ELEZIONI E SISTEMI ELETTORALI

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1 ELEZIONI E SISTEMI ELETTORALI Elezioni libere e competitive Il voto è l atto più frequente di partecipazione politica della maggioranza dei cittadini nella maggioranza dei regimi politici. Elezioni libere, tenute a scadenze prestabilite, con possibilità di partecipazione estesa a tutta la cittadinanza e con criteri di esclusione limitati soltanto all età costruiscono, mantengono, sostengono e fanno funzionare tutti i regimi democratici. Altrimenti, possono svolgersi elezioni non libere, organizzate con obiettivi di probabile controllo sull opposizione, manipolate negli esiti. Tutto quello che attiene alla definizione di elezioni libere, competitive, tenute a scadenze prestabilite, significative si configura come uno degli aspetti fondamentali della democraticità di un regime politico. Il voto democratico deve essere: - universale, cioè esteso a tutti; - libero, cioè esente da costrizioni; - uguale, cioè tale che ogni voto conti quanto ogni altro; - diretto, cioè mirato senza intermediazione all elezione di candidati o all attribuzione di seggi ai partiti; - segreto, cioè espresso al riparo dagli occhi e dalle sanzioni altrui; - significativo, cioè che abbia effetti sulla distribuzione del potere politico, in termini di cariche e di seggi. Anche quando il voto è libero, può essere molto difficile da esprimere; infatti è noto che negli Stati Uniti continuano ad esistere barriere informali, di tipo legale ed istituzionale, che spostano sui cittadini tutto il peso dell esercizio del diritto di voto, imponendo difficili requisiti di iscrizione nelle liste elettorali, di residenza, di afflusso alle urne (si vota in giorni lavorativi, in ore lavorative). Due aspetti delle campagne elettorali sembrano meritevoli di regolamentazione: a) la quantità di denaro che ciascun candidato e ciascun partito possono profondore nella ricerca di voti; b) la quantità e le modalità di accesso alla propaganda televisiva. È evidente che questi due fenomeni segnano la nuova frontiera di elezioni libere e democratiche. Infatti, i vantaggi acquisiti da candidati che abbiano più risorse finanziarie da spendere e maggiore accesso alla televisione possono rendere le elezioni una competizione fra diseguali e quindi produrre esiti distorti. La maggior parte dei regimi democratici prevedono limiti alle spese elettorali e la regolamentazione dei tempi d accesso alla televisione, pubblica e privata. Anche l astensionismo costituisce un problema rilevante per i regimi democratici. Se le elezioni sono lo strumento per scegliere i rappresentanti e i governanti, l autoesclusione di quote consistenti di cittadini dal circuito elettorale produrrà l elezione di rappresentanti e di governanti poco rappresentativi e poco ricettivi.

2 Concludendo, i tre problemi principali della competizione elettorale nelle democrazie contemporanee sono: i finanziamenti, la televisione, l astensionismo. L elezione delle cariche monocratiche Le elezioni sono procedure istituzionalizzate per la scelta di rappresentanti selezionati fra alcuni o tutti i membri ufficialmente riconosciuti di una organizzazione. L elezione delle cariche monocratiche sono le elezioni dei capi degli esecutivi. Può trattarsi di elezione indiretta o di elezione popolare diretta. Per eleggere direttamente un Presidente della Repubblica si possono utilizzare diverse formule elettorali. In generale, si richiede che per conquistare la carica un candidato ottenga la maggioranza assoluta dei voti popolari. In qualche caso può vincere anche con la maggioranza relativa dei voti. Se è necessaria la maggioranza assoluta e questa non viene raggiunta da nessun candidato al primo turno elettorale, si passa di norma al ballottaggio fra due soli candidati, con la sicurezza che il candidato vincente avrà ottenuto a quel punto la maggioranza assoluta dei voti. Anche l elezione del Presidente della Repubblica si presta all applicazione di una varietà di formule elettorali: a maggioranza relativa, a maggioranza relativa con soglia minima prefissata, a maggioranza assoluta, a turno unico, con ballottaggio. «Plurality», «majority» e rappresentanza proporzionale Sono tre le grandi categorie di sistemi elettorali attualmente utilizzati: 1) sistemi elettorali maggioritari a un turno in collegi uninominali (plurality); 2) sistemi maggioritari a doppio turno in collegi uninominali (majority); 3) sistemi di rappresentanza proporzionale. 1) Nei sistemi maggioritari a turno unico vince il candidato che nel collegio uninominale ottiene anche soltanto la maggioranza relativa dei voti espressi. 2) Nei sistemi maggioritari a doppio turno al primo turno vince soltanto il candidato che abbia ottenuto la maggioranza assoluta dei voti espressi, altrimenti, il seggio viene attribuito al secondo turno. 3) Tutte le varianti del sistema proporzionale, applicate soltanto in collegi plurinominali, sono accomunate da una relazione di proporzionalità fra voti ottenuti e seggi attribuiti. Esistono anche sistemi misti. I sistemi maggioritari a turno unico Se gli ostacoli alla presentazione delle candidature sono relativamente scarsi, ci si può attendere che in ciascun collegio uninominale si presentino diversi candidati. In pratica, non è affatto sempre così. Non soltanto le candidature indipendenti e personalistiche sono molto infrequenti, ma qualche volta anche partiti tradizionali possono non avere la forza e la presenza organizzativa sufficienti a presentare candidati in tutti i collegi.

