I REATI COLLEGATI ALL'ESPULSIONE GIUDIZIALE

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1 I REATI COLLEGATI ALL'ESPULSIONE GIUDIZIALE Oltre all'espulsione amministrativa, disposta con decreto prefettizio o ministeriale, la legge prevede anche l'espulsione disposta dall'autorità giudiziaria. 1. L'ART. 13 DEL TESTO UNICO DELL'IMMIGRAZIONE Il comma 13-bis, primo periodo, dell'articolo 13 del decreto legislativo n. 286 del 1998 (testo unico dell'immigrazione; qui di seguito, per brevità, citato come " t.u. imm.") dispone che, nel caso di espulsione disposta dal giudice, il trasgressore del divieto di reingresso (nel territorio dello Stato) sia punito con la reclusione da uno a quattro anni. Per tale reato è obbligatorio l'arresto dell'autore del fatto anche fuori dei casi di flagranza e si procede con rito direttissimo (comma 13-ter). Competente è il Tribunale in composizione monocratica. Tre sono pertanto i presupposti del reato: 1) la presenza di un provvedimento di espulsione emesso da un giudice; 2) l'esecuzione della misura (ovvero l'effettivo allontanamento dello straniero dal territorio nazionale); 3) il rientro illegale nel territorio dello Stato da parte dello straniero (ovvero avvenuto prima del termine stabilito nel provvedimento in conformità alla legge). La violazione del divieto di reingresso dello straniero espulso ha natura di reato proprio: soggetto attivo è lo straniero [cioè l'apolide o il cittadino di uno stato non appartenente all'unione europea (detto anche e preferibilmente "cittadino di Paese terzo"), secondo la nozione offerta dall'art. 1 t.u. imm.] che sia stato attinto da un provvedimento di espulsione e sia stato espulso dal territorio dello Stato. La norma incriminatrice di cui al comma 13-bis, primo periodo, dell'art. 13 t.u. imm. non fa riferimento alla natura giuridica dell'espulsione, bensì all'autorità che l'ha disposta [espulsione disposta dal giudice], sicché deve ritenersi che il presupposto del reato in esame sia integrato: dall'espulsione come misura di sicurezza ex art. 15 t.u. imm. (non contempla i casi speciali già disciplinati dagli artt. 235 e 312 c.p. e dall'art. 86 t.u. stupefacenti) dall'espulsione come sanzione sostitutiva ex art. 16, commi 1-4, t.u. imm. dall'espulsione come sanzione alternativa ex art. 16, commi 5-8, t.u. imm ESPULSIONE GIUDIZIALE DELLO STRANIERO A TITOLO DI MISURA DI SICUREZZA Considerata la specialità delle norme incriminatrici di cui agli articoli 235 e 312 c.p., l'espulsione a titolo di misura di sicurezza personale contemplata dalla prima parte del comma 13-bis dell'art. 13 del d.lgs. 286/1998 è racchiusa all interno dell art. 15 dello stesso t.u. imm. (Espulsione a titolo di misura di sicurezza e disposizioni per l esecuzione dell espulsione), il quale consente al giudice, fuori dei casi previsti dal codice penale, di ordinare l espulsione dello straniero socialmente pericoloso condannato per taluno dei delitti previsti dagli articoli 380 e 381 c.p.p.. La norma di cui all'art. 15 del testo unico ha dunque carattere integrativo rispetto agli articoli 235 e 312 del codice penale. L'espulsione ex art. 15 t.u. imm. dal territorio dello Stato è una misura di sicurezza personale non detentiva disposta dall'autorità giudiziaria quando la presenza del destinatario sul territorio nazionale è ritenuta socialmente pericolosa. La misura è disposta dal magistrato di sorveglianza essendo applicabile nei confronti di persone condannate in via definitiva. 1

