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1 HEIDEGGER BIOGRAFIA Era un filosofo tedesco. Nacque nel 1899 a Meßkirch in una famiglia cattolica. Studiò teologia e filosofia. Si laureò con il testo La dottrina del giudizio nello psicologismo, in cui confronta l apparato emotivo e sentimentale con quello logico, razionale. Nel 1915 divenne docente con La dottrina delle categorie e del significato in Duns Scoto. Era di formazione scolastica e aristotelica. L anno dopo cominciò a frequentare le lezioni di Husserl e nella sua casa conobbe Karl Jaspers. Nel 1923 divenne professore all università di Marburgo e qui tenne dei convegni, a cui partecipò anche Hannah Arendt. Heidegger teneva corsi su Aristotele e Platone. Negli anni di Marburgo ci fu il distacco con Husserl con l opera Essere e tempo (1927). Divenne professore a Friburgo e nel 1933 divenne rettore dell università di Friburgo. Nel 1933 aderì al nazismo e fece un appello agli studenti universitarie, invitandoli a guardare a Hitler come il sole della Germania. Le ragioni che spinsero Heidegger ad aderire al NSDAP erano le cattive condizioni della Germania del tempo. Nel 1943 si dimise, continuando ad insegnare ma concentrandosi solo su temi di ordine filosofico e non più politico. Ad oggi sono stati stampati i Quaderni neri (2016) di Heidegger. Prima della pubblicazione i suoi discepoli criticarono Heidegger di portare avanti una filosofia di matrice nazista e di non prendere le distanze anche dopo l arrivo degli angloamericani in Germania. Altri intellettuali non presero mai una posizione contro Heidegger. Insomma, c erano alcuni che rimasero attoniti dal suo comportamento filonazista e altro che lo deprecavano. Negli anni 50 Heidegger tenne corsi universitari. Il fulmine governa il mondo, citazione di Eraclito, era il motto preferito di Heidegger. LA DISCUSSIONE INTORNO AI QUADERNI NERI Ci sono due posizioni intorno a questa opera. Donatella Di Cesare, insegnante a Roma, ha scritto nel 2015 Heidegger e gli ebrei, mettendo in luce i passi dei Quaderni neri con espressioni antisemite e in cui si ravvisa l antisemitismo proprio della cultura tedesca (Fichte, Kant, Nietzsche). Per la Di Cesare, Heidegger era un antisemita metafisico: ritiene che gli ebrei sono una razza che crea disordine perché sono senza terra e, quindi, non hanno sviluppato il senso di appartenenza. La loro natura, quindi, non ha la mentalità dell essere ma ha solo una mentalità reificante, cioè gli ebrei sono identificati solo nell ente. (non chiedetemi cosa vuol dire perché non lo so). Nello stesso periodo è stato pubblicato Martin Heidegger e la verità sui Quaderni Neri da von Hermann, l ultimo assistente del filosofo. Egli è polemico nei confronti della visione dell antisemitismo metafisico. Per lui, la Di Cesare si è attenuta alla versione dei Quaderni di un curatore tedesco che ha criticato duramente Heidegger senza collocare lo scrittore

2 nell opera heideggeriana generale. Tali scritti non possono essere compresi singolarmente e in essi possono essere usate espressioni contrastanti. Per esempio, in essi c è una profonda critica verso Hitler e il nazismo, e non solo l antisemitismo metafisico. HUSSERL E IL SUO METODO Heidegger è stato allievo di Husserl e Rickert. Dal primo ereditò il metodo. Husserl, infatti, nel 1911 pubblicò La filosofia come scienza rigorosa. È un testo che propone un metodo fenomenologico. Egli parte dall individuare questo metodo come l unico possibile per la filosofia. Essa non è una scienza rigorosa perché ha sbagliato metodo, non ha individuato il suo campo di studio, scambiandosi con le scienze empiriche, particolarmente a causa del positivismo. Le scienze empiriche studiano oggetti esterni, trascendenti alla mente; la filosofia si interessa dell oggetto interno, del fenomeno. Bisogna riportare la filosofia nei