Europa e responsabilità civile dei magistrati: il mito e la realtà. Prospettive interpretative e di riforma legislativa

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1 Europa e responsabilità civile dei magistrati: il mito e la realtà. Prospettive interpretative e di riforma legislativa Sommario: 1. La giurisprudenza della CGUE in tema di responsabilità dello Stato-giudice; 2. Gli orientamenti giurisprudenziali formatisi nel vigore della precedente formulazione della legge 117/88; 3. La responsabilità dei giudici nel Consiglio d Europa; 4. La responsabilità del magistrato nei vari Paesi europei; 5. L emendamento Pini; 6. Le nuove previsioni della legge 117/88; 7. Le parole di Rosario Livatino; 8. Le modifiche da apportare all ordinamento italiano. Alcune necessarie soluzioni normative; 9. La soluzione interpretativa. Le nuove ipotesi di colpa grave; 10.Il filtro; 11. L azione disciplinare; 12. Organizzazione del lavoro giudiziario e responsabilità civile dei magistrati. 1. La giurisprudenza della CGUE in tema di responsabilità dello Stato-giudice. Poiché le modifiche apportate alla legge 117/88 sono state introdotte al fine di rendere effettiva la disciplina che regola la responsabilità civile dello Stato e dei magistrati, anche alla luce dell appartenenza dell Italia all Unione Europea (cfr. articolo 1 legge 18/15), viene spontaneo chiedersi se la nuova disciplina legislativa si rendesse effettivamente necessaria in conseguenza della giurisprudenza della Corte di giustizia (sentt. Kobler 2003, Traghetti del Mediterraneo 2006 e Commissione europea c. Italia 2011) e, soprattutto, se essa soddisfi le condizioni richieste dalla medesima Corte europea o si riveli sotto questo profilo insufficiente. In proposito è necessario fornire un quadro dei principi affermati dalle tre sentenze della giurisprudenza eurounitaria con le quali si è affermata anche la responsabilità dello Stato per attività giurisdizionale posta in essere in violazione del diritto dell Unione. Con la sentenza Köbler del la Corte di giustizia ha stabilito, infatti, che il principio per cui in capo agli Stati membri sussiste un obbligo risarcitorio in relazione ai danni subiti dai privati a causa delle violazioni del diritto eurounitario imputabili ai medesimi Stati si applica anche per le violazioni conseguenti ad una decisione di un organo giurisdizionale di ultimo grado, sempre che sussistano i tre presupposti (più volte già citati nei precedenti capitoli) per la configurabilità dell illecito eurounitario, ossia che la norma di diritto europeo violata sia preordinata ad attribuire diritti ai singoli, la violazione sia sufficientemente caratterizzata (spettando quindi al giudice l accertamento, da compiere tenendo conto della specificità della funzione giurisdizionale, sul carattere manifesto o meno della violazione) e sussista inoltre un nesso causale diretto tra questa violazione e il danno subito dalle parti lese. Ecco che si afferma, in modo innovativo, il principio della responsabilità dello Stato anche per atto (che violi in modo manifesto il diritto) di un organo giurisdizionale di ultima istanza 2. In queste ipotesi si sarebbe in presenza di violazioni nascoste del diritto eurounitario: ad essere in contrasto con le norme europee non sarebbe, infatti, la norma interna in quanto tale, che, al contrario, sembrerebbe perfettamente in linea con le stesse, bensì l interpretazione che ne viene data dai giudici nazionali. Nel complesso panorama della responsabilità degli Stati membri per violazione del diritto dell Unione, la sentenza Köbler rappresenta, quindi, un ulteriore e fondamentale tassello di quel mosaico che la Corte di giustizia ha creato a partire dalla celebre sentenza Francovich. La sentenza Köbler considera valevole anche per l ordinamento europeo il principio, vigente nell ordinamento giuridico internazionale, per cui lo Stato, responsabile in caso di violazione di un impegno internazionale, viene considerato nella sua unità, senza che rilevi se la violazione produttiva del danno sia imputabile al potere legislativo, giudiziario o esecutivo. Lo Stato, si dice spesso, risponde con un volto solo. 1 Corte giust. 30 settembre 2003, causa C-224/01. 2 In realtà, il principio dell estensione della responsabilità degli Stati anche alle decisioni giurisdizionali è stato applicato più volte nella prassi del diritto internazionale, così come esso è sancito dall art. 41 della CEDU. Si tratta, comunque, del leading case in ambito UE. 1

2 Tutti gli organi dello Stato devono osservare le prescrizioni dettate dal diritto europeo e che sono idonee a disciplinare la situazione dei singoli. Si è quindi ammesso che la responsabilità di uno Stato può discendere anche da comportamenti addebitabili al potere giudiziario essendo irrilevante il potere dello Stato cui sia imputabile l illecito comunitario ed essendo tutti gli organi statali tenuti a rispettare le disposizioni europee. È stato poi anche valorizzato l argomento per il quale l eventuale esclusione della responsabilità statale per le violazioni del diritto europeo poste in essere dal potere giudiziario menomerebbe l efficacia delle norme europee pregiudicando la tutela delle posizioni giuridiche soggettive di matrice sovranazionale, con la conseguenza che «il diritto dei singoli al risarcimento dei danni causati da una decisione di un organo giurisdizionale supremo di uno Stato membro discende dai caratteri fondamentali e tipici del sistema comunitario» (punto 33 motivazione). In particolare, in linea con la pronuncia H. Lomas 3, la Corte ha sottolineato che «in considerazione del ruolo essenziale svolto dal potere giudiziario nella tutela dei diritti che ai singoli derivano dalle norme comunitarie, la piena efficacia di queste ultime verrebbe rimessa in discussione e la tutela dei diritti che esse riconoscono sarebbe affievolita se fosse escluso che i singoli possano, a talune condizioni, ottenere un risarcimento allorché i loro diritti sono lesi da una violazione del diritto comunitario imputabile a una decisione di un organo giurisdizionale di ultimo grado di uno Stato membro. Occorre sottolineare a tale riguardo che un organo giurisdizionale di ultimo grado costituisce per definizione l ultima istanza dinanzi alla quale i singoli possono far valere i diritti ad essi riconosciuti dal diritto comunitario. Poiché normalmente non può più costituire oggetto di riparazione una violazione di questi diritti in una decisione di un tale organo giurisdizionale che è divenuta definitiva, i singoli non possono essere privati della possibilità di far valere la responsabilità dello Stato al fine di ottenere in tal modo una tutela giuridica dei loro diritti. Del resto, in