2 Giova ricordare che tutte le misure di sicurezza possono essere applicate soltanto alle persone socialmente pericolose che abbiano commesso un fatto preveduto dalla legge come reato (art. 202 c.p) e, in particolare, tutte le misure di sicurezza personali sono ordinate previo accertamento che colui il quale ha commesso il fatto è persona socialmente pericolosa (art. 31 legge n. 663 del 1986). La pericolosità sociale si desume secondo i parametri indicati dall'art. 133 c.p. in quanto sussiste la probabilità di reiterazione di fatti di reato (art. 203 c.p.). Il destinatario della misura disposta dal magistrato di sorveglianza quindi deve essere socialmente pericoloso, condannato (in via definitiva, con sentenza passata in giudicato) per taluno dei delitti previsti dagli articoli 380 e 381 c.p.p. L'accertamento della pericolosità sociale ha natura obbligatoria (art. 31 legge n. 663 del 1986). Diversamente dall'art. 235 c.p. che prevede un obbligo di applicazione della misura, l'art. 15 t.u. Imm. prevede la misura a discrezione del giudice, recita infatti il primo comma dell'art. 15 citato: " il giudice può ordinare l'espulsione dello straniero che sia condannato per taluno dei delitti previsti dagli articoli 380 e 381 del codice di procedura penale, sempre che risulti socialmente pericoloso." La misura è applicabile per numerose figure di delitti, inscritte nei casi di arresto obbligatorio e facoltativo, e a prescindere dalla regolarità della posizione del cittadino straniero, pertanto può essere disposta, ricorrendone le condizioni, anche nei confronti dello straniero munito del permesso di soggiorno e convivente con prossimi congiunti di nazionalità italiana. (Cassazione sez. I pen. n /2007). L'espulsione disposta ai sensi dell'art. 15 t.u. imm. come misura di sicurezza personale non può essere applicata con la sentenza di patteggiamento (cassazione pen. sez. I n. 7454/2006 e n /2002, sez. II n /2003) Ferme restando le norme in materia di esecuzione delle misure di sicurezza personali, l'esecuzione dell'espulsione compete al questore che vi adempie mediante accompagnamento alla frontiera (per mezzo della forza pubblica, come previsto dall'art. 13, comma 4, t.u. imm.) oppure, se ciò non è al momento possibile, mediante trattenimento al C.I.E. (Centro di Identificazione ed Espulsione) ESPULSIONE GIUDIZIALE DELLO STRANIERO A TITOLO DI SANZIONE SOSTITUTIVA I primi quattro commi dell'art. 16 cit. disciplinano l'espulsione a titolo di sanzione sostitutiva della detenzione. Ancorché disposta dall'autorità giudiziaria (e precisamente dal giudice dell'esecuzione), l'espulsione dello straniero di cui all'art. 16 t.u. imm. in sostituzione di una pena detentiva non ha natura penale, non si può quindi configurare come una sanzione criminale, bensì come una misura amministrativa per i caratteri che assume (ordinanza Corte cost. n. 369/1999). Anche dal punto di vista sostanziale siffatta misura solo indirettamente riveste un contenuto afflittivo, posto che il suo effetto tipico si risolve nell'allontanamento dal territorio dello Stato di soggetti che vi sono entrati o vi si trattengono abusivamente, o che hanno tenuto condotte sintomatiche di situazioni di pericolo per la pubblica sicurezza previste come tali dalla legge. Il giudice dell'esecuzione, anziché irrogare allo straniero una pena detentiva (reclusione o arresto), può sostituire la medesima pena con la misura dell'espulsione per un periodo non inferiore a cinque anni, quando sono verificate le seguenti condizioni: pronuncia sentenza di condanna per il reato di cui all articolo 10-bis (soggiorno illegale) ovvero per un reato non colposo o applica la pena su richiesta ex art. 444 c.p.p. (c.d. patteggiamento), 2

