Coro Vincenzo Galilei OGU - Orchestra Giovanile Universitaria dell Università di Pisa

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Serena Sacco
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1 LUNEDÌ 6 giugno 2005 Chiesa di S. Martino, Pisa - ore 21 Coro Vincenzo Galilei OGU - Orchestra Giovanile Universitaria dell Università di Pisa Francesco Rizzi direttore

2 Coro Vincenzo Galilei Francesco Rizzi direttore OGU Orchestra Giovanile Universitaria dell Università di Pisa Francesco Pasqualetti direttore OGU e pianoforte Carla Giometti vocalista del coro

3 PROGRAMMA CAMILLE SAINT-SAËNS ( ) Calme des nuits, op. 68 n. 1 Les fleurs et les arbres, op. 68 n. 2 GABRIEL FAURÉ ( ) Cantique de Jean Racine, op.11 ***** LUIGI CHERUBINI ( ) Requiem in do minore

4 NOTE ILLUSTRATIVE Mentre compositori come Gabriel Fauré sviluppavano un linguaggio complesso non esente dall influsso dei grandi liederisti tedeschi, anche se filtrato attraverso personalità di gusto e di tendenze prettamente francesi, quello di Camille Saint-Saëns evolveva verso soluzioni armoniche sempre più semplici appena increspate da occasionali dissonanze; la sua arte si rivela tutta nelle linee melodiche meravigliosamente cantabili e al tempo stesso attente a rispettare il senso delle parole. I due brani dell op. 68, che confermano a pieno queste caratteristiche, sembrano proprio rifarsi alla poetica del suono-parola dei madrigalismi rinascimentali tanto sono carichi di allusioni ora onomatopeiche ora figurative nell unire la musica al testo poetico e richiedono agli esecutori una grandissima compattezza nell uso dei colori vocali, una assoluta perfezione nell intonazione e un grande controllo nel rendere omogenee le dinamiche. Caratterizzate, come dicevamo, da una più spinta ricerca di soluzioni armoniche complesse rispetto a quelle del suo maestro Saint-Saëns, le composizioni di Fauré sono contrassegnate tuttavia da analoghi requisiti di trasparenza, limpidezza ed equilibrio che improntano comunque tutta la musica francese di fine ottocento e inizio novecento. La maggior parte della musica sacra di sua produzione è stata scritta mentre era titolare dell Organo alla Madeleine; tuttavia Fauré compose alcune opere di carattere sacro mentre si trovava alla Scuola Niedermeyer e, fra queste, la più importante è sicuramente il Cantique di Jean Racine del Con questo brano dedicato a César Franck vinse il primo premio in composizione. Immaginate la grande diffusione che hanno oggi il Requiem di Mozart e quello di Verdi. Sommatele. Avrete forse un idea dell'immensa popolarità che aveva il Requiem in do minore di Luigi Cherubini fino a 150 anni fa. Nell'Europa di metà Ottocento veniva eseguito per ogni lutto illustre, tanto da far esclamare ad un rasse-

5 gnato ed ironico Berlioz che si trattava di un vero e proprio "monopolio". Posto fin da subito dai contemporanei a fianco del capolavoro di Mozart per qualità musicale e profondità spirituale, quella del Requiem in do min. di Cherubini è una storia di entusiastici consensi. Schumann lo definiva semplicemente "senza pari al mondo" e Beethoven lo volle eseguito al suo funerale nel Tra l'altro l'assenza più eccellente nel pur vastissimo catalogo delle opere beethoveniane è forse proprio una Messa da Requiem e a tal proposito varie dichiarazioni di Beethoven non lasciano dubbi: se mai gli fosse capitata l'occasione di scriverne uno, il suo unico modello sarebbe stato quello di Cherubini, modello "classico" per ogni ulteriore Requiem. Questo venne composto dal neo Sovrintendente alla Cappella Reale francese Luigi Cherubini su commissione diretta dell'appena re-insediato Re Luigi XVIII nel 1815, per celebrare la memoria del suo sfortunato predecessore Luigi XVI a cui i rivoluzionari nella fretta di ghigliottinarlo non avevo in verità tributato molto onore. La prima e- secuzione è del 21 gennaio 1816 nella cripta della cappella di S. Denis sotto la direzione dell'autore in persona. Serata in cui la Restaurazione si autocelebrava con sfarzo, mentre veniva alla luce un capolavoro musicale che avrebbe entusiasmato i suoi ascoltatori per decenni. Ma ecco l'inizio della musica: in pianissimo, appena sorretta da un orchestra immobile dove gli unici a suonare sono fagotti, corni, viole e violoncelli, si eleva, tra pause forzate che strozzano letteralmente le parole in bocca agli esecutori, la preghiera commossa del Coro, esanime: Dio, dona a lui la pace eterna. L'eccezionale ricerca di un atmosfera timbrica lacerata dalla pena è perseguita con una maestria d'orchestrazione senza pari, che riduce l'orchestra per quasi dieci minuti di musica alle sole sezioni profonde, scure e cupe dei legni e degli archi. La dinamica principale per l'intera durata dei primi due numeri è pp. Sospensione. Attesa. Immobilità della morte. Quando ormai questa atmosfera irreale e lontana ci ha sedotto con le sue tinte cupe e assorte, e un dolore sottile comincia a