particolare, al fine di evitare che siano violati diritti conferiti ai singoli dal diritto comunitario, l art. 234, terzo comma, CE prevede che un giudice avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno è tenuto a rivolgersi alla Corte». Pertanto, secondo quanto si legge nella sentenza Köbler, dalle esigenze relative alla tutela dei diritti dei singoli che fanno valere il diritto comunitario deriva che essi devono avere la possibilità di ottenere dinanzi ai giudici nazionali lai giustizia, riparazione del danno originato dalla violazione di questi diritti in seguito a una decisione di un organo giurisdizionale di ultimo grado 4. È comunque ormai noto che le condizioni al ricorrere delle quali uno Stato membro è tenuto a risarcire, secondo la Corte d i danni causati ai singoli da violazioni del diritto comunitario ad esso imputabili sono tre: 1) che la norma giuridica violata sia preordinata a conferire diritti ai singoli; 2) che si tratti di violazione grave e manifesta; 3) che esista un nesso causale diretto tra la violazione dell obbligo incombente sullo Stato e il danno subito dai soggetti lesi 5. Per la Corte la responsabilità dello Stato per danni causati dalla decisione di un organo giurisdizionale di ultimo grado che viola una norma di diritto comunitario è disciplinata dalle stesse condizioni, che sono necessarie e sufficienti per attribuire ai singoli un diritto al risarcimento, fatto comunque salvo il diritto degli Stati membri di introdurre condizioni meno restrittive per l accertamento della responsabilità dello Stato 6. Certo, quando si tratta di accertare la ricorrenza del requisito della violazione grave e manifesta con riferimento ad un organo giurisdizionale nazionale di ultimo grado occorre tener conto della specificità della funzione giurisdizionale, nonché delle legittime esigenze della certezza del diritto. La responsabilità dello Stato a causa della violazione del diritto comunitario da parte di un autorità giudiziaria può sussistere solo nel caso eccezionale in cui il magistrato abbia violato in maniera manifesta il diritto vigente. Il giudice nazionale chiamato a decidere in ordine alla domanda risarcitoria, ed in particolare a valutare se sussista la violazione grave e manifesta di una norma europea attributiva di diritti, deve quindi tenere in considerazione, secondo la Corte, il grado di chiarezza e di precisione della norma violata, il carattere intenzionale della violazione, la scusabilità o inescusabilità dell errore di diritto, la posizione adottata eventualmente da un istituzione comunitaria, nonché la mancata osservanza, da parte dell organo 3 Corte giust. 23 maggio 1996, causa C-5/94, in Racc., 1996, p. I V., in tal senso, anche la sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame, 1996, punto Cfr. anche il punto 36 della sentenza Haim, V. la sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame, 1996, punto 66. 2

3 giurisdizionale di cui trattasi, del suo obbligo di rinvio pregiudiziale ai sensi dell art. 234, terzo comma, TCE (ora art. 267 TFUE) 7. In ogni caso, per la sentenza Köbler una violazione del diritto comunitario è sufficientemente caratterizzata allorché la decisione di cui trattasi è intervenuta ignorando manifestamente la giurisprudenza della Corte in questa materia 8. Logica e naturale conseguenza della sentenza sul caso Köbler è stata la sentenza sul caso Traghetti del Mediterraneo 9. Innanzitutto, si è ribadito che la regola per cui uno Stato membro è obbligato a risarcire i danni arrecati ai singoli per violazioni del diritto comunitario che gli sono imputabili ha valore in riferimento a qualsiasi ipotesi di violazione del diritto comunitario, qualunque sia l organo di tale Stato la cui azione od omissione ha dato origine alla trasgressione (come già affermato nella sentenza Köbler, decisione nella quale si statuiva fondandosi in particolare sul ruolo essenziale svolto dal potere giudiziario nella tutela dei diritti che derivano ai singoli dalle norme comunitarie, nonché sulla circostanza che un organo giurisdizionale di ultimo grado costituisce, per definizione, l ultima istanza dinanzi alla quale essi possono far valere i diritti che il diritto comunitario conferisce loro che la tutela di tali diritti sarebbe indebolita e la piena efficacia delle norme comunitarie che conferiscono simili diritti sarebbe rimessa in questione se fosse esclusa la facoltà dei singoli di ottenere, a talune condizioni, il risarcimento dei danni loro arrecati da una violazione del diritto comunitario imputabile a una decisione di un organo giurisdizionale di ultimo grado 10 ). Per la Corte non si può escludere che una violazione manifesta del diritto comunitario vigente venga commessa, nell esercizio di una tale attività interpretativa, se, per esempio, il giudice dà a una norma di diritto sostanziale o procedurale comunitario una portata manifestamente erronea, in particolare alla luce della pertinente giurisprudenza della Corte in tale materia 11, o se interpreta il diritto nazionale in modo da condurre, in pratica, alla violazione del diritto comunitario vigente. Tale constatazione vale, a maggior ragione, per gli organi giurisdizionali di ultimo grado, incaricati di assicurare a livello nazionale l interpretazione uniforme delle norme giuridiche. E per il giudice di Lussemburgo si deve giungere ad analoga conclusione nel caso di una legislazione che escluda, in maniera generale, la sussistenza di una qualunque responsabilità dello Stato allorquando la violazione imputabile ad un organo giurisdizionale di tale Stato risulti da una valutazione dei fatti e delle prove. Da un lato, infatti, una simile valutazione costituisce, così come l attività di interpretazione delle norme giuridiche, un altro aspetto essenziale dell attività giurisdizionale poiché, indipendentemente dall interpretazione effettuata dal giudice nazionale investito di una determinata causa, l applicazione di dette norme al caso di specie spesso dipenderà dalla valutazione che egli avrà compiuto sui fatti della vicenda processuale così come sul valore e sulla pertinenza degli elementi di prova prodotti a tal fine dalle parti in causa. Dall altro lato, una tale valutazione che richiede a volte analisi complesse può condurre ugualmente, in certi casi, ad una manifesta violazione del diritto vigente, sia essa effettuata nell ambito 7 Si riporta, per maggiore chiarezza espositiva, il testo del art. 267 TFUE (ex art. 234 TCE): «la Corte di giustizia dell Unione europea è competente a pronunciarsi, in via pregiudiziale: a) sull interpretazione dei trattati; b) sulla validità e l interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni, dagli organi o dagli organismi dell Unione. Quando una questione del genere è sollevata dinanzi ad un organo giurisdizionale di uno degli Stati membri, tale organo giurisdizionale può, qualora reputi necessaria per emanare la sua sentenza una decisione su questo punto, domandare alla Corte di pronunciarsi sulla questione. Quando una questione del genere è sollevata in un giudizio pendente davanti a un organo giurisdizionale nazionale, avverso le cui decisioni non possa proporsi un ricorso giurisdizionale di diritto interno, tale organo giurisdizionale è tenuto a rivolgersi alla Corte. Quando una questione del genere è sollevata in un giudizio pendente davanti a un organo giurisdizionale nazionale e riguardante una persona in stato di detenzione, la Corte statuisce il più rapidamente possibile». 