3 lo straniero si trova in una delle situazioni di cui all'art. 13 co. 2 t.u. imm. (ingresso e/o soggiorno nel territorio dello Stato irregolare o soggiorno divenuto irregolare; delinquenti abituali; soggetti dediti alla commissione di reati contro i minori, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica; indiziati di appartenenza a organizzazioni di tipo mafioso) che consentirebbero anche l'espulsione amministrativa disposta dal prefetto, se non avesse disposto l'espulsione in sostituzione della detenzione, avrebbe ritenuto di dover irrogare una pena detentiva entro il limite di due anni, non ricorrono le condizioni per ordinare la sospensione condizionale della pena ai sensi dell'art. 163 c.p. non ricorrono le cause ostative indicate nell'art. 14 co.1 t.u. imm. (prestare soccorso allo straniero, necessità di effettuare accertamenti supplementari in ordine alla sua identità o nazionalità, indisponibilità di un idoneo mezzo di trasporto, etc.) che impediscono l esecuzione dell espulsione con immediatezza mediante accompagnamento alla frontiera per mezzo della forza pubblica, (in pratica lo straniero deve essere identificato e deve possedere un valido titolo di viaggio, acciocché possa essere effettivamente accompagnato alla frontiera) la condanna non deve riguardare uno o più dei delitti previsti dall'articolo 407 co.2 lett. a) c.p.p. ovvero i delitti previsti dal testo unico dell'immigrazione, puniti con pena edittale superiore nel massimo a due anni. L'espulsione sostitutiva non può essere applicata ai casi previsti dall'art. 19 t.u. imm. cioè verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione razziale, religiosa, politica o di altra natura; ovvero (di norma) nei confronti di particolari soggetti (straniero minorenne, se non al seguito del genitore o dell'affidatario espulso; straniero titolare di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo [ex carta di soggiorno]; straniero convivente con parenti entro il secondo grado o con il coniuge di nazionalità italiana; donna in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio cui provvede e coniuge convivente [Sentenza Corte cost. n. 376/2000]). «La "sanzione alternativa" non può essere disposta nei confronti dello straniero in regime di esecuzione penale, che non sia "identificato" né "detenuto". Occorre aggiungere che l'applicabilità della sanzione, oltre ad essere generalmente esclusa nei casi di divieto di espulsione per le ragioni lato sensu umanitarie indicate dall'art. 19 (art. 16, comma 9), ben potrebbe essere altresì paralizzata, di fatto, da particolari circostanze che ne impediscano la concreta esecuzione. Di talché, per queste categorie di soggetti deve convenirsi che, non essendo consentito di anticipare l'espulsione amministrativa in deroga al principio di indefettibilità della pena, né rinvenendosi alcun divieto di accesso alle misure alternative alla detenzione in carcere sempre che ne sussistano i presupposti stabiliti dall'ordinamento penitenziario, è proprio l'esecuzione penale, anche nelle forme alternative al regime carcerario, a costituire il "titolo" che ne legittima la permanenza nel territorio dello Stato. D'altra parte, poichè non assumono lo status di "detenuto" in senso stretto sia lo straniero, condannato e "in stato di libertà", nei cui confronti il pubblico ministero deve sospendere l'esecuzione della pena qualora versi nella situazione prevista dall'art. 656 c.p.p., comma 5, finalizzata appunto all'applicazione di una misura alternativa alla detenzione in carcere, sia lo straniero condannato e già in espiazione della pena "in regime extramurario", ne deriva che neppure nei confronti di questi soggetti, per i quali non è certamente invocabile la finalità deflativa del carico penitenziario, può essere disposta la sanzione alternativa dell'espulsione.» (cassazione, sez. unite pen. n /2006) L'espulsione a titolo di sanzione sostitutiva è eseguita dal questore, anche se la sentenza non è irrevocabile, con le modalità di cui all'art. 13 co.4 t.u. imm. (mediante accompagnamento alla frontiera per mezzo della forza pubblica). Il questore, su disposizione del giudice, ha l'obbligo di predisporre l'accompagnamento alla frontiera anche con ulteriori accertamenti o 3

