Famiglia modello di una società giusta

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1 Copia 1,00. Copia arretrata 2,00 L O S S E RVATOR E ROMANO EDIZIONE SETTIMANALE Unicuique suum IN LINGUA ITALIANA Non praevalebunt Anno LXV, numero 28 (3.798) Città del Vaticano Giovedì 9 luglio 2015 La visita in Ecuador, prima tappa del viaggio del Pontefice in America latina Famiglia modello di una società giusta Il mondo è un prestito ricevuto dalle generazioni future alle quali dobbiamo restituirlo migliorato Come a casa Al Rinnovamento nello Spirito Santo Papa Francesco raccomanda l impegno per l unità dei cristiani Chi siamo noi per dividerci? Il modello è la famiglia, luogo dove le relazioni umane non si basano «sulla competizione che produce lo scarto» ma sulla gratuità, sulla solidarietà e sulla sussidiarietà. È questa la strada indicata da Papa Francesco agli esponenti della società civile dell Ecuador, incontrati nella serata di martedì 7 luglio, a conclusione della terza giornata del viaggio nel Paese andino, iniziato domenica 5 con l arrivo all aerop orto di Quito e la cerimonia di benvenuto. Nella prima delle tre tappe della visita da mercoledì 8 il Pontefice è in Bolivia e quindi venerdì 10 raggiunge il Paraguay Francesco ha celebrato due messe pubbliche alla presenza di una folla oceanica di fedeli: la prima nella mattina di lunedì 6, nel parco de Los Semanes, a Guayaquil, si è incentrata sulla famiglia; la seconda, presieduta il giorno dopo nel parco del Bicentenario, a Quito, è stata dedicata all evangelizzazione dei popoli. Tra gli altri appuntamenti che hanno scandito la permanenza del Papa in Ecuador, il pranzo con la comunità dei gesuiti nel collegio Javier di Guayaquil, la visita di cortesia al presidente della Repubblica e la sosta nella cattedrale della capitale, nel corso della giornata di lunedì; l incontro con i vescovi e quello con il mondo della scuola e dell università, nella giornata di martedì. Il Pontefice ha affidato al Paese un messaggio di incoraggiamento e di speranza, invitandolo a procedere nella costruzione di una società inclusiva, basata sulla partecipazione di tutti, sul dialogo, su un autentica giustizia sociale, sulla PAGINA 12 tutela dell ambiente umano e naturale. «Non possiamo continuare a girare le spalle alla nostra realtà, ai nostri fratelli, alla nostra madre terra» ha ammonito di fronte a insegnanti e studenti, richiamando le parole della Laudato si : «L ambiente umano e l ambiente naturale si degradano insieme, e non potremo affrontare adeguatamente il degrado ambientale, se non prestiamo attenzione alle cause che hanno attinenza con il degrado umano e sociale». E a politici, imprenditori e lavoratori ha ricordato che «i beni sono destinati a tutti, e per quanto uno ostenti la sua proprietà, pesa su di essa un ipoteca sociale». In questo modo «si supera il concetto economico di giustizia, basato sul principio di compravendita, con il concetto di giustizia sociale, che difende il diritto fondamentale dell individuo a una vita degna». In proposito il Papa ha invitato a vivere concretamente la solidarietà, che «non consiste solo nel dare ai bisognosi, ma nell essere responsabili l uno dell altro»: nessuno infatti «può rimanere escluso, nessuno può rimanere separato». PAGINE 2-11 Un incontro con il clero, le suore, i religiosi e i seminaristi conclude la visita papale in Ecuador, tre giorni che hanno fatto sentire il Pontefice come a casa. A dirlo è stato lui stesso nella mirabile chiesa di San Francisco, cuore barocco di Quito, subito dopo aver ricevuto le chiavi della capitale. Nell antico edificio sacro è visibilmente condensato ha detto il Papa ai rappresentanti della società civile un esteso dialogo della storia del Paese, intessuto di successi ed errori, ma questo amalgama «irradia tanta esuberanza» da permettere di guardare al futuro con speranza. Il medesimo sguardo lucido e al tempo stesso positivo ha unito tutti gli appuntamenti di una giornata aperta da un lungo e affettuoso incontro con i vescovi dell E c u a d o r, poco prima della messa per l evangelizzazione dei popoli nell enorme parco intitolato al Bicentenario dell indipendenza. Occasioni entrambe che hanno confermato come il tratto più caratteristico di Bergoglio sia la dimensione missionaria, riassunta efficacemente in quella gioia di annunciare il Vangelo che ha dato il nome al primo grande documento del pontificato. Parlando a quasi un milione di fedeli, il Papa ha disegnato una visione unitaria e concreta della sfida che i cristiani hanno di fronte. In un mondo ferito dal peccato che si manifesta nelle guerre, nella violenza, nell individualismo, negli egoismi la risposta deve assumere il difficile carico dell unità con la «proposta di riconoscere l altro, di sanare le ferite, di costruire ponti, di stringere legami». Da parte di una Chiesa in stato di missione per vivere e testimoniare il Vangelo nel mondo e al suo interno: è questa la nostra rivoluzione, ha esclamato il Pontefice. La parabola del seminatore ha poi dato lo spunto a Papa Francesco per parlare a docenti e studenti nella sede della Pontificia università cattolica dell Ecuador di un nodo cruciale, l educazione, che ha presentato nella prospettiva del compito affidato da Dio secondo il racconto biblico di coltivare e custodire la creazione. Sullo sfondo dell enciclica appena pubblicata, Bergoglio ha ripetuto che l intero creato è un dono che deve essere condiviso, «spazio che Dio ci dà, per costruire con noi, per costruire un noi», contrastando ogni esclusione e sviluppando uno spirito critico e C O N T I N UA A PA G I N A 11

2 pagina 2 L OSSERVATORE ROMANO giovedì 9 luglio 2015, numero 28 Una rappresentazione di Pachamama, la Dea Terra dei popoli andini di SI LV I N A PÉREZ P eriferie, detenuti, popolazioni indigeni, ammalati: otto giorni con una fittissima agenda di incontri, visite e discorsi, sia sul piano politico che pastorale. Incontrerà i più deboli, ma anche migliaia di giovani, famiglie, il clero e le diverse categorie sociali. E non solo. Dalla A di Aymara alla S di Sumaj Orcko, le parole chiave che aiutano a capire le culture latinoamericane, il momento che vivono e la loro profonda religiosità. Ecuador CHICHA È una bevanda derivata principalmente dalla fermentazione non distillata del mais. Ha le sue origini dall impero inca, considerata la birra delle comunità indigene. Viene realizzata tramite la bollitura e successiva fermentazione del cereale. Il risultato è una bevanda dolce a bassa gradazione alcolica (generalmente dall 1 al 3 per cento). Originariamente veniva ottenuta masticando il mais appena raccolto e sputato all interno di un recipiente di terracotta, procedimento che spettava unicamente alle donne. Gli enzimi contenuti nella saliva trasformano l amido di mais in zuccheri semplici, che poi danno luogo al processo di fermentazione. Una volta fermentata, la chicha veniva colata, imbottigliata e lasciata riposare all ombra per un certo periodo prima del consumo. Questo processo è tuttora praticato dalle popolazioni andine. DOLLARIZZAZIONE Nel 1999 è stato il primo Paese latinoamericano a non onorare parte del debito estero, che ammontava a oltre 15 miliardi di dollari. Per fare fronte alla grave crisi economica, l ex presidente Mahuad adottò il 9 gennaio 2000 la dollarizzazione dell economia, precisando che da quel momento la moneta nazionale, il sucre, sarebbe stata legata al dollaro con un cambio fisso. Il default dell Ecuador invece avviene nel A sette anni da allora, il Paese ha cambiato pelle. Secondo i dati del 2013 del Fondo monetario internazionale, l Ecuador ha l ottava maggiore economia dell America latina con un Pil che nel 2012 è stato di circa 150 miliardi di dollari. Nel settore agricolo il Paese si distingue per la produzione di banane, di cui è il maggior esportatore al mondo. Altri prodotti di punta dell agricoltura sono il cacao (ottavo produttore al mondo) e le patate. L Ecuador è il più piccolo dei membri dell Opec, ma il petrolio rappresenta in ogni caso il 20 per cento delle entrate pubbliche e il 96 per cento dell export. L attuale quadro macroeconomico presenta una Le parole del viaggio papale situazione generale favorevole, malgrado il difficile contesto internazionale. GIUSTIZIA A M B I E N TA L E La creazione di meccanismi di controllo ambientale sarà la proposta che il presidente Rafael Correa presenterà alla Conferenza sul cambiamento climatico il 21 del prossimo dicembre a Parigi per cercare di definire criteri unificati nella difesa nei rapporti tra l umanità e la natura. Secondo Correa, i Paesi del sud del mondo hanno un debito finanziario con il mondo ricco, ma allo stesso tempo sono creditori di debito ecologico, poiché inquinano meno e sono oggetto di depredazione e delle conseguenze del cambiamento climatico, mentre hanno in più di un caso implementato piani di sviluppo rispettosi dell ecologia. Una delle questioni ambientali più controverse che il presidente Correa affronta nel suo Paese invece è quella dello Yasuni National Park. Situata nel cuore dell Amazzonia ecuadoriana, la riserva Yasuni ospita diversi popoli indigeni, tra cui le etnie huaorani, tagaeri e taromenane. Yasuní è un antico termine quechua, vuol dire terra sacra. È difatti uno dei siti terrestri nel quale si concentrano le maggiori biodiversità: 150 specie di anfibi, 121 di rettili, 600 di uccelli, 204 di mammiferi, tra i quali tapiri e giaguari. La superficie della zona è divisa in blocchi cui corrispondono concessioni di sfruttamento petrolif e ro. PAT R I A GRANDE L idea bolivariana di una patria grande è un modello di integrazione auspicato da Simón Bolívar ( ), acclamato come il l i b e r t a d o r, il quale sognava di unire tutte le ex colonie in una grande confederazione nei primi decenni dell Ottocento quando scoppiò la lotta delle colonie spagnole e portoghesi per la loro indipendenza. I mandatari dell Ecuador, Bolivia e Paraguay sono tutti presidenti con accentuazioni diverse, ma con un tratto in comune: percorrere le vie dell integrazione verso la configurazione di un Unione sudamericana e della patria grande latinoamericana. Bolivia AKU L L I KU Significa «l atto di masticare foglie di coca» in aymara e quechua. Durante la colonizzazione, gli spagnoli portarono schiavi africani per coltivare la coca, che poi distribuivano in razioni agli indios che lavoravano nelle miniere d a rg e n t o. È un costume tradizionale fortemente radicato in Bolivia. Le Ande sono la catena montuosa più popolata del mondo, in nessun altro luogo si trovano milioni di persone residenti a oltre metri sul livello del mare. Per esercitare attività produttive come la coltivazione della patata, il mais e la coca gli uomini delle montagne hanno storicamente adattato il loro organismo alla Cordigliera. Per sfuggire all ipossia, e cioè la mancanza d ossigeno, le popolazioni andine hanno masticato foglie di coca per combattere il freddo, la fame e il mal di montagna. AYMARA Termine che letteralmente significa antenati. Sono i discendenti dei costruttori dell antica città di Tiahuanaco, presenti in maggior misura nell Ovest andino dei due dipartimenti di La Paz e Oruro. Evo Morales è stato il primo indigeno a diventare, nel 2006, presidente della Bolivia. È al suo terzo mandato, rieletto a ottobre 2014 con quasi il 60 per cento dei consensi. Guiderà il Paese fino al Morales è un indigeno aymara e la cerimonia per il suo giuramento come presidente si è svolta presso le rovine preincaiche di Tiahuanaco, a 71 chilometri da La Paz. La località è stata scelta perché rappresenta le radici delle culture andine e amazzoniche. Durante la cerimonia con la popolazione indigena e i rappresentanti politici e istituzionali indossava abiti tradizionali aymara. QU E C H UA Il 45 per cento della popolazione boliviana è formato da gruppi indigeni (la Costituzione ne enumera 37): questi usano lo spagnolo come seconda lingua e restano largamente fedeli alle antiche lingue locali. I quechua discendono dai coloni arrivati con la conquista dell impero inca e prevalgono al centro-sud, nel triangolo descritto dai tre dipartimenti di Cochabamba, Chiquisaca e Potosí. STAT O PLURINAZIONALE I N D I G E N I S TA DI BOLIVIA Si tratta del primo tentativo a livello continentale di funzionamento di un modello costituzionale indigenista. Nato a partire dalla riforma costituzionale del 25 gennaio 2009, archivia la fisionomia dell architettura istituzionale della Repubblica di Bolivia per dare spazio al nuovo Estado Plurinacional de Bolivia in spagnolo, Bulibya Mamallaqta in quechua, Wuliwya Suyu in aymara e Tetã Volívia in guaraní. Rispetto ad altri Paesi latinoamericani, la Bolivia si caratterizza per una più alta quota di analfabeti. Il suo sistema scolastico pubblico è stato rifondato con la Ley de educación approvata nel dicembre 2010, ha riordinato il ciclo scolastico di base di otto anni e uno superiore di quattro che assegna grande spazio all insegnamento delle lingue indigene. SUMAJ OR C KO Nominativo quechua del Cerro Rico, uno dei giacimenti d argento più ricchi al mondo. Gli incas furono i primi a scavare in Cerro Rico che vuol dire collina ricca e anche gli spagnoli trovarono qui le ricchezze con cui costruirono il loro impero. Sono cinque se- C O N T I N UA A PA G I N A 3 L OSSERVATORE ROMANO EDIZIONE SETTIMANALE Unicuique suum IN LINGUA ITALIANA Non praevalebunt Città del Vaticano o r n e o s s ro m.v a w w w. o s s e r v a t o re ro m a n o.v a GI O VA N N I MARIA VIAN d i re t t o re Giuseppe Fiorentino v i c e d i re t t o re Gianluca Biccini co ordinatore Redazione via del Pellegrino, Città del Vaticano fax Servizio fotografico telefono fax photo@ossrom.va w w w. p h o t o.v a TIPO GRAFIA VAT I C A N A EDITRICE L OS S E R VAT O R E ROMANO don Sergio Pellini S.D.B. direttore generale Abbonamenti: Italia, Vaticano: 58,00 (6 mesi 29,00); Europa: 100,00 - $ U.S.; America Latina, Africa, Asia: 110,00 - $ U.S.; America del Nord, Oceania: 162,00 - $ U.S. Per informazioni, sottoscrizioni e rinnovi: telefono ; fax ; i n f o s s ro m.v a Pubblicità Il Sole 24 Ore S.p.A. 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3 numero 28, giovedì 9 luglio 2015 L OSSERVATORE ROMANO pagina 3 DA PA G I N A 2 Le parole del viaggio papale coli che i minatori rischiano la vita sulle Ande boliviane a cinquemila metri di altitudine. L orario è lungo e il lavoro è pesante. A Cerro Rico lavorano tra i e i minatori che estraggono argento, stagno, zinco e piombo. Appartengono a piccole cooperative: il vantaggio è quello di avere diritto a un assicurazione in caso di malattia, mentre in caso di morte la famiglia del defunto riceve una quota mensile. Fattore questo di notevole importanza, considerando che il 90 per cento degli uomini che lavorano si ammalano di silicosi e muoiono in un età compresa tra i 55 e i 60 anni. Nel 2010 la cima della montagna ha cominciato a sgretolarsi, e il governo boliviano ha cercato di chiudere alcune delle miniere per questioni di sicurezza. Il caso emblematico è quello di Moropoto, chiusa all inizio del 2014: i minatori, però, hanno continuato a lavorarci. Non vogliono andare via da una miniera che ha dato lavoro a varie generazioni. Più in generale, il governo vorrebbe trasferire lavoratori in nuove miniere a metri, ma loro si rifiutano. In tutto il Paese, i minatori sono , e sono molto organizzati. In Bolivia le cooperative dei minatori hanno un grande potere politico e preferiscono avere pochi controlli lasciando la montagna e i lavoratori in una situazione di scarsa sicurezza. Si svolgerà dal 19 al 27 settembre il decimo viaggio internazionale del pontificato di Francesco. Il programma ufficiale della visita a Cuba, negli Stati Uniti d America per partecipare all ottavo incontro mondiale delle famiglie e alla sede dell Onu è stato reso noto martedì 30 giugno, dalla Sala stampa della Santa Sede. Per Papa Bergoglio si tratta del terzo viaggio nel continente americano dal quale egli stesso proviene dopo quello del luglio 2013 in Brasile, in occasione della ventottesima giornata mondiale della gioventù di Rio de Janeiro, e la visita di questi giorni in Ecuador, Bolivia e Paraguay. In tutto il Pontefice dovrebbe pronunciare ventiquattro tra discorsi e omelie. La prima tappa sarà all Avana, dove l arrivo è previsto nel pomeriggio di sabato 19. All aeroporto internazionale della capitale cubana si svolgerà la cerimonia di benvenuto. Domenica mattina il Papa celebrerà la messa nella piazza della Rivoluzione, luogo che ricorda le precedenti visite di Giovanni Paolo II e Benedetto XVI. Nel pomeriggio, quindi, si recherà nel palazzo della Rivoluzione per la visita al presidente Raúl Castro. Lunedì 21 si trasferirà nella città di Holguín, a 150 chilometri dalla capitale, Pa r a g u a y Reso noto il programma della visita a Cuba e negli Stati Uniti Ritorno in America per celebrare la seconda messa del viaggio in terra cubana. Nel pomeriggio sarà invece a Santiago de Cuba, la seconda città per importanza del Paese, dove il giorno seguente martedì 22 celebrerà nel santuario mariano di Nuestra Señora de la Caridad del Cobre. Al termine il Papa volerà alla volta di Washington. Nella capitale statunitense mercoledì 23 si recherà alla Casa Bianca per la visita al presidente Barack Obama. Poi, nel pomeriggio, nel santuario nazionale dell Immacolata concezione presiederà la cerimonia di canonizzazione del francescano missionario spagnolo Junípero Serra. Giovedì 24, dopo la visita al Congresso degli Stati Uniti e a un centro Caritas parrocchiale per incontrare un gruppo di senzatetto, raggiungerà New York. E subito presiederà i vespri nella cattedrale di San Patrizio. Nella mattina di venerdì 25 settembre il Papa parlerà davanti all assemblea generale delle Nazioni Unite e incontrerà lo staff e il personale Onu. Prima di lui avevano preso la parola, dagli scranni del Palazzo di Vetro, Paolo VI, nel 1965, e gli stessi Wojtyła per ben due volte nel 1979 e nel 1995 e Ratzinger, nel Quindi Francesco pregherà con altri leader religiosi al memoriale di Ground Zero, AYOREO TOTOBIEGOSODE Sono l ultimo gruppo indigeno in isolamento rimasto, al di fuori dell Amazzonia, che rischia di estinguersi a causa della deforestazione provocata dalle attività delle aziende zootecniche nella foresta del Chaco, al confine tra Paraguay e Bolivia. Sono una delle 20 etnie indigene del Paraguay. La loro terra registra il tasso di deforestazione più alto al mondo. Gli ayoreo, nel loro isolamento, sono tra le popolazioni più autosufficienti del pianeta, ma se la loro terra non verrà protetta andranno incontro a una catastrofe. Il contatto ha portato con sé malattie, miseria e un immensa sofferenza alle famiglie. Reclamano sin dal 1993 la restituzione di ettari di terra. Attraverso la Pastorale indigena, la Conferenza episcopale del Paraguay ha inviato un testo al governo per tentare di suggerire una soluzione. GUERRA DELLA TRIPLICE ALLEANZA Senza dubbio il conflitto più sanguinoso degli ultimi due secoli di storia latino-americana fu combattuto dal 1865 al 1870 contro le forze congiunte di Brasile, Argentina e Uruguay. La popolazione paraguaiana passò da un totale di circa un milione e mezzo di persone a poco più di duecentomila, delle quali solo uomini. Tragedia che ha creato in larga parte l epica della donna paraguayana: furono infatti loro, le donne, in un Paraguay rimasto senza uomini, a ricostruirlo pezzo dopo pezzo. Un protagonismo diventato leggendario, ma che in realtà ha radici antiche e complesse. Secondo don Giuseppe Zanardini, salesiano da 35 anni in Paraguay, dove è oggi uno dei massimi antropologi, «quando gli spagnoli arrivarono nel 1537 fondarono Asunción come base militare. Il rapporto con gli indigeni fu tutto sommato pacifico e furono moltissimi i soldati che ebbero figli con donne guaraní. Ma qui si creò una situazione abbastanza unica rispetto alle altre colonie: i figli crescevano nei villaggi indigeni, parlando la lingua locale, allevati dalle madri e dall insieme della comunità, mentre i padri rimanevano lontani. Così è nato il Paraguay meticcio e questo è il motivo per cui la lingua guaraní è oggi quella del 90 per cento della popolazione. Lì si è forgiata anche una identità femminile molto forte. La donna come guida della famiglia, responsabile della crescita dei situato nell area del New World Trade Center, dove un tempo sorgevano le Torri gemelle distrutte durante gli attentati dell 11 settembre Nel pomeriggio, nel quartiere di Harlem, il Papa incontrerà bambini e famiglie immigrate, quindi celebrerà la messa al Madison Square G a rd e n. Infine sabato 26 raggiungerà Filadelfia per celebrare la messa in cattedrale. Nel pomeriggio, dopo aver incontrato la comunità ispanica e altri immigrati, parteciperà alla festa delle famiglie presiedendo la veglia di preghiera. Domenica 27, dopo un colloquio con i vescovi ospiti dell i n c o n t ro mondiale delle famiglie, Francesco si recherà in un penitenziario per visitare i detenuti. Nel pomeriggio celebrerà la messa conclusiva dell incontro mondiale, al termine della quale consegnerà il Vangelo di Luca alle famiglie di cinque città del mondo in rappresentanza dei cinque continenti: Hanoi, Kinshasa, L Avana, Marsiglia e Sydney. Alle 19.45, presso l aeroporto di Filadelfia, si svolgerà la cerimonia di congedo e il Papa partirà alla volta di Roma, dove l arrivo è previsto alle 10 del mattino di lunedì 28 settembre. Abitanti dello Yasuni National Park (Ecuador) figli ma anche del sostentamento economico». ITA I P Ú È la più grande centrale idroelettrica al mondo per generazione di energia ed è considerata una delle sette meraviglie di ingegneria civile del XX secolo. Costruita tra il 1975 e il 1991 lungo il fiume Paraná, sul confine tra Brasile e Paraguay, è gestita da una joint venture tra compagnie dei due Paesi confinanti. La centrale, la cui realizzazione è costata 25 miliardi di dollari, è costituita da 20 generatori con una potenza totale di 14 gigawatt e copre da sola il 90 per cento del fabbisogno di energia elettrica paraguaiano e il 25 per cento di quello brasiliano. Ed è proprio questo dato alla base di recriminazioni dei paraguayani per il prezzo considerato troppo basso a cui i brasiliani pagano quell elettricità. Nel 2013 la centrale ha prodotto 98,6 miliardi di chilowattora, più dei 98,1 terawattora delle Tre gole in Cina, anche se quest ultima centrale ha mw di potenza in più. L elettricità prodotta da Itaipú è stata determinante per lo sviluppo del Brasile (di cui lo scorso anno ha coperto da sola il 17 per cento della domanda elettrica) e soprattutto del Paraguay (di cui nel 2013 ha coperto il 75 per cento della domanda di elettricità). PACHAMAMA omama PACHA È la Dea Terra dei popoli andini del Sudamerica, tuttora venerata dalle genti che si riconoscono nella cultura inca, o da altri popoli abitanti l altipiano andino, quali gli aymara e i quechua. È la dea della terra, dell agricoltura e della fertilità. In occasione della visita del Papa l artista paraguayano Koki Ruiz ha costruito un enorme altare utilizzando una miscela di mais, noci di cocco, zucche e semi, che sarà utilizzato durante la messa dell 11 luglio. L altare, spiega Ruiz, rappresenta la generosità della natura e «il nostro mix di culture, che parlano attraverso i semi della Madre Terra». Oltre a più di spighe di grano, sull a l t a re ci saranno anche noci di cocco su cui sono stati incisi messaggi e auguri del popolo paraguayano diretti al Pontefice. PA R A G UAY Significa «il fiume che porta al mare» nella lingua dei guaraníes, una delle popolazioni seminomadi precolombiane che abitavano la regione coltivando mais e manioca. La sua attuale capitale, Asunción, venne fondata nel 1537 dagli spagnoli, divendo la base di partenza delle missioni gesuite tramite cui diffondere cristianesimo e civilizzazione in quest angolo di America.

