione calda sono preponderanti le circolazioni di brezza che hanno origine dall accentuato contrasto termico mare-terra. Nella seconda fascia gli aspetti di maggior rilievo sono: la mancanza di una attiva ventilazione e una maggiore escursione termica giornaliera. A ciò si devono le temperature estreme più marcate, con condizioni di gelo nei mesi invernali, per la presenza di inversioni termiche al suolo alle quali conseguono alti valori di umidità relativa e persistenti formazioni nebbiose, nonché condizioni di intenso riscaldamento ed evaporazione dei suoli nei mesi estivi che portano condizioni di caldo umido. Assetto idraulico Il territorio polesano rappresenta un esempio di delicato equilibrio fra terre ed acque, sempre laboriosamente inseguito e mai definitivamente raggiunto. La sua superficie è soggetta alla bonifica: le acque vengono raccolte e canalizzate per mezzo di una fitta rete di opere idrauliche e di numerosi impianti idrovori. Nella Provincia di Rovigo operano i Consorzi di Bonifica, enti deputati al mantenimento dell'equilibrio idraulico del territorio. Nel corso del tempo tali Consorzi, mutati in denominazione e territorio di competenza, si sono occupati della costituzione della rete scolante, del suo mantenimento in esercizio e della risoluzione di problemi idraulici derivanti dalla subsidenza e dalle rotte fluviali. Aspetti vegetazionali L assetto territoriale ha subito profonde trasformazioni dalla fine del 1800 ai giorni nostri; esse si sono pesantemente riflesse sulla composizione floristica e sul quadro vegetazionale che oggi risultano notevolmente modificai rispetto a quelli conosciuti per il XIX secolo. Fino alla introduzione della macchina a vapore nell attività di bonifica, il territorio era dovunque caratterizzato da estese superfici paludose, valli da pesca e terreni bassi sui quali l agricoltura era scarsamente praticata. Sul finire del 1800, ambienti umidi erano ancora frequenti sia nel medio che nell alto Polesine: 855 ha nel Distretto di Rovigo, nel Distretto di Polesella, in quello di Occhiobello, a Castelmassa, a Badia Polesine (Morpurgo, 1882). Nel basso Polesine si contavano ben ha di valli salse, ha di valli incolte e 30 ha di laghi. Nel Distretto di Adria sulle zone più elevate lungo il Po e il Canal Bianco, le campagne erano suddivise in regolari appezzamenti riquadrati da carreggiate, da fossi, da diritti e paralleli filari di piante sotto le quali erano coltivate le viti. Più a est, nei comuni di Contarina, Taglio di Po, Ariano, Donada, Rosolina e Porto Tolle il paesaggio era uniformemente melanconico, con radi filari di alberi, viti e colture di cereali in asciutto (Bisinotto, 1882). Le conoscenze floristiche riguardanti quel periodo provengono in primo luogo dalle ricerche condotte dal rodigino Gaetano Grigolato (1843, 1847, 1854), successivamente integrate da De Visiani e Saccardo ( ), da Terracciano ( ), De Bonis ( ), Bolzon (1900) e Béguinot (1911). La bibliografia prodotta da questi autori ha permesso di compilare un elenco floristico di 1252 entità; di queste, il 38 % con distribuzione eurasiatica, il 18 % tipiche del bacino del Mediterraneo e il 16 % ad ampia distribuzione (Benetti e Marchiori, 1995). In quel periodo nel Delta del Po i cordoni dunosi instabili formati dalle correnti marine alle bocche dei 31

32 rami del Po erano colonizzati dalle specie psammofile che evolvevano in una vegetazione arbustiva e arborea di tipo moderatamente termofilo sui litorali più antichi. Nelle zone umide d acqua dolce si aveva grande sviluppo delle specie igrofile, mentre la vegetazione alofila copriva i terreni salsi delle barene. Gli estesi canneti alle foci dell Adige e del Po si traducevano verso l interno in una boscaglia igrofila che si estendeva su 1120 ha di golene e si spingeva nella campagna attorno ai fontanili, ai gorghi e alle bassure umide. I grandi fiumi polesani ma anche una rete diffusa di canali irrigui e di bonifica permettevano lo sviluppo di svariate entità sommerse oppure legate alle sponde fangose, ai canneti, ai cariceti riparali e ai prati umidi. Nell ambiente agrario siepi e filari di alberi circondavano le abitazioni e le proprietà poderali, mentre macchie arboree e arbustive dovevano conservarsi sulle aree marginali risparmiate da una agricoltura assai meno produttiva di quella attuale. All interno di queste formazioni che riproducevano le condizioni microclimatiche dei boschi di pianura, ormai scomparsi da secoli, riusciva a sopravvivere un numero considerevole di entità nemorali. Le aree incolte, che raggiungevano i 1500 ha, erano sia di tipo arido, come argini, dune fossili e dossi naturali, sia di tipo umido nelle depressioni del terreno, attorno agli stagni e in prossimità dei fiumi. Benché tutti questi ambienti fossero più o meno influenzati dalle attività antropiche, essi avevano preservato una flora diversificata e compatibile con le attività praticate. La prima metà del 900 vede realizzarsi in Polesine l opera di bonifica di tutti i terreni bassi e soprattutto delle valli da pesca che da 50 si riducono a 24; gli ambienti salmastri che costituivano il 17,2 % del territorio bassopolesano nel 1882, non superavano nel 1981 l 8,9 % (Benetti e Marchiori, 1995). La profonde modificazioni indotte su questi ambienti danno l idea della contrazione cui venivano sottoposte le vegetazioni igrofile e alofile su tutto il territorio. Le opere idrauliche volte al consolidamento arginale dei fiumi e a migliorare il deflusso delle acque del Po sono stati tutt altro che ininfluenti per la flora e le vegetazioni fluviali. I boschi idrofili golenali sono stati spesso sacrificati; al loro posto i terreni sono stati invasi da una vegetazione erbacea pioniera o investiti a pioppeto. La meccanizzazione dell agricoltura, che vede il suo impulso già negli anni 60 del 1900, cresce esponenzialmente nei decenni successivi trasformando i piccoli appezzamenti in vaste superfici destinate alla monocoltura, eliminando qualunque area marginale incolta e attuando l abbattimento sistematico di alberate, macchie e siepi. Il periodico escavo di scoline elimina i relitti di vegetazioni igrofile e ne impedisce una ulteriore affermazione. L utilizzo spesso massiccio di presidi chimici riduce fortemente e spesso annulla la diffusione di specie infestanti. In un contesto ambientale così trasformato, la ricerca floristica compiuta sul campo negli ultimi anni ha rilevato la presenza di 938 entità e la scomparsa del 36% delle specie conosciute alla fine del Mentre si registra un decremento sia delle entità eurasiatiche che di quelle mediterranee, è sintomatico l incremento delle entità ad ampia distribuzione, delle esotiche avventizie e di quelle naturalizzate. I dati raccolti evidenziano che si è in presenza di un cambiamento dell assetto floristico determinato dalla scomparsa o dalla riduzione di biotopi ad alta naturalità, quali gli ambienti salmastri, i prati torbosi, i fontanili, i boschi riparali dove sopravvivevano le specie più sensibili. Le modificazioni ambientali tuttora in atto, se da un lato portano a una costante diminuzione delle entità autoctone, legate agli ambienti meno antropizzati, dall altro favoriscono l aumento delle specie legate alle attività antropiche, in gran parte esotiche e ubiquitarie che nell attuale assetto territoriale trovano un ambiente ideale per la loro diffusione. E pertanto in atto un processo di banalizzazione della flora che potrà forse essere rallentato solo attuando una politica di gestione territoriale volta a tutelare ciò che rimane dei biotopi ad alta naturalità e ripristinando quelli danneggiati. 32

33 Il Polesine, per quasi tutta la sua estensione è oggi una pianura interamente occupata dall agricoltura e da agglomerati urbani, per fortuna non così estesi come nella rimanente pianura veneta. Gli ambienti naturali sono pertanto limitati e vanno ricercati quasi esclusivamente nella porzione estrema del Delta del Po. I litorali, che generalmente coincidono con gli scanni alle foci dei rami del Po, sono le zone più integre dal momento che rimangono indisturbati per buona parte dell anno. Qui hanno modo di affermarsi le prime forme di vegetazione che, andando dalla battigia verso l interno, si evolvono in comunità sempre più complesse. La prima comunità psammofila è il Cachileto, una associazione di specie annuali pioniere dominata da Cakile marittima, Salsola kali, Calystegia soldanella e Xanthium italicum. Retrostante a questa formazione compare l Agropireto, una comunità vegetale caratterizzata da Agropyron junceum che oppone una prima resistenza all azione eolica sulla sabbia. A questo livello sono presenti anche Eryngium maritimum e Echinophora spinosa. Questa associazione è tuttavia assente su molti tratti litoranei a causa dei fenomeni erosivi; i suoi elementi possono tuttavia ripresentarsi nelle zone più interne. Sulle dune in corso di formazione, e sostanzialmente sui litorali più stabilizzati, si sviluppa una comunità caratterizzata da Ammophila littoralis che forma una fascia ben visibile parallela alla costa. Qui, accanto a molte specie dell Agropireto, crescono Medicago marina, Euphorbia paralias e in particolare Trachomitum venetum, specie asiatica, in Italia localizzata solo nell alto Adriatico. Sulle dune più basse e prossime ai bordi delle lagune, l Ammophila viene sostituita da Spartina juncea, ormai molto diffusa sugli scanni, dove l Ammofileto peraltro è poco sviluppato o compromesso dai processi erosivi. La vegetazione delle dune più interne non più soggette all azione del vento si distingue per l elevata ricchezza floristica e per la diversificata provenienza delle specie componenti. Elementi di origine steppica accanto a specie termofile meridionali e di ambienti prealpini vanno a costituire il Tortuleto-scabioseto, un associazione che richiede periodi molto lunghi per affermarsi e che dunque rar sugli scanni. Endemica dell alto Adriatico, è visibile sul litorale di Caleri dove è stata spesso compromessa da discutibili rimboschimenti. La flora di questo livello comprende muschi (Tortula ruralis), licheni (Cladonia sp. pl.), Silene colorata, Scabiosa argentea e l endemica Centaurea tommasinii. Abbastanza frequenti sono piccoli suffrutici di Teucrium polium, T. chamaedrys, Helichrysun italicuim e Asparagus acutifolius. Frammenti isolati di questa comunità sono ancora visibili sulle dune fossili di Porto Viro e Rosolina. Sui litorali più estesi si rinvengono talvolta fra le dune arretrate, depressioni dove si raccolgono l acqua piovana e limi sottili che consentono l affermazione di una vegetazione di tipo palustre. Dove l acqua di falda conserva un certo grado di salinità, la vegetazione è quella tipica dei bordi lagunari; se invece il dilavamento è stato totale, compare una tipica vegetazione a Schoenus nigricans ed Erianthus ravennae. Esempi di questa comunità si osservano sul litorale di Caleri, a Porto Levante, sulle dune fossili di Porto Viro e a Scano Boa. Le dune più elevate e più arretrate sono occupate da elementi vegetali provenienti sia dai retroduna, quanto dalle formazioni boschive che concludono la serie delle vegetazioni litoranee. Si tratta di una vegetazione arbustiva (Junipero-Hippophaetum fluviatilis), dove prevalgono Juniperus communis e Hippophae rhamnoides solitamente accompagnati da elementi mediterranei quali Phyllirea angustifolia e Lonicera etrusca. Esempi significativi di questa comunità vegetale si hanno unicamente sul litorale di Rosolina Mare e a Porto Levante. Solamente qui sono visibili inoltre i boschi litoranei, formazioni purtroppo compromesse da errati rimboschimenti e dall edilizia residenziale turistica. A differenza dei boschi planiziari, essi contengono svariati elementi della vegetazione mediterranea, relitti di antiche vegetazioni termofile. Accanto a numerose specie medioeuropee padane (Acero campestre, Roverella, Olmo, Pioppo bianco, Biancospino) compaiono così il Leccio e la Fillirea, originando un bosco sempreverde sulle sommità dei 33

34 cordoni dunosi. Su estese superfici la lecceta è sostituita da pinete artificiali a pino domestico e pino nero. Le lagune e le valli da pesca del Delta sono interessate da vegetazioni alofile che si insediano su suoli limoso-argillosi dove la concentrazione di cloruro di sodio è più elevata di quella marina. I fondali fangosi delle lagune sono talvolta occupati da Zostereti con Zostera noltii, mentre in condizioni di minore salinità compaiono Ruppieti con Ruppia spi. In valle tali praterie di fanerogame sommerse raggiungono il massimo sviluppo. Sulle fanghiglie dei bordi lagunari e sulle barene si stabilisce il Salicornieto, un associazione pioniera annuale dove prevale Salicornia veneta, endemica alto-adriatica, accompagnata da Aster tripolium e Puccinellia palustris. Lungo i margini lagunari soggetti a maree, ai bordi delle bassure e degli arginelli delle valli da pesca si distingue una vegetazione composta da Spartina maritima, Limonium serotinum, Inula crithmoides e Aster tripolium. A causa di fenomeni erosivi questa comunità, endemica dell alto Adriatico, è diventata piuttosto fragile e necessita di efficaci interventi di conservazione. Alle spalle dell associazione a Spartina maritima si estende di solito la comunità delle salicornie perenni, una prateria alta e densa formata da Arthrocnemum fruticosum, Inula crithmoides, Aster tripolium e Halimione portulacoides. Anche questo raggruppamento vegetale è endemico dell alto Adriatico ed è particolarmente evidente a Porto Caleri. Allo sbocco dei grandi fiumi polesani (Adige e rami del Po), dove abbondante acqua dolce si mescola a quella marina, si stabiliscono comunità vegetali in grado di tollerare una modesta salinità. Dove le lagune sono in contatto con il mare aperto si stabiliscono popolamenti puri di Bolboschoenus maritimus, mentre sui retrostanti bonelli, suoli fangosi che vengono in asciutto durante la bassa marea, si sviluppano estesissimi Fragmiteti. I migliori esempi di queste vegetazioni si hanno alla foce del Po di Pila, del Po di Gnocca e del Po di Goro. Il Polesine è interessato per tutta la sua estensione da un ampia rete di fiumi, di canali e di fossi dove compaiono le specie legate agli ambienti umidi d acqua dolce. Le opere di assetto idraulico dei grandi fiumi e i frequenti lavori di escavo eseguiti sugli scoli di bonifica hanno tuttavia alterato quasi dovunque i paesaggi vegetali legati ai corsi d acqua. Cancellate dalle bonifiche, le ultime valli di acqua dolce sono definitivamente scomparse dal paesaggio polesano. Gli unici ambienti relitti sono i gorghi, modesti bacini d acqua dolce formatisi anticamente sull alveo di un fiume, e le cave dismesse. Su questi relitti si osservano comunità di idrofite, quali i tappeti di Lemna minor, L. gibba, Spirodela polirrhyza e di Salvinia natans. Sempre meno frequenti sono invece le vegetazioni galleggianti composte da Myriophyllum verticillatum, Nimphaea alba, Nuphar luteum e Nymphoides peltata. Nel territorio queste specie, pur avendo grande potenzialità di sviluppo, sono molto disturbate dalla continua manomissione di fossi e canali, nonché dall'alloctona Nutria. Le vegetazioni di idrofite comprendono gli Scirpeti, i Tifeti, i Cariceti e i Canneti, in conseguenza degli interventi sulla rete idrica e delle pratiche agricole sono altrettanto compromessi. Interessanti formazioni di questo genere esternamente al Delta sono tuttavia visibili sui gorghi dell alto Polesine. Tra i grandi fiumi polesani, il Po desta un interesse tutto particolare a causa della sa vitalità in grado di esprimersi anche su aree recentemente manomesse. Sulle spiagge sabbiose e sabbioso-limose spesso di ampia estensione si afferma nella stagione estiva una vegetazione di specie annuali infestanti e nitrofile, quali gli amaranti (Amaranthus sp, pl.), Polygonum persicaria, Eragrostis pectinacea, Portulaca oleracea, Xanthium italicum, Corispermun leptopterum e Cycloloma atriplicifolia. Sulle fanghiglie compaiono invece Cyperus glomeratus, C. michelianus, Echinochloa crus-galli e Lindernia anagallidea. Tipiche delle golene allagate del medio e basso corso del Po sono le praterie galleggianti di Trapa natans. Il paesaggio vegetale più conosciuto lungo il Po è tuttavia il bosco ripariale costituito da Salix sp. e da Populus sp. Meritano una segnalazione in 34

35 proposito la Golena di Bergantino, l Isola Tontola a Ficarolo, le golene di Crespino, di Panarella e soprattutto il corso del Po di Maistra e del Po di Pila. Come già ricordato, l ambiente agrario domina il paesaggio polesano; gli interventi agricoli estesi su ogni superficie coltivabile hanno portato alla rarefazione non solo delle specie che un tempo componevano le vegetazioni boschive, dei prati aridi e degli ambienti umidi, ma anche delle entità infestanti sempre insediate da diserbanti, incendi, sarchiature e canalizzazioni. Nelle coltivazioni primaverili di cereali sono però ancora comuni il Papavero, la Camomilla e lo Stoppione, mentre in quelle estivo-autunnali di mais, soja, barbabietola largamente prevalenti, sono comunissimi Chenopodiun album, Abutilon teophrasti, Polygonum persicaria e Sorghum halepense. Le presenze arboree nell ambiente agrario sono ormai molto rarefatte e concentrate soprattutto nell alto Polesine e lungoil Canlabianco dove compaiono isolate o in resti di filari ai margini dei campi. La Quercia e il Frassino si trovano occasionalmente nella campagna, specialmente presso Papozze, Crespino, Piano di Rivà. L Acero campestre e l Olmo permangono talvolta all interno di piccole proprietà. Il Salice bianco e il Pioppo nero, un tempo coltivati in filare ai margini dei campi, sono stati quasi del tutto abbattuti. La Robinia è invece ancora molto diffusa e si presenta in boschetti nelle aree incolte, lungo le linee ferroviarie e presso gli argini di canali e fiumi. 3.2 Aspetti caratterizzanti il paesaggio polesano Il Documento Preliminare al P.T.C.P. della Provincia di Rovigo mette in rilievo le due principali caratterizzazioni dell ambiente polesano: un elevata estensione e una diffusa presenza d acqua, risorsa che può rappresentare una ricchezza per tutti i comparti economici; sotto quest ottica i canali fluviali, da un punto di vista ambientale, costituiscono la base su cui definire il sistema dei corridoi ecologici in grado di assicurare una rete di connessione tra tutto il Polesine; la preponderante matrice agricola del territorio, che rende necessaria la sua connessione nell ambito del sistema di rete ecologica. Una rete ecologica nasce con l esigenza di garantire a determinate specie la piena funzionalità partendo dalla conoscenza sia della biologia delle specie in esame che del mosaico territoriale nel suo complesso. Per questa ragione sarebbe più corretto parlare di reti ecologiche specialmente se l obiettivo della Rete Ecologica è la conservazione della funzionalità e della efficienza degli habitat utili per la conservazione di più specie. A partire da tali considerazioni, lo studio per la redazione della Carta del Sistema Ambientale Naturale ha valutato nel dettaglio le caratteristiche vegetazionali e faunistiche che si inseriscono in questo contesto ambientale, dal quale sono emerse alcune considerazioni di rilievo. Il territorio della provincia di Rovigo, infatti, presenta caratteri distintivi molto marcati e particolari: al di là di una uniformità orografica determinata dall assenza di rilievo, gli elementi naturali che lo strutturano sono particolarmente forti e caratterizzanti. I due maggiori fiumi italiani delimitano per lunghi tratti i confini del territorio provinciale e risultano ricchi di tipologie vegetazionali tra le quali è opportuno ricordare: vegetazione acquatica radicante vegetazione erbacea annuale 35

36 vegetazioni erbacee perenni igrofile vegetazione legnosa Per definizione, i fiumi presentano elevata complessità e accentuato dinamismo. La prima è legata alla fitta rete di relazioni e connessioni che intercorrono fra i diversi comparti dell ecosistema fiume, la seconda è il risultato della tendenza naturale del fiume a modificare la sua fisionomia; questo grazie a una serie continua di demolizioni e ricostruzioni, grazie ad eventi di asporto e rideposizione di materiali, cui si associa l intervento antropico che, in alcuni casi, tende ad apportare ulteriori modifiche all assetto fluviale, mentre, in altri casi, tende a contrastare il naturale dinamismo cercando di favorire condizioni di stabilità nello spazio e nel tempo, mediante una serie di interventi che vanno dalle opere di rettificazione dei tracciati e canalizzazione degli alvei al controllo delle portate nei diversi periodi. I fiumi Po ed Adige costituiscono inoltre dei formidabili corridoi ecologici attraverso i quali fauna ittica, ornitica, anfibi, semi e propaguli di piante possono muoversi per centinaia di chilometri. Anche il Fissero- Tartaro-Canalbianco gioca un ruolo preminente: sono ad esempio testimoniate lungo di esso migrazioni di popolazioni di istrice. Lungo l Adige è giunta a colonizzare le coste (presso Porto Caleri e non solo) una specie arbustiva tipica del tratto montano di alcuni fiumi alpini. La rilevazione della qualità dell acqua avviene, infatti, anche attraverso indagini sulla attività biologica, monitorata controllando la presenza di comunità di organismi acquatici e specie indicatori della qualità biologica delle acque stesse. Rispetto ad altri fiumi della penisola (appenninici), quelli dell alto Adriatico (alpini) si prestano meglio a fungere da corridoi ecologici: le specie animali e vegetali che fluitano lungo il loro corso si trovano in pratica ad attraversare il confine tra due biomi. Nell alto Adriatico abbiamo l unico tratto di costa del Mediterraneo che non rientra nella Regione climatica Mediterranea e questo consente a molte specie con distribuzione montana di giungere fino al settore costiero. Per questo motivo risulta particolarmente importante anche il ruolo svolto da un altro elemento di spiccata valenza naturalistica: le dune fossili, una intrusione di vegetazione Mediterranea in ambito di regione Temperata. Il settore costiero del Veneto (provincia di Rovigo inclusa) gode di clima temperato ma sui substrati sciolti delle dune costiere e delle dune fossili la scarsa disponibilità di acqua nel suolo consente il permanere di una vegetazione di tipo mediterraneo, con carattere extrazonale: in particolare leccete ed elementi di gariga a Fumana procumbens e Teucrium polium oppure ad Osyris alba. L attuale paesaggio vegetale del litorale nord-adriatico esprime una notevole originalità fitocenotica, è infatti il risultato della concomitanza di molti fattori che vanno dalle attuali caratteristiche fisiche alle passate vicende climatiche che, in particolare tra il III ed il I millennio a. C., hanno determinato ampi movimenti floristici nell ambito dell Italia settentrionale, con dealpinizzazione di specie vegetali, migrazioni di elementi termofili lungo le coste adriatiche e dalmate ed avanzamento verso occidente di specie a distribuzione orientale. Questi grandi movimenti hanno fatto sì che in questo che è il segmento costiero più settentrionale dell intero bacino mediterraneo siano presenti oltre a numerose entità mediterranee anche specie illirico-orientali e, prevalentemente nel tratto settentrionale del litorale, specie montane che arricchiscono notevolmente il pregio floristico di queste aree e contribuiscono a definire comunità e sistemi non riscontrabili altrove (Gamper et al 2008). Le dune fossili di epoca romana risultano essere state, soprattutto nel passato, un corridoio ecologico di primaria importanza; va ricordato infatti che nel periodo sopraindicato l attuale linea di costa non esisteva affatto. Corridoio ecologico nel quale è pure riscontrabile una dinamica tendente al bosco di leccio (Quercus ilex) e, localmente, al bosco di roverella (Quercus pubescens) ma che presenta stadi dinamici molto stabili e di rilevante interesse floristico e vegetazionale: in particolare comunità erbacee con muschi e licheni riferibili al Tortulo-Scabiosetum, solo sulla costa invece pseudomacchia a Juniperus communis e Hippophae rhamnoides (Junipero-Hippophaetum fluviatilis) e mantelli arbustivi con una singolare commistione di elementi mediterranei 36

37 e medioeuropei (Viburno lantanae-phillyreetum angustifoliae). Rilevante interesse presenta inoltre la vegetazione igrofila e alofila del Delta, uno dei pochi settori delle coste italiane in avanzamento, nonostante i problemi di subsidenza. Tra le tipologie vegetazionali più peculiari di questi ambienti ricordiamo alcune delle vegetazioni alofitiche: la vegetazione perenne a dominanza di Spartina maritima (Limonio-Spartinetum maritimae), pioniera su argille e sabbie argillose sature d acqua e ricche di sostanza organica; il Salicornietum venetae che si insedia in zone permanentemente inondate; il Suaedo maritimae-salicornietum patulae su suoli soggetti a disseccamento estivo; Anche in questo caso, al di là delle peculiarità faunistiche, floristiche e vegetazionali è l elemento fisico a risultare determinante: il notevole apporto di acque dolci e sedimenti, oltre a favorire la formazione di golene e scanni, determina l avanzamento della linea di costa e consente la formazione nuovi habitat, in particolare di nuove lagune e sacche: in Italia non abbiamo altri esempi di questo tipo (almeno non di queste dimensioni). Area del Delta quindi come nodo di primaria importanza per i motivi già detti e per la fauna ornitica in particolare. A fronte dell enorme rilevanza in termini conservazionistici e biogeografici degli elementi sopracitati possiamo notare nel settore centro-occidentale del territorio provinciale una preoccupante semplificazione del paesaggio vegetale. Se appare ovvio, e difficilmente evitabile, che aree urbanizzate e infrastrutture viarie abbattano la permeabilità ecologica di un territorio, ciò che più colpisce in tutta l area ad ovest delle dune fossili è la mancanza pressoché assoluta di elementi riconducibili alla vegetazione naturale potenziale dell area, quel fantomatico Querco-Carpineto (attualmente inquadrato nell associazione Asparago tenuifolii-quercetum roboris) di cui parlava Pignatti negli anni 50, foresta della quale oggi restano in tutto il Veneto soltanto sporadiche vestigia. Solo le politiche più lungimiranti di questi ultimi anni ci permettono di vedere esempi di aree forestale, che non vanno però intese come fughe verso un lontano e perduto passato, ma come tentativi moderni e coerenti di riequilibrio del territorio. Perché va detto anche che non solo mancano boschi ma le stesse aree agricole sono povere di quegli elementi di discontinuità che pure consentono talvolta agli agroecosistemi di possedere una valenza di interesse naturalistico: filari, siepi, nuclei di alberi, cespuglieti, praterie umide e non, quella naturalità diffusa difficile da misurare ma facilmente percepibile anche per un osservatore distratto. In quest area la Rete Ecologica Provinciale dovrebbe svolgere un ruolo determinante: rendere permeabile ed intaccare l omogeneità di una matrice agricola eccessivamente uniforme. In realtà, rispetto ad altre province del Veneto, Rovigo risulta meno compromessa quanto alla capacità di percolazione in virtù di una minore incidenza dell urbanizzato diffuso; per tale ragione il territorio in oggetto presenta ancora possibilità di recupero per condizioni più prossime alla naturalità. A completamento del quadro conoscitivo generale delle risorse naturali e delle loro criticità, è stato altresì preso in esame il problema della salinità, i cui effetti si evidenziano anche nella alterazione degli ambienti e della vegetazione naturale. I maggiori effetti sono riscontrabili negli ambienti litoranei lagunari e nelle zone bagnate da acqua salmastra. In termini di vegetazione in questi ambienti sono presenti comunità di specie alofile (ruppieti, salicornieti) che ospitano anatidi e una avifauna caratteristica (garzette, aironi, ecc.). La caratterizzazione di queste zone deriva dalla graduale transizione da ambienti di acque relativamente dolce ad acque salmastre, con passaggi e canali di collegamento con il mare e i rami del Po: si passa così attraverso un sistema complesso di serie di vegetazione che riproducono gli adattamenti ecologici a condizioni di salinità diverse. La risalita del cuneo salino in questi ambiti di paesaggio seleziona le specie vegetali più sensibili, altera 37

38 la composizione floristica, semplifica il paesaggio, riducendo la biodiversità e la caratterizzazione ambientale. Le specie vegetali più sensibili alla salinità non resistono a condizioni prolungate di eccessi salini, si modificano così le comunità vegetali frutto di un equilibrio fra substrato pedologico, livello e qualità dell acqua, già in parte modificate dalle attività antropiche. La salvaguardia dell integrità ecologica degli ecosistemi in queste aree ed il mantenimento di una serie di vegetazione di transizione, adattata a livelli diversi di salinità, in equilibrio dinamico con le acque dolci del fiume e salate del mare, è fondamentale per la tutela delle specie acquatiche e per la funzionalità ecologica di questi ambienti come aree di sosta, rifugio e riproduzione. In termini di tutela degli equilibri vegetazionali e degli ambiti paesaggistici, si indica come fattore strategico il mantenimento e l integrazione della rete ecologica, attraverso il sistema della rete idrografica, in continuità con l asta fluviale dei principali fiumi: la rete ecologica così costruita garantisce equilibrio nei livelli idrici, funzionalità ecologica dei corpi idrici e capacità di autodepurazione degli ambienti fluviali. Per quanto riguarda gli ambiti di golena, che si sviluppano su vaste aree lungo l argine del fiume Po, essi ospitano una flora idrofila spontanea, erbacea, arbustiva ed arborea adatta alle variazioni idriche. Tradizionalmente, nel territorio del medio e alto Polesine le golene hanno ospitato piantagioni di pioppo, ma nelle aree che hanno mantenuto una biodiversità, con macchie boscate di latifoglie, è possibile conservare una funzionalità ecologica come area nucleo, legata alla conservazione della fauna selvatica, con funzioni di collegamento dei corridoi ecologici della aree rurali, ma anche in continuità con il sistema delle zone umide che si riconduce all asta del fiume Po. Il territorio delle golene è un area cuscinetto naturale tra il fiume e il territorio agrario, in gradi di esercitare una funzione tampone nel processo di lisciviazione dei nitrati e degli inquinanti in generale. Le aree naturali minori, spesso inserite in zone fortemente antropizzate, sono relitti di vasti biotopi naturali che in passato caratterizzavano il territorio e che, in seguito allo sviluppo urbano, industriale e dell attività agricola sono drasticamente diminuiti di numero ed estensione. Le aree così definite sono quindi costituite sia da veri e propri biotopi - intendendo per essi ambienti ben delimitati, solitamente di piccola estensione, all interno dei quali sono presenti piccole comunità vegetali ed animali di interesse naturalistico che da aree più complesse, geograficamente delimitabili, che comprendono superfici anche vaste ma in qualche modo omogenee e differenziate dal restante territorio e con particolari caratteristiche; la loro fisionomia, tuttavia, non deriva solo da logiche naturali, ma anche da scelte ed attività più o meno consapevoli operate dall uomo nel corso dei secoli. L importanza degli ambiti fluviali, della rete di canali e dei fiumi, risulta rilevante sia dal punto di vista della qualità dell ambiente (risorsa idrica) sia per la funzione di raccordo alla rete ecologica che questi ambienti possono svolgere: ambienti tipici sono le golene, ma anche le vaste estensioni di zone arginali costituiscono un potenziale ambiente di transizione e spostamento della fauna, per ripristinare e mantenere la biodiversità vegetale e animale, di specie anfibie e di invertebrati di acqua dolce, oltre all avifauna. Elemento di criticità è la ridotta naturalità delle aree arginali, in termini di vegetazione spesso residuale, ma anche di eccessivi interventi di impermeabilizzazione degli argini, eliminazione di anse e aree di naturalizzazione, che possono consentire mantenimento della vita acquatica, della vegetazione riparia autoctona e la restituzione di corridoi ecologici effettivamente funzionali a spostamento, sosta e rifugio delle specie. A partire, quindi, dal recepimento degli elementi che costituiscono l armatura della rete ecologica, è stato possibile individuare le connotazioni naturalistiche e ambientali di maggior dettaglio, arrivando così a mappare e discretizzare, sotto il profilo della caratterizzazione vegetazionale e della popolazione faunistica, ulteriori elementi areali, lineari e puntuali degni di essere oggetto di integrazione della rete stessa. Tra questi, si annoverano aree boscate, siepi e filari alberati, aree umide e colture di pregio. In particolare, emerge che le zone umide rappresentano la principale caratteristica del territorio polesano che, oltre ai corpi idrici di natura fluviale, è massivamente ricco di piccoli corpi idrici, quali i gorghi e i maceri, vale a 38

39 dire complessi di zone umide collegate alla rete idrografica, localizzati in diversi punti nel territorio fondiario, prevalentemente nell area di bonifica del Polesine occidentale; essi si sono formati nelle aree degli antichi alvei del fiume Po, in aree di transizione e depressione della pianura alluvionale di Po e Adige. I maceri derivano, invece, da invasi utilizzati un tempo per la lavorazione della canapa e si sono poi nel tempo naturalizzati. Queste zone umide presentano un equilibrio, in termini di rifornimento idrico, con il sistema della rete idrografica e di bonifica circostante e si caratterizzano per una vegetazione riparia erbacea ed arbustiva spontanea che costituisce habitat ed elemento di continuità ecologica per specie anfibie, talvolta con presenza di specie arboree lungo il confine esterno. Si ritrovano anche forme di flora acquatica. Queste zone umide si configurano come aree di sosta e rifugio per uccelli migratori e locali, che trovano ambiti ideali per la nidificazione. I gorghi ed i maceri sono inseriti in un tessuto agrario coltivato in forma intensiva e conservano una funzione di continuità ecologica, con corridoi costituiti dai canali e corsi d acqua e risultano integrati al sistema delle falde sotterranee. Un analisi comparativa tra gli elementi naturalistici risultanti e quelli che contribuiscono a creare frammentazione e disturbo dei flussi di scambio all interno dei corridoi, quali le infrastrutture viarie e ferroviarie, gli insediamenti residenziali e quelli produttivi, permette di verificare la presenza di elementi di ostruzione e/o barriera nei corridoi, al fine di individuare le misure di compensazione (interventi idonei a ridurre la pressione derivante da attività antropiche di trasformazione e uso del territorio insistenti sulla Rete Ecologica) e le misure di mitigazione (interventi di ripristino ambientale in una data area volti a bilanciare la perdita di valore ambientale causata dalla realizzazione delle infrastrutture o di insediamenti di qualsiasi natura in un altra area più o meno prossima) da adottare nel P.T.C.P.. Il territorio provinciale presenta ambienti con un buon livello di integrità e naturalità, in particolare nelle aree a protezione speciale, ma anche in virtù della fitta rete di fiumi e corsi d acqua funzionali e con valenza ecologica in un approccio di tipo ecosistemico. La provincia di Rovigo, pur non presentando un livello di consumo del territorio neppure paragonabile al resto del Veneto, presenta tuttavia uno sviluppo di infrastrutture viarie, talvolta di elevato impatto in termini di traffico, ma che incidono sul territorio in termini di frammentazione delle aree a maggior valenza ambientale, riducendone di fatto la funzionalità. Sono inoltre in fase di progettazione e sviluppo alcune aree commerciali e industriali in diverse localizzazioni, che potrebbero costituire ulteriore elemento di criticità, se non saranno pensate in un ottica di minimo impatto rispetto al mantenimento della continuità e della funzionalità delle aree di rilevanza naturalistica e degli ambienti agrari di maggior pregio. Ancora in riferimento a tali aree di espansione industriale, seppure non raggiungano livelli di occupazione del territorio di preoccupante estensione, possono interferire con un equilibrato rapporto nelle aree urbano rurali, fra insediamenti produttivi e abitativi, produzione agraria, elementi di naturalità e di pregio ambientale. Dall analisi degli elementi caratterizzanti la naturalità del Polesine e della loro interrelazione con elementi di frammentazione degli ecosistemi, è possibile valutare quelli che rispondono a un contributo di supporto e integrazione rispetto a quanto già mappato come armatura della rete ecologica (ovvero aree nucleo e corridoi ecologici). Vengono di seguito elencati i macroelementi fondanti del paesaggio polesano. Le Siepi e i Filari Si tratta di elementi lineari della rete ecologica costituiti da specie arboree autoctone di particolare pregio. Le siepi e i filari che integrano la rete ecologica provinciale non presentano tutti una spiccata valenza naturalistica quali possono essere ad es. le siepi arbustive plurispecifiche con sambuco, mirabolano ed elementi arborei 39