suoi confini. Essa deve essere una scienza descrittiva. C è distanza con Kant, secondo il quale c è un unità tra i fenomeni del senso interno e quelli del senso esterno. La filosofia, invece per Husserl, si deve occupare solo del senso interno. La coscienza è un indirizzarsi verso, verso sentimenti, idee, sensazioni. Per esempio Husserl si occupò di come la coscienza percepisce la religione e Dio o come essa percepisce sé stessa (fenomenologia pura). ESSERE E TEMPO (1927) Con questo metodo, Heidegger e alcuni suoi compagni, vollero portare avanti ricerche fenomenologiche. Heidegger, in particolare, volle portare avanti la fenomenologia dell essere, allontanandosi dalla prospettiva criticista neokantiana. C è ancora la ricerca metafisica ma essa deve essere di stampo fenomenologico. Il suo intento era di fare una ricerca dell essere di stampo fenomenologico. Posto che il discorso sull essere deve interessare i filosofi, dice Heidegger, il modo in cui l essere è stato pensato è inadeguato. La metafisica classica ha pensato l essere in termini di ecceità, ovvero appiattendo l essere alla semplice cosa immutabile, statica. Infatti l ontologia da Platone in poi è voluta andare agli elementi costitutivi dell essere, rispondendo alla domanda cosa c è e distinguendo tra quel che c è (con struttura fissa, immutabile ed eterna) e quello che diviene (i fatti contingenti). La metafisica classica ha tradito l essere, non solo perché ha sbagliato metodo ma anche perché ha appiattito l essere a questa cosa, sottraendogli la dimensione del divenire. Infatti, l essere è sempre stato concepito fuori dal tempo ed immutabile. Una grande intuizione è del cristianesimo, che ha legato l essere alla storia, nel momento in cui il Verbo si è fatto carne. In Essere e tempo, Heidegger dice che questo è il suo progetto ma prima di portarlo avanti, egli intende fare una ricerca fenomenologica propedeutica intorno all ente che si pone la domanda di cosa sia l essere. La parola uomo è troppo generica e condizionata. Mensch vuol dire umanità, uomo, virile, forte. Quindi, è necessario un altro termine e Heidegger lo conia: Da-sein. Da sta per ci e sein per essere. Da-zein significa esser-ci.

3 Questo significa stare nel mondo, esistere. L esser-ci ha un modo di stare al mondo diverso dagli altri enti e la differenza sta nel fatto che il Da-sein si progetta, sceglie, è interessato. Il nostro stare al mondo è interessato a quello che ci circonda. Noi esistiamo differentemente dagli altri enti, che non vuol dire che siamo solo in una dimensione spazio-temporale ma che scegliamo continuamente. Quindi prima della fenomenologia dell essere vuole portare avanti questa analitica dell esistenza sull ente che si interroga sull essere. Qui si conclude Essere e tempo; Heidegger non porta a termine l opera. Ma che vuol dire scegliere? Progettare. E che vuol dire progettare? Proiettarsi verso qualcosa, essere costantemente aperto alle possibilità. Questo è alla base della nostra conoscenza, dei nostri sentimenti, delle nostre emozioni. L uomo ha continuamente delle aspettative e non si incontra mai casualmente con nulla. L uomo è un occhio puntato sul mondo, occhio che non si aprirebbe se non fosse interessato. Il Da-sein è esserci nel mondo. Ma il mondo cos è? Esso è l insieme delle cose, di cui l uomo si prende cura. Il mondo si presenta come un insieme di cose, di oggetti che l uomo usa, manipola, distrugge, trasforma. Essi costituiscono il mondo DEL Da-sein, il quale mondo viene interpretato in termini di strumenti. Non solo il Da-sein è nel mondo ma per il Da-sein c è un mondo, che è in termini di oggetti e il Da-sein li usa per la sua progettualità. Il mondo c è per il Da-sein, è in relazione al suo essere; non è una realtà oggettiva distaccata. Il Da-sein subordina il mondo ai propri bisogni per i propri scopi. Il