4 pagina 4 L OSSERVATORE ROMANO giovedì 9 luglio 2015, numero 28 Dalla salvaguardia degli splendidi paesaggi naturali dell America latina, alla ricerca di una pace e di una giustizia sociale che siano rispettose dei diritti di tutti, soprattutto dei più poveri; dal riconoscimento della dignità di ogni persona, al rispetto dell identità culturale di ogni Paese contro la tendenza della globalizzazione a uniformare tutto. Sono questi, secondo il cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato, i temi più importanti del viaggio di Papa Francesco in Ecuador, Bolivia e Paraguay, il più lungo del pontificato, iniziato domenica 5 luglio. Il porporato che accompagna il Pontefice ne ha parlato in un intervista rilasciata al Centro televisivo vaticano alla vigilia della partenza. Nel rispondere alle domande di Barbara Castelli, il cardinale Parolin ha preso spunto dalle parole pronunciate da Papa Bergoglio in San Pietro il 12 dicembre scorso, nella solennità di Nostra Signora di Guadalupe. Citando la nota espressione del predecessore Giovanni Paolo II, che definiva l America latina il continente della speranza, Francesco spiegò che da essa «si attendono nuovi modelli di sviluppo che coniughino tradizione cristiana e progresso civile, giustizia e equità con riconciliazione, sviluppo scientifico e tecnologico con saggezza umana, sofferenza feconda con gioia speranzosa». E in questi elementi il segretario di Stato che è stato nunzio apostolico in Il Papa in America latina in un intervista del segretario di Stato Il viaggio più lungo Durante il volo verso Quito Venezuela ha individuato quella che definisce «la fisionomia dell America latina» in generale e, in particolare, anche dei tre Paesi che il Papa visita. L intervistatrice ha poi chiesto quale ruolo può giocare questa parte del mondo nella Chiesa e quali impulsi può offrire alla politica internazionale. Il porporato ha risposto descrivendo un «continente in movimento», nel quale sono evidenti «trasformazioni a ogni livello: culturale, economico, politico. Durante questi decenni ha spiegato esso ha potuto godere di una fase molto positiva, Telegrammi a capi di Stato Papa Francesco è partito alla volta di Quito dall aeroporto di Fiumicino alle 9.15 di domenica 5 luglio. Il congedo dalla residenza di Santa Marta in Vaticano è avvenuto in forma privata. Successivamente il Pontefice ha raggiunto in automobile lo scalo romano, dove è stato salutato, tra gli altri, dall arcivescovo Gänswein, prefetto della Casa Pontificia. Accompagnano il Papa: il cardinale Parolin, segretario di Stato; il prefetto della Segreteria per la comunicazione, monsignor Viganò, che è anche direttore del Centro Televisivo Vaticano; il segretario della Pontificia Commissione per l America latina, Carriquiry Lecour; i monsignori Marini, maestro delle Celebrazioni liturgiche pontificie, e Ravelli, cerimoniere pontificio; l agostiniano Del Rio Sendino, della sezione spagnola della Segreteria di Stato. Con loro anche gli aiutanti di Camera, Mariotti e Zanetti, il medico Polisca, il responsabile dell organizzazione del viaggio Gasbarri, il direttore della Radio Vaticana e della Sala stampa della Santa Sede, il gesuita Lombardi, e il direttore del nostro giornale. Subito dopo il decollo, Francesco ha inviato telegrammi ai capi di Stato dei Paesi sorvolati. Di seguito quello inviato al presidente della Repubblica italiana. A sua Eccellenza On. Sergio Mattarella Presidente della Repubblica Italiana Palazzo del Quirinale Roma Nel momento in cui lascio Roma per recarmi in Ecuador, Bolivia e Paraguay, per sostenere la missione della Chiesa locale e portare un messaggio di speranza, mi è caro rivolgere a lei, signor presidente, il mio deferente saluto, che accompagno con fervidi auspici per il benessere spirituale, civile e sociale del popolo italiano, cui invio volentieri la benedizione apostolica. FRANCISCUS P P. In un messaggio di risposta, il presidente della Repubblica italiana, Sergio Mattarella, ha fatto pervenire al Pontefice il suo «più sincero ringraziamento» sottolineando come l «Italia e la comunità internazionale guardano con grande interesse» a questa «missione nel continente latino-americano, in Paesi che, ciascuno con la propria specificità, vivono un periodo di grande fermento, sul piano politico, economico e sociale». Il presidente si è detto certo che la presenza del Papa in Ecuador, Bolivia e Paraguay «porterà un forte messaggio di fiducia per il futuro della regione» e un «incoraggiamento per quanti, in quei Paesi, vivono ancora in condizioni di povertà, degrado sociale e incertezza». che ha permesso alle persone di emergere dalla povertà estrema, di emanciparsi dalla miseria e di incorporarsi progressivamente nel ceto medio». Ha poi citato «gli accentuati fenomeni di urbanizzazione» che hanno dato vita «alle megalopoli dell America latina» e «altri fenomeni legati alla globalizzazione, che si percepisce in modo evidente anche in questa parte del mondo». Proprio di fronte a questi nuovi scenari, «che portano anche a una secolarizzazione della società latinoamericana, sebbene in forme che non sono omologabili con il mondo occidentale, la Chiesa ha scelto la via della conversione pastorale, della missionarietà, dell impegno missionario. E in questo senso può diventare paradigmatica per molte altre parti del mondo». Del resto, lo stesso magistero del Papa affonda le sue radici nel documento di Aparecida, che con i suoi riferimenti al primato della grazia, alla misericordia e al coraggio apostolico viene proposto con Francesco all intera Chiesa universale. Quanto agli aspetti politici, il porporato ha paragonato l America latina a «un laboratorio dove si stanno sperimentando nuovi modelli di partecipazione e forme più rappresentative», per dare «voce a fasce di popolazione che finora non erano state sufficientemente ascoltate. È la ricerca di una via propria alla democrazia, che tenga conto delle peculiarità di quei Paesi; che sappia coniugare la partecipazione di tutti quindi il pluralismo con le libertà fondamentali e il rispetto dei diritti umani». Approfondendo poi le singole realtà dei tre Paesi, il segretario di Stato ha dapprima ricordato che «in generale la Chiesa continua a esercitare un ruolo profetico di fronte a quelle che il Papa chiama le colonizzazioni ideologiche, cioè i tentativi di imporre modelli che non solo non sono adatti all ethos e alle tradizioni della popolazione, ma tante volte tendono proprio a sovvertirli». E il fronte principale su cui tali colonizzazioni cercano di imporsi è quello «della famiglia e della vita». Ecco perché, ha aggiunto, «la Chiesa dovrà continuare a predicare il Vangelo, che è un buona notizia anche nei confronti della famiglia e della vita, in questa situazione in cui si trova». Ciò vale in particolare per la prima tappa del viaggio papale, l Ecuador, dove nel 2014 i vescovi attraverso una lettera pastorale hanno rilanciato il ruolo della Chiesa nella società cercando ha detto il cardinale Parolin «di definire cosa si intende per una sana laicità». La Chiesa infatti chiede «solo la possibilità di esercitare la propria missione di contribuire al dibattito democratico, alla promozione di ogni persona umana e soprattutto dei gruppi più vulnerabili». Riguardo alla Bolivia, l intervistatrice ha fatto notare che il Pontefice sarà accolto dal presidente Evo Morales con cui condivide molte preoccupazioni: dai poveri, in un mondo in cui domina la finanza, alla tutela ambientale. Alla domanda se il Papa richiamerà la responsabilità della comunità internazionale su questi temi, il cardinale ha risposto che il Pontefice ha già espresso in molti suoi interventi e soprattutto nella recente enciclica Laudato si ripetuti «inviti alla salvaguardia del creato, della casa comune, come la chiama; alla giustizia sociale; a ricercare una pace che sia rispettosa dei diritti di tutti; a una società che sia più inclusiva dei poveri; e alla lotta contro le forme estreme di povertà, perché sia riconosciuta la dignità di ogni persona. E poi anche al rispetto di quella che è l identità culturale di ogni Paese, contro la tendenza della globalizzazione a uniformare tutto. E a evitare che i rapporti sociali siano commercializzati, economicizzati, ma rimangano con la loro caratteristica di ricchezza di ogni partecipante». Il cardinale Parolin ha concluso il suo excursus parlando del Paraguay, dove l episcopato, annunciando la visita, ha evidenziato che il Pontefice arriverà come un pellegrino, un missionario desideroso di accompagnare il popolo nel suo triennio dedicato all evangelizzazione della famiglia. «Il Papa ha commentato il porporato si inserisce nel cammino delle Chiese locali» e in questo caso si mette al fianco di quella paraguayana «nel suo itinerario catechetico e missionario, che in questo triennio sarà centrato sulla famiglia latinoamericana». Essa, ha concluso, rispecchia tanti valori. E in quello che è uno dei Paesi più giovani del mondo, le famiglie sono solide e numerose. Anche per l impegno a livello costituzionale sottolineato dal segretario di Stato per il rispetto della vita dal suo inizio fino alla sua fine. Ma anche qui, ha ammonito, la famiglia deve affrontare alcune sfide «come le famiglie unigenitoriali, dove la mamma porta da sola tutto il peso; o la disoccupazione e la sottoccupazione, che compromettono la stabilità e la vita normale delle famiglie; o la droga che destabilizza». Ecco allora che Francesco «vuole essere presenza di vicinanza soprattutto alle famiglie che soffrono per uno di questi motivi, e di incoraggiamento per andare avanti». Buon viaggio anche dai clochard Come è ormai tradizione, Papa Francesco alla vigilia della partenza, nella serata di sabato 4 luglio, si è recato nella basilica di Santa Maria Maggiore per affidare alla Vergine il suo viaggio in America latina. Il Pontefice ha deposto davanti all immagine della Salus populi Romani un mazzo di fiori caratterizzato dai colori delle bandiere dei tre Paesi in cui si reca e si è trattenuto in preghiera per circa venti minuti. La mattina successiva, prima di raggiungere l aeroporto di Fiumicino, Francesco ha ricevuto il saluto di otto clochard tra i quali due donne che vivono in ripari di fortuna nella zona di San Pietro e che usufruiscono del servizio docce allestito sotto il colonnato. L incontro è avvenuto in presenza dell elemosiniere, l a rc i v e s c o v o Krajewski, che li ha accompagnati, ed è durato alcuni minuti. Al termine il Papa ha dato la sua benedizione ai senzatetto.

