PRESENTA VITE INCROCIATE SUI BINARI DI AUSCHWITZ

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1 PRESENTA VITTIME E CARNEFICI VITE INCROCIATE SUI BINARI DI AUSCHWITZ Alle vittime perché Dio le abbia in gloria e ai carnefici perché la storia e l onnipotente possano, un giorno, perdonare la loro follia a cura di Emanuele Turelli

2 NEDO FIANO Nedo Fiano nasce a Firenze il 22 aprile 1925, dove la madre Nella gestiva la pensione Castiglioni, in via del Giglio. Il padre, Olderigo era un alto funzionario delle Poste centrali di Firenze, membro del partito fascista. Dopo la promulgazione delle leggi razziali fasciste nel 1938, Fiano, che fino ad allora era stato un piccolo balilla, dovette abbandonare la scuola a 13 anni perché di religione ebraica. Proseguì gli studi presso una piccola scuola organizzata autonomamente all'interno della comunità ebraica fiorentina. La sua vita cambiò radicalmente fra il 1943 e il L avventura dell Italia in guerra, iniziata nel 1940 a fianco della Germania nazista, capitolò in breve tempo: nel 1943 il regime fascista e Mussolini caddero. Mussolini tentò l ultima mossa: venne arrestato mentre stava scappando per salvarsi la vita, ma poi venne liberato miracolosamente dai tedeschi e grazie al loro aiuto - si ritirò a Salò per dare vita alla repubblica sociale italiana, ultimo colpo di coda della dittatura fascista. Nel luglio del 1943 gli alleati sbarcarono in Italia, a settembre venne firmato l armistizio. Fu la liberazione da un incubo per gli italiani considerati ariani, ma non lo fu per gli ebrei, perché, anche i tedeschi, in quell estate, scesero in Italia. Nel novembre del 1943 Buffarini Guidi, che in quel periodo ricopriva la carica di ministro degli interni della repubblica sociale, tolse la cittadinanza agli ebrei italiani, con un apposita ordinanza di polizia. Per la legge, da quel momento, vennero considerati soltanto cittadini di una potenza straniera e nemica. Il loro destino fu quello di essere fermati, che in fondo è un modo elegante per dire arrestati e spostati in massa in campi speciali. Il 6 febbraio 1944, mentre esce di nascosto dalla clandestinità (era protetto insieme alla famiglia nello scantinato della famiglia Corsi) venne arrestato dalla polizia fascista sul ponte delle Grazie e rinchiuso nel carcere delle Murate, a Firenze. Successivamente fu trasferito al campo di transito di Fossoli insieme con altri undici membri della sua famiglia (la madre e il padre, arrestati a loro volta, lo raggiunsero qualche giorno dopo). Il 16 maggio 1944 venne deportato, insieme con tutti i suoi familiari arrestati, presso il campo di concentramento di Auschwitz e lì vi arrivò il 23 maggio. La sua matricola di prigioniero era: A5405. Al campo di Auschwitz perse prima la madre (appena arrivata dopo 7 giorni di viaggio su un carico per il trasporto del bestiame), poi il padre, poi la nonna Gemma. Prima di loro era toccato al fratello Enzo, con la moglie e il piccolo Sergio (di soli 11 mesi) che vennero gassati direttamente al loro arrivo a Birkenau. Nedo si salvò grazie alla conoscenza della lingua tedesca: lavorava alla rampa di arrivo dei deportati traducendo i comandi delle SS.

3 Dopo Auschwitz, Nedo fu trasferito a Stutthof, vicino a Danzica, poi Echterdinghen a Stoccarda, Krawinkel, Ohrdruf nella zona di Weimar e infine l'11 aprile 1945 venne liberato dalle forze americane nel campo di concentramento di Buchenwald, dove era stato abbandonato dai nazisti in fuga. Nedo Fiano fu l'unico superstite della sua famiglia. Ritornato in libertà, Fiano si è laureato presso l'università Bocconi di Milano ed ha intrapreso la carriera di manager; nel 1985 ha fondato uno studio di consulenza aziendale, ma la sua vita dopo la libertà è stata sempre incentrata su una intensa attività di testimonianza e memoria dell'olocausto. Nel 2003 ha pubblicato il libro A Il coraggio di vivere nel quale ha raccontato la sua esperienza di deportato. È quotidianamente impegnato in attività di testimonianza attraverso conferenze ed incontri, in particolare con gli studenti. È stato uno dei consulenti di Roberto Benigni nel film La vita è bella. Il suo messaggio più grande è riassunto in poche parole: Chi ha conosciuto sulla sua pelle l odio che ha portato alla creazione dei campi di sterminio nella vita può insegnare soltanto ad amare. Un messaggio che Fiano ha lanciato a migliaia di studenti e uomini adulti durante le centinaia di conferenze che questo baluardo della memoria continua a tenere in tutta Europa. Tanti anni dopo quei fatti, Nedo Fiano, trovò il coraggio di scrivere un immaginaria lettera a mamma Nella, che gli venne strappata sulla banchina di Auschwitz: Mamma, il tempo mi ha avvicinato sempre di più alla sventura della nostra famiglia, distrutta dalla notte del tempo. Dal nostro ultimo abbraccio sulla banchina di Birkenau, mamma, poche ore prima che ti uccidessero, sono sceso e salito per molte scale, fra timori e speranze. Nel rumore del mio tempo, mamma, ho speso la mia vita come ho potuto, ma il mio pensiero è sempre stato lì, con te, papa e Enzo».