4 acquisendo un documento di viaggio oltre alla scelta del primo vettore disponibile. In questo caso non è consentito il trattenimento in un C.I.E. perché uno dei presupposti per l'applicazione della misura è l'assenza di cause ostative indicate nel primo comma dell'art. 14 t.u. imm. Se lo straniero espulso rientra illegalmente nel territorio dello Stato prima del termine previsto dall'art. 13, co. 14, t.u. imm. (in questo caso il minimo è cinque anni) commette il delitto previsto e punito dal comma 13-bis, primo periodo, dell'art. 13 t.u. imm.. Inoltre la sanzione sostitutiva è revocata dal giudice competente e viene ripristinata la pena detentiva sostituita dall'espulsione. Ma qual è il giudice competente a revocare la misura? Il giudice dell'esecuzione o il giudice di merito per il reato di reingresso illegale? Nella giurisprudenza della corte di Cassazione, esclusa in ogni caso la competenza del magistrato di sorveglianza, sono emersi due contrastanti orientamenti. In un caso è stato ritenuto competente in materia lo stesso giudice che ha disposto la sanzione con la sentenza di condanna (cass. sez. I pen. n /2004), in un altro caso la revoca dell'ordine di espulsione, è stata ritenuta di competenza del giudice del merito dinanzi al quale viene accertata la sussistenza o meno del reato di cui all'art. 13, comma 13-bis, t.u. imm. (Cass. sez. I pen. n del ). Questo secondo orientamento sembra prevalere nella giurisprudenza di merito (per es. Tribunale di Rovigo, ) 1.3. ESPULSIONE GIUDIZIALE DELLO STRANIERO A TITOLO DI SANZIONE ALTERNATIVA I commi 5, 6, 7 e 8 dell'art. 16 t.u. imm. disciplinano l'espulsione a titolo di sanzione alternativa alla detenzione. Va riconosciuta natura amministrativa anche a questa espulsione prevista dal comma 5 dell'art. 16 cit. posto che anche tale misura è subordinata alla condizione che lo straniero si trovi in taluna delle situazioni che costituiscono il presupposto dell'espulsione amministrativa disciplinata dall'art. 13 t.u. imm., alla quale si dovrebbe comunque e certamente dare corso al termine dell'esecuzione della pena detentiva, cosicché, nella sostanza, viene solo anticipato un provvedimento di cui già sussistono le condizioni (ordinanza Corte cost. n. 226/2004). Il magistrato di sorveglianza, con decreto motivato, senza formalità, dispone l'espulsione dello straniero detenuto, quando sono verificate le seguenti condizioni: è identificato sulla base delle previe informazioni sulla sua identità e nazionalità acquisite dalle forze di polizia, si trova in una delle situazioni di cui all'art. 13 co. 2 t.u. imm. (ingresso e/o soggiorno nel territorio dello Stato irregolare o soggiorno divenuto irregolare; delinquenti abituali; soggetti dediti alla commissione di reati contro i minori, la sanità, la sicurezza o la tranquillità pubblica; indiziati di appartenenza a organizzazioni di tipo mafioso) che consentirebbero anche l'espulsione amministrativa disposta dal prefetto, deve scontare una pena detentiva, anche residua, non superiore a due anni la condanna non deve riguardare uno o più dei delitti previsti dall'art. 407 comma 2 lett. a) c.p.p. ovvero i delitti previsti dal testo unico dell'immigrazione. Dalla prescrizione contenuta nel comma 7 dell'art. 13 t.u. imm., anche alla stregua del rinvio di carattere generale operato dal più volte citato art. 16, comma 5, allo straniero che si trova nelle situazioni di cui al comma 2 del suddetto art. 13, può desumersi in via sistematica l'obbligo di comunicare allo straniero il decreto di espulsione tradotto in una lingua da lui conosciuta, ovvero, ove non sia possibile, in francese, inglese o spagnolo, unitamente all'indicazione delle modalità di impugnazione. Il magistrato di sorveglianza, prima di emettere il decreto di espulsione, acquisisce dagli organi di polizia non soltanto, a norma del comma 6 dell'art. 16 cit., le informazioni sull'identità e 4