3 In generale il numero dei candidati che si presentano nei collegi uninominali dipende essenzialmente dal numero dei partiti esistenti nel sistema politico e dal grado di strutturazione del sistema partitico. Qualsiasi sistema maggioritario a turno unico in collegi uninominali che abbia funzionato per un po di tempo ha già scremato il numero di candidati in ciascun collegio, ma non è affatto sicuro che li abbia ridotti definitivamente a due e che quei due candidati rappresentino sempre e soltanto gli stessi due partiti. Ma il peso della storia politica è assente quando un sistema maggioritario di questo tipo viene introdotto per la prima volta oppure funziona da pochissimo tempo. Allora, non soltanto molti partiti vorranno mettere alla prova la propria forza organizzativa, ma molti candidati non rinunceranno a tentare la sorte. Quando il sistema partitico si sarà consolidato, tuttavia, si produrrà spontaneamente un qualche effetto di riduzione del numero dei candidati. Altrimenti il compito toccherà agli elettori. Dopo due o tre tornate elettorali, sia gli elettori che i candidati e i partiti adeguano il loro comportamento agli imperativi, alle opportunità e alle costrizioni del sistema elettorale. La competizione elettorale non sarà necessariamente bipartitica, poiché i due candidati in grado di vincere il seggio potrebbero appartenere a partiti diversi da collegio a collegio. Potrebbero esservi minoranze di qualsiasi tipo concentrate dal punto di vista geografico e irriducibili nei loro comportamenti politico-elettorali tali da spezzare il bipartitismo nei collegi e da vincere un certo numero di seggi nei collegi delle aree dove maggiore è la loro concentrazione. Affinché quindi un sistema maggioritario a turno unico costituisca condizione sufficiente per il costituirsi di un sistema bipartitico, debbono prodursi due fenomeni necessari e congiunti: la strutturazione del sistema partitico deve essere forte e la dispersione dei voti fra i diversi collegi deve essere limitata. Nel caso di un sistema bipartitico il voto dell elettore serve anche a designare il governo. Il partito che ottiene la maggioranza assoluta dei seggi andrà automaticamente a formare il governo e il suo leader diventerà Primo ministro. Questo è il cosiddetto «modello Westminster». I sostenitori del sistema maggioritario a turno unico in collegi uninominali mettono in rilievo gli effetti positivi della semplicità e dell incisività della scelta degli elettori: un candidato, un partito, un governo. I critici sottolineano che il prezzo della governabilità viene pagato dalla sottorappresentanza di partiti anche consistenti che con una buona percentuale di voto ottengono un numero di seggi inferiore. I critici evidenziano altresì che possono persino darsi casi nei quali i partito che ottiene più voti abbia meno seggi in parlamento. E che inoltre possono aversi maggioranze consistenti di seggi con una percentuale di voto relativamente non troppo elevata. Il sistema elettorale, detto del «voto alternativo» usato in Australia, richiede che il candidato vincente ottenga la maggioranza assoluta dei voti espressi. L elettore deve indicare in ordine di preferenza, pena la nullità del suo voto, tutti i candidati del suo collegio. Se nessun candidato ottiene la maggioranza assoluta dei voti, la ripartizione delle preferenze avviene in modo che alla fine un candidato abbia raggiunto almeno la metà più uno dei voti.

