A cura di Sandro Del Fattore Daniele Cerri Maria Rita Gilardi

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1 DIPARTIMENTO WELFARE E NUOVI DIRITTI Settore Previdenza Complementare IL QUADRO D INSIEME DEL SISTEMA DI PREVIDENZA COMPLEMENTARE DOPO L APPROVAZIONE DELLA LEGGE DELEGA (243/2004) E IL DECRETO LEGISLATIVO ATTUATIVO (252/2005) A cura di Sandro Del Fattore Daniele Cerri Maria Rita Gilardi Roma, 30 marzo

2 Indice Presentazione p.3 Il giudizio e le proposte della Cgil dopo l approvazione della legge delega p.4 Tfr o Fondo pensione? Un informazione completa e corretta sulla previdenza p.10 complementare per una scelta consapevole, libera e responsabile Il giudizio delle confederazioni sindacali p.24 Scheda esplicativa. I principali contenuti del decreto legislativo 5 dicembre 2005, n.252: disciplina delle forme pensionistiche complementari p.27 Indice Tabelle Tabella 1. Elenco dei fondi pensione negoziali p.17 Tabella 2. I costi medi annui p.18 Tabella 3. Ipotesi: Comparazione tra le diverse forme di previdenza complementare p.19 Tabella 4. L incidenza dei costi di gestione sul capitale finale p.20 Tabella 5. I rendimenti dei fondi negoziali nel 2005 p.21 Tabella 6. Le motivazioni sostenute dal governo e le posizioni della Cgil sulla controriforma p.23 2

3 Presentazione Riteniamo importante ritornare sul tema del sistema previdenziale pubblico e complementare dopo le ultime decisioni sulla materia assunte dal governo Berlusconi con ulteriore materiale di approfondimento sul quadro legislativo in generale e in particolare sul decreto legislativo in materia di previdenza complementare (Dlgs 252/2005). In questa pubblicazione, oltre al giudizio e alle proposte della Cgil sul sistema previdenziale, riportiamo il giudizio politico espresso congiuntamente alle altre Confederazioni sindacali sul Dlgs per la previdenza complementare. Il suddetto materiale può essere utilizzato da tutte le strutture della Cgil nel lavoro e nel rapporto quotidiano con le lavoratrici e i lavoratori al fine di non accettare passivamente la paralisi imposta dalla decisione del governo: per dare una corretta informazione; per rilanciare le adesioni ai Fondi pensione negoziali. 3

4 IL GIUDIZIO E LE PROPOSTE DELLA CGIL DOPO L APPROVAZIONE DELLA LEGGE DELEGA A CHE PUNTO SIAMO Il governo Berlusconi ha impiegato cinque anni per arrivare a completare l iter legislativo della riforma delle pensioni. L ultimo atto è stato il più clamoroso: il rinvio al 2008 delle nuove regole sul Tfr e la previdenza complementare. Così, una riforma che era partita male nel 2001 è finita peggio, non solo con un rinvio, ma anche con una evidente discriminazione tra i diversi settori del mondo del lavoro. Sono infatti ancora completamente esclusi dalla previdenza complementare: o tutti i lavoratori del pubblico impiego, ad eccezione dei dipendenti della scuola che hanno il fondo Espero, o i lavoratori atipici che non hanno la previdenza complementare, né il Tfr. Il Governo aveva più volte promesso di collocarli tra i lavoratori autonomi forse per cambiare la loro collocazione anche all interno del sistema previdenziale pubblico, o i lavoratori bloccati dalla moratoria, che interesserà tutte quelle aziende che non hanno i titoli per ottenere la facilitazione dell accesso al credito. Il decreto attuativo in materia di previdenza complementare è stato varato per il rotto della cuffia all inizio di dicembre con un ritardo di due mesi dalla scadenza che era stata fissata per ottobre. Le lacune e le incongruenze di tutta la riforma del governo Berlusconi sono evidenti. Già il testo di legge approvato con voto di fiducia (28 luglio 2004) si caratterizza per la sua ambiguità e confusione. L articolato offriva infatti al Governo un grande margine di discrezionalità per la fase di definizione dei decreti legislativi attuativi della legge, lasciando altresì ulteriori spazi discrezionali per futuri interventi sull insieme del sistema previdenziale. In ogni caso, ambiguità a parte, la filosofia del governo di centrodestra è sempre stata chiara. Potremmo sintetizzare così gli elementi fondanti: progressiva riduzione del ruolo della previdenza pubblica e riorganizzazione complessiva del modello di welfare e di previdenza, ampliamento del ruolo della previdenza complementare a capitalizzazione, tentativo di rassicurare l Europa sui conti pubblici, mettendo di nuovo le mani sulle pensioni delle lavoratrici e dei lavoratori dipendenti. L obiettivo di spostare il baricentro verso la previdenza privata, vista non più come integrazione del pubblico come era nello spirito delle riforme degli anni Novanta, ma come alternativa, è stato dichiarato già dall inizio della legislatura che si sta chiudendo. Il Governo Berlusconi, un minuto dopo il suo insediamento a palazzo 4

