Cass. civ. Sez. V, Sent., , n REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA

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1 Cass. civ. Sez. V, Sent., , n REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE SEZIONE TRIBUTARIA Composta dagli Ill.mi Sigg.ri Magistrati: Dott. VIRGILIO Biagio Presidente Dott. CIGNA Mario Consigliere Dott. FERRO Massimo Consigliere Dott. IOFRIDA Giulia Consigliere Dott. CRUCITTI Roberta rel. Consigliere

2 ha pronunciato la seguente: sentenza sul ricorso proposto da: AGENZIA delle ENTRATE, in persona del Direttore generale pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocatura Generale dello Stato presso i cui Uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12 è elettivamente domiciliata; ricorrente contro L.P.; intimato avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell'abruzzo, n. 87/IV/08 depositata il ; udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del dal Consigliere Dott. Roberta Crucitti; udito il P.M., in persona del Sostituto Procuratore Generale Dott. GIACALONE Giovanni che ha concluso per l'accoglimento, per quanto di ragione, del ricorso.

3 Svolgimento del processo L'Agenzia delle Entrate ricorre, affidandosi a quattro motivi, nei confronti di L.P., che non resiste, avverso la sentenza, indicata in epigrafe, con la quale la Commissione Tributaria Regionale dell'abruzzo, rigettandone l'appello, ha confermato la pronuncia di primo grado che, in accoglimento del ricorso proposto dal contribuente, aveva ritenuto non imponibili i maggiori redditi, accertati per l'anno di imposta 1999, derivati dall'indebita appropriazione di somme dai conti correnti della Banca Fideuram, di cui il contribuente era promotore finanziario, e di altre somme affidate a quest'ultimo per investimenti invece omessi. Il Giudice di appello ha escluso che le superiori somme costituissero, per il periodo contestato, reddito imponibile, in quanto il contribuente aveva dimostrato, con documentazione prodotta in giudizio, ai sensi della L. n. 537 del 1993, art. 14, comma 4, che il reddito era stato sottoposto a sequestro o confisca penale durante il periodo di imposta accertato e che non era stato dissequestrato. Motivi della decisione 1. Con il primo motivo di ricorso rubricato violazione dell'art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia omessa motivazione (in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 4 o in subordine, n. 5) l'agenzia delle Entrate, premesso di avere, in atto di appello, espressamente contestato l'avvenuto sequestro delle somme oggetto di accertamento, in quanto non risultavano allegati i decreti di sequestro a carico del L. mentre il decreto di sequestro, versato in atti, aveva quali destinatari i genitori ed il complice del contribuente, deduce il mancato esame e l'omessa decisione da parte della Commissione Tributaria Regionale di tale censura. Inoltre, secondo la prospettazione difensiva, la sentenza impugnata è del tutto immotivata in quanto non indica quale sia la documentazione prodotta in giudizio che avrebbe "oggettivamente dimostrato" l'esistenza dell'allegato sequestro. 2. Con il secondo motivo si deduce, in relazione all'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 3), la violazione dell'art c.c..

4 In particolare, la ricorrente rileva come la sentenza impugnata, ritenendo non imponibili le somme controverse senza avere previamente valutato la censura dell'ufficio (sopra illustrata), avrebbe violato il principio dell'onere della prova che impone al contribuente di dimostrare i fatti estintivi della pretesa tributaria. 3. Con il terzo motivo rubricato violazione dell'art. 6 T.U.I.R., L. n. 537 del 1993, art. 14, comma 4, nonchè dell'art. 444 c.p.p. e segg.. In subordine, omessa motivazione (in relazione all'art. 360 c.p.c., nn.3 e 5) si censura la sentenza impugnata per avere ritenuto il sequestro preventivo, non solo, dimostrato ma ancora esistente. Secondo la prospettazione difensiva, infatti il sequestro penale era, comunque, cessato per essere le misure interinali venute meno a seguito della sentenza emessa ai sensi dell'art. 444 c.p.p.; nè il contribuente aveva fornito la prova che le somme fossero state confiscate. 4. Con l'ultimo motivo, avanzato in subordine, si deduce la violazione dell'art. 112 c.p.c. o, in subordine, l'omessa o, comunque, insufficiente ed illogica motivazione (in relazione all'art. 360 c.p.c., n. 4 ovvero n. 5). Secondo la ricorrente, il Giudice di secondo grado aveva omesso di pronunciare anche sul motivo di appello, proposto in via gradata, con il quale si era dedotto che "considerato che i provvedimenti di sequestro probatorio cui fa riferimento il contribuente erano stati adottati nel settembre 1999, quand'anche si volesse riconoscere agli stessi quell'efficacia che l'art. 14, comma 4, ricollega a rigore ai soli provvedimenti di sequestro preventivo, dovrebbe coerentemente limitarsi l'esclusione dell'imponibilità ad 1/3 del periodo di imposta In ogni caso, secondo la prospettazione difensiva, la sentenza era, obiettivamente immotivata, laddove la C.T.R. aveva affermato che il sequestro era intervenuto all'inizio del mese di settembre e poi aveva riconosciuto la non imponibilità per l'intero periodo di imposta. 5. Non sussiste il vizio di omessa pronuncia, per violazione dell'art. 112 c.p.c. dedotto con il primo motivo. Come da insegnamento costante di questa Corte (cfr. tra le tante di recente, Sentenza n. 7653/2012; id. n. 7268/2012) il vizio di omessa pronuncia su una domanda o eccezione di merito, che integra una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto pronunciato ex art. 112 cod. proc. civ., ricorre quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su di un capo di domanda, intendendosi per capo di domanda ogni richiesta delle parti diretta ad ottenere l'attuazione in concreto di una volontà di legge che garantisca un bene all'attore o al convenuto. Solo se il giudice

