LE REGOLE DI BASILEA 2 SUL RISCHIO DI CREDITO

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1 LE REGOLE DI BASILEA 2 SUL RISCHIO DI CREDITO

2 Agenda La struttura di Basilea 2 Il Patrimonio di Vigilanza Il Rischio di Credito Le Tecniche di Mitigazione del Rischio di Credito Le Cartolarizzazioni Il Rischio Operativo Il Rischio di Mercato Limiti alla concentrazione dei rischi Il Secondo Pilastro Il Rischio di Concentrazione Il Rischio di Tasso di Interesse sul portafoglio immobilizzato Il Rischio di Liquidità Gli altri rischi Da Basilea 2 a Basilea 3 2

3 LA STRUTTURA DI BASILEA 2 3 PILASTRI Requisiti patrimoniali minimi Controlli Prudenziali Disciplina di mercato 3

4 LA STRUTTURA DI BASILEA 2 Il complessivo impianto regolamentare di Basilea 2 prevede: 1. Requisiti patrimoniali minimi per il rischio di credito, i rischi di mercato e i rischi operativi (1 pilastro) 2. Un processo di revisione della complessiva rischiosità della banca da parte dell Autorità di vigilanza (2 pilastro) 3. Una serie di obblighi informativi nei confronti del pubblico da parte delle banche in merito al regime di vigilanza prudenziale prescelto (3 pilastro) 4

5 BASILEA 2 : IL RISCHIO DI CREDITO Requisito patrimoniale minimo Approccio Standard Approccio IRB (rating interni) (approccio semplificato) Base Avanzato Complessità crescente maggiori requisiti da soddisfare 5

6 ALTRI ELEMENTI INNOVATIVI DI BASILEA 2 Allargamento delle tipologie di rischio rilevanti per le Autorità di vigilanza (in particolare, rischio operativo) Sistematizzazione regolamentare di strumenti operativi di tipo innovativo, quali le operazioni di cartolarizzazione Maggior grado di riconoscimento delle tecniche di mitigazione del rischio Compatibilità con gli incentivi 6

7 IL PATRIMONIO DI VIGILANZA

8 IL PATRIMONIO DI VIGILANZA Il Patrimonio di Vigilanza assume un importanza centrale per quanto attiene i controlli compiuti dall Autorità di vigilanza Esso è suddiviso in tre componenti fondamentali: IL PATRIMONIO DI BASE (A), ammesso al calcolo senza limiti di sorta IL PATRIMONIO SUPPLEMENTARE (B), ammesso al calcolo fino ad un limite max rappresentato dall ammontare del patrimonio di base, (definito secondario perché composto da voci che non presentano una natura strettamente patrimoniale) LE DEDUZIONI PATRIMONIALI (C), vale a dire le rettifiche obbligatorie che sono apportate all ammontare complessivo del patrimonio di base e di quello supplementare (A)+(B)-(C)= Patrimonio di vigilanza

9 IL PATRIMONIO DI VIGILANZA Il Patrimonio di Vigilanza si differenzia dalla definizione ricavabile in un ottica aziendale per le seguenti particolarità: Si tratta di una nozione allargata di patrimonio perché include, oltre al capitale sociale e alle riserve anche strumenti non di natura strettamente patrimoniale, ma che possono rappresentare canali ulteriori di patrimonializzazione Contempla una distinzione fra gli elementi basata sulla loro più o meno marcata natura patrimoniale In considerazione delle caratteristiche qualitative sono imposti dei limiti alla computabilità di alcune voci

10 IL PATRIMONIO DI BASE Il patrimonio di base viene ammesso nel computo del patrimonio di vigilanza senza alcuna limitazione Costituiscono elementi patrimoniali di qualità primaria: 1. il capitale versato 2. le riserve, ivi compreso il sovrapprezzo azioni 3. gli strumenti innovativi di capitale (computati entro un limite pari al 20% del PB. Nell ambito di tale limite gli strumenti che prevedono clausole di revisione automatica del tasso di remunerazione (c.d. step-up) connesse con la facoltà di rimborso o clausole di altro tipo atte ad incentivare il rimborso da parte dell emittente devono essere contenuti nel limite pari al 15 per cento dell ammontare del PB comprensivo degli strumenti stessi. L eventuale ammontare in eccesso può essere computato nel patrimonio supplementare, alla stregua di uno strumento ibrido di patrimonializzazione) 4. l utile del periodo 5. i filtri prudenziali positivi del patrimonio di base