40 talvolta potati molto bassi come olmo campestre e salice o i filari di elementi arborei autoctoni di apprezzabili dimensioni. L avifauna che popola quelle siepi meglio strutturate e gli alberi più grandi annovera ad esempio le seguenti specie: saltinpalo, pigliamosche, cinciallegra, usignolo. Le Aree Boscate Queste aree, estremamente rare nel territorio provinciale se si escludono le zone di pertinenza della Rete Natura 2000, sono costituite da piccoli lembi per lo più di origine antropica, cioè rimboschimenti, con struttura artificiale, interessanti per la fauna che ospitano, non per gli aspetti floristici. Tuttavia i rimboschimenti consolidati nel tempo tendono a naturalizzarsi, vi si possono inserire elementi spontanei, per lo più nello strato erbaceo e arbustivo, che ne arricchiscono la composizione, come avviene ad esempio per il bosco di Magnolina, ubicato su un paleoalveo del Canalbianco, associato a zone umide con cariceti. Le Aree Umide e le Cave Senili Sotto questa categoria sono stati individuati gli specchi d acqua, anche di dimensioni ridotte, di origine naturale o artificiale, che rappresentano un significativo habitat per le specie animali e vegetali. Una recente analisi ha messo in luce come in provincia id Rovigo possano essere classificati come tali oltre 100 siti (Verza E., in stampa). Sono qui ricompresi i piccoli corpi d acqua che risultano molto importanti per il miglioramento della funzionalità ecologica della rete e per la conservazione di habitat e specie della flora e della fauna, quali i gorghi, i fontanazzi e i laghetti che si sono formati su cave senili di argilla: sono per la maggior parte specchi d acqua dolce di discreta profondità. I gorghi, come già detto, rappresentano una pregiata risorsa per la provincia di Rovigo per il loro significato di conservazione: rappresentano delle cavità occupate da un tranquillo specchio d acqua dolce, la cui origine è da ricondursi all azione della piena di un fiume in presenza di un ostacolo, quale un argine, un antico corso fluviale rilevato o una duna. Per effetto dell onda di piena, l ostacolo può rompersi dando origine, a causa del movimento dell acqua, a depressioni, in cui successivamente affiora l acqua sotterranea. Queste forme di erosione sono frequenti lungo il basso corso del fiume Po e offrono, dopo l eliminazione negli ultimi decenni dei moltissimi maceri, rifugio a molte specie animali e vegetali; la loro origine è legata ad alcuni dei principali elementi morfologici quali corsi d acqua attivi, tracciati fluviali estinti o antiche linee di costa, e quelli più profondi sono collocati su argini di antichi corsi fluviali. I gorghi e i laghetti che si sono formati su cave senili di argilla sono per la maggior parte specchi d acqua dolce di discreta profondità. Anche se indicazioni bibliografiche segnalano frequentemente la presenza di idrofite quali Ceratophyllum demersum, Myriophyllum spicatum, Hydrocharis morsus-ranae, Nymphaea alba, negli ultimi anni si è assistito alla riduzione o alla scomparsa della vegetazione acquatica dalla maggior parte dei biotopi; l impatto degli erbivori (nutria, carpa e altri pesci brucatori) è sicuramente una delle cause principali, così come l'inquinamento. Si è invece pressoché conservata la vegetazione spondicola, costituita nella maggior parte dei casi da cinture di Phragmites australis e Typha latifolia o T.angustifolia, che talvolta si presentano come strutture dense e continue, come nel caso del gorgo Le gorghe, di Cave di Danà o presso i Boj della Feriana, mentre in altri casi sono interrotte o frammentarie. Alle elofite sopra citate ripetutamente si associano Iris pseudacorus e Lythrum salicaria. Nei biotopi in cui esiste una maggior articolazione del paesaggio vegetale il fragmiteto non è direttamente a contatto con le aree agricole, ma seguito da fasce di cariceto a Carex elata o a Carex acutiformis. Nella fascia esterna arbustivo-arborea che circonda gorghi, cave e fontanazzi gli elementi che ricorrono con maggior frequenza sono il salice bianco (Salix alba), il sanguinello (Cornus sanguinea) e il sambuco comune 40

41 (Sambucus nigra). Al margine di alcuni biotopi umidi o nella campagna circostante si conservano esemplari di farnia (Cave di Danà, Gorgo Giare ); da tenere sotto controllo è invece la robinia, che in alcuni casi, fra cui Gorgo Dolfin, accompagna le specie forestali igrofile. Fra le piccole zone umide interne, elementi quasi puntiformi incastonati nella vasta campagna coltivata, spicca per l elevato valore naturalistico l area dei Boj della Feriana, presso Concadirame, biotopo costituito da un fontanazzo alimentato dalla falda acquifera collegata al fiume Adige, quasi costantemente allagato, separato da un sistema di arginelli dalla campagna circostante e situato ai piedi dell argine maestro del fiume. Nonostante le ridotte dimensioni ospita un contingente floristico notevole: ai margini del lembo di ontaneta ad Alnus glutinosa è segnalata Thelypteris palustris, nello stagno Utricularia australis, nel cariceto a Carex riparia che lo circonda Valeriana dioica, Senecio paludosus e la rarissima Listera ovata. In recenti esplorazioni floristiche è stata documentata la presenza di un copioso popolamento di Epipactis palustris inserita nelle Liste Rosse Regionali (Conti et altri, 1997) come specie minacciata (EN). Purtroppo il biotopo si trova in condizioni precarie: una delle principali minacce è costituita dal naturale processo di interramento cui lo stagno è soggetto, favorito dalla vigoria di Phragmites australis che sta completamente occupando l invaso. Le Aree di Bonifica con avifauna tipica delle lagune costiere Il vasto e piatto territorio di bonifica manifesta elementi floristici di interesse nei corsi d acqua irrigui che formano il fitto reticolo che attraversa la pianura, con le già menzionate Trapas natane, Salvinia natane, Lemma sp. Pl; a queste si aggiungono, nelle zone adibite alla coltivazione del riso, l esotica Heteranthera reniformis e Ulriculaira australis. In alcuni tratti interessati da infiltrazioni di acqua salata trovano il loro habitat le specie alofite tipiche delle aree arenicole del Delta; questo si realizza, ad esempio, nelle bonifiche della Sacca Scardovari, dove compaiono praterie di Salicornia veneta, Aster tripolium, Imula crithmoides, che costituiscono anche porzioni dello strato erbaceo dei rimboschimenti di latifoglie che circondano la sacca. I grandi terreni di bonifica del Delta hanno caratteristiche faunistiche proprie; nelle bonifiche prospicienti i grandi corpi idrici salmastri e salati alla notevole presenza di rapaci, passeriformi delle zone aperte ed aironi, si aggiungono specie tipiche delle ampie zone umide, quali il Gabbiano corallino, il Piviere dorato e l Airone rosso; tali settori delle bonifiche vengono utilizzati dall avifauna quali zone prative e steppiche afferenti alle paludi. Le Aree di Bonifica con avifauna tipica delle zone più interne Per quanto riguarda la caratterizzazione vegetazionale e floristica, queste aree non presentano differenze sostanziali con quelle precedentemente descritte salvo che per l assenza degli elementi più strettamente legati alle sacche e lagune. Anche in termini faunistici, tali aree si differenziano soprattutto per assenza (o solo sporadica frequentazione) di quelle specie più tipiche delle vaste aree umide. Gli ambiti qui descritti, ossia le zone di bonifica più lontane dal mare e dalle valli ospitano comunque interessanti popolamenti di uccelli, con buona presenza di rapaci, quali Gheppio e la Poiana ed aldeidi, quali la Garzetta e l Airone guardabuoi. I Sistemi Agricoli Complessi Si tratta di ambiti coltivati dove gli elementi del paesaggio rappresentano un importante complemento dal punto di vista faunistico e vegetazionale Nelle aree rurali un ruolo naturalistico di rilievo viene assunto dagli elementi del paesaggio che fanno da complemento alle colture: le siepi arbustive plurispecifiche, i filari alberati, gli esemplari arborei isolati di farnia, la vegetazione delle scoline, dei fossi e dei canali. Importanti dal punto di vista faunistico, soprattutto quando ospitano vegetazioni strutturalmente diversificate, comprendenti anche nuclei di rimboschimento, le zone agricole segnalate non sono del tutto prive di elementi floristici degni di nota. 41

42 La scomparsa di siepi, filari,elementi lineari, aree boscate, lungo gli appezzamenti, ma anche in vicinanza dei corsi d acqua, ha stravolto, qui forse più che altrove nel Veneto, la funzione ambientale e paesaggistica del territorio rurale, ma soprattutto la capacità della vegetazione di svolgere una azione tampone nei confronti dell assorbimento dei nutrienti e di salvaguardia della risorsa idrica, oltre che di mantenimento della fauna selvatica e di elementi di integrazione ambientale. Sotto il profilo vegetazionale, le superfici dei canali irrigui e dei fossati sono spesso coperte da idrofite; nelle aree rurali di Adria ad esse si associano elementi più rari. Le zone che hanno conservato lineamenti simili a quelli della campagna tradizionale ospitano un discreto numero di specie animali, in particolare avifaunistiche: tra le più esigenti, e quindi segnalate come bioindicatori, si ricordano la Starna e la Sterpazzola. In tutte le aree rurali, ove ci sia presenza di una discreta rete scolante, è possibile trovare anfibi quali la Rana verde e rettili quali il Biacco. Fossi e canali particolarmente ben conservati sono ancora in grado di ospitare specie ittiche esigenti, quali il Ghiozzo padano. Le attività antropiche rilevanti sotto il profilo ambientale La categoria contempla nel suo insieme le discariche non più in esercizio e le cave non attive, in quanto costituiscono elementi di rinaturalizzazione. Su tali ambiti infatti, attualmente privi di valenza naturalistica e detrattori del paesaggio e della qualità ambientale, sono previsti opportuni interventi di ripristino ambientale che potranno restituire loro funzioni naturalistiche non trascurabili Le colture legnose L interesse naturalistico di questa categoria (che comprende essenzialmente frutteti e vigneti) è dovuto essenzialmente all articolazione strutturale che offre in una campagna complessivamente povera di alberi e alla presenza di alcuni uccelli solitamente presente lungo le aste fluviali: rigogoli, tortore e ghiandaie. Le Dune Fossili e le Dune Recenti In questa tipologia ambientale, gli aspetti floristico-vegetazionali di interesse sono gli stessi indicati per le zone analoghe tutelate dalla Direttiva Habitat o come area protetta. nelle porzioni di estensione limitata di dune fossili cartografate gli elementi di pregio comprendono i lembi di bosco di leccio, ascrivibili a Vincetoxico- Quercetum ilicis Gamper, i tratti frammentari di mantello ad esso legati e le piccole estensioni di Tortulo- Scabiosetum. A questi sono stati aggiunti piccolissimi lembi di territorio dunale di formazione più recente che i confini dei siti della Rete Natura 2000 non hanno incluso nelle zone soggette a tutela. Per analogia si può ipotizzare la presenza di aspetti di vegetazione psammofila affini a quelli dei territori limitrofi, ma soltanto un adeguata esplorazione floristica potrebbe mettere in luce elementi di particolare rilevanza. 3.3 Classificazione delle zone umide in provincia di Rovigo Al fine di meglio inquadrare il più importante aspetto ambientale della provincia di Rovigo, si propone di seguito un'analisi relative alle tipologie di zone umide. Le zone umide vengono definite dalla Convenzione di Ramsar (1971) le aree palustri, acquitrinose o torbose, o comunque specchi d acqua naturali o artificiali, permanenti o temporanei, con acqua ferma o corrente, dolce, salmastra o salata, compresi i tratti di mare la cui profondità non ecceda i 6 metri con la bassa 42

43 marea. In alcuni dei precedenti paragrafi si è visto come un tempo gran parte del Polesine fosse dominato dagli ambienti umidi. L attività di bonifica e di messa a coltura, perpetuate nei secoli fino agli anni 70 del Novecento, hanno determinato una riduzione della diversità ambientale. Nonostante questa azione umana, la provincia di Rovigo conserva una delle più importanti zone umide del continente europeo, il Delta del Po. Anche se lo sfruttamento legato alla molluschicoltura (nella sacche e nelle lagune) e all itticoltura (nella valli) hanno in parte modificato la morfologia e l assetto idraulico di queste zone, ampi tratti di questi territori hanno mantenuto caratteristiche ambientali di notevole pregio naturalistico. Un cenno va a quell insieme di piccole zone umide distribuite su tutto il territorio rappresentate da ambiti fluviali e golenali, maceri o cave abbandonate, che, pur non essendo estremamente importanti per la riproduzione di molte specie legate agli ambienti umidi, sono in certi casi di estrema importanza per la sosta e lo svernamento degli stessi. Zona litoranea esterna Va ricordato che tale tipo di ambiente, finora risparmiato dalla cementificazione, risulta ormai, tranne poche eccezioni, unico in Italia e rarefatto in Europa, per cui le specie vegetali ed animali che ancora vi sopravvivono rischiano di scomparire. Lo scanno rappresenta un ambiente unico ed insostituibile per i limicoli costieri protetti, che utilizzano: la fascia scoperta dalla bassa marea per l alimentazione; i dossi emergenti con l alta marea come posatoio-dormitorio; la duna come area di nidificazione. Le specie di avifauna presenti sono numerose, ed alcune risultano particolarmente protette (art. 2, comma 1, lett. a, Legge 157/1992); tra di esse si citano il Piovanello pancianera (Calidris alpina), la Pivieressa (Pluvialis squatarola), la Beccaccia di mare (Haematopus ostralegus), il Fratino (Charadrius alexandrinus) ed il Fraticello (Sterna albifrons). In situazioni di alta marea si registrano grandi concentrazioni di uccelli nei pochi dossi emergenti, dove qualsiasi azione di disturbo ha effetti moltiplicati. Le circa 100 coppie di Beccaccia di mare che nidificano sugli scanni del Delta veneto rappresentano la principale popolazione italiana e del Mediterraneo. Gli scanni del Delta ospitavano inoltre, fino ad una decina di anni fa, una consistente frazione della popolazione di Fraticello (Sterna albifrons) nidificante in Italia, che rappresentava a sua volta circa il 30% di quella del Paleartico Occidentale. Sistema dei canneti Tale tipologia ambientale comprende tutti i relitti di un ambiente ben più esteso che, dagli anni ha subito nel Delta una drastica contrazione. La causa principale è da attribuire, probabilmente, all aumento di salinità dell acqua provocata da subsidenza e dalla diminuzione dell altezza sul medio mare degli scanni (che rappresentano le barriere naturali fra l acqua dolce-salmastra dei bonelli, e l acqua del mare). Il canneto rappresenta un ecosistema indispensabile per passeriformi quali gli Acrocephalus, il Basettino (Panurus biarmicus) e il Pendolino (Remiz pendolinus) che utilizzano primariamente questo habitat. I canneti rappresentano un area di sosta per anatre di superficie in caso di forti venti che, come la bora, possono continuare per più giorni consecutivamente. Oltre a ciò rappresentano una insostituibile area di muta per Germano reale (Anas platyrhynchos) ed altri acquatici (rallidi, svassi) che, perdendo simultaneamente le 43

44 remiganti, sono inabili al volo per un determinato periodo: in questa fase, di mobilità limitata al nuoto, dette specie presentano una ridotta capacità di alimentazione, capacità ulteriormente condizionata dal disturbo di vario tipo. Gli ardeidi, nidificanti in canneto, sono tra i più importanti consumatori di livello elevato nelle catene trofiche delle zone umide (Fasola et al., 1982). Essi sono pertanto inclusi tra le specie di uccelli acquatici che concorrono a valutare l importanza di un area secondo i principi della Convenzione di Ramsar (Spagnesi, 1982). I canneti risultano fondamentali in particolare per l'airone rosso (Ardea purpurea). E importante sottolineare come l arretramento dei canneti perilagunari e l aumentato disturbo primaverile (natanti), abbiano concorso a compromettere la presenza delle colonie di nidificazione dell Airone rosso (Pezze, Bacucco, Batteria, Busa del Bastimneto), dove fino ai primi anni 90 si riproducevano tra le 100 e le 200 coppie. Sistema integrato delle sacche, velme e barene Tali zone rappresentano una fondamentale area di alimentazione per anatre, limicoli, ardeidi, laridi e sterne. Se la pressione venatoria può avere effetti limitati nelle lagune aperte e profonde dove gli uccelli transitano, nelle suddette località la stessa porta come inevitabile conseguenza all abbandono forzato dell area e al trasferimento nelle valli dell avifauna interessata dove, alla minore pressione venatoria, si aggiunge la possibilità dell alimentazione artificiale (che tuttavia non si adatta alle esigenze trofiche di tutte le specie). Va ricordato che questa tipologia ambientale e frequentata da almeno un ottantina di specie diverse, ognuna delle quali occupa una nicchia trofica ben precisa. In particolare in estate, le lagune si popolano di migliaia di caradriformi in sosta migratoria, tra cui il Gabbiano corallino. Le barene più mature, infine, sono ottimi siti di nidificaizone per i Limicoli e la Volpoca. Valli da pesca e da caccia Le valli del Delta veneto rivestono una notevole rilevanza in quanto, nelle loro diversità ambientali, possono rappresentare quasi tutti i biotopi originari del Delta, o dei biotopi intermedi, che costituiscono delle zone di tranquillità dove gli uccelli acquatici si alimentano, sostano e si riproducono. L utilizzazione venatoria delle, attraverso la concessione di azienda faunistico-venatoria, rappresenta una integrazione dell attività di allevamento ittico. Ciò costituisce indubbiamente un notevole incentivo, che spinge il vallicoltore ad attuare una serie di interventi, tra i quali: la sottrazione di alcune zone della valle all allevamento delle specie ittiche; in dette zone vengono immesse acque dolci al fine di creare una situazione di permanenza degli acquatici, tanto più indispensabile nel periodo primaverile-estivo (nel quale peraltro vige il periodo di assoluto divieto venatorio): l aratura del fondo nei tratti più importanti della valle; lo spurgo dei canali di scorrimento delle acque; il prosciugamento delle zone inquinate da eccesso di materiale organico al fine di esporle all azione dell aria e del sole; la regolazione del livello dell acqua all interno della valle, elemento essenziale per la nutrizione degli acquatici. Gli interventi di cui sopra vengono, nella norma, attuati da tutte le valli, costituendo una vera e propria conditio sine qua non per una gestione valliva finalizzata al mantenimento del binomio fauna-ambiente intesa anche quale fonte di reddito. Dal punto di vista vegetazionale nelle valli la copertura, nelle zone emerse, è data da specie legate ad ambienti salmastri od alofili, soprattutto Salicornia, Salsola, Obione, Aster ecc. Le aree interessate dall acqua 44

45 dolce e con bassa salinità hanno qualche zona coperta da fragmiteti o da altre piante più legate agli ambienti d acqua dolce. Le zone di argine e quelle più elevate sono coperte da Tamarix gallica ecc. Le valli, in Polesine, sono le zone più importanti per sosta e svernamento di uccelli acquatici. Durante il periodo della nidificazione si rinvengono molte specie, tra cui Falco di palude (Circus aeruginosus), Germano reale (Anas plathyrhynchos), Moriglione (Aythya ferina), Airone rosso (Ardea purpurea), Usignolo di fiume (Cettia cetti), Beccamoschino (Cisticola juncidis), cannaiole (Acrocephalus sp. pl.), Gabbiano reale (Larus michehellis), Sterna comune (Sterna hirundo) ecc. Durante il passo l ambiente è sede di sosta ed alimentazione per numerosi uccelli acquatici, in particolare Anatidi (Anas sp. pl., Aythya sp. pl.), Rallidi (Fulica atra, Gallinula chloropus, Porzana sp. pl., Rallus aquaticus), Albanelle (Circus sp. pl.), Caradriformi (Calidris sp. pl., Vanellus vanellus, Tringa sp. pl. ecc.) Durante il periodo invernale, le valli divengono sede di svernamento per numerosi Anseriformi per lo più delle seguenti specie: Germano reale (Anas plathyrhynchos), Alzavola (Anas crecca), Fischione (Anas Penelope) Canapiglia (Anas strepera), Mestolone (Anas clypeata), Moriglione (Aythya ferina), nonché per Ardeidi come Garzetta (Egretta garzetta), Airone cenerino (Ardea cinerea) ecc. Alveo e golene Po di Maistra Tra i siti a più alta biodiversità dell'intera provincia va ricordato sicuramente il Po di Maistra. È un vecchio alveo del Po, attualmente in fase senile a causa della scarsa officiosità, che si snoda dall abitato di Ca Venier sino a Boccasette, per sboccare in mare poco oltre. La componente floristica e vegetazionale si presenta molto interessante, ed è data in gran parte da specie igrofile ed acquatiche come la Cannuccia palustre (Phragmites australis), il Giaggiolo acquatico (Iris pseudacorus), le mazze sorde (Typha angustifolia e T. latifolia), la Lisca lacustre (Schoenoplectus lacustris), il Coltellaccio (Sparganium erectum), le carici (Carex elata e C.riparia), la Salcerella (Lythrum salicaria), la Mestolaccia (Alisma plantago-aquatica), la Menta d acqua (Mentha acquatica), le lenticchie d acqua (Lemna sp. pl. e Spirodela polyrhiza), la Salvinia natans, la Castagna d acqua (Trapa natans), la Ninfea (Nymphaea alba), il raro Poligonum amphibium, ed i generi Myriophyllum e Nuphar raggruppati talvolta nella tipica associazione denominata Myriophyllo-nupharetum. Durante il passo si rinvengono un po tutte le specie frequentanti gli ambienti vallivi circostanti come le anatre di superficie (Anas sp. pl.) quelle tuffatrici (Aythya sp. pl.), la Folaga (Fulica atra), la Gallinella d acqua (Gallinula chloropus), il Porciglione (Rallus aquaticus). Nel periodo riproduttivo tale ambiente diventa sede di nidificazione per interessanti e rare specie degli ambienti umidi, ed in particolare per Ardeidi ed altri Cinconiformi. Al suo interno ha sede una colonia di aironi composta da alcune centinaia di coppie di Nitticora (Nycticorax nycticorax), Sgarza ciuffetto (Ardeola ralloides), Garzetta (Egretta garzetta), Airone guardabuoi (Bubulcus ibis), Airone cenerino (Ardea cinerea) e Airone rosso (Ardea purpurea); nidifica qui la rara Spatola (Platalea leucorodia) Tra gli Anatidi particolarmente numerosi sono il Germano reale (Anas plathyrhynchos), l Alzavola (Anas crecca), ed il Moriglione (Aythya ferina), e qui sverna la principale frazione provinciale di alcune specie quali la Moretta tabaccata (Aythya nyroca), la Moretta grigia (Aythya marila), la Pesciaiola (Mergus albellus); si trovano inoltre numerosi piccoli Passeriformi legati alle zone di canneto, come il Basettino (Panurus biarmicus), il Pendolino (Remiz pendulinus) le cannaiole ed il Cannareccione (Acrocephalus sp.pl.), il Migliarino di palude (Emberiza schoeniclus) ecc. 45

46 3.4 Utilizzo del territorio polesano (uso del suolo) Uso del suolo Corine Land Cover (Uso del suolo) anno 2006 classe III 46

47 CATEGORIA ETTARI AGGREGAZIONE 1 Tessuto urbano continuo 74,94 1 Tessuto urbano discontinuo 9246,14 1 Aree industriali, destinate a serv izi e commerciali 2941,59 1 Aree infrastrutturali 3562,65 1 Aree estrattiv e 192,86 1 Discariche 97,26 1 Cantieri e suoli in trasformazione (aree in attesa di una destinazio528,74 1 Aree v erdi urbane 296,21 1 Aree destinate ad attiv ità sportiv e e ricreativ e 675,16 2 Seminativ i in aree non irrigue 1326,07 2 Seminativ i in aree irrigue ,62 2 Risaie 1461,67 2 Vigneti 591,72 2 Frutteti 2639,51 2 Altre colture permanenti 1354,24 2 Terreni agricoli eterogenei (colture annuali associate a colture pe550,63 sup. antropizzate (notasp) 17615,55 aree coltivate ,46 3 Prati stabili 4769,6 4769,6 4 Boschi di latifoglie 183,69 4 Boschi di conifere 230,19 4 Arbusteti, v egetazione in ev oluzione 104,99 5 Spiagge, dune, sabbie 967,27 5 Ambienti umidi fluv iali (abbinati a v egetazione a dominanza di ca338,1 5 Ambienti umidi lacuali (Vegetazione caratterizzata da dominanza 77,93 5 Corsi d'acqua, canali, idrov ie 7350,22 5 Bacini acquei 340,01 5 Lagune litoranee 7646,15 5 Mari 2025,94 Paludi salmastre (v alli da pesca, v elme e barene, casse di colm9286,24 Arboreti ETTARI TOTALI 518,87 zone umide 28031,86 TOTALE ,34 Uso del suolo Corine Land Cover (Uso del suolo) anno 2006 classe III. Provincia di Rovigo. La descrizione del territorio, sotto l aspetto delle sue diverse utilizzazioni, diventa essenziale per un duplice fine: Da un lato serve come sfondo sul quale sovrapporre l'attività venatoria attuale e valutare quindi il livello di utilizzazione della risorsa territorio. Escludendo le aree antropizzate (tessuto urbano continuo e discontinuo, aree infrastrutturali ed estrattive, discariche ed aree verdi urbane o destinate ad attività sportive) in cui è vietato cacciare per legge, si è cercato di stimare la quantità di territorio potenzialmente utilizzabile ai fini faunistico- venatori, denominato territorio agrosilvo pastorale (TASP). Rispetto alla porzione di territorio utilizzabile ai fini faunistico-venatori, la presenza di un territorio di elevato pregio ambientale deve presentare la massima diversificazione che, nel caso del Polesine, si estende per una superficie di circa ettari rappresentati dalle diverse tipologie di zone umide, e per circa 500 ettari da boschetti e cespuglietti. La rimanente 47

48 consistente porzione costituisce la superficie agricola totale. La situazione della provincia di Rovigo inerente il consumo di suolo, risulta molto particolare. Infatti, nella seconda metà dell'800 iniziano le opere di bonifica più significative nelle paludi e valli che consegnano ai polesani grandi quantità di terre da coltivare. Dunque, abbiamo due momenti, il primo nel quale si "produce" suolo e il secondo nel quale si "consuma" suolo ai fini residenziali/produttivi e infrastrutturali. Analizzando le dinamiche insediative dell'ultima metà del secolo scorso, più precisamente a partire dal 1960, si può tranquillamente affermare che la provincia di Rovigo non ha subito quello sviluppo esponenziale che ha caratterizzato altre aree, dove le principali città si sono ampiamente espanse verso la campagna. L'attuale situazione d'insediamento, che è diversa dal resto del territorio del Veneto, deriva dallo spopolamento del Polesine durante gli anni in cui il nord-est conosceva invece il fervore edilizio ed industriale. Nel territorio polesano è dominante la grande dimensione territoriale, la quale si coniuga con una popolazione concentrata in centri o sparsa in abitazioni che non raggiungono nemmeno la densità limite del Veneto centrale; tutto ciò a sostegno della tesi che in questo territorio un ruolo chiave è svolto dall'assetto agricolo e dalle sue vocazioni naturali le quali rappresentano un modello alternativo di sviluppo territoriale. Campagna intensamente coltivata. All interno della superficie territoriale occupata da aziende agro-zootecniche-forestali si individuano le superfici investite ed effettivamente utilizzate in coltivazioni propriamente agricole, la cosiddetta superficie agricola utilizzata (SAU). In tutto il territorio polesano, come altrove, la presenza umana e le attività associate hanno profondamente modificato il paesaggio rurale e l ambiente. L agricoltura intensiva-estensiva prevede una serie di pratiche colturali tendenti a facilitare ed uniformare le fasi lavorative lasciando scarso spazio per la conservazione, per il canale bordato di vegetazione, per la macchia d alberi o per le siepi. L'analisi della SAU negli ultimi decenni ne evidenzia una progressiva diminuzione in provincia di Rovigo, dove attualmente rappresenta l'89% della superficie territoriale Belluno 53255, , , ,63 48

49 Padova , , , ,53 Rovigo , , , ,39 Treviso , , , ,65 Venezia , , , ,66 Verona , , , ,67 Vicenza , , , ,25 Superficie agricola utilizzata (SAU) in ettari delle province del Veneto: Anni 1999, 2004, 2007, Fonte: Da un confronto con la situazione a livello regionale relativa ai dati del 6 censimento generale dell agricoltura del 2010, si riscontra a Rovigo il massimo valore di SAU, ben superiore alla media regionale (71%), maggiore anche rispetto alle altre province venete di pianura (Padova 86%, Venezia 83%). Si conferma il maggior peso economico dell'agricoltura in Polesine e la specificità produttiva del settore primario rispetto alle altre realtà del Veneto; in termini economici questo si può osservare dall'esame del valore aggiunto prodotto in agricoltura rispetto agli altri settori produttivi che nel 2006 risultava del 4,4%, oltre il doppio rispetto alla media regionale e tre volte superiore rispetto alle altre province venete di pianura (Padova e Venezia), che pure presentano valori di SAU non molto inferiori. 49

50 Utilizzazione dei terreni, superfici in ettari Fonte: Elaborazioni Servizio Statistica Provincia di Rovigo su dati Istat Uno dei dati più realistici per una valutazione dello stato dell agro-eco-sistema è rappresentato dal riparto della SAU, che nel Polesine conferma la presenza, quasi ovunque diffusa, di una agricoltura intensiva che ha stravolto, nel corso dell ultimo trentennio, pratiche agronomiche in uso da secoli che avevano permesso sia la sopravvivenza dell ambiente che della popolazione. Tra tutte, l abbandono della rotazione agraria che ha portato al dilagare della monocoltura. I Dati riportati in grafico e tabella risultano a tale proposito molto eloquenti. Utilizzazione dei terreni: distribuzione % della SAU per tipo di coltivazione Territorio superficie agricola utilizzata (sau) seminativi coltivazioni legnose agrarie orti familiari prati permanenti e pascoli ATC RO1 100,00 94,65 4,72 0,10 0,53 ATC RO2 100,00 96,39 2,29 0,12 1,20 ATC RO3 100,00 98,21 0,73 0,11 0,95 50

51 provincia di Rovigo 100,00 96,56 2,45 0,11 0,88 Veneto 100,00 70,15 13,50 0,25 16,09 Nord-est 100,00 63,48 12,63 0,18 23,71 Italia 100,00 54,52 18,52 0,25 26,71 Fonte: Elaborazioni Servizio Statistica Provincia di Rovigo su dati Istat In termini percentuali e al livello provinciale si devono evidenziare: la grande e costante predominanza dei seminativi (media provinciale 96,56% a fronte di una media regionale assestata sul 70% della SAU), che fanno del Polesine un area a specializzazione quasi monocolturale; la minima incidenza di colture pratensi permanenti (0.88% della SAU provinciale a fonte di una media regionale del 16.09%) che si lega anche ai processi di disattivazione della zootecnia che è andata concentrandosi e specializzandosi nell ambito di poche aziende; la forte diminuzione delle colture arboree permanenti, più che dimezzatesi nel corso del trentennio (2,45% della SAU provinciale a fonte di una media regionale del 13.50%) connessa all assenza di una specifica vocazione alla coltura della vite e all impatto per quanto riguarda la frutticoltura di fenomeni di concorrenza da parte di aree produttive a forte vocazionalità e specializzazione. Il dato medio provinciale definisce una realtà che si articola in situazioni piuttosto differenziate a livello delle tre zone omogenee del Polesine occidentale, centrale e del Delta del Po, coincidenti rispettivamente con gli ATC Ro1, RO2 e RO3. Con riferimento alla media dell ultimo decennio, la predominanza dei seminativi si fa assoluta passando dal Polesine occidentale (94.65% circa), al Polesine centrale (96.39%), e al Delta (98.21%). Analogo gradiente, ma di segno opposto, evidenziano le colture arboree, che passano sulla SAU dal 4.72% circa del Polesine occidentale, al 2.3% del Polesine centrale e allo 0.73% del Polesine orientale. Per il Delta si può osservare la presenza contestuale di una maglia aziendale relativamente ampia e di una bassissima incidenza di colture arboree. Questa concomitanza, frutto sia di una vocazionalità agronomica che di orientamento imprenditoriale, ha indubbiamente dei risvolti morfologico-paesaggistici, oltreché agroecologici. Un ultimo dato saliente, che ci consente una lettura del territorio, è rilevabile dalla analisi della serie storica dei dati elaborati nei Censimenti Generali dell Agricoltura nel periodo : ad un mantenimento pressoché costante della SAU provinciale, si registrano nel citato periodo un dimezzamento del numero delle aziende agricole (- 49%) ed un crollo verticale delle giornate lavorative svolte (- 72%) cui corrisponde il raddoppio della SAU media aziendale passata da ettari 8.07 (1982) agli attuali ettari

52 Fonte: Elaborazioni Servizio Statistica Provincia di Rovigo su dati Istat Un ultima considerazione rispetto all esame degli aspetti legati al territorio agricolo riguarda l esigenza di mantenere, o meglio, tentare di ricreare un minimo di biodiversità nel territorio agricolo da perseguire mediante corrette politiche agricole, incentivi economici ed una ulteriore consapevolezza da parte degli imprenditori agricoli. La questione ambientale, o in questo caso, più specificatamente agroambientale è una delle tematiche che ha percorso la stesura dell ultimo Programma di Sviluppo Rurale (PSR ) e che troverà ampio spazio anche nel nuovo periodo di programmazione, quello che va dal 2014 al 2020 e che già in questi mesi si sta progressivamente delineando con l imminente entrata in vigore della nuova Politica Agricola Comune. L impegno dell ultimo PSR verso gli obiettivi ambientali è stato significativo, come espresso dai dati sul volume di risorse destinate alle misure agroambientali. Gli incentivi pubblici messi a disposizione hanno favorito alcune azioni da parte degli imprenditori per investimenti destinati alla salvaguardia ambientale anche all interno delle loro aziende agricole. I risultati raggiunti attraverso le misure agroambientali del PSR hanno portato a individuare obiettivi che puntano verso una maggiore attrattività per il prossimo periodo di programmazione poiché è innegabile che la funzione di sostenibilità ambientale e di mantenimento del territorio che svolge l agricoltura sia ancora oggi di fondamentale importanza. Mentre la descrizione di interventi di riqualificazione ambientale (con esclusivo riferimento a quelli finalizzati all incremento della fauna selvatica) vengono descritti in altra parte del presente Piano, si riporta di seguito una tabella di riferimento nella quale vengono definite le diverse tipologie legate allo svolgimento dell attività agricola in correlazione alla loro limitata, media o elevata compatibilità ambientale. 52

53 Fonte: Parco Reg.le del Fiume Sile. Linee guida per la gestione delle aree agricole e delle zone umide 53

54 4 LA RETE NATURA 2000 NEL CONTESTO POLESANO 54

55 La descrizione di un territorio non può prescindere da una attenta descrizione e illustrazione delle valenze ambientali e delle aree protette. I parchi, le riserve, le varie oasi di naturalità sono riconosciuti, ormai diffusamente, come elementi fondamentali nella struttura del complesso territoriale. La loro buona gestione, secondo principi di valorizzazione del paesaggio storico, di integrazione delle attività antropiche e, nel contempo, di conservazione delle risorse naturali, e un compito imprescindibile per un uso equilibrato del territorio e delle sue risorse. La nozione di biodiversità, già da tempo, viene comunemente inserita nei criteri orientativi della pianificazione degli interventi connessi alla tutela ambientale ed alla rinaturalizzazione del territorio. Le direttive europee 92/43/CEE, relativa alla protezione di habitat e specie, e 79/409/CEE (Uccelli), relativa alla tutela del patrimonio avifaunistico, sono divenuti riferimenti d obbligo in questo senso, visto che con esse si e potuta strutturare una prima generale rete ecologica che ha collegato le principali aree protette fra loro. La provincia di Rovigo, caratterizzata da numerosi piccoli centri e da un diffuso uso agricolo intensivo, non sfugge a queste dinamiche. Il cuore del sistema e nel Delta del Po dal quale, tramite il sistema fluviale, si irradia un sistema ecologico complesso e dinamico che si basa sugli equilibri di terre ed acque. Fanno parte di questo sistema le golene, i gorghi, le aree naturali minori e piccole aree umide localizzate nel territorio della provincia. Con la Direttiva Habitat 92/42/CEE e stato dato il via all istituzione della Rete Ecologica Europea Natura 2000 composta da un complesso di siti caratterizzati dalla presenza di habitat e specie sia animali che vegetali, di interesse comunitario (indicati negli allegati I e II della Direttiva) la cui funzione e quella di garantire la sopravvivenza a lungo termine della biodiversità presente sul continente europeo. L insieme di tutti i siti definisce un sistema strettamente relazionato da un punto di vista funzionale. Fanno parte della rete sia i Siti di Importanza Comunitaria (SIC) previsti dalla Direttiva Europea 43/92/ CEE per la protezione degli habitat che le aree destinate alla conservazione delle specie di uccelli denominate Zone di Protezione Speciale (ZPS). I perimetri degli ambiti di Rete Natura 2000 sono stati approvati con Delibera di Giunta Regionale n del 16 dicembre 2008 e sono pubblicati sul sito internet della Regione Veneto. Complessivamente in Provincia di Rovigo sono stati individuati otto siti d importanza comunitaria per complessivi ettari, localizzati quasi esclusivamente nel basso polesine. Rispetto al dato rilevato nel 2000 sono stati raggruppati molti siti di piccole dimensioni e complessivamente e aumentata la superficie di 55

56 oltre ettari. Nell alto Polesine un sito interessa parzialmente il comune di Badia Polesine; il sito e IT Fiume Adige tra Verona Est e Badia Polesine. Per quanto riguarda le Zone di Protezione Speciale nella provincia sono presenti quattro siti che interessano un territorio di ettari. L incremento rispetto al 2002 e molto consistente ed e stato necessario al fine di rispondere a precise richieste fatte dalla Commissione Europea. La ZPS del Delta del Po interessa marginalmente territorio in Provincia di Venezia ed e contigua ai siti localizzati nella Regione Emilia Romagna. L estensione complessiva (territorio complessivamente interessato da SIC, ZPS o da entrambi) e pari a circa ettari pari al 16% del territorio provinciale. 56

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58 5 - QUADRO FAUNISTICO DEL TERRITORIO POLESANO 58

59 5.1 Introduzione la pianificazione faunistico-venatoria del territorio, per essere corretta sotto il profilo tecnicometodologico, deve basarsi, necessariamente, sulla conoscenza dello status attuale del patrimonio faunistico e sulla interpretazione della sua evoluzione, determinata da fattori di ordine naturale e dall intervento dell uomo (fattore antropico). Non vi è dubbio che l uomo oggi, con la sua cultura, il suo modo di produrre e di consumare, condiziona sempre di più la conservazione e l incremento del patrimonio faunistico, tanto che il fattore antropico diviene una variabile fondamentale e primaria tra tutte le componenti che vengono considerate nella gestione del territorio. La legge 157/92 (art. 10) e la stessa L.R. 50/1993 (art. 1) stabiliscono chiaramente che la programmazione e la pianificazione faunistica del territorio debbono basarsi sul principio della conoscenza delle risorse faunistiche, e cioè della consistenza del patrimonio faunistico disponibile, inteso questo, nella sua accezione tecnica onnicomprensiva di tutte le specie di fauna selvatica oggetto di gestione o di possibile gestione. La conoscenza della situazione faunistica si basa, perciò, su criteri e metodologie di rilevazione del territorio scientificamente corrette ed omogenee, allo scopo di fornire dati obiettivi di censimento su cui basare le scelte e gli interventi di tutela e di prelievo. La provincia di Rovigo è, attualmente, una delle aree maggiormente studiate della Pianura Padana orientale dal punto di vista faunistico; le massicce campagne di indagine condotte in particolare nell'ultimo decennio hanno permesso l'accumulo di una considerevole mole di dati, qui brevemente presentati. 5.2 Check-list delle specie presenti in provincia di Rovigo La presente check-list è l'aggiornamento delle precedenti liste stilate, e costituisce lo strumento di base per le successive elaborazioni e per pianificare la gestione e la conservazione della fauna selvatica stessa. La check-list deve essere costantemente aggiornata, raccogliendo tutte le informazioni attendibili, analizzando le pubblicazioni scientifiche e di settore. Check-list dei mammiferi della provincia di Rovigo La presente check-list è stata compilata utilizzando perlopiù dati inediti, al momento in fase di organizzazione (Verza E., ined. AsFaVe, in stampa). Riguarda infatti, indicativamente, l'ultimo decennio. Sono escluse da questa trattazione le specie appartenenti all'ordine dei Chirotteri, in quanto studi specifici sono tutt'ora in corso. La composizione della Teriofauna provinciale risulta notevolmente influenzata dalla presenza e dall azione umane, sia dirette che indirette: alcune specie, soprattutto di grossi mammiferi, si sono estinte in tempi storici (Cinghiale, Capriolo, Cervo, Lontra); altre di origine alloctona si sono più o meno ampiamente diffuse; altre ancora, grazie alla modificazione del paesaggio agrario e ad una sua differente fruizione, sono attualmente in espansione. Storicamente, grazie soprattutto ad una maggior diversificazione ambientale, il quadro teriologico appariva più ricco; è lecito pensare comunque che il numero di specie presenti risulti 59