4 PADRE MASSIMILIANO KOLBE Nato con il nome di Raimondo Kolbe, in una famiglia dalle condizioni economiche modeste in una zona polacca sotto il controllo della Russia. Il 4 settembre 1910 vestì come novizio l'abito francescano assumendo il nome di Massimiliano. Il 28 aprile 1918 venne ordinato sacerdote nella basilica di Sant'Andrea della Valle, a Roma, e il giorno successivo celebrò la sua prima messa nella vicina basilica di Sant'Andrea delle Fratte. Nel 1919, conseguito il dottorato in teologia presso la Facoltà Teologica di san Bonaventura, ritornò subito in patria, a Cracovia. Tornato in Polonia, iniziò ad insegnare nel seminario di Cracovia, ma presto dovette abbandonare e recarsi a Zakopane e poi a Nieszawa per curare la tubercolosi. Pur con un fisico indebolito dalla tubercolosi, nel 1930, Kolbe partì come missionario alla volta dell'estremo oriente. Dopo una breve sosta a Shanghai, proseguì poi fino a Nagasaki, in Giappone. Nel 1936 Kolbe lasciò definitivamente il Giappone, rientrando in Polonia. In Polonia Kolbe si dedicò al rafforzamento di Niepokalanow, il convento mariano da lui creato e nel 1937, si recò nuovamente in Italia (Roma, Piglio, Assisi, Padova) per partecipare ai festeggiamenti del movimento mariano. Nel 1938 conseguì la licenza di radioamatore e fu attivo per alcuni anni con il nominativo SP 3 RN, ed ancora oggi è il santo patrono dei radioamatori italiani. Nel maggio del 1939 si recò quindi in Lettonia dove intendeva creare, su un terreno offerto in donazione nella località di Romanowska, una nuova "Città di Maria". Gli eventi in Europa però precipitarono. La Polonia venne occupata dai nazisti e Kolbe fu arrestato dalle truppe tedesche il 19 settembre 1939 insieme ad altri 37 confratelli. Dopo quasi tre mesi di prigionia, Kolbe venne liberato l'8 dicembre ad Ostrzeszow. Tornato a Niepokalanow, la trovò bombardata e presto la trasformò in ospedale e asilo per migliaia di profughi. La sua libertà però durò poco. Il 17 febbraio 1941 Kolbe venne nuovamente e definitivamente arrestato dalla Gestapo. Il 28 maggio 1941 Kolbe giunse nel campo di concentramento di Auschwitz, dove venne immatricolato con il numero e addetto a lavori umilianti come il trasporto dei cadaveri. Venne più volte bastonato, ma non rinunciò a dimostrarsi solidale nei confronti dei

5 compagni di prigionia. Nonostante fosse vietato, Kolbe in segreto celebrò due volte una messa e continuò il suo impegno come sacerdote. Alla fine del mese di luglio dello stesso anno venne trasferito al Blocco 14 e impiegato nei lavori di mietitura. La fuga di uno dei prigionieri causò una rappresaglia da parte dei nazisti, che selezionarono dieci persone della stessa baracca per farle morire nel bunker della fame. Quando uno dei dieci condannati, Francesco Gajowniczek, scoppiò in lacrime dicendo di avere una famiglia a casa che lo aspettava, Kolbe uscì dalle file dei prigionieri e si offrì di morire al suo posto. In modo del tutto inaspettato, lo scambio venne concesso: i campi di concentramento erano infatti concepiti per spezzare ogni legame affettivo e i gesti di solidarietà non erano accolti con favore. Kolbe venne quindi rinchiuso nel bunker del Blocco 13. Dopo due settimane di agonia senza acqua né cibo la maggioranza dei condannati era morta di stenti, ma quattro di loro, tra cui Kolbe, erano ancora vivi e continuavano a pregare e cantare inni a Maria. La calma professata dal sacerdote impressionò le SS addette alla guardia, per le quali assistere a questa agonia si rivelò scioccante. Kolbe e i suoi compagni vennero quindi uccisi il 14 agosto, vigilia della Festa dell'assunzione di Maria, con una iniezione di acido fenico. Il loro corpo venne cremato il giorno seguente, e le ceneri disperse. All'ufficiale medico nazista che gli fece l'iniezione mortale nel braccio, Padre Kolbe disse: «Lei non ha capito nulla della vita...» e mentre l'ufficiale lo guardava con fare interrogativo, soggiunse: «...l'odio non serve a niente... Solo l'amore crea!». Le sue ultime parole, porgendo il braccio, furono: «Ave Maria». San Massimiliano Maria Kolbe fu beatificato da Paolo VI nel 1971 e canonizzato da Giovanni Paolo II. Francesco Gajowniczek, la persona per la quale Kolbe si sacrificò, riuscì a sopravvivere ad Auschwitz. Tornato a casa, trovò sua moglie viva, ma i suoi due figli erano rimasti uccisi durante un bombardamento russo. Morì nel Ancora oggi la cella dove morì San Massimiliano Kolbe è uno dei luoghi più carichi di emozione della visita di Auschwitz. Non è permesso fare fotografie in quel posto, ma sono in molti coloro che si raccolgono per un momento di preghiera (come fece anche Giovanni Paolo II - anch egli, come Kolbe, sacerdote polacco).