8 V. il punto 58 della sentenza Köbler. V., in tal senso, anche la sentenza Brasserie du pêcheur e Factortame, 1996, punto Sentenza della Grande Sezione del 13 giugno 2006, resa nel procedimento C-173/03, vertente tra la Traghetti del Mediterraneo SpA, in liquidazione, contro la Repubblica italiana, in Racc., I V. sentenza Köbler, cit., punti È il caso di notare che la non rilevanza della natura (esecutiva, legislativa o giurisdizionale) dell organo nazionale cui sarebbe imputabile l attività commissiva o omissiva posta a base della violazione del diritto UE è affermata anche da Corte giust. 12 novembre 2009, C-154/08 (Commissione europea c. Spagna). 11 V. il punto 56 della sentenza Köbler. 3

4 dell applicazione di specifiche norme relative all onere della prova, al valore di tali prove o all ammissibilità dei mezzi di prova, ovvero nell ambito dell applicazione di norme che richiedono una qualificazione giuridica dei fatti. Escludere, in tali casi, ogni possibilità di sussistenza della responsabilità dello Stato poiché la violazione contestata al giudice nazionale riguarda la valutazione effettuata da quest ultimo su fatti o prove equivarrebbe altresì a privare di effetto utile il principio sancito nella sentenza Köbler, per quanto riguarda le manifeste violazioni del diritto comunitario che sarebbero imputabili agli organi giurisdizionali nazionali di ultimo grado. La Corte aggiunge che nemmeno può limitarsi, in relazione al diritto dell Unione, la responsabilità dello Stato ai soli casi di dolo o di colpa grave del giudice. La Corte non poteva che ribadire che le condizioni che determinano la responsabilità sono soltanto quelle enunciate nella sentenza Köbler e che non può ammettersi l introduzione nei sistemi nazionali di criteri, relativi alla natura o al grado che una violazione deve soddisfare, più rigorosi di quelli contemplati dall ordinamento europeo 12. Coerentemente a quanto statuito nelle sentenze sui casi Köbler e Traghetti del Mediterraneo, nel 2011 è intervenuta la terza sentenza della Corte di giustizia sulla responsabilità dello Stato-giudice per violazione del diritto dell Unione. Infatti, con sentenza del 24 novembre 2011 la terza sezione della Corte ha affermato, tra le altre cose, che il diritto dell Unione impone agli Stati membri di risarcire i danni arrecati ai singoli a seguito di violazioni del diritto dell Unione ad essi imputabili a prescindere dall organo da cui tale danno sia scaturito, principio che trova quindi applicazione anche nel caso in cui la violazione sia commessa dal potere giudiziario e che per la Corte non trova attuazione nella legislazione italiana. Posto che era già insita nella giurisprudenza della Corte di giustizia, dopo la sentenza Traghetti del Mediterraneo, l inidoneità della normativa italiana ad assicurare la piena compatibilità con il diritto dell Unione e posto che tale inidoneità era stata però affermata dalla Corte in modo incidentale nella sentenza Traghetti, con la decisione del 24 novembre 2011 il giudice di Lussemburgo ha stabilito in modo chiaro ed esplicito, all esito di una procedura per infrazione (e quindi specificamente volta all accertamento della violazione di un obbligo gravante sugli Stati membri), che la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi ad essa incombenti in forza del principio generale di responsabilità degli Stati membri per violazione del diritto dell Unione da parte di uno dei propri organi giurisdizionali di ultimo grado e che ciò l Italia ha fatto in quanto, secondo la Corte, ha posto in essere le violazioni di cui ai due addebiti contestati dalla Commissione: 1) ha escluso, con la sua normativa nazionale, qualsiasi responsabilità dello Stato italiano per i danni arrecati ai singoli a seguito di una violazione del diritto dell Unione imputabile ad un organo giurisdizionale nazionale di ultimo grado e risultante da interpretazione di norme di diritto o da valutazione di fatti e prove effettuate dall organo giurisdizionale medesimo; 2) ha limitato per il resto tale responsabilità ai soli casi di dolo o colpa grave, ai sensi dell art. 2, commi 1 e 2, della legge 13 aprile 1988, n. 117 (sul risarcimento dei danni cagionati nell esercizio delle funzioni giudiziarie e sulla responsabilità civile dei magistrati). Con riferimento al primo addebito il giudice di Lussemburgo ricorda visto che la legge italiana esclude in via generale la responsabilità dello Stato nei settori dell interpretazione del diritto e della valutazione di fatti e di prove di avere già avuto modo di affermare che il diritto dell Unione osta ad una siffatta esclusione generale della responsabilità dello Stato per i danni arrecati ai singoli a seguito di una violazione del diritto dell Unione imputabile ad un organo giurisdizionale di ultimo grado qualora tale violazione risulti dall interpretazione di norme di diritto o dalla valutazione di fatti e di prove operata dall organo medesimo Mette poi conto ricordare che con la sentenza sul caso Konstantinos Adeneler (Corte giust. 4 luglio 2006, Konstantinos Adeneler, C-212/04, in Racc., I-212/04) la Corte ha esteso anche agli organi giurisdizionali nazionali l obbligo imposto agli Stati membri di astenersi dall adottare disposizioni che possano compromettere gravemente la realizzazione del risultato prescritto da una direttiva, a pena dell insorgere della loro responsabilità. Pertanto, dalla data in cui una direttiva è entrata in vigore, i giudici degli Stati membri devono astenersi dall interpretare il diritto interno in un modo che rischierebbe di compromettere gravemente, dopo la scadenza del termine di attuazione, la realizzazione del risultato perseguito (punti 122 e 123). 13 Cfr. i punti della sentenza Traghetti. 4

