Contributi Classificazione impresa ai fini previdenziali Attività aventi carattere promiscuo Attività primaria Rilevanza esclusiva Limiti Pluralità
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- Emilia Novelli
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1 Contributi Classificazione impresa ai fini previdenziali Attività aventi carattere promiscuo Attività primaria Rilevanza esclusiva Limiti Pluralità di attività svolte con organizzazioni autonome e distinte Qualificazione relativa a ciascuna di esse Necessità. Corte di Cassazione 21.1/ , n Pres. Rel. Dell Anno P.M. Martone (Parz. Diff.) FAREL AUTO (Avv. Murana) INPS (Avv.ti Correra, Ponturo, Fonzo). In tema di classificazione di una impresa ai fini previdenziali, ove l'attività dell'imprenditore abbia carattere promiscuo occorre tener conto, in relazione alle finalità economiche perseguite, dell'attività primaria svolta dall'impresa rispetto alla quale le altre risultino secondarie, ponendosi in rapporto di mera complementarietà, a meno che l imprenditore eserciti una pluralità di attività con organizzazioni autonome e distinte tra loro non reciprocamente condizionate e riconducibili ad aziende separate, nel qual caso per ciascuna di esse deve valere la corrispondente qualificazione di azienda industriale o commerciale. (Massima non ufficiale) FATTO. - Con decreto del 15 dicembre 1993, venne ingiunto alla società FAREL AUTO di pagare all'istituto Nazionale della Previdenza Sociale la somma di lire , oltre accessori, a titolo di differenze contributive e connesse sanzioni per il periodo aprile aprile 1992 con riferimento alla posizione di propri dipendenti inquadrati in azienda classificata come di natura industriale anziché commerciale. In punto di fatto, si era verificato che la società, costituita il 25 ottobre 1989 e inquadrata nel settore del commercio esercitando attività di concessionaria della società Fiat Auto, in data 2 aprile 1990 aveva comunicato all'ente previdenziale di avere istituito una officina meccanica per la riparazione di autoveicoli assumendo all'uopo alcuni operai; l'ente aveva iscritto questa seconda impresa nel ramo industria, ma all'esito di una successiva indagine ispettiva aveva accertato la illegittimità del doppio inquadramento e aveva quindi intimato il versamento dei contributi previdenziali, nella misura prevista per il settore del commercio, per i dipendenti della officina a decorrere dalla data del primo inquadramento. La opposizione al decreto venne rigettata dal pretore di Trapani con pronuncia resa il 20 dicembre
2 L'appello proposto dalla società è stato respinto dal tribunale della stessa città con la sentenza indicata in epigrafe. Il giudice di secondo grado ha rilevato, per quanto ancora interessa, che: a) l'istituto era stato indotto all'inquadramento della officina quale ditta autonoma di carattere industriale a causa delle inesatte dichiarazioni contenute nella comunicazione della società, da ciò derivando che era applicabile il disposto del comma 8 dell'articolo 3 della legge numero 335 del 1995 circa gli effetti, sul piano temporale, dei provvedimenti di variazione della classificazione dei datori di lavoro; b) la attività di officina non poteva considerarsi autonoma rispetto a quella primaria di commercializzazione di autoveicoli essendo invece strumentale rispetto alla seconda; c) conseguentemente l'impresa non poteva ritenersi beneficiaria degli sgravi contributivi previsti per le aziende industriali. La società FAREL AUTO ricorre per la cassazione della decisione con atto affidato a sei motivi. L'ente previdenziale resiste con controricorso. DIRITTO. - Con il primo motivo - denunciando omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione - la ricorrente deduce che la affermazione del giudice del merito che vi era stata una richiesta di inquadramento della attività di officina come di carattere industriale e autonoma rispetto a quella esercitata da essa società è totalmente immotivata ed è smentita dallo stesso testuale contenuto della relativa comunicazione, con la quale il rappresentante della società aveva esclusivamente dato notizia, espressamente richiamando la originaria posizione assicurativa di questa della quale aveva anche allegato la copia dell'atto costitutivo dal quale risultava che anche la attività di riparazione di autoveicoli rientrava tra quelle ricomprese nell'oggetto sociale, della assunzione di tre operai destinati alla officina meccanica con contestuale domanda di applicazione nei loro confronti della normativa in materia di assicurazione e di previdenza. con il secondo motivo, la ricorrente rileva che le conclusioni cui è pervenuto il tribunale in ordine alla retroattività degli effetti del provvedimento di variazione della classificazione della attività di riparazione delle autovetture sono da considerarsi non solo non precedute da una appagante motivazione 2