6 RUDOLF FRANZ FERDINAND HOSS Rudolf Franz Ferdinand Höß (Baden-Baden, 25 novembre 1900 Auschwitz, 16 aprile 1947), è stato un militare tedesco, primo comandante del campo di concentramento di Auschwitz. A lui si devono la rapida costruzione del campo e l'impiego del gas Zyklon B (acido cianidrico) nelle camere a gas per semplificare e velocizzare le uccisioni. Figlio di un commerciante, Rudolf nacque il 25 novembre 1900 nella Foresta Nera, in una rigorosa famiglia cattolica; primogenito, aveva due sorelle. Trasferitosi a Mannheim, divenne volontario alla Croce Rossa e nel 1916, a dispetto delle volontà della famiglia che desiderava iniziasse la vita sacerdotale, subito dopo la morte del padre il giovane Höß partì volontario, all'età di soli 16 anni, con il 21º reggimento dei Dragoni del Baden. Inviato al fronte, Höß combatté in Turchia, Iraq e Palestina dove venne promosso Feldwebel (sergente) all'età di 17 anni, diventando così il più giovane sottufficiale dell'esercito tedesco, e decorato con la Croce di Ferro di 1ª e 2ª classe. Durante il suo servizio al fronte egli venne ferito due volte. Alla fine della prima guerra mondiale, Höß entrò a far parte del Freikorps Roßbach combattendo in alta Slesia, nel Mar Baltico e nella regione della Ruhr. A novembre del 1922, si iscrisse al partito nazional-socialista (NSDAP) con la tessera numero Nel 1923 fu condannato a dieci anni di prigione, insieme a Martin Bormann, per l'omicidio del maestro elementare Walther Kadow, accusato dai nazisti di essere una "spia dei bolscevichi". Nel 1935, Höß prese servizio presso il campo di Dachau, comandato da Theodor Eicke che era stato nominato da Himmler «Ispettore ai campi di concentramento» e che fu una delle figure chiave nella creazione del sistema concentrazionario nazionalsocialista trasformando Dachau in un campo «modello» al quale tutti gli altri lager attinsero idee ed esperienze negli anni successivi. Il 1º agosto 1938 Höß fu trasferito in qualità di aiutante presso il campo di Sachsenhausen, su richiesta dello stesso comandante Hermann Baranowski, che aveva specificamente richiesto Höß. Il 4 maggio 1940 Höß fu nominato comandante di un lager che avrebbe dovuto lui stesso provvedere a costruire dopo aver proceduto alla requisizione di una vecchia caserma polacca situata nei pressi della cittadina di Oświęcim, conosciuta allora con il nome tedesco di Auschwitz. Nei progetti delle autorità tedesche il nuovo lager avrebbe dovuto essere un campo di smistamento per prigionieri polacchi destinato a contenere circa internati e non era quindi previsto che esso divenisse, come poi accadde, il più grande centro di sterminio di milioni di persone innocenti del regime nazionalsocialista. Höß si mise immediatamente all'opera per essere pronto quanto prima a ricevere i numerosi deportati previsti, utilizzando i primi deportati (che giunsero al campo il 20

7 maggio 1940, provenienti da Sachsenhausen) per i lavori di sistemazione dell'area e di riparazione delle caserme che erano state danneggiate nel corso dei combattimenti seguiti all'invasione tedesca della Polonia. Uomo dallo spiccato senso del dovere, abituato a lavorare con orari impossibili, diventò uno spietato omicida che contribuì al genocidio di milioni di persone innocenti. Il 1º marzo 1941 Himmler effettuò il primo sopralluogo ad Auschwitz complimentandosi con Höß per il lavoro fin allora svolto ma esponendo nel contempo nuovi e grandiosi progetti per Auschwitz. Il campo avrebbe dovuto essere ampliato fino a poter accogliere prigionieri e nel contempo si sarebbe dovuto creare un nuovo campo nell'area del villaggio di Birkenau (che divenne Auschwitz II) della capienza di internati. Inoltre sarebbe stato necessario fornire detenuti per la costruzione di un grande impianto per la produzione di gomma sintetica (Buna) di proprietà della I.G. Farben in località Dwory, quello che divenne il campo di lavoro di Monowitz, dove lavorava Primo Levi. Il 29 luglio 1941 Höß fu convocato a Berlino da Himmler per partecipare ad un incontro (strettamente confidenziale) nel quale vennero definiti i particolari per l'ampliamento di Auschwitz e la creazione del nuovo campo di Auschwitz II - Birkenau nel contesto della prevista «soluzione finale» ordinata da Hitler. Interrogato nel corso del processo di Norimberga Höß ricordò così l'incontro con Himmler: Nell'estate 1941 venni convocato a Berlino dal Reichsführer delle SS Himmler per ricevere ordini personali. Egli mi disse qualcosa - non ricordo le esatte parole - circa il fatto che il Führer aveva dato ordine per una soluzione definitiva della questione ebraica. Se non fosse stata