11 IL PATRIMONIO DI BASE Dagli elementi positivi vanno dedotti: 1. le azioni o quote di propria emissione in portafoglio 2. l avviamento 3. le immobilizzazioni immateriali 4. le perdite registrate in esercizi precedenti e in quello in corso 5. le rettifiche di valore calcolate sul portafoglio di negoziazione a fini di vigilanza 6. i filtri prudenziali negativi del patrimonio di base La Banca d Italia può richiedere che vengano portati in deduzione elementi che, per le loro caratteristiche, possono determinare un annacquamento del patrimonio di base

12 IL PATRIMONIO SUPPLEMENTARE Gli elementi positivi sono: 1. le riserve da valutazione 2. gli strumenti innovativi di capitale non computabili nel patrimonio di 3. base 4. gli strumenti ibridi di patrimonializzazione (passività irredimibili e altri strumenti rimborsabili su richiesta dell emittente con il preventivo consenso della BI) e le passività subordinate (sono computate entro un limite massimo del 50% del PB; l eventuale ammontare in eccesso può essere computato nel patrimonio di terzo livello) 5. le plusvalenze nette su partecipazioni 6. i filtri prudenziali positivi del patrimonio supplementare 7. l eventuale eccedenza delle rettifiche di valore nette complessive rispetto alle perdite attese 8. altri elementi positivi («differenze di cambio» quando presentano segno positivo)

13 IL PATRIMONIO SUPPLEMENTARE Dagli elementi positivi vanno dedotti: 1. le minusvalenze nette su partecipazioni 2. i filtri prudenziali negativi del patrimonio supplementare 3. altri elementi negativi (riduzioni di valore del portafoglio crediti richieste a fini di vigilanza)

14 IL PATRIMONIO DI TERZO LIVELLO È DESTINATO A SCOMPARIRE Gli elementi rientranti nel patrimonio di 3 livello possono essere utilizzati soltanto a copertura dei requisiti patrimoniali sui rischi di mercato ed entro il limite pari al 71,4% di detti requisiti Il patrimonio di 3 livello è costituito dai prestiti subordinati di 3 livello e dalle passività subordinate non computate nel patrimonio supplementare. Tali ultime passività non possono eccedere il limite del 505 del patrimonio di base

15 ATTIVITÀ DEDOTTE DAL PATRIMONIO DI VIGILANZA Vanno dedotte per il 50% dal patrimonio di base e per il 50% dal patrimonio supplementare: 1. le partecipazioni in banche, società finanziarie e IMEL superiori al 10% del capitale sociale dell ente partecipato e gli strumenti innovativi di capitale, gli strumenti ibridi di patrimonializzazione e le attività subordinate verso tali enti 2. le partecipazioni in imprese di assicurazione nonché le attività subordinate emesse dalle medesime imprese partecipate, se computate dall emittente a fini patrimoniali 3. le partecipazioni in titoli nominativi di società di investimento a capitale variabile superiori a azioni 4. le partecipazioni in banche, società finanziarie e IMEL pari o inferiori al 10% del capitale dell ente partecipato, gli strumenti innovativi di capitale, gli strumenti ibridi di patrimonializzazione e le attività subordinate verso banche e società finanziarie, diverse da quelli indicati al precedente punto a), anche se non partecipate. Tali interessenze sono dedotte per la parte del loro ammontare complessivo che eccede il 10% del valore del patrimonio di base e supplementare 5. le posizioni verso cartolarizzazioni 6. per gli intermediari autorizzati all utilizzo dei sistemi IRB per il calcolo del requisito patrimoniale a fronte del rischio di credito, l eccedenza delle perdite attese rispetto alle rettifiche di valore nette complessive