5 sulla nazionalità dello straniero, ma qualsiasi tipo di informazione necessaria o utile al fine di accertare la sussistenza dei presupposti e delle condizioni che legittimano l'espulsione, posto che nel disporre l'analoga misura amministrativa di cui all'art. 13, comma 3, il questore può evidentemente avvalersi di informazioni a tutto campo sullo straniero nei cui confronti deve essere disposta l'espulsione. Si badi bene che, diversamente dall'espulsione a titolo di sanzione sostitutiva, l'espulsione come sanzione alternativa è un atto dovuto e non discrezionale del giudice, sicché lo straniero detenuto che versi nelle condizioni di legge per fruire della sanzione alternativa dell'espulsione è titolare di un vero e proprio diritto a essere espulso dal territorio dello Stato anziché rimanervi a espiare la pena detentiva alle quale è stato condannato. È stato ritenuto che l'espulsione prevista dal comma 5 dell'art. 16 t.u. imm. costituisca una misura alternativa alla detenzione in carcere allo scopo di ridurre la popolazione carceraria e pertanto che non possa essere applicata a soggetti che già si trovino a espiare la pena detentiva con altre misure alternative quali per esempio la detenzione domiciliare. (Cassazione sez. I pen. n. 518/2004) L'espulsione dello straniero a titolo di sanzione alternativa alla detenzione in carcere viene eseguita dal questore competente per il luogo di detenzione. Una volta scarcerato lo straniero espulso viene immediatamente accompagnato alla frontiera per mezzo della forza pubblica. L'espulsione alternativa (come quella sostitutiva) non può essere applicata ai casi previsti dall'art. 19 t.u. imm. cioè verso uno Stato in cui lo straniero possa essere oggetto di persecuzione razziale, religiosa, politica o di altra natura; ovvero, di norma, nei confronti di particolari soggetti (straniero minorenne, se non al seguito del genitore o dell'affidatario espulso; straniero titolare di permesso di soggiorno CE per soggiornanti di lungo periodo [ex carta di soggiorno]; straniero convivente con parenti entro il secondo grado o con il coniuge di nazionalità italiana; donna in stato di gravidanza o nei sei mesi successivi alla nascita del figlio cui provvede e coniuge convivente [Sentenza Corte cost. n. 376/2000]). L'espulsione a titolo di misura alternativa alla detenzione, prevista dall'art. 16 comma 5 d.lg. 25 luglio 1998 n. 286, può essere disposta solo quando lo straniero si trovi in una delle situazioni tassativamente previste - come presupposto per l'espulsione amministrativa - nell'art. 13 comma 2 dello stesso d.lg., tra le quali non rientra il rigetto dell'istanza di emersione del lavoro irregolare, formulata ai sensi dell'art. 1-ter d.-l. 78/2009, convertito dalla legge 3 agosto 2009, n (Fattispecie in cui il Tribunale di Sorveglianza, confermando l'espulsione, aveva equiparato il rigetto di tale istanza al rigetto della domanda di rilascio del permesso di soggiorno) (Cassazione sez. I pen. n /2013). Se lo straniero espulso rientra illegittimamente nel territorio dello Stato viene ripristinato lo stato di detenzione e riprende l'esecuzione della pena. L'illecito reingresso integra il delitto previsto e punito dal comma 13-bis, primo periodo, dell'art. 13 t.u. imm.. 2. L'ESPULSIONE COME MISURA DI SICUREZZA PREVISTA DAL CODICE PENALE Gli articoli 235 e 312 del codice penale contemplano l'ordine, pronunciato dal giudice, di espulsione (nei confronti dello straniero) o di allontanamento (nei confronti del cittadino U.E.) dal territorio dello Stato, come misura di sicurezza personale non detentiva. La misura è obbligatoriamente ordinata dal magistrato di sorveglianza quando è accertato che la presenza del destinatario sul territorio nazionale è ritenuta socialmente pericolosa (art

