Appendice di aggiornamento da settembre 2011 a luglio 2012
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1 PAOLO TONINI MANUALE DI PROCEDURA PENALE 12^ ed., Milano, 2011, ed. Giuffrè Appendice di aggiornamento da settembre 2011 a luglio 2012 Sommario: 1. La sentenza costituzionale n. 110 del 2012 che ha trasformato da assoluta in relativa la presunzione di adeguatezza della custodia cautelare in carcere in materia di associazione finalizzata alla produzione di cose con marchi falsi; p Il nuovo rito direttissimo per i reati di competenza del tribunale monocratico; p La nuova detenzione domiciliare prevista dalla c.d. legge svuota carceri; p Il trasferimento delle condanne a pena detentiva tra i Paesi dell Unione europea; p. 6
2 1. La sentenza costituzionale n. 110 del 2012 che ha trasformato da assoluta in relativa la presunzione di adeguatezza della custodia cautelare in carcere in materia di associazione finalizzata alla produzione di cose con marchi falsi. A pag. 420 dopo la riga 11 aggiungere quanto segue. E ancora, con la sentenza 3 maggio 2012, n. 110, la Corte costituzionale ha dichiarato illegittima la presunzione assoluta di adeguatezza della custodia in carcere per il delitto di associazione finalizzata alla produzione ed al commercio di cose con falsi marchi (art. 416 c.p.). In conseguenza della declaratoria di incostituzionalità, in relazione al predetto delitto vige la presunzione relativa di adeguatezza; questa è superabile se si dimostra che le esigenze cautelari possono in concreto «trovare idonea risposta anche in misure diverse da quella carceraria, che valgano a neutralizzare il fattore scatenante o ad impedirne la riproposizione». 2
3 2. Il nuovo rito direttissimo per i reati di competenza del tribunale monocratico. A pag. 767 eliminare dalla riga 29 fino a pag. 769 alla riga 11 e sostituire come segue. c) Il giudizio direttissimo. Il rito direttissimo si svolge con modalità differenti rispetto a quelle previste per i reati di competenza della corte d'assise e del tribunale collegiale. Le differenze sono state incrementate dal decreto-legge 22 dicembre 2011, n. 211, conv. in legge 17 febbraio 2012, n. 9, che ha voluto limitare il flusso degli arrestati in flagranza verso le case circondariali al fine di deflazionare le carceri. Infatti il pubblico ministero, avvisato dalla polizia, di regola dispone che l'indagato sia custodito in arresto domiciliare nel circondario del tribunale in cui l'arresto è stato eseguito; in via eccezionale, l'arrestato è custodito presso «strutture nella disponibilità» della polizia giudiziaria (c.d. camere di sicurezza), se non sono idonei l'abitazione dell'arrestato o un altro luogo di privata dimora o un luogo pubblico di cura o di assistenza o, comunque, se l'arresto è dovuto a rapina o ad estorsione semplici o a furto in abitazione o con strappo. Infine, quando le camere di sicurezza mancano, non sono disponibili o idonee o se ricorrono ragioni di necessità ed urgenza, il pubblico ministero ordina con decreto motivato che l'arrestato sia condotto nella casa circondariale (art. 558, commi 4-bis e ter). Il seguito della procedura dipende dalle scelte compiute dall'ufficio della pubblica accusa. Il giudizio direttissimo per iniziativa della polizia giudiziaria. Se il pubblico ministero non ordina alla polizia di mettere l'arrestato a propria disposizione, questi entro quarantotto ore deve essere condotto davanti al giudice del dibattimento per la convalida dell'arresto ed il contestuale giudizio, direttamente dagli ufficiali o agenti che hanno eseguito l'arresto o che hanno avuto in consegna l'arrestato (artt. 558, comma 1 e 163 disp. att.). La formulazione dell'imputazione è comunque riservata al pubblico ministero. Se il giudice non tiene udienza, la polizia giudiziaria è obbligata a fornirgli immediata notizia dell'arresto in modo che egli possa fissare l'udienza entro quarantotto ore dalla avvenuta limitazione della libertà personale (art. 558, comma 2). I testimoni e la persona offesa sono citati anche oralmente; il difensore, di fiducia o di ufficio, deve essere avvisato. In udienza, l'ufficiale o agente che presenta l'arrestato è autorizzato dal giudice ad una relazione orale che non ha carattere di testimonianza; successivamente