60 inferiore rispetto alle possibilità ambientali. E auspicabile quindi che in futuro sia possibile avviare progetti mirati, quali la reintroduzione di specie estinte o in procinto di esserlo (Lontra, Puzzola) o l eradicazione di specie alloctone. Legenda A: specie abbondante o diffusa B: specie localizzata o sporadica?: specie con status incerto Carnivori Donnola (Mustela nivalis) A Faina (Martes foina) B Tasso (Meles meles) B Volpe (Vulpes vulpes) A Lagomorfi Lepre europea (Lepus europaeus) A Silvilago (Sylvilagus floridanus) B Alloctono, in espansione. Insettivori Riccio occidentale (Erinaceus europaeus) A Talpa europea (Talpa europaea) A Crocidura minore (Crocidura suaveolens) A Crocidura ventre bianco (Crocidura leucodon) A Toporagno di Arvonchi (Sorex arunchi) A Mustiolo (Suncus etruscus) B Roditori Nutria (Myocastor coypus) A Alloctono, in espansione. Surmolotto (Rattus norvegicus) A Topo selvatico (Apodemus sylvaticus) A Topolino domestico (Mus musculus) A Topolino delle risaie (Mycromis minutus) B Campagnolo di Savi (Microtus savii) Istrice (Hystrix cristata) B In espansione. Scoiattolo grigio (Sciurus carolinensis) B Alloctono, in espansione. Ungulati Daino (Dama dama) B Alloctono, in espansione. Capriolo (Capreolus capreolus)? - Apparentemente in fase di colonizzazione. Cetacei Tursiope (Tursiops truncatus) Stenella striata (Stenella coeruleoalba) Grampo (Grampus griseus) Capodoglio (Physeter macrocephalus) Altre specie Cinchiale (Sus scrofa) Rinvenuto individuo spiaggiato. 60

61 Procione (Procyon lotor) Catturato individuo fuggito dalla cattività. Check-list degli uccelli della provincia di Rovigo La presente check-list risulta come sintesi delle conoscenze ornitologiche relative al periodo (Verza E., ined.). La fenologia riportata è relativa al territorio della regione del Veneto. La nomenclatura segue la Check-list degli uccelli del Veneto del 2010 (Fracasso et al.). In provincia di Rovigo sono state attualmente individuate 315 specie di uccelli, corrispondenti a più della metà delle specie censite a livello nazionale, delle quali però 21 non prettamente selvatiche (specie aufughe) Il numero elevato di specie rende conto delle caratteristiche ambientali e geografiche soprattutto della zona del Delta del Po: 1) elevata diversità di ambienti umidi 2) ubicazione su alcune rotte migratorie (posizione lungo la costa, sul 45 parallelo, centralmente rispetto al continente), fatto che rende possibile il passaggio potenziale della maggior parte dei migratori europei. A questo proposito si pensi alla segnalazione nell area di specie alpine o di altri ambienti estranei al paesaggio provinciale (ad es. Grifone, Lanario). Caratterizzanti sono le specie delle zone umide, in particolare durante il periodo migratorio. La maggior diversità di specie si osserva nei mesi primaverili durante il passo pre-nuziale (aprile-maggio) ed autunnali con il passo post-nuziale. Il numero di specie nidificanti è certamente inferiore rispetto al totale e rispetto alle potenzialità dell area: la mancanza o l esiguità di alcuni ambienti (paludi d acqua dolce, paesaggio agrario diversificato, boschi di pianura) limitano l insediamento di alcune specie acquatiche (ad es. Moretta tabaccata e Mignattaio), di rapaci (ad es. Poiana) e di passeriformi. La buona presenza invece di paludi salmastre e salate favorisce l insediamento di specie rare e localizzate in Italia e nel Mediterraneo, quali la Beccaccia di mare, il Fratino, il Fraticello. La maggiori concentrazioni di individui si osservano in periodo invernale, con la presenza di notevoli contingenti di Anatidi e Caradriformi, fatto che rende il Delta zona umida di importanza internazionale per lo svernamento dell avifauna acquatica. Legenda I. Categorie AERC (lettera/e) A = specie di origine apparentemente selvatica, osservata almeno una volta a partire dal B = specie di origine apparentemente selvatica, osservata almeno una volta tra il 1800 ed il C = specie introdotta dall uomo o sfuggita dalla cattività, che ha formato almeno una popolazione nidificante in grado di autosostenersi; vale anche per individui giunti spontaneamente da popolazioni aventi le medesime caratteristiche, insediate al di fuori dell Italia. D = specie di origine selvatica possibile ma non certa; la sua presenza può essere dovuta a fuga o immissione deliberata dalla cattività, a trasporto passivo ecc.; oppure specie che, per qualche motivo, non può essere inserita in una delle altre categorie. E = specie introdotta o sfuggita alla cattività, priva dei requisiti previsti per la cat. C. II. Categorie di status generale (prima cifra): 1 = regolare: presenza constatata in almeno 9 degli ultimi 10 anni. 2 = irregolare: presenza constatata più di 10 volte e in almeno 6 anni dopo il 1950, ma in meno di 9 degli ultimi 10 anni. 3 = accidentale: presenza constatata 1-10 volte o in 1-5 anni dopo il = storico: presenza constatata almeno una volta, ma non dopo il

62 III. Categorie di status riproduttivo (seconda cifra): 1 = regolare: nidificazione accertata in almeno 9 degli ultimi 10 anni. 2 = irregolare: nidificazione accertata in 4-8 degli ultimi 10 anni. 3 = accidentale: nidificazione accertata solo in 1-3 degli ultimi 10 o più anni. 4 = storico: nidificazione apparentemente regolare in un qualsiasi periodo, ma mai negli ultimi 10 anni. 0 = specie per la quale mancano prove certe di nidificazione 62

63 Famiglia Specie Status in Veneto 1 ANATIDAE Cygnus olor Cigno reale ACE11 2 Cygnus atratus Cigno nero CE11 3 Anser fabalis Oca granaiola A10 4 Anser albifrons Oca lombardella A10 5 Anser anser Oca selvatica AC11 6 Branta canadensis Oca del Canada CE20 7 Branta leucopsis Oca facciabianca AE20 8 Branta ruficollis Oca collorosso AD30 9 Tadorna ferruginea Casarca ADE13 10 Tadorna tadorna Volpoca A11 11 Aix galericulata Anatra mandarina CDE20 12 Anas penelope Fischione A10 13 Anas strepera Canapiglia A12 14 Anas crecca Alzavola A13 15 Anas platyrhynchos Germano reale AC11 16 Anas acuta Codone A13 17 Anas querquedula Marzaiola A11 18 Anas discors Marzaiola americana A30 19 Anas clypeata Mestolone A11 20 Netta rufina Fistione turco A12 21 Aythya ferina Moriglione A11 22 Aythya nyroca Moretta tabaccata A12 23 Aythya fuligula Moretta A11 24 Aythya marila Moretta grigia A10 25 Somateria mollissima Edredone A20 26 Clangula hyemalis Moretta codona A10 27 Melanitta nigra Orchetto marino A10 28 Melanitta fusca Orco marino A10 29 Bucephala clangula Quattrocchi A10 30 Mergellus albellus Pesciaiola A10 31 Mergus serrator Smergo minore A10 32 Mergus merganser Smergo maggiore A11 33 Oxyura jamaicensis Gobbo della Giamaica C30 34 Oxyura leucocephala Gobbo rugginoso A30 35 PHASIANIDAE Perdix perdix Starna C11 36 Coturnix coturnix Quaglia A11 37 Phasianus colchicus Fagiano comune C11 38 GAVIIDAE Gavia stellata Strolaga minore A10 39 Gavia arctica Strolaga mezzana A10 40 Gavia immer Strolaga maggiore A20 41 PROCELLARIIDAE Calonectris diomedea Berta maggiore A30 42 Puffinus yelkouan Berta minore A20 43 SULIDAE Morus bassanus Sula A20 44 PELECANIDAE Pelecanus onocrotalus Pellicano comune A20 45 PHALACROCORACIDAE Phalacrocorax carbo Cormorano A12 46 Phalacrocorax aristotelis Marangone dal ciuffo A10 47 Phalacrocorax pygmeus Marangone minore A11 63

64 48 ARDEIDAE Botaurus stellaris Tarabuso A10* 49 Ixobrychus minutus Tarabusino A11 50 Nycticorax nycticorax Nitticora A11 51 Ardeola ralloides Sgarza ciuffetto A11 52 Bubulcus ibis Airone guardabuoi A11 53 Egretta gularis Airone schistaceo A30 54 Egretta garzetta Garzetta A11 55 Casmerodius albus Airone bianco maggiore A11 56 Ardea cinerea Airone cenerino A11 57 Ardea purpurea Airone rosso A11 58 CICONIIDAE Ciconia nigra Cicogna nera A10 59 Ciconia ciconia Cicogna bianca AC13 60 THRESKIORNITHIDAE Plegadis falcinellus Mignattaio A13 61 Threskiornis aethiopicus Ibis sacro C13 62 Platalea leucorodia Spatola A12 63 PHOENICOPTERIDAE Phoenicopterus roseus Fenicottero A13 64 PODICIPEDIDAE Tachybaptus ruficollis Tuffetto A11 65 Podiceps cristatus Svasso maggiore A11 66 Podiceps grisegena Svasso collorosso A10 67 Podiceps auritus Svasso cornuto A10 68 Podiceps nigricollis Svasso piccolo A13 69 ACCIPITRIDAE Pernis apivorus Falco pecchiaiolo A11 70 Milvus migrans Nibbio bruno A11 71 Milvus milvus Nibbio reale A10 72 Haliaeetus albicilla Aquila di mare A20 73 Gyps fulvus Grifone A10 74 Circaetus gallicus Biancone A11 75 Circus aeruginosus Falco di palude A11 76 Circus cyaneus Albanella reale A10 77 Circus macrourus Albanella pallida A20 78 Circus pygargus Albanella minore A11 79 Accipiter gentilis Astore A11 80 Accipiter nisus Sparviere A11 81 Buteo buteo Poiana A11 82 Buteo rufinus Poiana codabianca A20 83 Buteo lagopus Poiana calzata A20 84 Aquila clanga Aquila anatraia maggiore A10 85 Aquila pennata Aquila minore A10 86 PANDIONIDAE Pandion haliaetus Falco pescatore A10 87 FALCONIDAE Falco naumanni Grillaio A10 88 Falco tinnunculus Gheppio A11 89 Falco vespertinus Falco cuculo A11 90 Falco columbarius Smeriglio A10 91 Falco subbuteo Lodolaio A11 92 Falco eleonorae Falco della Regina A30 93 Falco biarmicus Lanario A30 94 Falco peregrinus Falco pellegrino A11 64

65 95 RALLIDAE Rallus aquaticus Porciglione A11 96 Porzana porzana Voltolino A10* 97 Porzana parva Schiribilla A10* 98 Crex crex Re di quaglie A11 99 Gallinula chloropus Gallinella d'acqua A Fulica atra Folaga A GRUIDAE Grus grus Gru A HAEMATOPODIDAE Haematopus ostralegus Beccaccia di mare A RECURVIROSTRIDAE Himantopus himantopus Cavaliere d'italia A Recurvirostra avosetta Avocetta A BURHINIDAE Burhinus oedicnemus Occhione A GLAREOLIDAE Glareola pratincola Pernice di mare A CHARADRIIDAE Charadrius dubius Corriere piccolo A Charadrius hiaticula Corriere grosso A Charadrius alexandrinus Fratino A Charadrius leschenaultii Corriere di Leschenault A Charadrius morinellus Piviere tortolino A Pluvialis apricaria Piviere dorato A Pluvialis squatarola Pivieressa A Vanellus vanellus Pavoncella A SCOLOPACIDAE Calidris canutus Piovanello maggiore A Calidris alba Piovanello tridattilo A Calidris minuta Gambecchio comune A Calidris temminckii Gambecchio nano A Calidris ferruginea Piovanello comune A Calidris alpina Piovanello pancianera A Limicola falcinellus Gambecchio frullino A Philomachus pugnax Combattente A Lymnocryptes minimus Frullino A Gallinago gallinago Beccaccino A Gallinago media Croccolone A Scolopax rusticola Beccaccia A Limosa limosa Pittima reale A Limosa lapponica Pittima minore A Numenius phaeopus Chiurlo piccolo A Numenius arquata Chiurlo maggiore A Xenus cinereus Piro piro del Terek A Actitis hypoleucos Piro piro piccolo A Tringa ochropus Piro piro culbianco A Tringa erythropus Totano moro A Tringa nebularia Pantana A Tringa stagnatilis Albastrello A Tringa glareola Piro piro boschereccio A Tringa totanus Pettegola A Arenaria interpres Voltapietre A Phalaropus lobatus Falaropo beccosottile A Phalaropus fulicarius Falaropo beccolargo A30 65

66 142 Stercorarius parasiticus Labbo A Stercorarius longicaudus Labbo codalunga A Stercorarius skua Stercorario maggiore A LARIDAE Xema sabini Gabbiano di Sabine A Rissa tridactyla Gabbiano tridattilo A Chroicocephalus genei Gabbiano roseo A Chroicocephalus ridibundus Gabbiano comune A Hydrocoloeus minutus Gabbianello A Larus melanocephalus Gabbiano corallino A Larus canus Gavina A Larus fuscus Zafferano A Larus argentatus Gabbiano reale nordico A Larus michahellis Gabbiano reale A Larus cachinnans Gabbiano reale pontico A Larus marinus Mugnaiaccio A STERNIDAE Sternula albifrons Fraticello A Gelochelidon nilotica Sterna zampenere A Hydroprogne caspia Sterna maggiore A Chlidonias hybrida Mignattino piombato A Chlidonias niger Mignattino comune A Chlidonias leucopterus Mignattino alibianche A Sterna sandvicensis Beccapesci A Sterna bengalensis Sterna di Rueppell A Sterna hirundo Sterna comune A COLUMBIDAE Columba oenas Colombella A Columba palumbus Colombaccio A Streptopelia decaocto Tortora dal collare A Streptopelia turtur Tortora selvatica A PSITTACIDAE Psittacula krameri Parrocchetto dal collare CE CUCULIDAE Clamator glandarius Cuculo dal ciuffo A Cuculus canorus Cuculo A TYTONIDAE Tyto alba Barbagianni A STRIGIDAE Otus scops Assiolo A Athene noctua Civetta A Strix aluco Allocco A Asio otus Gufo comune A Asio flammeus Gufo di palude A CAPRIMULGIDAE Caprimulgus europaeus Succiacapre A APODIDAE Apus apus Rondone comune A Apus melba Rondone maggiore A ALCEDINIDAE Alcedo atthis Martin pescatore A MEROPIDAE Merops apiaster Gruccione A CORACIIDAE Coracias garrulus Ghiandaia marina A UPUPIDAE Upupa epops Upupa A PICIDAE Jynx torquilla Torcicollo A Picus viridis Picchio verde A Dendrocopos major Picchio rosso maggiore A11 66

67 189 Dendrocopos minor Picchio rosso minore A20* 190 ORIOLIDAE Oriolus oriolus Rigogolo A LANIIDAE Lanius collurio Averla piccola A Lanius minor Averla cenerina A Lanius excubitor Averla maggiore A Lanius senator Averla capirossa A CORVIDAE Pica pica Gazza A Garrulus glandarius Ghiandaia A Corvus monedula Taccola A Corvus frugilegus Corvo comune A Corvus corone Cornacchia nera A Corvus cornix Cornacchia grigia A REGULIDAE Regulus regulus Regolo A Regulus ignicapilla Fiorrancino A REMIZIDAE Remiz pendulinus Pendolino A PARIDAE Cyanistes caeruleus Cinciarella A Parus major Cinciallegra A Periparus ater Cincia mora A Poecile palustris Cincia bigia A PANURIDAE Panurus biarmicus Basettino A ALAUDIDAE Melanocorypha calandra Calandra A Calandrella brachydactyla Calandrella A Galerida cristata Cappellaccia A Lullula arborea Tottavilla A Alauda arvensis Allodola A HIRUNDINIDAE Riparia riparia Topino A Hirundo rustica Rondine A Delichon urbicum Balestruccio A Cecropis daurica Rondine rossiccia A CETTIIDAE Cettia cetti Usignolo di fiume A AEGITHALIDAE Aegithalos caudatus Codibugnolo A PHYLLOSCOPIDAE Phylloscopus sibilatrix Luì verde A Phylloscopus collybita Luì piccolo A Phylloscopus trochilus Luì grosso A Phylloscopus inornatus Luì forestiero 224 SYLVIIDAE Sylvia atricapilla Capinera A Sylvia borin Beccafico A Sylvia curruca Bigiarella A Sylvia communis Sterpazzola A Sylvia cantillans Sterpazzolina comune A Sylvia melanocephala Occhiocotto A LOCUSTELLIDAE Locustella naevia Forapaglie macchiettato A Locustella fluviatilis Locustella fluviatile A Locustella luscinioides Salciaiola A ACROCEPHALIDAE Hippolais icterina Canapino maggiore A Hippolais polyglotta Canapino comune A Acrocephalus melanopogon Forapaglie castagnolo A10 67

68 235 Acrocephalus melanopogon Forapaglie castagnolo A Acrocephalus schoenobaenus Forapaglie comune A Acrocephalus palustris Cannaiola verdognola A Acrocephalus scirpaceus Cannaiola comune A Acrocephalus arundinaceus Cannareccione A CISTICOLIDAE Cisticola juncidis Beccamoschino A BOMBYCILLIDAE Bombycilla garrulus Beccofrusone A SITTIDAE Sitta europaea Picchio muratore A TROGLODYTIDAE Troglodytes troglodytes Scricciolo A STURNIDAE Sturnus vulgaris Storno A Pastor roseus Storno roseo A MUSCICAPIDAE Turdus merula Merlo A Turdus pilaris Cesena A Turdus philomelos Tordo bottaccio A Turdus iliacus Tordo sassello A Turdus viscivorus Tordela A Muscicapa striata Pigliamosche A Erithacus rubecula Pettirosso A Luscinia luscinia Usignolo maggiore A Luscinia megarhynchos Usignolo A Luscinia svecica Pettazzurro A Phoenicurus ochruros Codirosso spazzacamino A Phoenicurus phoenicurus Codirosso comune A Saxicola rubetra Stiaccino A Saxicola torquatus Saltimpalo A Oenanthe oenanthe Culbianco A Oenanthe hispanica Monachella A Monticola saxatilis Codirossone A Ficedula albicollis Balia dal collare A Ficedula hypoleuca Balia nera A PRUNELLIDAE Prunella modularis Passera scopaiola A PASSERIDAE Passer domesticus Passera europea (Passer d'italia) A Passer hispaniolensis Passera sarda A Passer montanus Passera mattugia A MOTACILLIDAE Motacilla flava Cutrettola A Motacilla cinerea Ballerina gialla A Motacilla alba Ballerina bianca A Anthus campestris Calandro A Anthus trivialis Prispolone A Anthus pratensis Pispola A Anthus cervinus Pispola golarossa A Anthus spinoletta Spioncello A FRINGILLIDAE Fringilla coelebs Fringuello A Fringilla montifringilla Peppola A Serinus serinus Verzellino A Carduelis chloris Verdone A Carduelis carduelis Cardellino A Carduelis spinus Lucherino A11 68

69 283 Carduelis cannabina Fanello A Loxia curvirostra Crociere A Carpodacus erythrinus Ciuffolotto scarlatto A Pyrrhula pyrrhula Ciuffolotto A Coccothraustes coccothraustes Frosone A EMBERIZIDAE Plectrophenax nivalis Zigolo delle nevi A Emberiza leucocephalos Zigolo golarossa A Emberiza citrinella Zigolo giallo A Emberiza cirlus Zigolo nero A Emberiza hortulana Ortolano A Emberiza schoeniclus Migliarino di palude A Emberiza calandra Strillozzo A11 LISTA E 295 ANATIDAE Dendrocygna sp. E 296 Alopochen aegyptiaca Oca egiziana E 297 Aix sponsa Anatra sposa E 298 Anas poecilorhyncha Anatra beccomacchiato E 299 Anas bahamensis Codone delle Bahamas E 300 Netta peposaca Fistione beccorosa E 301 ODONTOPHORIDAE Colinus virginianus Colino della Virginia E 302 PHASIANIDAE Alectoris rufa Pernice rossa E 303 Coturnix japonica Quaglia giapponese E 304 THRESKIORNITHIDAE Geronticus eremita Ibis eremita E 305 Platalea alba Spatola africana E 306 FALCONIDAE Falco cherrug Sacro E 307 RALLIDAE Porphyrio porphyrio Pollo sultano E 308 GRUIDAE Balearica regulorum Gru coronata E 309 COLUMBIDAE Columba livia Piccione selvatico E 310 CACATUIDAE Nymphicus hollandicus Calopsitta E 311 PSITTACIDAE Platycercus elegans Rosella rossa E 312 Melopsittacus undulatus Pappagallino ondulato E 313 PLOCEIDAE Quelea quelea Quelea beccorosso E 314 Euplectes afer Vescovo dorato E LISTA D 315 PHOENICOPTERIDAE Phoenicopterus minor Fenicottero minore D 69

70 5.3 Vocazionalità del territorio provinciale per le specie di interesse gestionale e per le specie cacciabili. Premessa La valutazione oggettiva della vocazionalità di un territori per una specie o per un gruppo di specie con caratteristiche ecologiche simili, richiede la disponibilità di informazioni quantitative sia riguardo le caratteristiche ambientali del territorio di interesse (morfologia, habitat, uso del territorio, presenza e distribuzione infrastrutture, condizioni climatiche, ecc.), sia delle esigenze eco-ecologiche (status, distribuzione, dinamica di popolazione, fenologia, ecc.) delle specie di interesse. Recentemente l'associazione Faunisti Veneti ha realizzato per conto della Regione Veneto la Carta delle Vocazioni Faunistiche del Veneto, quale utile strumento di supporto per l'analisi di detta vocazionalità. Studi di dettaglio effettuati nell'ultimo decennio in provincia di Rovigo hanno permesso l'acquisizione di una quantità sufficiente di informazioni al fine di determinare tale vocazionalità. Tra le fonti più importanti da citare in tal senso vi sono: Progetto Atlante degli uccelli Nidificanti nel Delta del Po, i cui risultati sono attualmente in corso di analisi; i censimenti periodici dell'avifauna acquatica nelle zone umide del Delta del Po (svernanti, nidificanti, al passo); le risultanze di specifiche ricerche su specie o gruppi di specie di interesse gestionale o conservazionistico quali ad esempio il Cormorano o gli Ardeidi; censimenti coordinati dalla Provincia, in collaborazione con gli ATC, sulle specie d'interesse venatorio e gestionale (Corvidi, Fagiano, starna, Lepre, Volpe). La vocazionalità del territorio per la fauna di interesse venatorio e gestionale appare facilmente riconducibile, a grandi linee, alla distribuzione delle principali tipologie ambientali. Così le aree interne caratterizzate dalla presenza di seminativi ed altre colture a pieno campo di tipo intensivo, risulteranno vocate essenzialmente per le specie della selvaggina stanziale (fagiano, quaglia, lepre) e di alcune specie prevalentemente migratrici quali l'allodola, i turdidi, la pavoncella a seconda delle tipologie ambientali locali. E' invece evidente che il sistema di zone umide costiere del Delta del Po, anche grazie agli ancor elevati livelli di naturalità, risulta particolarmente vocato per una diversa ed abbondante comunità di uccelli tra i quali predominano le specie acquatiche. Specie di interesse venatorio Vengono di seguito descritte le tre principali specie d'interesse venatorio in ambiente agrario, le quali costituiscono il grosso del carniere. Lepre europea (Lepus europaeus) Specie, in Italia, caratteristica dell'agroecosistema e degli ambienti collinari. In provincia di Rovigo da sempre specie guida dell'ambiente di campagna, ove riveste un ruolo ecologico e culturale. Dal punto da vista ambientale, in Polesine viene rilevata primariamente nelle campagne, riuscendo a sopravvivere anche nei settori intensamente coltivati e antropizzati. L'ambiente caratteristico è, però, 70

71 rappresentato dalla campagna tradizionale : appezzamenti di dimensioni medio-piccole, con capezzagne inerbite, siepi e presenza di medicai. Questa tipologia agraria è ancora oggi presente in limitati settori della provincia, sia per mantenimento di tradizioni agrarie che per nuovo impianto. Per lo più la specie è però costretta a frequentare campagne ben più spoglie e banalizzate, con grandi estensioni monocolturali a cereali e assenza o quasi di scoline inerbite. La sua densità in provincia di Rovigo risulta quindi al di sotto della densità ottimale per la specie in ambienti italiani di pianura. La Lepre compensa l'assenza di elementi tradizionali rifugiandosi sulle sponde (perlopiù inerbite o con cespugli) di canali di bonifica e fiumi, e presso le arginature di valli e lagune. Frequenta anche i margini delle zone umide, in virtù della presenza di vegetazione naturale lungo le sponde; può infatti anche essere trovata in golene fluviali e presso stagni, gorghi e maceri. Nell'area del Delta si spinge anche lungo la fascia costiera, con individui segnalati presso le spiagge e le pinete di Rosolina mare (ad es. tra i ginepri e l'ammofileto). La Provincia di Rovigo organizza e coordinata censimenti standardizzati della specie, in particolare dal 2009, con lo scopo di pianificare le immissioni e le catture, e valutare andamento di popolazione e incidenza del prelievo venatorio. Il sistema di conteggio più utilizzato è quello dei percorsi campione con faro notturno, ma sono stati effettuati conteggi anche in battuta. Aree oggetto di tale monitoraggio sono primariamente tutte le Zone di ripopolamento e cattura, per una superficie complessiva di ha. Questi censimenti effettuati hanno portato alla stima di una popolazione post-riproduttiva autunnale di circa 5700 individui per il Polesine centro-occidentale (solo ZRC), e di 500 adulti riproduttori per il Delta del Po (solo ZRC). La popolazione esterna alle ZRC è purtroppo da ritenersi estremamente esigua, e quindi non stimata, a causa dell'elevatissimo tasso di mortalità dovuto all'attività venatoria. Questi censimenti, inoltre, mostrano una densità della specie molto variabile tra ZRC e tra settori della provincia. In generale sii può osservare una diminuzione di densità da ovest verso est, dovuta prevalentemente a due fattori, ovvero la presenza nel settore occidentale di campagne più diversificate e di una maggior attenzione gestionale nei confronti della specie. Solo recentemente si è iniziato ad analizzare l'aspetto relativo al prelievo venatorio, sia mediante un'analisi sui tesserini di caccia regionali, sia con il supporto di schede anonime e di analisi effettuate direttamente dagli ATC. Ne emerge che il territorio cacciabile provinciale frutta almeno lepri prelevate all'anno, con un carniere medio pro capite di poco oltre i due capi per cacciatore; la maggior parte delle lepri viene prelevata in settembre, ed il numero cala poi progressivamente, divenendo progressivamente meno fruttuosa l'attività di caccia (settembre: circa 1 lepre ogni 5 uscite; novembre: una lepre ogni 20 o più uscite). Essendo la Lepre una specie, in Polesine, gestita direttamente dall'uomo, ne consegue che le sue popolazioni siano continuamente manipolate, sia nella genetica degli individui, sia nella densità di popolazione, sia nella distribuzione stessa della specie, sia nel tasso di mortalità. In primo luogo bisogna affermare che annualmente vengono immesse nel territorio cacciabile alcune centinaia di lepri a scopo di ripopolamento, provenienti da allevamenti italiani (ad es. Veneto, Emilia-Romagna e Toscana), da cattura di individui italiani o dall'est Europa (es: Repubblica Ceca, Slovenia). Ad esempio nell'inverno sono state immessi 443 esemplari, e in quello Ogni anno, inoltre, circa 1800 soggetti catturati nelle ZRC polesane vengono immessi nel territorio cacciabile. Questo continuo movimento di soggetti determina un continuo flusso di geni differenti, nonché lo svilupparsi di periodiche epidemie, che possono abbassare la densità di popolazione nelle ZRC (individui immessi, difatti, spesso si spostano spontaneamente nelle ZRC). Secondariamente si osserva come la densità nelle ZRC sia costantemente manipolata, mediante appunto la cattura di soggetti da ripopolamento, e lo scambio di soggetti tra ZRC (pratica del rinsanguamento, considerata però pericolosa dal punto di vista sanitario). Si tende difatti ad abbassare artificialmente la densità della specie nelle ZRC con maggior popolazione. Da ultimo va detto come nel territorio cacciabile la specie sia spesso effimera, ovvero presente in limitati periodi dell'anno e con soggetti non nati sul posto. L'attività venatoria, difatti, tende nella maggior parte delle aree ad azzerare annualmente la popolazione presente. 71

72 La gestione attiva di questa specie presuppone una serie di azioni volte ad aumentare la popolazione presente a fini venatori. La Lepre è oggetto di fenomeni sociali del mondo venatorio, che si incentrano sulla cattura delle lepri nelle ZRC in inverno e nell'immissione di soggetti in territorio cacciabile, con il coinvolgimento anche di centinaia di soci per ogni singola giornata di attività. Gli ATC sono poi impegnati nella gestione di quegli appezzamenti agrari appositamente predisposti per la lepre, nonché nella raccolta dei dati di carniere. Al fine di ottimizzare la gestione della specie vengono di seguito elencate alcune azioni consigliate per il territorio polesano: - realizzazione di ZRC e zone di rispetto di piccole dimensioni e disposte a macchia di leopardo, al fine di consentire l'irradiamento spontaneo della specie; - predisposizione in ogni ZRC di appezzamenti colturali dedicati alla specie (in particolare cereali a perdere, medica non sfalciata, prati stabili); - gestione delle scoline e delle capezzagne al fine di ottenere vegetazione spontanea lungo le sponde e fasce inerbite lungo i campi; - raccolta delle colture, in particolare dell'erba medica, partendo dal centro degli appezzamenti e con l'utilizzo delle barre di involo ; - incentivo nelle ZRC dell'agricoltura biologica; - eliminazione progressiva dell'immissione di soggetti esteri, di soggetti d'allevamento, e della pratica del rinsanguamento ; - controllo del bracconaggio e del randagismo. Dato l'interesse venatorio che la specie suscita da sempre in provincia di Rovigo, recentemente è stato attivato un piano sperimentale di prelievo, che ha portato il carniere massimo annuo pro capite a 8 lepri. I controlli effettuati mostrano come sia minima la frazione di cacciatori che usufruiscono di questo aumento di carniere consentito, a conferma che esistono due tipologie di utenti, ovvero quelli generalisti (che abbattono la Lepre in maniera casuale durante la caccia in forma vagante) che sono la maggior parte, e quelli specializzati (dediti esclusivamente alla caccia a questo lagomorfo). Un'altra interessante iniziativa riguarda l'attivazione nell'atc RO3 di un recinto sperimentale su di una superficie di 13 ha, recintata e coltivata con colture a perdere, medica e fasce boscate. Tale area consente sia la riproduzione allo stato naturale della specie, sia li pre-ambientamento a terra, in apposite parcelle, di lepri nate in cattività da rilasciare in territorio di caccia. Fagiano comune (Phasianus colchicus) Testimonianze scritte sulla presenza della specie in provincia di Rovigo si hanno dall'ottocento, anche se era sicuramente presente ben prima di tale periodo. Nelle stanze del castello rinascimentale di Arquà Polesine, difatti, viene raffigurato negli affreschi. Nel 1823 il Naccari così scriveva per la provincia di Rovigo Si trova abbondevolmente moltiplicato nel bosco del sig. Antonio Finotto a Ca' Venier vicino S. Nicolò di Po nel Distretto di Ariano, e serve per caccia riservata. La sottospecie tipica dell'europa e quindi anche del Polesine è sempre stata la P. c. colchicus; tale sottospecie, però, è stata rapidamente soppiantata a causa dell'immissione di altre sottospecie (in primis P. c. mongolicus e torquatus); col passare del tempo, e soprattutto nel Novecento, le forme pure sono sparite, lasciando il posto ad ibridi di queste e a varietà, tra cui i vari tipi di mutazione tenebroso. Non esistono, quindi, in provincia di Rovigo individui in purezza. Al giorno d'oggi la specie è sotto pesante controllo antropico. Ogni anno, difatti vengono immessi a scopo venatorio molti soggetti d'allevamento, provenienti sia da allevamenti italiani (in massima parte Veneto e Emilia-Romagna) sia dall'estero (Francia). Le immissioni avvengono perlopiù in estate (giovani dell'anno) e in primavera (individui dell'anno precedente), ad opera degli ATC; una certa quantità viene immessa anche nei campi addestramento cani a scopo cinofilo e nelle Aziende faunistico-venatorie. Si calcola che gli ATC 72

73 polesani nel periodo abbiano immesso fagiani d'allevamento. In territorio cacciabile ogni primavera viene anche immessa una piccola quantità di fagiani catturati nelle ZRC, pari a circa 200 soggetti all'anno. Queste massicce immissioni hanno portato alla creazione di nuclei semistabili, e alla diffusa presenza temporanea della specie. I fagiani presenti in stato di libertà in provincia di Rovigo sono costituiti perlopiù da tre tipologie: i) popolazioni effimere immesse a scopo venatorio in primavera ed estate e che non superano la stagione venatoria; ii) popolazioni instabili soggette a prelievo venatorio almeno parziale e continuamente soggette ad immissioni di capi, con un certo numero di soggetti effettivamente riproduttivi; iii) popolazioni stabili, spesso non collegate o solo parzialmente con i soggetti immessi ad uso venatorio. La terza tipologia è presente all interno di zone interdette all attività venatoria, solitamente in zone fluviali e in settori del Parco Regionale Veneto del Delta del Po; nuclei di questo tipo possono essere trovati nelle dune fossili (ad es. Porto Viro e Ariano), nelle dune litoranee (ad es. Caleri), nelle golene del Po, all interno di valli da pesca, nei rimboschimenti (ad es. Marina 70). Tali fagiani selvatici possono anche essere trovati in quelle ZRC non soggette a catture e con particolari caratteristiche ambientali. Il prelievo venatorio sulla specie è molto intenso, fatto che determina la sua quasi scomparsa ogni autunno in territorio cacciabile. La specie può essere rinvenuta in tutte le tipologia ambientali della provincia. È difatti in grado di sopravvivere anche nelle campagne intensamente coltivate, ovvero prive di copertura arboreo-arbustiva e fasce inerbite, adattandosi a trascorrere la notte al suolo. Le maggiori densità e i nuclei stabili possono essere rinvenuti però nell'agroecosistema tradizionale, ovvero in quei tratti di campagna con abbondanza di siepi, boschetti, medicai ed incolti (ad es. ZRC Ca' Negra, La Valle e Costa-Costiola). La specie si è ben adattata a vivere nelle zone umide del Delta; può infatti essere trovata nelle valli, nelle dune fossili e addirittura sulle barene lagunari (es: Caleri). Assente però dagli scanni. Due gli obbiettivi che sarebbero da perseguire nella gestione della specie in provincia di Rovigo: miglioramento delle caratteristiche di selvaticità : questo in particolare a fini cinofili e venatori; tale obbiettivo andrebbe perseguito con la creazione di migliori condizioni ambientali in campagna, atte all'affermazione di nuclei stabili inselvatichiti e autosostenuti; miglioramento morfologico: tale obbiettivo porterebbe alla presenza di individui puri dal punto di vista genetico. Starna (Perdix perdix) Per quanto riguarda la gestione dell'agro-ecosistema di pianura del Veneto, la Starna rappresenta un punto di arrivo rilevante, perseguito da diversi decenni ma mai raggiunto pienamente. Nella fase attuale della pianificazione faunistico-venatoria, perseguita dagli enti pubblici preposti e dalle organizzazioni venatorie, il tentativo di riaffermazione della Starna è perseguito da molti, anche se in maniera disomogenea, e con risultati altalenanti. Grande, infatti, è l'interesse cinofilo e venatorio che la specie suscita. La presenza della Starna è documentata per la provincia di Rovigo sin dal Rinascimento. Alla fine dell'800 l'ornitologo Camillo dal Fiume la riteneva, però, già rarefatta, descrivendola con queste parole Rara assai, alcune volte nidificò. Negli ultimi trent'anni il mondo venatorio ha effettuato continue immissioni di individui d'allevamento, al fine di fruire della specie nonché di tentare la creazione di nuclei autosostenuti inselvatichiti. Durante gli anni '80 del Novecento si assiste all'immissione della specie a fini venatori all'interno delle bandite di caccia, ma è a partire dagli anni '90 che le immissioni si fanno più regolari e numerose. Alla fine degli anni '90, difatti, vengono immessi a scopo venatorio circa 1000 individui all'anno nel Polesine occidentale (ATC RO1), senza però riuscire nella formazione di nuclei stabili; dal 2010 riprende l'immissione della specie in questo territorio con circa 700 soggetti all'anno. 73