6 c.p. e art. 31 legge n. 663 del 1986), secondo le circostanze indicate dall'art. 133 c.p., in quanto sussiste la possibilità di commettere nuovi fatti previsti dalla legge come reato (art. 203 c.p.). In particolare l'art. 235 c.p. si applica allo straniero o al cittadino U.E. socialmente pericolosi condannati [con sentenza passata in giudicato] con la pena della reclusione superiore a due anni; l'art. 312 c.p. invece si applica allo straniero o al cittadino U.E. condannato a una pena restrittiva della libertà personale per taluno dei delitti contro la personalità dello Stato (Titolo I c.p.) (e in tal caso, ovviamente, è implicita la pericolosità sociale). Anche per i delitti preveduti dall'art. 235 e dall'art. 312 c.p. è comminata la reclusione da uno a quattro anni ed è obbligatorio l'arresto dell'autore del fatto anche fuori dei casi di flagranza. Si procede con rito direttissimo. Competente è il tribunale in composizione monocratica. La natura di misura di sicurezza comporta l'inapplicabilità dell'espulsione o dell'allontanamento nei casi in cui la pena sia applicata su richiesta delle parti (patteggiamento) come disposto dall'art. 445, comma 1, c.p.p. L'espulsione prevista dall'art. 235 c.p. può essere disposta, ricorrendone le condizioni, anche nei confronti dello straniero munito di permesso di soggiorno e convivente con prossimi congiunti di nazionalità italiana (Cassazione sez. I pen. n /2007). L'espulsione dello straniero o l'allontanamento del cittadino unionale devono essere eseguiti ai sensi dell'art. 211 c.p. dopo l'espiazione (o l'estinzione) della pena. La concessione della sospensione condizionale della pena rende inapplicabile la misura di sicurezza in esame in quanto il beneficio esclude la pericolosità sociale. L'espulsione dello straniero (cittadino di un Paese terzo) o dell'apolide è eseguita dal questore secondo le modalità di cui all'art. 13, comma 4, t.u. imm. (art. 183-bis disp. att. c.p.p.), cioè mediante accompagnamento alla frontiera per mezzo della forza pubblica. (Trattandosi di persona già condannata in via definitiva si deve intendere che sia già compiutamente identificata, sicché non sarà necessario trattenerla in un C.I.E. prima di procedere all'espulsione.) Invece l'allontanamento del cittadino di uno Stato membro dell'unione europea è disposto in conformità ai criteri e alle modalità indicate dall'art. 20 del decreto legislativo n. 30 del 2007 (art. 183-ter disp. att. c.p.p.). La norma non precisa se siano da applicare le modalità di cui al comma 10 dell'art. 20 cit. (cioè con intimazione a lasciare il territorio nazionale entro un termine che non può essere inferiore a un mese, ma nei casi di comprovata urgenza può essere ridotto a 10 giorni) o se invece siano da applicare le modalità di cui al comma 11 dell'art. 20 cit. (allontanamento immediatamente eseguito dal questore applicando le disposizioni di cui all'art. 13, comma 5-bis, t.u. imm.). La prassi seguita dalle questure è quella di eseguire l'allontanamento con le modalità previste dal comma 10 dell'art. 20 d.lgs. n. 30/2007. La formulazione delle norme incriminatrici di cui agli articoli 235, terzo comma e 312, secondo comma, del codice penale non fa riferimento come per l'art. 13, co. 13-bis, t.u. imm. all'illecito reingresso bensì a una "imprecisa" trasgressione dell'ordine di espulsione (o di allontanamento). La disposizione in entrambi i casi presenza un grave deficit di tipicità che rende critica la ricostruzione del fatto incriminato. Per quanto riguarda lo straniero, essendo la misura eseguita mediante l'accompagnamento coattivo alla frontiera, il reato si configura pur sempre in caso di illegittimo reingresso nel territorio italiano. Per quanto riguarda il cittadino U.E. invece si può ritenere che il reato si configuri anche con la permanenza nel territorio dello Stato oltre il termine indicato nell'intimazione a lasciarlo. 6