primo blocco del pensiero di Heidegger quindi è: Da-sein come esser-ci o essere-nelmondo. Il secondo blocco concepisce il Da-sein come essere-fra-gli-altri. Questa preposizione fra a che vedere con la sottolineatura della dimensione esistenziale relativamente al rapporto con gli altri, perché il Da-sein non è solo un soggetto cooperativo, collaborativo, con una natura sociale, ma è un soggetto che si connota in quanto sta in mezzo agli altri. Anche Hegel aveva sottolineato la dimensione sociale dell uomo (vedi la sezione dedicata allo spirito oggettivo). Tuttavia, Heidegger non vuole idolatrare l uomo come ha fatto Hegel (o Aristotele) o come faranno tutti coloro che sottolineeranno la dimensione sociale e cooperativa dell uomo; vuole piuttosto sottolineare la condizione umana che è una condizione di trovarsi in mezzo ad altri. Hannah Arendt, discepola di Heidegger, partecipò a delle sue lezioni sulla retorica di Aristotele. Qui Heidegger sottolinea come un buon retore dovesse essere in grado di cogliere i sentimenti delle persone a cui sono rivolti i suoi discorsi. Quindi Aristotele analizza i sentimenti e le emozioni umane e, tra queste, analizza anche la fobia. Tra tutti i sentimenti analizzati da Aristotele, Heidegger si sofferma propria sulla fobia, i φοβεροι (le persone che fanno paura) e i φοβερος (le cose che fanno paura). Cosa vuol dire questo? Vuol dire che Heidegger ritiene che il rapporto con gli altri non sia per nulla semplice: l uomo è un essere tra gli altri ma questo sua caratteristica non è per nulla pacifico. Gli altri sono soggetti con cui l uomo si pone con una relazione conflittuale, che fanno paura perché gli altri hanno un immagine dell uomo. Per il Da-sein, oltre ad un mondo, ci sono

4 gli altri. Quindi, il Da-sein è un essere nel mondo e fra gli altri, dei quali ha un immagine e che lo fissano in una certa condizione. Ma oltre a questa dimensione, un altra caratteristica che Heidegger attribuisce al Da-sein è quella di essere un essere gettato. Posto che il Da-sein si progetta a partire dal mondo e dagli altri, il suo progetto non è mai originale. Tutti noi ci progettiamo: siamo nel mondo, ci interessiamo del mondo e degli altri. C è una continua progettualità e se non fossimo in progettazione non apriremmo neanche gli occhi. Tuttavia, questo essere progettuale non è mai originale perché l uomo si muove in contesto non scelto da lui. Il Da-sein è chiamato a scegliere ma in un contesto che non ha scelto lui. La sua condizione, quindi, è quella di essere gettato, di gettatezza. Questo vuol dire che condizioni in cui l uomo sceglie non sono mai condizioni che partono da zero. Per esempio, l uomo eredita una mentalità, un linguaggio ecc Quindi la nostra condizione è storicamente, geograficamente e culturalmente condizionata: l uomo eredita aspettative, parole, significati, atteggiamenti (un po come il cosmo di Adler e il mondo esterno di Freud). Il Da-sein non guarda mai il mondo da una prospettiva perché il suo essere è legato all esser-ci. L uomo, con le parole, costruisce la sua trama del mondo e, per questo, non tutti hanno lo stesso mondo. Quindi, gli enti del mondo, gli altri Da-sein, muovono le nostre emozioni, le nostre azioni. L uomo non comprende il mondo solo a partire dalla sua razionalità. Se partissimo da zero e potessimo elaborare quello che succede, le cose sarebbero completamente diverse. Un computer, per esempio, non è gettato nel mondo. Quindi, c è un orizzonte culturale che caratterizza tutti, ma poi ce n è uno assolutamente personale. Il Da-sein non crea le cose con il proprio sguardo ma neanche le cose sono lì, amorfe, ferme per poter essere osservata; il suo sguardo è già intriso di teoria. Quand anche l uomo decidesse di guardare gli oggetti in maniera obiettiva, egli li guarderebbe secondo una determinata prospettiva. La