5 Invece, osserva la Corte nella sentenza del 24 novembre 2011, dall esplicito tenore del comma 2 dell art. 2 legge 117/88 emerge che la responsabilità statale resta esclusa, in via generale, nell ambito dell interpretazione del diritto e della valutazione dei fatti e delle prove. Peraltro, aggiunge la Corte, negli stessi termini (totale esclusione di responsabilità) il giudice del rinvio aveva fatto riferimento al comma 2 dell art. 2 della legge n. 117/88 nelle questioni pregiudiziali sottoposte alla Corte nella causa da cui è scaturita la sentenza Traghetti del Mediterraneo 14. Per quanto poi concerne l argomento utilizzato dallo Stato italiano per cui sarebbe stata errata l interpretazione fornita dalla Commissione in merito a due sentenze della Corte di Cassazione (la 15227/07 e la 7272/08) che secondo la stessa Commissione dimostravano che la giurisprudenza nazionale accoglieva un interpretazione dell art. 2 della legge n. 117/88, in collegamento con il diritto dell Unione, incompatibili con le posizioni della Corte di giustizia 15, la Corte rileva che, a fronte dell esplicito tenore dell art. 2, secondo comma, di tale legge, lo Stato italiano non ha fornito alcun elemento in grado di dimostrare validamente che, nell ipotesi di violazione del diritto dell Unione da parte di uno dei propri organi giurisdizionali di ultimo grado, tale disposizione venga interpretata dalla giurisprudenza quale semplice limite posto alla sua responsabilità qualora la violazione risulti dall interpretazione delle norme di diritto o dalla valutazione dei fatti e delle prove effettuate dall organo giurisdizionale medesimo, e non quale esclusione di responsabilità. In altri termini, risultando in violazione del diritto dell Unione il testo normativo del comma 2 dell art. 2 della legge 117/88 (che sembra effettivamente introdurre una clausola di esclusione di responsabilità autonoma rispetto al disposto di cui ai commi 1 e 3 del medesimo art. 2) e mancando una giurisprudenza che interpretasse il detto comma 2, quando viene in questione una violazione del diritto dell Unione, in linea con gli orientamenti della Corte di giustizia, allora non poteva che essere accolto il primo addebito della Commissione 16. La Corte ha poi esaminato il secondo addebito contestato dalla Commissione, ossia quello di limitare, in casi diversi dall interpretazione delle norme di diritto o dalla valutazione di fatti e di prove, la possibilità di invocare la responsabilità dello Stato italiano per violazione del diritto dell Unione da parte di uno dei propri organi giurisdizionali di ultimo grado ai soli casi di dolo o di colpa grave, il che non sarebbe conforme ai principi elaborati dalla giurisprudenza della Corte. Per la Commissione, invero, la nozione di «colpa grave», di cui all art. 2, commi 1 e 3, della legge n. 117/88, viene interpretata dalla Corte di Cassazione italiana in termini coincidenti con il «carattere manifestamente aberrante dell interpretazione» effettuata dal magistrato e non con la nozione di «violazione manifesta del diritto vigente» postulata dalla Corte ai fini del sorgere della responsabilità dello Stato per violazione del diritto dell Unione. 14 V. il punto 20 della sentenza Traghetti. 15 Secondo le difese dello Stato italiano, infatti, le due sentenze della Corte di Cassazione successive alla sentenza Traghetti del Mediterraneo richiamate dalla Commissione (la 15227/07 e la 7272/08) non riguarderebbero una violazione dei principi del diritto dell Unione. Inoltre, tali sentenze dimostrerebbero che la nostra Cassazione ha inteso il terzo comma, dell art. 2 della legge n. 177/88 quale strumento interpretativo del precedente secondo comma e che quest ultimo comma non può essere pertanto inteso nel senso che costituisca una clausola di esclusione della responsabilità. Peraltro, la difesa dello Stato italiano tiene a precisare che nella sentenza 7272/08 non si farebbe riferimento al secondo comma dell art. 2 della legge n. 117/88 e che nella sentenza 15227/07 si afferma che le «ipotesi specifiche» previste dall art. 2 della legge n. 177/88 «hanno quale comune fattore» una negligenza inescusabile, con la conseguenza che tale articolo 2 dovrebbe essere complessivamente inteso nel senso di una subordinazione del sorgere della responsabilità dello Stato al compimento di una negligenza di tal genere da parte del giudice nazionale. 16 Sul punto coglie nel segno R. Conti, Dove va la responsabilità dello Stato-giudice dopo la corte di giustizia?, in Corr. giur., 2/12, 187 quando osserva: «evidente risulta, infatti, lo iato fra l esonero di responsabilità come sopra precisato ed i contenuti della violazione manifesta di matrice eurounitaria, la quale va valutata alla luce del grado di chiarezza e di precisione della norma violata, del carattere scusabile ovvero inescusabile dell errore di diritto commesso ed andava presunta, in ogni caso, quando la decisione interessata interviene ignorando manifestamente la giurisprudenza della Corte di Giustizia in materia. Il terreno sul quale si muove la Corte di Giustizia non poteva che essere lo stesso della sentenza Traghetti del Mediterraneo, nel quale aveva assunto un ruolo decisivo la portata letterale del secondo comma dell art. 2 rispetto ai contenuti linguistici utilizzati dai commi 1 e 3 della medesima disposizione. In assenza di elementi concreti, che solo lo Stato italiano avrebbe potuto e dovuto prospettare e dimostrare, il giudizio negativo della Corte di Lussemburgo sulla clausola di salvaguardia appariva dunque già largamente ipotizzabile prima della decisione che si commenta». 5

6 Richiamandosi alla propria precedente giurisprudenza, la Corte ha in proposito rammentato che uno Stato membro è tenuto al risarcimento dei danni arrecati ai singoli per violazione del diritto dell Unione da parte dei propri organi in presenza di tre condizioni: a) la norma giuridica violata deve essere preordinata a conferire diritti ai singoli; b) la violazione deve essere sufficientemente caratterizzata; c) tra la violazione dell obbligo incombente allo Stato e il danno subìto dal soggetto leso deve sussistere un nesso causale diretto 17. Per la Corte la responsabilità dello Stato per i danni causati dalla decisione di un organo giurisdizionale nazionale di ultimo grado è disciplinata dalle stesse condizioni 18. In tal senso, come già sopra osservato, una «violazione sufficientemente caratterizzata della norma di diritto» si realizza solamente nel caso eccezionale in cui il giudice nazionale abbia violato il diritto vigente in maniera manifesta 19. Per la Corte il diritto al risarcimento del danno sussiste anche nel caso in cui la violazione derivi da un provvedimento giudiziario purché essa sia qualificabile come manifesta, condizione che deve essere verificata tenendo in considerazione «il grado di chiarezza e di precisione della norma violata, il carattere intenzionale