5 numero 28, giovedì 9 luglio 2015 L OSSERVATORE ROMANO pagina 5 In Ecuador il Papa esalta la bellezza naturale del Paese e richiama due simboli di Cristo e della Chiesa Le chiavi del futuro Valorizzazione delle differenze, partecipazione, dialogo, tutela dei più deboli Al l aeroporto di Quito, dove il Pontefice è giunto nel pomeriggio di domenica 5 luglio (quando in Italia erano circa le 22), si è svolta la cerimonia di benvenuto, alla presenza, fra gli altri, del presidente dell Ecuador, Rafael Signor Presidente, Distinte Autorità del Governo, Fratelli nell Episcopato, Signore e Signori, amici tutti, ringrazio Dio per avermi concesso di venire di nuovo in America Latina e di trovarmi oggi qui con voi, in questa bella terra dell Ecuador. Provo gioia e gratitudine nel vedere il caloroso benvenuto: è una prova in più del carattere accogliente che distingue così bene le genti di questa nobile Nazione. La ringrazio, Signor Presidente, per le sue parole la ringrazio per la sua consonanza con il mio pensiero: mi ha citato troppo, grazie!, che ricambio con i miei migliori auguri per il compimento della Sua missione: che possa realizzare quanto desidera per il bene del suo popolo. Saluto cordialmente le distinte Autorità del Governo, i miei fratelli Vescovi, i fedeli della Chiesa nel Paese e tutti coloro che oggi mi aprono le porte del loro cuore, della loro famiglia e della loro Patria. A tutti voi il mio affetto e la mia sincera riconoscenza. Ho visitato l Ecuador in diverse occasioni per motivi pastorali; così anche oggi, vengo come testimone della misericordia di Dio e della fede in Gesù Cristo. La stessa fede che per secoli ha plasmato l identità di questo popolo e ha dato tanti buoni frutti, tra i quali risaltano figure luminose come santa Marianna di Gesù, il santo fratello Michele Febres, santa Narcisa di Gesù o la beata Mercedes di Gesù Molina, beatificata a Guayaquil trent anni fa durante la visita del Papa san Giovanni Paolo II. Essi hanno vissuto la fede con intensità ed entusiasmo, e praticando la misericordia hanno contribuito, in diversi ambiti, a migliorare la società ecuadoriana del loro tempo. Oggi, anche noi possiamo trovare nel Vangelo le chiavi che ci permettono di affrontare le sfide attuali, apprezzando le differenze, promuovendo il dialogo e la partecipazione senza esclusioni, affinché i passi Sull aereo con i giornalisti Dopo il decollo da Roma, il Papa ha voluto incontrare i 75 giornalisti che lo stanno accompagnando nel viaggio. Dal microfono padre Lombardi ha sottolineato la grande quantità di richieste di accredito oltre cento pervenute alla Sala stampa della Santa Sede e ha informato il Pontefice che un migliaio di operatori dell informazione seguono la visita nelle cinque città interessate: Quito e Guayaquil, La Paz e Santa Cruz de la Sierra, Asunción. Francesco da parte sua ha ringraziato per il lavoro «molto impegnativo» che attende i media, sottolineando che «dare notizie delle cose che accadono» in questi otto giorni può servire «a fare tanto bene». Infine, augurando «buon viaggio», ha salutato personalmente ciascuno dei presenti. Correa, che ha rivolto a Francesco un indirizzo di saluto. Rispondendo alle sue parole il Papa ha pronunciato in spagnolo il discorso che pubblichiamo in una traduzione italiana. avanti in progresso e sviluppo che si stanno ottenendo si consolidino e garantiscano un futuro migliore per tutti, riservando una speciale attenzione ai nostri fratelli più fragili e alle minoranze più vulnerabili, che sono il debito che ancora ha tutta l America Latina. Per questo scopo, Signor Presidente, potrà contare sempre sull impegno e la collaborazione della Chiesa, per servire questo popolo ecuadoriano che si è alzato in piedi con dignità. Amici tutti, comincio con attese e con speranza i giorni che abbiamo davanti. In Ecuador si trova il punto più vicino allo spazio esterno: è il Chimborazo, chiamato per questo il luogo più vicino al sole, alla luna e alle stelle. Noi cristiani paragoniamo Gesù Cristo con il sole, e la luna con la Chiesa; e la luna non ha luce propria, e se la luna si nasconde dal sole diventa scura. Il sole è Gesù Cristo, e se la Chiesa si separa o si nasconde da Gesù Cristo diventa oscura e non dà testimonianza. Che in queste giornate si renda più evidente a tutti noi la vicinanza del «sole che sorge dall alto» (cfr. Lc 1, 78), e che siamo riflesso della sua luce, del suo amore. Da qui voglio abbracciare l i n t e ro Ecuador. Dalla cima del Chimborazo, fino alla costa del Pacifico; dalla selva amazzonica fino alle isole Galápagos; non perdete mai la capacità di rendere grazie a Dio per quello che ha fatto e fa per voi; la capacità di difendere il piccolo e il semplice, di aver cura dei vostri bambini e dei vostri anziani, che sono la memoria del vostro popolo, di avere fiducia nella gioventù, e di provare meraviglia per la nobiltà della vostra gente e la bellezza singolare del vostro Paese che secondo il Signor Presidente è il paradiso [si riferisce a un e s p re s s i o n e del discorso del Presidente]. Che il Sacro Cuore di Gesù e il Cuore Immacolato di Maria, ai quali l Ecuador è stato consacrato, effondano su di voi grazia e benedizione. Tante grazie! Il sole e la luna Sono state tantissime, sicuramente alcune centinaia di migliaia, le persone che si sono riversate nelle vie di Quito per salutare con coloratissimi petali di fiori Papa Francesco al suo ritorno in America latina. In un viaggio che dopo quello a Rio de Janeiro per la giornata mondiale della gioventù appuntamento fissato già dal suo predecessore, ma rivelatosi programmatico pochi mesi dopo l inizio del pontificato è il primo americano deciso da Bergoglio, che visiterà Ecuador, Bolivia e Paraguay. Appena arrivato dopo un lungo volo, il Pontefice è stato accolto all aeroporto dal presidente ecuadoriano Rafael Correa, con un appassionato discorso nel quale, definendo l ospite un «gigante morale» sullo scenario internazionale, ha mostrato in più punti una convergenza con le sue preoccupazioni. E a sottolineare subito dopo questa «consonanza» è stato lo stesso Papa, che si è presentato come testimone della misericordia di Dio e della fede in Gesù Cristo. Nel Vangelo ha detto infatti Bergoglio è possibile trovare le chiavi per affrontare le sfide di oggi: valorizzando le differenze e favorendo il dialogo. Ma con un attenzione particolare a chi è più fragile e alle minoranze più vulnerabili, che sono ancora «il debito di tutta l America latina» ha aggiunto. E in questo impegno, a cui si era riferito Correa, la Chiesa sarà sempre disposta a collaborare con lo Stato «per servire questo popolo ecuadoriano che si è alzato in piedi con dignità» ha assicurato il Papa. Tra le cime andine del Paese quella imponente del Chimborazo è geograficamente il punto della terra più vicino al sole e alla luna, ha ricordato Bergoglio. E nell evocare i due astri Papa Francesco ha accennato a un tema caro a lui e al suo predecessore, osservando che nella tradizione cristiana sono immagine rispettivamente di Gesù «sole che nasce dall alto» e della Chiesa. Come la luna, infatti, questa non brilla di luce propria ma viene illuminata appunto da Cristo, e quando esce dalla sua luce e se ne allontana non è più sua testimone, si oscura. Per essere dunque riflesso della luce e dell amore del Signore il popolo dell Ecuador ha concluso il Pontefice non deve p erdere «mai la capacità di rendere grazie a Dio per quello che ha fatto e fa per voi; la capacità di difendere il piccolo e il semplice, di aver cura dei vostri bambini e dei vostri anziani, che sono la memoria del vostro popolo, di avere fiducia nella gioventù, e di provare meraviglia per la nobiltà della vostra gente e la bellezza singolare» del Paese. Che «secondo il presidente è il paradiso» ha aggiunto Bergoglio riprendendo una frase di Correa, allusiva anche alla necessità di p ro t e g g e r l o. g. m.v.

6 pagina 6 L OSSERVATORE ROMANO giovedì 9 luglio 2015, numero 28 A Guayaquil il Papa ricorda le nozze di Cana e invoca sostegno alla famiglia Una grande ricchezza sociale Anche quello che sembra impuro, o scandalizza, Dio può trasformarlo in miracolo Nel santuario della Divina Misericordia Vi porterò tutti nel cuore Prima di recarsi nella grande spianata di Los Samanes a Guayaquil, nella mattina di lunedì 6 luglio il Papa ha fatto una breve visita al vicino santuario della Divina Misericordia. Dopo aver recitato una Avemaria con le duemila persone radunate in chiesa fra queste anche anziani e malati che il Papa si è fermato a salutare Fr a n c e s c o ha promesso loro: «Ora celebrerò la messa e vi porterò tutti nel cuore. Pregherò per ognuno di voi, dirò al Signore, tu conosci il nome di quanti erano qui». Riferendosi poi alla venerazione locale, ha aggiunto: «Chiederò a Gesù per ognuno di voi molta misericordia, che vi ricopra con la sua misericordia, che si prenda cura di voi. E alla Vergine che vi stia sempre accanto». Quindi il Pontefice ha scherzato con i presenti: «Vi do la benedizione ma... no, non vi farò pagare nulla,... ma vi chiedo per favore di pregare per me. Me lo promettete?». Infine ha ringraziato tutti per la loro «testimonianza cristiana». Ai fedeli di Quito l invito all aiuto reciproco I fiori di santa Marianna Un milione di persone hanno gremito la grande spianata del parco de Los Samanes, a Guayaquil, per partecipare alla messa celebrata dal Pontefice nella mattina di lunedì 6 luglio e dedicata alle famiglie. Di seguito una traduzione italiana dell omelia pronunciata da Francesco. Il brano del Vangelo che abbiamo ora ascoltato (Gv 2, 1-11) rappresenta il primo segno prodigioso che si realizza nella narrazione del Vangelo di Giovanni. La preoccupazione di Maria, divenuta supplica a Gesù: «Non hanno più vino» Gli dice, e il riferimento a l ora si comprenderanno dopo, nei racconti della Passione. Ed è bene che sia così, perché questo ci permette di scorgere l ansia di Gesù di insegnare, accompagnare, guarire e rallegrare a partire da quell appello di sua madre: «Non hanno più vino». Le nozze di Cana si rinnovano in ogni generazione, in ogni famiglia, in ognuno di noi e nei nostri sforzi perché il nostro cuore riesca a trovare stabilità in amori duraturi, in amori fecondi, in amori gioiosi. Facciamo spazio a Maria, la madre, come afferma l Evangelista. E facciamo ora insieme a lei l itinerario di Cana. Maria è attenta, è attenta in quelle nozze già iniziate, è sollecita verso le necessità degli sposi. Non si isola in sé stessa, centrata nel proprio mondo, al contrario, l amore la fa essere verso gli altri. Nemmeno cerca le amiche per commentare quello che sta succedendo e criticare la cattiva preparazione delle nozze. E perché sta attenta, con la sua discrezione, si rende conto che manca il vino. Il vino è segno di gioia, di amore, di abbondanza. Quanti adolescenti e giovani percepiscono che nelle loro case ormai da tempo non c è più di quel vino! Quante donne sole e rattristate si domandano quando l amore se n è andato, quando l amore è colato via dalla loro vita! Quanti anziani si sentono lasciati fuori dalle feste delle loro famiglie, abbandonati in un angolo e ormai senza il nutrimento dell amore quotidiano dei loro figli, dei loro nipoti, pronipoti! La mancanza di quel vino può essere anche la conseguenza della mancanza di lavoro, delle malattie, delle situazioni problematiche che le nostre famiglie in tutto il mondo attraversano. Maria non è una madre che p re t e n d e, nemmeno è una suocera che vigila per divertirsi delle nostre inesperienze, dei nostri errori o delle disattenzioni. Maria, semplicemente, è madre! È presente, attenta e premurosa. È bello ascoltare questo: Maria è Madre. Provate a dirlo tutti insieme con me? Forza: Maria è Madre! Ancora: Maria è Madre! Ancora: Maria è Madre! Maria però, in quel momento in cui si accorge che manca il vino, si rivolge con fiducia a Gesù. Questo significa che Maria prega. Non va dal maggiordomo, ma presenta direttamente la difficoltà degli sposi a suo Figlio. La risposta che riceve C O N T I N UA A PA G I N A 10 Uscendo dalla cattedrale di Quito, nella serata di lunedì 6 luglio, Francesco ha benedetto la folla di fedeli improvvisando il breve saluto che riportiamo in una traduzione italiana a pagina 10. Di seguito il discorso che il Pontefice aveva preparato per l occasione. Cari fratelli, Vengo a Quito come pellegrino, per condividere con voi la gioia di evangelizzare. Sono partito dal Vaticano salutando l immagine di santa Marianna di Gesù, che dall abside della Basilica di San Pietro veglia sul cammino che il Papa tante volte compie. Ad essa ho raccomandato anche i frutti di questo viaggio, chiedendole che tutti noi possiamo imparare dal suo esempio. Il suo sacrificio e la sua eroica virtù si rappresentano con un giglio. Tuttavia, nella statua dietro la Basilica di San Pietro viene ritratta con un intero mazzo di fiori, perché presenta al Signore, nel cuore della Chiesa, insieme al suo, i fiori di tutti voi, quelli di tutto l E c u a d o r. I santi ci invitano a imitarli, a porsi alla loro scuola, come hanno fatto santa Narcisa di Gesù e la beata Mercedes di Gesù Molina, interpellate dall esempio di santa Marianna. A quanti oggi sono qui e soffrono o hanno sofferto come orfani, a coloro che, pur essendo ancora piccoli, hanno dovuto badare ai fratelli, C O N T I N UA A PA G I N A 10 Il vino m i g l i o re A tre mesi dal sinodo dei vescovi Papa Francesco ha tessuto un elogio della famiglia realistico e commovente. Spiegando a Guayaquil davanti a oltre un milione di persone il singolare e misterioso racconto evangelico delle nozze di Cana, il Pontefice ha ripercorso la narrazione giovannea da un punto di vista particolare: ha cioè insistito sulla preoccupazione di Maria, la madre di Gesù che durante la festa degli sposi si accorge della mancanza di vino, e ha in questo modo mostrato nonostante interessate strumentalizzazioni il motivo della sua insistenza, sin dall inizio del pontificato, sul tema cruciale della famiglia, un argomento che tocca tutti, non solo i credenti. Le nozze di Cana si ripetono a ogni generazione, «perché il nostro cuore riesca a trovare stabilità in amori duraturi, in amori fecondi, in amori gioiosi». Il vino è infatti segno di gioia, amore, abbondanza: «Quanti adolescenti e giovani percepiscono che nelle loro case ormai da tempo non c è più di quel vino! Quante donne sole e rattristate si domandano quando l amore se n è andato, quando l amore è colato via dalla loro vita! Quanti anziani si sentono lasciati fuori dalle feste delle loro famiglie, abbandonati in un angolo e ormai senza il nutrimento dell amore quotidiano dei loro figli, dei loro nipoti, pronipoti!» ha esclamato accorato il Papa. E poi ci sono la mancanza di lavoro, le malattie, le «situazioni problematiche che le nostre famiglie in tutto il mondo attraversano». Ecco, tutto questo in un attualizzazione originale del racconto di Giovanni spiega la sollecitudine del Pontefice per il tema affidato al percorso sinodale, e con un coinvolgimento senza precedenti delle comunità cattoliche in tutto il mondo. Nella narrazione evangelica è Maria a rivolgersi al figlio, a pregarlo, e a insegnarci in questo modo a «lasciare le nostre famiglie nelle mani di Dio», perché le «nostre preoccupazioni sono anche preoccupazioni di D io». Spesso infatti la famiglia non è il luogo che vorremmo. C è un dettaglio nel racconto delle nozze di Cana che deve farci riflettere, ha osservato Papa Francesco: il vino nuovo nasce dall acqua destinata alla purificazione. Così il prossimo sinodo deve trovare «soluzioni e aiuti concreti alle molte difficoltà e importanti sfide che la famiglia oggi deve affrontare», e per questo il Pontefice ha chiesto di pregare, «perché persino quello che a noi sembra impuro, come l acqua delle giare, che ci scandalizza o ci spaventa», venga trasformato da Dio in un miracolo. E «la famiglia oggi ha bisogno di questo miracolo» ha esclamato tra gli applausi dell enorme folla di fedeli. Di un altro dettaglio del racconto evangelico ha infine parlato Papa Francesco, perché gli invitati alle nozze hanno bevuto il vino migliore. «E questa è la buona notizia: il vino migliore è quello che sta per essere bevuto, la realtà più amabile, la più profonda e la più bella per la famiglia deve ancora arrivare» ha detto il Pontefice, nonostante ogni variabile e statistica contraria, chiedendo di ripetere anche ai disperati e ai disamorati: «Abbiate pazienza, abbiate speranza, fate come Maria, pregate, agite, aprite il cuore», perché «Dio si avvicina sempre alle periferie di coloro che sono rimasti senza vino». g. m.v.