5 Chigi nel 2001, ha dichiarato di non voler rispettare i tempi della verifica del sistema previdenziale come stabilito dalla legge 335/1995 e nello stesso tempo ha completamente ignorato i risultati della valutazione realizzata dalla Commissione ministeriale (meglio nota come Commissione Brambilla, dal nome del sottosegretario che l ha curata). Il governo non ha tenuto neppure conto dell andamento della spesa previdenziale nel medio lungo periodo sulla base delle previsioni della Ragioneria Generale dello Stato. LE INIZIATIVE SINDACALI CONTRO LA LEGGE DI RIFORMA DEL SISTEMA PENSIONISTICO Le iniziative di Cgil, Cisl e Uil supportate dagli scioperi generali del 24 ottobre 2003 e del 26 marzo 2004, hanno permesso di cancellare la scelta tesa a realizzare la riduzione della contribuzione per i neo assunti (decontribuzione) e di eliminare il trasferimento obbligatorio del Tfr verso le forme di previdenza complementare riconquistando la libertà di scelta individuale delle lavoratrici e dei lavoratori. Tali misure, se attuate, avrebbero portato ad un indebolimento significativo del sistema previdenziale pubblico riducendo drasticamente i diritti dei pensionati, degli attivi e delle giovani generazioni. Nel testo approvato (legge 243/2004) alcune parti si rendono immediatamente operative (non occorre emanare alcun decreto legislativo) quali ad esempio: l innalzamento rigido a partire dal 2008 (scalone) dell età di pensionamento per le pensioni di anzianità per il lavoratori dipendenti e autonomi; l innalzamento dell età pensionabile nel sistema contributivo (non più da 57 a 65 anni sia per gli uomini che per le donne, ma 60 anni per le donne e 65 per gli uomini a partire dal 2008). Questa scelta che irrigidisce il sistema definito dalla legge 335/1995 da Cgil, Cisl e Uil è ritenuta inaccettabile quindi da cambiare prima che diventi operativa. Molte altri parti, invece, necessitano dell emanazione e approvazione dei decreti legislativi attuativi. Il primo decreto reso operativo è stato quello relativo agli incentivi al posticipo del pensionamento (il cosiddetto, almeno all inizio, Superbonus in seguito solo bonus ). Ricordiamo che anche su questa scelta, nonché su quella compiuta in materia di totalizzazione, la Cgil ha espresso un giudizio critico sia nel metodo che nel merito. Rimangono inoltre aperti anche altri problemi non di poco conto, quali: la liberalizzazione dell età pensionabile, la prosecuzione volontaria della contribuzione per i parasubordinati, l abolizione del divieto di cumulo tra pensioni e redditi da lavoro, la definizione, attraverso decreti legislativi, di regimi speciali che disciplinano la possibilità di andare in pensione anticipatamente rispetto alla legge 243/2004 per le lavoratrici e i lavoratori usuranti, le lavoratrici madri, le lavoratrici e i lavoratori precoci. 5

6 LE INIZIATIVE SINDACALI PER LA PREVIDENZA COMPLEMENTARE Per la Cgil, ma anche per le altre organizzazioni sindacali e imprenditoriali, al centro del sistema di previdenza complementare ci devono essere i diritti dell aderente e non il profitto finanziario. La Governance e la partecipazione degli aderenti al Fondo al controllo dell utilizzo dei propri risparmi, la disciplina fiscale e la sua armonizzazione con il sistema fiscale ordinario, il regime dei riscatti, l unicità della vigilanza e del controllo sono tutte condizioni necessarie per garantire i diritti degli aderenti alla tutela del loro reddito differito e del risparmio a fini previdenziali. La vera novità positiva di questa lunga e travagliata vicenda deriva comunque dal fatto che, durante l iter degli incontri con il Ministro Maroni, si è consolidata un ampia condivisione di idee tra le diverse parti sociali contrarie ai molti contenuti del decreto emanato il 1 luglio 2005, e critiche sulle modalità con le quali il Governo è arrivato alla definizione del testo; nonché per i continui cambiamenti dei contenuti e continui rinvii della discussione. Ad un primo documento contenente gli orientamenti per l emanazione del decreto, presentato al Ministro del welfare il 17 febbraio 2005, da otto parti sociali (Cgil, Cisl, Uil, Ugl, Confindustria, Confcommercio, Confartigianato, Confapi) si sono susseguiti altri tre documenti comuni che hanno visto via, via l ampliamento dell adesione di altre associazioni sindacali e datoriali. Alla fine le ventitre associazioni pur con interessi diversi hanno confermato l obiettivo strategico teso a non stravolgere il sistema di previdenza complementare che si era consolidato, avendo a riferimento il sistema di relazioni sindacali e industriali vigente e il ruolo prioritario della contrattazione collettiva quale condizione di miglior tutela mutualistica e solidale sia per le lavoratrici e i lavoratori che per le imprese. IL RUOLO DEL MINISTRO DEL WELFARE Il ministro del welfare, Roberto Maroni, ha cambiato progressivamente la sua linea. Dopo aver rifiutato per mesi il confronto con le parti sociali, si è reso conto che una riforma così importante per il mondo del lavoro non si sarebbe mai potuta realizzare contro il mondo del lavoro stesso. Il 12 settembre 2005, in base alle osservazioni e richieste riportate nei documenti comuni e con riferimento agli impegni presi durante i diversi incontri tra Governo e parti sociali, ha quindi consegnato ai sindacati e alle organizzazioni imprenditoriali una bozza di decreto contenente modifiche al testo originario (presentato e adottato il 1 luglio 2005 dal Consiglio dei Ministri). Tali modifiche davano una risposta accettabile al problema, posto da tutte le organizzazioni sindacali e datoriali, del ruolo della contrattazione come fonte di regolamentazione primaria della previdenza complementare a carattere collettivo. 6

7 Alla contrattazione veniva attribuita la funzione di esclusività nella identificazione dei fondi presso i quali confluire il contributo del datore di lavoro. Veniva altresì ripristinato il regolamento come fonte residuale e quindi applicabile solo in mancanza di contratto o accordo collettivo, anche aziendale, e non come fonte paritaria rispetto al contratto o accordo collettivo, anche aziendale. Le positive modifiche recepite da Maroni lasciavano per altri versi irrisolti vari problemi (che erano stati sottolineati nel documento comune delle 23 parti sociali il 20 settembre). Tra le questioni aperte: la disciplina fiscale (riduzione dell imposizione fiscale dei rendimenti annui e ripristino della progressività dell imposta sulle rendite finali); il riscatto (ripristinare il diritto di riscatto così come previsto dalla normativa in vigore); le compensazioni alle imprese. LE LOBBY ALLA CARICA Tale impostazione del ministro del welfare ha scatenato però le reazioni delle assicurazioni e delle banche che, al contrario dei sindacati, avevano dato un giudizio positivo del testo originario. Per loro, come è ovvio, conta soprattutto la piena equiparazione tra forme di previdenza complementare collettiva e forme di previdenza complementare individuale, nonché l attribuzione del diritto - in caso di trasferibilità da una forma all altra alla portabilità - del contributo del datore di lavoro. Condizionate dalla forte pressione delle lobby assicurative e delle banche, le Commissioni di Camera e Senato nelle loro osservazioni e il Consiglio dei Ministri (5 ottobre) hanno così rimesso in discussione gli impegni presi dal Ministro Maroni. Il disgraziato testo è stato quindi modificato di nuovo. Il risultato è stato un testo peggiorativo rispetto ai contenuti del decreto originario. Infatti, sulla base delle decisioni delle Commissioni prima e del Consiglio dei Ministri poi: si snatura il ruolo della contrattazione e la natura giuridica del contributo definito contrattualmente cambiandone per legge finalità e destinazione; si prevede la possibilità di istituire forme di previdenza complementare da parte di soggetti esterni alle organizzazioni sindacali con un rapporto diretto tra banche, assicurazioni e azienda; si subordina la possibilità di adesione alla previdenza complementare per il lavoratore all accesso al credito agevolato da parte dell impresa da cui dipende: il lavoratore non potrà aderire se l impresa non avrà accesso al credito a causa delle insufficienti risorse finanziarie messe a disposizione dal Governo. L adesione non è quindi un diritto soggettivo del lavoratore, ma soprattutto nel settore delle piccole e medie imprese con la moratoria indicata dal Governo si rimanda di tre anni per questi lavoratori la possibilità di esercitare un proprio diritto di adesione ad una forma di previdenza complementare. 7