16 FILTRI PRUDENZIALI Teli elementi sono connessi con l applicazione dei principi contabili internazionali per la redazione del bilancio Attività finanziarie disponibili per la vendita Relativamente alle riserve da rivalutazione riferite ai titoli di debito e ai titoli di capitale (ivi comprese le quote di OICR) detenuti nel portafoglio di attività finanziarie disponibili per la vendita si applicano le seguenti disposizioni: gli eventuali saldi positivi tra le riserve positive e quelle negative sono computati per un importo pari al 50% nel patrimonio supplementare gli eventuali saldi negativi tra le riserve positive e quelle negative sono dedotti integralmente dal patrimonio di base Rientrano nel calcolo anche le eventuali riserve da valutazione, positive o negative, connesse con i contratti derivati di copertura dei flussi finanziari relativi alle attività in esame Sono escluse dal computo di tali differenze le svalutazioni dovute al deterioramento del merito creditizio degli emittenti, in quanto rilevate a conto economico

17 FILTRI PRUDENZIALI Immobili Le plusvalenze da valutazione al valore rivalutato degli immobili a uso funzionale (iscritte direttamente in una riserva del patrimonio netto) sono computate per un importo pari al 50% nel patrimonio supplementare Il saldo tra le plus/minusvalenze cumulate sugli immobili detenuti per investimento e le minusvalenze cumulate derivanti dalla valutazione al valore rivalutato relative agli immobili detenuti a uso funzionale, se positivo, va integralmente dedotto dal patrimonio di base ed è computato al 50% nel patrimonio supplementare Non concorrono alla formazione del saldo le eventuali svalutazioni da deterioramento

18 FILTRI PRUDENZIALI Altri filtri prudenziali Nel patrimonio di base è inoltre computato: il saldo negativo tra le plusvalenze e le minusvalenze cumulate relative agli strumenti ibridi di patrimonializzazione e agli strumenti subordinati (ivi compresi i prestiti subordinati di 3 livello) emessi dall intermediario computabili nel patrimonio di vigilanza del medesimo (o deducibili dal requisito patrimoniale a fronte dei rischi di mercato), qualora tali strumenti siano classificati in bilancio nei portafogli passività finanziarie di negoziazione oppure passività finanziarie valutate al fair value ovvero siano oggetto di copertura Dal patrimonio di base è dedotto: il saldo positivo tra le plusvalenze e le minusvalenze cumulate relative agli strumenti ibridi di patrimonializzazione e agli strumenti subordinati (ivi compresi i prestiti subordinati di 3 livello) emessi dall intermediario computabili nel patrimonio di vigilanza del medesimo (o deducibili dal requisito patrimoniale a fronte dei rischi di mercato), qualora tali strumenti siano classificati in bilancio nei portafogli passività finanziarie di negoziazione oppure passività finanziarie valutate al fair value ovvero siano oggetto di copertura

19 IL GRADO DI PATRIMONIALIZZAZIONE Il capitale è la risorsa che svolge il ruolo di cuscinetto per assorbire le perdite Definizione di patrimonializzazione: nozione attraverso la quale il capitale viene messo in relazione con il profilo di rischio L accordo Basilea 2 spinge gli intermediari finanziari a conseguire dei livelli minimi di capitale coerenti con il grado di rischio assunto e a incentivare l adozione di strumenti e metodologie di misurazione e controllo dei rischi più avanzati PV P( rm) P( ro) 0, 08 APR L ammontare del patrimonio di vigilanza deve essere almeno pari all ammontare complessivo del patrimonio a copertura del rischio di mercato, di quello a copertura del rischio operativo e dell attivo ponderato per il rischio di credito moltiplicato per 8% (o 6%)

20 IL RISCHIO DI CREDITO

21 RISCHIO DI CREDITO Relativamente al rischio di credito (il più tipico e importante dei rischi assunti dalle banche), Basilea 2 prevede 3 metodologie di calcolo: Metodo standardizzato Metodo dei rating interni di base Metodo dei rating interni avanzato 21

22 RISCHIO DI CREDITO Metodo standardizzato Il metodo standardizzato è, nelle sue applicazioni pratiche, simile a quello previgente (c.d. Basilea 1 ) Il valore nominale di ogni esposizione creditizia viene corretto mediante l applicazione di una specifica ponderazione che stima il rischio di inadempienza della controparte In questo modo si ottiene il valore delle Attività ponderate per il rischio (APR) Il requisito patrimoniale (P) è ottenuto moltiplicando per 8% l ammontare delle Attività ponderate per il rischio P 8% * APR 22