4 I sistemi maggioritari a doppio turno Il sistema maggioritario a doppio turno è anche detto majority perché al primo turno vince il seggio il candidato che ha ottenuto la maggioranza assoluta dei voti. Nel caso che nessuno dei candidati ottenga la maggioranza assoluta dei voti, si indice un secondo turno di votazioni a distanza di una o due settimane. Al secondo turno conquista il seggio il candidato che ottiene più voti, si tratti o meno della maggioranza assoluta. Il problema tecnico, con enormi conseguenze politiche ( ma anche viceversa), da risolvere è la scelta del criterio con il quale ammettere i candidati al secondo turno. A questo proposito si distingue fra doppio turno aperto e doppio turno chiuso. Il doppio turno può essere aperto in base a una pluralità di criteri. Il più semplice è costituito dall ammissione al secondo turno di tutti i candidati presentatisi al primo turno. A questo punto, il sistema funzionerebbe come plurality. Tuttavia, non bisogna sottovalutare due importanti differenze rispetto al sistema a turno unico. In primo luogo, l elettore che voterà al secondo turno è in grado di valutare meglio e quindi strategicamente, le conseguenze del suo voto. In secondo luogo, candidati e partiti possono decidere di desistere, cioè di rinunciare a presentarsi al secondo turno in determinati collegi, sia per fare in modo che il seggio venga conquistato dal candidato meno sgradito, sia per ottenere reciprocità di desistenza in altri collegi e favorire la formazione di potenziali alleanze di governo. All estremo opposto dell ammissione di tutti i candidati al secondo turno, troviamo l ammissione al secondo turno soltanto dei primi due candidati (ballottaggio): è il caso limite del doppio turno chiuso. Questo è il criterio applicato per l elezione dei capi dell esecutivo. Se utilizzato anche per l elezione delle assemblee parlamentari, questo criterio obbliga i partiti a stringere alleanze preventive, fin dal primo turno, probabilmente su scala nazionale. I partiti piccoli e quelli che non cercano o non trovano alleati rischiano di essere drasticamente penalizzati dal sistema elettorale. Sono comprensibilmente i partiti collocati agli estremi dello schieramento politico che non cercano alleati, anche perché le formazioni politiche contigue possono sperare che gli elettori di quei partiti non disperdano i loro voti al secondo turno e convergano sui candidati dei partiti vicini. I partiti piccoli di collocazione non estrema, invece, diventano spesso importantissimi e possono contrattare il loro appoggio e imporre i loro candidati, al prezzo di rimanere disciplinati nella coalizione prescelta. Il doppio turno con ballottaggio irrigidisce sia la competizione fra candidati sia la formazione di alleanze fra i partiti. Funziona ottimamente per l elezione delle cariche esecutive monocratiche; appare troppo costrittivo e semplificatorio per l elezione di un assemblea rappresentativa. In pratica, là dove il doppio turno in collegi uninominali è adottato per l elezione di assemblee legislative, lo si utilizza con una qualche soglia percentuale predefinita per il passaggio al secondo turno. La logica che sta a fondamento di una elevata soglia per l accesso al secondo turno è duplice: da un lato, contenere la frammentazione del sistema partitico-parlamentare; dall altro, incentivare la formazione di coalizioni di partiti che, poi, avranno interesse

5 a caratterizzarsi e a candidarsi come coalizioni di governo. Il maggioritario a doppio turno francese al primo turno incoraggia l elettore a esprimere un voto sincero, vale a dire per il candidato che preferisce. Questo voto sincero potrebbe anche essere un voto utile, potrebbe cioè servire a fare accedere il candidato preferito al secondo turno o, addirittura, a fargli vincere subito il seggio. Dopodiché, tutti gli elettori, tranne coloro il cui candidato preferito rimane in lizza al secondo turno, saranno costretti a scegliere fra candidati che non hanno votato al primo turno. Daranno, quindi, quello che viene definito un voto strategico. Più precisamente, finiranno per scegliere il candidato meno sgradito, che per lo più sarà il candidato indicato dal loro partito preferito. Il fenomeno della desistenza è quel fenomeno in cui un partito, in determinati collegi, decide di ritirare il proprio candidato in modo di far, probabilmente, vincere il candidato meno sgradito in