della violazione, la scusabilità o l inescusabilità dell errore di diritto, la posizione adottata eventualmente da un istituzione comunitaria nonché la mancata osservanza, da parte dell organo giurisdizionale di cui trattasi, del suo obbligo di rinvio pregiudiziale» (sentenza Köbler). Ora, il diritto nazionale può precisare la natura o il grado di una violazione che implichi la responsabilità dello Stato, ma non può, in nessun caso, imporre requisiti più rigorosi. In altri termini, dalla giurisprudenza della Corte emerge che, se è pur vero che non si può escludere che il diritto nazionale precisi i criteri relativi alla natura o al grado di una violazione, criteri da soddisfare affinché possa sorgere la responsabilità dello Stato in un ipotesi di tal genere, tali criteri non possono, in nessun caso, imporre requisiti più rigorosi di quelli derivanti dalla condizione di una manifesta violazione del diritto vigente 20. Invece, nella sentenza del 24 novembre 2011 la Corte rileva che la Commissione ha fornito elementi sufficienti da cui emerge che la condizione della «colpa grave», di cui all art. 2, commi 1 e 3, della legge n. 117/88 viene interpretata dalla Corte di Cassazione italiana in termini tali che finisce per imporre requisiti più rigorosi di quelli derivanti dalla condizione di «violazione manifesta del diritto vigente». Nonostante in risposta a tale argomento della Commissione la Repubblica italiana abbia affermato, da un lato, che le sentenze della suprema Corte di Cassazione indicate dalla Commissione non riguardavano una violazione del diritto dell Unione e, dall altro, che l art. 2 della legge n. 117/88 poteva essere oggetto di interpretazione conforme al diritto dell Unione medesimo e che la nozione di «colpa grave» di cui al detto articolo era, in realtà, equivalente a quella di «violazione manifesta del diritto vigente», tuttavia per la Corte - indipendentemente dalla questione se la nozione di «colpa grave», ai sensi della legge n. 117/88, malgrado il rigoroso contesto in cui essa si colloca all art. 2, terzo comma, della legge medesima, possa essere effettivamente interpretata, nell ipotesi di violazione del diritto dell Unione da parte di un organo giurisdizionale di ultimo grado dello Stato membro convenuto, in termini tali da corrispondere al requisito di «violazione manifesta del diritto vigente» fissato dalla giurisprudenza della Corte ciò che rileva è che la Repubblica italiana non ha richiamato, in ogni caso, nessuna giurisprudenza che, in detta ipotesi, vada in tal senso e non ha quindi fornito la prova richiesta quanto al fatto che l interpretazione dell art. 2, commi 1 e 3, di tale legge accolta dai giudici italiani sia conforme alla giurisprudenza della Corte 21. A questo proposito ha impiegato una motivazione che si fonda sul riparto dell onere della prova e sul principio per cui nel giudizio ex art. 258 TFUE alla Commissione spetta (per costante giurisprudenza della 17 Cfr. sentenze 5 marzo 1996, cause riunite C-46/93 e C-48/93, Brasserie du pêcheur e Factortame, in Racc., I- 1029, punto 51; 4 luglio 2000, causa C-424/97, Haim, in Racc., I-5123, punto 36, nonché 24 marzo 2009, causa C- 445/06, Danske Slagterier, in Racc., I-2119, punto V. la sentenza 30 settembre 2003, causa C-224/01, caso Köbler, e la sentenza 13 giugno 2006, causa C- 173/03, caso Traghetti del Mediterraneo. 19 Cfr. sentenza Köbler, punti 52 e V. il punto 44 della sentenza Traghetti del Mediterraneo e la giurisprudenza ivi citata. 21 Osserva correttamente R. Conti, Dove va la responsabilità dello Stato-giudice dopo la corte di giustizia?, in Corr. giur., 2/12, 187: «ancorché nulla abbia sul punto esplicitamente affermato, pare assai evidente che il giudice di Lussemburgo abbia mal digerito la condotta dell Italia, rimasta silente rispetto alla sentenza del giugno 2006 anche quando era stata chiamata a misurarsi sulla portata della legge n. 117/1988». 6

7 Corte 22 ) solo di dimostrare il preteso inadempimento dello Stato con sufficiente specificità, mentre grava sul convenuto l onere di confutare in modo sostanziale e dettagliato i dati forniti nell atto introduttivo e le conseguenze che secondo le allegazioni ivi contenute ne derivano. La Corte di giustizia ha quindi accolto anche il secondo addebito della Commissione (ritenendo fondato il ricorso) sulla base della considerazione per cui la Repubblica italiana non aveva confutato in termini sufficientemente sostanziali e dettagliati l addebito contestatole dalla Commissione, secondo cui la normativa italiana limita, in casi diversi dall interpretazione di norme di diritto o dalla valutazione dei fatti e delle prove, la responsabilità dello Stato italiano per violazione del diritto dell Unione da parte di uno dei propri organi giurisdizionali di ultimo grado in modo non conforme ai principi elaborati dalla giurisprudenza della Corte. Il principio affermato dalla Corte è stato, in conclusione, quello per cui la Repubblica italiana è venuta meno agli obblighi su di essa gravanti in forza del principio generale di responsabilità degli Stati membri per violazione del diritto dell Unione da parte di uno dei propri organi giurisdizionali di ultimo grado per effetto di due previsioni contenute nei commi 1 e 2 dell art. 2 della legge 13 aprile 1988, n. 117, sul risarcimento dei danni cagionati nell esercizio delle funzioni giudiziarie e sulla responsabilità civile dei magistrati, condotte: 1) escludendo qualsiasi responsabilità dello Stato italiano per i danni arrecati ai singoli a seguito di una violazione del diritto dell Unione imputabile a un organo giurisdizionale nazionale di ultimo grado, qualora tale violazione risulti da interpretazione di norme di diritto o di valutazione di fatti e prove effettuate dall organo giurisdizionale medesimo; 2) limitando tale responsabilità ai soli casi di dolo o colpa grave. I principi espressi dalla Corte di Lussemburgo sono stati prontamente recepiti dai giudizi nazionali. Ed invero, con la sentenza 22 febbraio 2012 n la terza sezione della Corte di Cassazione ha affermato che in tema di responsabilità civile dei magistrati, l'art. 2 l. 13 aprile 1988 n. 117, laddove nel fissare i presupposti della domanda risarcitoria contro lo Stato per atto commesso con dolo o colpa grave dal magistrato nell'esercizio delle sue funzioni esclude che possa dar luogo a responsabilità l'attività di interpretazione di norme di diritto, ovvero di valutazione del fatto e della prova, è in contrasto con gli obblighi comunitari dello Stato italiano alla luce delle statuizioni contenute nella sentenza della Corte di giustizia dell'unione europea del 24 novembre 2011, nella causa C-379/10, solo con riferimento alle violazioni manifeste