7 Essendo l'espulsione a titolo di misura di sicurezza un provvedimento a carattere istantaneo, la possibilità di rientro nel territorio dello Stato deve considerarsi subordinata alla sua revoca. 3. L'ESPULSIONE COME MISURA DI SICUREZZA PREVISTA DALL'ART. 86 T.U. STUPEFACENTI Anche l'art. 86 del d.p.r. n. 309/1990 (testo unico in materia di stupefacenti) contempla l'espulsione a titolo di misura di sicurezza, a pena espiata, ordinata dal giudice nei confronti dello straniero condannato. L'espulsione è obbligatoria (comma 1) nei confronti dello straniero condannato per uno dei reati previsti dagli articoli 73, 74, 79 e 82, commi 2 e 3, del medesimo testo unico sugli stupefacenti; è facoltativa (comma 2) nei confronti dello straniero condannato per uno degli altri delitti previsti dallo stesso d.p.r. n. 309/1990. A questo proposito è opportuno ricordare la declaratoria di illegittimità costituzionale del primo comma del sopra citato articolo 86 pronunciata dalla Corte costituzionale con sentenza n. 58 del 1995 nella parte in cui obbliga il giudice a emettere, senza l'accertamento della sussistenza in concreto della pericolosità sociale. Quindi anche in materia di stupefacenti la misura di sicurezza dell'espulsione è applicabile previo il concreto accertamento della pericolosità sociale secondo la regola generale prevista dall'art. 31 della legge n. 663 del La presente misura di sicurezza, secondo la giurisprudenza, può essere disposta anche nei confronti del cittadino comunitario in quanto essa non verrebbe a incidere sulla libera circolazione e soggiorno nell'u.e. atteso che le norme unionali fanno salve le limitazioni per motivi di ordine pubblico, sicurezza pubblica e sanità pubblica, una volta accertata la pericolosità sociale (Cassazione, sez. I pen ). Nel caso sia stata concessa allo straniero, condannato per reati in materia di stupefacenti, la sospensione condizionale della pena, non è applicabile la misura di sicurezza della espulsione dal territorio dello Stato ai sensi dell'art. 86 comma 1 t.u. 309/1990, atteso che, riconosciuta la predetta sospensione, nella quale è sempre implicito un giudizio prognosticamente favorevole sulla personalità dell'imputato, si è esclusa la probabilità che lo stesso commetta nuovi fatti preveduti dalla legge come reato e, quindi, la sua pericolosità sociale, che, a norma dell'art. 31 legge n. 663/1986, non può essere più presunta, ma va accertata (Cassazione, sez. IV pen. n /1999). 4. ESPULSIONE GIUDIZIALE DEL CITTADINO DI UNO STATO MEMBRO DELL'UNIONE EUROPEA Nei confronti del cittadino U.E. destinatario di un provvedimento di allontanamento, rientrato nel territorio nazionale in violazione del divieto di reingresso ai sensi dell'art. 20, comma 14, secondo periodo, del decreto legislativo n. 30 del 2007 il giudice può sostituire la pena della reclusione con la misura dell'allontanamento immediato con divieto di reingresso nel territorio nazionale, per un periodo da 5 a 10 anni. L'allontanamento è immediatamente eseguito dal questore, anche se la sentenza non è definitiva. Viene dunque prevista un espulsione giudiziale come misura sostitutiva, mutuata dall'art. 16 t.u. immigrazione. Si applica la pena detentiva della reclusione fino a 3 anni in caso di reingresso nel territorio nazionale in violazione della suddetta misura di allontanamento e si procede con rito direttissimo. (Non è comunque consentito l'arresto in flagranza né fuori flagranza, diversamente da quanto previsto per l'analogo delitto di cui all'art. 13 t.u. immigrazione in materia di espulsione giudiziale dello straniero.) 7

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