viene sentito l'arrestato con le forme previste per l'interrogatorio. Il giudizio direttissimo per iniziativa del pubblico ministero. Spetta alla pubblica accusa il potere di ordinare che l'arrestato sia posto a propria disposizione (art. 386) ( 1 ); in tal caso il pubblico ministero presenta direttamente in udienza l'imputato entro 1 Il procuratore della repubblica può interrogare l'arrestato ed è tenuto a valutare se l'indagato debba essere sottoposto o meno ad una misura cautelare coercitiva. Infatti il pubblico ministero, se ritiene di non dover chiedere al giudice l'applicazione di una misura coercitiva, ha l'obbligo di porre immediatamente in libertà l'arrestato con decreto motivato. In questo caso il giudice, a seguito della richiesta del pubblico ministero, dovrà fissare l'udienza per la convalida dell'arresto e dovrà darne avviso all'imputato libero il quale ha diritto a parteciparvi (art. 121 disp. att.). Se al contrario la pubblica accusa ritiene di dover richiedere al giudice una misura cautelare coercitiva nei confronti dell'arrestato, non si procede alla sua liberazione, ma il pubblico ministero è tenuto a presentarlo di fronte al giudice in udienza entro quarantotto ore dall'arresto per richiederne la convalida; il pubblico ministero chiederà inoltre l'applicazione della misura cautelare che riterrà opportuna, nonché lo svolgimento del contestuale giudizio (art. 558 comma 4). 3
4 quarantotto ore dall'arresto per la convalida ed il contestuale giudizio direttissimo (art. 558, comma 4). Svolgimento del rito direttissimo. Se l'arresto non è convalidato, il giudice deve restituire gli atti al pubblico ministero, salvo che questi e l'imputato consentano al giudizio direttissimo (art. 558, comma 5). In caso di mancata convalida il pubblico ministero potrà comunque esercitare l'azione penale nelle forme ordinarie. Se l'arresto è convalidato, si deve svolgere il rito direttissimo. Subito dopo l'udienza di convalida, l'imputato può chiedere il rito abbreviato o il patteggiamento; in tal caso «il giudizio si svolge davanti allo stesso giudice del dibattimento» (art. 558, comma 8). Se l'imputato intende affrontare il dibattimento, può chiedere un termine non superiore a cinque giorni per preparare la difesa (art. 558, comma 7). Ai sensi dell'art. 558, comma 9, è possibile procedere a giudizio direttissimo dinanzi al tribunale in composizione monocratica anche nelle altre due ipotesi previste nel libro sesto: e cioè quando l'arresto in flagranza è già stato convalidato dal giudice per le indagini preliminari, entro trenta giorni dall'arresto medesimo (art. 449, comma 4) e quando l'indagato ha reso confessione nel corso dell'interrogatorio (art. 449, comma 5). Il decreto-legge n. 92 del 2008 sulla sicurezza pubblica, convertito in legge 24 luglio 2008, n. 125, ha dimenticato di inserire nel procedimento monocratico quel principio di obbligatorietà del giudizio direttissimo che nel procedimento collegiale è stato introdotto in caso di confessione e di arresto in flagranza convalidato: nel rito monocratico il giudizio direttissimo è rimasto anche in questi casi una facoltà per il pubblico ministero (art. 558, comma 9). La convalida dell'arresto davanti al giudice per le indagini preliminari. Anche in assenza di un'espressa previsione legislativa, quando il pubblico ministero chiede la messa a disposizione del soggetto arrestato, è possibile che il giudizio di convalida e quello sulla responsabilità seguano strade separate. Il pubblico ministero, infatti, potrebbe optare per la sola convalida dell'arresto davanti al giudice per le indagini preliminari nel più ampio termine previsto dall'art. 390 (e cioè entro quarantotto ore dalla richiesta della pubblica accusa), per poi procedere con le forme ordinarie o con un procedimento speciale (es. giudizio immediato); ma ai sensi dell'art. 386, comma 4 mod., resta salva la normativa sull'arresto domiciliare o sull'eventuale uso delle c.d. camere di sicurezza, prevista dall'art. 558 ( 2 ). 2 Qualora, invece, intenda presentare l'arrestato davanti al giudice del dibattimento per la convalida ed il contestuale giudizio, il pubblico ministero è obbligato a farlo all'udienza che risulti già fissata entro le quarantotto ore dall'arresto. 4