del diritto dell'unione europea imputabili ad un organo giurisdizionale nazionale di ultimo grado V. le sentenze 22 settembre 1988, causa 272/86, Commissione/Grecia, in Racc., 4875, punto 21; 7 luglio 2009, causa C-369/07, Commissione/Grecia, in Racc., I-5703, punto 75, e 6 ottobre 2009, causa C-335/07, Commissione/Finlandia, in Racc., I-9459, punto Nel caso di specie si contestava la condotta di un giudice di Tribunale per non avere rimosso un consulente d ufficio nominato all interno di un procedimento cautelare relativo ad immissioni acustiche nonostante vi fossero (secondo la prospettazione del ricorrente) rilevanti anomalie nella condotta dell ausiliario (che avrebbe pure preannunciato l esito della consulenza e che non avrebbe svolto alcune indagini) e per aver effettuato un errata ricognizione della fattispecie concreta tramite le risultanze di causa. Con la sentenza 2560/2012 la Cassazione afferma che la parte ricorrente non considera e censura le ragioni in forza delle quali era stata rigettata l istanza di ricusazione né rispetta il principio di autosufficienza del ricorso con riferimento agli elementi dai quali ricavare l errato svolgimento delle indagini, il che impedisce di effettuare il giudizio di ammissibilità dell azione risarcitoria ex lege 117/88. In relazione, poi, alla dedotta (avuto riguardo all errata valutazione delle specifiche vicende fattuali relative al caso concreto, ed in particolare al metodo di rilevamento della soglia di tollerabilità delle immissioni acustiche nonché all applicazione dell istituto della nozione di fatto di comune esperienza) negligenza inescusabile del magistrato di Tribunale che aveva deciso la fase cautelare, il giudice di legittimità osserva che risulta operativa la clausola di salvaguardia di cui all art. 2, comma 2, della legge 13 aprile 1988, n. 117, a tenore del quale nell esercizio delle funzioni giudiziarie non può dar luogo a responsabilità l attività di interpretazione di norme dl diritto né quella di valutazione del fatto e delle prove. Né è inutile ricordare, precisa la Suprema Corte, che, secondo la sua giurisprudenza, siffatta clausola, giustificata dal carattere fortemente valutativo dell attività giudiziaria e come precisato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 18 del 19 gennaio 1989 attuativa della garanzia costituzionale dell indipendenza del giudice, non tollera letture riduttive (Cass. civ., 27 novembre 2006, n ). In conclusione, per il giudice di legittimità tutte le censure appaiono inficiate da un errore prospettico di fondo, nella misura in cui i ricorrenti tendono a traslare nel giudizio di responsabilità del giudice rilievi che andavano più correttamente spesi nel giudizio a valle. Tutto ciò convalida la correttezza logica e giuridica del convincimento maturato dalla Corte d appello in sede di preventivo vaglio di ammissibilità della domanda. Né per la Cassazione tale approdo si presta a essere ripensato alla luce delle statuizioni contenute nella sentenza della Corte di giustizia, esaminata nel testo, del 24 novembre 2011 (causa C- 7

8 2. Gli orientamenti giurisprudenziali formatisi nel vigore della precedente formulazione della legge 117/88. Con la sentenza del 24 novembre 2011 la Corte di giustizia ha precisato che la necessità di garantire ai singoli una protezione giurisdizionale effettiva dei diritti che il diritto dell Unione conferisce loro implica che la responsabilità dello Stato possa sorgere per violazione del diritto dell Unione risultante dall interpretazione di norme di diritto da parte di un organo giurisdizionale di ultimo grado. Non era, però, questo l orientamento della nostra Corte di Cassazione. Interpretando il disposto dei primi due commi dell art. 2 della legge 117/88 e quindi della responsabilità statale sancita al primo comma in conseguenza di un comportamento doloso o gravemente colposo del magistrato, esclusa comunque ogni tutela risarcitoria in caso di «attività di interpretazione di norme di diritto né quella di valutazione del fatto e delle prove» e valutando anche i quattro comportamenti gravemente colposi specificamente indicati al comma 3 24, la Suprema Corte ha avuto modo di affermare che «il momento della funzione giurisdizionale riguardante l individuazione del contenuto di una determinata norma e l accertamento del fatto, con i corollari dell applicabilità o meno dell una all altro, non può essere fonte di responsabilità, nemmeno sotto il profilo dell opinabilità della soluzione adottata, dell inadeguatezza del sostegno argomentativo, dell assenza di una esplicita e convincente confutazione di opposte tesi, dovendo passare l affermazione della responsabilità, anche in tali casi, attraverso una non consentita revisione di un giudizio interpretativo o valutativo; fonte di responsabilità, invece, può essere l omissione di giudizio, sempre che investa questioni decisive, anche in relazione alla fase in cui si trova il processo, e sia ascrivibile a negligenza inescusabile» (Cass. n / ). In termini ancora più espliciti si legge in Cass /06 che «in tema di responsabilità civile dei magistrati, l art. 2 della legge 13 aprile 1988, n. 117, nel fissare a pena di inammissibilità, ai sensi dell art. 5, terzo comma i presupposti della domanda risarcitoria contro lo Stato per atto commesso con dolo o colpa grave dal magistrato nell esercizio delle sue funzioni, esclude possa dare luogo a responsabilità l attività di interpretazione di norme di diritto, ovvero di valutazione del fatto e della prova. Né può ritenersi che il giudice sia obbligato a decidere conformemente all interpretazione già effettuata precedentemente dallo stesso o da altro giudice in relazione ad un altra controversia» /10) e ciò per l assorbente ragione che l arresto della Corte lussemburghese propriamente riguarda la responsabilità dello Stato italiano per violazioni manifeste, da parte dell organo giurisdizionale di ultimo grado, del diritto dell Unione. La soluzione del caso sottoposto all esame del collegio non pone, dunque, alcun problema di armonizzazione ermeneutica tra la disciplina dell azione di responsabilità civile dei magistrati, come configurata dall ordinamento e ricostruita dal diritto vivente, e gli obblighi comunitari dello Stato italiano. E ciò al di là del rilievo che, per quanto sin qui detto, nel comportamento del giudice G. non è dato riscontrare alcuna violazione del diritto vigente, men che mai grave e manifesta, e quindi alcun profilo di colpa. Per le stesse ragioni, e conclusivamente, qualsivoglia dubbio di legittimità costituzionale della limitazione ai soli casi di dolo o colpa grave dell area della responsabilità civile del magistrato, è, nella fattispecie, privo di ogni rilevanza. 