cambio di altri vantaggi politici o dello stesso trattamento in altri concorrenti. Dal punto di vista dei partiti, il doppio turno consente di valutare adeguatamente al primo turno il loro differente radicamento territoriale, di conoscere il loro rispettivo consenso elettorale e di rispettarlo nella costruzione di coalizioni che durino più di una tornata elettorale, ma che nello stesso tempo non siano troppo rigide. Per quanto riguarda la formazione di una maggioranza parlamentare e di governo, il doppio turno sembra garantirla. Neppure il doppio turno è andato esente da critiche. In effetti, possono essergli rivolte alcune delle stesse critiche in termini di dis-rappresentatività rivolte al sistema di tipo plurality. Per quanto sia molto difficile che con il doppio turno un partito da solo ottenga una maggioranza assoluta di seggi, è almeno teoricamente possibile che una coalizione di partiti riesca a conquistare una maggioranza schiacciante di seggi con una quota di voti anche parecchio inferiore al cinquanta per cento. Qualsiasi sistema elettorale maggioritario sovrarappresenta la maggioranza, ma un esito molto squilibrato può essere spesso dovuto a errori di calcolo, di presunzione e di alleanze dei protagonisti politico-partitici, piuttosto che alla formula elettorale in sé. Vi è un altra categoria generale di doppio turno, è quella utilizzata in Italia per eleggere i sindaci e i consigli dei comuni al di sopra dei quindicimila abitanti, i consigli provinciali e i presidenti delle province. Però questo doppio turno è in sostanza un sistema elettorale misto: proporzionale per l elezione dei consigli, con un premio di maggioranza in seggi per l elezione dei sindaci e dei presidenti delle province vittoriosi al secondo turno. Non si applica in collegi uninominali, ma con rappresentanza di lista per i partiti. Serve ad eleggere le assemblee rappresentative e a scegliere il capo del governo locale. I sistemi di rappresentanza proporzionale Bisogna subito far notare che esistono non soltanto numerosi meccanismi proporzionali per l assegnazione dei seggi, ma anche numerose clausole che incidono su questa assegnazione e quindi numerose varianti dei sistemi elettorali proporzionali.

6 Il principio unificante dei diversi sistemi è logicamente costituito dal tentativo di garantire una qualche corrispondenza percentuale fra i voti ottenuto dai diversi partiti e i seggi parlamentari loro attribuiti. La preoccupazione degli esperti in materia elettorale e dei politici è quella di impedire o di contenere la frammentazione del sistema partitico-parlamentare. Gli strumenti utilizzati a questo scopo sono essenzialmente tre: la dimensione delle circoscrizioni, le clausole di accesso alla distribuzione dei seggi, il numero dei parlamentari da eleggere. Per dimensione della circoscrizione si intende il numero dei seggi che si attribuiscono in quella specifica circoscrizione e nient affatto il numero degli elettori. Soprattutto non si intende l ampiezza geografica. A parità di altre condizioni, quanto più grande è la dimensione della circoscrizione tanto più elevata sarà la proporzionalità del sistema elettorale e viceversa. In linea di massima, sono grandi le circoscrizioni che eleggono più di rappresentanti; piccole quelle che ne eleggono meno di 10. Le circoscrizioni reali più grandi in assoluto sono quelle che coprono l intero territorio nazionale (es. Israele e Olanda). Naturalmente, l attribuzione di seggi in circoscrizioni uniche nazionali è praticabile esclusivamente nel caso di paesi piccoli che, conseguentemente, hanno parlamenti piccoli; altrimenti, il desiderato effettorappresentatività verrebbe accompagnato da un indesiderato effetto di frammentazione del sistema partitico. Quanto più grande è la dimensione della circoscrizione tanto più facile sarà per i partiti piccoli conquistarvi seggi e viceversa. Se non esistono modalità di recupero dei voti non utilizzati (i cosiddetti resti), in circoscrizioni che eleggano meno di 10 rappresentanti esiste una clausola di esclusione che all incirca del 10 per cento. Il sistema proporzionale italiano era dotato anche di un meccanismo di recupero dei voti andati senza rappresentanza, poiché circa il 10 per cento dei seggi della Camera dei deputati veniva assegnato in un Collegio unico nazionale sulla base dei resti, cioè dei voti non utilizzati dai partiti per eleggere parlamentari nelle varie