7 numero 28, giovedì 9 luglio 2015 L OSSERVATORE ROMANO pagina 7 Nella messa a Quito il Papa ricorda il bicentenario dell indipendenza dell America latina Grido di libertà Evangelizzare è la nostra rivoluzione, perché la fede è sempre rivoluzionaria lii gaudium, 99), frutto della ferita del peccato nel cuore delle persone, le cui conseguenze si riversano anche sulla società e su tutto il creato. Proprio a questo mondo che ci sfida, con i suoi egoismi, Gesù ci invia, e la nostra risposta non è fare finta di niente, sostenere che non abbiamo mezzi o che la realtà ci supera. La Nel parco del Bicentenario, a Quito, il Papa ha celebrato martedì mattina, 7 luglio, la seconda messa pubblica della sua visita in Ecuador. Di fronte a una folla immensa di fedeli, Francesco ha pronunciato l omelia che pubblichiamo di seguito in una traduzione italiana. La parola di Dio ci invita a vivere l unità perché il mondo creda. Immagino quel sussurro di Gesù nell ultima cena come un grido, in questa Messa che celebriamo nella Piazza del Bicentenario. Immaginiamoli insieme. il Bicentenario di quel grido di indipendenza dell America Ispanofona. Quello è stato un grido nato dalla coscienza della mancanza di libertà, di essere spremuti e saccheggiati, «soggetti alle convenienze contingenti dei potenti di turno» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 213). Vorrei che oggi queste due grida concordassero nel segno della bella sfida dell evangelizzazione. Non con parole altisonanti, o termini complicati, ma una concordia che nasca dalla gioia del Vangelo, che «riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall isolamento» (ibid., 1), dalla coscienza isolata. Noi qui riuniti, tutti insieme alla mensa con Gesù, diventiamo un grido, un c l a m o re nato dalla convinzione che la sua presenza ci spinge verso l unità e «segnala un orizzonte bello, offre un banchetto desiderabile» (ibid., 14). «Padre, che siano una cosa sola perché il mondo creda» (cfr. Gv 17, 21): così Gesù manifestò il suo desiderio guardando il cielo. Nel cuore di Gesù sorge questa domanda in un contesto di invio: «Come tu mi hai mandato nel mondo, anch io li ho mandati nel mondo» (Gv 17, 18). In quel momento, il Signore sta sperimentando nella propria carne il peggio di questo mondo, che ama comunque alla follia: intrighi, sfiducia, tradimento, però non si nasconde, non si lamenta. Anche noi constatiamo quotidianamente che viviamo in un mondo lacerato dalle guerre e dalla violenza. Sarebbe superficiale ritenere che la divisione e l odio riguardano soltanto le tensioni tra i Paesi o i gruppi sociali. In realtà, sono manifestazioni di quel diffuso individualismo che ci separa e ci pone l uno contro l altro (cfr. Esort. ap. Evange- nostra risposta rie- cheggia il grido di Gesù e accetta la grazia e il compito dell unità. A quel grido di libertà che proruppe poco più di 200 anni fa non mancò né convinzione né forza, ma la storia ci dice che fu decisivo solo quando lasciò da parte i personalismi, l aspirazione ad un unica autorità, la mancanza di comprensione per altri processi di liberazione con caratteristiche diverse, ma non per questo antagoniste. E l evangelizzazione può essere veicolo di unità di aspirazioni, di sensibilità, di sogni e persino di certe utopie. Certamente lo può essere e questo noi crediamo e gridiamo. Già ho avuto modo di dire: «Mentre nel mondo, specialmente in alcuni Paesi, riappaiono diverse forme di guerre e scontri, noi cristiani insistiamo nella proposta di riconoscere l altro, di sanare le ferite, di costruire ponti, stringere relazioni e aiutarci a portare i pesi gli uni degli altri» (ibid., 67). L anelito all unità suppone la dolce e confortante gioia di evangelizzare, la convinzione di avere un bene immenso da comunicare, e che, comunicandolo, si radica; e qualsiasi persona che abbia vissuto questa esperienza acquisisce una sensibilità più elevata nei confronti delle necessità altrui (cfr. ibid., 9). Da qui, la necessità di lottare per l inclusione a tutti i livelli, lottare per l inclusione a tutti i livelli!, evitando egoismi, promuovendo la comunicazione e il dialogo, incentivando la collaborazione. «Bisogna affidare il cuore al compagno di strada senza sospetti, senza diffidenze... Affidarsi all altro è qualcosa di artigianale, la pace è artigianale» (ibid., 244). È impensabile che risplenda l unità se la mondanità spirituale ci fa stare in guerra tra di noi, alla sterile ricerca di potere, prestigio, piacere o sicurezza economica. E questo sulle spalle dei più poveri, dei più esclusi, dei più indifesi, di quelli che non perdono la loro dignità a dispetto del fatto che la colpiscono tutti i giorni. Questa unità è già un azione missionaria perché il mondo creda. L evangelizzazione non consiste nel fare proselitismo il proselitismo è una caricatura dell evangelizzazione ma nell attrarre con la nostra testimonianza i lontani, nell avvicinarsi umilmente a quelli che si sentono lontani da Dio e dalla Chiesa, avvicinarsi a quelli che si sentono giudicati e condannati a priori da quelli che si sentono perfetti e puri. Avvicinarci a quelli che hanno paura o agli indifferenti per dire loro: «Il Signore chiama anche te ad essere parte del suo popolo e lo fa con grande rispetto e amore» (ibid., 113). Perché il nostro Dio ci rispetta persino nella nostra bassezza e nel nostro peccato. Questa chiamata del Signore con che umiltà e con che rispetto lo descrive il testo dell Apocalisse: Vedi? Sto alla porta e chiamo; se vuoi aprire...; non forza, non fa saltare la serratura, semplicemente suona il campanello, bussa dolcemente e aspetta. Questo è il nostro Dio! La missione della Chiesa, come sacramento di salvezza, è coerente con la sua identità di Popolo in cammino, con la vocazione di incorporare nel suo sviluppo tutte le nazioni della terra. Quanto più intensa è la comunione tra di noi, tanto più sarà favorita la missione (cfr. Giovanni Paolo II, Pastores gregis, 22) Porre la Chiesa in stato di missione ci chiede di ricreare la comunione, dunque non si tratta solo di un azione verso l esterno; noi siamo missionari anche verso l interno e verso l esterno manifestandoci come si manifesta «una madre che va incontro, una casa accogliente, una scuola permanente di comunione missionaria» (Documento di Apare c i d a, 370). Questo sogno di Gesù è possibile perché ci ha consacrato: «Per loro io consacro me stesso dice, perché anch essi siano consacrati nella verità» (Gv 17, 19). La vita spirituale dell evangelizzatore nasce da questa verità così profonda, che non si confonde con alcuni momenti religiosi che offrono un certo sollievo una spiritualità piuttosto diffusa ; Gesù ci consacra per suscitare un incontro con Lui, da persona a persona, un incontro che alimenta l incontro con gli altri, l impegno nel mondo, la passione evangelizzatrice (cfr. Esort. ap. Evangelii gaudium, 78). L intimità di Dio, per noi incomprensibile, ci si rivela con immagini che ci parlano di comunione, comunicazione, donazione, amore. Per questo l unione che chiede Gesù non è uniformità ma la «multiforme armonia che attrae» (ibid., 117). L immensa ricchezza del diverso, il molteplice che raggiunge l unità ogni volta che facciamo memoria di quel Giovedì santo, ci allontana da tentazioni di proposte integraliste, più simili a dittature, ideologie o settarismi. La proposta di Gesù è concreta, non è un idea, è concreta: «Va e fa lo stesso», dice a quell uomo che gli chiede: «Chi è il mio prossimo?», dopo aver raccontato la parabola del buon samaritano: «Va e fa lo stesso». La proposta di Gesù non è neppure un aggiustamento fatto a nostra misura, nel quale siamo noi a porre le condizioni, scegliamo le parti in causa ed escludiamo gli altri. Una religiosità di élite... Gesù prega perché formiamo parte di una grande famiglia, nella quale Dio è nostro Padre e tutti noi siamo fratelli. Nessuno è escluso, e questo non trova il suo fondamento nell avere i medesimi gusti, le stesse preoccupazioni, i talenti. Siamo fratelli perché, per amore, Dio ci ha creato e ci ha destinati, per pura sua iniziativa, ad essere suoi figli (cfr. Ef 1, 5). Siamo fratelli perché «Dio ha infuso nei nostri cuori lo Spirito di suo Figlio, che grida: Abbà!, Padre!» (Gal 4, 6). Siamo fratelli perché, giustificati dal sangue di Cristo Gesù (cfr. Rm 5, 9), siamo passati dalla morte alla vita diventando «coeredi» della promessa (cfr. Gal 3, 26-29; Rm 8, 17). Questa è la salvezza che Dio compie e che la Chiesa annuncia con gioia: fare parte di un noi che porta fino al noi divino. Il nostro grido, in questo luogo che ricorda quel primo grido di libertà, attualizza quello di san Paolo: «Guai a me se non annuncio il Vangelo!» (1 Cor 9, 16). È tanto urgente e pressante come quello che manifestava il desiderio di indipendenza. Ha un fascino simile, ha lo stesso fuoco che attrae. Fratelli, abbiate i sentimenti di Gesù! Siate una testimonianza di comunione fraterna che diventa risplendente! E che bello sarebbe che tutti potessero ammirare come noi ci prendiamo cura gli uni degli altri, come ci diamo mutuamente conforto e come ci accompagniamo! Il dono di sé è quello che stabilisce la relazione interpersonale che non si genera dando cose, ma dando sé stessi. In qualsiasi donazione si offre la propria persona. D arsi significa lasciare agire in sé stessi tutta la potenza dell amore che è lo Spirito di Dio e in tal modo aprirsi alla sua forza creatrice. E darsi anche nei momenti più difficili, come in quel Giovedì Santo di Gesù in cui Lui sapeva come si tessevano i tradimenti e gli intrighi, ma si donò, si donò, si donò a noi con il suo progetto di salvezza. L uomo donandosi si incontra nuovamente con sé stesso, con la sua vera identità di figlio di Dio, somigliante al Padre e, in comunione con Lui, datore di vita, fratello di Gesù, del quale rende testimonianza. Questo significa evangelizzare, questa è la nostra rivoluzione perché la nostra fede è sempre rivoluzionaria questo è il nostro più profondo e costante grido. Al termine della messa il Papa ha salutato i fedeli con queste parole che pubblichiamo in una traduzione italiana. Cari fratelli, vi ringrazio per questa celebrazione, questo esserci riuniti intorno all altare del Signore, che ci chiede che siamo uno, che siamo veramente fratelli, che la Chiesa sia una casa di fratelli. Che Dio vi benedica. E vi chiedo di non dimenticarvi di pregare per me.