3 ma anche perché in violazione del dettato della disposizione di cui al comma 8 dell articolo 3 della legge 8 agosto 1995 numero 335, esigendo questo che una tale conseguenza sanzionatoria possa derivare solo nella ipotesi in cui l'inquadramento iniziale sia stato causato da inesatte dichiarazioni del datore, il che nella specie era da escludersi. Con il terzo motivo, la ricorrente espone che il tribunale ha erroneamente attribuito natura ricognitiva e non provvedimentale all'atto amministrativo di classificazione del datore di lavoro. Con il quarto motivo, la società lamenta che il giudice di merito - violando e falsamente applicando l'articolo 18 del decreto - legge 30 agosto 1968 numero 918, convertito nella legge 25 ottobre 1968 numero ha illegittimamente rigettato la domanda afferente il riconoscimento del diritto agli sgravi contributivi, avendo inammissibilmente confuso tra i concetti di imprenditore e di azienda, alla quale ultima è concesso di godere del beneficio. D'altra parte la disapplicazione del trattamento contributivo corrispondente al tipo di attività in concreto esplicata determina, da un lato, che i lavoratori usufruiscano di un trattamento previdenziale e assicurativo diverso da quello del settore di appartenenza e, dall'altro, che il datore di lavoro viene svantaggiato rispetto a coloro che svolgono attività similare. Ne deve conseguire che, nelle ipotesi di attività plurime esercitate da un unico datore di lavoro, si rende necessario l'assoggettamento alle diverse obbligazioni contributive previste per le varie attività. Con il quinto motivo, la società ricorrente denuncia vizi della motivazione della sentenza nella parte nella quale ha disconosciuto la autonomia della attività di officina di riparazione rispetto a quella di commercializzazione degli autoveicoli, ciò facendo con l'amplificare la strumentalità della prima rispetto alla seconda e con il ricorso a circostanze, alcune ininfluenti (numeri degli interventi effettuati sui veicoli FIAT, sistema di fatturazione, costi sostenuti per il personale addetto alle due attività, valenza dei bilanci) e altre invece perfettamente spiegabili e deponenti proprio nel senso della autonomia (distinti libri paga e matricola dei dipendenti, distinti prospetti allegati alle dichiarazioni per l'imposta sul valore aggiunto). Con il sesto motivo, la società espone che il giudice di merito erroneamente 3
4 ha ritenuto prevalente la attività della concessionaria solo perché la stessa fatturava somme di gran lunga maggiori rispetto a quella di officina, trascurando di considerare sia che il risultato economico, per sua natura mutevole, appartiene all'imprenditore e non alle diverse aziende facenti a lui capo e sia che l'entità dei beni strumentali e della forza lavorativa impiegata nella seconda era ben più consistente rispetto a quella impiegata nella prima. Le due prime ragioni di censura - nelle quali resta assorbita la terza, debbono esaminarsi congiuntamente in considerazione del loro comune oggetto. Le stesse sono fondate. E invero, ai sensi del disposto del comma 8 dell'articolo 3 della legge numero 335 del 1995, i provvedimenti che, come nella specie, siano adottati d'ufficio dall'istituto Nazionale della Previdenza sociale, con i quali venga variata la classificazione dei datori di lavoro ai fini previdenziali e si trasferiscano gli stessi nel settore economico corrispondente alla effettiva attività da essi svolta, producono effetti dal periodo di paga in corso alla data della loro notifica, salvo che l'erroneo iniziale inquadramento "sia stato determinato da inesatte dichiarazioni del datore di lavoro". In tale senso ha ritenuto il giudice di merito, che ha rigettato la specifica e articolata doglianza svolta dalla società ricorrente, limitandosi a testualmente osservare che "nel caso in esame, l'inquadramento