circoscrizioni. Per accedere a questa ripartizione era indispensabile avere superato due clausole di esclusione: avere ottenuto almeno 300 mila voti su scala nazionale ed essere riusciti a eleggere direttamente almeno un deputato in una circoscrizione. Per evitare la frammentazione dei sistemi partitici, le formule elettorali proporzionali prevedono per lo più clausole di sbarramento definite anche soglie di esclusione. Prevalentemente, queste soglie sono fissate non in cifra assoluta, ma in termini percentuali. Il sistema elettorale tedesco costituisce l oggetto di molte analisi e valutazioni positive, ma anche di qualche grave confusione descrittiva e interpretativa. Nell assemblea legislativa, o Bundestag, possono ottenere rappresentanza anche partiti che non superino la soglia del 5 per cento dei voti su scala nazionale, purché superino l altra meno nota clausola di esclusione: l elezione di almeno tre deputati nei collegi uninominali. Dunque, anche in questo caso, minoranze cospicue e geograficamente concentrate si vedrebbero premiate con l accesso al parlamento. La rappresentanza proporzionale personalizzata dispone che la metà dei seggi venga assegnata nei collegi uninominali, l altra metà a liste circoscrizionali a livello dei singoli Stati (Lander) che fanno parte della Repubblica federale. Ma il sistema è, dal

7 punto di vista della distribuzione complessiva dei seggi, completamente proporzionale: ciascun partito che superi l una o l altra soglia di esclusione accederà alla distribuzione dei seggi in proporzione alla percentuale risultante dalla somma dei voti ottenuti dalle sue liste circoscrizionali. Il funzionamento del sistema è il seguente. Ogni elettore tedesco dispone di due voti da esprimere sulla stessa scheda. Con il primo voto sceglie un candidato nel collegio uninominale; con il secondo voto sceglie la lista di partito a livello di Land. Il candidato che ottiene più voti in ciascun collegio è immediatamente eletto. La percentuale di voti ottenuta da ciascuna delle liste di partito serve a definire il numero complessivo di seggi di quel partito. Le liste circoscrizionali sono bloccate; dunque, saranno eletti i vari candidati secondo l ordine di lista stabilito dai rispettivi partiti. Qualora un partito abbia vinto più seggi uninominali di quelli cui avrebbe diritto sulla base della percentuale dei voti di lista, mantiene quei seggi in sovrappiù («mandati aggiuntivi»). È utile considerare il voto singolo trasferibile utilizzato nella Repubblica d Irlanda. Esso non soltanto garantisce un eccellente proporzionalità dell esito anche in circoscrizioni piccole, ma consente all elettore di valutare i singoli candidati in ordine di preferenza, il che è un buon modo per dare più potere all elettore stesso. Il quoziente da superare per vincere il seggio è dato dalla divisione dei voti validi per il numero dei seggi da attribuire più 1. Il numero complessivo dei parlamentari da eleggere, incide sulla proporzionalità dell esito. Quanto più piccolo è il numero dei parlamentari, tanto minore sarà la proporzionalità e viceversa. Questo spiega perché è sempre difficilissimo ridurre il numero dei parlamentari da eleggere. Poiché è abbastanza importante che esista un rapporto equilibrato fra il numero degli elettori e il numero degli eletti, è evidente che un parlamento numericamente molto piccolo rischia di essere poco rappresentativo, mentre un parlamento molto grande rischia di non essere meglio rappresentativo. Tenendo conto della dimensione della popolazione, i due poli numerici fra i quali possono oscillare le assemblee elettive che vogliano essere al tempo stesso rappresentative e funzionali potrebbero situarsi fra poco più di 200 e poco meno di 500 rappresentanti eletti. Di formule per la traduzione dei voti in seggi ve ne sono diverse, le tre più diffuse sono la formula Sainte-Lague modificata, la formula d Hondt e la formula Hare. La formula d Hondt favorisce i partiti grandi, la formula Sainte-Lague modificata riequilibra l esito a favore dei partiti medi, la formula Hare consente rappresentanza anche al partito più piccolo. Meriti e demeriti dei sistemi proporzionali Il sistema proporzionale si limita a fotografare la frammentazione dei partiti oppure la facilità? Sono i sistemi proporzionali che agevolano la frammentazione? La risposta di Hermens è che la proporzionale frammenta il sistema dei partiti; quella di Duverger è che la rappresentanza proporzionale tende ad un sistema di partiti multipli, rigidi, indipendenti e stabili. Gli studiosi sono oggi sostanzialmente concordi