8 numero 28, giovedì 9 luglio 2015 L OSSERVATORE ROMANO pagina 8/9 L incontro conclusivo della terza giornata di Papa Francesco è stato con gli esponenti della società civile del Paese. Il Papa li ha salutati nella serata di martedì 7 luglio, nella chiesa di San Francisco, rivolgendo loro il discorso che pubblichiamo in una traduzione italiana. Cari amici, Buona sera, e scusate se mi metto di fianco, ma ho bisogno della luce sul foglio, non vedo bene. Sono lieto di essere con voi, uomini e donne che rappresentate e dinamizzate la vita sociale, politica ed economica del Paese. Appena prima di entrare in chiesa, il Signor Sindaco mi ha consegnato le chiavi della città. Quindi posso dire che qui, a San Francisco de Quito, sono di casa. La vostra dimostrazione di fiducia e di affetto, nell aprirmi le porte, mi permette di introdurre alcune chiavi del vivere insieme come cittadini a partire da questo essere di casa, cioè a partire dall esperienza della vita familiare. La nostra società vince quando ogni persona, ogni gruppo sociale, si sente veramente a casa. In una famiglia, i genitori, i nonni, i bambini sono di casa; nessuno è escluso. Se uno ha una difficoltà, anche grave, anche quando se l è c e rc a t a, gli altri vengono in suo aiuto, lo sostengono; il suo dolore è di tutti. Mi viene in mente l immagine di quelle donne, mogli, le ho viste a Buenos Aires nei giorni di visita fare la coda per entrare nel carcere, per vedere loro figlio, o loro marito, che non si era comportato bene, per dirlo in linguaggio semplice, ma non li abbandonano perché rimangono sempre di casa. Come ci insegnano queste donne! Nella società, non dovrebbe succedere lo stesso? E, tuttavia, le nostre relazioni sociali o il gioco politico, nel senso più ampio della parola non dimentichiamo che la politica, diceva Paolo VI, è una delle forme più alte di carità spesso questo nostro agire si basa sulla competizione, che produce lo scarto. La mia posizione, la mia idea, il mio progetto sono rafforzati se sono in grado di battere l altro, di impormi, di scartarlo. E così costruiamo una cultura dello scarto che oggi ha assunto dimensioni mondiali, di ampiezza... È essere famiglia questo? Nelle famiglie, tutti contribuiscono al progetto comune, tutti lavorano per il bene comune, ma senza annullare l individuo; al contrario, lo sostengono, lo promuovono. Litigano, ma c è qualcosa che non si smuove: quel legame familiare. I litigi di famiglia dopo sono riconciliazioni. Le gioie e i dolori di ciascuno sono fatti propri da tutti. Questo sì è essere famiglia! Se potessimo riuscire a vedere l avversario politico o il vicino di casa con gli stessi occhi con cui vediamo i bambini, le mogli, i mariti, i padri e le madri. Che bello sarebbe! Amiamo la nostra società, o rimane qualcosa di lontano, qualcosa di anonimo, che non ci coinvolge, non ci tocca, non ci impegna? Amiamo il nostro Paese, la comunità che stiamo cercando di costruire? La amiamo solo nei concetti discussi nel mondo delle idee? Sant Ignazio permettetemi l annuncio Papa Francesco indica il modello per la società civile Come essere famiglia Per vivere la gratuità, la solidarietà e la sussidiarietà pubblicitario sant Ignazio ci diceva negli Esercizi che l amore si dimostra più nelle opere che nelle parole. Amiamola, la società, più con le opere che con le parole! In ogni persona, nel concreto, nella vita che condividiamo. E inoltre ci diceva che l amore sempre si comunica, tende alla comunicazione, mai all isolamento. Due criteri che ci possono aiutare a guardare la società con altri occhi. Non solo a guardarla: a sentirla, a sentirla, a pensarla, a toccarla, a progettarla. A partire da questo affetto, scaturiranno gesti semplici che rafforzano i legami p e rs o n a l i. In diverse occasioni ho fatto riferimento all importanza della famiglia come cellula della società. In famiglia, le persone ricevono i valori fondamentali dell amore, della fraternità e del reciproco rispetto, che si traducono in valori sociali essenziali, e sono la gratuità, la solidarietà e la sussidiarietà. Dunque, partendo da questo essere di casa, guardando la famiglia, pensiamo alla società attraverso questi valori sociali che assorbiamo a casa, in famiglia: la gratuità, la solidarietà, la sussidiarietà. La gratuità. Per i genitori tutti i figli, anche se ciascuno ha la sua indole, sono ugualmente degni d amore. Invece, quando il bambino si rifiuta di condividere quello che riceve gratuitamente da loro, dai genitori, rompe questa relazione, o entra in crisi, fenomeno più comune. Le prime reazioni, che a volte sono precedenti alla consapevolezza stessa della madre, incominciano quando la madre è in gravidanza: il bimbo incomincia ad avere comportamenti strani, incomincia a voler rompere, perché nella sua psiche si accende una spia rossa: attenzione che c è competizione, attenzione che non sei più l unico. È curioso. L amore dei genitori lo aiuta ad uscire dal suo egoismo per imparare a vivere insieme con colui o colei che arriva e con gli altri, per imparare a rinunciare per aprirsi all altro. A me piace chiedere ai bambini: «Se hai due caramelle e viene un amico, che fai?». Generalmente mi dicono: «Gliene do una». Generalmente. «E se hai una caramella e viene il tuo amico, che fai?». Lì sono incerti, e vanno dal «gliela do», al «la dividiamo», al «me la metto in tasca». Il bambino che impara ad aprirsi all a l t ro. Nell ambito sociale questo significa che la gratuità non è un complemento ma un requisito necessario per la giustizia. La gratuità è requisito necessario per la giustizia. Quello che siamo e abbiamo ci è stato donato per metterlo al servizio degli altri gratis lo abbiamo ricevuto, gratis lo diamo ; il nostro compito consiste nel farlo fruttificare in opere buone. I beni sono destinati a tutti, e per quanto uno ostenti la sua proprietà che è legittimo pesa su di essi un ipoteca sociale. Sempre. Così si supera il concetto economico di giustizia, basato sul principio di compravendita, con il concetto di giustizia sociale, che difende il diritto fondamentale dell individuo a una vita degna. E, sempre a proposito della giustizia, lo sfruttamento delle risorse naturali, così abbondanti in Ecuador, non deve ricercare il guadagno immediato. Essere custodi di questa ricchezza che abbiamo ricevuto ci impegna con la società nel suo insieme e con le generazioni future, alle quali non potremo lasciare in eredità questo patrimonio senza una cura adeguata dell ambiente, senza una coscienza di gratuità che scaturisce dalla contemplazione del creato. Ci accompagnano oggi qui fratelli di popoli indigeni provenienti dall Amazzonia ecuadoriana. Quella zona è una delle «più ricche di varietà di specie, di specie endemiche, poco frequenti o con minor grado di protezione efficace. Ci sono luoghi che richiedono una cura particolare a motivo della loro enorme importanza per l ecosistema mondiale [poiché ha] una biodiversità di grande complessità, quasi impossibile da conoscere completamente, ma quando quella zona viene bruciata o distrutta per aumentare le coltivazioni, in pochi anni si perdono innumerevoli specie, o tali aree si trasformano in aridi deserti» (Enc. Laudato si, 37-38). E là l Ecuador insieme ad altri Paesi della fascia amazzonica ha l opportunità di praticare la pedagogia di una ecologia integrale. Noi abbiamo ricevuto il mondo in eredità dai nostri genitori, ma ricordiamo anche che lo abbiamo ricevuto come un prestito dai nostri figli e dalle generazioni future alle quali lo dobbiamo consegnare. E migliorato! E questo è gratuità! Dalla fraternità vissuta in famiglia, nasce il secondo valore: la solidarietà nella società, che non consiste solo nel dare ai bisognosi, ma nell essere responsabili l uno dell altro. Se vediamo nell altro un fratello, nessuno può rimanere escluso, nessuno può rimanere separato. L Ecuador, come molte nazioni latinoamericane, sperimenta oggi profondi cambiamenti sociali e culturali, nuove sfide che richiedono la partecipazione di tutti i soggetti interessati. La migrazione, la concentrazione urbana, il consumismo, la crisi della famiglia, la disoccupazione, le sacche di povertà producono incertezze e tensioni che costituiscono una minaccia per la convivenza sociale. Le norme e le leggi, così come i progetti della comunità civile, devono cercare l inclusione, per favorire spazi di dialogo, spazi di incontro e quindi lasciare al ricordo doloroso qualunque tipo di repressione, il controllo illimitato e la sottrazione di libertà. La speranza di un futuro migliore richiede di offrire reali opportunità ai cittadini, soprattutto ai giovani, creando occupazione, con una crescita economica che arrivi a tutti, e non rimanga nelle statistiche macroeconomiche, creando uno sviluppo sostenibile che generi un tessuto sociale forte e ben coeso. Se non c è solidarietà questo è impossibile. Ho accennato ai giovani e alla mancanza di lavoro. A livello mondiale è allarmante. Paesi europei che erano ad alto livello alcuni decenni fa, adesso stanno subendo nella popolazione giovanile dai 25 anni in giù un 40/50 per cento di disoccupazione. Se non c è solidarietà questo non si risolve. Dicevo ai Salesiani [a Torino]: «Voi, che Don Bosco ha fondato per educare, oggi, educazione di emergenza per quei giovani che non hanno lavoro!». Perché? Emergenza per prepararli a piccoli lavori che diano loro la dignità di poter portare il pane a casa. A questi giovani disoccupati, che sono quelli che chiamiamo i né né : né studiano né lavorano, che prospettiva rimane? Le dipendenze, la tristezza, la depressione, il suicidio non si pubblicano integralmente le statistiche sui suicidi giovanili o arruolarsi in progetti di follia sociale, che almeno presentino loro un ideale? Oggi ci è chiesto di curare, in modo speciale, con solidarietà, questo terzo settore di esclusione della cultura dello scarto. Il primo sono i bambini, perché o non li si vuole ci sono Paesi sviluppati che hanno una natalità quasi dello zero per cento, o li si uccide prima che nascano. Poi gli anziani, che si abbandonano e li si lascia e si dimentica che sono la saggezza e la memoria del loro popolo. Li si scarta. E adesso è venuto il turno dei giovani. A chi hanno lasciato il posto? Ai servitori dell egoismo, del dio denaro che sta al centro di un sistema che ci schiaccia tutti. Infine, il rispetto per l a l t ro che si apprende in famiglia, si traduce in ambito sociale nella sussidiarietà. Dunque: gratuità, solidarietà, sussidiarietà. Accettare che la nostra scelta non è necessariamente l unica legittima è un sano esercizio di umiltà. Riconoscendo ciò che c è di buono negli altri, anche con i loro limiti, vediamo la ricchezza che caratterizza la diversità e il valore di complementarietà. Gli uomini, i gruppi hanno il diritto di compiere il loro cammino, anche se questo a volte porta a commettere errori. Nel rispetto della libertà, la società civile è chiamata a promuovere ogni persona e agente sociale così che possa assumere il proprio ruolo e contribuire con la propria specificità al bene comune. Il dialogo è necessario, essenziale per arrivare alla verità, che non può essere imposta, ma cercata con sincerità e spirito critico. In una democrazia partecipativa, ciascuna delle forze sociali, i gruppi indigeni, gli afro-ecuadoriani, le donne, le aggregazioni civili e quanti lavorano per la collettività nei servizi pubblici, sono protagonisti essenziali in tale dialogo, non sono spettatori. Le pareti, i cortili e i chiostri di questo luogo lo dicono con maggiore eloquenza: appoggiato su elementi della cultura Inca e Caranqui, la bellezza delle loro forme e proporzioni, l audacia dei loro stili diversi combinati in maniera mirabile, le opere d arte che vengono chiamate scuola di Quito, riassumono un ampio dialogo, con successi ed errori, della storia ecuadoriana. L oggi è pieno di bellezza, e se è vero che in passato ci sono stati sbagli e soprusi, come negarlo?, anche nelle nostre storie personali, come negarlo?, possiamo dire che l amalgama irradia tanta esuberanza che ci permette di guardare al futuro con grande speranza. Anche la Chiesa vuole collaborare nella ricerca del bene comune, con le sue attività sociali, educative, promuovendo i valori etici e spirituali, essendo segno profetico che porta un raggio di luce e di speranza a tutti, specialmente ai più bisognosi. Molti mi chiederanno: Padre, perché parla tanto dei bisognosi, delle persone bisognose, delle persone Nella sede della pontificia università cattolica dell Ecuador, a Quito, il Papa ha incontrato martedì pomeriggio, 7 luglio, i rappresentanti del mondo scolastico e accademico del Paese, ai quali ha rivolto il discorso che riportiamo in una traduzione italiana. Fratelli nell Episcopato, Signor Rettore, Distinte autorità, Cari professori e alunni, Amici e amiche! Provo una grande gioia nel trovarmi questo pomeriggio insieme a voi in questa Pontificia Università dell Ecuador, che da quasi settant anni realizza e attualizza la fruttuosa missione educatrice della Chiesa al servizio degli uomini e delle donne della Nazione. Vi ringrazio per le gentili parole con cui mi avete accolto e mi avete trasmesso le inquietudini e le speranze che sorgono in voi davanti alla sfida, personale e sociale, dell educazione. Ma vedo che ci sono alcuni nuvoloni all orizzonte, spero che non venga la tempesta, non più di una p i o g g e re l l a. Nel Vangelo abbiamo ascoltato come Gesù, il Maestro, insegnava alla folla e al piccolo gruppo dei discepoli, adeguandosi alla loro capacità di comprensione. Lo faceva con parabole, come quella del seminatore (Lc 8, 4-15). Il Signore è stato sempre plastico nel modo di insegnare. In modo che tutti potessero capire. Gesù non cercava di s d o t t o r a re. Al contrario, vuole arrivare al cuore dell uomo, al suo ingegno, alla sua vita, affinché questa dia frutto. La parabola del seminatore ci parla di coltivare. Ci indica i tipi di terreno, i tipi di semina, i tipi di frutto e la relazione che tra essi si crea. Già dalla Genesi, Dio sussurra all uomo questo invito: coltivare e custodire (cfr. Gen 2, 15). Non gli dà solamente la vita, gli dà la terra, il creato. Non gli dà solamente una compagna e infinite possibilità. Gli fa anche un invito, gli dà una missione. Lo invita a far parte della sua opera creatrice e gli dice: coltiva! Ti do le sementi, ti do la terra, l acqua, il sole, ti do le tue mani e quelle dei tuoi fratelli. Ecco, è anche tuo. È un regalo, è un dono, è un offerta. Non è qualcosa di acquistato, non è qualcosa che si compra. Ci precede e ci succederà. È un dono dato da Dio affinché con Lui possiamo farlo nostro. Dio non vuole un creato per sé, per guardare sé stesso. Tutto al contrario. Il creato è un dono che dev essere condiviso. È lo spazio che Dio ci dà per costruire con noi, per costruire un noi. Il mondo, la storia, il tempo, è il luogo dove andiamo a costruire il noi con Dio, il noi con gli altri, il noi con la terra. La nostra vita nasconde sempre questo invito, un invito più o meno consapevole, che permane sempre. Notiamo però una particolarità. Nel racconto della Genesi, insieme alla parola c o l t i v a re, immediatamente ne dice un altra: custo dire, avere cura. Una si comprende a partire dall altra. Una mano va verso l altra. Non coltiva chi non ha cura e non ha cura chi non coltiva. Non solo siamo invitati ad essere Al mondo dell istruzione appello alla responsabilità per l ambiente Coltivare è avere cura Non possiamo girare le spalle ai fratelli e alla madre terra facendola crescere, sviluppandola, ma siamo anche invitati ad averne cura, a proteggerla, custodirla. Oggi questo invito si impone a noi con forza. Non come una semplice raccomandazione, ma come un esigenza che nasce «per il principali capitali del mondo scendono di due o tre punti si monta un grande scandalo mondiale. Io mi domando: D ov è tuo fratello? E vi chiedo di farvi ancora, ciascuno, questa domanda, e di farla all Università, alla vostra Università male che le provochiamo, a causa Cattolica: Dov è tuo fratello? dell uso irresponsabile e dell abuso dei beni che Dio ha posto in lei. Siamo cresciuti pensando che eravamo suoi proprietari e dominatori, autorizzati a In questo contesto universitario sarebbe bello interrogarci sulla nostra educazione di fronte a questa terra che grida verso il cielo. saccheggiarla... per questo, fra i poveri Le nostre scuole sono un vivaio, più abbandonati e maltrattati, c è la una possibilità, terra fertile per curare, nostra oppressa e devastata terra» stimolare e proteggere. Terra fertile assetata di vita. (Enc. Laudato si, 2). Esiste una relazione fra la nostra vita e quella della nostra madre terra. Mi chiedo insieme con voi educatori: vegliate sui vostri studenti aiutandoli a Fra la nostra esistenza e il dono che sviluppare uno spirito critico, uno spirito libero, in grado di prendersi cura del Dio ci ha dato. «L ambiente umano e l ambiente naturale si degradano insieme, e non potremo affrontare adegua- mondo d oggi? Uno spirito che sia in grado di trovare nuove risposte alle tamente il degrado ambientale, se non molte sfide che la società oggi pone prestiamo attenzione alle cause che all umanità? Siete in grado di incoraggiarli a non ignorare la realtà che li cir- hanno attinenza con il degrado umano e sociale» (ibid., 48). Però così come conda? A non ignorare ciò che succede diciamo «si degradano», allo stesso intorno? Siete capaci di stimolarli a modo possiamo dire «si sostengono e questo? A questo scopo bisogna farli si possono trasfigurare». È una relazione che custodisce una possibilità, uscire dall aula, la loro mente bisogna che esca dall aula, il loro cuore bisogna tanto di apertura, di trasformazione, che esca dall aula. Come entra nei diversi programmi universitari o nelle di- di vita, quanto di distruzione e di morte. verse aree di lavoro educativo la vita Una cosa è certa: non possiamo continuare a girare le spalle alla nostra realtà, ai nostri fratelli, alla nostra madre terra. Non ci è consentito ignorare quello che sta succedendo attorno a intorno a noi con le sue domande, i suoi interrogativi, le sue questioni? Come generiamo e accompagniamo il dibattito costruttivo, che nasce dal dialogo in vista di un mondo più umano? Il escluse, delle persone ai margini della noi come se determinate situazioni dialogo, quella parola-ponte, quella parola strada? Semplicemente perché questa non esistessero o non avessero nulla a che crea ponti. realtà e la risposta a questa realtà sta nel che vedere con la nostra realtà. Non ci E c è una riflessione che ci coinvolge cuore del Vangelo. E proprio perché è lecito, di più, non è umano entrare tutti: le famiglie, le scuole, i docenti: l atteggiamento che prendiamo di fronte nel gioco della cultura dello scarto. come possiamo aiutare i nostri giovani a questa realtà è inscritto nel protocollo sul quale saremo giudicati, in Matteo 25. Grazie perché siete qui, perché mi ascoltate, vi chiedo per favore di portare le mie parole di incoraggiamento ai gruppi che voi rappresentate nei diversi settori della società. Che il Signore conceda alla società civile che voi rappresentate di essere sempre l ambito adatto per vivere come a casa, per vivere questi valori della gratuità, della solidarietà e della sussidiarietà. Grazie! parte dell opera creatrice coltivandola, Ancora una volta, si ripete con forza questa domanda di Dio a Caino: «D ov è tuo fratello?». Io mi chiedo se la nostra risposta continuerà ad essere: «Sono forse io il custode di mio fratello?» (Gen 4, 9). Io vivo a Roma, e d inverno fa freddo. Succede che molto vicino al Vaticano si trovi, al mattino, un anziano morto di freddo. Non fa notizia in nessun giornale, in nessuna cronaca. Un povero che muore di freddo e di fame oggi non fa notizia, però se le borse delle a non identificare il diploma universitario come un sinonimo di status più elevato, sinonimo di soldi, di prestigio sociale. Non sono sinonimi. Come li aiutiamo a identificare questa preparazione come un segno di maggiore responsabilità per i problemi di oggi, rispetto alla cura dei più poveri, rispetto alla salvaguardia dell ambiente. E voi, cari giovani che siete qui, presente e futuro dell Ecuador, siete quelli C O N T I N UA A PA G I N A 11

9 pagina 10 L OSSERVATORE ROMANO giovedì 9 luglio 2015, numero 28 A Guayaquil la messa per la famiglia DA PA G I N A 6 sembra scoraggiante: «Che ho da fare con te, o donna? Non è ancora giunta la mia ora». (v. 4). Ma intanto lei ha posto il problema nelle mani di Dio. La sua premura per le necessità degli altri anticipa l ora di Dio. E Maria è parte di quell ora, dal presepe fino alla croce. Lei, che seppe «trasformare una grotta per animali nella casa di Gesù, con alcune povere fasce e una montagna di tenerezza» (Esort. ap. Evangelii gaudium, 286), e ci ricevette come figli quando una spada le trafiggeva il cuore. Ella ci insegna a porre le nostre famiglie nelle mani di Dio; ci insegna a pregare, alimentando la speranza che ci indica che le nostre preoccupazioni sono anche preoccupazioni di Dio. E pregare ci fa sempre uscire dal recinto delle nostre preoccupazioni, ci fa andare oltre quello che ci fa soffrire, quello che ci agita o che ci manca, e ci aiuta a metterci nei panni degli altri. La famiglia è una scuola dove il pregare ci ricorda anche che c è un noi, che esiste un prossimo vicino, evidente, che vive sotto lo stesso tetto, che condivide con noi la vita e ha delle necessità. E, alla fine, Maria agisce. Le parole: «Fate quello che vi dirà» (v. 5), rivolte a quelli che servivano, sono un invito rivolto anche a noi, a metterci a disposizione di Gesù, che è venuto per servire e non per essere servito. Il servizio è il criterio del vero amore. Chi ama serve, si mette al servizio degli altri. E questo si impara specialmente nella famiglia, dove ci facciamo per amore servitori gli uni degli altri. In seno alla famiglia, nessuno è escluso, tutti valgono lo stesso. Mi ricordo che una volta chiesero a mia mamma quale dei suoi cinque figli perché noi siamo cinque fratelli quale dei suoi cinque figli amava di più. E lei disse [mostra la mano]: «Come le dita, se DA PA G I N A 6 a quanti si impegnano ogni giorno nel curare gli ammalati o gli anziani, dico che così fece santa Marianna e così la imitarono Narcisa e Mercedes. Non è difficile se Dio è mi pungono questo mi fa male lo stesso come se mi pungono questo». Una madre ama i suoi figli come sono. E in una famiglia i fratelli si amano come sono. Nessuno è scartato. Lì nella famiglia «si impara a chiedere permesso senza prepotenza, a dire grazie come espressione di sentito apprezzamento per le cose che riceviamo, a dominare l a g g re s s i - vità o l avidità, e lì si impara anche a chiedere scusa quando facciamo qualcosa di male, quando litighiamo. Perché in ogni famiglia ci sono litigi. Il problema è dopo, chiedere perdono. Questi piccoli gesti di sincera cortesia aiutano a costruire una cultura della vita condivisa e del rispetto per quanto ci circonda» (Enc. Laudato si, 213). La famiglia è l ospedale più vicino: quando uno è malato lo curano lì, finché si può. La famiglia è la prima scuola dei bambini, è il punto di riferimento imprescindibile per i giovani, è il miglior asilo gli anziani. La famiglia costituisce la grande ricchezza sociale, che altre istituzioni non possono sostituire, che dev essere aiutata e potenziata, per non perdere mai il La visita alla cattedrale di Quito con noi. Esse non hanno compiuto cose eccezionali agli occhi del mondo. Solo hanno amato molto e lo hanno dimostrato nel quotidiano fino a toccare la carne sofferente di Cristo nel popolo (cfr. Esort. ap. Evangelii gaudium, 24). E non Nessuno si senta escluso Questa una traduzione italiana delle parole pronunciate dal Papa dopo la visita alla cattedrale di Quito. Do la mia benedizione a ognuno di voi, alle vostre famiglie, a tutte le persone care e a questo grande e nobile popolo ecuadoriano, perché non ci siano differenze, non ci sia esclusione, non ci siano persone scartate, tutti siano fratelli, tutti vengano inclusi, e nessuno resti fuori da questa grande nazione ecuadoriana. A ognuno di voi, alle vostre famiglie, do la benedizione. Ma prima recitiamo insieme l Ave Maria. [Ave Maria] Che la benedizione di Dio Onnipotente, del Padre e del Figlio e dello Spirito Santo, discenda su di voi e con voi rimanga s e m p re. E vi chiedo per favore di pregare per me. Buona notte e a domani. l hanno fatto da sole, ma insieme ad altri. Per costruire questa cattedrale, i lavori di trasporto, di intaglio e di muratura sono stati fatti secondo le nostre usanze, quelle dei popoli autoctoni; un lavoro di tutti a favore della comunità, un lavoro anonimo, senza cartelli pubblicitari né applausi. Voglia Dio che, come le pietre di questa cattedrale, anche noi ci poniamo sulle spalle le necessità degli altri, aiutando a edificare o restaurare la vita di tanti fratelli che non hanno forze per costruirla o l hanno vista crollare. Oggi sono qui con voi, che mi donate il giubilo dei vostri cuori: «Come sono belli sui monti i piedi del messaggero che annuncia la pace, del messaggero di buone notizie» (Is 52, 7). È la bellezza che siamo chiamati a diffondere, come buon profumo di Cristo: la nostra preghiera, le nostre buone opere, il nostro sacrificio per i più bisognosi. È la gioia di evangelizzare, e voi «sapendo queste cose siete beati se le mettete in pratica» (Gv 13, 17). Dio vi benedica! giusto senso dei servizi che la società presta ai suoi cittadini. In effetti, questi servizi che la società presta ai suoi cittadini non sono una forma di elemosina, ma un autentico debito so ciale nei confronti dell istituzione familiare, che è la base e che tanto apporta al bene comune. La famiglia forma anche una piccola Chiesa, la chiamiamo Chiesa domestica, che, oltre a dare la vita, trasmette la tenerezza e la misericordia divina. Nella famiglia la fede si mescola al latte materno: sperimentando l amore dei genitori si sente più vicino l amore di Dio. E nella famiglia di questo siamo tutti testimoni i miracoli si fanno con quello che c è, con quello che siamo, con quello che uno ha a disposizione; e molte volte non è l ideale, non è quello che sogniamo e neppure quello che dovrebbe ess e re. C è un particolare che ci deve far pensare: il vino nuovo, quel vino così buono come dice il maestro di tavola alle nozze di Cana, nasce dalle giare della purificazione, vale a dire, dal luogo dove tutti avevano lasciato il loro peccato; nasce dal peggio: «dove abbondò il peccato, ha sovrabbondato la grazia» (Rm 5, 20). In ciascuna delle nostre famiglie e nella famiglia comune che formiamo tutti, nulla si scarta, niente è inutile. Poco prima di cominciare l Anno Giubilare della Misericordia, la Chiesa celebrerà il Sinodo Ordinario dedicato alle famiglie, per maturare un vero discernimento spirituale e trovare soluzioni e aiuti concreti alle molte difficoltà e importanti sfide che la famiglia oggi deve affrontare. Vi invito ad intensificare le vostre preghiere per questa intenzione, perché persino quello che a noi sembra impuro come l acqua delle giare, che ci scandalizza o ci spaventa, Dio facendolo passare attraverso la sua ora lo possa trasformare in miracolo. La famiglia oggi ha bisogno di questo miracolo. Tutta questa storia ebbe inizio perché non avevano più vino, e tutto si è potuto compiere perché una donna la Vergine è stata attenta, ha saputo porre nelle mani di Dio le sue preoccupazioni, ed ha agito saggiamente e con coraggio. Però c è un particolare, non è da meno il dato finale: hanno gustato il vino migliore. E questa è la buona notizia: il vino migliore è quello che sta per essere bevuto, la realtà più amabile, la più profonda e la più bella per la famiglia deve ancora arrivare. Viene il tempo in cui gustiamo l amore quotidiano, in cui i nostri figli riscoprono lo spazio che condividiamo e gli anziani sono presenti nella letizia di ogni giorno. Il vino migliore è in speranza, sta per venire per ogni persona che accetta il rischio di amare. E nella famiglia bisogna correre il rischio dell amore, bisogna arrischiarsi ad amare. E il migliore dei vini sta per venire, anche se tutte le possibili variabili e le statistiche dicessero il contrario. Il vino migliore sta per venire per quelli che oggi vedono crollare tutto. Sussurratevelo fino a crederci: il vino migliore sta per arrivare. Sussurratevelo ciascuno nel suo cuore: il vino migliore sta per venire. E sussurratelo ai disperati e a quelli con poco amore: abbiate pazienza, abbiate speranza, fate come Maria, pregate, agite, aprite il cuore, perché il migliore dei vini sta per venire. Dio si avvicina sempre alle p eriferie di coloro che sono rimasti senza vino, di quelli che hanno da bere solo lo scoraggiamento; Gesù ha una preferenza per versare il migliore dei vini a quelli che per una ragione o per l altra ormai sentono di avere rotto tutte le anfore. Come ci invita a fare Maria, facciamo quello che Dio ci dice ( c f r. Gv 2, 5). Fate quello che Lui vi dice. E siamo grati perché in questo nostro tempo e in questa nostra ora, il vino nuovo, il migliore, ci fa recuperare la gioia della famiglia, la gioia di vivere in famiglia. Così sia. Al termine della messa il Papa ha pronunciato le parole che pubblichiamo in una traduzione italiana. Che Dio vi benedica, vi accompagni. Prego per la famiglia di ognuno di voi, e voi fate lo stesso come fece Maria. E, per favore, vi chiedo di non dimenticarvi di pregare per me. A r r i v e d e rc i!