8 DOPO L APPROVAZIONE DEL DECRETO PER LA PREVIDENZA COMPLEMENTARE IL CANTIERE RIMANE APERTO Nonostante le modifiche del testo e i vari ripensamenti del Ministro Maroni, ci sono alcuni aspetti negativi nella riforma che noi continuiamo a non condividere. Tra le questioni più importanti: o le regole fiscali: la tassazione sulle prestazioni del 15% a decrescere rispetto al periodo di permanenza lede la progressività dell imposta; privilegia il sistema privato rispetto al sistema pubblico; agevola il sistema di previdenza a capitalizzazione privato a discapito del sistema pubblico; si diversifica la tassazione del TFR; si scarica sui Governi futuri il costo dell operazione. o i riscatti: va salvaguardata la libertà di ingresso che deve significare anche libertà di uscita ovvero diritto al riscatto totale della posizione maturata. Inoltre sono per noi punti ancora in sospeso: o il ruolo della contrattazione collettiva: per evitare lo svuotamento della contrattazione di secondo livello e la stipulazione di accordi aziendali con soggetti diversi dalle organizzazioni sindacali e per un ristretto numero di lavoratori. o l omissione contributiva (comprese le quote di Tfr) e l eventuale risarcimento del danno derivante dal ritardo. La nostra posizione, ma anche quella degli altri sindacati confederali, è sempre stata chiara. Il sistema previdenziale non aveva e non ha bisogno di grandi stravolgimenti. Ha piuttosto la necessità di essere consolidato e rafforzato in modo tale che sia in grado di erogare, con certezza e continuità, prestazioni pensionistiche finali nella misura del 50%-60% dell ultima retribuzione percepita sulla base di coefficienti di trasformazione che abbiano due criteri che si integrano tra di loro cioè: sostenibilità finanziaria e sostenibilità sociale. L equilibrio di qualunque sistema previdenziale pubblico non può essere continuamente sottoposto a processi riformatori. Deve mantenere livelli di prestazione pubblica stabile con una funzione primaria rispetto al sistema a capitalizzazione che deve rimanere con una funzione integrativa, e non sostitutiva del sistema pubblico. Non può quindi essere regolamentato unicamente sulla base di criteri assicurativi. Resta quindi prioritario un rafforzamento del sistema previdenziale pubblico basato sui valori di mutualità e solidarietà nel pieno rispetto dei diritti di tutti i soggetti: pensionati, lavoratori attivi e soprattutto delle nuove generazioni. 8

9 Inoltre per tutte le lavoratrici e i lavoratori o per tutte le nuove generazioni che rientrano nel sistema contributivo diventa, in via prioritaria, di enorme necessità stabilizzare un primo pilastro pubblico e rendere fruibile un sistema di previdenza complementare integrativo esigibile per tutte le lavoratrici e i lavoratori che intendono aderirvi al di là del settore di appartenenza. Per essere certi di maturare una prestazione integrativa al sistema pubblico, nella misura dal 15% al 20% dell ultima retribuzione, occorre che sin dal momento dell adesione siano conferiti livelli di contribuzione (contributo del lavoratore, contributo del datore di lavoro e Tfr) nella misura dall 8% al 10%. Con questo obiettivo si motiva l esigenza della messa a disposizione dell utilizzo dell intero Tfr maturando purché sia sempre salvaguardato il diritto di una scelta libera e volontaria rendendo consapevole - e quindi informato delle diverse caratteristiche delle forme di previdenza complementare in particolare quelle riguardanti i costi di gestione, la trasparenza e la governance - il possibile aderente. Da questo quadro di insieme emerge chiaramente la necessità e l importanza di una ripresa di iniziativa, verso tutti i possibili aderenti al sistema previdenziale complementare, in grado di rispondere al seguente quesito: Tfr o Fondo pensione? 9

10 TFR O FONDO PENSIONE? Un informazione completa e corretta sulla previdenza complementare per una scelta consapevole, libera e responsabile Non entriamo qui nel merito dei particolari della riforma. Ci interessa invece approfondire la situazione pratica, ovvero tentare di rispondere alle seguenti domande: 1) QUALE LIBERTA DI SCELTA HANNO LE LAVORATRICI E I LAVORATORI? 2) QUALI SONO LE DECISIONI DA PRENDERE PER IL FUTURO? 3) CONVIENE TENERSI IL TFR O INVESTIRLO IN PREVIDENZA? 4) QUALI SONO LE CARATTERISTICHE DEI FONDI PENSIONE? 5) QUALI SONO LE DIFFERENZE TRA FONDI E POLIZZE? 6) QUALI SONO I MECCANISMI, DELLE PRESTAZIONI, DEI RISCATTI E DEGLI ANTICIPI? 10