portata a termine allora in seguito gli ebrei avrebbero distrutto il popolo tedesco. Era stato scelto Auschwitz a causa del suo facile accesso ferroviario e perché il sito poteva essere agevolmente isolato». Nell'agosto 1941, dopo l'incontro con Himmler, Höß ebbe un incontro con Adolf Eichmann, «architetto» delle deportazioni del genocidio, per discutere la Endlösung der Judenfrage («Soluzione finale della questione ebraica») - fumoso termine dietro il quale si nascondeva la Shoah del popolo ebraico. L'incontro puntualizzò alcune questioni «tecniche»: si decise l'impiego di un gas non ancora ben precisato per le previste uccisioni visto che la morte mediante fucilazione sarebbe stato un compito troppo «pesante» (e poco efficiente) per le SS destinate all'incarico. Nel contempo vennero esaminati il sito, nei pressi di Birkenau, sui quali sarebbero sorte le camere a gas ed i forni crematori. L'incontro si concluse con l'impegno da parte di Eichmann di riferire a Höß circa «l'esistenza di qualche gas di facile produzione e che non richiedesse installazioni particolari, e che mi avrebbe poi riferito in proposito». Il 3 settembre 1941 mentre Höß era impegnato in un viaggio di servizio, il suo vice l'ss-hauptsturmführer (capitano) Karl Fritzsch trovò soluzione al problema che affliggeva Höß ed Eichmann relativo alla scoperta di un gas in grado di risolvere il «problema» delle uccisioni. Fritzsch utilizzò il gas Zyklon B, impiegato per la disinfestazione dei parassiti e quindi disponibile in abbondanti quantità nel campo, per uccidere circa 600 prigionieri di guerra sovietici. Ritornato al campo, Fritzsch riferì sui risultati del suo «esperimento» che Höß fece ripetere con un successivo gruppo di deportati russi, per verificarne personalmente l'efficacia. La scoperta dello Zyklon B come agente per le gassazioni si dimostrò l'arma vincente del campo di Auschwitz ed una delle maggiori «conquiste» di Höß: era decisamente superiore in quanto ad efficacia e velocità di uccisione al monossido di carbonio che venne utilizzato nei primi centri di sterminio creati nel contesto

8 dell'operazione Reinhard (Treblinka, Sobibór e Bełżec). Per tutta la seconda metà del 1941 proseguirono alacremente, sotto l'egida di Höß, i lavori di costruzione di Birkenau che però divenne operativo come centro di sterminio solo nella primavera Il 20 gennaio 1942 si tenne a Berlino una conferenza alla quale parteciparono numerose personalità del Terzo Reich e che diede avvio alla fase operativa della «soluzione finale». Il 15 febbraio 1942 giunse ad Auschwitz il primo convoglio di deportati ebrei provenienti dall'alta Slesia che vennero immediatamente uccisi con il Zyklon B e i cui corpi vennero poi cremati. Il New York Time, il 25 novembre 1942, alla faccia della leggenda che nessuno sospettava nulla di ciò che accadeva in quei campi, scriveva: le informazioni ricevute sui metodi con i quali i tedeschi in Polonia realizzano il massacro degli ebrei includono resoconti di convogli carichi di adulti e bambini destinati a Oswiencim vicino a Cracovia. Da allora, e per tutto il periodo di comando di Höß, Auschwitz continuò ad inglobare trasporti di deportati da destinare immediatamente alla morte - solo una piccola percentuale veniva selezionata per il lavoro dai medici del campo tra i quali si «distinse» Josef Mengele che venne soprannominato l'angelo della morte. Höß ebbe modo di mettere in mostra le sue innegabili qualità di manager, supervisionando con inflessibilità e distacco le operazioni di sterminio, tanto da ricevere più volte i complimenti di Himmler che lo ammirava per la puntuale esecuzione degli ordini. Così si espresse Adolf Eichmann su Höß: «Höß, il comandante, mi disse che utilizzava acido solforico per le uccisioni. Dei tamponi in cotone venivano imbevuti di questo veleno e poi gettati all'interno delle camere ove erano stati radunati gli ebrei; il veleno era immediatamente fatale. Egli bruciava i corpi su di una grata di ferro all'aria aperta. Mi condusse a vedere una fossa poco profonda dove era stato appena bruciato un gran numero di corpi.». Il 10 novembre 1943 Höß fu sostituito come comandante di Auschwitz da Arthur Liebehenschel. I motivi della sostituzione non sono chiari - l'operato di Höß fu sempre molto apprezzato ma è certo che in quel periodo una commissione d'indagine delle SS stava effettuando un sopralluogo al campo alla ricerca di prove sulle malversazioni che vi avvenivano e che coinvolgevano numerosi ufficiali del lager incluso lo stesso Höß. Nei mesi successivi proseguirono le indagini - relative alla sottrazione di beni e valori appartenuti ai deportati - fino a quando uno degli ispettori non scomparve senza lasciar traccia proprio mentre, all'inizio del 1944, stava interessandosi più specificatamente di Höß. Probabilmente si era scoperto qualcosa circa la relazione sentimentale che Höß aveva avuto con l'internata Eleanor Hodys, da lui messa in cinta e che aveva poi cercato di uccidere per far scomparire le tracce del suo atto, passibile di grave condanna secondo i regolamenti delle SS. Questi indizi inducono a pensare che Höß abbia deciso di «cambiare aria» per evitare una possibile condanna. L'8 maggio 1944, Höß ritornò a Auschwitz per sovrintendere alla Ungarn-Aktion, denominata poi in suo onore Aktion Höß, ovvero lo sterminio degli ebrei ungheresi, unica comunità ebraica ancora parzialmente risparmiata tra quelle sottoposte direttamente ed indirettamente al dominio nazionalsocialista. In questo periodo il complesso di sterminio di Auschwitz II - Birkenau raggiunse il suo massimo potenziale distruttivo con la morte di circa vittime in circa tre mesi di «operazioni». I convogli venivano dirottati direttamente nel campo di concentramento di Auschwitz, l'unico centro di sterminio ancora a disposizione nei territori occupati, comodo per l'arrivo dei vagoni ferroviari e nascosto agli occhi del mondo. Dopo una sommaria «selezione» i prigionieri ungheresi ritenuti sani e forti - chiamati Depot-Häftlinge, detenuti in deposito - venivano alloggiati temporaneamente nel settore BII di Birkenau senza essere segnati nei registri del lager. Alla fine di novembre, ormai nell'ottica della sconfitta tedesca, Himmler diede ordine di distruggere i crematori; restò in funzione fino all'ultimo nel lager solamente il Crematorio V. Terminata

9 l'aktion alla fine di luglio 1944 Höß rientrò ad Oranienburg, sede dell'ispettorato ai campi di concentramento (Dipartimento D) del WVHA, e si trovò impegnato ad organizzare lo sgombero dei lager minacciati dall'avanzata delle forze sovietiche ed Alleate. Höß nel suo ultimo incontro con Himmler, quando ormai era chiara la sconfitta della Germania, ottenne una capsula di cianuro e l'ordine di cercare di nascondersi nella Wehrmacht: fuggì assumendo la falsa identità di Rudolf Lang. Catturato nei giorni immediatamente successivi al termine del conflitto dalle forze inglesi, Höß fu rinchiuso in un campo di prigionia per uomini delle SS, ma chi l'aveva catturato non si accorse della sua reale identità e presto venne rilasciato trovando lavoro in un'azienda agricola nei pressi di Flensburg. Per i successivi otto mesi le autorità britanniche cercarono di risalire ad Höß attraverso la famiglia che venne tenuta sotto stretto controllo. L'11 marzo 1946 la signora Höß ammise il nome fittizio ed il luogo dove si nascondeva il marito. Egli fu catturato lo stesso giorno dalle forze britanniche; sfortunatamente per lui, la capsula di cianuro gli si era rotta pochi giorni prima. In seguito ad un primo e rude interrogatorio egli firmò, il 14 o 15 marzo una dichiarazione che descriveva a grandi linee le operazioni di sterminio portate a termine nel complesso di Auschwitz. Dopo avere testimoniato nel corso del processo di Norimberga, il 25 maggio 1946 fu trasferito in Polonia per rispondere in giudizio dei crimini che aveva commesso ad Auschwitz e venne imprigionato a Cracovia. Dopo un lungo dibattimento nel quale Höß ancora una volta espresse senza nessuna emozione visibile i meccanismi di funzionamento di Auschwitz, la Corte Suprema di Varsavia lo giudicò colpevole delle accuse che gli erano state rivolte. Il 2 aprile 1947 egli venne condannato alla pena di morte mediante impiccagione, eseguita il 16 aprile 1947 davanti all'ingresso del crematorio di Auschwitz. Höß aveva cinque figli. Pochi giorni prima di essere giustiziato scrisse loro una lettera d'addio e rivolgendosi al figlio maggiore Klaus così lo esortava: «Mio caro Klaus! tu sei il più grande. stai per affacciarti sul mondo. Ora devi trovare la tua strada nella vita. Hai delle buone capacità. Usale! Conserva il tuo buon cuore. Diventa una persona che si lascia guidare soprattutto dal calore e dall'umanità. Impara a pensare e giudicare responsabilmente da solo. Non accettare tutto acriticamente e come assolutamente vero, impara dalla vita. Il più grave errore della mia vita è stato credere fedelmente a tutto ciò che venisse dall'alto senza osare d'avere il minimo dubbio circa la verità che mi veniva presentata. Cammina attraverso la vita con gli occhi aperti. Non diventare unilaterale: esamina i pro ed i contro in ogni argomento. In ogni tua impresa non lasciare parlare solo la tua mente, ma ascolta soprattutto la voce del tuo cuore».