24 Per il vecchio comma 3 dell art. 2 della legge 117/88 «costituiscono colpa grave: a) la grave violazione di legge determinata da negligenza inescusabile; b) l affermazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza è incontrastabilmente esclusa dagli atti del procedimento; c) la negazione, determinata da negligenza inescusabile, di un fatto la cui esistenza risulta incontrastabilmente dagli atti del procedimento; d) l emissione di provvedimento concernente la libertà della persona fuori dei casi consentiti dalla legge oppure senza motivazione». 25 In senso conforme v. anche Cass. 4083/ Analogamente, si legge in Cass /2001 che «il procedimento sull ammissibilità dell azione risarcitoria in dipendenza di responsabilità civile del magistrato, di cui all art. 5 della legge 13 aprile 1988, n. 117, si mantiene sul piano meramente delibativo solo quanto al riscontro degli elementi addotti a fonte di detta responsabilità (nel senso che, ove non sia evidente la pretestuosità della relativa deduzione, rimane devoluta al successivo giudizio di merito l approfondita valutazione della sua fondatezza), mentre ha carattere pieno e definitivo in ordine ai presupposti ed ai termini dell azione, sicché l attività cognitoria del giudice in sede di esame di ammissibilità comprende la verifica del carattere non interpretativo della lamentata violazione di legge da parte del magistrato del quale si richiede l affermazione di responsabilità, atteso che, ai sensi dell art. 2, secondo comma, della citata legge, nell esercizio delle 8

9 Che l art. 2 della legge 13 aprile 1988, n. 117, escluda che possa dar luogo a responsabilità l attività di interpretazione di norme di diritto, ovvero di valutazione del fatto e della prova è principio affermato a chiare lettere anche da Cass /06, che aggiunge che la clausola di salvaguardia riconducibile a quest ultima esclusione prevista nel comma 2 dell art. 2 «non tollera letture riduttive perché giustificata dal carattere fortemente valutativo dell attività giudiziaria e come precisato dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 18 del 19 gennaio 1989 attuativa della garanzia costituzionale dell indipendenza del giudice e, con essa, del giudizio». La ratio di questa impostazione giurisprudenziale si può rinvenire in un passaggio di Cass /01, secondo il quale è per la tutela dell autonomia della funzione giudiziaria che l operazione conoscitiva della norma regolatrice della concreta fattispecie «non può costituire fonte di responsabilità personale (pur se in sede di rivalsa - art. 8 - o disciplinare - art. 9 -) per il magistrato che l ha compiuta» 27. La clausola di salvaguardia che esclude la responsabilità per attività interpretativa o valutativa (di fatti e prove) è attuativa della garanzia costituzionale dell indipendenza del giudice e, con essa, del giudizio 28. Nella giurisprudenza della Corte di Cassazione italiana, quindi, vi è un assoluta esclusione della responsabilità dello Stato per attività del giudice connessa all interpretazione del diritto ed alla valutazione del fatto e delle prove. Nonostante non si registri alcuna decisione relativa al diritto dell Unione, resta il fatto che nessuna apertura si può scorgere nelle sentenze del nostro giudice di legittimità con riferimento al comma 2 dell art. 2 della legge 117/88. Analogamente, una lettura restrittiva delle disposizioni dell art. 2 della legge 117/88 è stata effettuata dalla Cassazione anche con riferimento al concetto di colpa grave di cui al primo e terzo comma della legge 117/88. Come visto, nella sentenza del 24 novembre 2011 la Corte di giustizia ha rilevato che la Commissione ha fornito sufficienti elementi volti a provare che la condizione della «colpa grave» prevista dalla legge italiana, come interpretata dalla Corte di Cassazione italiana, si risolve nell imporre requisiti più rigorosi di quelli derivanti dalla condizione di «violazione manifesta del diritto vigente». Si è già fatto cenno alla circostanza per cui la Commissione si è basata, per documentare il diritto vivente italiano al riguardo, su Cass /07 e Cass. 7272/08. Secondo la prima delle due sentenze la responsabilità prevista dalla legge 13 aprile 1988 n. 117, ai fini della risarcibilità del danno cagionato dal magistrato nell esercizio delle funzioni giudiziarie, è incentrata sulla colpa grave del magistrato stesso, tipizzata secondo ipotesi specifiche ricomprese nell art. 2 della citata legge, le quali sono riconducibili al comune fattore della negligenza inescusabile, che implica la necessità della configurazione di un quid pluris rispetto alla colpa grave delineata dall art cod. civ., nel senso che si esige che la colpa stessa si presenti come non spiegabile, e cioè priva di agganci con le particolarità della vicenda, che potrebbero rendere comprensibile, anche se non giustificato, l errore del magistrato. Si tratta di pronuncia del tutto in linea con il resto del panorama giurisprudenziale della Corte di Cassazione 29. funzioni giudiziarie non può dar luogo a responsabilità l attività di interpretazione di norme di diritto». Vedi anche Cass /2006, secondo la quale «in tema di risarcimento dei danni cagionati nell esercizio delle funzioni giudiziarie, rientra nella fase di delibazione sull ammissibilità dell azione, ai sensi dell art. 5 della legge 13 aprile 1988, n. 117, anche l indagine sul carattere non interpretativo della violazione di legge o sulla natura puramente percettiva dell errore di fatto che la parte prospetti come causativo di danno, atteso che, in base alla comma secondo della norma citata, l attività cognitiva del giudice in sede di esame dell ammissibilità della domanda comprende la verifica dei presupposti di cui al precedente art. 2, e che il secondo comma di tale articolo stabilisce che nell esercizio delle funzioni giudiziarie non può dar luogo a responsabilità l attività di interpretazione di norme di diritto né quella di valutazione del fatto e delle prove, avendo, per contro, il legislatore inteso limitare le ipotesi in cui è ravvisabile la responsabilità del magistrato a quelle delineate e descritte nel successivo comma terzo del medesimo art. 2» (così pure Cass /2006, Cass. 2201/1999 e Cass. 9511/1995). 27 Sul punto v. anche R. Conti, Dove va la responsabilità dello Stato-giudice dopo la corte di giustizia?, in Corr. giur., 2/12, In questo senso v. Corte cost. n. 18/1989; Cass. n / In senso conforme v. anche Cass. n /2006 (che ha ravvisato l errore rilevante ai sensi delle lettere b) e c) dell art. 2, comma terzo, della legge 117/88 ove il giudice abbia posto a fondamento del suo giudizio elementi del tutto avulsi dal contesto probatorio di riferimento, mentre lo stesso errore deve essere escluso nell ipotesi in cui il giudice abbia ritenuto sussistente una determinata situazione di fatto senza elementi pertinenti ovvero sulla scorta di elementi 9