prospettiva attraverso cui l uomo guarda viene definita da Heidegger ermeneutica. Questa ermeneutica non si realizza in una situazione azzerata. Noi siamo ermeneuti a partire da qualcosa che è già stato interpretato: siamo ermeneuti del precompreso, cioè interpretiamo quello che è già stato interpretato. Quindi dal punto di vista epistemologico non c è meramente un rapporto tra chi conosce e quello che è conosciuto: chi conosce è un interprete. Come avviene la conoscenza, quindi, per Heidegger? L uomo è interprete dell oggetto che è frutto di un interpretazione precedente. Quindi non siamo gli interpreti originali. Il nostro è sempre un interpretare a livelli che vengono dopo quelli già dati. Quindi la tradizione, la metafisica, la cultura, l educazione: tutto questo rende l uomo interpreti. La metafisica non è solo uno studio specifico della filosofia ma è un orizzonte culturale all interno del quale l uomo si costruisce. Per questo Heidegger dice che l essere non può essere ricondotto ad una definizione. In questo consiste anche quello che è da considerarsi il nichilismo di Heidegger: nulla esiste se non rapportato al Da-sein.

5 Quindi l essere non è né oggettività pura (come nella prospettiva realistica) né soggettività pura (come nella prospettiva idealistica) ma è in una prospettiva esistenzialista: siamo nel mondo per progettarci. La gettatezza ha come conseguenza o una vita autentica o una vita inautentica. L inautenticità è propria di chi si progetta a partire dagli altri e dal mondo. L autenticità è quella di chi si progetta a partire da sé stesso. L esistenza non è sempre autentica: per Heidegger domandarsi chi sono?, cosa faccio? è assolutamente legittimo. In alcuni momenti l uomo è chiamato ad un autenticità che è rara; di solito guardiamo la realtà a partire dal mondo o dagli altri perché siamo presi da altro. La maggior parte della vita, infatti è inautenticità: viviamo come spettatori più che attivi. Così, la conoscenza, il linguaggio e l affettività sono inautentici anch essi. Per esempio la conoscenza è spesso interessata, poco libera e spontanea. Il linguaggio è caratterizzato dal si impersonale, non è autentico ed è spesso anonimo perché partiamo da quello che vogliono sentirsi dire gli altri, da educazione ecc L affettività è malata, si vive nel disagio perché bisogna forzarsi felici quando non lo si è e viceversa. C è una discrepanza tra quello che si prova e quello che dobbiamo mostrare. La condizione di disagio viene vissuta in virtù della nostra condizione di fragilità, di gettatezza (diversamente da Dio che non è condizionato affettivamente o storicamente connotato). Ma cos è che consente la vita autentica, di partire da noi stessi? Bisogna partire da ciò che è più proprio all uomo: la morte. La morte viene definita come la possibilità dell impossibilità di ogni altra possibilità: l essere posti di fronte alla morte genera angoscia ma pone in una condizione di vita autentica. Il precorrimento della morte non è più una prospettiva a partire dal mondo o dagli altri ma da noi stessi. Essa consente l identità, l autenticità. Tuttavia, l uomo non precorre sempre il pensiero della propria morte: essere autentici non è pensare ossessivamente alla morte ma vivere in una dimensione che impreziosisce le altre e rende l uomo conscio della sua storicità, del suo essere collocato nel tempo, nello spazio e del suo essere limitato. Essere e tempo sono indissolubilmente legati. La quotidianità maschera l autenticità. Infine, l uomo ha una responsabilità rispetto al mondo: vivendo in una condizione data, di gettatezza, egli ha la responsabilità del mondo che lascerà in eredità ai posteri. L essere, poi, non viene analizzato perché può essere colto solo in un bagliore di intuizione, in un attimo, come un fulmine.

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