5 omette del tutto di pronunciarsi su una domanda od un'eccezione, ricorrerà un vizio di nullità della sentenza per "error in procedendo", censurabile in Cassazione ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n. 4, laddove, invece, se il giudice si pronuncia sulla domanda o sull'eccezione, ma senza prendere in esame una o più delle questioni giuridiche sottoposte al suo esame nell'ambito di quella domanda o di quell'eccezione, ricorrerà un vizio di motivazione, censurabile in Cassazione ai sensi dell'art. 360 c.p.c., n Nella specie, come da stessa prospettazione della ricorrente ed evincibile dalla sentenza impugnata, la C.T.R. abruzzese ha pronunciato sul motivo di appello proposto dall'agenzia delle Entrate affermando che "quel che importa è che il reddito sia stato sottoposto a sequestro o confisca penale durante il periodo di imposta accertato...e che quel medesimo reddito non venga dissequestrato e dunque riconsegnati e che tutto ciò peraltro è stato oggettivamente dimostrato dall'appellato con la documentazione prodotta in giudizio. Tanto basta per escludere che...quelle somme costituiscano reddito imponibile. 6. Tale motivazione appare, invece, censurabile ai sensi dell'art. 360 c.p.c., comma 1, n. 5, con conseguente fondatezza dello stesso primo motivo (sotto il profilo avanzato in subordine) e del terzo mezzo di ricorso Ai sensi della L. 24 dicembre, n. 537, art. 14, comma 4 "Nelle categorie di reddito di cui al testo unico delle imposte sui redditi, approvato con D.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, art. 6, comma 1, devono intendersi ricompresi, se in esse classificabili, i proventi derivanti da fatti, atti o attività qualificabili come illecito civile, penale o amministrativo se non già sottoposti a sequestro o confisca penale". In materia, questa Corte è ferma nel ritenere che affinchè operi la causa di esclusione dell'imponibilità costituita dalla circostanza che i detti proventi risultino "già sottoposti a sequestro o confisca penale" occorre che il provvedimento ablatorio sia intervenuto nello stesso periodo di imposta cui il provento si riferisce, così operando il principio di capacità contributiva di cui all'art. 53 Cost. Con la conseguenza che se l'accertamento riguardi illeciti proventi relativi a più annualità, il sequestro o la confisca sono opponibili al fisco soltanto con riferimento all'annualità in cui detti atti ablatori siano stati posti in essere e non per quelle precedenti. (cfr. Cass. n. 7337/2003; id n. 869/2010, e di recente n /2013) Nel caso in esame, alla luce dell'interpretazione della norma di riferimento come sopra illustrata, la Commissione Tributaria Regionale abruzzese, con la motivazione sopra riportata, non ha esplicitato, incorrendo nel vizio dedotto, le ragioni per le quali pur a fronte dei diversi e

6 decisivi elementi fattuali (il cui esame risulta pretermesso) rassegnati dalla Parte pubblica in ordine non solo alla permanenza ma, ancor prima, alla stessa esistenza di un provvedimento di sequestro ai danni del contribuente aveva affermato che la ricorrenza dei presupposti di cui all'art. 14 citato fosse stata oggettivamente dimostrata dall'appellato con la documentazione prodotta in giudizio. 7. L'accoglimento di tali motivi assorbe l'esame del secondo motivo e preclude l'esame del quarto, avanzato in subordine. 8. In conclusione, in accoglimento del primo e del terzo motivo di ricorso, assorbiti gli altri, la sentenza impugnata va cassata e la controversia rimessa ad altra sezione della Commissione Tributaria dell'abruzzo affinchè provveda al riesame, fornendo congrua motivazione, ed a regolare le spese processuali. P.Q.M. La Corte, in accoglimento del ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia a diversa sezione della Commissione Tributaria Regionale dell'abruzzo anche per il regolamento delle spese processuali. Così deciso in Roma, il 15 luglio Depositato in Cancelleria il 8 ottobre 2014