10 numero 28, giovedì 9 luglio 2015 L OSSERVATORE ROMANO pagina 11 Il San Francesco donato al Papa a Quito Il sesto sigillo di PIETRO MESSA N ella mattina del 7 luglio, durante la visita a Quito, i cinquanta vescovi della Conferenza episcopale dell Ecuador hanno regalato al Papa una statua di san Francesco. Secondo un iconografia classica nella mano sinistra tiene un teschio, che è segno della meditazione delle vanità del mondo, mentre nella destra ha il crocifisso che guarda con occhi affettuosi. In basso vi è una pecorella che indica la custodia che il santo d Assisi ebbe per la creazione, mentre l abito è finemente ricamato, segno della vita gloriosa che già gode. Quindi un immagine consueta di cui si trovano esemplari anche in Europa. Quello che invece fa meraviglia sono le ali, persino presenti in sovrabbondanza di tre copie, due attaccate alle spalle e una ai piedi. Solitamente si è abituati a vedere le sei ali nella raffigurazione della stigmatizzazione di san Francesco e precisamente nel serafino alato in cui due ali si prolungano sopra il capo, due si dispiegano per volare e due coprono tutto il corpo. Viene dunque spontaneo chiedersi il perché della presenza di tali ali nella statua di san Francesco. Per rispondere, bisogna partire da lontano, almeno da un monaco italiano morto nel 1202, ossia quando ad Assisi Francesco di Pietro di Bernardone aveva circa vent anni. Come ha dimostrato Gianluca Potestà, uno dei punti di partenza del pensiero dell abate Gioacchino da Fiore è la preminenza della vita monastica rispetto agli altri stati di vita, ossia chierici e coniugati. Il monaco calabro, riprendendo una teoria precedente la gerarchia degli o rd i n e s intesi come modalità di vivere nella vita ecclesiale vede in principio i coniugati, poi i chierici e infine, come realtà escatologica, i monaci. Applicando a questa gerarchizzazione la prospettiva trinitaria a lui cara, concorda i coniugati con il Padre, i chierici con il Figlio e i monaci con lo Spirito Santo. Successivamente, volendo attribuire a ciascuno i propri libri, dà ai chierici i quattro Vangeli, per corrispondenza ai coniugati quattro storie dell Antico Testamento (Giobbe, Tobia, Giuditta ed Ester) e ai monaci quattro evangelia nova, ossia testi aventi a che fare con l o rd o monasticus. Semplificando assai, già si coglie nella menzione di evangelia nova una problematica a livello teologico: se, infatti, il tempo dei monaci guidati dallo Spirito Santo e aventi dei nuovi vangeli apre a una prospettiva di novità pone in discussione la centralità e definitività della rivelazione in Cristo Gesù prospettandone un sup eramento. Tale domanda si accentua considerando che commentando il racconto delle nozze di Cana, Gioacchino afferma che lo sposo delle nozze di Cana designa Gesù, e Gesù designa lo Spirito. Similmente riguardo alla presentazione di Gesù al tempio il piccolo Gesù posto nelle mani del vecchio Simeone è figura dello Spirito. A questo proposito, Potestà osserva che «la prospettiva tipologica comunemente accettata nell interpretazione medievale della Bibbia esclude che Cristo possa essere a sua volta tipo di altri: nel passaggio da tipo ad antitipo si esige infatti sempre un incremento, la cui stessa possibilità è in questo caso negata in linea di principio. Non sono venuto ad abolire, ma a completare, si legge infatti in Ma t t e o 5, 17afondamento della tipologia biblica. Intendendo Gesù come tipo dello Spirito, Gioacchino compie quindi una scelta di profonda rottura sul piano ermeneutico (e teologico)». Negli anni Quaranta del secolo XIII i frati minori entrano in contatto con la dottrina di Gioacchino da Fiore in Toscana e nella Provenza; un ulteriore luogo di contatto tra i francescani e il pensiero gioacchimita fu Napoli, città in cui fu lettore anche frate Giovanni da Parma il quale ebbe anche stretti legami con Ugo di Digne eletto ministro generale dei frati minori nel Nel 1254 frate Gerardo da Borgo San Donnino pubblica il Liber introductorius in cui riprende aspetti del pensiero gioacchimita portandoli alle estreme conseguenze parlando di un vangelo eterno; di conseguenza viene denunciato e condannato. Nel 1257 al posto di Giovanni da Parma è eletto Bonaventura da Bagnoregio il quale ha davanti tale complessità della situazione dell O r- dine minoritico che rischia persino di essere soppresso. Bonaventura ha davanti due possibilità: continuare ad affermare la novità spiritualeescatologica dei frati minori, rimanendo però nel sospetto dell e re s i a, o rinunciare alla forza propulsiva di tale dimensione per spegnere tutte le accuse. Semplificando alquanto si può dire che Bonaventura non si pone nella prospettiva dell aut-aut ma dell etet. Il frate provenzale Pietro di Giovanni Olivi racconta che nel 1266 a Parigi ha ascoltato Bonaventura predicare affermando che san Francesco è l angelo del sesto sigillo, l uomo serafico, annuncio dei tempi nuovi caratterizzati da uomini spirituali. Tuttavia le sue stimmate indicano che ciò non significa un superamento di Gesù Cristo a favore dello Spirito Santo come poteva far credere una certa lettura delle opere di Gioacchino da Fiore ma una maggior cristificazione operata proprio dalla docilità allo Spirito Santo che conforma a Gesù ricordando tutto ciò che lui ha detto. In questo modo a una maggior radicalità spirituale corrisponde una maggior cristificazione. Veramente san Francesco è alter Christus e angelo del sesto sigillo, nuovo san Giovanni Battista che annuncia i tempi nuovi. La lettura teologica che Bonaventura dà di san Francesco sarà fatta propria dai frati spirituali, poi dagli osservanti e quindi da quelli che partirono per evangelizzare l America. Ecco allora che i primi dodici francescani, «predicatori e confessori devoti», noti anche come i dodici apostoli, che sbarcano in Messico il 13 maggio 1524, sono animati da questo desiderio di iniziare là quella radicalità evangelica che vedevano quasi impossibile in Europa. Non meraviglia dunque che in quelle terre si diffuse l immagine del serafico san Francesco con le ali di «angelo del sesto sigillo». DA PA G I N A 8 Al mondo della scuola e dell università che dovete fare chiasso. Con voi, che siete seme di trasformazione di questa società, vorrei chiedermi: sapete che questo tempo di studio, non è solo un diritto, ma anche un privilegio che voi avete? Quanti amici, conoscenti o sconosciuti, vorrebbero un posto in questo luogo e per diverse circostanze non lo hanno avuto? In quale misura il nostro studio ci aiuta e ci porta a solidarizzare con loro? Fatevi queste domande, cari giovani. Le comunità educative hanno un ruolo vitale, un ruolo essenziale nella costruzione della cittadinanza e della cultura. Attenzione: non basta fare analisi, descrivere la realtà; è necessario dar vita ad ambiti, a luoghi di ricerca vera e propria, a dibattiti che generino alternative ai problemi esistenti, specialmente oggi, che è necessario andare al concreto. Di fronte alla globalizzazione del paradigma tecnocratico che tende a credere «che ogni acquisto di potenza sia semplicemente progresso, accrescimento di sicurezza, di utilità, di benessere, di forza vitale e di pienezza di valori, come se la realtà, il bene e la verità sbocciassero spontaneamente dal potere stesso della tecnologia e dell economia» (Enc. Laudato si, 105), oggi a voi, a me, a tutti, ci viene chiesto che con urgenza ci affrettiamo a pensare, a cercare, a discutere sulla nostra situazione attuale e dico urgenza ; che ci incoraggiamo a pensare su quale tipo di cultura vogliamo o pretendiamo non solo per noi ma per i nostri figli e i nostri nipoti. Questa terra l abbiamo ricevuta in eredità, come un dono, come un regalo. Faremmo bene a chiederci: come la vogliamo lasciare? Quali indicazioni vogliamo imprimere all esistenza? «A che scopo passiamo da questo mondo? Per quale fine siamo venuti in questa vita? Per che scopo lavoriamo e lottiamo?» (ibid., 160), perché studiamo? Le iniziative individuali sono sempre buone e fondamentali, ma ci viene chiesto di fare un ulteriore passo avanti: ci incoraggiano a guardare la realtà in modo organico e non frammentario; a porci domande che includono tutti noi, dal momento che tutti «sono relazionati tra loro» (ibid., 138). Non c è diritto all esclusione. Come Università, come istituzioni educative, come docenti e studenti, la vita ci sfida a rispondere a queste due domande: perché questa terra ha bisogno di noi? Dov è tuo fratello? Lo Spirito Santo ci ispiri e ci accompagni, perché Egli ci ha chiamato, ci ha invitato, ci ha dato l opp ortunità e, al tempo stesso, la responsabilità di dare il meglio di noi. Ci dia la forza e la luce di cui abbiamo bisogno. È lo stesso Spirito che il primo giorno della creazione aleggiava sulle acque cercando di trasformare, cercando di dare la vita. È lo stesso Spirito che ha dato ai discepoli la forza della Pentecoste. È lo stesso Spirito che non ci abbandona e diventa un tutt uno con noi per trovare nuovi modi di vita. Che sia Lui il nostro compagno e maestro di viaggio. Grazie! DA PA G I N A 1 Come a casa libero che sia capace di prendersi cura del mondo di oggi. E incontrando nella cornice unica di San Francisco i rappresentanti della società civile il Pontefice ha ancora una volta descritto a tratti improvvisando con grande efficacia il ruolo insostituibile della famiglia, che ha presentato come modello per i rapporti nella società in tre dimensioni decisive: gratuità, solidarietà, sussidiarietà. Scelte di vita poco prima illustrate soprattutto dalla testimonianza semplice e commovente di una catechista ottantacinquenne, Imelda Caicedo Vega, e da un raffinato brano di musica contemporanea, eseguito da un gruppo affiatatissimo di persone disabili e concluso dalla corsa di due bimbe orchestrali nelle braccia di un Papa visibilmente commosso. g. m.v.

11 pagina 12 L OSSERVATORE ROMANO giovedì 9 luglio 2015, numero 28 Al Rinnovamento nello Spirito Santo il Papa raccomanda l impegno per l unità dei cristiani Chi siamo noi per dividerci? Non ci sono leader a vita: se il servizio diventa potere scivola nella vanità e negli affari Un incoraggiamento a lavorare per «la ricerca dell unità del corpo di Cristo» e un invito a vivere le responsabilità come servizio sono stati rivolti da Papa Francesco agli appartenenti al Rinnovamento nello Spirito Santo radunati v e n e rd ì pomeriggio, 3 luglio, in piazza San Pietro. Carissimi fratelli e sorelle, buon pomeriggio e benvenuti. Anche l acqua sia benvenuta perché l ha fatta il Signore. Apprezzo tanto la risposta che avete dato al mio invito che vi ho fatto nel mese di gennaio per incontrarci qui in piazza San Pietro. Grazie per questa entusiasta e calda risposta. L anno scorso allo stadio ho condiviso con tutti i presenti alcune riflessioni che mi piacerebbe ricordare oggi p erché sempre è buono ricordare, la memoria : l identità del Rinnovamento carismatico cattolico, da cui è nata l associazione Rinnovamento nello Spirito. Lo farò con le parole del Cardinale Léon-Joseph Suenens, grande protettore del Rinnovamento carismatico, così come lo descrive nel secondo libro delle sue memorie. In primo luogo in questo luogo egli ricorda la straordinaria figura di una donna che tanto fece all inizio del Rinnovamento carismatico, era la sua collaboratrice che godeva anche della fiducia e dell affetto del Papa Paolo VI. Mi riferisco a Veronica O Brien: fu lei che chiese al Cardinale di andare negli Stati Uniti a vedere cosa stava succedendo, per vedere con i suoi occhi ciò che lei considerava opera dello Spirito Santo. Fu allora che il Cardinale Suenens conobbe il Rinnovamento carismatico, che definì un flusso di grazia, e fu la persona chiave per mantenerlo nella Chiesa. Papa Paolo VI nella Messa del lunedì di Pentecoste nel 1975 lo ringraziò con queste parole: «Nel nome del Signore La ringrazio per aver portato il Rinnovamento carismatico nel cuore della Chiesa». Non è una novità di alcuni anni fa, il Rinnovamento carismatico ha questa lunga storia e nell omelia di quella stessa Messa il cardinale disse: «Possa il Rinnovamento carismatico sparire come tale e trasformarsi in una grazia pentecostale per tutta la Chiesa: per essere fedele alla sua origine, il fiume deve perdersi nell oceano». Il fiume deve perdersi nell oceano. Sì, se il fiume si ferma l acqua marcisce; se il Rinnovamento, questa corrente di grazia non finisce nell oceano di Dio, nell a m o re di Dio, lavora per sé stesso e questo non è di Gesù Cristo, questo è dal maligno, dal padre della menzogna. Il Rinnovamento va, viene da Dio e va a Dio. Papa Paolo VI ha benedetto questo. Il Cardinale continuò dicendo: «Il primo errore che si deve evitare è includere il Rinnovamento carismatico nella categoria di movimento. Non è un movimento specifico, il Rinnovamento non è un movimento nel senso sociologico comune, non ha fondatori, non è omogeneo e include una gran varietà di realtà, è una corrente di grazia, un soffio rinnovatore dello Spirito per tutti i membri della Chiesa, laici, religiosi sacerdoti e vescovi. È una sfida per noi tutti. Uno non fa parte del Rinnovamento, piuttosto il Rinnovamento diventa una parte di noi, a patto che accettiamo la grazia che ci offre». Qui il cardinale Suenens parla dell opera sovrana dello Spirito, che senza fondatori umani suscitò la corrente di grazia nel Uomini e donne rinnovati che, dopo aver ricevuto la grazia del Battesimo nello Spirito, come frutto di questa grazia hanno dato vita ad associazioni, comunità di alleanza, scuole di formazione, scuole di evangelizzazione, congregazioni religiose, comunità ecumeniche, comunità di aiuto ai poveri e bisognosi. Io stesso sono andato nella comunità di Kkottongnae, nel mio viaggio in Corea, e li ho visitati anche nelle Filippine. Questa corrente di grazia ha due organismi internazionali riconosciuti dalla Santa Sede che stanno al suo servizio e al servizio di tutte le sue espressioni in tutto il mondo: «ICCRS» e «Fraternità cattolica». Questa è un po la storia, la radice. Allo stadio l anno scorso ho parlato anche dell unità nella diversità. Ho fatto l esempio dell o rc h e s t r a. Nella Evangelii gaudium ho parlato della sfera e del poliedro. Non basta parlare di unità, non è un unità qualsiasi. Non è un uniformità. Detto così si può intendere come l unità di una sfera dove ogni punto è equidistante dal centro e non vi sono differenze tra un punto e l altro. Il modello è il poliedro, che riflette la confluenza di tutte le parti che in esso mantengono la loro originalità e questi sono i carismi, nell unità ma nella propria diversità. Unità nella diversità. La distinzione è importante perché stiamo parlando dell op era dello Spirito Santo, non della nostra. Unità nella diversità di espressione di realtà, tante quante lo Spirito Santo ha voluto suscitare. È necessario anche ricordare che il tutto, cioè questa unità, è più della parte, e la parte non può attribuirsi di essere il tutto. Non si può dire per esempio: «Noi siamo la corrente denominata Rinnovamento carismatico cattolico e voi no». Questo non si può dire. Per favore, fratelli, questo è così, non viene dallo Spirito, lo Spirito Santo soffia dove vuole, quando vuole e come vuole. Unità nella diversità e nella verità che è Gesù stesso. Qual è il segno comune di coloro che sono rinati da questa corrente di grazia? Convertirsi in uomini e donne nuovi, questo è il Battesimo nello Spirito. Vi chiedo di leggere Giovanni 3, versetti 7-8: Gesù a Nicodemo, la rinascita nello Spirito. C è un altro punto che è molto importante chiarire, in questa corrente di grazia: quelli che guidano. Esiste cari fratelli e sorelle una grande tentazione per i leader lo ripeto, preferisco il termine servitori, che servono ; e questa tentazione per i servitori viene dal demonio, la tentazione di credersi indispensabili, qualunque sia l incarico. Il demonio li porta a volere essere quelli che comandano, quelli che sono al centro e così, passo dopo passo, scivolano nell autoritarismo, nel personalismo e non lasciano vivere le comunità rinnovate nello Spirito. Questa tentazione fa sì che sia eterna la posizione di coloro che si considerano insostituibili, posizione che sempre ha una qualche forma di potere o di sovrastare sugli altri. Abbiamo chiaro questo: l unico insostituibile nella Chiesa è lo Spirito Santo, e Gesù è l unico Signore. Vi domando: chi è l unico insostituibile nella Chiesa? [piazza: Lo Spirito Santo!] E chi è l unico Signore? [piazza: Gesù!] Diciamo che il Signore Gesù è il Signore, lodiamo Gesù, forte! Gesù è il Signore! Non ce ne sono altri. In questo senso ci sono stati casi tristi. Si deve mettere un tempo limitato agli incarichi, che in realtà sono servizi. Un servizio importante dei leader, dei leader laici, è far crescere, maturare spiritualmente e pastoralmente coloro che prenderanno il loro posto al termine del loro servizio. Tutti i servizi nella Chiesa è conveniente che abbiano una scadenza, non ci sono leader a vita nella Chiesa. Questo avviene in alcuni Paesi dove esiste la dittatura. «Imparate da me che sono mite e umile di cuore», dice Gesù. Questa tentazione, che è del diavolo, ti fa passare da servitore a padrone, tu ti impadronisci di quella comunità, di quel gruppo. Questa tentazione ti fa anche scivolare nella vanità. E c è tanta gente abbiamo sentito queste due testimonianze, della coppia e quella di Ugo quante tentazioni portano a fare soffrire una comunità e impediscono di fare il bene, e diventano un organizzazione come se fosse una ONG; e il potere ci porta scusatemi ma lo dico: quanti leader diventano pavoni? il potere porta alla vanità! E poi ti senti capace di fare qualsiasi cosa, puoi scivolare negli affari, perché il diavolo sempre entra per il portafogli, il diavolo: questa è la porta d entrata. Altra cosa sono i fondatori che hanno ricevuto dallo Spirito Santo il carisma di fondazione. Essi per averlo ricevuto hanno l obbligo di curarlo facendolo maturare nelle loro comunità e associazioni. I fondatori rimangono tali a vita, cioè sono quelli che ispirano, danno l ispirazione, ma lasciano che la cosa vada avanti. Io ho conosciuto a Buenos Aires un bravo fondatore, che a un certo punto è diventato spontaneamente l assessore, e lasciava che i leader fossero gli altri. Questa corrente di grazia ci porta avanti in un cammino di Chiesa che in Italia ha dato molto frutto, vi ringrazio. Vi incoraggio ad andare avanti. Chiedo il vostro importante contributo in particolare per impegnarvi a condividere con tutti nella Chiesa il Battesimo che avete ricevuto. Avete vissuto questa esperienza, condividetela nella Chiesa. E questo è il servizio molto importante, più importante che si possa dare a tutti nella Chiesa. Aiutare il popolo di Dio nell incontro personale con Gesù Cristo, che ci cambia in uomini e donne nuove, in piccoli gruppi, umili ma efficaci perché è lo Spirito che opera. Non guardare tanto a fare grandi raduni che spesso finiscono lì, ma alle relazioni artigianali derivanti dalla testimonianza, in fami- C O N T I N UA A PA G I N A 13