74 Nel Polesine centrale (ATC RO2) si assiste alle immissioni più corpose e continuative, che hanno portato alla creazione di brigate e coppie riproduttive. Circa dal 1997 viene operata l'immissione di 3000 individui all'anno, nelle sole zone di caccia; dal 2008 il numero viene incrementato (4040 nel 2008, e 2010, ), con immissione di soggetti anche all'interno delle zone vietate alla caccia. Nell'area del Delta del Po (ATC RO3) si inizia l'immissione della Starna a partire dal 2008, con un numero progressivo di soggetti: 500 nel 2008, 1500 nel 2009, 1000 nel 2010, 700 nel Oltre alle immissioni operate dagli Ambiti Territoriali di Caccia, vi sono quelle messe in atto ad opera di alcune Azienda faunistico-venatorie terriere, e quelle a scopo cinofilo; nei Campi addestramento cani, difatti, la Starna viene utilizzata con immissione di pochi soggetti alla volta. L'insieme di queste immissioni assomma a poche centinaia di soggetti all'anno. Data la presente analisi, si stima che nell'arco di tempo compreso tra il 2007 e il 2011 siano state immesse in provincia di Rovigo circa starne d'allevamento, ad uso cinofilo e venatorio. I soggetti immessi derivano quasi completamente da allevamenti ubicati in Veneto e Emilia-Romagna; questi allevamenti garantiscono un ceppo meridionale di Starna, ovvero di dimensioni minori e con tinte meno grigie rispetto ai soggetti delle popolazioni d'oltralpe. Va però detto che nel tempo sono stati immessi anche soggetti di origine francese, e comunque una certa quantità di soggetti ad uso cinofilo è di origine ignota. Il metodo standard per l'immissione delle starne è quello del rilascio diretto di gruppi di 10 o 20 soggetti per sito; il rilascio viene effettuato solitamente in luglio. La provenienza d'allevamento di detti soggetti crea però sovente fenomeni negativi, quali il raggruppamento estivo di diverse decine di soggetti, che diventano quindi facilmente individuabili dai predatori, e l'avvicinamento alle strutture antropiche (es. pollai o corti agrarie). Al fine di tentare la creazione di sub-popolazioni inselvatichite, gli Ambiti territoriali di Caccia hanno intrapreso sperimentazioni di ambientamento della specie. Le sperimentazioni hanno riguardato sia il rilascio di gruppi più strutturati (un maschio adulto ogni 10 giovani), con lo scopo di tenere unite le brigate di neo formazione, sia il rilascio previo pre-ambientamento in voliere e/o recinti. Questo secondo metodo è, ovviamente, quello che ha portato ai migliori risultati. All'interno di alcune Zone di ripopolamento e cattura sono stati allestiti recinti anti-volpe con all'interno voliere con le starne d'allevamento e mangiatoie; fasi successive hanno previsto il rilascio graduale di detti soggetti. Presso un recinto sperimentale sono inoltre stati immessi individui con ali tarpate. Questo tipo di sperimentazioni permette generalmente un tasso di sopravvivenza e di fidelizzazione al sito maggiori. Queste massicce immissioni hanno portato alla formazioni di nuclei inselatichiti di Starna. Non si può parlare ancora di sub-popolazioni in grado di sostenersi sul medio-lungo periodo, ma è comunque stato individuato un metodo e sono stati messi a fuoco i fattori limitanti. Al momento attuale nei territori del Polesine centrale e del Delta del Po si può parlare di una presenza diffusa di starne, presenti a basse densità. È già stata notata la presenza di individui di seconda generazione, nati in condizioni di selvaticità; diversi eventi riproduttivi vengono osservati ogni primavera. La stima 2008 effettuata nell'atc RO2 (censimento di 865 ettari in battuta), integrata con osservazioni dirette, ha portato per quell'anno alla stima di alcune decine di coppie territoriali per il Polesine centrale. Una stima effettuata per il periodo mostra la presenza anche di 4 coppie per ogni Zona di ripopolamento e cattura, con territori per ogni coppia di diverse centinaia di ettari. È quindi presumibile che attualmente nel settore centro-orientale della provincia di Rovigo vi siano dalle 35 alle 60 coppie riproduttive; è possibile che tale numero sia una sottostima del popolamento presente. Uno dei problemi rilevati è la frammentazione dei vari nuclei presenti. La specie riesce a riprodursi e a mantenere brigate invernali anche nei territori soggetti a prelievo venatorio, ma le maggiori densità si osservano ovviamente dentro le ZRC, le quali non sono quasi mai confinanti tra loro. La sub-popolazione che appare più ampia copre un territorio di alcune migliaia di ettari del Polesine centrale, compreso tra le loc. S, Martino di Venezze, ad ovest, e Adria, ad est, e posto a nord del Canalbianco; questa sub-popolazione è in continuità con le starne presenti nella bassa veneziana, in particolare nell'area di Cavarzere, e con quelle della 74

75 zona rodigina di Loreo. Una seconda area importante per la specie è quella dell'isola di Ariano, nel Delta del Po, e che ha come baricentro il cordone di dune fossili di Ariano. Data la natura decisamente umida dei terreni agrari polesani, la specie tende ad utilizzare quei settori con suoli più sabbiosi, ad esempio con vene di sabbia derivanti da paleoalvei o ex-cordoni dunosi. La necessità di sostare presso suoli asciutti fa ricercare alla specie i punti più sopraelevati: dune fossili, argini di fiumi e canali di bonifica, argini dei complessi vallivi. In inverno la specie viene rilevata nelle colture a cereali autunno-vernini (grano), nei medicai, ma anche nei terreni arati. Una tipologia particolarmente ricercata è quella delle stoppie rilasciate in campo, nonché quella dei prati stabili da sfalcio presenti sugli argini a gradoni dei corsi d'acqua. Le maggiori densità si osservano inoltre nei settori coltivati ad agricoltura biologica. Gli individui presenti lungo i cordoni di dune fossili sono stati osservati sia sui suoli agrari sabbiosi circostanti, sia propriamente all'interno delle dune, in contesti di prato arido con cespugli. Interessante il caso di alcuni soggetti presenti all'interno delle dune di Donada (Porto Viro), un settore di limitata estensione posto in mezzo alle case, ma con presenza di prato arido. Un altro interessante fenomeno è quello della presenza di alcuni individui in prato stabile derivante da incolto ad alte erbe, presente in una golena del fiume Po presso Corbola. Data la spontanea creazione di nuclei selvatici, derivanti da soggetti d'allevamento, in grado di riprodursi e superare sia l'attività venatoria che gli inverni più rigidi, si ritiene che il territorio della provincia di Rovigo sia adatto alla specie. Resta da comprendere se sia possibile la formazione di popolazioni in grado di autosostenersi nel tempo, al di la delle immissioni a scopo venatorio, e se sia possibile limitare gli effetti della frammentazione dei gruppi separati. È importante sottolineare che limitati interventi di natura agraria possono garantire la sopravvivenza e la riproduzione della specie anche in contesti agrari con colture intensive e scarsissima diversità ambientale. Di fondamentale importanza risulta essere una corretta gestione del prelievo venatorio, e il coinvolgimento del mondo venatorio anche con progetti sperimentali di natura prettamente tecnica. Lepre e fagiano risultano essere le due specie d'indirizzo per l'intera superficie provinciale, ad esclusione delle zone umide. In determinati casi anche la starna può essere considerata specie d'indirizzo, in relazione a specifici progetti. Avìfauna acquatica di interesse venatorio Recenti studi e pubblicazioni hanno ben ampliato le conoscenze relative a questo gruppo di specie, di particolare rilievo venatorio nel Delta del Po. Viene di seguito messa, quindi, una breve sintesi a riguardo. Per informazioni più dettagliate si rimanda alle pubblicazioni a tema. Una recente pubblicazione (Verza & Bottazzo, 2011) ha ampiamente esaminato la situazione del popolamento di Anatidi nell'area del Delta del Po veneto. Il popolamento generale appare in aumento sia in periodo di svernamento, sia per il periodo di passo e nidificazione. La tabella seguente esplica in maniera chiara tale situazione. Nel grafico seguente è possibile notare come anche la media annuale dei dati raccolti dia conto di una situazione positiva, riferita ovviamente sia alo svernamento che al passo. Il grosso degli Anatidi è concentrato all'interno della valli, e secondariamente nei rami del Po. 75

76 Trend delle principali specie per l'area del Delta del Po (da: Verza & Bottazzo, 2011). Media annuale di Anatidi censiti nel Delta centrale (da: Verza & Bottazzo, 2011). Anatidi censiti a gennaio, provincia di Rovigo (da: Verza & Bottazzo, 2011). L'analisi dei dati di censimento per il periodo agosto-febbraio mostra come il grosso degli individui, nel Delta centrale, sia concentrato presso le zone di caccia, appositamente gestite. 76

77 Presenza degli Anatidi nelle zone di caccia e Parco, Delta centrale (da: Verza & Bottazzo, 2011). La popolazione svernante di Folaga nel Delta veneto mostra un trend di stabilità, con una media sul periodo di circa individui (Provincia di Rovigo). Il Porciglione è specie di difficile stima, data la sua cripticità. Nel Delta veneto è stabile come svernante (Provincia di Rovigo); a livello nazionale appare in aumento come svernante, e le popolazioni europee appaiono in un favorevole stato di conservazione. Anche la Gallinella d'acqua è difficilmente stimabile, data la capillarità della sua diffusione. A livello nazionale, comunque, è considerata in aumento come svernante, e in favorevole stato di conservazione in Italia. La Pavoncella: presenta trend fluttuanti ed instabili, anche se in molte parti dell'areale mostra incrementi, tra cui in Italia: nella parte rodigina mostra un incremento per quanto riguarda la frazione nidificante, così come osservato in tutta l'alta Italia. Beccaccia e Frullino presentano uno status di non valutato per lo svernamento nelle zone umide interessate. Questo in quanto la metodica di raccolta dati non comprende praticamente le aree forestali e agricole. Ci si rifà quindi a considerazioni di carattere continentale: entrambe le specie a livello europeo hanno un trend di stabilità (Welands International, 2006). La Beccaccia è presente al passo, ma recentemente ha fatto osservare fenomeni di aumento nella frazione svernante, in particolare nell'area del Delta. Altre specie di interesse venatorio La Tortora selvatica ha status sfavorevole di conservazione in Europa, a causa di un insieme di fattori ambientali e di pressione antropica (Spagnesi & Serra, 2003). Il Colombaccio è specie in rapida espansione sia in provincia di Rovigo che in territorio italiano (AA.VV.). In particolare appare evidente l'espansione in atto della frazione nidificante, che partendo dal Delta ha ormai colonizzato l'intera provincia, spostandosi anche in ambiente periurbano. Poco significativa la presenza dei turdidi. Sono presenti quasi esclusivamente al passo, essendo difatti la Cesena quasi scomparsa come svernante. Le popolazioni europee di Tordo bottaccio e sassello sono rimaste numericamente stabili tra il 1970 ed il 1990 e, pertanto, le specie sono attualmente considerate in buono stato di conservazione. 77

78 Specie di interesse gestionale Le specie d'interesse gestionale, dette anche "specie problematiche", sono quelle specie selvatiche appartenenti alla fauna omeoterma che localmente e in modo più o meno regolare possono causare conflitti con le attività antropiche, in genere di tipo produttivo (colture agricole specializzate, acquacoltura, gestione faunistica), e con gli ecosistemi naturali. In provincia di Rovigo è il caso di alcune specie di uccelli ittiofagi (Cormorano), dei Corvidi, e tra i mammiferi della Nutria, della Volpe, del Daino e del Silvilago. Vengono di seguito estesamente trattate le specie più problematiche, con solo un breve testo per le altre. Volpe Viene di seguito presentata una sintesi delle conoscenze relative alla popolazione della Volpe in provincia di Rovigo. Tali conoscenze derivano da un monitoraggio specifico pluriennale attivato al fine di valutare l'impatto della specie, basato su una vasta campagna di raccolta dati sul campo. Come noto in bibliografia, la Volpe è una specie tipica della fauna della provincia di Rovigo. Durante il '900 l'azione umana ha praticamente estinto la specie dalla Pianura Padana, con persistenza di alcuni nuclei solo nelle zone collinari e lungo la costa (Delta veneto compreso). Fino a buona parte della seconda metà del '900, infatti, la specie è stata presente in provincia di Rovigo a densità molto basse. La specie, dopo una rapida ri-colonizzazione del territorio provinciale a partire dagli anni 80 del Novecento (Verza, 2003), fenomeno peraltro osservato in tutto il Veneto, ha assestato la propria popolazione su buoni livelli di densità, occupando molti habitat differenti. I principali ambiti colonizzati sono stati le campagne coltivate, i rami fluviali e, nell area del Delta del Po, le zone umide quali le valli da pesca e le fasce di dune fossili. Già ai primi anni 90 la specie appariva capillarmente diffusa presso tutto il territorio provinciale, con segnalazione di individui e tane praticamente in ogni comune della provincia. Con l interruzione del piano di contenimento nel 2006, la Volpe ha iniziato una nuova fase di espansione sia numerica che territoriale. Tale espansione è apprezzabile tramite vari indici e considerazioni: aumento individui travolti da veicoli; aumento delle segnalazioni in diurna; espansione presso nuovi habitat e siti: soprattutto a partire dal 2008 si è notata la presenza della specie in contesti ambientali sino ad ora poco o per nulla frequentati; uno di questi contesti è quello urbano; un altro ambiente che è stato colonizzato è quello degli scanni sabbiosi del Delta del Po (barre di foce). Individui abbattuti durante l attività venatoria: l analisi dei dati di abbattimento deriva dalla registrazione dei capi prelevati, effettuata sia direttamente dagli ATC, sia ricavata dalle schede di consegna di detti capi agli istituti zooprofilattici competenti per la ricerca di virosi ed altre patologie. in base a questa analisi in meno di un decennio la quantità di volpi prelevate in stagione di caccia è almeno raddoppiata. I monitoraggi della popolazione di Volpe si collocano nell alveo delle attività di ricognizione della consistenza numerica e dello stato di salute delle popolazioni di Mammiferi d interesse venatorio ed oggetto di gestione attiva. I censimenti sono promossi dalla Provincia di Rovigo, che ha fornito supporto tecnico, e sono stati materialmente eseguiti da personale incaricato dagli Ambiti territoriali di caccia (RO1, RO2 e RO3), in particolare nella figura delle Guardie volontarie e dei Referenti delle Z.R.C. Tale personale è stato appositamente formato con corsi ed incontri specifici. Principale metodo di censimento è quello del faro notturno su percorsi campione (la metodica seguita è quella standard relativa ai censimenti dei lagomorfi) Le aree monitorate sono state le Zone di ripopolamento e 78

79 cattura (Z.R.C.). Per calcolare la superficie effettivamente censita, si è applicato un buffer di 300 metri (150 mt per lato) lungo i percorsi che sono stati indicati su apposita Carta tecnica regionale, con l utilizzo di software GIS. Le uscite sono state effettuate sia in periodo autunnale (solitamente in novembre e dicembre) sa in alcune occasioni durante la primavera. La superficie censita con questa metodica è notevole (ad esempio ha nel 2009, ovvero il 51% della superficie delle ZRC). Estendendo statisticamente il numero di volpi censite a tutto il territorio delle ZRC di ottiene una stima di presenza di 164 individui per il 2009, e di 169 per il 2010 (tenendo come dato del RO3 quello dell'anno precedente). In base alla casistica di questi monitoraggi tale numero rappresenta una evidente sottostima del contingente presente. Più interessante risulta la stima della densità. In generale, la densità di individui contattabili nel territorio delle ZRC oscilla tra 1 individuo ogni 79 ha (solo ZRC con presenza) e 1 individuo ogni 241 ha (tutto il territorio delle ZRC). La media di tutte le ZRC e su due anni di indagine ( ) indica una presenza di 1 Volpe ogni 146,5 ettari. Estendendolo tale valore a tutta la superficie agro-silvo-pastorale della provincia di Rovigo ( ha. Fonte: Precedente Piano faunistico venatorio provinciale), si ottiene una densità potenziale di 940 individui. Tale numero, come detto, rappresenta una sottostima; per il Polesine, quindi, si può ritenere che in periodo autunnale la popolazione di Volpe sia costituita almeno da un migliaio di soggetti. Censimenti autunno VOLPE A.T.C. ha censiti (ZRC) volpi censite ha TOT ZRC volpi stimate RO RO RO Censimenti autunno VOLPE A.T.C. ZRC in cui è stata densità (solo nelle trovata ZRC con presenza) densità (in tutte le ZRC censite) RO1 tutte 1 ogni 137 ha 1 ogni 137 ha RO2 6 su 9 1 ogni 145 ha 1 ogni 153 ha RO3 3 su 7 1 ogni 96 ha 1 ogni 241 ha Censimenti autunno VOLPE A.T.C. ha censiti (ZRC) volpi censite ha TOT ZRC volpi stimate RO RO RO

80 Censimenti autunno VOLPE A.T.C. ZRC in cui è stata densità (solo nelle trovata ZRC con presenza) densità (in tutte le ZRC censite) RO1 tutte 1 ogni 144 ha 1 ogni 144 ha RO2 4 su 6 1 ogni 78,9 ha 1 ogni 123,8 ha RO Una delle metodiche di censimento più efficaci per quantificare le popolazioni di volpi è, inoltre, quella del rilevamento delle tane. Nel corso dei mesi di gennaio e febbraio vengono censite tutte le tane presenti all interno delle Z.R.C. del territorio provinciale. Tale periodo è stato scelto in quanto momento di insediamento delle coppie di adulti nei territori di riproduzione. Ogni tana è stata ubicata su apposito stralcio della Carta tecnica regionale, e per ognuna è stata compilata una scheda di rilievo, recante in particolare informazioni relative all effettiva frequentazione della stessa da parte della specie (tane attive). Per molte Z.R.C. sono state prese in considerazione anche le tane presenti entro un raggio di 500 metri dal perimetro esterno delle Z.R.C. (definito buffer o corridoio). Ad esempio, nel 2010 negli oltre ettari di Zone di ripopolamento e cattura (in totale 31 ZRC censite), sono state rinvenute 75 tane. L analisi della densità mostra una maggior presenza di tane all interno delle ZRC rispetto al corridoio perimetrale. L analisi dei dati mostra come ci sia un progressivo aumento di densità della specie mano a mano che si va da occidente, ovvero dall Alto Polesine (ATC RO1) verso il mare, ovvero Medio e Basso Polesine (ATC RO2 e RO3). Densità di tane di Volpe nelle ZRC censite, La densità rilevata mediamente all interno delle Z.R.C. per il 2010 è di 1 tana ogni 245 ha. Estendendo tale densità al territorio agro-silvo-pastorale del Polesine (esteso per ha), si ottiene una densità di 562 tane. Considerando, invece, che al d fuori delle Z.R.C. la densità di tane è 80

81 leggermente inferiore (e diminuendo ragionevolmente di 1/5 la densità), si ottiene una presenza potenziale di 542 tane. Le tane attive rilevate durante i censimenti non corrispondono, tuttavia, al numero di coppie riproduttive effettivamente presenti. Questo per i seguenti motivi, legati alla biologia della Volpe: non tutte le volpi presenti in primavera in un dato territorio si riproducono: questo fenomeno, noto ad es. anche per i Corvidi, esiste sia in funzione della densità di prede presenti, sia per la presenza di un gran numero di giovani nati l anno precedente ancora alla ricerca di un proprio territorio stabile (soprattutto maschi). Ogni coppia costruisce più di una tana, a disposizione per poter sostare la prole in caso di necessità. Secondo questo ragionamento, per arrivare alla stima delle coppie riproduttive presenti sono state prese in considerazione solo le tane sufficientemente distanti tra loro. In questo modo si è arrivati a stimare una popolazione di coppie riproduttive all interno delle ZRC censite ( ha). Estendendo questo dato a tutte le ZRC ( ha) si ottiene una popolazione riproduttiva di 68 coppie. Estendendo sempre la medesima densità all intero territorio agro-silvo-pastorale si ottiene una popolazione potenziale di 369 coppie. Considerando che la densità all interno delle ZRC è maggiore rispetto a quella del resto del territorio, approssimando in maniera cautelativa si arriva ad una stima di almeno 300 coppie per la l intera provincia di Rovigo. Tale stima è da ritenersi precauzionale, ovvero una probabile sottostima, in considerazione del fatto che diverse tane (e quindi diverse coppie) possono essere sfuggite al conteggio. Censimento TANE, gennaio-febbraio 2010 n di ZRC censite ha censiti delle ZRC ATC RO ATC RO ATC RO TOTALE Censimento TANE, gennaio-febbraio 2010 N. tane Densità nelle ZRC trovate nelle ZRC censite Stima coppie riproduttive nelle ZRC censite ATC RO tana ogni 393 ha 26_29 ATC RO tana ogni 195 ha 10 ATC RO tana ogni 147 ha 15_18 TOTALE 75 media: 1 tana ogni 245 ha 51_57 In base ai dati raccolti è possibile giungere ad una stima della popolazione di Volpe presente sul territorio della provincia di Rovigo. Utilizzando il metodo dei transetti notturni, la stima ottenibile è di almeno di individui, ma, come spiegato, la metodica porta inevitabilmente ad una sottostima. Con il conteggio delle tane, si ottiene una popolazione provinciale di circa 300 coppie riproduttive. Considerando una produttività media di 4,5 cuccioli per coppia (AA. VV.), si ottiene una popolazione estiva 81

82 (adulti + giovani) di 1950 individui (soggetta ovviamente poi a mortalità dei giovani), ai quali vanno aggiunti gli individui non in riproduzione. Si può quindi tranquillamente parlare di oltre soggetti presenti sul territorio provinciale a fine estate. L abbattimento stimato è di almeno 200 capi all'anno, quantità che quindi non è significativamente incisiva sulla consistenza della popolazione presente (10%). Corvidi In provincia di Rovigo negli ultimi dieci anni sono state segnalate cinque specie di Corvdi, di cui una rara - Corvo (Corvus frugilegus) una localizzata Taccola (Corvus monedula) una in rapida espansione numerica e territoriale, ma ancora scarsa in alcuni settori - Ghiandaia (arrulus glandarius) e due largamente diffuse e comuni ovvero Gazza e Cornacchia grigia. Il sapere comune ed anche i dati storici (AA.VV., tra cui Dal Fiume, Naccari e Arrigoni degli Oddi) mostrano come la presenza dei Corvidi in Polesine e comunque nel Veneto pianeggiante sia andata decisamente espandendosi nell'ultimo secolo. Tale fenomeno è ben noto e studiato anche per il resto del continente europeo, ed è attribuito ai radicali cambiamenti avvenuti nelle pratiche agricole e nella gestione dell'agroecosistema. Gazza e Cornacchia, in particolare, sono specie in grado di sfruttare appieno l'urbanizzazione e il nuovo paesaggio agrario creato dalla meccanizzazione. Risultato di tale espansione è, oggi, la presenza capillare di queste due specie in tutta la provincia di Rovigo, nonché il fatto che siano tra le specie più numerose e facilmente osservabili di tutta l'avifauna polesana. Viene di seguito analizzata la presenza delle due specie in provincia di Rovigo. Gazza La Gazza è specie diffusa e comune presso tutto il territorio della provincia di Rovigo. In passato era specie ben più scarsa, come testimoniato dagli scritti di fine 800 dell ornitologo polesano Dal Fiume. Specie plastica ed adattabile, ha saputo colonizzare ogni ambiente di questo territorio, spingendosi anche ai lembi estremi delle terre emerse, come gli scanni del Delta del Po nell'area lagunare. La nidificazione, infatti, è accertata per tutte le tipologie ambientali, in quanto la specie ha esigenze ecologiche limitate, anche per quanto riguarda la nidificazione. Il nido, difatti, può essere posto sia in alto tra i rami degli alberi, sia su tralicci dell alta tensione, sia in basso tra i cespugli. Grazie a questo adattamento, la Gazza ha colonizzato anche zone praticamente prive di copertura arboreo-arbustiva: i grandi terreni di bonifica del Delta, aree con sola presenza di cespugli, come le barene vallive, quelle lagunari (Laguna di Caleri), gli scanni sabbiosi, ponendo in questi casi il nido sui cespugli di Tamarix sp. Tale situazione non è rilevata per alcuni settori della Laguna di Venezia, molto simili alle aree deltizie. È possibile, quindi, che nel rodigino orientale la specie abbia raggiunto densità anche superiori rispetto a quelle rilevate per il veneziano. La densità di coppie nidificanti risulta comunque maggiore laddove vi siano siepi agrarie o fasce boscate riparali; quest ultima tipologia ambientale è molto comune e ben diffusa in tutto il territorio, essendo difatti presenti decine di km di saliceti e robinieti lungo le principali aste fluviali del Polesine (Po, Canal Bianco- Tartaro, Adige, Collettore Padano, ecc ) La campagna spoglia, elemento particolarmente diffuso in Polesine, non rappresenta un ostacolo per la diffusione della Gazza, notoriamente più diffusa presso ambiti agricoli con buona diversificazione ambientale (ad es. in provincia di Bologna). L indagine compiuto nel periodo (Fracasso et al.) ha mostrato come la Gazza in Polesine copra uniformemente tutto il territorio. Una recente indagine relativa al triennio (Verza & Trombin, ined.), mostra come, almeno per il Delta, la situazione distributiva sia rimasta immutata. Al fine di quantificare la popolazione nidificante in provincia di Rovigo, a partire dal

83 l'amministrazione Provinciale ha coordinato una raccolta dati, effettuata con la collaborazione del personale dell'ambito Territoriale di Caccia RO1 e RO2, all'interno di tutte le Zone di Ripopolamento e Cattura del Polesine occidentale e centrale. Per quanto riguarda il Polesine occidentale (ATC RO1) l'area indagata è stata di ben ettari, ovvero quasi il 10% dell'intera superficie della provincia. Tale indagine, quindi, può essere considerata rappresentativa della situazione che si ha nelle zone agricole della provincia di Rovigo. Il censimento ha riguardato tre anni consecutivi ( ), con conteggio diretto dei nidi prima della presenza del fogliame sugli alberi. I risultati mostrano una densità a fine inverno (ovvero prima delle deposizioni primaverili) di 1 nido ogni 33,42 ettari (2,99 nidi ogni km2). Estendendo statisticamente questa densità all'intera superficie provinciale ( ettari fonte: Precedente Piano Fau-Ven Provinciale) si ottiene una presenza di nidi. La maggior presenza di coppie lungo le aste fluviali (praticamente non presenti nelle ZRC censite) fa ritenere che la stima di nidi per il Polesine possa essere anche superiore. Per determinare, però, il numero effettivo di individui presenti sul territorio in periodo riproduttivo, bisogna introdurre un ulteriore variabile. In bibliografia è ben noto come per ogni coppia riproduttiva vi siano altrettanti individui non riproduttivi, che subentrano alla coppia in caso di decesso. Ponendo una popolazione di individui in riproduzione, si può affermare che siano presenti altrettanti individui non riproduttivi, per un totale di adulti. Considerando una deposizione media di 6,5 uova per nido, e che il tasso di mortalità dei nidiacei è del 60% (AA. VV.), ai primi di maggio è ipotizzabile l'involo di 3,9 immaturi per nido. Ciò significa che tra adulti riproduttivi, adulti non riproduttivi e immaturi appena involati, ai primi di maggio (momento di massimo involo dei giovani) in Polesine si può ipotizzare una popolazione di gazze. 83

84 Densità di nidi di Gazza rilevati nelle ZRC dell'atc RO1, anno Cornacchia grigia In provincia di Rovigo la specie è ampiamente diffusa e comune. Non mostra, come rilevato nelle confinanti province di Padova e Venezia, lacuna distributive, nemmeno per le aree umide; nidificazioni vengono rilevate, infatti, sia in ambiente vallivo che lagunare. A favorire la specie nel nostro territorio sono sicuramente la presenza di fasce boscate riparali poste lungo la fitta rete idrografica, nonché la presenza di molti tralicci dell alta tensione, utilizzati per porre i nidi. Considerando i dati noti in letteratura, e le considerazioni sin qui effettuate, è ipotizzabile che la specie in provincia di Rovigo abbia densità ottimali, simili a quelle delle zone di pianura della Lombardia. Al fine di quantificare la popolazione nidificante in provincia di Rovigo, a partire dal 2010 l'amministrazione Provinciale ha coordinato una raccolta dati, effettuata con la collaborazione del personale dell'ambito Territoriale di Caccia RO1 e RO2, all'interno di tutte le Zone di Ripopolamento e Cattura del Polesine occidentale e centrale. Utilizzando medesime metodiche e area d'indagine della Gazza, i risultati mostrano una densità provinciale a fine inverno (ovvero prima delle deposizioni primaverili) di 1 nido ogni 70,4 ettari (1,42 nidi ogni km2). Estendendo statisticamente questa densità all'intera superficie provinciale ( ettari fonte: Piano Fau-Ven Provinciale) si ottiene una presenza di nidi. La maggior presenza di coppie lungo le aste fluviali (praticamente non presenti nelle ZRC censite) fa ritenere che la stima di nidi per il Polesine possa essere anche superiore. Ponendo una popolazione di individui in riproduzione, si può affermare che siano presenti altrettanti individui non riproduttivi, per un totale di adulti. Considerando una deposizione media di 4,5 uova per nido, e assumendo che il tasso di mortalità dei nidiacei sia uguale a 84

85 quello della Gazza (60%), ai primi di maggio è ipotizzabile l'involo di 2,7 immaturi per nido. Ciò significa che tra adulti riproduttivi, adulti non riproduttivi e immaturi appena involati, ai primi di maggio (momento di massimo involo dei giovani) in Polesine si può ipotizzare una popolazione di cornacchie grige. Densità di nidi di Cornacchia grigia rilevati nelle ZRC dell'atc RO1, anno In provincia di Rovigo i Corvidi sono responsabili di danni alle produzioni agricole, sia a causa della beccatura dei frutti, sia alimentandosi con semi e germogli sia per diffusione di agenti patogeni. Le due specie possono produrre un impatto differenziato: la Gazza nei confronti dei fruttiferi, la Cornacchia delle cucurbitacee e del mais. 85

86 CORNACCHIA Piano Faunistico Venatorio Provinciale Melo 9.332,00 9,87% Melone 4.656,04 4,92% Frutta 6.003,45 6,35% Fagiolo 814,05 0,86% Cocomero ,04 55,17% Mais ,90 22,82% Totale ,48 99,99% Danno totale prodotto alle colture (espresso in Euro), periodo GAZZA Melone 258,23 1,93% Fragola 600,00 4,49% Frutta ,02 93,58% Totale ,25 100,00% Danno totale prodotto alle colture (espresso in Euro), periodo Circa il 74% del danno da Corvidi è imputabile alla Cornacchia grigia. 86

87 TOTALE DANNI CORVIDI (Euro) TOTALE DANNI % Gazza sul totale Corvidi TOTALE DANNI CORNACCHIA % Cornacchia sul totale Corvidi GAZZA GRIGIA ,13 0 0, , , , , , , , , , , , , , , ,00 0,000 0, , , , , ,00 850, , ,00 0,000 0, ,75 0 0, , , ,03 0 0, , , , , , ,31 258,23 7, ,08 92, ,01 0 0, ,01 100, ,47 0 0, ,47 100, ,58 162,00 7, ,58 92, ,2 0 0, ,20 100, ,00 0,00 0, ,00 100,00 0,00 0, , ,12 41, ,25 58, , ,00 38, ,18 61, , ,90 71, ,30 28, ,1 0 0, ,10 100,00 MEDIA 4909,93 607,78 12, ,15 74,21 L'ammontare del danno prodotto è variabile di anno in anno, sia in base alle condizioni stagionali delle colture, sia per motivi socio-economici. La percentuale del danno alle colture agricole riferibile ai Corvidi è comunque circa del 10%. Si può quindi affermare che il danno prodotto da Corvidi in agricoltura è inferiore rispetto a quello prodotto da altre specie, ma che Gazza e Cornacchia possono avere un effetto negativo significativo su colture specializzate e di pregio, come appunto le cucurbitacee. Tali colture, peraltro, risultano in diminuzione e circoscritte ad aree limitate. evidenziati. Le due specie sono state oggetto di Piano di controllo, i cui risultati vengono di seguito 87

88 Gazza L analisi dei dati mostra come il numero di individui catturati vari di anno in anno, ma con un chiaro trend volto all'aumento. Osservando invece i dati a partire dal 2000, si osserva un progressivo incremento, con calo nelle ultime due annate. Tale andamento può essere spiegato con un maggior sforzo di cattura messo in campo negli ultimi anni. indd. catturati n.c Nota: dati anno 2009 non disponibili. Le catture, durate da marzo a settembre, mostrano un picco nei mesi di maggio, giugno e luglio, in concomitanza con l'involo dei giovani dell'anno e con la loro dispersione. Confrontando il numero di giornate di cattura con il numero d individui prelevati, si nota una catturabilità di circa 1,4 individui al giorno. L efficacia di cattura è massima in aprile, e va calando in modo progressivo, secondo quanto già dimostrato in letteratura tecnica (AA.VV.). 88

89 Cornacchia grigia Rispetto alla situazione della Gazza, le catture di Cornacchia grigia variano molto di anno in anno, anche a causa di una non sempre corretta restituzione dei dati da parte degli ATC. Nel periodo di tempo sono state considerate 4 annate che presentavano una sequenza organica di dati; l'analisi di tali 4 annate mostra una media annuale di 641 individui catturati, prevalentemente nelle aree dell'atc RO1. Dati organici di hanno per il triennio L apice delle catture avviene in giugno e luglio, con massima resa di cattura proprio in giugno, come già osservato per il periodo indd. gg catt. efficacia Aprile ,5 Maggio ,2 Giugno ,5 Luglio ,0 Agosto ,0 Settembr e ,6 89

90 200 CORNACCHIA GRIGIA - catture Totale Rovigo indd. gg catt. Aprile Maggio Giugno Luglio Agosto Settembre Nutria La Nutria (Myocastor coypus), detta anche comunemente castorino, è specie è originaria della parte meridionale del continente sud-americano. Nei primi anni del XIX secolo si sviluppò una richiesta della sua pelliccia per scopi commerciali. Agli inizi del '900 si decise di creare allevamenti intensivi di questa specie. Zone di allevamento furono create sia nelle zone d'origine che in altre parti del mondo. Alcuni individui fuggiti da queste aree o introdotti deliberatamente per poter generare popolazioni ferine si sono insediati in ampie zone. In Italia la sua diffusione ha subito un notevole incremento negli ultimi anni espandendosi nella pianura padana, lungo la costa adriatica sino all'abruzzo e sul versante tirrenico sino al Lazio. Presenze localizzate si hanno anche nell'italia meridionale e in Sardegna. In provincia di Rovigo è capillarmente diffusa, sia negli ambienti agrari e periurbani, sia in tutte le tipologie di zone umide, comprese le lagune salmastre e le valli da pesca. Con parere favorevole espresso dell'i.n.f.s. (ora I.S.P.R.A) prot. N 1757/T-A24 del 15 Aprile 1994, la Provincia di Rovigo ha dato corso ad interventi di controllo numerico delle nutrie che avevano iniziato a colonizzare progressivamente il territorio provinciale ad iniziare dal Delta del fiume Po. L'autorizzazione prevedeva l'attivazione del personale di Vigilanza dipendente della Provincia per interventi di abbattimento diretto. Tale metodica si è ben presto dimostrata insufficiente a risolvere o quantomeno arginare il fenomeno stante l'estensione e le peculiarità del territorio interessato, congiuntamente alle particolari e favorevoli condizioni ambientali dei luoghi in fase di colonizzazione. A seguito di un successivo parere espresso dall'i.n.f.s. con prot n 1036/T-A24 del 02 Marzo 1995, ha avuto inizio il Piano di controllo numerico della specie. Dal 1997, con l'avvio del piano tutt'ora vigente, le operazioni di cattura ed abbattimento vennero estese a tutto il territorio provinciale, prevedendo tre metodiche operative: o cattura con gabbia-trappola ed eutanasia del catturato con cloroformio; o cattura con gabbia-trappola ed abbattimento del catturato con fucile da caccia; o abbattimento diretto con fucile da caccia Fin dalle prime fasi è emerso che la metodica più efficace è la cattura con gabbia -trappola e che, l'attività di abbattimento diretto è da ritenersi complementare e non sostitutivo al trappolaggio. 90

91 91

92 Silvilago Il Silvilago (Sylvilagus floridanus), conosciuto localmente anche come Minilepre, è un lagomorfo di origine americana. In Europa sono numerosi i tentativi di introduzione a partire dal 1953 (Francia), per scopi venatori (Andreotti et al., 2001). In Italia è stata introdotta nel 1966 (Piemonte) e in seguito in altre regioni, sempre per fini venatori. In provincia di Rovigo la specie compare negli anni '80 del Novecento, a seguito di immissioni sia a scopo venatorio che cinofilo; per circa un decennio molte sono le immissioni, illegali, della specie, che portano alla costituzione di vari nuclei stabili. È noto come la facilità di reperimento in cattività del Silvilago ne abbia portato ad un ampio utilizzo, in Polesine, per l'addestramento dei cani. É nota la formazione di una popolazione sull'isola Tontola di Ficarolo, popolazione oggi fortunatamente scomparsa, nonché di diversi nuclei nel Delta del Po e nell'area di Adria. Attualmente la specie appare in rapida espansione, sia numerica che territoriale. Indagini condotte negli ultimi 5 anni mostrano come un settore significativo del Polesine orientale sia interessato dalla presenza della specie. Il nucleo storico riguarda l'isola di Ariano, in particolare il cordone di dune fossili di Bosco Nichetti, area dalla quale la specie ha colonizzato tutta l'isola sino a Corbola. Una seconda popolazione è presente a nord del Po di Venezia, in un'area compresa tra Porto Viro e Panarella di Papozze; qui la specie utilizza soprattutto argini e golene del Po. Più a nord un foltissimo nucleo si trova all'interno della Zona di Ripopolamento e Cattura di Ca' Negra di Loreo, in area agricola. Segnalazioni degli ultimi due anni mostrano come la specie si stia espandendo verso ovest, essendo già arrivata a colonizzare la ZRC Adria, territorio posto a nord-est di Adria. Pare che il vettore preferenziale per lo spostamento sia 92