8 nel richiedere maggiore precisione alla formulazione di leggi generali sugli effetti dei sistemi elettorali proporzionali. Nessuno studioso vuole sottoscrivere l'esistenza di un rapporto di causa ed effetto fra rappresentanza proporzionale e sistema multipartitico frammentato. È possibile sostenere che la proporzionale consente di fotografare la configurazione di un sistema partitico. È anche possibile sostenere che la proporzionale non scoraggia la frammentazione partitica. Allo stato delle nostre conoscenze, non è convincente affermare che i sistemi di rappresentanza proporzionale sono la causa di sistemi multipartitici frammentati. È quantomeno plausibile, considerando il caso italiano dal 1946 al 1993, sostenere che l'esistenza della proporzionale ha consentito o addirittura facilitato le scissioni sulla sinistra dello schieramento partitico. Tutte le scissioni a sinistra nel teatro italiano sarebbero state molto improbabili se i protagonisti non avessero potuto contare sull'opportunità di ottenere quella rappresentanza parlamentare che il sistema elettorale proporzionale offriva loro in termini di relativa facilità di accesso al parlamento. Il problema di fondo è che se i critici considerano un sistema multipartitico frammentato come un difetto associato con i sistemi elettorali proporzionali, alcuni sostenitori lo considerano al contrario come un pregio. I critici dei sistemi elettorali proporzionali argomentano che i parlamenti proporzionali finiscono per essere fin troppo rappresentativi quando si frammentano in piccoli gruppi, magari in fazioni dentro i partiti maggiori, e che non si riusciranno a formare coalizioni di governo stabili perché esposte a ricatti dei partiti e delle fazioni incentivati proprio dalla rappresentanza proporzionale. Generalmente i sistemi elettorali proporzionali sono associati a sistemi multipartitici. I sistemi misti I sistemi misti sono utilizzati dall'ungheria, dal Giappone, dalla Nuova Zelanda e dall'italia. L'Ungheria ha congegnato un sistema elettorale quasi perfettamente misto. Un certo numero di seggi vengono assegnati tramite collegi uninominali con il sistema maggioritario a doppio turno, un altro numero attraverso liste presentate dai partiti nelle circoscrizioni regionali con scrutinio di lista proporzionale, i rimanenti seggi vengono assegnati nell'ambito delle liste nazionali dei partiti in un collegio unico nazionale sulla base della somma dei voti residui ("resti"), non sufficienti cioè ad ottenere un mandato, ottenuti sia nei collegi uninominali che nelle circoscrizioni regionali. Nel caso giapponese il sistema elettorale è rappresentato da un sistema misto, con prevalenza del maggioritario sul proporzionale. Tre quinti dei seggi vengono attribuiti in collegi uninominali con il sistema della plurality; i rimanenti seggi vengono assegnati in 11 circoscrizioni di dimensioni medio-grandi con un sistema proporzionale a liste bloccate di partito. Italia e Nuova Zelanda sono esempi di costruzione di un sistema relativamente misto partendo dai due poli opposti: in Italia, rappresentanza proporzionale in circoscrizioni medio-grandi con recupero dei resti per eleggere un parlamento ampio; in Nuova

9 Zelanda è approdata a un sistema che tempera di molto il precedente sistema maggioritario. Partendo dal sistema maggioritario l'italia è approdata a un sistema per tre quarti maggioritario a turno unico in collegi uninominali e per un quarto proporzionale. Per la Camera dei deputati, l'elettore dispone di due voti: uno per il candidato nel collegio uninominale, l'altro per la lista di partito. L'accesso al recupero proporzionale è garantito soltanto alle liste che abbiano ottenuto almeno il 4 per cento dei voti su scala nazionale. Per il Senato il voto è unico e per il recupero proporzionale su base regionale vengono utilizzati soltanto i voti che non hanno già portato all'elezione dei senatori. Con il nuovo sistema elettorale italiano sembra essersi instaurata una dinamica bipolare che consente all'elettore di votare, oltre che per il candidato preferito, anche (seppure indirettamente) per la coalizione di governo e il Presidente del consiglio preferito.

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