11 LA LIBERTA DI SCELTA Il governo Berlusconi, alla fine del 2005, dopo più di tre anni di discussioni e senza un vero confronto con le parti sociali, ha varato il decreto legislativo in materia di previdenza complementare, ma ha rimandato l applicazione del decreto e quindi l avvio del nuovo assetto della previdenza complementare al primo gennaio del Per le lavoratrici e i lavoratori il rinvio si tradurrà quindi in altri due anni di ritardo che costeranno molto, soprattutto per i più giovani, che non hanno ancora versato contributi previdenziali o che hanno appena cominciato. Cerchiamo di rispondere quindi alla prima domanda: qual è il nostro grado di libertà? La questione si può affrontare da vari punti di vista. Si può partire dalle considerazioni politiche, oppure si può scegliere un approccio più sindacale, oppure un punto di vista più strettamente legato all utilità personale: quali sono le scelte che mi faranno stare meglio nel futuro? L ottimo (almeno in astratto) sarebbe la perfetta sintonia tra i piani, quello politico e sindacale (collettivo) e quello privato (individuale). Il nostro sogno è quello di vivere bene, senza per questo danneggiare gli altri. Dovrebbe essere l essenza della politica. Purtroppo oggi assistiamo a una continua sfasatura tra i piani e spesso ci vengono proposte soluzioni individualistiche, che inevitabilmente penalizzano qualcun altro. Per stare al tema delle pensioni sappiamo cioè che avremo una pensione pubblica che ha bisogno di essere integrata. Per conquistarci dunque un sufficiente grado di libertà sarebbe necessario tentare di coniugare le nostre scelte politiche collettive a quelle individuali. Ci vuole un nuovo senso di responsabilità che sappia creare un armonia tra la battaglia politica e sindacale e le scelte di tutti i giorni. La scommessa per il futuro è quella di saper far valere i nostri interessi creando le condizioni per non abbandonare nessuno al suo destino (e questo spetta al welfare e alla politica che non si può degradare a elemosina o filantropia). La nostra libertà è comunque condizionata dalle condizioni materiali, dalle risorse a disposizione e dalle scelte di allocazione di tali risorse. Per la riforma Maroni, per esempio, si tratterà di scegliere prima di tutto sulla destinazione del Tfr. E qui scopriamo le prime discriminazioni e disuguaglianze: ci sono infatti cittadini che non hanno il Tfr o che non hanno neppure il lavoro. Per ristabilire una libertà effettiva saranno necessarie quindi battaglie politiche a favore di tutte queste persone e scelte coerenti da parte di chi avrà responsabilità di governo. Chi ha oggi il privilegio del lavoro e dispone di una retribuzione annuale e dell accantonamento previsto dalle leggi per la liquidazione (Tfr), può scegliere in base alla riforma come utilizzare una parte della sua retribuzione, visto che il Tfr non è altro che salario differito e non è certo una quota del capitale delle aziende. Per aumentare il grado della nostra libertà serve quindi prima di tutto una INFORMAZIONE CORRETTA. Come lavoratrici e lavoratori dobbiamo conoscere cioè con precisione quale sarà la nostra futura pensione pubblica, qual è il nostro stato attuale nella evoluzione della carriera previdenziale (quanti contributi ho versato, se sono stati versati davvero dalla mia azienda, ecc.) e quale potrebbe 11

12 essere la giusta integrazione alla pensione pubblica. Come lavoratori dobbiamo poi conoscere quali sono gli STRUMENTI per costruirsi una pensione integrativa, una volta fatta la scelta. LE DECISIONI DA PRENDERE Lasciando per un attimo da parte il discorso politico generale sul welfare del futuro e sull assetto definitivo che dovrà essere dato al sistema previdenziale, vediamo più da vicino quali sono le opzioni possibili stabilite dal decreto. Come lavoratrici/lavoratori che abbiamo a disposizione un reddito annuale e un sistema di contributi e di accantonamento del Tfr ci viene data la possibilità di scegliere tra le seguenti soluzioni (c è da ricordare che la prima versione della riforma Maroni prevedeva il trasferimento obbligatorio di tutto il Tfr maturando ai fondi pensione). Dal primo gennaio 2008 si dovrà quindi scegliere in forma esplicita altrimenti dopo sei mesi (quindi a partire dal 1 giugno 2008) avverrà l adesione con il sistema del silenzio-assenso. 1) TENERSI IL TFR. La prima opzione che abbiamo è lasciare le cose come stanno, ovvero decidere di tenersi il Tfr in azienda, secondo il normale accantonamento. Come sappiamo il trattamento di fine rapporto si calcola sommando per ciascun anno di lavoro una quota pari all importo della retribuzione annua divisa per 13,5 (la retribuzione utile per il calcolo del Tfr comprende tutte le voci retributive corrisposte, salvo diverse indicazioni dei contratti). Di questa quota una parte (lo 0,5%) va al Fondo di garanzia dell Inps e per altre prestazioni previdenziali. La quota effettiva accantonata è quindi del 6,91% della retribuzione utile. Gli importi accantonati sono indicizzati al 31 dicembre di ogni anno con l applicazione di un tasso costituito dall 1,5% in misura fissa e dal 75% dell aumento dell indice dei prezzi al consumo. Sulle quote accantonate di Tfr si possono come è noto chiedere anticipi per ragioni di emergenza (mutuo per la casa, salute, ecc.). Regole che comunque, anche se in modo diverso, valgono anche per le somme accantonate per i fondi pensione e la previdenza complementare 2) TRASFERIRE IL TFR MATURANDO AL FONDO PENSIONE NEGOZIALE. Con la riforma le lavoratrici e i lavoratori possono scegliere di trasferire l intero Tfr maturando al fondo pensione di categoria. Molti lo hanno già fatto e stanno maturando già da qualche anno la loro pensione complementare. I vantaggi dell adesione al fondo pensione della propria categoria riguardano l accantonamento del risparmio a fini previdenziali (tendenzialmente nel lungo periodo l investimento dei fondi pensione negoziali rende più del Tfr come dimostrano anche i recenti dati nonostante gli anni di crisi dei mercati finanziari), la possibilità di utilizzare i benefici fiscali (deducibilità dei contributi versati) e soprattutto il diritto a usufruire del contributo del datore di lavoro che permette di migliorare la prestazione previdenziale. Tutte le riforme varate sono concordi su questo punto: l unica forma per cui è previsto anche il contributo del datore di lavoro è quella del fondo negoziale 12