93 rappresentato dagli argini fluviali, ad esempio del Canalbianco. In Polesine la specie utilizza principalmente tre tipologie ambientali: cordoni di dune fossili; aste fluviali (argini e golene); ambiente agrario. Il Silvilago può produrre danni sensibili alle coltivazioni, se la popolazione risulta stabile e numericamente elevata. Tra le colture oggetto di danni sono citate in letteratura: soia, giovani piante di frumento, mais, vite, pioppo, alberi da frutto (Spagnesi e De Marinis, 2002). È considerato a tutti gli effetti una specie alloctona, e i provvedimenti a livello europeo sono orientati alla sua totale eradicazione. Date queste problematiche è auspicabile l'eradicazione della specie anche in provincia di Rovigo, da pianificare secondo le seguenti fasi: - indagine di dettaglio finalizzata alla determinazione dell'areale e della dimensione delle varie subpopolazioni; tale indagine va realizzata sia con personale specializzato sia mediante il supporto degli Ambiti territoriali di caccia (ad es. durante le operazioni di censimento e cattura della Lepre nelle ZRC); - accordo con gli enti competenti (es: Ente Parco Regionale Veneto del Delta del Po) e sensibilizzazione riguardo alla problematica presso la popolazione locale e i portatori d'interesse; - eradicazione in aree campione, al fine di comprendere lo sforzo richiesto e l'efficacia della medesima; tale sperimentazione va provata primariamente con cattura mediante reti o trappole, data la presenza in molti siti di habitat anche d'interesse comunitario; Scoiattolo grigio lo Scoiattolo grigio nordamericano (Sciurus carolinensis) è specie di origine nord americana. La presenza di questa specie rappresenta una potenziale minaccia per la conservazione dello Scoiattolo comune, e più in generale per la biodiversità forestale. In Italia ne sussistono attualmente tre popolazioni isolate: una in Piemonte (Candiolo, nel torinese), introdotta nel 1948 ed in forte espansione nonostante i progetti di eradicazione, una in Liguria (Genova Nervi, introdotta nel 1966) e l'ultima, ancora in Piemonte, al confine con la Lombardia (Trecate, in provincia di Novara, introdotta nel 1994). La specie si trova in diversi parchi del nord milanese (parco di Monza e del Ticino). La specie è presente anche in Umbria, probabilmente dai primi anni del in provincia di Rovigo la specie è segnalata da circa un decennio, ed è attualmente limitata all'area di Porto Viro. Qui frequenta le dune fossili, i giardini e i parchi urbani, e recentemente è stata osservata anche lungo l'arginatura del fiume Po. Date le problematiche che questa specie porta con se, è auspicabile un immediato piano di eradicazione, fintanto che si trova confinata in un'area relativamente ristretta. La cattura mediante trappole è considerato il metodo migliore per il suo controllo. Daino in provincia di Rovigo è attualmente presente una popolazione di Daino (Dama dama) derivante da individui rilasciati durane gli anni '70 del Novecento. Centro dell'areale è l'isola di Albarella, sito di origine della popolazione. Qui è presente un nucleo cospicuo che vive nelle aree verdi dell'isola, in stato di libertà. Da qui la specie ha colonizzato le aree circostanti del Delta; in particolare è presente stabilmente all'interno delle valli Pozzatini Sagreda Veniera; nuclei effimeri sono presenti nelle pinete di Rosolina Mare Caleri, nelle campagne presso Moceniga, e nella parte settentrionale delle valli di Porto Levante. Censimenti periodici hanno mostrato un costante incremento degli effettivi: 6 individui nel 1972, circa 93

94 100 nel 1995, 150 nel 2005, circa 300 nel Per arginare questo incremento è stato attivato un piano di cattura della specie, mediante l'utilizzo di varie tecniche (cattura con reti, telenarcosi, chiusino), con la cattura media di diverse decine di capi all'anno. Cormorano La popolazione di Cormorano in Italia ha assunto proporzioni significative a partire dai primi anni 90, quando le migrazioni di cormorano dal nord ed est d Europa si sono fatte più massicce. L Italia è un classico quartiere di svernamento per le popolazioni nidificanti nell Europa del Nord (Danimarca, Svezia, Polonia, Paesi Bassi, Germania), ed in particolare all inizio del XXI secolo si stimava che almeno il 15% della popolazione europea di Cormorano svernasse in Italia. Da alcuni anni la specie nidifica stabilmente in Italia, e in particolare lungo la costa alto-adriatica. In provincia id Rovigo nidifica in maniera irregolare, e con un numero limitato di coppie. È invece presente in maniera significativa nell'autunno e nell'inverno. Censimento standardizzati mostrano come sia presente con una popolazione florida e capillarmente diffusa presso tutte le zone umide della provincia. 94

95 Cormorano 1997 Conteggio diurno Conteggio ai roost serali L'aumento della specie ha ingenerato interazioni negative con il mondo della pesca, ed in particolare, lungo la costa, dell'allevamento ittico. La necessità di un coordinamento europeo sul problema cormorani ha dapprima favorito la creazione di un gruppo di lavoro interdisciplinare ed internazionale che ha trovato collocazione nel PROGETTO REDCAFE, attivo fino al 2004, e successivamente nel progetto INTERCAFE, che ha raccolto i principi del precedente progetto ed ha gettato le basi per una programmazione su larga scala per il controllo e la gestione delle popolazioni di Cormorano. In provincia di Rovigo è attivo un piano di riduzione dell'impatto prodotto dalla specie alle produzioni ittiche-vallive, ove la presenza del Cormorano rappresenta un fattore negativo aggiuntivo rispetto ai già pesanti problemi di produzione di specie ittiche pregiate. Il piano prevede la predisposizione sia di difese passive 95

96 (quali coperture in rete) sia di abbattimento diretto quale metodo rafforzativo. 5.4 Bibliografia Andreotti A., Baccetti N., Perfetti A., Besa M., Genovesi p., Guberti V., Mammiferi ed uccelli esotici in Italia: analisi del fenomeno, impatto sulla biodiversità e linee guida gestionali. Quad. Cons. natura, 2, Min. ambiente Ist. Naz. Fauna Selvatica. Associazione Faunisti Veneti (a cura di M. Bon, F. Mezzavilla, F. Scarton), Carta delle vocazioni faunistiche del Veneto. Regione del Veento. Baccetti N., Dall Antona P., Magagnali P., Melega L., Serra L., Soldatini C. & Zenatello M., Risultati dei censimenti degli uccelli acquatici svernanti in Italia: distribuzione, stima e trend delle popolazioni nel Biol. Cons. Fauna, 111: Birds in Europe: Population Estimates, Trends and Conservation Status, BirdLife International. BirdLife International (2004) Birds in the European Union: a status assessment. Wageningen, The Netherlands: BirdLife International. Bon M., Boschetti E., Verza E. (eds.), Gli Uccelli acquatici svernanti in provincia di Rovigo. Provincia di Rovigo Associazione Faunisti Veneti. Porto Viro (RO). Dal Fiume C., Contributo sull Avifauna del Polesine. Atti Soc. Ven. Trent. Sc. Nat. Ser. II, Vol. III. Fracasso G., Verza E., Boschetti E. (a cura di) Atlante degli uccelli nidificanti in provincia di Rovigo. Provincia di Rovigo - Associazione Faunisti Veneti Gruppo di Studi Naturalistici Nisoria Naccari F.L., Ornitologia Veneta. Treviso. Scarton F., Mezzavilla F., Verza E., (a cura di), Le garzaie in Veneto. Risultati dei censimenti svolti nel Associazione Faunisti Veneti. 224 pagg. Spagnesi M., De Marinis A. M. (a cura di), Mammiferi d Italia. Quaderni Conservazione Natura, 14, Min. Ambiente - Ist. Naz. Fauna Selvatica. Spagnesi M., Serra L., Uccelli d'italia. Quad. Cons. Natura, 16. Min. Ambiente Ist. Naz. Fauna selvatica. Verza E., Bottazzo Le Anatre selvatiche del Delta del Po. Monitoraggi e ricerche sugli Anatidi del Delta del Po (Veneto). Veneto Agricoltura. Regione Veneto. Verza E., L, Trombin, Gli Aironi del Delta del Po. Monitoraggio degli Ardeidi del Delta del Po e della provincia di Rovigo. Ente Parco Regionale Veneto del Delta del Po Ass. Cult. Nat. Sagittaria. 96

97 Verza E., Zanella L, Trombin D. In stampa. Status e popolazione dei rapaci diurni nell area del Delta del Po (Rovigo). II Convegno Italiano Rapaci diurni e notturni. Treviso, ottobre Wetlands International, Waterbird Population Estimaes Foruth Edition. Wetlands International, Wageningen, The Netherlands GESTIONE FAUNISTICA 97

98 FOTO 6 1 Censimenti dell Avifauna acquatica svernante in provincia di Rovigo Nell ambito delle attività connesse con la gestione faunistica, l aspetto propedeutico della raccolta e dell organizzazione di informazioni sulle popolazioni oggetto di intervento acquista un particolare rilievo. Gli 98

99 animali, ed in particolare gli uccelli, si trovano al centro di una rete di relazioni con le altre variabili ambientali notevolmente complessa, per cui qualsiasi azione che influenzi l ambiente in cui essi vivono può modificare l entità e la struttura delle loro popolazioni. La legge regionale 50/1993, fin dall articolo 1, recepisce questi aspetti, rilevando la necessità di promuovere e attuare studi sull ambiente e sulla fauna selvatica e di adottare opportune iniziative atte allo sviluppo delle conoscenze ecologiche e biologiche del settore. I censimenti faunistici, soprattutto quelli rivolti all avifauna acquatica svernante, hanno assunto i connotati di un regolare strumento di lavoro di cui avvalersi per la valutazione e la gestione delle ricchissime risorse faunistiche delle zone umide regionali. I censimenti dell avifauna acquatica svernante in provincia di Rovigo vengono coordinati e promossi dalla Provincia di Rovigo, e recentemente dalla Regione Veneto, in coordinamento con l Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA), ed effettuati dal 1997 da personale dell Associazione Faunisti Veneti e dal 2006 dell'associazione C. N. Sagittaria. Ciò ha permesso di ottenere una serie di dati omogenei, raccolti con metodologie standardizzate. I censimenti vengono effettuati nella parte centrale del mese di gennaio, periodo in cui si ritiene che la maggior parte degli uccelli acquatici compia movimenti limitati, e condotti sulla base delle unità di rilevamento individuate nell elenco delle zone umide italiane (Doc. Tec. INFS, n. 17, marzo 1994, e successivi aggiornamenti). La zona più importante dal punto di vista ambientale che viene censita è rappresentata dalla parte orientale della provincia (Delta del Po), che ospita alcune tra le principali popolazioni di uccelli acquatici del bacino del Mediterraneo. I rilevamenti si svolgono solitamente nell arco di alcune giornate, la prima dedicata alla zona del Delta del Po settentrionale, la seconda al Delta sud, e la terza al resto della provincia, comprese le zone umide minori e il corso dell'adige. Per la realizzazione dei censimenti è stato utilizzato il metodo del conteggio diretto. Questo metodo è stato valutato come il più idoneo, relativamente alla stagione e all ecologia delle specie oggetto d indagine: infatti, nella stagione autunno-invernale molte specie di acquatici si aggregano negli spazi d acqua aperti, quali valli e lagune. Per monitorare la zona del Delta ci si avvale di diversi natanti utilizzati in contemporanea, e in particolare per tutte le lagune, i liltorali ed alcuni tratti fluviali. La percentuale di errore durante i conteggi non supera di norma il 10%; possibili sottostime possono riguardare le specie di ambiente criptico, come il canneto, e quelle presenti anche in ambienti di estensione particolarmente ridotta (quali ad esempio l Alzavola ed il Beccaccino), per le quali le osservazioni devono probabilmente essere considerate in difetto per la perdita diffusa di individui distribuiti su ambienti poco visibili. Nel caso dei Falacrocoracidi (Cormorano, Marangone minore) e degli Ardeidi coloniali (Garzetta, Airone bianco maggiore, Airone guardabuoi, Nitticora), vengono effettuati censimenti ai dormitori notturni (roost) su tutto il territorio provinciale, permettendo così una valutazione particolarmente accurata sull entità dei contingenti svernanti. I risultati mostrano come la provincia id Rovigo, e in particolare il Delta, ospitino in periodo invernale cospicue popolazioni in svernamento, ed in particolare oltre individui a partire dal Il trend generale è di chiaro aumento, grazie soprattutto a determinate categorie. I due gruppi che mostrano tale trend in maniera più accentuata sono gli Anatidi e i Limicoli. In particolare gli Anatidi hanno mostrato un aumento del triplo nel corso di un decennio, grazie soprattutto all'aumento di specie quali Fischione, Germano reale e Alzavola. 99

100 Anno Individui Uccelli acquatici censiti a metà gennaio in territorio provinciale. 100

101 Anatidi censiti a metà gennaio in territorio provinciale. 101

102 Il grosso dei Limicoli è rappresentato dal Piovanella pancianera e recentemente dall'avocetta. Tra gli aspetti più interessanti vi è l'incremento di specie quali il Voltapietre e la Beccaccia di mare, a riprova della grande dinamicità tipica di questo gruppo tassonomico. 102

103 Limicoli censiti a metà gennaio in territorio provinciale. Gli Ardeidi mostrano un trend di relativa stabilità, con alcune differenze tra specie e specie; la Nitticora, ad esempio, mostra una certa stabilizzazione del contingente svernante. 103

104 Anche i Laridi, costituiti soprattutto da Gabbiano reale e Gabbiano comune, mostrando un trend positivo. Situazione negativa, invece, per gli Svassi, fatto però già noto per molti altri settori italiani. 104

105 Alcune specie mostrano trend negativi, sia collegati a fenomeni più ampi, di livello nazionale o continentale, sia probabilmente locale. È il caso ad esempio delle anatre tuffatrici, in calo in molte parti del loro areale italiano, e del Fratino, specie con seri problemi di conservazione. Notevole infine, la presenza, di specie rare o occasionali, che ogni anno vengono segnalate. 6 2 Analisi dell avifauna nidificante in provincia di Rovigo L'Atlante degli uccelli nidificanti in provincia di Rovigo (Fracasso G., Verza E., Boschetti E.), pubblicato nel 2003, indicava in 104 il numero di specie nidificanti in territorio provinciale. Da allora, indagini sempre più dettagliate e cambiamenti nelle specie hanno portato alla definizione di un quadro per molti aspetti differente. Attualmente è in fase di elaborazione l'atlante degli Uccelli nidificanti nel Delta del Po (Ass. Sagittaria, ined.), ed è in corso la raccolta dati per la realizzazione dell'atlante nazionale, curata dalla piattaforma telematica Ornitho ( Infine, altre indagini stanno concorrendo a completare il quadro, tra cui tesi di laurea dedicate ( e il progetto nazionale Mito2000 ( Rispetto a quanto descritto dall'atlante del 2003, viene di seguito presentata una sintesi, con l'intento di andare a mettere a fuoco i principali cambiamenti avvenuti nell'ultimo decennio per quanto riguarda gli uccelli nidificanti in provincia di Rovigo. Anatidi La recente pubblicazione di Verza & Bottazzo del 2011, ha ampiamente descritto la situazione aggiornata. Nell'ultimo decennio è andata consolidandosi e espandendosi la popolazione nidificante di Cigno reale, Volpoca, Moriglione, Moretta e Canapiglia; queste specie utilizzano primariamente gli ambiti vallivi, ad eccezione della Volpoca che predilige le lagune. Accertata anche la nidificazione del Fistione turco, mentre resta sempre sporadica quella della Marzaiola; il Mestolone non presenta un popolamento significativo. Il Germano reale continua nella sua fase di colonizzazione della pianura verso ovest, con presenza diffusa negli 105

106 ambiti agrari e fluviali di coppie nidificanti. Galliformi Sempre scarsa la presenza di coppie nidificanti di Quaglia. Il Fagiano presenta popolazioni stabili e autosostenute solo all'interno di siti specifici (alcune ZRC, oasi, Parco, ecc...). grazie alla continua immissione di soggetti d'allevamento, la Starna presenta oggi una popolazione nidificante di almeno coppie, concentrate nel Polesine centro-orientale (Verza E., Giubilato R., in stampa). Falacocoracidi La nidificazione del Cormorano resta fatto sporadico e localizzato. Il Marangone minore, invece, risulta in aumento come nidificante, nelle due colonie del Po di Maistra e di Valle Morosina; attualmente nidifica con oltre 100 coppie (Scarton F., Mezzavilla F., Verza E., 2013). Ardeidi Una recentissima pubblicazione (Scarton F., Mezzavilla F., Verza E., 2013) ha analizzato lo status degli ardeidi nidificanti in Veneto. Il Tarabusino risulta in calo come nidificante in tutto il suo areale; il Tarabuso non è considerato nidificante in provincia di Rovigo. Per quanto riguarda le specie coloniali, il numero di coppie è rimasto pressoché invariato, ma è cambiata la dislocazione di molte garzaie e la loro composizione. Si è osservata difatti un'espansione delle colonie verso l'interno della provincia, con prevalenza di Airone cenerino. Questa specie, difatti, ha fatto osservare un'esplosione numerica, con il superamento delle 400 coppie. Anche l'airone guardabuoi è aumentato notevolmente; stabile la Sgarza ciuffetto. Nitticora, Garzetta e Airone rosso, invece, mostrano una situazione di calo, così come in molte latre aprti del Veneto. Treschiornidi e Fenicottero Accertata per la prima volta la nidificazione della Spatola in provincia di Rovigo nel 2008, con due coppie osservate in Po di Maistra (Verza & Trombin, 2008). Non vi sono dati certi per la nidificazione di Mignattaio e Ibis sacro. La nidificazione del Fenicottero, invece, non è mai stata accertata, nonostante i ripetuti tentativi osservati in Valle Pozzatini. Svassi La situazione per Svasso maggiore e Tuffetto pare invariata. Rapaci diurni Un recente studio ha aggiornato la presenza dei rapaci (Verza et al., 2013). 6 attualmente le specie nidificanti, diverse delle quali in espansione numerica e territoriale. Il più diffuso risulta essere il Gheppio, stabilmente insediato nel Delta con almeno 50 coppie; più raro il Lodolaio, sempre confinato alle fasce boscate, in particolare ripariali, con almeno 10 coppie nel Delta; in netta espansione lo Sparviere, arrivato a nidificare recentemente anche nel Polesine orientale; la nidificazione del Pellegrino è fatto ormai consolidato, con 1-2 coppie nel Delta; importante, inoltre, la popolazione nidificante di Falco di palude (17-25 coppie) e Albanella minore (10-17 coppie), quest'ultima concentrata sugli scanni e le barene lagunari. Ancora non accertata la nidificazione della Poiana. Rallidi Interessante la nidificazione probabile di Schiribilla osservata nel 2007 presso l'oasi di Ca' Mello. Nessuna evidenza di dinamica di popolazione per Gallinella d'acqua e Porciglione. Più accurata, invece, l'indagine 106

107 relativa alla Folaga, con xxxx coppie stimate nel Delta; la nidificazione viene osservata anche in limitati siti umidi del Polesine centro-occidentale. Limicoli Di notevole interesse l'espansione in atto della Pavoncella come nidificante, sia nel Delta che nel Polesine occidentale. Sempre molto scarsa la presenza del Fratino, che si attesta sulla trentina di coppie, presenti sia in ambiente lagunare che vallivo. Consolidata e florida la popolazione di Beccaccia di mare, sia nelle valli che nelle lagune, con circa 150 coppie. Il Cavaliere, con alcune centinaia di coppie è concentrato negli ambienti vallivi, ma alcune coppie si riproducono nelle risaie del Delta e pare in alcuni laghi da caccia dell'alto Polesine. Anche l'avocetta è concentrata nelle valli, con una piccola colonia anche in Sacca di Scardovari. La Pettegola non mostra particolari cambiamenti nell'areale e nel numero di coppie. Incerta la situazione del Corriere piccolo. Notevole la presenza della Pernice di mare, con una media di 12 coppie annuali. Laridi di notevole interesse la nidificazione del Gabbiano corallino, che di anno in annos ceglie luoghi diversi e soprattutto con un numero variabile di coppie. Sempre numerosissimo il Gabbiano reale, con coppie, concentrate soprattutto sugli scanni. Costante, inoltre, la presenza del Gabbiano comune nelle valli. Ipotizzata, infine, la nidificaizone anche del Gabbiano roseo. Sternidi Quattro le specie che hanno nidificato nell'ultimo decennio. La più numerosa è la Sterna comune, con un migliaio di coppie. È seguita dal Fraticello, che nidifica si in ambiente vallivo che in Sacca di Scardovari. Stabile ormai la nidificazione della Sterna zampenere, in alcuni anni con oltre 240 coppie. Il Beccapesci, infine, si è riprodotto con certezza in un'unica annata. Columbiformi Il Colombaccio è in decisa fase di espansione, avendo infatti oramai colonizzato tutta la provincia. Apparentemente stabile la situaizone per le due specie di tortora. Cuculi, caprimulgidi, picchi, coracidi e specie affini Apparentemente nessun cambiamenti per specie quali Cuculo, Upupa e Martin pescatore. Accertata invece la nidificazione di Cuculo dal ciuffo e Ghiandaia marina, entrambe nel Delta, specie nuove per la provincia id Rovigo. Rilevata la presenza di siti di nidificazione non noti di Succiacapre, tra cui Porto Levante. Dinamica la situazione del Gruccione, con colonia poste non solo nel Delta. Netta l'espansione osservata per il Picchio verde, ormai presente in tutta la provincia. Notevole, invece, la scoperta del Picchio rosso minore, lungo il Po, specie assente sino ad ora. Passeriformi Vengono di seguito descritte le dinamiche di alcune specie rilevanti. Sempre presente la sparuta popolazione di Averla cenerina nidificante, con anche presenza a nord di Adria. Rilevata l'espansione della Ghiandaia, il maggiore inurbamento della Gazza; sempre molto localizzata la Taccola, con siti di nidificazione anche nel Delta. Tra i paridi, la Cinciarella ha colonizzato anche il Polesine orientale; il Pendolino, invece, pare essere in calo, così come il Basettino, non più nidificante. Il Topino nidifica in maniera sporadica nella zona del Delta. Gli inverni rigidi hanno portato a cambiamenti nel popolamento di Usignolo di fiume e Beccamoschino, con 107

108 crollo numerico. Rilevate nuove stazioni per l'occhiocotto, tra cui Donada; in calo, invece, la Sterpazzola e il Saltimpalo. Insediatasi ormai stabilmente la Passera sarda, nella zona costiera del Delta meridionale. Il Fringuello ha mostrato una decisa contrazione, con scomparsa dalla zona del Delta. 6 3 Indicazioni gestionali relative alle specie coloniali di avifauna acquatica Studio e gestione dei siti di nidificazione dei Caradriformi nel Delta del Po Ormai dal 2001 vengono svolte attività di monitoraggio delle colonie di Caradriformi (Sternidi, Laridi e Caradridi) nidificanti in ambiente vallivo e lagunare del Delta del Po, ad opera delle locali associazioni ornitologiche. Ciò si rende necessario al fine di estendere l efficacia dei periodici censimenti generali dell avifauna acquatica già avviati nel 1999 dalla Provincia di Rovigo nelle Aziende Faunistico Venatorie vallive. L abbondanza e la dinamica delle popolazioni di Caradriformi nidificanti nell area è strettamente legata al grado di gestione dei corpi idrici operata dalle singole aziende e dagli enti idraulici e alle caratteristiche dei supporti atti alla colonizzazione (ad es. isolotti e/o superfici prosciugate prive di vegetazione). Tali indici di abbondanza possono variare nell arco degli anni. Ad esempio, la scelta di abbassare drasticamente i livelli idrici di uno specchio acqueo in vista di lavori di manutenzione straordinaria, può, in determinati periodi, indurre l insediamento di colonie multispecifiche di notevoli dimensioni in ambiente vallivo. Ciò può avvenire anche quando si creino barene artificiali come risultato dei normali lavori di escavazione dei canali. Nei casi citati, i periodi in cui vengono eseguite tali pratiche, sono altrettanto importanti dei periodi in cui si dovesse scegliere di modificare i livelli idrici all interno delle aree interessate dagli insediamenti. Per queste ragioni gli indici di abbondanza delle colonie stesse sono soggetti a variazione, in positivo o in negativo, anche nell arco della singola annata riproduttiva. In ambiente lagunare la presenza delle nidificazioni è determinata dall'insieme di diversi fattori, tra cui principalmente: 1) assenza di turismo balneare; 2) assenza della Volpe (specificatamente per il Gabbiano reale); 3) esecuzione di lavori idraulici in maniera conservativa. Attraverso i censimenti finora effettuati nelle nel Delta, è stato possibile tracciare un quadro via via più preciso sullo stato di salute di queste specie. Sulla base dei dati raccolti è possibile dunque affermare che le valli stiano già svolgendo un ruolo fondamentale per la conservazione di specie (la Sterna comune, il Fraticello, il Fratino, l Avocetta in particolare) che nelle barene artificiali hanno trovato un alternativa ai litorali non più così idonei al loro insediamento. Qualora le caratteristiche del sito siano incompatibili con l insediamento delle colonie (ambienti lagunari - vallivi caratterizzati da scarsità di barene e/o da acque particolarmente profonde, in cui la gestione dei livelli idrici risulti problematica), è ipotizzabile l utilizzo di apposite piattaforme galleggianti, già sperimentate in Italia e all estero. Tale tecnica può risultare utile per talune specie (ad esempio per la Sterna comune) ma non per tutte (la Sterna zampenere, ad esempio, necessita di supporti terrosi privi di vegetazione, poco elevati rispetto alla superficie dell acqua). Per la specie più legata ai substrati sabbiosi, il Fraticello, anche qualora si rendano efficaci le pratiche e le tecniche suggerite, difficilmente gli ambienti vallivi potrebbero compensare la grave perdita dei siti collocati sugli scanni. Su tali aree si auspicano pertanto più adeguate misure di tutela almeno nelle parti più periferiche o potenzialmente meno esposte al disturbo antropico, al fine di garantire i delicati equilibri ecologici degli 108

109 ambienti litoranei del Delta, di cui il Fraticello è parte integrante. Un sito alternativo può essere rappresentato dalle barene artificiali create mediante l escavo delle lagune, qualora si attuino interventi tali da limitarne il più possibile l inerbimento. I lavori di manutenzione delle lagune potrebbero inoltre favorire la realizzazione di nuovi siti idonei e migliorare la qualità di quelli esistenti mediante interventi di bioingegneria sulle delle barre non ancora occupate dalla vegetazione erbacea. Gestione dei siti di nidificazione degli Ardeidi nel Delta del Po Gli Ardeidi coloniali (Garzetta, Nitticora, Sgarza ciuffetto, Airone guardabuoi, Airone cenerino, Airone rosso, Airone bianco maggiore) sono soliti nidificare in colonie, più o meno numerose, chiamate garzaie. In provincia di Rovigo sono presenti attualmente oltre 10 di queste colonie, ubicate perlopiù nella zona del Delta del Po. Il numero di queste colonie è andato aumentando negli ultimi 20 anni (erano 3 nel 1981), ma nell'ultimo decennio, pur rimanendo stabile il numero di coppie complessivo, si è assistito a questi fenomeni in particolare: 1) incremento delle colonie verso ovest; 2) diminuzione delle colonie poste nei canneti costieri; 3) incremento di specie quali Airone cenerino e Airone guardabuoi; 4) netta diminuzione dell'airone rosso. La presenza di queste garzaie riveste un notevole significato sia conservazinistico che turisticodidattico, in quanto facilmente osservabili anche a distanza durante i voli di spostamento nei pressi delle colonie e durante l alimentazione. La conservazione di questi siti, peraltro ben circoscritti ed individuabili, risulta quindi di prioritaria importanza. Fattori fondamentali sono quindi: limitare il disturbo antropico (impedendone l accesso nelle immediate vicinanze della garzaia durante il periodo riproduttivo) e conservare la componente vegetazionale inalterata. Le colonie vengono spesso frequentate dagli Ardeidi anche in periodo autunno-invernale quali dormitori notturni, fatto che ne aumenta il valore ecologico e la necessaria protezione; l esercizio dell attività venatoria nei pressi del sito può comportare in alcuni casi l'abbandono del sito. 6 4 Censimenti della fauna stanziale oggetto di caccia (Lagomorfi, Galliformi) e delle specie d'interesse gestionale Il monitoraggio della fauna stanziale d'interesse venatorio risulta essere di particolare importanza ai fini della pianificazione del prelievo. Lo steso dicasi per le specie oggetto di contenimento, delle quali è necessario valutare trend ed effetti dei relativi Piani. Le principali specie oggetto di caccia in forma vagante sono tre: lepre comune, fagiano comune, starna. Il censimento della lepre viene svolto sostanzialmente con due metodiche, ovvero censimento in battuta in diurna con cani da ferma, e censimento serale con faro su percorsi prestabiliti (IKA). Il primo sistema è utilizzato in maniera sporadica, mentre il secondo è ben standardizzato ed applicato su larga scala. Questo sistema si basa sul percorrere in orario notturno percorsi campione con mezzo fuoristrada adeguato, con illuminazione laterale data da faro; le aree d'indagine sono individuate solitamente nelle Zone di ripopolamento 109

110 e cattura; gli individui presenti vengono contati direttamente e riportati su apposite schede; si procede poi con il calcolo della popolazione generale di ogni ZRC, applicando una proporzione ai dati raccolti. Con questa metodica vengono censite ogni anno tutte le ZRC della provincia. Questo censimento generale viene effettuato in periodo post-riproduttivo e prima dell'effettuazione delle catture, quindi tra ottobre e dicembre. Tale metodica può anche essere applicata in periodo pre-riproduttivo, ovvero alla fine dell'inverno. Il censimento in battuta, invece, viene effettuato utilizzando una batteria di cani da ferma e conduttori, con conteggio diretto di tutti gli individui incontrati. I censitori percorrono, stando in linea, una determinata area; si procede poi con una proporzione al fine di ottenere la popolazione complessiva dell'area. Il censimento della starna viene effettuato sostanzialmente con la tecnica della battuta. Una determinata area viene censita da una batteria di cani da ferma e conduttori, che procedono tenendosi in linea. I cani sono appositamente addestrati, al fine di riconoscere la specie (piuttosto problematica e criptica) e di non inseguire i capi scovati. Questo censimento va effettuato prima della stagione riproduttiva vera e propria, quindi solitamente in febbraio e marzo. Le coppie riproduttive, invece, non sono soggette ad un vero e proprio piano di monitoraggio; la loro presenza viene segnalata dal personale degli ATC, e si procede poi una una stima del popolameno presente. Il censimento del fagiano viene effettuato sia in battuta, come per la starna, sia su percorsi campione. La prima tecnica è poco applicata, mentre la seconda viene effettuata con una certa regolarità all'interno delle Zone di ripopolamento e cattura. Su percorsi campione vengono censiti, nelle ZRC, gli individui adulti in periodo pre-riproduttivo (fine inverno) e i gruppi familiari con giovani dell'anno in estate. grigia. Le specie di interesse gestionale censite sono in particolare quattro: volpe, daino, gazza, cornacchia La Volpe viene censita con due metodiche in particolare, applicate in maniera uniforme sull'intera superficie delle ZRC. La prima prevede il censimento completo di tutte le tane attive presenti per ogni ZRC, da effettuarsi in inverno (solitamente gennaio e febbraio) momento durante il quale le coppie riproduttive si insediano e costruiscono le tane. L'ubicazione esatta delle tane viene trasportata in mappa (Ctr), con successivo calcolo della densità. La seconda è quella del censimento serale con faro (IKA), effettuata con le medesime metodiche applicate per la lepre. Il daino viene censito all'interno dell'isola di Albarella, principale sito di presenza della specie in provincia di Rovigo. Il censimento è completo, ovvero viene effettuato conteggio diretto all'alba di tutti gli esemplari presenti; tale conteggio va effettuato in vari momenti dell'anno, al fine di determinare le classi di età e il successo riproduttivo. I Corvidi vedono una metodica prevalente di censimento, ovvero quello dei nidi presenti. Su aree campione viene svolto il conteggio di tutti i nidi presenti, in periodo invernale (ovvero in assenza di foglie schermanti), al fine di determinare la densità di nidificazione. Ai numeri raccolti va applicato un indice di correzione, data la caratteristica (soprattutto della gazza) di costruire più nidi contemporaneamente. 110

111 6 5 Riduzione dell'impatto causato dalle specie problematiche (metodi ecologici e Piani di contenimento) Le specie d'interesse gestionale, dette anche "specie problematiche", sono quelle specie selvatiche appartenenti alla fauna omeoterma che localmente e in modo più o meno regolare possono causare conflitti con le attività antropiche, in genere di tipo produttivo (colture agricole specializzate, acquacoltura, gestione faunistica), e con gli ecosistemi naturali. In provincia di Rovigo è il caso di alcune specie di uccelli ittiofagi (Cormorano), dei Corvidi, e tra i mammiferi della Nutria, della Volpe e del Silvilago. Prescindendo da considerazioni legate alla conservazione delle popolazioni delle specie selvatiche oggetto di interventi (non è questo ovviamente il caso della Nutria, specie alloctona, né in parte dei Corvidi e della Volpe che peraltro sono specie cacciabili incluse nel calendario venatorio), esiste il rischio, non solo ipotetico, di danneggiare altre specie (generalmente di interesse comunitario) sia direttamente (per es. il Marangone minore viene spesso confuso con il Cormorano congenere di maggiore dimensioni), sia indirettamente per effetto del disturbo o della messa in opera delle stesse pratiche di difesa (per es. reti antiuccello con maglia inadatta che intrappolano specie non target come Airone bianco maggiore, Garzetta, varie specie di gabbiani e sterne di interesse comunitario). Appare necessario, quindi, che in occasione di ogni specifico programma di gestione delle specie problematiche che possa in qualche modo avere effetti diretti o indiretti su specie non target, vengano seguiti i più opportuni indirizzi tecnici, venga effettuata una attenta e rigorosa scelta del personale addetto, che dovrebbe essere specificatamente addestrato e seguito, siano accuratamente definiti tempi e modalità di intervento, sentito il parere tecnico-scientifico dell'i.sp.r.a. Oltre alle suesposte considerazioni di carattere generale, una significativa svolta nella dinamica degli interventi in materia di controllo della fauna selvatica è stata data dalla più recente giurisprudenza amministrativa da parte del Consiglio di Stato, che in modo univoco, a partire dall accoglimento del ricorso in appello proposto dalla LAV Onlus avverso la sentenza della Seconda Sezione del TAR Veneto del 19 ottobre 2006 n.3511 con Ordinanza n. 727 del , ha determinato, in modo inequivocabile i seguenti passaggi per poter addivenire legittimamente all adozione degli interventi di controllo: a) Dimostrazione del nesso di causalità tra le motivazioni dell intervento (che devono rientrare tra quelle espressamente indicate dalla vigente normativa migliore gestione del patrimonio zootecnico, tutela de! suolo, motivi sanitari, selezione biologica, tutela del patrimonio storico-artistico, tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche) e la interazione esercitata della specie target; b) Esperimento dei metodi di contenimento non cruenti, considerati dalla legge come prioritari e verifica, da parte dell ISPRA (già INFS) circa la loro corretta applicazione e la loro eventuale inefficacia totale e/o parziale; c) Laddove i cd. metodi ecologici, dopo essere stati sottoposti al vaglio dell'ispra (già INFS) dovessero risultare inefficaci, è possibile ricorrere a metodi non ecologici, sempre su parere dell Istituto. Tale impostazione è stata ulteriormente ribadita con Sentenza n del da parte del Consiglio di Stato - Sez. VI, ed è, quindi, integralmente recepita nei piani di controllo elaborati che vengono di seguito sommariamente descritti. Piano di controllo numerico delle popolazioni di Nutria per il periodo (adottato con DGP n. 221/5078del 03/10/2011 e con determinazione dirigenziale n. 93 del 16/01/2012). Motivazioni 111

112 la specie è diffusa su tutto il territorio provinciale con indici di presenza determinati in cauta previsione di stima in n 1 capi/ettaro di superficie agricola utilizzata sulla base delle informazioni e degli indici di cattura registrati da 1191 autorizzati al 31/12/2010 (di cui 457 temporaneamente sospesi ), operanti su circa ettari di territorio a destinazione agricola, mediamente interessato dalle operazioni del piano di controllo in atto; i metodi ecologici utilizzabili ed utilizzati al fine di prevenire i danni che la specie può produrre al patrimonio zootecnico, al suolo, alle produzioni zoo-agro -forestali ed ittiche ( posa di reti anti intrusione ai piedi degli argini ed al perimetro delle aree coltivate, posa di recinti elettrici di ostacolo alla frequentazione delle aree coltivate, posa di diaframmi impermeabili nelle arginature di specchi acquei destinai alla coltivazione del riso), si sono dimostrati parzialmente efficaci ed insufficienti e, comunque non applicabili in modo generalizzato per oggettive difficoltà di ordine tecnico ed economico; si rileva la permanenza di danni alle produzioni agricole ed alla rete di bonifica ed irrigazione aziendale, e, conseguentemente, il rischio per la pubblica incolumità derivante dalla presenza generalizzata delle nutrie sul territorio che destrutturano le opere pubbliche di governo delle acque e di supporto alla viabilità. Metodiche 1 rilascio di autorizzazione alla cattura con gabbie-trappola testate ed autorizzate su tutto il territorio provinciale assoggettato a pianificazione faunistico venatoria, a : proprietari-conduttori dei fondi provvisti di porto di fucile ad uso caccia, su tutto il territorio assoggettato alla pianificazione faunistico-venatoria (comprese le aree di tutela faunistica) selettori nominativamente indicati dal proprietario-conduttore del fondo, su tutto il territorio assoggettato alla pianificazione faunistico-venatoria (comprese le aree di tutela faunistica) 2 rilascio di autorizzazione all'abbattimento diretto con arma da caccia, senza limiti di giorni ed orario, a: proprietario-conduttore del fondo provvisto di porto di fucile ad uso caccia, su fondi inclusi nel territorio cacciabile assoggettato a pianificazione faunistico venatoria selettori nominativamente indicati dal proprietario-conduttore del fondo, su fondi inclusi nel territorio cacciabile assoggettato a pianificazione faunistico venatoria 3 rilascio di autorizzazione alla cattura con gabbia-trappola e successivo abbattimento del catturato (dalle ore 8.00 alle ore 12.00) a: proprietario conduttore del fondo provvisto di porto di fucile ad uso caccia, su tutto il territorio assoggettato alla pianificazione faunistico-venatoria, comprese le aree di tutela faunistica selettori abilitati e nominativamente indicati dal proprietario conduttore del fondo su tutto il territorio assoggettato alla pianificazione faunistico-venatoria, comprese le aree di tutela faunistica 4 il rilascio di autorizzazione all'abbattimento diretto a selettori controllori coordinati degli Agenti di Polizia Provinciale per interventi straordinari in aree di tutela faunistica, con unità operative costituite da almeno una Guardia Volontaria, ed un massimo di n. tre selettori e/o proprietari-conduttori dei fondi interessati, provvisti di porto di fucile ad uso caccia, anche in orario notturno con l'ausilio di fonte luminosa ed, ove possibile, da automezzo in movimento, attrezzato con ausili omologati nel rispetto delle vigenti norme in materia di sicurezza. 112