10 JOSEF MENGELE Nato a Günzburg, Baviera, il 16 marzo 1911, fu primo di quattro figli di Karl e Walburga Mengele. Il padre, persona con forte personalità ed autorevolezza, era un noto industriale e dirigeva la Karl Mengele und Sohn, importante ed affermata azienda produttrice di macchine agricole che impiegava circa 200 dipendenti; la madre, di fede cattolica, era anche lei una persona decisa ed autoritaria. Della sua infanziaadolescenza non si conosce molto. Quel poco che si sa, proviene da testimonianze che lo ritraggono come una persona socievole, educata e soprattutto molto ambiziosa; Mengele infatti era ossessionato dal suo futuro: voleva ad ogni costo diventare un medico che la storia avrebbe ricordato per le sue scoperte. La storia lo ricorderà, ma per ben altro. Aveva ferme idee politiche, che lo portarono a vent'anni ad iscriversi negli Stahlhelm, Bund der Frontsoldaten (Elmetti d'acciaio), per poi entrare nel 1934 nelle Sturmabteilungen. In quegli stessi anni, iniziò i suoi studi all'università Ludwig Maximilian, dove conseguì la laurea in antropologia nel 1935, con una tesi sulla "Ricerca morfologico-razziale sul settore anteriore della mandibola in quattro gruppi di razze". Nel gennaio 1937, presso l'"istituto per la biologia ereditaria e per l'igiene razziale" di Francoforte, divenne assistente di Otmar von Verschuer, un illustre scienziato, conosciuto per le sue ricerche nella genetica, con un particolare interesse per i gemelli, ricerche che influenzarono Mengele. Nel 1937, Mengele si iscrisse al partito nazionalsocialista e nel 1938 alle Schutzstaffeln (SS); nello stesso anno, si laureò in medicina, presentando una tesi intitolata "Ricerche sistematiche in ceppi familiari affetti da cheiloschisi o da fenditure mascellari o palatali". Sposato, aveva un figlio. Nel maggio 1943, Mengele rimpiazzò un altro dottore, che si ammalò, nel campo di concentramento di Auschwitz, per poter portare avanti i propri studi e ricerche. Il 24 maggio, divenne medico del campo nomadi di Auschwitz-Birkenau. In seguito Mengele divenne medico capo del campo principale di Birkenau. Durante i 21 mesi di permanenza ad Auschwitz, l'atteggiamento di Mengele nel campo fu registrato da numerose testimonianze. Alcune parlano di un Mengele "buono", che salva dei gemelli dalla camera a gas per analizzarli, che si occupava dei bambini portando loro dello zucchero (i bambini zingari paradossalmente lo chiamavano "Zio Mengele"). Mengele veniva anche chiamato "der weiße Engel" ("l'angelo bianco") dai deportati, per

11 l'atteggiamento e per il camice che indossava quando si apprestava a scegliere chi avesse dovuto fare parte delle sue ricerche, chi avesse dovuto lavorare e chi era destinato alle camere a gas. Più spesso tuttavia si mostrava crudele, tanto da guadagnarsi l'appellativo di "angelo della morte"; uccideva senza pietà prigionieri a calci, colpi di pistola o iniezioni di fenolo; in un battito di ciglio decideva alla banchina, se una persona era da destinare al lavoro o alle camere a gas. Egli disegnò una linea sul muro del blocco dei bambini, alta circa 150 centimetri, ordinando le esecuzione nella camera a gas di chi non raggiungeva tale misura. Fra le pratiche più orribili, quella di scegliere una ragazza per passarvi la notte e poi ucciderla il giorno dopo assicurandosi il suo silenzio. Quando un capannone venne infestato dai pidocchi, Mengele decise di uccidere tutte le 750 deportate che vi risiedevano. Uno dei sopravvissuti disse che aveva uno sguardo che diceva "Io sono il potere". Secondo molti, il suo sdoppiamento di personalità era dovuto alla sua assoluta fedeltà all'ideologia nazista e quindi l'estrema dedizione che osservava quando era chiamato a svolgere il suo "dovere" (selezionare e analizzare), nello svolgimento del quale era assolutamente distaccato e non tradiva alcuna emozione. Tuttavia in momenti meno formali, al tempo stesso risultava essere una persona paradossalmente piacevole e comprensibile come raccontano gli stessi medici che con lui collaborarono. Ad ogni modo, molto spesso Mengele altalenava momenti di calma e pacatezza e rispetto (alcuni gemelli ricordano come se pur analizzati nudi, Mengele fosse stato sempre corretto e educato e li avesse trattati con gentilezza, con la professionalità di un dottore) a scatti d'ira incontrollabili (in un episodio, diversi assistenti raccontano, come si irritò per la lentezza con cui venivano fatte le iniezioni di fenolo dallo stesso personale SS e come lui stesso