13 di categoria (detto anche fondo chiuso, proprio perché riguarda in genere solo una categoria di lavoratori: i metalmeccanici hanno il loro fondo, così i chimici, la scuola, ecc.). Negli ultimi anni i fondi negoziali hanno raggiunto rendimenti annuali migliori dei fondi aperti e soprattutto delle polizze individuali che invece vengono spacciate dalle assicurazioni come la formula vincente. Per dare una prima occhiata a questo nuovo mercato previdenziale si può andare a leggere la tabella 5 dove si descrivono i principali fondi pensione con i relativi rendimenti dell ultimo anno (2005). I costi dei fondi pensione negoziali sono poi i più bassi e quindi il rendimento finale sarà più alto (vedi tabella 3. ipotesi: comparazione tra le diverse forme di previdenza complementare). I fondi aperti e le pip, polizze previdenziali individuali costano molto di più e sono meno trasparenti. I maggiori costi pongono vincoli di permanenza impedendo di fatto il trasferimento della posizione ad altre forme pensionistiche (vedi tabella 2 i costi medi annui e tabella 4 l incidenza dei costi di gestione sul capitale finale). I fondi negoziali non sono gestiti dai sindacati: i consigli di amministrazione sono composti per metà dai rappresentanti dei datori di lavoro e per metà dai rappresentanti dei lavoratori democraticamente eletti. La gestione delle risorse non è in mano al fondo pensione (che sceglie gli indirizzi di investimento e controlla l operato dei gestori), ma viene affidato a intermediari professionali (banche, società di gestione del risparmio, compagnie di assicurazione). Vengono applicate le regole base della diversificazione del rischio e della trasparenza dei possibili conflitti di interesse. Un sistema quindi in grado di meglio garantire e tutelare la finalità del risparmio previdenziale 3) ADERIRE A UN FONDO PENSIONE APERTO. L altra opzione del lavoratore è quella di scegliere un fondo pensione diverso da quello della sua categoria. Questo tipo di strumento finanziario era stato pensato ed utilizzato per i lavoratori autonomi e comunque per tutti quei lavoratori che non hanno fondi negoziali anche se sono previste forme di iscrizione collettiva per i lavoratori dipendenti. Aderendo al fondo pensione aperto individuale si perdono comunque i contributi del datore di lavoro anche se si possono utilizzare i benefici fiscali. I fondi aperti ad adesione individuale nascono sempre su iniziativa delle banche, delle sim (società di investimento mobiliare), delle sgr (società di gestione del risparmio) e non dei sindacati e delle aziende. 4) LA POLIZZA PREVIDENZIALE INDIVIDUALE. Le polizze individuali sono strumenti assicurativi, gestiti solo dalle compagnie di assicurazione e regolate dalla stessa normativa che si applica ai fondi pensione sul piano fiscale (dlgs 47 del 2000). Le forme individuali (dette Pip o Fip) non fanno ancora parte del cosiddetto secondo pilastro della previdenza complementare a cui invece appartengono i fondi pensione. Le polizze (anche per la grande pressione che hanno esercitato sul governo le compagnie di assicurazione) sono state inserite tra le possibili scelte, a cui destinare il Tfr, che potranno essere effettuate dal primo gennaio 2008 a condizione che 13

14 si adeguino alle nuove regole emanate dalle direttive e dai regolamenti della Covip in materia di costi, governance, trasparenza, ecc. E prevista anche per le Fip la deduciblità fiscale, ma i costi di adesione e di gestione di questo strumento individuale sono i più alti in assoluto e su questo concordano tutti gli osservatori. Una recente ricerca di Morgan Stanley ha dimostrato che sulla base di un periodo di 25 anni e con un rendimento medio annuo del 7%, la migliore polizza individuale produce un guadagno analogo alla media dei fondi aperti, mentre la media dei rendimenti finali delle polizze è sempre al di sotto dei rendimenti raggiunti dai fondi pensione. Con i sistemi di equiparazione e i regolamenti che saranno prodotti dalla Covip il mito dei guadagni delle polizze individuali sarà definitivamente ridimensionato. N.B. Per rafforzare i diritti previdenziali non occorre attendere il primo gennaio 2008: già oggi è possibile far confluire volontariamente nei Fondi pensione negoziali il Tfr ed avere il contributo del datore di lavoro. Ad oggi e fino al 31 dicembre 2007, invece, non è possibile confluire il Tfr nei Fondi pensione aperti e nelle polizze individuali pensionistiche. Il contributo del datore di lavoro è utilizzabile solo per i Fondi pensione negoziali. Inoltre a partire dal 1 gennaio 2008 solo le forme pensionistiche complementari che avranno attuato gli adeguamenti richiesti e ottenuto l autorizzazione da parte della Covip potranno ricevere - tramite procedura di silenzio-assenso - nuove adesioni anche con riferimento al finanziamento tramite conferimento del Tfr maturando. TFR O FONDO PENSIONE? La prestazione pensionistica complementare è regolata dalla legge ed è resa esigibile, per i fondi negoziali, dalla contrattazione collettiva. Scegliere un fondo pensione negoziale permetterà di maturare una pensione complessiva, che oltre ad essere più sicura, potrà essere più adeguata alle necessità future. Il Tfr ha una rivalutazione fissa (come abbiamo visto sopra) ma molto bassa e legata comunque all inflazione e ai possibili nuovi interventi legislativi. E poi una somma che quasi sempre viene intaccata prima dell uscita dal mondo del lavoro con il sistema degli anticipi. Non è dunque lo strumento ideale per costruirsi una pensione integrativa. Al contrario, aderendo a un fondo pensione negoziale si può beneficiare di una serie di vantaggi quali: Versando un contributo mensile fissato dalla contrattazione collettiva si ottiene: un altro contributo mensile dal datore di lavoro; si utilizza in modo prudente e conveniente parte o tutto del Tfr per un risparmio di carattere previdenziale; si beneficia di un significativo risparmio fiscale; ci si garantisce una pensione integrativa a quella pubblica. 14

15 I fondi pensione negoziali si avviano con la contrattazione collettiva tra le organizzazioni dei lavoratori e delle imprese. Lo scopo primario del Fondo è garantire ai lavoratori associati prestazioni pensionistiche complementari a quelle erogate dal sistema pubblico obbligatorio, per assicurare più soddisfacenti livelli di copertura previdenziale. Per aderire ad un Fondo si possono chiedere informazioni a tutte le strutture del sindacato o all azienda che ha a disposizione il modulo di adesione e la scheda informativa sul Fondo stesso. Oppure si potranno ricevere tutte le informazioni necessarie collegandosi al sito del fondo (vedi l elenco fondi alla fine di questo capitolo, tabella 1). COME FUNZIONA UN FONDO NEGOZIALE Aderendo ad un Fondo pensione negoziale si versa un contributo mensile fissato dalla contrattazione collettiva. A questo si aggiungono automaticamente come abbiamo già visto sopra - una quota a carico dell azienda e una quota o tutto il Tfr. Questi contributi e i loro rendimenti finanziari annuali, depurati dai costi di gestione (che sono più bassi di qualsiasi forma), vanno ad accumularsi nei nostri conti individuali. L insieme dei conti individuali costituisce il patrimonio del Fondo pensione. La sua gestione, come stabilisce la legge, è obbligatoriamente affidata a gestori specialisti selezionati dal Consiglio di amministrazione tramite bando pubblico tra i più importanti gestori finanziari. Il Fondo tramite il suo Consiglio di amministrazione eletto dall Assemblea dei delegati controlla e indirizza l attività dei gestori. Questa attività è sottoposta poi ad un continuo controllo della Commissione di Vigilanza sui fondi pensione (Covip). Gli organi del Fondo che sono eletti dai soci iscritti al fondo sono i garanti di una gestione trasparente, partecipata, professionale ovvero di una gestione prudente del risparmio previdenziale. Il Fondo: non ha clienti ma soci ha maggiori tutele, controllo ed efficacia; un modello di governance trasparente; responsabilità nei confronti dei soci; dà più forza e più diritti nei confronti dei gestori; più chiarezza normativa e statutaria; ha un solo interesse, una sola missione: rispettare i diritti dei soci. 15