113 Piano di controllo numerico delle popolazioni di Volpe per il quinquennio (adottato con D.G.P. 55/17176 del 29/03/2011 e attuato per stralci annuali con apposite determine dirigenziali) In data è stato sottoscritto dalla Provincia di Rovigo e dall'ispra un protocollo tecnico relativo al controllo numerico delle popolazioni di Volpe che specifica gli indirizzi tecnici ai quali l Amministrazione Provinciale di Rovigo si atterrà negli interventi. Alla scadenza di ogni anno solare, la Provincia di Rovigo invia all ISPRA una relazione consuntiva circa i risultati delle attività di monitoraggio delle popolazioni interessate e degli interventi di controllo attuati. Al termine del periodo di validità del presente Protocollo Tecnico verrà organizzato un incontro tra le Parti, cui saranno invitati gli organi direttivi degli istituti di caccia programmata, le associazioni agricole, venatorie e di protezione ambientale finalizzato ad analizzare criticamente i risultati conseguiti. In quella sede verrà altresì valutata la possibilità di prosecuzione dell iniziativa apportando eventuali integrazioni e modifiche al documento. Con la sottoscrizione del presente Protocollo Tecnico si intende espresso, con esito positivo, il parere di cui all'art. 19 della Legge 157/1992 e art. 17 della 50/1993, alla luce delle indicazioni in esso contenute. Qualora le procedure indicate nel protocollo dovessero venire disattese o scorrettamente applicate, il protocollo stesso potrà essere rescisso da ISPRA e sostituito dalle procedure ordinarie di valutazione dei piani di abbattimento. Contenuti del protocollo Metodi ecologici Negli istituti entro cui s intende limitare l impatto predatorio esercitato dalla Volpe si perseguirà una politica gestionale che, per quanto riguarda le immissioni di selvaggina a scopo di ripopolamento, rispetti i punti di seguito indicati: generale esclusione delle immissioni di selvaggina allevata in cattività o d importazione; eventuale attuazione di piani eccezionali d immissione (una-tantum) finalizzati all incremento numerico di nuclei naturali di selvaggina con durata temporale limitata (al massimo un triennio); detti piani dovranno impiegare selvaggina traslocata proveniente da catture condotte sul territorio nazionale (lepri o fasianidi) ed immessa in forma diretta in periodo invernale, oppure giovani fagiani d allevamento immessi in periodo estivo previa stabulazione in recinti a cielo aperto per almeno due settimane prima della graduale liberazione in natura, e dovranno prevedere la sospensione del prelievo delle specie ripopolate per tutta la durata del piano; incremento della disponibilità di siti di rifugio e di nidificazione per la selvaggina (aree incolte, siepi, ecc.), oltre che di colture a perdere; educazione ad una corretta stabulazione degli animali di bassa corte, da realizzarsi in accordo con le associazioni agricole. I sopra menzionati metodi ecologici di cui all art. 19, comma 2, della legge n. 157/92 costituiscono strumenti prioritari d azione nell ambito delle iniziative volte al contenimento dei danni arrecati dalla Volpe. La loro corretta attuazione sarà verificata, da parte dell Amministrazione Provinciale, precedentemente al ricorso ad azioni di natura cruenta. Obiettivi del controllo diretto e ambiti di applicazione La Provincia di Rovigo attua interventi di controllo diretto della Volpe adottando metodi in grado di 113

114 garantire la massima selettività ed efficacia d azione arrecando, nel contempo, il minor disturbo possibile alla fauna selvatica non oggetto dell intervento. Il controllo è finalizzato a: incrementare la produttività della fauna selvatica stanziale negli istituti predisposti alla produzione e protezione della fauna selvatica, nell ambito un programma integrato e coordinato di azioni volte al raggiungimento di tale obiettivo; limitare e prevenire i danni agli allevamenti degli animali di bassa corte; limitare il rischio idraulico legato alla presenza di tane di Volpe nelle aree arginali di alcuni corsi d acqua della provincia di Rovigo (secondo quanto indicato dalle competenti Autorità di Bacino, AIPO e Genio Civile). Visti gli obiettivi appena richiamati, si conviene che le attività di controllo siano esercitate esclusivamente: nelle Zone di ripopolamento e cattura, Zone di rifugio, Centri Pubblici/Privati di Produzione della Selvaggina, Aree di rispetto ed in una fascia di territorio adiacente a tali istituti per una ampiezza massima di 500 metri, qualora specifiche istruttorie tecniche ne dimostrino la necessità (presenza di tane attive); in aree di rispetto venatorio, identificate all interno degli A.T.C. e delle A.F.V. in cui si attuano specifici programmi (della durata massima di 3 anni) di ricostituzione di popolazioni naturali, che prevedono la diminuzione progressiva delle immissioni di selvaggina a scopo di ripopolamento, la sospensione in tale periodo del prelievo venatorio sulle specie oggetto d immissione e l applicazione, a regime, di una gestione venatoria sostenibile, basata sull incremento naturale delle popolazioni selvatiche e su piani di prelievo predisposti sulla base di specifici censimenti; nelle immediate vicinanze degli allevamenti dove siano stati verificati eventi di predazione pur in presenza di un adeguata stabulazione degli animali (recinti di protezione e ricovero notturno); lungo le arginature dei fiumi Adige e Po e del Canalbianco, esclusivamente nelle aree in cui si siano riscontrati, da parte delle competenti Autorità di Bacino, evidenti danni alle strutture dovuti alla presenza di tane di volpe, tali da costituire effettivo rischio per la sicurezza pubblica. Si conviene che il controllo delle popolazioni sia esercitato nel rispetto di piani di prelievo predisposti in base a specifiche operazioni di monitoraggio delle popolazioni di Volpe oggetto degli interventi. Metodi di controllo diretto Nel periodo di presenza dei cuccioli (marzo-luglio) si attueranno in via prioritaria interventi sulle tane o nelle loro immediate vicinanze (a una distanza massima di 50 metri) mediante l ausilio di cani da tana appositamente addestrati. Per la realizzazione degli interventi saranno utilizzati operatori abilitati che siano proprietari di cani specificamente addestrati per gli interventi nelle tane. Fuori dalla stagione riproduttiva, gli abbattimenti saranno realizzati con le armi da fuoco previste dall art. 13 della legge n. 157/92 attraverso: appostamento all aspetto (anche su carnai), senza l ausilio di cani; cerca notturna con faro e carabina dotata di ottica di mira, da autoveicolo, attuata esclusivamente dalla Polizia Provinciale. Monitoraggio delle specie di interesse In tutte le aree di realizzazione degli interventi di controllo della Volpe saranno attivati programmi di monitoraggio finalizzati al rilevamento di indici di abbondanza della Volpe e delle principali specie preda. Si ritiene, infatti, che tali parametri permettano la verifica dell efficacia degli interventi, in termini sia di contenimento delle popolazioni di Volpe sia di incremento del successo riproduttivo delle specie preda. A tal fine, per il monitoraggio di Volpe e Lepre saranno utilizzati i seguenti metodi: 114

115 conteggio notturno con faro su percorsi campione; rilevamento delle tane attive nel periodo compreso tra marzo e luglio; conteggio delle fatte su percorsi campione. Onde verificare gli effetti del controllo numerico della Volpe, sarà condotto con cadenza annuale anche il monitoraggio dell incremento utile annuo dei nuclei naturali di Fasianidi mediante osservazioni finalizzate al conteggio del numero di maschi territoriali e, a metà luglio, del numero medio di fagianotti osservato su un campione di almeno 10 famiglie per ciascun istituto di gestione. Le operazioni di cui sopra vengono realizzate sulla base della seguente scansione temporale: Gennaio Febbraio Marzo Mese A - Azioni di Monitoraggio B- Azioni di contenimento censimento delle tane attive e delle tane con coppie territoriali; ================= censimento notturno con faro; censimento delle tane attive e delle tane con interventi selettivi all aspetto (fino al 15 febbraio); coppie territoriali; interventi alle tane; censimento notturno con trappolaggio (fino al 15 febbraio); faro censimento delle tane attive e delle tane con coppie territoriali; interventi alle tane censimento notturno con faro Aprile/Giugno ================= interventi alle tane Luglio ================ Agosto ================ interventi selettivi all aspetto; interventi selettivi all aspetto negli appezzamenti a frumento a colture tardive; trappolaggio; interventi selettivi con tecnica dell aspetto; interventi selettivi con tecnica dell aspetto negli appezzamenti a frumento a colture tardive; trappolaggio; Settembre/Dicembre censimento notturno con interventi selettivi con tecnica dell aspetto; faro trappolaggio. 115

116 Monitoraggio sperimentale dell efficacia degli interventi Verrà attuato il monitoraggio dell efficacia dei metodi di contenimento diretto della Volpe, attraverso una sperimentazione volta a verificare l'effetto della predazione della Volpe sulla piccola selvaggina stanziale, mediante la raccolta di dati relativi al predatore e alle specie predate in zone a differente indirizzo gestionale. Tale sperimentazione si articolerà nelle seguenti fasi: individuazione di una Z.R.C. per ogni Ambito Territoriale di Caccia, la quale presenti caratteristiche medie in fatto di estensione, dotazione ambientale e densità di selvaggina (in particolare Lepre); l'individuazione sarà effettuata utilizzando i dati di censimento pregressi, raccolti con le sessioni serali effettuate con faro in periodo autunno-invernale; esclusione delle ZRC individuate dagli interventi di controllo diretto della Volpe, così da utilizzarle come aree di confronto; monitoraggio della Volpe e delle specie preda, per valutare se vi siano differenze nelle densità di popolazione (con particolare attenzione alla densità della Lepre) tra le zone in cui non si attuano interventi di contenimento della Volpe e quelle in cui il controllo viene invece praticato. Questo programma di monitoraggio potrà fornire informazioni circa le dinamiche che caratterizzano il rapporto preda-predatore, con la raccolta di dati oggettivi e numericamente quantificabili. Schema prassi operativa 1: in tutte le ZRC censimento notturno con faro alla Lepre e Volpe monitoraggio delle tane di Volpe 2: elaborazione dei dati raccolti Determinazione I.K.A. e densità tane ZRC; Scelta ZRC in bianco Determinazione I.K.A. e densità medie x ciascun ATC Scelta ZRC prova sperimentale 3: formulazione proposta del prelievo Nelle ZRC aventi > o = densità tane risp. alla media Nelle ZRC aventi < o = IKA (lepre) risp. Valutazione tavolo tecnico alla media provvedimento autorizzativi per stralcio annuale (dicembre) verifica dinamica interventi e interconnessione con nuovi dati di censimenti da parte tavolo tecnico Alla data odierna è in corso di predisposizione una Convenzione tra Agenzia Interregionale per il Po 116

117 (AIPO), la Provincia di Rovigo e gli ATC polesani per la gestione ed il coordinamento delle attività di monitoraggio e controllo delle tane di volpe nei diversi tratti dei rami fluviavi del Po. Piano di controllo dei Corvidi Cornacchia grigia (Corvus corone cornix) e Gazza (Pica pica) per il periodo in provincia di Rovigo. (adottato con D.G.P. 160/37901 del e attuato per stralci annuali con apposite determine dirigenziali. Obiettivi Il Piano, redatto ai sensi dell art.17 della L.R , n. 50 e successive modificazioni, si propone di ridurre i danni arrecati da Corvidi (Gazza e Cornacchia grigia) alle produzioni agricole della Provincia di Rovigo nel corso del quinquennio Restano naturalmente escluse le superfici incluse nel Parco Regionale Veneto del Delta del Po ove i prelievi e gli abbattimenti devono avvenire in conformità al regolamento del Parco sotto la diretta responsabilità e sorveglianza dell Ente Parco, sentito il parere dell ISPRA ed essere attuati dal personale del Parco o da persone all uopo espressamente autorizzate dall Ente Parco stesso, come previsto dall'art. 11, comma 4 della Legge , n Metodi ecologici I metodi ecologici di controllo comprendono le misure che, per ridurre numericamente la popolazione, agiscono sulle risorse ecologiche della specie bersaglio, ovvero limitano le risorse alimentari, di spazio e di altri elementi importanti per le esigenze ecologiche ed etologiche della specie. 1. La protezione acustica consiste nell'uso di strumenti (detonatori o più comunemente detti cannoncini ) che provocano scoppi più o meno ripetuti determinando così l allontanamento degli animali. 2. La protezione meccanica riguarda essenzialmente la tensione di fili trasversalmente o a zigzag e a diverse altezze e distanze (1,5-2,5 m). 3. La protezione chimica si attua mediante la concia del seme con prodotti repellenti. 4. Oltre alle metodiche incruente sopra indicate, saranno direttamente gestite dall'ufficio attività di dissuasione presso gli assembramenti notturni (roost) monospecifici delle specie target. Il rilascio di una autorizzazione per interventi di controllo numerico è subordinato all'adozione di almeno una pratica di prevenzione tra quelle sopraindicate. Il personale della Provincia verifica la corretta applicazione dei metodi ecologici per quanto riguarda tempistiche, strumenti utilizzati, ecc..., fattore al quale viene subordinato il rilascio delle autorizzazioni al prelievo. Interventi di limitazione numerica Qualora l'applicazione di uno o più metodi ecologici di cui sopra si dimostri inadeguato od insufficiente a prevenire i danni producibili, il titolare della attività produttiva interessata dal danno, dovrà segnalare tempestivamente l'evento alla Provincia utilizzando l'apposita modulistica allo scopo predisposta. Quanto segnalato dovrà essere oggetto di valutazione da parte del personale della Provincia specializzato in materia (Agenti di Polizia Provinciale e/o personale tecnico della Provincia con accertata competenza in materia agronomica) che dovrà stilare un verbale di accertamento. Sulla base dei dati forniti e/o assunti si prevede il rilascio di autorizzazioni nominative al controllo numerico di corvidi individuando a tale scopo i seguenti strumenti operativi: 1) trappole Larsen, da utilizzarsi durante la fase territoriale relativa alla nidificazione e cure parentali. 2) trappole Letter-Box da utilizzarsi successivamente nella aree di alimentazione primaverili - estive. 3) arma da fuoco. 117

118 Modalità e prescrizioni per l'utilizzo gabbie-trappola All atto dell incarico l operatore dovrà sottoscrivere un Protocollo tecnico di utilizzo delle gabbietrappola, che costituisce parte integrante della autorizzazione, con il quale s impegna al rispetto delle norme in esso indicate. In particolare occorre procedere nel rispetto delle seguenti modalità e prescrizioni: 1. rispetto dei siti di trappolaggio affidati e dei periodi di trappolaggio (marzo-luglio compresi): 2. posizionamento delle gabbie-trappola in prossimità dei nidi [Larsen) o in area aperta (letter-box) 3. attivazione delle gabbie con esca alimentare (uova) e poi con richiamo/i vivo/i; 4. controllo almeno giornaliero delle gabbie con rinnovo di cibo ed acqua al richiamo ed eventuale soppressione eutanasica dei Corvidi catturati in luogo appartato mediante disarticolazione delle vertebre; 5. immediata liberazione delle specie non bersaglio eventualmente catturate con particolare riferimento ai rapaci (Gheppio, Poiana, Sparviere. Gufo, ecc); 6. qualora si registrino casi di cattura accidentale di rapaci diurni o notturni in periodo riproduttivo, si provvede ad attivare un immediato controllo delle gabbie con cadenza bi-gìornaliera (due volte al giorno) al fine di contribuire ad impedire la permanenza dei rapaci entro le gabbie; 7. spostamento in altro sito delle gabbie Larsen dopo la cattura della coppia territoriale e sostituzione saltuaria dei richiami; 8. compilazione giornaliera della scheda di cattura e sua restituzione all'amministrazione competente al termine di ciascun anno di cattura. Armi da fuoco Per i motivi appena citati diventa fondamentale la possibilità di intervenire con l ausilio di metodi cruenti, rispettando le seguenti modalità: abbattimenti con arma da fuoco tipo fucile con canna ad anima liscia calibro 12, caricato con munizione spezzata, dalle caratteristiche previste dall art.13 della legge 11 febbraio 1992, n 157, esclusivamente all interno o entro metri dalle colture in atto suscettibili di danno, anche da appostamento, su tutto il territorio provinciale, dall alba fino ad un ora dopo il tramonto, comprese le giornate di martedì e venerdì. L ammontare annuo di soggetti abbattuti mediante arma da fuoco non potrà superare il 30% del contingente totale rimosso annualmente. Gli interventi di abbattimento possono essere autorizzati dalla Provincia per prevenire e/o contenere i danni ai seminativi (pisello proteico, soia, mais, grano e girasole) dalla semina alla post emergenza delle plantule, ( prime foglie vere ) e su orticole e frutticole dalla invaiatura fino alla raccolta del prodotto. Operatori incaricati Ai sensi dell art. 17 della L.R. 9.12,1993, n. 50 e successive modifiche ed integrazioni, 15 febbraio 1994, n.8 e successive modificazioni, i prelievi e gli abbattimenti avvengono sotto la diretta responsabilità della Provincia ed attuati dai soggetti indicati al comma 2 dell art.19 della legge statale o da operatori all uopo espressamente autorizzati dalla Provincia, selezionati attraverso appositi corsi di preparazione alla gestione faunistica, direttamente coordinati dal personale di vigilanza della Provincia stessa. Durante gli interventi di controllo numerico gli operatori dovranno indossare un contrassegno numerato di riconoscimento. Gli interventi, di tipo puntiforme, sono attuati su richiesta del conduttore o proprietario del fondo, da parte di personale munito di regolare licenza per l esercizio dell attività venatoria e relativa assicurazione, anche in deroga ai divieti stabiliti dall art.21 della L.157/92 e art.60 della L.R. 8/94 e successive modificazioni, 118

119 assumendo tutte le misure precauzionali necessarie alla salvaguardia della pubblica incolumità e preavvisando le Forze dell Ordine qualora gli interventi avvengano in prossimità di centri abitati. Numero massimo annuo di capi prelevabili Trattandosi di interventi puntiformi, da adottarsi esclusivamente in prossimità di colture agricole suscettibili di danno, si richiede la possibilità dell abbattimento di un totale massimo annuo di Gazze (Pica pica) e Cornacchie (Corvus corone cornix). Piano di prevenzione dei danni e controllo numerico della popolazione di Piccione domestico (Columba livia, forma domestica ) nelle aree rurali. (Adottato con DGP n. 159, prot del 25/07/2012 e Determinazione dirigenziale n del 04/12/2012) Le densità medie di colombi, derivanti dai conteggi effettuati nelle tre unità di campionamento della Provincia di Rovigo, da un lato confermano lo status più che favorevole in cui versa il colombo di città e, dall'altro, pongono in rilievo l'esigenza di porre mano ad interventi di limitazione dei danni arrecati dal Columbide alle produzioni ed alle infrastrutture agricole, come per altro previsto dalla norma vigente. Il piano di interventi coordinati, si articola secondo le seguenti azioni e modalità. Metodi ecologici : IN PIENO CAMPO Disturbo con cannoncini detonatori a gas sulle aree coltivate al momento della semina-emergenza e pre-raccolta, con densità indicativa di un elemento dissuasore ogni ettaro di superficie in coltivazione. MAGAZZINI E STALLE CHIUSE SILOS E DEPOSITI DI GRANAGLIE Collocazione di reti anti-intrusione alle finestre o varchi di accesso ai fabbricati (*) ; Installazione di porte basculanti provviste di strisce verticali plastiche trasparenti poste alle porte di accesso (*) Pulizia dei piazzali da residui di movimentazione dei semi diversi ( soia, grano, mais, girasole, alimenti pellettati, ecc) nei centri di stoccaggio e/o commercializzazione; (*) dispositivo applicabile solo in presenza di struttura dotata di pareti laterali in muratura Copertura con teloni dei cumuli di alimenti per il bestiame o degli ammassi di granaglie Le suddette azioni si configurano quali metodi ecologici di cui all'art. 19 c. 2 della legge n. 157/92 e, pertanto, costituiscono strumenti prioritari d'azione nell'ambito delle iniziative volte al contenimento dei danni 119

120 arrecati da fauna selvatica. La corretta e completa attuazione dei suddetti metodi ecologici, piuttosto che la loro eventuale inefficacia, saranno verificate e verbalizzate dal personale a ciò incaricato dalla Amministrazione, precedentemente al ricorso ad azioni di natura cruenta (piani di abbattimento). Il rilascio di una autorizzazione per interventi di controllo numerico da parte della Provincia, è subordinato all'adozione ed alla verifica dei metodi ecologici sopraindicati. Qualora l'intervento di prevenzione passiva (metodo ecologico) si dimostri inefficace od insufficiente a prevenire i danni producibili, il titolare della attività produttiva interessata dal danno, dovrà segnalare tempestivamente l'evento alla Provincia utilizzando l'apposita modulistica allo scopo predisposta. Quanto segnalato dovrà essere oggetto di valutazione da parte del personale della Provincia specializzato in materia (Agenti di Polizia Provinciale e/o personale tecnico della Provincia con accertata competenza in materia agronomica) che dovrà stilare un verbale di accertamento dal quale si evincano i motivi della eventuale inefficacia d'azione dei metodi ecologici. Piani di abbattimento Sulla base degli esiti dei verbali di sopralluogo finalizzati alla verifica della applicazione/ efficacia dei metodi ecologici, può essere previsto il rilascio di autorizzazioni all'abbattimento diretto con armi da caccia, nel rispetto delle seguenti casistiche e modalità: Gli interventi di abbattimento possono essere autorizzati dalla Provincia per prevenire e/o contenere i danni alle coltivazioni di pisello proteico, soia, mais, grano e girasole dalla semina alla post emergenza delle plantule, (prime foglie vere) e su girasole e grano alla maturazione fisiologica e/o di raccolta del seme; Considerata la normale pratica agronomica, si prevede un periodo temporale di intervento dal 15 Febbraio al 15 luglio di ogni anno per contenere i danni alle coltivazioni a semina primaverile (pisello proteico, mais, soia, girasole), a semina estiva di II raccolto (soia) e raccolta ad inizio estate (colza, grano), e dal 16 agosto al 15 settembre per coltivazione sensibile a raccolta estiva (girasole) e dal 16 settembre al 15 dicembre per coltivazioni a semina autunnale (colza, grano tenero e grano duro ); Il proprietario-conduttore del fondo interessato dai danni, inoltra alla Provincia la formale richiesta su modulistica in carta semplice predisposta dalla stessa, indicando: dati anagrafici, sede dell'attività, estremi catastali della coltivazione sensibile in atto, copia della denuncia PAC e planimetria dell area interessata all autorizzazione, i nominativi dei soggetti da autorizzare, in possesso dei requisisti previsti dalla normativa. Personale incaricato La Provincia, autorizza il proprietario-conduttore del fondo in possesso di valida licenza di caccia, sul proprio fondo, limitatamene alla coltivazione sensibile in atto. Qualora il proprietario-conduttore del fondi sia sprovvisto di licenza di caccia, si prevede che possa avvalersi della collaborazione di un numero massimo di due soggetti ( già nominativamente indicati all atto della segnalazione di danno ) in possesso di valida licenza di caccia ed abilitazione di selettore di fauna selvatica acquisita in applicazione dell art. 17 della L.R. del Veneto n. 50/93 e successive integrazioni 120

121 previste dall art. 23 c. 1 della L.R del Veneto n. 7/99. Nelle aree di tutela e produzione faunistica, gli interventi di abbattimento potranno essere svolti dal personale nominativamente autorizzato che dovrà avvisare con almeno 24 ore di anticipo la Provincia, ed operare solo ed esclusivamente alla presenza degli agenti di Polizia Provinciale o di guardie volontarie da essi coordinate e/o da loro delegate ogniqualvolta ritenuto utile o necessario. Negli allevamenti zootecnici e nei siti di stoccaggio delle granaglie dove sia stata accertata e verbalizzata l'inefficacia dei metodi ecologici correttamente applicati come sopra indicato, ovvero la giustificata impossibilità ad applicare i suddetti metodi ecologici, la Provincia potrà rilasciare autorizzazione all abbattimento, al proprietario-conduttore dell attività produttiva munito di valida licenza di caccia, ovvero ad altro personale nominativamente indicato ed in possesso dei requisiti previsti dall art. 19 della legge 157/92 ed art 17 della L.R. del Veneto n. 50/93 integrato con quanto previsto all art. 23 c. 1 della L.R. del Veneto n. 7/99. Limitatamene a questa tipologia di autorizzazione, all atto dell intervento, è prevista la obbligatoria presenza di Agenti della Polizia Provinciale. Se ritenuto necessario, si può prevede la deroga alle distanze di cui alle lettere c) ed f) dell art. 21 della Legge 157/92, solo nel caso in cui si possa garantire il presidio dell area a tutela della incolumità di operatori, strumenti, strutture ed animali in allevamento.. Il piano interessa esclusivamente le coltivazioni e le strutture produttive sensibili esistenti sul territorio provinciale assoggettato a pianificazione faunistico-venatoria, comprese le aree di tutela. Sono da ritenersi escluse le aree urbane così come individuate dai relativi piani urbanistici comunali. Piano per la riduzione dell impatto di predazione indotto dal Cormorano (Phalacrocorax carbo) Nel Delta del Po le attività di vallicoltura estensiva e la pesca costiera e lagunare costituiscono attività tradizionali di grande rilievo economico e sociale. Al contempo le zone umide del Delta veneto costituiscono una core area per la sosta e lo svernamento del Cormorano in Italia (circa 10% della popolazione nazionale totale). Il Cormorano è specie ittiofaga, gregaria e sociale, che in determinati contesti produttivi può risultare fattore di incremento dei costi di produzione e causa di riduzione del pescato tali da poter influire significativamente sulla redditività economica aziendale. Fin dal novembre 1999 la provincia di Rovigo ha promosso una serie di azioni volte alla mitigazione della predazione e quindi dell impatto economico del Cormorano nelle valli da pesca. La scelta di optare per una serie di azioni alternative al mero piano di abbattimento della specie si lega ai seguenti aspetti fondamentali: circa il 40% del territorio vallivo risulta compreso all interno del perimetro del Parco Regionale Veneto del Delta del Po. Da tale contesto esula, pertanto, l ambito applicativo delle disposizioni di cui al combinato disposto tra l art. 19 della legge 157/1992 e l art. 15 della L.R. 50/1993. Per essere efficaci le misure dovrebbero essere intraprese in modo coordinato a livello territoriale e coinvolgere almeno le Regioni del Veneto e dell Emilia Romagna, le province di Ferrara, Rovigo, Padova e Venezia, gli Enti gestori dei due parchi regionali (il Cormorano è infatti specie estremamente mobile con home range giornaliero potenziale di oltre 40 km) Gli interventi devono operare in modo selettivo salvaguardando le altre specie di uccelli acquatici non target nel rispetto dei principi che consentono di derogare dai dettami della Direttiva Uccelli (Art. 9). Nonostante gli abbattimenti vengano utilizzati in quasi tutta Europa, diversi studi ne hanno dimostrato l'inefficacia soprattutto su scala locale. Lo svolgimento di interventi di controllo numerico su ampia scala, tanto invernali quanto estivi, può portare ad una diminuzione della densità di individui su scala locale e regionale; questo determina una ridotta competizione interspecifica ed un incremento dei tassi di sopravvivenza e riproduzione degli individui sopravvissuti. La popolazione tende a ritornare sui livelli 121

122 precedenti cosicché gli interventi devono essere ripetuti. Questa strategia oltre che eticamente discutibile risulta dispendiosa ed inefficace. Allo stesso modo, il controllo numerico mediante abbattimenti localizzati e discontinui risulta ben presto un'attività inutile e frustrante (cfr. Keller 2003). Infatti, in presenza di popolazioni aperte, soggette a fenomeni di immigrazione, se il numero di individui viene artificiosamente mantenuto al di sotto della capacità portante, si verifica un aumento dell'attrattiva del sito e quindi si crea "spazio" per l'arrivo di altri individui da aree vicine che vanno a sostituire quelli abbattuti (Volponi, 2008). Sulla base di tali premesse il piano per la di riduzione della predazione ha visto lo svolgimento delle seguenti attività: esecuzione in orario pre-crepuscolare e serale di azioni di disturbo ai roost (dormitori notturni) mediante impiego di mezzi incruenti di tipo luminoso e/o acustico; dissuasione di ogni tentativo di insediamento di nuovi dormitori e di colonie di nidificazione nell'area del Delta polesano; promozione della messa in opera di misure di protezione fisica (fili, reti) in corrispondenza di colauri, peschiere di sverno, bacini di stoccaggio ed altri ambiti vulnerabili delle valli da pesca; promozione dell'eliminazione e/o della modifica all'interno delle valli da pesca di ogni struttura utilizzabile dai cormorani come posatoio; sparo a salve in corrispondenza di colauri, peschiere di sverno, bacini di stoccaggio e laghi di valle quale intervento diretto e attivo di allontanamento rivolto soprattutto ai gruppi in pesca sociale; abbattimento di un numero limitato di individui quale rafforzativo dell'azione dei mezzi incruenti di allontanamento e protezione dei punti vulnerabili della valle costituiti, in massima parte, dai laghi aperti di valle nel periodo antecedente lo sverno del pesce nelle peschiere. Facendo seguito all'approvazione da parte del Parlamento Europeo della "risoluzione Kindermonn", intesa a portare all'elaborazione di un "piano europeo di gestione della popolazione di cormorani al fine di ridurre il loro impatto crescente sulla pesca e l'acquacoltura", la Direzione Centrale Ambiente dell'unione Europea ha avviato il progetto CORMAN "Sustanaibie Management of Cormorani Populatians". Gli obiettivi di CorMan, iniziato nel febbraio 2011 e con conclusione prevista all inizio del 2014, sono essenzialmente tre: Il primo è realizzare una piattaforma cormorano, già pubblicata sotto l egida della Direzione Generale Ambiente della UE e disponibile in rete. Si tratta di una piattaforma informativa ufficiale, aperta e orientata alle soluzioni intesa a costituire un area di discussione per dirimere le controversie. Secondo obiettivo è la predisposizione di due censimenti pan-europei dei cormorani, uno delle colonie riproduttive (svolto nella primavera del 2012), l altro degli individui svernanti con conteggio ai dormitori notturni, effettuato nel mese di gennaio Infine vi è l istituzione di un gruppo di lavoro definito Liaison Group che comprende rappresentanti di diversi gruppi di interesse e include le associazioni di acquacoltori, allevatori e agricoltori, pescatori ricreativi, cacciatori, protezione della natura e degli uccelli Piano di controllo numerico della popolazione di Daino (Dama dama) nell'isola di Albarella, Comune di Rosolina (RO) periodo (Adottato con Autorizzazione del Dirigente prot del ) Metodi di cattura Chiusino fisso 122

123 Chiusino mobile Telenarcosi Personale delegato alla cattura Veterinari iscritti all'albo professionale per le attività di conteggio, determinazione delle classi di età e trattamento del catturato, telenarcosi; personale adeguatamente formato dal personale veterinario per la gestione della pasturazione, attivazione dei chiusini, e collaborazione alle attività post cattura previste dal piano; Vigilanza Polizia Provinciale che deve essere informata con almeno 48 ore di anticipo sulle modalità e tempi operativi che si intendono adottare (cattura e spedizione degli animali in vivo ) Destinazione del catturato Strutture abilitate alla detenzione in vivo di detta specie Macelli abilitati al trattamento delle carni di animali selvatici provenienti da attività di controllo numerico Epoca di cattura Dal 15 settembre al 30 aprile dell'anno successivo. Nei mesi di Marzo ed Aprile il trasferimento è limitato ai soli maschi. Le eventuali femmine catturate dovranno essere liberate al più presto sul posto Modalità di trasferimento Gli animali catturati dovranno essere posti in casse di trasporto singole di dimensioni adeguate alla struttura corporea dei soggetti da trasferire; Il trasferimento al luogo di destinazione deve avvenire entro 36 h dalla cattura assicurando alimentazione ed abbeveraggio ai soggetti catturati in attesa di trasferimento. Limite di cattura Raggiungimento della densità ottimale riferita alla portanza del territorio dell'isola, quantificato nella permanenza di almeno 20 capi di cui n 10 Maschi ( n 1 Palancone N 2 Balestroni, N 2 Fusoni e N 3 Giovani ) e 12 Femmine ( n 5 Adulte, n 4 Sottili e n 3 giovani) Oltre ai Piani di limitazione soprariportati, si rende necessario prevedere specifici interventi finalizzati al contenimento (meglio sarebbe puntare all utopistico traguardo della eradicazione) delle specie alloctone di seguito descritte. Sylvilagus floridanus Date le problemqatiche legate a questa specie è auspicabile la sua eradicazione in provincia di Rovigo, da pianificare secondo le seguenti fasi: - indagine di dettaglio finalizzata alla determinazione dell'areale e della dimensione delle varie subpopolazioni; tale indagine va realizzata sia con personale specializzato sia mediante il supporto degli Ambiti territoriali di caccia (ad es. durante le operazioni di censimento e cattura della Lepre nelle ZRC); 123

124 - accordo con gli enti competenti (es: Ente Parco Regionale Veneto del Delta del Po) e sensibilizzazione riguardo alla problematica presso la popolazione locale e i portatori d'interesse; - eradicazione in aree campione, al fine di comprendere lo sforzo richiesto e l'efficacia della medesima; tale sperimentazione va provata primariamente con cattura mediante reti o trappole, data la presenza in molti siti di habitat anche d'interesse comunitario; Una specifica azione è stata prevista nell ambito del Piano di Gestione della ZPS delta del Po (Scheda azione N GA- 5) Sciurus carolinensis Data la pericolosità della specie per la conservazione degli ambiti forestali, è auspicabile un'energica e tempestiva azione di eradicazione della specie, da effettuarsi primariamente mediante trappolaggio Il Centro Recupero Animali Selvatici (C.R.A.S.) della Provincia di Rovigo Introduzione Il Centro per il Recupero degli Animali Selvatici (C.R.A.S.) della Provincia di Rovigo prende vita nel 2003, grazie all'impegno della Provincia, del veterinario Luciano Tarricone e delle Associazioni fondatrici (WWF di Rovigo e Lipu di Adria). Tale Centro è stato istituito in base all'art. 5 della Legge Regionale 50/93, il quale prevede l'obbligo di segnalazione alla Provincia degli animali selvatici rinvenuti in difficoltà e l'obbligo in capo all'amministrazione Provinciale "di decidere gli interventi necessari". Il C.R.A.S., quindi, ha lo scopo di curare e reimmettere in natura quegli individui di specie selvatiche di particolare interesse naturalistico rinvenuti feriti o debilitati all'interno del territorio provinciale. Altra importante funzione del Centro, che ha sede a Polesella (RO), è l'educazione ambientale. Motivo che ha spinto alla costituzione del C.R.A.S. è stata la necessità di curare gli individui di fauna selvatica che frequentemente vengono rinvenuti in condizioni di bisogno, al fine di ricostituire importanti anelli della catena trofica ed ecologica dell'ambiente polesano. Il recupero di specie di Rapaci, ad esempio, è importante in quanto questi predatori sono anello fondamentale della rete trofica (tengono sotto controllo le popolazioni di micromammiferi). Oggetto delle cure del Centro sono infatti Uccelli e Mammiferi di particolare valenza naturalistica, tra cui fenicotteri, aironi, limicoli, rapaci notturni e falchi. Attività primaria de CRAS è quella di recupero, cura e riabilitazione della Fauna selvatica. Il rinvenimento dell'animale ferito avviene di solito in maniera casuale, ad opera di privati che lo segnalano alle forze dell'ordine o alle associazioni. Si attiva quindi immediatamente una filiera di recupero del soggetto, che viene trasferito nel minor tempo possibile al veterinario referente del Centro. Diagnosi e prime cure sono immediate. Una volta determinata la patologia si procede a cure più approfondite, quali delicati interventi chirurgici in caso di fratture o somministrazione di farmaci particolari. Se il soggetto sopravvive, inizia poi una fase di riabilitazione e recupero, della durata media di circa un mese. Tra le patologie più frequentemente riscontrate si ricordano l'intossicazione da prodotti chimici e ratticidi, i 124