12 numero 28, giovedì 9 luglio 2015 L OSSERVATORE ROMANO pagina 13 Udienza al Rinnovamento nello Spirito DA PA G I N A 12 glia, nel lavoro, nella vita sociale, nelle parrocchie, nei gruppi di preghiera, con tutti! E qui vi chiedo di prendere l iniziativa per creare legami di fiducia e di cooperazione con i vescovi, che hanno la responsabilità pastorale di guidare il corpo di Cristo, incluso il Rinnovamento carismatico. Incominciate a prendere delle iniziative necessarie perché tutte le realtà carismatiche italiane nate dalla corrente di grazia, possano vincolarsi con questi legami di fiducia e di cooperazione direttamente con i loro vescovi lì dove si trovano. C è un altro segno forte dello Spirito nel Rinnovamento carismatico: la ricerca dell unità del Corpo di Cristo. Voi carismatici avete una grazia speciale per pregare e lavorare per l unità dei cristiani, perché la corrente di grazia attraversa tutte le Chiese cristiane. L unità dei cristiani è opera dello Spirito Santo e dobbiamo pregare insieme. L ecumenismo spirituale, l ecumenismo della preghiera. «Ma, padre, io posso pregare con un evangelico, con un ortodosso, con un luterano?» «D evi, devi! Avete ricevuto lo stesso Battesimo». Tutti noi abbiamo ricevuto lo stesso battesimo, tutti noi andiamo sulla strada di Gesù, vogliamo Gesù. Tutti noi abbiamo fatto queste divisioni nella storia, per tanti motivi, ma non buoni. Ma adesso è proprio il tempo in cui lo Spirito ci fa pensare che queste divisioni non vanno, che queste divisioni sono una contro-testimonianza, e dobbiamo fare del tutto per andare insieme: l ecumenismo spirituale, l ecumenismo della preghiera, l ecumenismo del lavoro, ma della carità insieme, l ecumenismo della lettura della Bibbia insieme... Andare insieme verso l unità. «Ma, padre, per questo dobbiamo firmare un documento?» «Ma lasciati portare avanti dallo Spirito Santo, prega, lavora, ama e poi lo Spirito farà il resto!». Questa corrente di grazia attraversa tutte le confessioni cristiane, tutti noi che crediamo in Cristo. L unità prima di tutto nella preghiera. Il lavoro per l unità dei cristiani incomincia con la preghiera. Pregare insieme. Unità perché il sangue dei martiri di oggi ci fa uno. C è l ecumenismo del sangue. Noi sappiamo che quando quelli che odiano Gesù Cristo uccidono un cristiano, prima di ucciderlo, non gli domandano: «Ma tu sei luterano, tu sei ortodosso, tu sei evangelico, tu sei battista, tu sei metodista?». Tu sei cristiano! E tagliano la testa. Questi non confondono, sanno che c è una radice lì, che dà vita a tutti noi e che si chiama Gesù Cristo, e che c è lo Spirito Santo che ci porta verso l unità! Quelli che odiano Gesù Cristo guidati dal maligno non sbagliano, sanno e per questo uccidono senza fare domande. E questa è una cosa che io vi affido, forse vi ho raccontato questo, ma è una storia vera. È una storia vera. In una città della Germania, Amburgo, c era un parroco che studiava gli scritti per portare avanti la causa di beatificazione di un sacerdote ucciso dal nazismo, ghigliottinato. Il motivo? Insegnava il catechismo ai bambini. E, mentre studiava, ha scoperto che dopo di lui era stato ghigliottinato, 5 minuti dopo, un pastore luterano per lo stesso motivo. E il sangue di tutti e due si è mischiato: tutti e due martiri, tutti e due martiri. È l ecumenismo del sangue. Se il nemico ci unisce nella morte, chi siamo noi per dividerci nella vita? Lasciamo entrare lo Spirito, preghiamo per andare avanti tutti insieme. «Ma ci sono differenze!». Lasciamole da parte, camminiamo con quello che abbiamo in comune, che è abbastanza: c è la Santa Trinità, c è il Battesimo. Andiamo avanti, con la forza dello Spirito Santo. Pochi mesi fa, anche quei ventitré egiziani copti che sono stati sgozzati sulla spiaggia della Libia; e in quel momento dicevano il nome di Gesù. «Ma non sono cattolici...». Ma sono cristiani, sono fratelli, sono i nostri martiri! L ecumenismo del sangue. 50 anni fa, il beato Paolo VI, nella canonizzazione dei giovani martiri dell Uganda, ha fatto riferimento al fatto che per lo stesso motivo hanno versato il sangue anche i loro compagni catechisti anglicani. Erano cristiani, erano martiri. Scusatemi, non scandalizzatevi, sono i nostri martiri! Perché hanno dato la via per Cristo, e questo è l ecumenismo del sangue. Pregare facendo memoria dei nostri martiri comuni. Unità nel lavoro insieme per i poveri e i bisognosi, che pure hanno bisogno del Battesimo nello Spirito Santo. Sarebbe molto bello organizzare seminari di vita nello Spirito, insieme ad altre realtà carismatiche cristiane, per i fratelli e le sorelle che vivono in stra- da: anche loro hanno lo Spirito dentro che spinge, perché qualcuno spalanchi la porta da fuori. È finita la pioggia, sembra. È finito il caldo. Il Signore è buono, prima ci dà il caldo, poi una bella doccia! È con noi. Lasciatevi guidare dallo Spirito Santo, da questa corrente di grazia, che va avanti e cerca sempre l unità. Nessuno è il padrone. Un solo Signore. Chi è? [piazza: Gesù!] Gesù è il Signore! Vi ricordo: il Rinnovamento carismatico è una grazia pentecostale per tutta la Chiesa. D accordo? [piazza: Sì!] Se qualcuno non è d accordo alzi la mano! L unità nella diversità dello Spirito, non qualsiasi unità, la sfera e il Diversità riconciliata Di seguito il testo della preghiera per l unità recitata dal Pontefice all inizio dell i n c o n t ro. Ti adoriamo, Dio Onnipotente, Padre, Figlio e Spirito Santo. Padre, inviaci lo Spirito Santo che Gesù ci ha promesso. Egli ci guiderà verso l unità. Egli è Colui che dà i carismi, che opera la varietà nella Chiesa, ed è Lui che fa l unità. Inviaci lo Spirito Santo, che ci insegni tutto quello che Gesù ci ha insegnato e ci dia la memoria di quello che Gesù ha detto. Gesù, Signore, Tu hai chiesto per tutti noi la grazia dell unità in questa Chiesa che è Tua, non è nostra. La storia ci ha divisi. Gesù, aiutaci ad andare sulla strada dell unità o di questa diversità riconciliata. Signore, Tu sempre fai quello che hai promesso, donaci l unità di tutti i cristiani. Amen. poliedro, ricordatevi bene questo. L esperienza comune del battesimo dello Spirito Santo e il vincolo fraterno e diretto con il vescovo diocesano, perché il tutto è più della parte. Poi, unità del Corpo di Cristo: pregare insieme con gli altri cristiani, lavorare insieme con gli altri cristiani per i poveri e i bisognosi. Tutti noi abbiamo lo stesso Battesimo. Organizzare seminari di vita nello Spirito per i fratelli che vivono nella strada, anche per i fratelli emarginati da tante sofferenza della vita. Mi permetto di ricordare la testimonianza di Ugo. Il Signore lo ha chiamato proprio perché lo Spirito Santo gli ha fatto vedere la gioia di seguire Gesù. Organizzare seminari di vita nello Spirito Santo per le persone che vivono nella strada. E poi, se il Signore ci dà vita, vi aspetto tutti insieme all i n c o n t ro dell ICCRS e della Fraternità cattolica, che già lo stanno organizzando, tutti voi e tutti quelli che vogliono venire a Pentecoste nel 2017 non è tanto lontano! qui in piazza San Pietro per celebrare il Giubileo d o ro di questa corrente di grazia. Una opportunità per la Chiesa, come disse il beato Paolo VI nella Basilica di San Pietro, nel Ci riuniremo a rendere grazie allo Spirito Santo per il dono di questa corrente di grazia che è per la Chiesa e per il mondo, e per celebrare le meraviglie che lo Spirito Santo ha fatto nel corso di questi 50 anni, cambiando la vita di milioni di cristiani. Ancora grazie per aver risposto con gioia al mio invito. Che Gesù vi benedica e la Vergine Santa vi protegga. E per favore non dimenticatevi di pregare per me, perché ne ho bisogno, grazie!

13 pagina 14 L OSSERVATORE ROMANO giovedì 9 luglio 2015, numero 28 Per riflettere sulla Scrittura Messaggio papale per i funerali di Nersès Bédros XIX Ta r m o u n i Tre eredità Un pastore «profondamente radicato nella roccia che è Cristo»: così Papa Francesco ricorda il patriarca di Cilicia degli Armeni, Nersès Bédros XIX Tarmouni, in un messaggio inviato in occasione dei funerali, celebrati martedì 30 giugno a Beirut. Di seguito pubblichiamo una nostra traduzione italiana del testo francese. Aligi Sassu, «I minatori» (1928) Domenica 19 luglio XVI del tempo ordinario La siesta di LEONARD O SAPIENZA È crollato un altro dei miti della vecchia Unione Sovietica. Quello dell uomo che lavorava sempre e non si fermava mai. Si chiamava Stakanov: la notte del 31 agosto 1935 aveva estratto dalla miniera di carbone 102 tonnellate di materiale. Da allora, il termine «stakanovista» è entrato in tutti i dizionari del mondo, per indicare un eroe del lavoro. Ma quel primato è stato battuto da un altro minatore, che in una sola notte ha estratto 170 tonnellate di carbone. È il pericolo della produzione continua a cui ci condanna la società moderna, senza tener conto del valore della persona umana. Ancora in questi giorni si sente parlare di cancellazione di giorni festivi, per allinearsi ai ritmi di una società sempre più frenetica, che ignora non solo la calma, ma anche la riflessione. Lo ricorda Gesù agli apostoli, che gli raccontano i risultati delle loro azioni: «Venite in disparte, voi soli, in un luogo deserto, e riposatevi un p o» (Vangelo). Di fronte al delirio del fare, dell agitarsi, del parlare, è necessario aprire l oasi della quiete, della lentezza, della pacatezza. Geremia 23, 1-6: Radunerò il resto delle mie pecore, costituirò sopra di esse pastori Salmo 22: Il Signore è il mio pastore: non manco di nulla Efesini 2, 13-18: Egli è la nostra pace, colui che di due ha fatto una cosa sola Ma rc o 6, 30-34: Erano come pecore che non hanno pastore La smania che ci rode l anima crea persone colpite da stress, insoddisfatte, incapaci di ascoltare la propria coscienza e gli altri. Pascal diceva che tutti i nostri guai derivano dal non essere capaci di stare un po da soli in camera ogni giorno. Un apologo della spiritualità persiana. Un re corrotto domandò ad un sapiente: «Tra gli atti di culto che compio, qual è il più gradito a Dio?». Il sapiente rispose: «La siesta che fai nel pomeriggio, perché è l unico tempo in cui non tormenti nessuno!». Pensiamoci, in questo periodo di vacanze! Nomina di Vescovi Ausiliari Il Santo Padre ha nominato Vescovi Ausiliari dell Arcidiocesi di Cebu (Filippine): il Reverendo Monsignore Dennis C. Villarojo, del clero dell Arcidiocesi di Cebu, Moderatore dei sacerdoti della Parrocchia di «Our Lady of the Sacred Heart», assegnandogli la Sede titolare vescovile di Gisipa; e il Reverendo Oscar J. L. Florencio, del clero dell Arcidiocesi di Palo, Rettore della «Saint John School of Theology» a Palo, assegnandogli la sede titolare vescovile di Lestrona. Il Santo Padre ha nominato Vice Comandante della Guardia Svizzera Pontificia, col grado di Tenente Colonnello, l Illustrissimo Signore Philippe Morard. (3 luglio 2015) A Sua Eccellenza Monsignor Grégoire Ghabroyan, Amministratore della Chiesa Patriarcale di Cilicia degli Armeni È con profonda tristezza che ho appreso la notizia del ritorno alla casa del Padre del nostro benamato fratello in Cristo, Sua Beatitudine Nersès Bédros XIX Ta r - mouni, Patriarca di Cilicia degli Armeni. Serbo nel cuore il ricordo del mio incontro con lui, accompagnato dai vescovi del Sinodo e dai fedeli di questa Chiesa Patriarcale, in occasione della commemorazione delle vittime del Metz Yegern e della proclamazione di San Gregorio di Narek a Dottore della Chiesa Universale. Questi eventi vissuti presso le reliquie dell Apostolo San Pietro è come se avessero compiuto il lungo e fedele percorso dal vostro Caput et Pater che permette di sottolineare alcuni aspetti caratteristici della sua persona. Egli era, innanzitutto, profondamente radicato nella Roccia che è Cristo. Riteneva che il tesoro più pre zioso che il vescovo è chiamato ad amministrare fosse la fede proveniente dalla predicazione apostolica. Sua Beatitudine si è prodigato generosamente per la sua diffusione, in particolare favorendo la formazione permanente del clero affinché, persino in contesti difficili, i ministri di Dio rinnovassero la loro adesione a Cristo, unica speranza e consolazione dell umanità. Si è adoperato per far sì che la giusta commemorazione delle sofferenze vissute dal popolo armeno nel corso della sua storia divenisse un azione di rendimento di grazie a Dio, considerando l esempio dei martiri e dei testimoni, e ottenesse allo stesso tempo da Lui il balsamo della consolazione e della riconciliazione, il solo a poter guarire le ferite più profonde delle anime e dei popoli. Il Patriarca Nersès ha potuto infine gioire, insieme a tutto il popolo armeno, per l elevazione di san Gregorio di Narek al titolo luminoso di Dottore della Chiesa. Sua Beatitudine ha spesso auspicato che l irraggiamento spirituale di questo grande santo divenisse un esempio per i pastori e per i fedeli, certo che in san Gregorio di Narek ognuno potesse conoscere le meraviglie che il Signore è capace di compiere nel cuore che si apre a Lui, nella semplicità e nell abbassamento quotidiani, divenendo così solidale con il dramma dell umanità attraverso un intercessione continua. Invitati a raccogliere questa triplice eredità che il Patriarca Nersès ci ha lasciato, imploriamo lo Spirito Santo di continuare a rinnovare il volto della Chiesa Armeno-Cattolica, grazie NOSTRE INFORMAZIONI Provvista di Chiesa Il Santo Padre ha nominato Vescovo della Diocesi di San Lorenzo (Paraguay) Sua Eccellenza Monsignor Joaquín Hermes Robledo Romero, trasferendolo dalla Sede di Carapeguá. (4 luglio 2015) Provvista di Chiesa Il Santo Padre ha nominato Vescovo Ordinario Militare per il Cile Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor Santiago Silva Retamales, trasferendolo dalla sede titolare di Bela e dall Ufficio di Ausiliare della Diocesi di Valparaíso (Cile). (7 luglio 2015) Provvista di Chiesa Il Santo Padre ha nominato Vescovo della Diocesi di Sobral (Brasile) Sua Eccellenza Reverendissima Monsignor José Luiz all impegno dei pastori e dei fedeli, e affidiamo anche al Padre di ogni Misericordia le fatiche legate ai limiti e alle fragilità della condizione di pellegrino in cammino verso l eterna Patria. Alla famiglia di Sua Beatitudine e a tutti coloro che partecipano alle sue esequie imparto di cuore la Benedizione Apostolica, invocando la protezione della Madre di Dio e presentando al Signore l anima del nostro fratello Nersès Bédros con le parole di san Gregorio di Narek: «Noi ti preghiamo, ti imploriamo, con sospiri pieni di lacrime, con tutta la nostra anima, o gloriosa potenza creatrice, Spirito compassionevole, indistruttibile, increato, eterno, che intercedi per noi presso il Padre misericordioso con gemiti ineffabili. Tu proteggi i santi, purifichi i peccatori e li trasformi in templi vivi e vivificanti, come piace al Padre tuo Altissimo». Dal Vaticano, 27 giugno 2015 FRANCESCO Gomes de Vasconcelos, finora Vescovo titolare di Canapio e Ausiliare di Fortaleza. (8 luglio 2015) Lutto nell episcopato Monsignor Luigi Martella, vescovo di Molfetta-Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi, è morto nella notte tra il 6 e il 7 luglio a causa di un infarto. Il compianto presule era nato a Depressa di Tricase, in diocesi di Ugento - Santa Maria di Leuca, il 9 marzo 1948 ed era stato ordinato sacerdote il 10 aprile Eletto alla Chiesa residenziale di Molfetta- Ruvo-Giovinazzo-Terlizzi, il 13 dicembre 2000, aveva ricevuto l ordinazione episcopale il 10 marzo Le esequie sono state celebrate mercoledì 8 luglio, nella cattedrale di Molfetta.