abbia strappato dalle mani di uno di questi la siringa per mostrare come doveva essere fatto). Uno dei disturbi di Mengele era infatti legato alla sua estrema attenzione per i dettagli, l'efficienza e la cura dei particolari in ogni cosa facesse, avendo un'attenzione maniacale per l'igiene. Alcuni prigionieri ricordano infatti di Mengele il suo portamento elegante, gli abiti (quando non era in divisa bianca e guanti bianchi) sempre impeccabili e il profumo. Paradossalmente, alcune prigioniere dello stesso campo, erano infatuate di lui. La fermezza ed il rigore di Mengele nello svolgere le mansioni assegnate si evidenziarono fino alla sua ultima ora trascorsa nel campo. Il giorno prima dello sgombero dello stesso, Mengele continuò imperturbabilmente, senza alcun'agitazione o preoccupazione, nell'eseguire le selezioni: esaminò l'ultimo treno con circa 506 prigionieri condannandone alle camere a gas circa 480. L'ingresso ad Auschwitz venne vissuto da Mengele come un'occasione unica ed irripetibile: poteva eseguire ricerche su qualsiasi soggetto lo interessasse, poteva analizzarli, operarli, sezionarli e ucciderli senza essere esposto a nessuna responsabilità. È per questa ragione che Mengele, a differenza di altri medici SS, dedicò tutte le sue energie alle ricerche e ai suoi studi, proprio perché sapeva che in nessuna parte del mondo era possibile svolgere le sue ricerche in un modo anche solo simile. L'obiettivo di Mengele, secondo la maggior parte degli studiosi, consisteva proprio nel riuscire tramite gli esperimenti

12 nel campo di concentramento ad effettuare quelle scoperte (soprattutto riguardo alla trasmissione dei caratteri e nell'ambito dell'eugenetica) tali da consacrarlo alla storia per sempre. Nel periodo che trascorse ad Auschwitz, Mengele sfruttò tutto il tempo a sua disposizione: organizzò una squadra composta essenzialmente da medici e infermiere, in particolare un'antropologa (Teresa W.) e un patologo (Nyiszli), tutti reclutati all'interno dello stesso campo e quindi a loro volta prigionieri. La squadra così composta godeva di protezione e il semplice fatto di ricoprire questo ruolo li salvò da morte quasi certa. I suoi studi nel campo riguardarono essenzialmente due aspetti: "il fondamento biologico dell'ambiente sociale", "la trasmissione dei caratteri" e "i tipi razziali" e infine "persone con elementi di anormalità (difformità, sviluppi morfologici anomali)". Tali studi vennero condotti quasi esclusivamente sui gemelli, che rappresentavano la sua principale ossessione. Oltre a questi, studiò anche zingari e mostrò un certo interesse anche per i nani ed ebrei, che Mengele reputava delle forme umane "anomale. Tra gli studi di Mengele a carattere meno scientifico e di natura prettamente nazista, si ricordano quelli legati agli occhi; di questi, Mengele seguì due filoni, uno riguardante l'eterocromia e l'altro la possibilità di riuscire a mutare il colore degli occhi. Dopo la morte, i cadaveri erano sottoposti ad autopsia e spesso alcune parti dei corpi o interi feti conservati grazie alla formalina venivano inviati al di fuori del campo per effettuare su di essi ulteriori e più approfonditi esami. Tra le ricerche condotte da Mengele nel campo, quelle a cui dedicò più energia e attenzione (praticate già un anno prima dell'entrata ad Auschwitz) furono riservate ai gemelli. In particolar modo, Mengele concentrò la sua attenzione sui gemelli monozigoti. Lo stesso Mengele si recava alla banchina, dove arrivano i treni dei prigionieri, per selezionare egli stesso i gemelli non appena scendevano. Alcuni gemelli superstiti affermano che le ricerche di Mengele riguardarono le più diverse pratiche: utilizzo di sostanze chimiche per analizzare la reazione della pelle, o pressioni su parte del corpo per misurare la resistenza o iniezioni. Si spinse addirittura ad un'operazione su due bambini zingari che vennero uniti per creare dei gemelli siamesi artificiali. Abitudine dello stesso Mengele era quella di uccidere personalmente, dopo gli esperimenti, i gemelli. Ne uccise in una sola notte, uno dopo l'altro, 14. Gli esami iniziavano dalla testa che veniva misurata accuratamente anche per più giorni. Successivamente erano sottoposti ad un esame completo ai raggi X in tutto il corpo. Il giorno successivo erano svegliati di mattina presto e condotti in una stanza nella quale vi era un tino con acqua calda e una serie di tavole. Dapprima erano costretti ad immergersi nel tino e poi, venivano legati ad una tavola in