125 traumi contro cavi elettrici, veicoli o manufatti, debilitazioni e parassitosi, e il ferimento con armi da fuoco. Nel periodo d attività del C.R.A.S sono stati ricoverati ben 668 individui appartenenti alla Fauna selvatica, tutti provenienti dalla provincia di Rovigo, ed appartenenti ad oltre 60 specie diverse. Il rilascio in natura di questi animali rappresenta un grande sforzo per riequilibrare gli ecosistemi riportando specie importanti all interno della catena alimentare. Circa il 44% degli animali che arriva al CRAS supera la fase delle prime cure e viene riabilitato e rilasciato in natura. Il recupero degli animali curati culmina con la loro liberazione. Per diffondere i risultati raggiunti e sensibilizzare l opinione pubblica, vengono organizzate diverse liberazioni pubbliche ogni anno, alle quali partecipano la cittadinanza, le scuole, le forze dell ordine e le categorie produttive. Durante l'anno sono oltre 500 le persone che, mediamente, partecipano a questo tipo di manifestazioni, ed in particolar modo i bambini. Le liberazioni, materialmente effettuate da personale della Provincia o delle Associazioni firmatarie, vengono organizzate presso tutti i comuni della provincia, toccando almeno una decina di località all'anno. Dal 2005 sono state svolte liberazioni pubbliche in oltre 40 località: Canaro, Lendinara, Ramo di Palo, Badia Polesine, Cavazzana, Villanova del Ghebbo, Fratta, Salara, Runzi, Salvaterra, Ceneselli, Zelo, Fratta Polesine, Costa, Lusia, Concadirame, Rovigo, Polesella, Cambio di Villadose, Pezzoli di Ceregnano, Guarda Veneta, Adria, Fasana, Bellombra, Panarella di Papozze, Taglio di Po, Donzella, Ca' Cornera, Volta Grimana, Ca' Mello, Ca' Venier, Ca' Pisani, Ca' Vendramin, Porto Viro, Moceniga, Gorino Sullam, Rosolina Mare, Porto Levante, Boccasette, Caleri, Ca' Tiepolo. Tali manifestazioni pubbliche, che hanno risonanza sulla stampa locale grazie al coinvolgimento dei giornalisti, rappresentano un importante momento di sintesi del lavoro svolto, e di aggiornamento delle attività di gestione ambientale della Provincia. Da diversi anni, inoltre, vengono svolti percorsi di educazione ambientale nelle suole della provincia, con lo scopo di diffondere le attività del centro di Recupero e di promuovere una corretta gestione ambientale e faunistica. Questi incontri sono solitamente strutturati in due lezioni in aula, più una sul campo con liberazione di animali selvatici curati. Tra le varie collaborazioni, nel 2005, ad esempio, sono state svolte lezioni con l Associazione Agricoltori all interno delle attività formative Bambini in Fattoria, imparare sul campo, con il coinvolgimento di 16 scuole e lo svolgimento di 51 incontri. Nel 2006 sono state coinvolte 53 classi, per un totale di 900 bambini. Il C.R.A.S. rappresenta in sintesi un' importantissimo strumento per la gestione faunistica ed ambientale del nostro territorio, nonché un veicolo per la diffusione su larga scala dei concetti legati all'educazione ambientale e alla corretta gestione delle risorse ambientali. Grazie al Centro recupero è infatti possibile avere il "polso" dello stato di salute del nostro ambiente. Analisi a campione attività anni Nel triennio d attività del C.R.A.S sono giunti alla struttura 326 esemplari appartenenti alla Fauna selvatica, ovvero 107 animali in più rispetto al triennio precedente (219 individui nel ). Tale incremento è presumibilmente da attribuirsi alla maggior visibilità avuta dal C.R.A.S grazie alla costante effettuazione di manifestazioni pubbliche ed azioni di informazioni sulla stampa locale. Tali animali sono costituiti da 292 Uccelli, 27 Mammiferi e 7 tra Rettili ed Anfibi. Il numero medio d individui ricoverati all anno è stato di 109, 125

126 N totale individui recuperati Airone sp. 1 1 Airone bianco maggiore 2 2 Airone cenerino Airone guardabuoi Airone rosso Allocco 1 1 Assiolo 1 1 Barbagianni Beccaccia 1 1 Civetta Daino Emys Orbicularis Fagiano 1 1 Falco cuculo 1 1 Falco di Palude Falco pecchiaiolo 1 1 Falco pellegrino 1 1 Fenicottero Fiorrancino 1 1 Folaga 1 1 Gabbiano Reale Gallinella d'acqua Garzetta Germano Reale Gheppio Ghiandaia Gruccione Gufo comune Lepre comune Limicolo non id. 2 2 Lodolaio 1 1 Martin pescatore Passera sp. 1 1 Pettirosso Picchio sp. 1 1 Picchio Verde Poiana Riccio europeo Rigogolo Rondine 4 4 Rondone Tritone sp. 1 1 Smeriglio 1 1 Sparviero Starna 1 1 Tarabusino Topino 1 1 Trachemys scripta 1 1 Upupa 1 1 Volpe 1 1 Volpoca 1 1 TOTALE

127 La maggior parte dei recuperi (41% nel trienni ) è avvenuta nei mesi di giugno e luglio, presumibilmente in concomitanza con l involo di molti nidiacei, che vengono di conseguenza raccolti, e con il ferimento dei giovani già volanti, inesperti e quindi vulnerabili Recuperi divisi per mese - CRAS Rovigo GEN FEB MAR APR MAGG GIU LUG AGO SET OTT NOV DIC Gli animali sono arrivati in maniera pressoché uguale dai tre settori della provincia (Alto, Medio e Basso Polesine), a testimonianza della sensibilità al problema diffusa in maniera abbastanza capillare e della funzionalità della filiera relativa al recupero. 127

128 128

129 7 - L'UTENZA VENATORIA POLESANA 129

130 L'evoluzione del numero dei cacciatori nel corso degli anni è uno degli aspetti essenziali per la conoscenza delle dinamiche interne al mondo venatorio oltre, ovviamente, al fattore economico. Proprio dal sistema impositivo sulle attività venatorie derivano le risorse economiche necessarie al mantenimento delle attività di gestione (vigilanza ed altro), tra cui la liquidazione dei danni prodotti dalla fauna, compresa quella non cacciabile. Dato il significativo apporto economico derivante dall'attività venatoria e l'importanza della categoria dei cacciatori nella gestione faunistica, dovrebbe esserci maggior riconoscimento del fenomeno sia in termini economici che sociali e perciò l'attivazione di un'opportuna e approfondita analisi di valutazione di cui si occuperà il Rapporto Ambientale. I cacciatori rappresentano una delle principali categorie sociali coinvolte direttamente nella gestione faunistica. Si pensi alle molteplici attività in cui essi vengono coinvolti attraverso l attività di volontariato prestata negli A.T.C. di appartenenza: ripopolamenti, censimenti, miglioramenti ambientali a fini faunistici, piani di controllo delle specie problematiche, ecc.. II numero dei cacciatori viene annualmente monitorato attraverso il riscontro dei tesserini venatori rilasciati e attraverso le abilitazioni rilasciate per il conseguimento della licenza di caccia. I dati disponibili ad oggi sono il numero dei tesserini rilasciati (vedi tabella 1). Dalla lettura emerge che nel decennio 2000/2010 si assiste a livello provinciale ad un decremento dei tesserini regionali rilasciati del % (a fronte di un trend regionale del - 12,7% dei tesserini rilasciati). Grafico 1 significativo trend tesserini regionali rilasciati nel periodo 2007/ /13 130

131 Tab 1 Popolazione residente e numero cacciatori nel decennio Fonte: Elaborazione del gruppo di valutazione su dati Regione Veneto - Direzione Sistema Statistico Reg.le, Unità Progetto Caccia e Pesca e Istat Il rapporto in percentuale tra tesserini rilasciati e popolazione residente al 2010 è pari a 1,06%. Tab 2 - Rapporto cacciatori/popolazione in regione veneto - anno 2010 Fonte All. C DGR n del 7/8/2012. Nella stagione venatoria sono stati rilasciati tesserini regionali (con un decremento del -3.49% rispetto alla decorsa stagione e un trend del % rispetto all anno 2000). 131

132 La ripartizione dei cacciatori polesani a livello comunale, effettuata sulla base dei tesserini venatori nell ultima stagione venatoria, viene indicata nella successiva tabella 3, ove vengono riportati anche i dati relativi alla superficie TASP di ciascun comune. Nella medesima tabella sono pure indicate le iscrizioni dei cacciatori residenti, distribuite nei 3 A.T.C. polesani che evidenziano, come confermato in altre parti del presente capitolo, che l A.T.C. RO3 Delta del Po risulta il più richiesto dai cacciatori polesani (1.008 iscritti polesani tra 1^ scelta e 2^ scelta) seguito dall A.T.C. RO1 Polesine Occidentale con 898 cacciatori polesani e, con 712 cacciatori, dall A.T.C. RO2 Polesine centrale. 132

133 ANN. VEN. A.T.C. TOTALE SOCI ISCRITTI ATC RIPARTIZIONE SOCI ATC RESIDENTI % NON RESIDENTI IN PROV. DEI QUALI: TOTALE N.R. % RES. REG. RES. FUORI REG. 2006/2007 RO ,19% ,81% n.d. n.d RO ,65% ,35% RO ,29% ,71% TOTALE ,18% ,82% 2007/2008 RO ,37% ,63% n.d. n.d RO ,44% ,56% RO ,12% ,88% TOTALE ,09% ,91% 2008/2009 RO ,61% ,39% RO ,14% ,86% RO ,50% 53 4,50% TOTALE ,47% ,53% /2010 RO ,00% ,82% RO ,00% ,81% RO ,00% 63 5,33% TOTALE ,00% ,00% /2011 RO ,00% ,04% RO ,00% ,74% RO ,00% 65 5,65% TOTALE ,05% ,95% /2012 RO ,48% ,52% RO ,69% ,31% RO ,17% 89 7,83% TOTALE ,35% ,65% /2013 ro ,59% ,41% n.d. n.d ro ,22% ,78% ro ,85% ,15% TOTALE ,53% ,47% Tab 3 Provincia di Rovigo. Stagioni 2006/ /13. Suddivisione iscritti ATC polesani. Nella stagione venatoria i tre ATC polesani, ai quali hanno aderito complessivamente n cacciatori, hanno avuto una base sociale costituita dal 68,07% di residenti e per il 31.93% da residenti fuori provincia o fuori regione, come rappresentato dal successivo grafico. 133

134 Nell anno 2007 la Provincia ha svolto uno studio, effettuato su un campione rappresentativo di Tesserini di Caccia regionali relativi alla annata venatoria La relazione finale ha rappresentato il primo (e purtroppo unico) contributo organico a questa tematica per quanto riguarda il territorio della provincia di Rovigo, tradizionalmente interessato da una notevole attività venatoria. Questo studio a campione è riuscito a dare un immagine piuttosto esaustiva del profilo del cacciatore polesano, descrivendone le abitudini e individuandone le necessità, anche nell ottica di una migliore pianificazione venatoria. Dai dati analizzati emergono in modo abbastanza chiaro le caratteristiche del cacciatore polesano che vengono di seguito riportate. 7.1 Analisi a campione Per quanto riguarda l'annata venatoria si è proceduto ad un'analisi dello sforzo di caccia e delle abitudini dell'utenza venatoria, utilizzando i Tesserini di Caccia regionali. Per tale annata sono stati analizzati n 205 tesserini su 2856 totali per l annata venatoria, e cioè il 7% del totale. In particolare, per ogni Ambito Territoriale di Caccia, sono stati analizzati un numero di tesserini percentualmente equivalente al numero di soci iscritti (38% del RO1, 23% del RO2, 39% del RO3). I soci presi in considerazione sono stati solo quelli residenti in provincia di Rovigo ed iscritti ai tre A.T.C. polesani. Per ogni Ambito, sono stati utilizzati tesserini che avessero tale Ambito come prima scelta. La scarsa conoscenza da parte del mondo venatorio dell utilità di queste indagini, unitamente ad un ingiustificata diffidenza, hanno spesso comportato una parziale o non corretta compilazione del tesserino di caccia, fatto che si ripercuote immancabilmente sull oggettività delle elaborazioni. Va sottolineato però che tale comportamento, apparentemente in diminuzione, non incide su alcuni tipi di dati ed elaborazioni, in particolare riguardo al profilo dell utente. Alcuni tipi di errori o dimenticanze (ad esempio la non compilazione dei capi 134

135 abbattuti) vanno ad incidere sicuramente sulla stima dei carnieri, ma in misura molto minore sull analisi della fenologia delle varie specie oggetto di prelievo. Gli utenti tendono inoltre a compilare in maniera corretta gli altri parametri richiesti, quali l A.T.C. di caccia, la giornata di caccia, il tipo di caccia praticata, ecc, informazioni utili per analizzare le abitudini del cacciatore. Tra gli errori riscontrati si sottolineano la non corretta somma dei capi abbattuti in tutta la stagione venatoria riportata alle pagine del tesserino; tale errore non ha però influenza sulle elaborazioni qui presentate, in quanto le somme sono state ottenute inserendo i dati mano a mano che venivano riscontrati per ogni giornata di caccia. Per quanto riguarda la stima numerica dei carnieri, si fa presente che i dati presentati possono presentare errori quantitativi per difetto anche notevoli per i motivi suddetti; si fa presente inoltre che mancano completamente i dati relativi ad utenti iscritti ad ambiti di caccia esterni alla provincia, ma che hanno esercitato la caccia in Polesine grazie ai permessi giornalieri degli Ambiti. Tali dati potranno in futuro essere elaborati solo se messi a disposizione dalle Province competenti. Per sopperire a tali mancanze di informazioni in alcuni casi sono state effettuate delle estensioni statistiche, come specificato caso per caso. Non si è inoltre tenuto conto dei dati relativi ad attività venatoria esercitata da cacciatori polesani al di fuori della provincia di Rovigo, rivolta soprattutto a stanziale di pianura, Cinghiale ed Anatidi (province individuate sul campione analizzato: Verona, Venezia, Padova, Gorizia, Udine, Ferrara, Bologna, Firenze, Prato, Grosseto, Pavia). Età media cacciatore polesano La elaborazione effettuata riguarda l età del campione analizzato: l età media dell utente per la stagione di caccia è risultata pari ad anni 53; il 37% dei soci è risultato di età superiore ai 60 anni, con età massima registrata di anni 78. Anni di età meno di 30 2% da 30 a 40 8% da 40 a 50 24% da 50 a 60 30% Età degli utenti stagione RO meno di 30 da 30 a 40 da 40 a 50 da 50 a 60 oltre 60 Utilizzo del territorio e sforzo di caccia Dal grafico seguente si nota come l Ambito di caccia del Delta del Po sia stato quello più frequentato, per via della sua maggior appetibilità faunistica. 135

136 Giornate di caccia stagione RO 4A1 4A2 4A3 La maggior parte delle uscite (93%) sono inoltre state effettuate in territorio libero, sia per la sua maggior estensione, che anche per una consolidata tradizione venatoria alla selvaggina stanziale e negli appostamenti fissi a titolo collettivo presenti in area lagunare. Utilizzo del Territorio stagione RO Aziende Territorio libero L 80% delle uscite è stato svolto in vagante, grazie soprattutto alla radicata tradizione alla stanziale dei due Ambiti più occidentali. 136

137 Appostamento Tipologia uscite Vagante Suddividendo inoltre gli utenti in 4 tipologie principali, si nota come la maggior parte di questi sia costituito da cacciatori dediti alla caccia alla selvaggina stanziale (73 %), in particolare appartenenti agli ambiti RO1 e RO2. La caccia agli Anatidi, praticata soprattutto nell area del Delta, segue per importanza (19 %), mentre la caccia ai piccoli passeriformi o ad altri acquatici è del tutto secondaria (7 %). Ambito di preferenza RO1 RO2 RO3 Totale Migratorista da appostamento (Acquatici) % Migratorista in forma vagante (Acquatici) % Migratorista da appostamento (Altra Migratoria) % Stanzialista % Tabella 4 Profilo del cacciatore - tutta la provincia 180 stagione RO stanzialista migratorista 100 acq. 80 Apposta migratorista 60 mento migratorista altra migr acq. Vagante Apposta mento I dati sin qui esposti evidenziano una discrepanza tra i due Ambiti più occidentali e la zona del Delta. Caratteristica distintiva dei soci del RO1 e RO2 è la caccia alla stanziale, in particolare a Lepre e Fagiano 137

138 comune, fatto che fa concentrare lo sforzo di caccia entro novembre, e produce un numero limitato di capi di fauna selvatica prelevati. In entrambi gli ambiti si notano casi di prelievo sul Germano reale in ambito fluviale, agrario o peri-agrario. Differente invece la situazione nel RO3: una parte, anche cospicua, dei soci pratica la caccia alla selvaggina stanziale (42%), quasi mai però in maniera esclusiva, ma più spesso con integrazione di caccia alla migratoria. Molto importante invece la caccia agli Anatidi, soprattutto da appostamento, sia in territorio libero che in Aziende Faunistico-Venatorie vallive. Tale forma di caccia fa concentrare qui la maggior parte dei capi prelevati di fauna selvatica di tutta la provincia (70 %), e impegna gli utenti sino a gennaio. Lo sforzo di caccia si concentra nei primi tre mesi, grazie anche ad una maggior presenza di selvaggina stanziale uscite in Settembre Giornate di caccia stagione RO uscite in Otto bre uscite in N o vembre uscite in D icembre uscite in Gennaio Mediamente ogni utente ha effettuato 22 uscite di caccia nella stagione venatoria, in pratica poco più di 1 alla settimana; in particolare più di un terzo (34%) degli utenti ha effettuato da 21 a 30 uscite. Da notare inoltre come il 3% dei cacciatori abbia effettuato più di 50 uscite (massimo registrato 62). 138

139 Profilo del cacciatore stagione RO Acquatici appostament o Acquatici vagante Migratorista Stanzialista A fronte però di un maggior sforzo di caccia in ambiente agrario in vagante, i carnieri più elevati si registrano nei confronti degli Anatidi, cacciati in appostamento. Tale fatto dimostra la maggior efficacia del secondo tipo di caccia, e una maggior presenza di migratori rispetto alla selvaggina stanziale. Altri tipi di migratori vengono inoltre abbattuti durante gli appostamenti agli Anatidi o in vagante, non essendo oggetto quindi in maniera diffusa di uno specifico tipo di caccia, come avviene ad esempio in altre province venete (Vicenza, Treviso, ecc ) acquatici apposta mento Carniere stagione RO acquatici vagante altri mgratori stanziale La maggior appetibilità venatoria del Delta, unitamente ad una maggior vocazionalità per la caccia agli Anatidi, fanno concentrare il 70% del carniere nell ambito 4A3. 4A1 e 4A2 hanno invece rispettivamente il 17% ed il 13% del carniere provinciale. 139

140 Carniere diviso per ATC stagione RO 4A1 4A2 4A3 Il carniere si concentra nei primi 3 mesi di caccia, che assorbono l 80% dei capi abbattuti. Carniere - stagione RO settembre ottobre 800 novembre dicembre gennaio In base ai dati raccolti ogni utente mediamente preleva 0,7 individui di fauna selvatica per ogni giornata di caccia, e quindi 16 capi all anno; tale valore può essere in parte falsato, in base alle considerazioni fatte in precedenza. Estendendo statisticamente il numero di capi prelevati dai 205 cacciatori qui analizzati al numero di cacciatori residenti in provincia di Rovigo iscritti ai tre Ambiti (2.856 iscritti per la stagione 2003/04), si ottiene il seguente carniere potenzialmente ottenuto nel corso di questa stagione venatoria. Va sottolineato però che questa analisi non fornisce indicazioni sulla reale dimensione del carniere ottenuto, in quanto ne sono esclusi i cacciatori non polesani (circa cacciatori con permessi degli Ambiti), i quali hanno prelevato sicuramente alcune migliaia di capi in più. Per una stima più attendibile del carniere agli Anatidi si veda l'apposito paragrafo. Carniere potenziale stagione di caccia dei soli cacciatori polesani 140

141 Anatidi Rallidi Limicoli 320 Columbiformi piccoli Passeriformi Corvidi 237 Fasianidi Mammiferi Totale Illeciti in materia venatoria La Polizia Provinciale di Rovigo dispone di 14 agenti, organizzati in sei pattuglie operative, di cui n. 4 dislocate nel territorio del centro e basso polesine e n. 2 in alto polesine. Nel corso dell anno 2012, i servizi di vigilanza sono stati programmati in modo da garantire il controllo di tutte le strutture e gli istituti esistenti, avendo cura che l azione fosse rivolta a tutto il territorio, sia libero che vincolato. In modo particolare sono stati effettuati controlli in riferimento a terreno soggetto a gestione programmata (A.T.C.), Parco, Oasi, Zone di ripopolamento e cattura, Aziende Faunistico-Venatorie Vallive e Terriere, Aziende Agri-Turistico Venatorie, Appostamenti fissi e Campi addestramento cani. Sono stati complessivamente effettuati n controlli nei confronti di persone in esercizio dell'attività venatoria in terreno libero, di cui: n. 117 in area RO1; n. 360 in area RO2; n in area RO3 A fronte dei n controlli effettuati, sono state rilevate n. 110 infrazioni amministrative e n. 14 violazioni penali, con una media di una violazione ogni 12 controlli effettuati. Tale indice deve considerarsi coerente rispetto alla media delle precedenti annate. Si riporta di seguito un report relativo alle violazioni commesse nel periodo di riferimento suddivise per residenti polesani e non, e per ATC. anno n. violazioni amministrative residenti fuori provincia RO1 RO2 RO % 71 35% 69 34% 68 33% 66 33% % 77 42% 44 24% 77 42% 62 34% % 54 42% 29 22% 40 31% 60 47% % 28 25% 27 24% 39 35% 46 41% % 50 36% 49 35% 50 36% 40 29% % 32 29% 29 26% 31 28% 50 45% tabella 4 141

142 La successiva tabella indica le violazioni penali in materia venatoria accertate dalla Polizia Provinciale nel periodo di riferimento della precedente pianificazione anno n. violazioni fuori residenti penali provincia RO1 RO2 RO ,37% 8 29,63% 0 0,00% 6 22,22% 21 77,78% ,89% 8 42,11% 5 26,32% 2 10,53% 12 63,16% ,00% 2 25,00% 1 12,50% 0 0,00% 7 87,50% ,86% 4 57,14% 0 0,00% 0 0,00% 7 100,00% ,44% 5 55,56% 2 22,22% 0 0,00% 7 77,78% ,00% 7 50,00% 0 0,00% 2 14,29% 13 92,86% 7.3 Analisi sulle specie Per il il gruppo di specie con il maggior numero d individui prelevati è costituito dagli Anatidi (58 % del carniere), seguiti a distanza da Fasianidi e Mammiferi (26 %). Solo il 16 % del carniere è costituito da altri gruppi di specie, quali ad esempio i Passeriformi. Carniere percentuale Anatidi 58% Fasianidi 15% Mammiferi 11% Piccoli pass. 6% Columbiformi 6% Rallidi 3% Limicoli 1% Corvidi 0% 142

143 Carniere stagione RO 2000 anatidi fasianidi mammiferipiccoli pass. columbif. rallidi limicoli corvidi grafico 13 Carniere stagione RO Piccoli pass Columbiformi Altro 1% Mammiferi Anatidi Fasianidi grafico 14 Un confronto tra il prelievo di selvaggina stanziale e di Anatidi mostra come il grosso del carniere venga realizzato in settembre ed ottobre. Si nota poi come mentre il prelievo sulla stanziale si esaurisca per buona parte già in ottobre, il prelievo sugli Anatidi continui sino a gennaio, anche se con volumi inferiori. 143

144 500 Carniere stagione RO Stanziale Anatidi grafico 15 Settembre Ottobre Novembre Dicembre Gennaio L analisi del carniere per le altre specie mostra poi come il massimo del prelievo venga esercitato in concomitanza probabilmente con il picco del passo (ottobre e novembre). Carniere stagione RO grafico 16 Anatidi Stanziale Anatidi Altro Settembre Ottobre Novembre Dicembre Gennaio L'analisi di seguito riportata è tratta della pubblicazione Le anatre selvatiche del Delta (Verza & Bottazzo, 2012). Recenti studi hanno fatto luce sul carniere annuale ottenuto nell area del Delta veneto (Benà & Rallo, 144

145 2006; Sorrenti et al., 2006). Dalle analisi effettuate emerge come in alcuni casi vi siano differenze tra il prelievo effettuato nelle valli e quello delle lagune, per quanto riguarda l abbondanza di ciascuna specie e la fenologia del prelievo. L ACMA, in collaborazione con l ATC RO3 e la Provincia di Rovigo, ha effettuato uno studio sul prelievo di Anatidi nelle aree lagunari del Delta veneto (Sorrenti et al, 2006; Sorrenti, ined.). Lo studio risulta attualmente il più attendibile per quanto riguarda l area, grazie alla metodica utilizzata (iniziativa partita dai cacciatori, raccolta di schede anonime, ecc ). I risultati mostrano come il carniere annuale delle lagune sia compreso tra i ed i capi, per la maggior parte costituiti da Germano reale, Alzavola e Fischione. Un analisi comparativa è stata effettuata per riguarda il prelievo esercitato all interno delle Aziende faunisticovenatorie vallive, prendendo come campione i dati desunti dai registri per quattro annate venatorie (periodo ) (E.P.S.). Da questa analisi risulta come le tre specie più prelevate rimangano le stesse, con un carniere annuale totale di poco più di capi. La fenologia del prelievo, inoltre, mostra come la quantità di capi prelevati vada calando con il passare dei mesi. Dai dati qui presentati, limitatamente al periodo il prelievo totale di Anatidi per l area del Delta risulta superiore alle unità. Secondo Sorrenti et al. (2006), però, va considerato come il prelievo reale debba essere aumentato di altri esemplari, arrivando ad una stima di circa Anatidi prelevati. Tabella 5 Grafico 17 Galliformi Il Fagiano è la specie di gran lunga più prelevata (97% dei Fasianidi per la stagione ), anche se la Starna vede un aumento dei carnieri negli ultimi anni, grazie soprattutto a maggiori immissioni a partire dal È evidente come con il passare dei mesi il prelievo del Fagiano vada diminuendo, per la diminuzione effettiva degli individui presenti e per il loro concentramento all interno delle zone di non caccia. La Starna 145

146 invece viene prelevata anche in pieno inverno, grazie alle caratteristiche comportamentali di questo galliforme. La stima del carniere provinciale per le tre specie è, per il , di quasi capi (costituiti per tale annata quasi esclusivamente dal Fagiano); se si considera che la media di fagiani lanciati dagli ATC nel periodo è di quasi capi all'anno, ne deriva un prelievo pari ad 1/3 dei capi immessi. Il prelievo sulla Quaglia è difficilmente analizzabile, a causa soprattutto della presenza in libertà di molti individui d'allevamento immessi per scopi cinofili. 250 Fagiano prelievo stagione RO 6 Starna prelievo stagione RO Settembre Ottobre Novembre Dicembre Gennaio 0 Settembre Ottobre Novembre Dicembre Gennaio 2,5 Quaglia prelievo stagione RO 2 1,5 1 0,5 0 Settembre Ottobre Novembre Dicembre Gennaio Lepre Una prima analisi ha riguardato una frazione dei Tesserini venatori regionali per la stagione di caccia All'interno di questo lotto di 205 tesserini ne sono stati selezionati 159, relativi a cacciatori che effettivamente hanno svolto caccia alla selvaggina stanziale. Tale analisi ha riguardato circa la medesima quantità di utenti per ogni ATC della provincia, in modo da ottenere una quadro rappresentativo dell'attività venatoria polesana (RO1: 37%; RO2: 34%; RO3: 29%). Dall'analisi dei dati si possono dedurre le seguenti considerazioni: il prelievi di lepri va diminuendo progressivamente, anche a fronte di un minor numero di uscite di caccia effettivamente realizzabili in settembre; difatti lo sforzo di caccia (ovvero n lepri / n uscite) mostra come la catturabilità della Lepre diminuisca 146

147 progressivamente, ovvero da 1 capo ogni 4,5 uscite in settembre, a 1 capo ogni 20 uscite in novembre; infine, si nota come la catturabilità della Lepre diminuisca andando dal Polesine occidentale (ATC RO1) al Delta (ATC RO3), dato che corrisponde a quanto osservato con i censimenti autunno-invernali effettuati all'interno delle Z.R.C.; estendendo statisticamente il numero di capi prelevati al 77,5% degli utenti di tale annata venatoria (ovvero quelli che hanno effettivamente praticato la caccia alla stanziale), si ottiene un carniere provinciale di lepri per l'annata Uscite Lepri Settembre Ottobre Novembre Settembre Ottobre Novembre ATC RO1 ATC RO2 ATC RO3 Sforzo di cattura 1 lepre ogni 4,5 uscite 1 lepre ogni 10,5 uscite 1 lepre ogni 20 uscite 1 lepre ogni 8,6 uscite 1 lepre ogni 9.8 uscite 1 lepre ogni 10,6 uscite 140 Individui di Lepre prelevati stagione Rovigo Settembre Ottobre Novembre grafico

148 Prelievo Lepre stagione Rovigo 1400 Uscite Lepri Settembre Ottobre Novembre grafico 22 Dato Lepri enfatizzato con aggiunta di uno 0. Un secondo screening sul prelievo venatorio alla specie è stato effettuato nell'atc RO1 (Polesine occidentale), territorio tradizionalmente dedito al prelievo di tale lagomorfo; tale analisi è stata effettuata dal Consiglio direttivo di tale ATC, mediante questionari dati ai soci. Sono state prese in considerazione 4 annate venatorie. Tabella 6 Annata n n lepri Carniere venatoria cacciatori prelevate pro capite Sforzo di caccia lepri 1 lepre ogni 7,9 uscite lepri 1 lepre ogni 8,2 uscite ,8 lepri 1 lepre ogni 10.5 uscite ,9 lepri 1 lepre ogni 10 uscite Dai dati è possibile notare come il carniere pro capite si sia leggermente abbassato nel giro di un decennio, parallelamente all'innalzamento del parametro relativo allo sforzo di caccia. Interessante notare come lo sforzo di caccia rilevato per il RO1 con questa metodica coincida in maniera significativa con l'analisi effettuata su 205 tesserini dell'annata venatoria precedentemente illustrata. Una terza valutazione è stata effettuata sempre da lettura dei tesserini venatori regionali, relativi ad una certa quota di cacciatori dell'atc RO1. 148

149 ATC RO1. Annate venatorie ; ; n lepri prelevate n uscite settembre lepre ogni 5 uscite ottobre lepre ogni 13,9 uscite novembre lepre ogni 24,4 uscite Annata venatoria n lepri prelevate Sforzo di caccia lepre ogni 11,2 uscite lepre ogni 9,6 uscite lepre ogni 11.7 uscite grafico 23 Lepre, stagioni venatorie da a Uscite Lepri Settembre Ottobre Novembre Dato Lepri enfatizzato con aggiunta di uno 0. I dati mostrano come anche da quest'ultima analisi i risultati ottenuti siano equiparabili ai precedenti. Interessante notare come incrociando il dato medio di cattura annua nel RO1 per le tre annate in questione (1.767 lepri) con la superficie cacciabile ( ha) si ottiene una densità di 1 lepre catturata ogni 20,6 ha. Ponendo che il resto del territorio cacciabile provinciale abbia la stessa densità di lepri ( ha di territorio cacciabile totale della provincia di Rovigo), si otterrebbe un numero di lepri catturabili, valore molto simile a quello ottenuto con il primo screening descritto (annata : lepri catturabili). Una quarta analisi è relativa al prelievo esercitato durante la stagione venatoria L'analisi dei dati è stata effettuata sia utilizzando il sistema delle Schede anonime distribuite nel 2011 (distribuite con il Tesserino venatorio regionale), e restituite a fine caccia (n 100 utenti), sia grazie ad una sintesi effettuata direttamente dall'ambito territoriale di caccia Rovigo1 Polesine occidentale (n 943 utenti), area di grande interesse per la caccia alla Lepre. 149

150 La fenologia del prelievo risulta ben evidente, e in linea con quanto già noto in precedenza relativamente all'ultimo decennio. Il confronto con l'annata venatoria , ad esempio, evidenzia come il numero di capi catturati vada via via diminuendo con il passare delle settimana di caccia. Analizzando invece il carniere pro capite (n 100 utenti), si osserva come, nonostante l'innalzamento del carniere oltre i 5 capi stagionali, il grosso degli utenti prelevi un numero di capi che va da 3 a 5, similmente a quanto osservato durante le precedenti stagioni venatorie (ad es ). Carnieri che superino i 5 capi, difatti, riguardano meno dell'8% degli utenti analizzati, sia per il che per il Prelievo Lepre, provincia di Rovigo Da 1 a 2 Da 3 a 5 Da 6 in poi Grafico 24 Infine, il carniere medio pro capite della stagione è stato esattamente in linea con quanto osservato durante l'ultimo decennio. Lepri prelevate a cacciatore, stagione RO1 2,2 RO2 2,6 RO3 2,9 MEDIA 2,5 La presente analisi mostra come anche per il l'innalzamento del carniere potenziale oltre i 5 capi non abbia prodotto un cambiamento significativo ne sui carnieri ne sulle abitudini dei cacciatori dediti alla selvaggina stanziale. Come già espresso ne risulta, invece, una valorizzazione della caccia specialistica a questo lagomorfo. Dall'analisi effettuata mediante i censimenti e lo studio dei carnieri è possibile affermare che: il territorio cacciabile provinciale frutta almeno lepri prelevate all'anno; il carniere medio pro capite si attesta poco oltre i due capi per cacciatore; la maggior parte delle lepri viene prelevata in settembre, ed il numero cala poi progressivamente, divenendo progressivamente meno fruttuosa l'attività di caccia (settembre: circa 1 lepre ogni 5 uscite; 150

151 novembre: una lepre ogni 20 o più uscite). Volpe Individui abbattuti durante l attività venatoria. La specie è cacciabile in provincia di Rovigo durante tutta la stagione venatoria. Esistono due tipologie principali di attività cinegetica rivolta a tale specie nel nostro territorio: abbattimento casuale durante attività di caccia alla selvaggina stanziale (soprattutto mesi di settembre, ottobre e novembre); abbattimento mirato effettuato da cacciatori specializzati (soprattutto in dicembre e gennaio). L analisi dei dati di abbattimento deriva dalla registrazione dei capi prelevati, effettuata sia direttamente dagli ATC, sia ricavata dalle schede di consegna di detti capi agli istituti zooprofilattici competenti per la ricerca di virosi ed altre patologie. Per il territorio del Polesine centrale (ATC RO2) nella stagione venatoria si conteggia l abbattimento di oltre 60 individui, e tra dicembre 2008 e gennaio 2009 nella stessa area ne sono stati abbattuti 63. Nella zona del Delta (ATC RO3), durante la stagione di caccia sono stati abbattuti oltre 70 individui, e almeno 65 durante la stagione Per l'area del Polesine occidentale (ATC RO1) sono stati conferiti all'istituto Zooprofilattico 52 individui abbattuti in attività di caccia nella stagione , e 59 nella Questi numeri fanno riferimento o ad individui direttamente conferiti alle autorità dai cacciatori, o da indagini compiute direttamente dai direttivi degli ATC; è certo, infatti, che una certa quantità di volpi abbattute in attività di caccia non sia stata ne consegnata ne registrata. Mediamente, quindi, nelle ultime due stagioni venatorie sono state abbattute in Polesine ufficialmente 180 volpi ad annata; considerando gli individui di cui non si ha notizia, il carniere annuale per la provincia di Rovigo può attualmente essere considerato di almeno 200 esemplari. Dalle informazioni che provengono dal mondo venatorio, fino ad alcuni anni fa il carniere annuale effettuato nei confronti della specie era decisamente più basso; tale dato è desumibile anche da quanto riportato sui tesserini regionali di caccia. L'indagine svolta per l'annata venatoria , ha infatti rilevato come, estendendo statisticamente il dato raccolto a tutti i cacciatori della provincia, la stima delle volpi prelevate in tutta la provincia sia stata di 28 esemplari. In meno di un decennio, quindi, la quantità di volpi prelevate in stagione di caccia è almeno raddoppiata. Individui abbattuti durante i Piani di prelievo Il grafico successivo mostra come il numero di volpi catturate (somma di giovani ed adulti) sia andato progressivamente aumentando sino al 2004, per poi calare leggermente. Il numero di soggetti del 2006 è influenzato dalla sospensione delle operazioni nel Polesine occidentale, sia dall inizio delle cattura in marzo anziché in febbraio. Dal 2011 il Piano di prelievo è stato riattivato, con prelievo di capi ancora limitato. Individui prelevati

152 media annua 96 somma : interventi all'aspetto: 4 capi abbattuti; 2012: interventi alle tane: 59 capi prelevati. Rallidi Il prelievo di Rallidi è concentrato nella parte invernale; una possibile spiegazione potrebbe essere dovuta sia ad una loro maggiore presenza o vulnerabilità con il freddo, sia ad un interesse venatorio specifico una volta esaurita la caccia alla selvaggina stanziale (Lepre comune e Fagiano). Per quanto riguarda la Folaga è nota l abitudine venatoria di concentrarne il prelievo a fine stagione, quando cala il numero di Anatidi prelevabili e le folaghe non servono più quale richiamo per essi. Una stima del carniere su Porciglione e Gallinella d'acqua risulta difficile, mentre per la Folaga il prelievo esercitato all'interno delle Aziende Faunistico-venatorie è molto variabile di anno in anno (1.500 nel ; nel ). 4,5 4 3,5 3 2,5 2 1,5 1 0,5 0 Porciglione prelievo stagione RO Settembre Ottobre Novembre Dicembre Gennaio Folaga prelievo stagione RO Settembre Ottobre Novembre Dicembre Gennaio Gallinella d'acqua prelievo stagione RO Settembre Ottobre Novembre Dicembre Gennaio grafici

153 Rallidi prelievo stagione RO Porciglion e 7% Gallinella d'acqua 46% Folaga 47% grafico 27 Limicoli Il Beccaccino, tipicamente cacciato con il cane nelle risaie, viene prelevato durante il passo autunnale, così come il Frullino; indagini empiriche mostrano come il rapporto di prelievo sia di 1-3 frullini ogni 10 beccaccini prelevati. Le due specie vengono cacciate tipicamente nell'atc RO3. La Beccaccia viene prelevata prevalentemente durante il passo autunnale, mentre la Pavoncella nei mesi più freddi. 3,5 3 2,5 2 1,5 1 0,5 0 Beccaccino prelievo stagione RO Settembre Ottobre Novembre Dicembre Gennaio grafico 28 Columbiformi La Tortora viene prelevata nei primi mesi autunnali, in accordo con la sua fenologia migratoria; allo stesso modo la caccia al Colombaccio segue la presenza stagionale della specie. Va rilevato come la caccia al colombaccio sia in aumento sopratutto nella zona del Delta, grazie anche ad una maggior presenza della specie. Per il la Tortora viene prelevata in maniera maggiore (74 %) rispetto al Colombaccio (26 %), ma è probabile che recentemente il rapporto si sia invertito. Il prelievo attuale per Rovigo sul Colombaccio è sicuramente superiore ai individui. Difatti per la stagione sono statti stimati 627 colombacci abbattuti; a questi, però, vanno aggiunti quelli prelevati 153

154 all'interno dell'azienda FF-VV terriera Silvana-Florida-Trapellonia, posta in comune di Ariano nel Polesine, ovvero lungo le dune fossili (460 individui stagione ; 1070 individui stagione ). 25 Colombaccio prelievo stagione RO 70 Tortora prelievo stagione RO Settembre Ottobre Novembre Dicembre Gennaio Settembre Ottobre Novembre Dicembre Gennaio grafici Passeriformi Per l Allodola il prelievo è ovviamente concentrato nei mesi di maggior transito migratorio; Cornacchia grigia e Ghiandaia rivestono uno scarso interesse venatorio, mentre la Gazza è invece apparentemente più prelevata. I Turdidi sono scarsamente cacciati, nonostante almeno la Cesena fosse nell immediato passato oggetto di uno specifico tipo di caccia; tale calo è imputabile anche al peggioramento ambientale subito dall ambiente agrario negli ultimi decenni Allodola prelievo stagione RO Settembre Ottobre Novembre Dicembre Gennaio grafico Breve rassegna delle tipologie di attività venatoria in Polesine 154