16 LE PRESTAZIONI, I RISCATTI E GLI ANTICIPI In base alle regole vigenti stabilite dal decreto legislativo 124/1993 e regolate dagli orientamenti della Commissione di vigilanza (Covip) nonché dagli statuti dei fondi pensione si prevede che il requisito minimo previsto per le prestazioni del fondo di appartenenza sia di 5 anni di contribuzione per la pensione di vecchiaia e di 15 per la pensione di anzianità. Inoltre il lavoratore può richiedere la liquidazione in capitale della prestazione pensionistica maturata per un importo massimo pari al 50% della prestazione stessa. Se l importo risulta inferiore al 50% dell assegno sociale, è possibile ottenere la liquidazione in capitale dell intero importo maturato. Se il rapporto di lavoro si interrompe prima del pensionamento l associato può richiedere il riscatto del capitale accantonato oppure se inizia un nuovo rapporto di lavoro chiedere il trasferimento al fondo pensione della nuova categoria e/o settore. Dopo otto anni di contribuzione si possono richiedere anticipi fino al 100% del capitale versato (Tfr versato, contributi e rendimenti) per far fronte a determinate spese: acquisto casa e spese mediche. Queste norme sono state notevolmente modificate dal decreto legislativo approvato dal governo. Per i contenuti rimandiamo alla scheda esplicativa; mentre per il giudizio di merito rimandiamo al paragrafo il cantiere rimane aperto. 16

17 TABELLA 1. Elenco dei fondi pensione negoziali Denominazione Destinatari / Settori Sito internet FONCHIM industria chimica e farmaceutica COMETA industria metalmeccanica FONDENERGIA energia (prevalentemente aziende del gruppo ENI) QUADRI E CAPI FIAT quadri e capi aziende del gruppo Fiat FONDODENTISTI medici odontoiatri (lav. aut.) COOPERLAVORO cooperative di produzione e lavoro SOLIDARIETA VENETO aziende industriali del Veneto LABORFONDS aziende ed enti pubblici del Trentino Alto Adige FOPEN aziende del gruppo Enel PREVICOOPER cooperative del commercio PEGASO gas, acqua, elettricità PREVIAMBIENTE igiene ambientale FONCER industria delle piastrelle di ceramica FUNDUM commercio, turismo e servizi (lav. aut.) ARCO industria del legno, arredamento, cemento e lapidei MEDIAFOND aziende del gruppo Mediaset ALIFOND industria alimentare CONCRETO industria del cemento, calce e gesso /fondi/mediafond/ /fondi/concreto FONTE lav. dip. del settore commercio, turismo e servizi FONDO FAMIGLIA casalinghe, etc. TELEMACO aziende di telecomunicazione (prevalentemente del gruppo Telecom) GOMMAPLASTICA industria della gomma e della plastica EUROFER aziende del gruppo Ferrovie dello Stato PREVIMODA industria tessile-abbigliamento, calzature PREVIVOLO piloti e tecnici di volo di compagnie aeree (prevalentemente del gruppo Alitalia) FONDAPI lav. dip. di piccole e medie imprese PRIAMO autoferrotranviari PREVAER aziende di gestione aeroportuale e dei servizi aeroportuali di assistenza a terra BYBLOS carta, aziende grafiche ed editoriali FOPADIVA aziende della Valle d Aosta FILCOOP dipendenti cooperative settori bonifiche, agricolo, forestale, etc. PREVIDOC commercialisti (lav. aut.) FONDAV assistenti di volo di compagnie aeree (prevalentemente del gruppo Alitalia) PREVEDI imprese del settore edile industria (ass. di categ. ANCE) e artig.ianato EDILPRE imprese del settore edile industria (ass. di categ ANIEM Documentiutili/Previdoc/previdoc.htm FONDOPOSTE dipendenti del gruppo Poste ESPERO dipendenti pubblici della scuola MARCO POLO dipendenti del settore commercio, turismo e servizi ARTIFOND dipendenti del settore artigiano ASTRI dipendenti del settore autostrade in fase di costruzione Nota: Fondartigiani (aziende artigiane lav. aut.): ha deliberato il proprio scioglimento; Fondo Mercurio (personale di terra di compagnie aeree): ha deliberato il proprio scioglimento; per il personale di terra delle compagnie aeree il Fondo pensione di riferimento è Prevaer. 17

18 TABELLA 2. I costi medi annui FONDI NEGOZIALI costi medi annui di gestione 0,45% FONDI APERTI costi medi annui di gestione a 3 anni 1,80% costi medi annui di gestione a 10 anni 1,40% costi medi annui di gestione a 35 anni 1,30% FIP costi medi annui di gestione a 3 anni 8,10% costi medi annui di gestione a 10 anni 3,20% costi medi annui di gestione a 35 anni 2,30% Fonte COVIP Relazione annuale, 22 giugno,

19 TABELLA 3. Ipotesi: Comparazione tra le diverse forme di previdenza complementare FONDI NEGOZIALI versamento iniziale 1.000,00 incremento annuo del versamento 1,80% rendimento annuo al netto di imposte ed oneri di negoziazione 3,50% costi medi annui di gestione 0,45% montante dopo 35 anni 25 anni 15 anni 10 anni FONDI APERTI , , , ,80 versamento iniziale 1.000,00 incremento annuo del versamento 1,80% rendimento annuo al netto di imposte ed oneri di negoziazione 3,50% costi medi annui di gestione 1,30% montante dopo 35 anni 25 anni 15 anni 10 anni FIP , , , ,32 versamento iniziale 1.000,00 incremento annuo del versamento 1,80% rendimento annuo al netto di imposte ed oneri di negoziazione 3,50% costi medi annui di gestione 2,30% montante dopo 35 anni 25 anni 15 anni 10 anni , , , ,93 INCIDENZA ONERI NEI PRIMI ANNI FIP FONDI APERTI 3 ANNI 8,10% 1,80% 10 ANNI 3,20% 1,40% 35 ANNI 2,30% 1,30% RISCATTO O TRASFERIMENTO FONDO NEGOZIALE FONDO APERTO FIP CONTRIBUTI VERSATI AL 3 ANNO 3.242, , , ,32 AL 10 ANNO , , , ,13 AL 35 ANNO , , , ,33 19