modo che i capelli ricadessero all'esterno. Una parte dei capelli veniva strappata in modo da estrarne anche la radice. Dopo questa operazione erano reimmersi nel tino parecchie volte e l'operazione veniva ripetuta diverse volte. Infine, quando il numero di capelli raccolti era stata ritenuta sufficiente, i bambini erano completamente rasati, depilati e nuovamente fotografati. La fase successiva consisteva nel praticare clisteri di due litri dolorosissimi. In diversi giorni venivano sottoposti ad esami rettali e gastrointestinali senza alcuna anestesia. Solitamente, a causa delle urla di dolore, venivano imbavagliati. Il giorno successivo era la volta di un doloroso esame urologico con prelevamento di tessuti dai reni, dalla prostata e - nei maschi - dai testicoli. Dopo tre settimane di esami i due gemelli venivano uccisi simultaneamente con un'iniezione al cuore; i cadaveri venivano dissezionati e gli organi interni inviati al professor Verschuer all'istituto di ricerca biologico-razziale di Berlino. Mengele si interessava particolarmente alla eterocromia, uno scoloramento dell'iride dell'occhio causato da atrofia del pigmento. l suo obiettivo era trovare il modo di influire sul colore degli occhi trasformandoli da scuri ad

13 azzurri. Per far questo iniettava nell'iride metilene blu. Il risultato erano atroci sofferenze, cecità e nessun cambiamento. È interessante notare che questi esperimenti non avevano alcuna base scientifica. Dopo l'eliminazione dei gemelli i loro occhi venivano espiantati e inviati a Berlino. A Berlino si interessavano allo studio delle proteine del sangue e inseguivano il sogno di riuscire a trovare una differenza sostanziale tra il sangue degli ebrei e quello degli ariani. Per questo Mengele si impegnava nell'operare prelievi di sangue da inviare a Berlino. Spesso il prelievo di sangue era totale e terminava soltanto con la morte del bambino. Altra "passione" di Mengele era lo studio di una malattia chiamata "Noma" (una cancrena che aggredisce il viso). Quando Mengele si accorse che i bambini zingari venivano particolarmente colpiti se ne interessò immediatamente. Credeva che questa particolare esposizione alla malattia fosse dovuta a predisposizione razziale. La malattia colpisce gli angoli delle labbra, le guance, e le gengive provocando ulcerazioni va via più vaste e orribili. Mengele, anziché curare i bambini, lasciava che la malattia proseguisse il suo corso prelevando con il bisturi campioni di tessuto da studiare. Quando lo studio era terminato i bambini venivano "pietosamente" avviati alle camere a gas. A disposizione di Mengele vi erano anche 400 persone contemporaneamente. Su queste persone la fantasia criminale di Mengele si sbizzarrì: trasfusioni incrociate di sangue di tipo differente tra i gemelli, esperimenti sul midollo osseo e altri orribili, quanto inutili, studi pseudo scientifici. Nell'immediato dopoguerra iniziò la ricerca dei criminali di guerra nazisti, tra questi vi era anche Mengele. Alla sua ricerca si dedicarono in particolar modo i servizi segreti israeliani Mossad, ma anche il governo americano e quello tedesco. Per agevolare la sua cattura venne anche fissata una taglia di circa di dollari per chi lo avesse catturato e consegnato alle autorità. Le modalità della fuga furono simili a quelle di Adolf Eichmann. Gli furono infatti forniti documenti falsi che asserivano si chiamasse Helmut Gregor, nato in Alto Adige. Nel 1949 si imbarcò con una nave dal porto di Genova diretto nell'america meridionale, arrivando in Paraguay dove rimase diversi anni. Finché, allertato dall'avvocato di famiglia, fuggì dopo qualche anno, prima in Argentina a Buenos Aires e poco tempo dopo, nel 1955, in Brasile, dove rimase per circa 25 anni, fino alla sua morte. Durante questo periodo, visse prima in una casa con due sorelle ungheresi anticomuniste, simpatizzanti per il regime nazista e poi con una famiglia del luogo, mantenendo sempre nascosta la sua vera identità. Nel 1979 morì in Brasile, all'età di 67 anni, in conseguenza di un attacco cardiaco mentre stava nuotando. Fu sepolto nel cimitero di Nostra Signora del Rosario, a Embu das Artes, sotto la falsa identità di Wolfgang Gerhard. Nel 1985 il suo corpo fu scoperto, nel 1992 la salma fu riesumata e il suo DNA fu confrontato con quello del fratello. L'esame accertò, con una probabilità pari al 99,69%, che la persona lì sepolta fosse proprio Josef Mengele, l angelo della morte.

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