14 numero 28, giovedì 9 luglio 2015 L OSSERVATORE ROMANO pagina 15 William Michael Harnett, «Natura morta con busto di Dante» (1883) S ono cresciuto nel salisburghese, segnato dalla grande tradizione di questa città. Qui andava da sé che le messe festive accompagnate dal coro e dall orchestra fossero parte integrante della nostra esperienza della fede nella celebrazione della liturgia. Rimane indelebilmente impresso nella mia memoria come, ad esempio, non appena risuonavano le prime note della Messa dell i n c o ro n a - zione di Mozart, il cielo quasi si aprisse e si sperimentasse molto profondamente la presenza del Signore. Accanto a questo, tuttavia, era comunque già presente anche la nuova realtà del Movimento liturgico, soprattutto tramite uno dei nostri cappellani che più tardi divenne vicereggente e poi rettore del Seminario maggiore di Frisinga. Durante i miei studi a Monaco di Baviera, poi, molto concretamente sono sempre più entrato all interno Honoris causa Il 4 luglio a Castel Gandolfo il Papa emerito ha ricevuto il dottorato honoris causa da parte della Pontificia Università Giovanni Paolo II di Cracovia e dell Accademia di Musica della stessa città. Facendo eccezione alla sua scelta di non ricevere onorificenze, Benedetto XVI ha accettato la proposta avanzata il 1 gennaio 2015 dai rettori dei due atenei e dal cardinale Stanisław Dziwisz, metropolita di Cracovia e cancelliere dell Università come atto di omaggio a Giovanni Paolo II. Pubblichiamo quasi per intero il ringraziamento del Pontefice emerito. del Movimento liturgico attraverso le lezioni del professor Pascher, uno dei più significativi esperti del Concilio in materia liturgica, e soprattutto attraverso la vita liturgica nella comunità del seminario. Così a poco a poco divenne percepibile la tensione fra la participatio actuosa conforme alla liturgia e la musica solenne che avvolgeva l azione sacra, anche se non la avvertii ancora così forte. Nella Costituzione sulla liturgia del concilio Vaticano II è scritto molto chiaramente: «Si conservi e si incrementi con grande cura il patrimonio della musica sacra» (114). D altro canto il testo evidenzia, quale categoria liturgica fondamentale, la participatio actuosa di tutti i fedeli all azione sacra. Quel che nella Co- stituzione sta ancora pacificamente insieme, successivamente, nella recezione del Concilio, è stato sovente in un rapporto di drammatica tensione. Ambienti significativi del Movimento liturgico Musica e verità Il grazie di Benedetto XVI a due atenei di Cracovia ritenevano che, per le grandi opere corali e financo per le messe per orchestra, in futuro ci sarebbe stato spazio solo nelle sale da concerto, non nella liturgia. Qui ci sarebbe potuto esser posto solo per il canto e la preghiera comune dei fedeli. D altra parte c era sgomento per l imp overimento culturale della Chiesa che da questo sarebbe necessariamente scaturito. In che modo conciliare le due cose? Come attuare il Concilio nella sua interezza? Queste erano le domande che si imponevano a me e a molti altri fedeli, a gente semplice non meno che a persone in possesso di una formazione teologica. A questo punto forse è giusto porre la domanda di fondo: Che cos è in realtà la musica? Da dove viene e a cosa tende? Penso si possano localizzare tre luoghi da cui scaturisce la musica. Una sua prima scaturigine è l esperienza dell amore. Quando gli uomini furono afferrati dall amore, si schiuse loro un altra dimensione dell essere, una nuova grandezza e ampiezza della realtà. Ed essa spinse anche a esprimersi in modo nuovo. La poesia, il canto e la musica in genere sono nati da questo essere colpiti, da questo schiudersi di una nuova dimensione della vita. Una seconda origine della musica è l esperienza della tristezza, l e s s e re toccati dalla morte, dal dolore e da- gli abissi dell esistenza. Anche in questo caso si schiudono, in direzione opposta, nuove dimensioni della realtà che non possono più trovare risposta nei soli discorsi. Infine, il terzo luogo d origine della musica è l incontro con il divino, che sin dall inizio è parte di ciò che definisce l umano. A maggior ragione è qui che è presente il totalmente altro e il totalmente grande che suscita nell uomo nuovi modi di esprimersi. Forse è possibile affermare che in realtà anche negli altri due ambiti l amore e la morte il mistero divino ci tocca e, in questo senso, è l e s s e re toccati da Dio che complessivamente costituisce l origine della musica. Trovo commovente osservare come ad esempio nei Salmi agli uomini non basti più neanche il canto, e si fa appello a tutti gli strumenti: viene risvegliata la musica nascosta della creazione, il suo linguaggio misterioso. Con il Salterio, nel quale operano anche i due motivi dell amore e della morte, ci troviamo direttamente all origine della musica della Chiesa di Dio. Si può dire che la qualità della musica dipende dalla purezza e dalla grandezza dell incontro con il divino, con l esperienza dell amore e del dolore. Quanto più pura e vera è quell esperienza, tanto più pura e grande sarà anche la musica che da essa nasce e si sviluppa. A questo punto vorrei esprimere un pensiero che negli ultimi tempi mi ha preso sempre più, tanto più quanto le diverse culture e religioni entrano in relazione fra loro. Nell ambito delle più diverse culture e religioni è presente una grande letteratura, una grande architettura, una grande pittura e grandi sculture. E ovunque c è anche la musica. E tuttavia in nessun altro ambito culturale c è una musica di grandezza pari a quella nata nell ambito della fede cristiana: da Palestrina a Bach, a Händel, sino a Mozart, Beethoven e Bruckner. La musica occidentale è qualcosa di unico, che non ha eguali nelle altre culture. Questo ci deve far pensare. Certo, la musica occidentale supera di molto l ambito religioso ed ecclesiale. E tuttavia essa trova comunque la sua sorgente più profonda nella liturgia nell incontro con Dio. In Bach, per il quale la gloria di Dio rappresenta ultimamente il fine di tutta la musica, questo è del tutto evidente. La risposta grande e pura della musica occidentale si è sviluppata nell incontro con quel Dio che, nella liturgia, si rende presente a noi in Gesù Cristo. Quella musica, per me, è una dimostrazione della verità del Cristianesimo. Laddove si sviluppa una risposta così, è avvenuto l i n c o n t ro con la Verità, con il vero Creatore del mondo. Per questo la grande musica sacra è una realtà di rango teologico e di significato permanente per la fede dell intera cristianità, anche se non è affatto necessario che essa venga eseguita sempre e ovunque. D altro canto è però anche chiaro che essa non può scomparire dalla liturgia e che la sua presenza può essere un modo del tutto speciale di partecipazione alla celebrazione sacra, al mistero della fede. Se pensiamo alla liturgia celebrata da san Giovanni Paolo II in ogni continente, vediamo tutta l ampiezza delle possibilità espressive della fede nell evento liturgico; e vediamo anche come la grande musica della tradizione occidentale non sia estranea alla liturgia, ma sia nata e cresciuta da essa e in questo modo contribuisca sempre di nuovo a darle forma. Non conosciamo il futuro della nostra cultura e della musica sacra. Ma una cosa è chiara: dove realmente avviene l incontro con il Dio vivente che in Cristo viene verso di noi, lì nasce e cresce nuovamente anche la risposta, la cui bellezza proviene dalla verità stessa.

15 pagina 16 L OSSERVATORE ROMANO giovedì 9 luglio 2015, numero 28 Il cardinale segretario di Stato sulla portata della «Laudato si» per la Chiesa e per il mondo Cambio di passo Occorre un «autentica etica delle relazioni internazionali» capace di far fronte alle questioni sociali, politiche e ambientali indicate dalla Laudato si. L uditorio è internazionale, così come è ampio l orizzonte del discorso del segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, intervenuto nel pomeriggio di giovedì 2 luglio a Roma alla conferenza di alto livello «Le persone e il pianeta al primo posto: l imperativo di cambiare rotta». L incontro due giorni di lavori ospitati dall Augustinianum è stato organizzato dal Pontificio consiglio della giustizia e della pace e dalla International Alliance of Catholic Development Organisations (Cidse) per esaminare e far conoscere la ricchezza di contenuti dell enciclica di Papa Francesco. Un orizzonte ampio, perché ampio e profondo vuole essere il raggio di azione del messaggio contenuto nel documento pontificio. Come ha sottolineato lo stesso segretario di Stato, per espressa volontà del Pontefice la Laudato si è infatti «indirizzata a ogni persona che vive su questo pianeta, invitando tutti a entrare in dialogo riguardo la nostra casa comune» e a rispondere «al grido della terra e al grido dei poveri». Il segretario di Stato ha puntato a far emergere il forte senso di corresponsabilità che affiora da ogni pagina dell enciclica e, strutturando il suo intervento su tre livelli di riflessione piano internazionale, sfera nazionale e locale, ambito della Chiesa cattolica ha identificato due «esigenze pressanti» sollevate da Papa Francesco: la necessità di «riorientare i nostri passi e la promozione di una cultura della cura». Non si tratta solo di linee di principio. Il riconoscimento di certi valori deve portare a un effettivo cambiamento degli stili di vita dei singoli e dei popoli. A questo riguardo il cardinale Parolin ha fatto riferimento ai tre grandi appuntamenti organizzati dalle Nazioni Unite nella seconda metà di quest anno: la terza conferenza internazionale sul finanziamento dello sviluppo (a luglio ad Addis Abeba), l assemblea generale delle Nazioni Unite sull agenda di sviluppo post-2015 (a New York a settembre) e la conferenza sul cambiamento climatico che si svolgerà a Parigi dal 30 novembre all 11 dicembre. «L enciclica ha detto avrà un certo impatto su questi eventi, ma la sua ampiezza e profondità andranno ben al di là di certi contesti». Partendo dallo scenario internazionale, il porporato ha citato alcuni passi della Laudato si per affermare che «tutto è connesso», che «l ambiente, la terra e il clima sono un e re - dità comune i cui frutti devono andare a beneficio di tutti» e che «bisogna rafforzare la consapevolezza che siamo una sola famiglia umana. Non ci sono frontiere e barriere politiche o sociali che ci permettano di isolarci, e per ciò stesso non c è nemmeno spazio per la globalizzazione dell indifferenza». Verità che a livello universale non appaiono così scontate, anche, se, ha notato il cardinale, sta sempre più crescendo una certa consapevolezza. Ma la consapevolezza, ha aggiunto, deve portare a «un cambiamento di prospettiva» ispirato da una «visione più integrale, più integrante», e a «confutare la cultura dell individualismo che porta a un deterioramento etico e culturale che accompagna quello ecologico». Invece, come denunciato a chiare lettere nell enciclica, la comunità internazionale ha finora manifestato una «mancanza di coscienza e di responsabilità» e una «scarsa autocoscienza dei propri limiti». Un cambio di passo, un inversione è però ancora possibile. Viviamo infatti, ha detto il segretario di Stato, «in un contesto dove è possibile lasciarci alle spalle il mito moderno del progresso materiale illimitato ed escogitare modi intelligenti di orientare, coltivare e limitare il nostro potere». Il porporato ha esortato l intera comunità internazionale a cogliere l opportunità data dalle attuali conoscenze umane e a intraprendere un percorso «veramente virtuoso, quello che irriga la terra di innovazione economica e tecnologica, coltivando tre obiettivi interconnessi: aiutare la dignità umana a fiorire; contribuire a sradicare la povertà; e impegnarsi a contrastare il degrado ambientale». Le forze che operano in ambito internazionale, però, ha aggiunto il cardinale Parolin, non sono sufficienti. Serve anche una spinta nazionale «secondo il principio della sussidiarietà». I campi operativi sono molteplici: tra questi, «la modifica dei consumi, lo sviluppo di un economia dei rifiuti e del riciclaggio, il miglioramento agricolo delle regioni povere attraverso l investimento in infrastrutture rurali, una migliore organizzazione dei mercati locali e nazionali, la realizzazione di sistemi di irrigazione e di tecniche agricole sostenibili». E ancora: la promozione di un «modello circolare di produzione» che risponda allo spreco del cibo, così come l accelerazione del processo di transizione verso le energie rinnovabili. Ci si scontra, è vero, con interessi economici enormi, con una cultura del relativismo e dello scarto; ma scrive Francesco nell enciclica: «Non rassegniamoci a questo». Fondamentale, in tal senso, il ruolo della Chiesa, che «non pretende di definire le questioni scientifiche o di sostituirsi alla politica» ma si fa portatrice della «necessità della domanda circa il senso e la finalità dell azione umana». E alla domanda su quale mondo vogliamo lasciare a chi verrà dopo di noi, ha sottolineato il segretario di Stato concludendo il suo intervento, il Pontefice risponde che non dobbiamo essere preoccupati solo delle generazioni future: in ballo c è, già oggi, la nostra stessa dignità. Perciò la Chiesa si fa carico di una fondamentale azione educativa che miri a «formare le coscienze», a far recuperare il «senso di responsabilità per l a l t ro», ad alimentare «la consapevolezza della nostra comune origine, della nostra comune appartenenza e di un futuro da condividere con tutti». Nel libro di Massimo Lapponi L era delle donne di LU C E T TA SCARAFFIA È pieno di spunti di riflessione nuovi e interessanti il libro di Massimo Lapponi, sacerdote benedettino dell abbazia di Farfa. Eppure il titolo, affascinante ma generico, La luce splende nelle tenebre (Ariccia, Aracne, 2014, pagine 732, 32 euro), e la mole del volume non aiutano a trovare nell abbondanza dei pensieri esposti una linea di lettura. Sarebbe stato meglio dividerlo in più volumetti, che avrebbero valorizzato l originalità di un pensiero che fa toccare con mano come il punto di vista cristiano, quando è interpretato con rigore e libertà, possa essere culturalmente ricco e rivoluzionario. Due assaggi fra i mille che il volume offre: l osservazione che il diavolo, per tentare gli esseri umani e portarli lontani dal vero bene, deve usare i beni che esistono, che Dio ha creato, e che quindi sono veri. E quindi corre il rischio che, attraverso il contatto con questi beni, la preda gli sfugga. Lapponi fa l esempio dei casi di sesso degradato, che però si aprono pur sempre a una possibilità di affetto, se non di amore, che può aprire le porte alla ricerca dell amore più grande, quello di Dio. Quindi, anche l e s s e re umano che sta seguendo la strada di tentazione propostagli dal diavolo può, in realtà, trovare la strada della salvezza. L a l t ro pensiero nuovo che Lapponi propone è relativo alla costruzione dell identità femminile, in quella che viene chiamata l era delle donne. Oggi le donne si offendono se vengono definite attraverso la loro dignità di spose e di madri: sospettano subito l inganno e il tentativo di riportarle a uno stato di sottomissione. Ma questo non succederebbe se anche gli uomini fossero definiti dal loro status di mariti e padri: sono gli uomini osserva Lapponi che, cercando di impadronirsi del mondo attraverso il potere e la scienza, hanno scelto di definirsi solo attraverso i ruoli pubblici e di potere. Non ci dobbiamo stupire, quindi, se le donne oggi cercano di fare la stessa cosa. Sono questi solo due piccoli esempi di pensiero originale che offre la lettura del libro di Massimo Lapponi, a chi ha il coraggio di affrontare la mole un po d i s o rd i n a t a degli scritti.

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