20 TABELLA 4. L incidenza dei costi di gestione sul capitale finale TOTALE CAPITALE MATURATO VERSATO FONDI NEGOZIALI FONDI APERTI FIP 3 anno 3.054, , , ,25 10 anno , , , ,93 35 anno , , , ,32 20

21 TABELLA 5. I rendimenti dei fondi negoziali nel 2005 Nome del fondo Destinatari Rend. % netto Alifond Industria alimentare 10,3 4,7 Arco Legno e laterizi 8,6 5,6 Cometa Industria metalmeccanica 3,9 Linea monetaria 2,9 - Linea garantita 2,6 - Linea bilanciata obbligazionaria 6,7 - Linea bilanciata 10,4 - Concreto Industria cemento, calce e gesso 9,3 6,9 Cooperlavoro Cooperative di produzione e lavoro 6 Linea garantita 5,2 Linea bilanciata obbligazionaria 7,6 Linea bilanciata azionaria 9,2 Eurofer Ferrovie dello Stato 6,2 2,2 Foncer Industria piastrelle e ceramica 9,6 7,1 Fonchim Industria chimica e farmaceutica Linea monetaria 2,1 2,1 Linea bilanciata obbligazionaria 6,6 4,7 Linea bilanciata azionaria 12,7 7,6 Fondapi Lav. dip. di piccole e medie imprese/confapi 3,3 - Fondenergia Energia (gruppo Eni) Linea monetaria 1,8 2 Linea bilanciata obbligazionaria 10,3 6,4 Linea bilanciata azionaria 15,6 10,5 Fondodentisti Medici odontoiatri Linea monetaria 1,8 2,8 Linea bilanciata 6,8 2,3 Linea azionaria 15,3 1,3 Fondo Famiglia Casalinghe - 3,7 Fondo Gommaplastica Gomma materie plastiche 10 4,9 Fonte Commercio, turismo e servizi (lav. dip.) 6,3 2,8 Fopen Dipendenti gruppo Enel Linea monetaria 1,9 2,3 Linea bilanciata obbligazionaria 8,4 4,3 Linea bilanciata 12,6 5,8 Linea azionaria 17,4 6,7 Fundum Commercio, turismo e servizi (lav. aut.) 2,4 2,7 Laborfonds Aziende ed Enti pubblici del Trentino A.A. 10 6,2 Mediafond Gruppo Mediaset 8,8 7 Pegaso Gas, acqua, elettricità 9 5,2 Prevaer Operatori aeroportuali 7,7 - Previambiente Igiene ambientale 8,3 4,8 Previcooper Cooperative di distribuzione del commercio 7,1 5,3 Previmoda Industria tessile abbigliamento, calzature 9,3 5,3 Previvolo Piloti e tecnici volo Linea monetaria - - Linea obbligazionaria - - Linea bilanciata - - Linea bilanciata azionaria - - Priamo Autoferrotranvieri 7,7-21

22 Quadri e capi Fiat Quadri e capi Fiat Linea obbligazionaria 1,8 4,6 Linea bilanciata obbligazionaria 8,8 3,8 Linea bilanciata azionaria 12,8 2,3 Solidarietà Veneto Aziende industriali Veneto Linea monetaria 3,6 4,2 Linea bilanciata obbligazionaria 6,7 5 Linea bilanciata 11,4 3 Telemaco Telecomunicazioni Linea obbligazionaria 6,1 5,3 Linea bilanciata obbligazionaria 9,2 4,4 Linea bilanciata 12,6 3,2 Linea bilanciata azionaria 16,5 2,1 MEDIA FONDI NEGOZIALI 8,1 4,5 TFR NETTO 2,6 2,5 Note Il rendimento netto offerto nel 2005 dai fondi negoziali già operativi: quello del Fondo quadri e capi Fiat è al 30 novembre. La performance di Arco e la rivalutazione netta del Tfr sono stimate. Fonte: Corriere economia 16 Gennaio

23 TABELLA 6. Le motivazioni sostenute dal governo e le posizioni della Cgil sulla controriforma Le motivazioni sostenute dal Governo Le risposte/osservazioni di Cgil Il sistema previdenziale non reggerà Le riforme realizzate negli anni 90 (Amato a lungo, le riforme realizzate non 1992, Dini 1995, Prodi 1997) hanno sono sufficienti. determinato un risparmio di spesa e frenato la crescita della spesa pensionistica come dimostrato dalla relazione elaborata dalla Commissione Brambilla e come riconosciuto dall Europa. L Italia avrà rispetto agli altri Paesi europei il maggior invecchiamento demografico. È l Europa che ci chiede la riforma del sistema previdenziale. Occorre diminuire il costo del lavoro (decontribuzione o riduzione dell aliquota contributiva per i neo assunti) e sviluppare la previdenza complementare (trasferimento obbligatorio del Tfr): impianto originario della riforma. È vero che l Italia avrà nel 2050 il maggior invecchiamento demografico, ma grazie alle riforme degli anni 90 avrà, rispetto agli altri Paesi europei, un aumento minore della spesa pensionistica. L Europa ha riconosciuto all Italia i meriti e l importanza delle riforme realizzate. L Europa ci ha quindi raccomandato di rendere, attraverso la concertazione con le parti sociali, ulteriormente stabile il sistema intervenenendo: per l emersione del lavoro nero, per il recupero delle evasioni contributive, per ridurre i prepensionamenti, per allungare la permanenza al lavoro attraverso una scelta volontaria fatta dal lavoratore, per garantire la sostenibilità sociale con pensioni adeguate in grado di mantenere lo stesso tenore di vita anche dopo il pensionamento e per avere uno standard di vita decente, per sviluppare e rafforzare il sistema di previdenza complementare, per affrontare il problema dei diritti pensionistici dei lavoratori atipici; per aumentare il tasso di occupazione in particolare dei giovani, delle donne e dei lavoratori anziani. I veri obiettivi del Governo, alla data di presentazione del disegno di legge delega in materia previdenziale, erano prioritariamente quelli della riduzione del modello e del ruolo della previdenza pubblica (decontribuzione = meno contributi versati al sistema previdenziale pubblico=meno finanziamento del sistema previdenziale pubblico) e la sostituzione del sistema di previdenza pubblica con il sistema di previdenza privato (trasferimento obbligatorio del Tfr). 23