operato dall'istituto è stato effettuato proprio in considerazione delle dichiarazioni rese dalla società, all'atto della richiesta del duplice inquadramento, laddove questa ha affermato che l'officina avrebbe espletato attività industriale". Da una tale affermazione sembrerebbe doversi trarre per assolutamente dimostrato che, nella richiesta di inquadramento, ai fini previdenziali, dei dipendenti destinati al lavoro proprio della officina, il rappresentante della società avesse testualmente comunicato che questa avrebbe dato inizio a una attività distinta da quella commerciale con riferimento alla quale si rendeva necessario un inquadramento dei lavoratori a questa addetti nel diverso settore dell'industria. Così invece non è, documentalmente risultando dal primo motivo del ricorso - che, nel rispetto del principio della autosufficienza, contiene la sostanziale trascrizione del documento - che, con la denuncia in questione, la società si limitò a comunicare la avvenuta assunzione di operai destinati alla attività di 4
5 officina meccanica per la riparazione di autoveicoli e a instare per la applicazione nei confronti degli stessi della normativa assicurativa e previdenziale. Si aggiunga che la richiesta faceva esplicitamente richiamo alla posizione assicurativa assegnata all'impresa e vi erano allegati il certificato di iscrizione di questa alla Camera di commercio e una copia del suo atto costitutivo nel quale era specificato che tra le attività rientranti nell'oggetto sociale era anche quella di riparazione dei veicoli. Escluso quindi che nella specie a carico della società potessero deporre dichiarazioni da essa stessa provenienti non corrispondenti alla realtà con riferimento allo svolgimento di una attività di carattere industriale, espressamente rappresentata come autonoma e distinta dall'altra commerciale, e una richiesta, sempre espressa, di un diverso inquadramento, resterebbe che, anche in mancanza di ciò, tuttavia, e per altro verso, dovesse ugualmente concludersi nel senso di dichiarazioni, che, per la loro voluta equivocità, fossero tali da potere indurre concretamente in errore l'ente previdenziale, determinandolo, senza sua colpa, a una presa d'atto della istituzione di una nuova azienda con la conseguente attribuzione all'officina di una propria classificazione. Ma a questo proposito la motivazione è totalmente assente, essendo mancata ogni indagine sul contenuto del documento e sulla sua idoneità a ingannare il destinatario. Nell'accoglimento dei due motivi resta evidentemente assorbito il terzo. Infondate sono invece le altre censure. Deve infatti darsi atto al tribunale di essersi diffusamente soffermato sul perché dovesse concludersi per la unicità della attività imprenditoriale commerciale della società FAREL AUTO nella quale necessariamente doveva ritenersi confluente quella accessoria e strumentale della sottoposizione ai controlli periodici degli autoveicoli venduti e alle riparazioni che si rendessero eventualmente necessarie. Correttamente si è fatta quindi applicazione della regola già enunciata da questa Corte, per la quale in tema di classificazione di un'impresa ai fini del diritto agli sgravi contributivi, oltre che ai fini previdenziali e assistenziali, ove l'attività dell'imprenditore abbia carattere promiscuo, occorre tenere 5
6 conto, in relazione alle finalità economiche perseguite, dell'attività primaria svolta dall'impresa, rispetto alla quale le altre risultino secondarie ponendosi in rapporto di mera complementarietà, a meno che l'imprenditore non eserciti una pluralità di attività con organizzazioni autonome e distinte, tra loro non reciprocamente condizionate e riconducibili ad aziende separate, nel quale caso per ciascuna di esse deve valere la corrispondente qualificazione di azienda industriale o commerciale (Cass., 20 aprile 1995, n. 4421(1); Cass., 6 settembre 1991, n. 9399(2)). In definitiva si impone perciò, per i rilevati vizi motivazionali, la cassazione della sentenza impugnata in relazione ai due primi motivi di ricorso, restando assorbito il terzo, con rinvio della causa alla Corte d'appello di Palermo, alla quale si demanda di provvedere anche sulle spese del giudizio di legittimità. Vanno invece rigettate le residue censure. (Omissis) (1) V. in q. Riv., 1995, p.623 (2) Idem, 1992, p
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