155 Vengono di seguito brevemente descritte le principali forme di caccia esercitate in provincia di Rovigo negli ultimi anni: Caccia in vagante alla stanziale: una delle cacce più tradizionali e praticate; è rivolta soprattutto a Lepre e Fagiano, dall apertura sino a novembre-dicembre, mediante l ausilio di cani. Quattro cacciatori polesani su cinque la praticano, soprattutto nei due Ambiti di caccia più occidentali (95 % degli utenti), dove da sempre l attività venatoria è intesa quasi esclusivamente come caccia alla Lepre. Alcune battute di caccia a questo mammifero sono immortalate in fotografie storiche dei primi del novecento. Da alcuni anni, soprattutto dall istituzione del Parco Regionale che ha ridotto l estensione delle zone per la caccia agli acquatici, anche nell A.T.C. del Delta è aumentato l interesse per questo tipo di caccia. Solo da pochi anni, inoltre, anche la Starna è entrata a far parte del carniere, anche se non esiste al momento un vero interesse nei suoi confronti, testimoniato ad esempio dalla quasi assenza di cani appositamente addestrati. La specie, estinta in provincia di Rovigo da molto tempo, è stata recentemente reintrodotta proprio dagli A.T.C., in particolare il RO2. La caccia alla Volpe, inserita nel novero delle specie stanziali, è scarsamente praticata, ma in aumento. Caccia agli acquatici da appostamento: seconda per numero di utenti che la praticano (20 %), ma non certo per interesse, è questa forma di caccia, che anzi caratterizza il cacciatore polesano agli occhi del resto del paese, e che frutta il grosso del carniere provinciale. È praticata quasi esclusivamente nel Delta del Po, ad eccezione di alcuni appostamenti fissi in ex-cave o lungo Po ed Adige negli altri due Ambiti. Nel Delta fu introdotta, nella forma in cui la conosciamo oggi, dai Veneziani in periodo rinascimentale. Viene praticata nella duplice forma di caccia in botte nelle valli (Aziende faunistico-venatorie private) e in coeggia (sorta di palafitta) nelle lagune e sugli scanni, soggetti ad escursione di marea ( Territorio Libero ). L istituzione del Parco Regionale ha di fatto estinto tale caccia nelle golene e sulle isole dei rami del Po. Viene praticata durante tutto la stagione venatoria, con ottenimento di maggior carniere da settembre a novembre. Attorno all appostamento, viene calato in acqua il gioco di stampi, con la presenza anche delle anatre vive da richiamo (dette volantini nell A.T.C. RO1). Oggetto del prelievo sono gli Anatidi, in particolare Germano reale, Alzavole e Fischione, in quanto la caccia ai Limicoli delle zone lagunarivallive (ad es. Pittima reale e Pettegola) è vietata ormai da anni; anche la Folaga riveste un certo interesse, soprattutto a gennaio. La maggior parte degli appostamenti (alcune centinaia) è concentrata in comune di Porto Viro e nella parte settentrionale di quello di Porto Tolle (in particolare Isola di Ca Venier; lagune sino a Barricata). Si riportano di seguito i nomi dialettali utilizzati nell area del Delta per le specie di Anatidi cacciabili: Anatidi Germano reale Canapiglia Alzavola Marzaiola Codone Fischione Mestolone Moriglione Osèì Masorìn (maschio); ànara (femmina) Pgnòlo, pignòlo (maschio); pngòla (femmina) Sarsègna Crècola, rochèto Dasià, asià, asiào Ciòsso Fòfano Magàsso, munàro Caccia in vagante agli acquatici: tipo di caccia non molto praticato (3 % degli utenti), viene effettuato cercando la selvaggina lungo fossi, canali, argini e risaie, perlopiù con l utilizzo del cane. Le specie principalmente catturate sono soprattutto il Beccaccino, e poi il Germano reale e la Gallinella 155

156 d acqua. È un tipo di caccia diffusa principalmente nell area del Delta, spesso svolta insieme alla caccia alla stanziale. Caccia ai piccoli migratori da appostamento: tipo di caccia un tempo forse più diffusa, si pratica da capanni o nascondigli di fortuna nei mesi autunnali in corrispondenza del passo. L ubicazione del capanno varia a seconda delle specie oggetto di prelievo: nei medicai o in siti aperti per Allodola, Pavoncella e Storno (in deroga); lungo siepi, campi di girasoli, frutteti ed incolti per Turdidi, Passeri (in deroga) e Tortora selvatica. Tipica del Polesine era la caccia da capanno alla Cesena nei frutteti, specie oggi molto rarefatta nell area. In aumento invece la caccia al Colombaccio, soprattutto nel Delta, grazie ad una maggior presenza della specie dovuta anche all istituzione del Parco. In generale questi tipi di caccia da capanno sono poco praticati in provincia di Rovigo (4 % degli utenti), per piattezza dell ambiente agrario (assenza di siepi) e conseguente perdita di tradizione venatoria. L istituzione degli Ambiti di caccia ha inoltre diminuito di molto nell area il numero di cacciatori foranei dediti alla caccia ai piccoli Passeriformi. 156

157 PARTE SECONDA: INDIRIZZI E CONTENUTI DEL PIANO FAUNISTICO VENATORIO PROVINCIALE 157

158 8 IL QUADRO NORMATIVO DI RIFERIMENTO 158

159 La legge statale 157/92 II piano faunistico-venatorio rappresenta, nella legislazione vigente, lo strumento di governo del territorio agro-silvo-pastorale. E' previsto, in prima istanza, dalla legge statale 11 febbraio 1992, n. 157, la quale all art.10 ne specifica e caratterizza gli obiettivi. La pianificazione, che deve riguardare tutto il territorio agro-silvo-pastorale nazionale, è finalizzata ai seguenti punti-bersaglio: a) per quanto riguarda le specie carnivore: - conservazione delle effettive capacità riproduttive - controllo in relazione alla funzione di contenimento naturale delle altre specie; b) per quanto riguarda le altre specie: - conseguimento delta densità ottimale - conservazione attraverso: 1 ) riqualificazione delle risorse ambientali 2) regolamentazione del prelievo venatorio. II processo di pianificazione coinvolge, a diverso livello, le regioni e le province chiamate, ciascuna in ordine alle rispettive competenze, a dotarsi del rispettivo piano. Il legislatore statale pone, quale fondamentale condizione per la pianificazione, la destinazione differenziata del territorio. Tale scelta, a ben vedere, appare coerente con gli obbiettivi dichiarati della legge 157. Il provvedimento in questione, in effetti, come già in qualche modo si può cogliere dal titolo ("Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio"), persegue finalità diverse, volendo esso per un verso predisporre un apparato di tutela della fauna selvatica vivente in stato di libertà sul territorio, diversamente organizzato secondo le specie oggetto di attenzione e, per altro verso, regolamentare attraverso una minuta serie di disposizioni l'esercizio dell'attività venatoria. Gli obiettivi appena delineati hanno quindi determinato il legislatore statale ad individuare nella destinazione differenziata del territorio l'articolazione di base volta a conseguire efficaci risultati di gestione nel contesto di una politica ambientale rispettosa di molteplici esigenze. Tale destinazione comporta, sul territorio la presenza di figure ed istituti a diversa vocazione, ognuno tipizzato da propria specificità. In ordine a quanto previsto dall'art. 10/3 della L. 157/92 il territorio agro-silvo-pastorale: - per una quota dal 20 al 30 per cento deve essere destinato a protezione della fauna selvatica. Per il territorio ricadente in Zona Alpi tale quota si colloca dal 10 al 20 per cento; - per una quota fino al 15% può essere destinato alla caccia riservata alla gestione privata ed ai centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale; - per la rimanente quota (determinata, dunque, in via residuale) deve essere destinato alla gestione programmata della caccia, secondo le modalità stabilite dall'art. 14 della stessa legge. L anzidetta suddivisione rappresenta un vero e proprio strumento di riforma che ha caratterizzato la legge 157 nei confronti di tutte le precedenti normative venatorie: per la prima volta, infatti, è stato abolito il c.d. territorio libero, che la legge 968/77, ad esempio, comunque riconosceva e garantiva in qualche misura. Nell attuale realtà non esiste più terreno libero : il territorio disponibile per l attività venatoria è destinato per intero alla gestione programmata della caccia. L'art. 10/7 della legge statale dispone che le province debbano redigere piani faunistico-venatori, 159

160 articolandoli per comprensori omogenei. Questo articolo costituisce dunque il riferimento specifico al ruolo assunto dall Ente Provincia nella pianificazione dell assetto faunistico venatorio territoriale. La stessa Provincia interviene pertanto attivamente nella elaborazione del piano che ridisegna la geografia degli istituti venatori, secondo i criteri ed i parametri fissati dalla legge nazionale. Il comma successivo dell art.10 precisa infatti che i piani di cui al comma 7 devono comprendere, tra l'altro: le oasi di protezione le zone di ripopolamento e cattura i centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale i centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale le zone (e i periodi) per l'addestramento, l'allenamento e le gare dei cani i criteri per la determinazione dei risarcimenti in favore dei conduttori dei fondi rustici per i danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole ed alle opere approntate sui fondi vincolati ai fini di oasi, zone di ripopolamento e cattura e centri di riproduzione allo stato naturale i criteri per la corresponsione degli incentivi in favore dei proprietari o conduttori dei fondi rustici che si impegnino alla tutela ed al ripristino degli habitat naturali e all'incremento della fauna selvatica nelle oasi e nelle zone di ripopolamento e cattura l'identificazione delle zone in cui sono collocabili gli appostamenti fissi. L'art. 10/10 demanda alle regioni di attuare la pianificazione faunistico-venatoria mediante il coordinamento dei piani provinciali secondo criteri di omogeneità e congruenza, con possibilità di intervento nell'ipotesi di inadempimento delle province in ordine ai rispettivi piani. In questo quadro di riferimento è stata promulgata la legge regionale del Veneto del 9 dicembre 1993, n. 50 Norme per la protezione della fauna selvatica e per il prelievo venatorio". La legge regionale , n.50 La L.R.50/93 dedica l'art.8 alla pianificazione faunistico-venatoria regionale e l'art.9 ai piani faunisticovenatori provinciali. L'art. 8 contiene tre importanti criteri utili in sede di pianificazione. Infatti: indica i dati ISTAT quale strumento di determinazione del territorio agro-silvo-pastorale, specifica che il territorio di cui al precedente punto ricomprende l'ambito lagunare e vallivo, le zone umide, gli incolti produttivi ed improduttivi, le zone montane d'alta quota, chiarisce che nella nozione di territorio agro-silvo-pastorale non devono essere ricompresi le rocce nude ed i ghiacciai nelle zone montane d'alta quota. Corredato, ai sensi dell art. 8/2, del relativo regolamento di attuazione e da idonea cartografia, il piano regionale ha validità quinquennale ed attua la pianificazione mediante il coordinamento e, ove necessario, l adeguamento dei piani provinciali ai fini della tutela degli interessi ambientali e di ogni altro interesse regionale. L'art.9 riguarda, come sopra rilevato, la pianificazione a livello provinciale. Anche i piani faunistico-venatori provinciali hanno, per evidenti ragioni di coordinamento ed armonizzazione, durata quinquennale e devono prevedere una serie di figure ed istituti. L art. 9/2 richiama in maniera pressoché pedissequa l'elenco degli istituti individuati dall'art.10/8 della legge 157/92, integrandolo però con le seguenti previsioni: l identificazione dei valichi montani fissati dalle rotte di migrazione dell'avifauna; i programmi di miglioramento ambientale volti a favorire la riproduzione naturale e la sosta della fauna 160

161 selvatica con possibilità di ricomprendervi progetti di valorizzazione del territorio presentati da singoli proprietari o conduttori di fondi ex art. 23/4 della L.157/92; le iniziative di ripristino di biotipi distrutti e creazione di biotipi; i programmi di immissione di fauna selvatica. La legge regionale 5 gennaio 2007, n.1 La legge regionale 5 gennaio 2007, n1 Piano faunistico-venatorio regionale ( ), dopo una lunga serie di proroghe della precedente legge regionale n.17/96, nel 2007 ha approvato il Piano faunistico venatorio regionale, con validità quinquennale (art. 2). Tale validità è stata rideterminata al 31 gennaio 2013 con L.R. 24 febbraio 2012, n.8. Da ultimo, con L.R. 01 febbraio 2013, n.1, il termine di validità è stato fissato al Interessante e particolarmente utile era stata ritenuta la disposizione contenuta nel Regolamento di Attuazione-Allegato A della legge citata, precisamente nell'art. 7, comma 1, lett.a), con la quale tra i compiti dell'assemblea dei soci degli Ambiti Territoriali di Caccia era compresa l'approvazione di patti associativi non in contrasto con norme di legge e che comunque non possano attenere alla regolamentazione dei prelievi venatori. Tali patti associativi si erano rivelati un utile strumento di gestione dei rapporti tra soci dello stesso ATC, regolamentando in modo condiviso e trasparente i diritti ed i doveri di ciascun socio, in coerenza con le norme di legge, tra l'altro andando a stabilire, a scopo di deterrenza, con la dovuta gradualità, delle sanzioni accessorie interne per il socio che avesse commesso delle irregolarità. L'operatività di tale strumento è stata tuttavia fortemente limitata dalle modifiche introdotte con la DGR 2463 del , che al punto 2, lett.a) del dispositivo ha stabilito la nullità di quei patti associativi che definiscano sanzioni non previste o aggiuntive rispetto alla L.157/92 e alla L.R. 50/93, con ciò creando situazioni di contraddizione e inapplicabilità rispetto a quanto previsto dall'art.10, comma 3 dello stesso Allegato A alla L.R.1/2007 relativamente alla possibilità per il Comitato Direttivo dell'atc di proporre alla Provincia la sospensione temporanea o l'esclusione della qualifica di socio per chi non ottemperi alle disposizioni dello statuto o dei patti associativi. La L.R. 1/2007, peraltro, non può interessare, per sua stessa natura, i nuovi piani faunistico-venatori provinciali che andranno a disporre per la gestione del territorio nel prossimo quinquennio e che, soggetti alle norme della legge 50/93, andranno perciò raccordati con la pianificazione regionale attraverso le previsioni pertinenti. Iter pianificatorio regionale: provvedimenti di indirizzo approvati dalla Giunta Regionale In questo contesto appare necessario evidenziare che la Regione Veneto, nell'occasione della scadenza del Piano Faunistico Venatorio Regionale vigente, ha dato il via ad un percorso di pianificazione del tutto nuovo, secondo un articolato ed innovativo approccio metodologico, in grado di affrontare contestualmente i due livelli di pianificazione, regionale e provinciale, che in tal modo trovano composizione funzionale, nell'ambito dell'espletamento della procedura di valutazione ambientale strategica (VAS) prevista dalla normativa comunitaria (Direttiva 2001/42/CE). In attuazione di tale complesso iter pianificatorio la Giunta Regionale ha adottato le seguenti delibere: 161

162 DGR n. 792 del 7 giugno 2011 con la quale ha approvato le modalità di coordinamento delle fasi procedimentali in capo alle Amministrazioni regionale e provinciali a supporto della stesura del nuovo Piano faunistico-venatorio regionale e dei nuovi Piani faunistico-venatori provinciali di cui agli articoli 8 e 9 della L.R. n. 50/1993 (prevedendo in particolare la costituzione di un Tavolo Tecnico Permanente di Coordinamento); DGR n. 834 del 14 giugno 2011 con la quale, ad integrazione di quanto disposto con DGR n.791 del in materia di procedura VAS (Valutazione Ambientale Strategica), nel rispetto di quanto previsto dal Codice Ambientale approvato con D.l.vo , n.152, ha approvato la specifica procedura di VAS per il Piano faunistico-venatorio regionale ed i Piani faunistico-venatori provinciali; DGR n del 07 agosto 2012 avente per oggetto: "Piani faunistico-venatori regionale e provinciali (arti 8 e 9 della L.R. n. 50/93). Delibere di Giunta regionale n. 792 del e n. 834 de! Approvazione del Documento Preliminare di indirizzo e del Rapporto Ambientale Preliminare relativo alla procedura VAS (Valutazione Ambientale Strategica)". Legislazione regionale in materia di appostamenti di caccia Nel corso del 2012 la Regione è intervenuta sulla materia degli appostamenti di caccia, in un primo tempo con la L.R. n.12 del , con la quale sono state introdotte delle modifiche alla L.R.50/93, in particolare all'art. 20, dove è stato aggiunto l'art.20 bis relativo agli appostamenti per la caccia agli ungulati, ed all'art.25, dove è stato aggiunto il comma 2 bis, relativo agli appostamenti nel territorio lagunare vallivo, per i quali è stato stabilito che sono soggetti a comunicazione al comune e non richiedono titolo abilitativo edilizio, ai sensi dell'art.6 del D.P.R , n.380 e si configurano quali interventi non soggetti ad autorizzazione paesaggistica. Successivamente, con L.R. n. 25 del le disposizioni in materia di appostamenti di caccia agli ungulati sono state estese agli appostamenti per la caccia ai colombacci, ed è stato chiarito espressamente che tutte le tipologie di appostamento di cui all'art.20 della L.R.50/93 e all'art.12, comma 5 della L.157/92, realizzate secondo gli usi e le consuetudini locali, sono soggette a comunicazione al comune e non richiedono titolo abilitativo edilizio ai sensi dell'art.6 del D.P.R , n.380 e s.m.i., e si configurano quali interventi non soggetti ad autorizzazione paesaggistica. E' stato inoltre precisato che per gli appostamenti che vengono rimossi a fine giornata di caccia non è previsto l'obbligo della comunicazione al comune territorialmente competente. Una citazione particolare è opportuna per quanto riguarda l aspetto specifico della tutela delle specie a priorità di conservazione. Riferimenti legislativi a tutela delle specie a priorità di conservazione. Legge 157/92 La legge 157 ha recepito l impostazione scientifica della gestione del patrimonio faunistico, introducendo il concetto di caccia programmata. La fauna viene considerata con un approccio conservazionistico e, già all art.1, comma 1, la legge sancisce che la fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell interesse della comunità nazionale ed internazionale, quindi antepone all esercizio dell attività venatoria la conservazione della fauna selvatica omeoterma e considera la caccia come elemento partecipativo a quest obbiettivo. Obbiettivi della legge 157 sono, quindi, la conservazione di tutte le specie di Vertebrati omeotermi, da 162

163 quelle oggetto di tutela (art.2, comma 1), a quelle particolarmente protette (art.2, comma 1, lett.a e b), a quelle cacciabili (art.18). Direttiva 79/409/CEE L obbiettivo della Direttiva 79/409/CEE Uccelli é la conservazione di tutte le specie di Uccelli selvatici europei. Essa si applica agli Uccelli stessi, alle loro uova, nidi ed habitat. Gli allegati della Direttiva riportano liste di Uccelli aventi diversi gradi di tutela o di possibilità di sfruttamento da parte dell uomo. Allegato I: specie protette ed i cui habitat di vita devono essere tutelati. Allegato 11/1: specie che possono essere oggetto di prelievo. Allegato 11/2: specie che possono essere oggetto di prelievo in alcuni Stati. Allegato 111/1: specie che possono essere oggetto di prelievo e commercio. Allegato 111/2: specie che possono essere oggetto di prelievo e commercio con approvazione dell Unione Europea. Questi allegati sono stati modificati ed aggiornati dalle successive Direttive 85/411/CEE, 91/244/CEE, 97/49/CE. Le aree di maggiore importanza per le specie di cui all allegato I sono state designate dall Unione Europea come Zone Speciali di Conservazione (ZPS). Direttiva 92/43/CEE L obbiettivo della Direttiva 92/43/CEE Habitat, è la salvaguardia della biodiversità mediante la conservazione degli habitat naturali, nonché della flora e della fauna selvatiche nel territorio europeo. Questa Direttiva prevede di adottare misure volte a garantire il mantenimento o il ripristino, in uno stato di conservazione soddisfacente, degli habitat naturali e delle specie di interesse comunitario. Gli allegati della Direttiva riportano liste di habitat e specie animali e vegetali per le quali si prevedono diverse azioni di conservazione e diversi gradi di tutela. Allegato I: habitat naturali di interesse comunitario, la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione. Allegato II: specie di interesse comunitario, la cui conservazione richiede la designazione di zone speciali di conservazione. Allegato III: criteri di selezione dei siti che presentano caratteristiche idonee per essere designati zone speciali di conservazione. Allegato IV: specie di interesse comunitario, la cui conservazione richiede una protezione rigorosa. Questi allegati sono stati modificati ed aggiornati dalla successiva Direttiva 97/62/CE. Le aree di maggiore importanza per la conservazione degli habitat di cui all allegato I e delle specie vegetali ed animali di cui all allegato II costituiscono il sistema delle aree protette europee, la cosiddetta Rete Natura Convenzione di Berna La Convenzione internazionale di Berna è relativa alla conservazione della natura e 163

164 dell'ambiente naturale in Europa. E stata adottata nel 1979 ed è stata ratificata dal nostro paese nel 1981, con la Legge n Obbiettivo della Convenzione di Berna è la conservazione della flora e della fauna selvatiche e dei loro habitat naturali, con particolare riferimento alle specie minacciate di estinzione e vulnerabili. Tra gli allegati della Convenzione sono presenti due liste di specie animali. Allegato Il: specie strettamente protette (comprendente tutte le specie delle quali è vietata qualsiasi forma di gestione o sfruttamento); Allegato III: specie protette (comprendente tutte le specie per le quali è possibile attuare forme di gestione e sfruttamento compatibile). La Convenzione di Berna è ormai da considerarsi obsoleta per quanto riguarda gli elenchi delle specie riportati dagli allegati, poiché è in gran parte superata dagli elenchi delle Direttive CEE. Convenzione di Bonn La Convenzione di Bonn riguarda la conservazione delle specie migratorie appartenenti alla fauna selvatica. Essa è stata firmata nel 1979 ed adottata dall Unione Europea nel Obbiettivo della Convenzione è la realizzazione di azioni internazionali per la conservazione delle specie migratrici, attraverso il mantenimento degli habitat e dei siti di sosta, riproduzione, svernamento. Devono essere attuate tutte le misure per assicurare uno stato di conservazione favorevole delle specie migratrici, tenendo conto di dinamica di popolazione, consistenza, area di distribuzione, conservazione degli habitat adatti. Allegato I: specie da sottoporre ad assoluta tutela. Allegato Il: specie che necessitano, per il perseguimento degli obiettivi di conservazione della Convenzione, la stipula di accordi tra diversi stati interessati dagli spostamenti delle specie medesime. 164

165 9 - INDIVIDUAZIONE DEI COMPRENSORI OMOGENEI E PROPOSTA DI DELIMITAZIONE DEGLI AMBITI TERRITORIALI DI CACCIA 165

166 RIFERIMENTO: DOCUMENTO PRELIMINARE DI INDIRIZZO - VERS. PRELIMINARE 20 giugno INDIVIDUAZIONE DELLE AREE OMOGENEE Nell ambito delle attività di pianificazione in campo faunistico venatorio, una particolare attenzione va posta nell individuazione delle aree omogenee all interno delle quasi si dovrà intervenire con adeguati programmi di gestione della fauna. Da questa premessa appare chiaro che per aree omogenee si intendono territori di ampia estensione dove la gestione della fauna deve essere effettuata in funzione non solo delle caratteristiche geografiche e morfologiche ambientali ma anche delle capacità portanti dei diversi ambienti. Tutto questo deve svilupparsi in sintonia, per quanto possibile, con la suddivisione del territorio regionale in ATC, Zona Alpi ed i rimanenti istituti previsti nell ambito venatorio. In tale attività di programmazione, gli elementi normativi di riferimento sono costituti dalle seguenti leggi e decreti: L. 157/92, art. 10, c. 7:... ai fini della pianificazione generale del territorio agro-silvo-pastorale le province predispongono, articolandoli per comprensori omogenei, piani faunistico venatori. ; L.R. 50/93, art. 8, c. 4: Il Consiglio regionale,..omissis..., ripartisce il rimanente territorio agro-silvo-pastorale da destinare alla caccia programmata in Ambiti Territoriali di caccia, esclusa la Zona faunistica delle Alpi, tenendo conto che il numero e la dimensione degli ATC devono essere tali da garantire l autosufficienza faunistica ed il corretto utilizzo del territorio; di norma sono sub-provinciali, omogenei e delimitati da confini naturali. L.R. 50/93, art. 9, c. 1: Le Province,..omissis.., predispongono, articolandoli per aree omogenee, piani faunistico-venatori corredati da idonea cartografia, con specifico riferimento alle caratteristiche ambientali e territoriali. L.R. 50/93, art. 23, c. 1: Il territorio delle Alpi, individuabile nella consistente presenza della tipica flora e fauna alpina, è considerato zona faunistica a sé stante. L.R. 50/93, art. 25, c. 1: Il territorio lagunare e vallivo, per le sue peculiari caratteristiche geo-morfologiche ed al fine di tutelare maggiormente l habitat, la tipica fauna e flora, è soggetto a disciplina venatoria particolare, dettata dal regolamento di attuazione del piano faunistico regionale. DGR 792/2011 Elaborazione del documento preliminare d indirizzo, b) Quadro conoscitivo e criteri di analisi territoriale: descrizione generale del territorio veneto su scala regionale (per macroaree) e provinciale ed individuazione delle aree omogenee. In tal senso ulteriori indicazioni vengono fornite da una serie di documenti di riferimento che facilitano l opera di individuazione delle aree omogenee. Tra questi, particolare rilevanza viene assunta dal Documento Tecnico n 15/1994 redatto nel passato dall INFS (ora ISPRA). Ed è dall analisi di questo documento che si è preso spunto per la suddivisione del territorio del Veneto in comprensori omogenei, pur senza dimenticare le sollecitazioni indotte dalla lettura critica di altri piani regionali già redatti (Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna). Per operare in maniera graduale è possibile suddividere il territorio regionale in tre macroaree ben definibili grazie alle loro caratteristiche geografiche, ambientali e faunistiche. Lagune Venete dell alto Adriatico, meglio note a livello locale o nazionale come: Delta del Po, Laguna di Venezia, Laguna di Caorle. Area Alpina, puntualmente definita anche Zona Alpi. Area di pianura e collina. Tra queste, ad esclusione delle zone lagunari e vallive che presentano tutte caratteristiche simili, le altre due entità si possono a loro volta suddividere in sottounità che saranno esaminate di seguito. Tale processo di analisi tiene conto del fatto che nel sopraccitato Documento Tecnico, dove per la prima volta nel 1994 si è trattato l argomento dei comprensori omogenei. Le indicazioni fornite avevano come finalità una migliore definizione dei neo costituiti Ambiti Territoriali di Caccia, creati in sostituzione delle precedenti Aree a Gestione Sociale, le quali operando all interno di confini comunali troppo limitati, non permettevano una corretta gestione della fauna. Tutto ciò comunque non significa che gli ATC debbano sovrapporsi perfettamente ai comprensori omogenei, ma solo che questi Ambiti dovrebbero sorgere su entità geografiche, comprensori omogenei, dove la fauna presenta caratteristiche simili. In tale contesto, dopo una attenta analisi della realtà regionale si è addivenuti ad una suddivisione per aree, che tiene conto di una serie di parametri, geografici, pedologici, faunistici ed amministrativi che potranno permettere una più congrua suddivisione dei vari istituti venatori. Come enucleato nell apposito capitolo del succitato Documento Preliminare di Indirizzo, per poter definire con sufficiente chiarezza i limiti dei comprensori omogenei a livello provinciale si devono considerare una serie di parametri di dettaglio tra i quali: La necessità di ricomprendere il territorio del Comprensorio Omogeneo in una delle tre macroaree individuate a livello regionale - a) Zona faunistica delle Alpi; b) Territorio lagunare e vallivo; c) Area di pianura e di collina; La omogeneità ambientale. I Comprensori devono comprendere al loro interno porzioni di territorio possibilmente omogenee da un punto di vista delle variabili ambientali; Omogeneità della fauna e dimensioni compatibili con popolazioni vitali delle specie. 166

167 La gestione, per essere efficace, deve agire unitariamente sulle popolazioni e, quindi, non può interessarne solo piccole frazioni che non raggiungono la dimensione minima vitale. Alla luce di quanto sopra, e sulla base delle situazioni ambientali, faunistiche e gestionali riscontrabili nel territorio polesano, vengono individuati due Comprensori Omogenei, che costituiscono l articolazione territoriale di base per la pianificazione faunistico-venatoria provinciale. Essi corrispondono alle due realtà territoriali del Polesine: quella costiera - corrispondente al complesso delle aree deltizie del fiume Po e delle terre delle antiche e recenti bonifiche racchiuse tra il Po di Goro e la foce dell Adige (interamente annoverabile, stante la specificità ed unicità del proprio territorio all area lagunarevalliva) e quella corrispondente alla restante porzione provinciale (quale parte integrale del territorio di pianura e di collina) ad omogenea vocazione faunistica e gestionale, separata al proprio interno (in quanto suddivisa in 2 distinti ATC) ma discretamente omogenea al proprio interno: Comprensorio Omogeneo n. 1 Delta del Po ; Comprensorio Omogeneo n. 2 Polesine Centro-Occidentale La separazione tra i due comprensori è stata determinata tenendo in considerazione la diffusione delle zone umide e vallive, delle aree boschive, delle emergenze di pregio ambientale e delle presenze faunistiche relative alla ornitofauna migratrice, soprattutto nel territorio del Delta del Po, mentre la restante porzione si caratterizza più fortemente per la vocazione agricola e per le presenze faunistiche, rappresentate soprattutto dalla fauna stanziale. Il Comprensorio Omogeneo n. 1 Delta del Po ha una superficie territoriale pari ad ettari ed agro-silvo-pastorale pari ad ettari (TASP pari al 93,08% della Sup. Terr.), mentre il Comprensorio Omogeneo n. 2 Polesine Centro-Occidentale (coincidente con il restante territorio provinciale, ha una superficie territoriale complessiva di ettari ed una superficie agro-silvo-pastorale pari ad ettari (TASP pari al 89,08% della Sup. Terr.) Particolari esigenze di gestione faunistico-venatoria del territorio, derivanti dalla evoluzione climatica, ambientale, agronomica, faunistica, nonché dalle necessità di assicurare un corretto assetto di omogeneità e di equa distribuzione degli istituti venatori pubblici e privati e di equa fruizione delle opportunità venatorie rispetto agli Ambiti Territoriali di Caccia, portano alla scelta di far coincidere con l intero Comprensorio Omogeneo n. 1 Delta del Po l A.T.C. di riferimento. 167

168 Per quanto attiene al Comprensorio Omogeneo n. 2 Polesine Centro-Occidentale, si individua la necessità di suddividerla due comparti territoriali di scala inferiore a quello comprensoriale ( ATC Polesine Centrale ed ATC Polesine Occidentale ), al fine di perseguire una pianificazione maggiormente capillare e mirata al perseguimento di specifiche finalità. 9.1 Definizione dei criteri per l individuazione degli ATC nella provincia di Rovigo Con nota prot. n /51.12, a firma dell Assessore Regionale Stival avente per oggetto: Approvazione del Documento Preliminare di Indirizzo e del Rapporto Ambientale Preliminare relativo alla procedura VAS (Valutazione Ambientale Strategica) veniva richiesto, tra l altro, di provvedere alla trasmissione alla Regione Veneto delle proposte provinciali concernenti, per quanto di competenza, la conterminazione della Zona faunistica delle Alpi e la suddivisione del territorio agro-silvo-pastorale in Ambiti Territoriali di Caccia, come previsto dal Documento Preliminare di Indirizzo. La Provincia di Rovigo, dopo aver proceduto ad una approfondita valutazione, a vari livelli, con i referenti degli attuali ATC, prorogati alla data del 31 gennaio 2013, ed in seno alla Commissione per la pianificazione faunistico-venatoria provinciale, ha formulato, nel merito, le proprie proposte di seguito precisate partendo da alcune considerazioni di carattere generale. L Ambito Territoriale di Caccia, ai sensi dell art. 14 comma 1) della L.157/92 rappresenta il territorio agro-silvo-pastorale destinato alla caccia programmata, di dimensioni sub provinciali, possibilmente omogeneo e delimitato da confini naturali. Pertanto per la gestione del territorio agro-silvo-pastorale destinato alla caccia programmata, gli ATC rappresentano le zone ottimali (dal punto vista faunistico-venatorio) caratterizzate da una presenza predeterminata di cacciatori legati al territorio. Tale legame costituisce una premessa essenziale della Legge in quanto da un lato evita forme di nomadismo venatorio e dall altro consente una effettiva gestione delle risorse in un quadro di sostenibilità, basandosi sui seguenti ineludibili presupposti: Distribuzione della pressione venatoria. La pressione venatoria deve essere commisurata, per quanto possibile, all effettiva capacità portante del territorio. Pertanto è necessario ponderare in maniera adeguata numero di cacciatori presenti, tipologie di caccia praticate, distribuzione e ampiezza delle Aree Protette; Dimensioni compatibili con una gestione attiva. La gestione faunistico-venatoria deve comprendere attività che vanno dal monitoraggio delle popolazioni, agli interventi di sostegno (p. es. miglioramenti ambientali e ripopolamenti), alla programmazione del prelievo (formulazione dei piani di prelievo, anche a carattere 168

169 2008/ / / / / / / / / / / /2012 Piano Faunistico Venatorio Provinciale sperimentale, come già avvenuto per le due decorse stagioni venatorie). E ovvio che queste attività abbisognano del coinvolgimento diretto dei cacciatori, nonché di un approfondita conoscenza del territorio e del contatto diretto con gli operatori agricoli. Tutto ciò presuppone, ovviamente, non solo la presenza di risorse adeguate a supporto della complessiva gestione, ma una presenza venatoria di cacciatori effettivamente legati al proprio territorio Da ultimo, ma non certo in ordine di importanza, la precedente esperienza maturata sulla base della ripartizione territoriale operata dal precedente Piano provinciale. Attualmente il territorio agro-silvopastorale della provincia di Rovigo sul quale si esercita la caccia in forma programmata è suddiviso in tre ambiti territoriali di caccia. L assetto del territorio è stato cosi determinato dal precedente piano faunisticovenatorio provinciale, tuttora in vigore a seguito della intervenuta proroga del piano regionale. Gli A.T.C., come ha dimostrato l esperienza maturata nel primo quinquennio di esistenza di queste strutture, si trovano in situazioni diverse tra loro, ma in ogni caso si ritiene che debba essere mantenuta in essere la loro attuale conformazione. Sulla base dei criteri suddetti, viene individuata nel mantenimento della attuale tripartizione territoriale la scelta ottimale relativa alla individuazione dei comprensori omogenei, coincidenti con l' attuale perimetrazione degli A.T.C. rispettivamente denominati Polesine Occidentale, Polesine Centrale e Delta del Po,come descritti nei successivi paragrafi. Al fine di contestualizzare i dati relativi alla caratteristiche territoriali degli ATC con quelle relative alla base sociale degli ATC medesimi, vengono di seguito riportati alcuni dati statistici relativi alla suddivisione dei soci nelle stagioni venatorie legate al decorso PFV NUMERO DI SOCI ATC ROVIGO ATC RO1 ATC RO2 FUORI REGIONE RESIDENTI IN REGIONE RESIDENTI IN PROV ATC RO3 * * TOTALE SOCI RESIDENTI FUORI PROVINCIA ATC polesani. Andamento temporale del numero dei soci. Rapporto tra soci residenti e foranei 169

170 9.2 ATC Delta del Po Si tratta dell unica area polesana per la quale esistono diversi strumenti legislativi di riferimento, tutti coincidenti, per quanto attiene alla relativa perimetrazione. Tra tutti, si ritiene di citare il Piano di Area per il Delta del Po (approvato con D.G.R. n del ) La perimetrazione di tale area viene in linea di massima identificata nel territorio compreso tra il ramo deltizio del Po di Goro a delimitazione delle acque marittime interne ad est dal fiume Adige a nord. dal canale Po di Brondolo a ovest (dall Adige sino al Po di Venezia, risalendo lo stesso fino al Po di Goro). La zona comprende il territorio dei comuni di Rosolina, Porto Viro, Porto Tolle, Taglio di Po, Ariano nel Polesine e Corbola. Cod_Istat Comune Sup. Territoriale in ambito RO3 (Ha) Sup. No- Tasp in ambito RO3 (Ha) Sup. Tasp in ambito RO3 (Ha) Adria 10,83 1,04 9, Ariano nel Polesine 8111,69 605, , Corbola 1821,37 209, , Loreo 49,96 2,86 47, Papozze 9,24 0,23 9, Porto Tolle 26131, , , Porto Viro 13291, , , Rosolina 7438,12 902, , Taglio di Po 7967,06 610, ,67 TOTALI 64830, , ,19 * i dati numerici di superficie devono intendersi provvisori, nelle more di una verifica, in corso, sulla attendibilità dei dati desunti dalle fonti utilizzate. Il Delta del Po si prefigura come un territorio estremamente diversificato, ma chiaramente caratterizzato come un'unità geografico-culturale-ambientale a se stante. Tale unicità è stata chiaramente individuata a diversi livelli di pianificazione territoriale, e in particolare dai seguenti strumenti di pianificazione: Piano Territoriale Regionale di Coordinamento; Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale; Piano d Area; Piani di Assetto Idrogeologico interessanti l area del Delta; Piani Generali di Bonifica e Tutela del Territorio; Piano ambientale del Parco Regionale Veneto del Delta del Po. Rete Natura

171 Strumento principe per il Delta è il Piano di Area,come specificazione del Piano Territoriale Regionale di Coordinamento (approvato con Delibera Consiglio Regionale nº 250 del ), per ambiti determinati, che consente di "individuare le giuste soluzioni per tutti quei contesti territoriali che richiedono specifici, articolati e multidisciplinari approcci alla pianificazione". Il Piano di Area identifica come confine occidentale del Delta il Po di Venezia e il Canale di Loreo, includendo territori ben più ad ovest della SS Romea, e quindi dei soli ambiti lagunari e vallivi propriamente detti. Piani di Area del Veneto. 171

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