6 sorte, e un dolore sottile comincia a pervadere l'anima, terribili, improvvisi, agghiaccianti due corni, due trombe e tre tromboni tutti all'unisono irrompono con l'inaudita brutale violenza di una sola nota raddoppiata all'ottava in uno squillo infernale e un colpo terribile ed inaspettato di tam-tam che scuote la sala. È l'annuncio del giorno del giudizio. Con un brusco cambio di prospettiva la musica salta improvvisamente in primissimo piano: l'attesa è finita, qualcosa di terribile sta accadendo e "neanche l'uomo giusto può sentirsi al sicuro". Tutta l'orchestra si ridesta: gli archi in quartine di sedicesimi velocissimi eseguono scale in pp che lentamente cominciano a crescere di intensità mentre i legni compongono in successione l'accordo di settima di dominante, ultimo centro di accumulo della tensione dei primi dieci minuti di musica, ed infine eccolo: il primo tutti in fortissimo, l'orchestra e il coro trasformati in immensi strumenti a percussione ribattono un drammatico do minore mentre le trombe annunciano al mondo la venuta di Cristo come Giudice. Puro teatro e del più alto livello. Del resto Cherubini era un operista affermato. Sapeva esattamente come accattivare il pubblico. Ma era anche grande conoscitore della materia musicale e fervido credente, tanto che in gioventù, non ancora partito da Firenze, le sue principali composizioni erano principalmente di carattere sacro. E' probabile che quella sera il folto pubblico conservatore rimase scioccato dalle nuove e inquietanti sonorità della partitura. Questa decisa sterzata in senso teatrale, attuata sempre con un dominio formale e contrappuntistico senza e- guali, e attuata nella più decisa coerenza al testo sacro sorprende tutt oggi per la sua efficacia. Nessun effetto è gratuito ed ogni aspetto (dalla ricerca timbrica nella strumentazione, al tipo di scrittura armonica con frequenti raddoppi all'unisono anche nei pp, alle numerosissime corone) è adeguatamente preparato e pienamente giustificabile nel suo contesto. Ci riesce difficile immaginare lo spettacolare Requiem di Verdi senza questo importante precedente. Certo in Verdi tutto è

7 portato alle estreme conseguenze: al Tuba Mirum sono ben 8 le trombe (di cui due gruppi di due fuori scena e poi 4 i corni ecc.) che simboleggiano quella mitica del giudizio e la furia epica del Dies Irae avrebbe fatto impallidire Cherubini, per non parlare degli effetti parlati sottovoce del coro e dei celebri pppp scritti in partitura. Ma lo spirito animatore e le idee sono gli stessi e non a caso i due autori sono entrambi italiani ed entrambi con una storia da grandi operisiti alle spalle. Che non sia proprio questa la ragione della parziale minor celebrità odierna del Requiem di Cherubini? Esso deve vedersela ad armi impari sullo stesso identico campo i- deale spirituale di quello Verdiano (cosa che non accade per esempio al confronto con le opere di Mozart o Brahms, dove l'idea della morte poggia su un terreno spirituale totalmente diverso, e la musica si fa teatro solo in determinate circostanze, avendo i propri punti di forza altrove). E' possibile che il pubblico contemporaneo in cerca di questo tipo specifico di raffigurazione della morte abbia lentamente preferito il Requiem di Verdi, dove le idee di Cherubini sono elevate a potenza, ma che tuttavia sarebbe completamente impensabile senza le intuizioni del nostro Fiorentino. Francesco Pasqualetti e Francesco Rizzi

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