24 IL GIUDIZIO DELLE CONFEDERAZIONI SINDACALI CGIL, CISL, UIL e UGL hanno valutato negativamente la decisione del Governo di differire l entrata in vigore della riforma della previdenza complementare al 1 gennaio Questa decisione penalizza pesantemente i lavoratori, soprattutto i più giovani, per i quali il ridimensionamento delle prestazioni pubbliche obbligatorie si è già verificato, mentre la previdenza complementare continua ad essere non disponibile per l insieme dei lavoratori dei settori pubblici e privati. L approvazione dei contenuti della riforma, costituisce, peraltro, un punto fermo positivo ascrivibile all azione di tutte le organizzazioni sindacali confederali che, insieme alle associazioni datoriali, si sono battute perché fosse adottato un decreto legislativo equilibrato, in grado di salvaguardare, da un lato, la libertà del lavoratore di destinare il TFR alla forma pensionistica complementare prescelta ma, dall altro, la prerogativa della contrattazione collettiva di lavoro di decidere le modalità e gli ambiti di destinazione delle risorse aggiuntive a carico del datore di lavoro. CGIL, CISL, UIL e UGL, insieme alle altre associazioni di rappresentanza delle imprese e dei datori di lavoro, sono riuscite ad ottenere che il Governo apportasse dei cambiamenti sostanziali al testo del decreto, rispetto alla proposta iniziale. Cambiamenti che intervengono su punti qualificanti del sistema della previdenza complementare e che rendono più trasparente e garantita per i lavoratori la procedura del silenzio assenso, ripristinando anche l unitarietà e l omogeneità delle regole di vigilanza e controllo su tutto il settore della previdenza complementare, in capo alla COVIP, e confermando l autonomia e la centralità della contrattazione collettiva nel suo ruolo di promozione e sostegno dei fondi pensione collettivi. Nel testo del decreto, però, permangono alcuni punti non condivisibili, come quelli relativi alla disciplina fiscale dei fondi pensione e delle prestazioni, alla normativa sui riscatti e alle regole di governance, partecipazione e controllo per le forme pensionistiche complementari attuate tramite fondi aperti e polizze assicurative individuali. CGIL, CISL, UIL, e UGL, giudicano inoltre, inaccettabile l ulteriore previsione di un doppio regime per l adesione alla previdenza complementare, seppur temporaneo. derivante dall ulteriore deroga all applicazione del silenzio assenso per i lavoratori dipendenti delle imprese che non rientrano nei requisiti del fondo di garanzia per l accesso al credito. 24

25 Il rischio è che la decisione del Governo di differire di due anni l entrata in vigore della riforma, lasci il settore della previdenza complementare in uno stato vacante, generando confusione ed incertezza nei lavoratori, a tutto vantaggio delle imprese di assicurazioni, per il protrarsi di un quadro normativo nel quale non c è ancora una effettiva parità di condizioni di offerta contrattuale, in termini di trasparenza, costi e modalità di governance e controllo fra le forme pensionistiche collettive e quelle individuali che sottostanno a regole diverse. In questo scenario CGIL, CISL, UIL e UGL riconfermano l impegno ad effettuare una grande campagna promozionale ed informativa sulla previdenza complementare, la cui esperienza va rilanciata a prescindere dal rinvio della riforma, in modo che tutte le lavoratrici e lavoratori siano informati sul loro futuro previdenziale, sulla necessità e opportunità di adesione ai fondi pensione istituiti dalla contrattazione collettiva, e sulle caratteristiche e i vantaggi propri degli stessi. Il sindacato, più volte contrastato dalle associazioni di rappresentanza del mondo bancario e assicurativo, rimane sempre disponibile al confronto con tutti. Nello stesso tempo con piena legittimità e dignità CGIL, CISL, UIL e UGL rappresenteranno, fin dalle prossime settimane, alle lavoratrici e ai lavoratori le cose fatte in questi mesi, avviando nei luoghi di lavoro, un processo di informazione capillare che presenterà le caratteristiche e i vantaggi dei fondi pensione messi a disposizione dalla contrattazione collettiva. CGIL, CISL, UIL e UGL ritengono che i fondi pensione collettivi e negoziali siano le forme pensionistiche più idonee nelle quali far confluire, sia il TFR maturando, sia il contributo del lavoratore e dell impresa contrattualmente stabiliti. tali fondi: sono organizzati in forma associativa, garantendo il rispetto del principio di pariteticità nella rappresentanza dei lavoratori e dei datori di lavoro nella composizione degli organi di amministrazione e controllo; sono improntati a criteri di trasparenza, controllo effettivo e prudenza nella gestione delle risorse che è attuata da società bancarie e assicurative specializzate e all uopo autorizzate; presentano livelli oneri e spese per gli aderenti notevolmente più bassi rispetto alle forme pensionistiche individuali. Anche nel permanere delle attuali regole la previdenza complementare basata sui fondi negoziali, è una realtà positiva e necessaria, specie per i lavoratori più giovani, a cui conviene aderire, nell attesa di un quadro normativo ancora più efficace ed incentivante. Per queste ragioni CGIL, CISL, UIL e UGL confermano l impegno a mettere a disposizione i fondi pensione anche nei settori dove ancora non sono stati istituiti o non sono ancora operativi, come in molte realtà del pubblico impiego. 25

26 Con la decisione di rinviare gli effetti della riforma della previdenza complementare al 1 gennaio 2008, data nella quale è prevista anche l entrata in vigore dei nuovi requisiti per l accesso alle pensioni di anzianità, il Governo ha rimesso la questione previdenziale al centro dell agenda politica. Così che sarà necessario riavviare, da subito, un confronto che abbia come obiettivo quello di rilanciare alcune questioni fondamentali come la necessaria flessibilità nell uscita dal lavoro e nell accesso alle prestazioni previdenziali, la solidarietà generale, soprattutto a favore dei lavoratori più discontinui e precari, la dimensione collettiva della previdenza complementare e la sua esigibilità, con pari opportunità e diritti per tutti i lavoratori. 26

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