5 3. La nuova detenzione domiciliare prevista dalla c.d. legge svuota carceri. A pag. 924 eliminare dalla riga 7 fino alla riga 13 e sostituire come segue. La nuova detenzione domiciliare prevista dalla c.d. legge svuota carceri. La legge 16 novembre 2010, n. 199 ha introdotto una singolare misura alternativa consistente in una nuova forma di detenzione domiciliare, che è applicabile nei confronti dei condannati ad una pena detentiva (anche residua) fino a diciotto mesi ( 3 ). Il pubblico ministero valuta d'ufficio la concedibilità della misura, la cui applicazione è deliberata dal magistrato di sorveglianza con una procedura de plano ( 4 ). 3 La durata originaria di dodici mesi è stata così modificata dal decreto-legge n. 211 del 2011, conv. in legge 17 febbraio 2012, n La possibilità di applicare la detenzione domiciliare è temporanea e decadrà al momento della «completa attuazione del piano straordinario penitenziario» e comunque con il 31 dicembre La singolarità della nuova misura alternativa sta nel superare molti dei divieti comuni posti alle ordinarie forme di detenzione domiciliare, previste dall'art. 47-ter dell'ord. penitenziario. Restano in vita soltanto alcuni divieti espressamente posti dalla legge all'art. 1, comma 2. Pertanto, sono esclusi dalla nuova detenzione domiciliare i condannati per i cd. reati ostativi di cui all'art. 4-bis ord. penit., i delinquenti abituali, professionali o per tendenza, i soggetti detenuti sottoposti al regime di sorveglianza particolare di cui all'art. 14-bis della legge n. 354 del Al di fuori di tali divieti, opera la discrezionalità vincolata del giudice, che deve escludere quel condannato per il quale sussista un pericolo di fuga, o siano presenti «specifiche e motivate ragioni» per ritenere che possa commettere altri delitti, o quando non sussista «l'idoneità e l'effettività del domicilio anche in funzione delle esigenze di tutela delle persone offese dal reato». La decisione spetta al magistrato di sorveglianza, che segue la procedura de plano prevista per la liberazione anticipata (art. 69-bis o.p.) e che deve decidere nel termine di cinque giorni. Ma il procedimento si differenzia a seconda che il condannato sia, o meno, in libertà. Quando il condannato è in libertà e la pena da eseguire non supera i diciotto mesi, il pubblico ministero deve sospendere l'esecuzione dell'ordine di carcerazione d'ufficio e deve trasmettere gli atti al magistrato di sorveglianza affinché disponga che la pena venga eseguita presso il domicilio. Quando il condannato è già detenuto, non vi è sospensione dell'esecuzione ed il provvedimento concernente la detenzione domiciliare è disposto con la medesima procedura (art. 69-bis o.p.) su richiesta del pubblico ministero o dello stesso condannato. 5
6 4. Il trasferimento delle condanne a pena detentiva tra i Paesi dell Unione europea. A pag. 995 dopo la riga 12 aggiungere il paragrafo che segue. Il trasferimento delle condanne a pena detentiva negli Stati dell'unione europea. La Decisione quadro 2008/909/GAI del 27 novembre 2008 ha applicato il principio del reciproco riconoscimento alle «sentenze penali che irrogano pene detentive o misure privative della libertà personale ai fini della loro esecuzione nell'unione europea». Alla Decisione quadro è stata data attuazione con il decreto legislativo 7 settembre 2010, n. 161, che è entrato in vigore il 5 dicembre Il nuovo strumento di cooperazione è fondato sul principio del reciproco riconoscimento delle sentenze definitive di condanna a pene detentive e sostituisce i precedenti accordi convenzionali tra Stati (art. 25). La trasmissione delle condanne avviene tra le autorità giudiziarie dei Paesi dell'unione europea ed i casi di rifiuto sono ristretti ad ipotesi tassative. Il d. lgs. n. 161 del 2010 integra il sistema di consegna già previsto dal mandato di arresto europeo aggiungendo il trasferimento della esecuzione della sentenza di condanna, quando questa dispone almeno tre anni di pena o misura di sicurezza detentive applicate anche congiuntamente (art. 2, comma 1, lett. b). Come avviene di regola per questo tipo di procedure, è prevista una trasmissione all'estero ed una dall'estero. Nel caso di trasmissione all'estero, la sentenza italiana