10 Analogamente, per Cass. 7272/08 i presupposti della responsabilità dello Stato per grave violazione di legge determinata da negligenza inescusabile nell esercizio delle funzioni giudiziarie, ai sensi dell art 2, comma 3, lett. a), della legge n. 117 del 1988, devono ritenersi sussistenti allorquando nel corso dell attività giurisdizionale si sia concretizzata una violazione evidente, grossolana e macroscopica della norma stessa ovvero una lettura di essa in termini contrastanti con ogni criterio logico o l adozione di scelte aberranti nella ricostruzione della volontà del legislatore o la manipolazione assolutamente arbitraria del testo normativo o ancora lo sconfinamento dell interpretazione nel diritto libero, essendovi la «completa esenzione da responsabilità» in ogni caso in cui il magistrato abbia fornito una lettura della disposizione «secondo uno dei significati possibili, sia pure il meno probabile e convincente», sempre che dell opzione accolta si sia dato conto in motivazione 30. insufficienti che, però, abbiano formato oggetto di esame e valutazione, trattandosi in tal caso di errato apprezzamento dei dati acquisiti), Cass. n /2003 (per la quale «in tema di responsabilità civile per il danno cagionato nell esercizio delle funzioni giudiziarie, la colpa grave si caratterizza in modo peculiare rispetto alla sua nozione generale - quale è quella richiamata dall art. 2236, secondo comma, cod. civ. con riferimento alla prestazione del libero professionista implicante la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà - sia perché non può dare luogo a responsabilità l attività del giudice di interpretazione delle norme di diritto, né quella di valutazione del fatto e delle prove, sia perché la detta responsabilità incontra un ulteriore limite nella necessità che la colpa grave sia qualificata da negligenza inescusabile, per tale intendendosi una negligenza che non possa trovare non solamente giustificazione, ma neppure spiegazione in particolarità delle vicende giudiziarie idonee a rendere comprensibile l errore del giudice»), Cass. n /2002 (secondo la quale «in tema di responsabilità civile dei magistrati, l inescusabile negligenza prevista dall art. 2, terzo comma, lett. a), della legge 13 aprile 1988, n. 117 si concretizza non nell errore in cui sia incorso il giudice nel valutare il materiale probatorio a sua disposizione, bensì soltanto nel fatto che il giudice abbia posto a fondamento del suo giudizio elementi del tutto avulsi dal contesto probatorio di riferimento, posto che il concetto di negligenza inescusabile postula la sussistenza di un quid pluris rispetto alla colpa grave disciplinata dal codice civile ), Cass /00 e Cass. 6950/1994 (che hanno affermato che la risarcibilità del danno cagionato dal magistrato per grave violazione di legge, ai sensi dell art. 2, terzo comma, lett.a), della legge n. 117 del 1988, postula che tale violazione sia ascrivibile a negligenza inescusabile, e, quindi, esige un quid pluris rispetto alla negligenza, richiedendo che essa si presenti come non spiegabile senza agganci con le particolarità della vicenda atti a rendere comprensibile (anche se non giustificato) l errore del giudice»), Cass. n /1999 (per la quale «il sistema normativo della responsabilità civile dei magistrati, quale risultante dalla coordinazione fra le ipotesi di colpa grave tipizzate dall art. 2 terzo comma della legge n. 117 del 1988 e la previsione del secondo comma della stessa norma, secondo la quale nell esercizio di funzioni giudiziarie non può dare luogo a responsabilità l attività di interpretazione di norme di diritto e quella di valutazione del fatto e delle prove, non si sostanzia in un mero rinvio alla nozione generale della colpa grave, come dispone l art cod. civ. a proposito della prestazione del libero professionista intellettuale implicante la soluzione di problemi tecnici di speciale difficoltà, ma si caratterizza in modo peculiare, sia per la presenza della clausola limitativa di cui al suddetto secondo comma dell art. 2, che si spiega col carattere fortemente valutativo dell attività giudiziaria, connotata da scelte sovente basate su diversità di interpretazioni, sia per la previsione, con riferimento alle ipotesi di cui alle lettere a, b e c del suddetto terzo comma, dell esigenza che la colpa grave sia inescusabile. Con riferimento a tali ipotesi la qualificazione di inescusabilità della negligenza, in quanto aggiunta dalla norma a fini delimitativi della responsabilità, mediante un esplicazione del concetto di gravità della colpa, integra un quid pluris rispetto alla negligenza, nel senso che essa si deve caratterizzare come non spiegabile, cioè senza agganci con la particolarità della vicenda, idonei a rendere comprensibile - anche se non giustificato - l errore del giudice. La lettera b) del terzo comma dell art. 2 della legge 13 aprile 1988 n. 117 considera il caso in cui il giudice affermi un fatto incontrastabilmente escluso dagli atti del procedimento, e dunque attribuisce rilevanza, sempre che sia da ascrivere a negligenza inescusabile, all errore di tipo revocatorio, consistente nella supposizione di una circostanza fattuale la cui inesistenza sia chiaramente posta in luce dalle risultanze acquisite agli atti. Ne consegue che non è riconducibile alla fattispecie prevista da detta norma il caso in cui il giudice ritenga il verificarsi di una situazione di fatto senza elementi pertinenti, ovvero sulla scorta di elementi insufficienti (tali reputati nei gradi di giudizio successivi), i quali, purtuttavia abbiano formato oggetto di esame e valutazione da parte sua (principio affermato dalla Suprema Corte con riferimento ad un caso in cui, in sede di applicazione dell art. 15 della Legge Fallimentare, come emendato dalla sentenza della Corte Cost. n. 141 del 1970, i giudici di un tribunale fallimentare, avendo disposto, nell ambito di una istruttoria prefallimentare a carico di una società di persone e dei soci illimitatamente responsabili, la convocazione dei fallenti tramite i carabinieri, aveva reputato che essa era da ritenersi effettuata ad uno dei soci in quanto convivente di altro socio, cui i carabinieri avevano comunicato la convocazione telefonicamente)». 30 Nella specie la S.C., rigettando il ricorso, ha escluso la responsabilità del magistrato per grave violazione di legge derivante dall emissione di un provvedimento di sequestro ritenuto erroneo dal giudice del gravame, in quanto 10

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