viene inviata ad un altro Stato membro dell'unione per ottenere il riconoscimento e la esecuzione in quello Stato (art. 5). L'iniziativa è presa dal pubblico ministero presso il giudice dell'esecuzione, individuato nell'art. 655 se si tratta di pena detentiva e nell'art. 658 se si tratta di misura di sicurezza detentiva. La trasmissione è attivata d'ufficio o su richiesta dello Stato dell'esecuzione o della medesima persona condannata previa audizione di quest'ultima, se si trova in Italia. Il pubblico ministero emette un ordine di trasmissione (insieme o successivamente all'ordine di esecuzione), la cui durata deve essere di almeno sei mesi di detenzione. La trasmissione all'estero è disposta (art. 5, comma 3): a) verso lo Stato dell'u.e. dove il condannato vive e di cui è cittadino; b) verso lo Stato dell'u.e. di cui il condannato è cittadino e dove questi deve essere espulso o allontanato, benché non vi risieda; c) verso lo Stato dell'u.e. che ha acconsentito alla trasmissione, sia quando il trasferimento è verso un Paese di cui il condannato non è un cittadino (es. cittadino austriaco di cui si dispone il trasferimento in Germania), sia quando il condannato non viva nello Stato di cittadinanza, né deve esservi espulso o allontanato (es. cittadino austriaco che risiede in Italia e di cui si dispone il trasferimento in Austria, benché non debba essere espulso verso quel Paese). In questi due casi il trasferimento richiede il consenso del condannato e presuppone l'accordo con lo Stato di esecuzione ( 5 ). Sono previste dall'art. 5, comma 2, alcune condizioni, che devono sussistere congiuntamente: a) l'esecuzione della pena o della misura di sicurezza all'estero ha lo scopo di favorire il reinserimento sociale della persona condannata; b) il reato per il quale è stata emessa la sentenza di condanna è punito con una pena della durata massima non inferiore a tre anni; c) la persona condannata si trova nel territorio dello Stato o in quello dello Stato di esecuzione; 5 G. DE AMICIS, Commento sub art. 5 del d.lgs., in Legislazione pen., 2011, n. 1,
7 d) la persona condannata non è sottoposta ad altro procedimento penale o non sta scontando un'altra sentenza di condanna o di applicazione di una misura di sicurezza, salvo diverso parere dell'autorità giudiziaria competente per il procedimento penale in corso o per l'esecuzione. Una volta ottenuto il riconoscimento della sentenza da parte dello Stato di esecuzione, il trasferimento è disposto dal ministero della giustizia entro il termine ordinatorio di trenta giorni dalla comunicazione dell'avvenuto riconoscimento (artt. 6 e 7). Nel caso di trasmissione dall'estero, il procedimento inizia quando il ministero della giustizia riceve da uno Stato dell'unione la richiesta di esecuzione in Italia di una condanna definitiva ad una pena di almeno tre anni, come sopra precisato. La richiesta può riguardare un cittadino italiano o una persona che ha residenza in Italia; di regola (salvo eccezioni) occorre il loro consenso (art. 10). Come avviene per il mandato di arresto europeo, occorre la decisione favorevole della corte di appello, che provvede in camera di consiglio e pronuncia una sentenza soggetta a ricorso per cassazione (art. 9). I motivi di rifiuto sono tassativi (art. 13); ad es., quando sul medesimo fatto storico vi è un bis in idem in uno degli Stati dell'unione e la pena è già stata eseguita o in corso di esecuzione; o quando il condannato è un minorenne. È assicurato il comune principio di specialità, e cioè, di regola, non vi può essere limitazione della libertà personale per altro reato commesso prima del trasferimento (art. 18). Su richiesta dello Stato estero, possono essere emesse misure cautelari o pre-cautelari al fine di assicurare la permanenza del condannato ed in attesa del riconoscimento della sentenza di condanna (artt. 14 e 15), e questo avviene in deroga agli artt. 273, 274 lett. a, c, 280 c.p.p. Avvenuto il trasferimento in Italia, l'esecuzione si svolge secondo la legge italiana anche per quanto concerne la liberazione anticipata e condizionale (art. 16), mentre l'eventuale revisione della sentenza di condanna è di competenza dello Stato estero (art. 17). 7
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