23 RISCHIO DI CREDITO Metodo standardizzato Prevede sistemi di ponderazioni differenziate a seconda del tipo di esposizione Amministrazioni centrali e B.C. (ponderazione in base al rating specifico) Intermediari vigilati (ponderazione in base al rating degli Stati) Enti del settore pubblico ed enti territoriali (ponderazione in base al rating degli Stati) Organizzazioni internazionali (ponderazione in base al rating specifico) Banche multilaterali di sviluppo (ponderazione in base al rating specifico) Imprese (ponderazione in base al rating specifico) Esp. al dettaglio (retail) (ponderazione fissa pari al 75%) Esp. con rating a breve termine (ponderazione in base al rating specifico) OICR (ponderazione in base al rating specifico) Posizioni verso la cartolarizzazione (ponderazione in base al rating specifico) Esp. garantite da immobili (crediti e leasing) (ponderazione fissa pari al 35% o al 50%) Esp. Scadute (ponderazione fissa pari al 150% o al 100%) Esp. ad alto rischio (ponderazione fissa pari al 100% o al 150%) Altre esposizioni (ponderazione fissa pari al 100% o a zero) Esp. sotto forma di covered bonds (ponderazione in base al rating degli Stati corretta ) 23

24 RISCHIO DI CREDITO Metodo standardizzato: le ponderazioni Crediti scaduti La parte non garantita (unsecured) di qualsiasi prestito (eccetto i prestiti garantiti da ipoteche su immobili residenziali) che siano scaduti (past due) da più di 90 giorni, al netto di accantonamenti specifici Ponderazioni 150% se gli accantonamenti specifici sono minori del 20% 100% se gli accantonamenti specifici sono maggiori o uguali al 20% 24

25 25 RISCHIO DI CREDITO Metodo standardizzato semplificato Ove si decida di avvalersi delle valutazioni delle agenzie di rating riconosciute, si applica in via generale alle esposizioni creditizie un fattore di ponderazione del 100%, fatte salve le seguenti principali fattispecie: le esposizioni verso le amministrazioni centrali e le banche centrali di Stati membri dell Unione Europea denominate nella valuta locale sono ponderate a zero se la corrispondente provvista è denominata nella medesima valuta (fattore di ponderazione preferenziale) le esposizioni nei confronti di intermediari vigilati aventi durata originaria pari o inferiore a tre mesi sono ponderate al 20% alle esposizioni classificate nel portafoglio al dettaglio si applica un fattore di ponderazione pari al 75% alle esposizioni garantite da ipoteca su immobili residenziali e a quelle derivanti da operazioni di leasing aventi ad oggetto tali tipologie di immobili si applica una ponderazione del 35% alle esposizioni garantite da ipoteca su beni immobili non residenziali (immobili destinati a uffici, al commercio o ad altre attività produttive) e a quelle derivanti da operazioni di leasing aventi ad oggetto tali tipologie di immobili si applica una ponderazione del 50% alla parte non garantita delle posizioni scadute si applica una ponderazione del 150% se le rettifiche di valore specifiche sono inferiori al 20% della parte non garantita al lordo delle rettifiche di valore. La medesima ponderazione si applica anche alle esposizioni in OICR non soggetti a limitazioni nell utilizzo della leva finanziaria (hedge funds)

26 RISCHIO DI CREDITO Metodo standardizzato: i rating esterni Le società di rating devono rispettare alcuni criteri, la cui sussistenza viene verificata dalle Autorità di vigilanza Oggettività Indipendenza Accessibilità/disponibilità Trasparenza Adeguatezza delle risorse Credibilità Il regolamento CE n. 1060/2009 ha stabilito forme di controllo sulle attività della agenzie di rating. L Autorità italiane responsabile di tale controllo è la CONSOB (cfr. D.Lgs , n. 176) 26

27 RISCHIO DI CREDITO Metodo standardizzato Il metodo standardizzato consente di accrescere la sensibilità al rischio mantenendo un grado di complessità non elevato Il metodo standardizzato, inoltre, consente di utilizzare in misura maggiore le tecniche di attenuazione del rischio di credito (credit risk mitigation): 1. Le garanzie reali (collateral) (tra le quali rientrano anche i derivati di credito funded) riducono il valore dell Esposizione 2. Le garanzie personali (nelle quali rientrano anche i derivati di credito unfunded) consentono di sostituire alla ponderazione del debitore quella del soggetto garante 27

28 RISCHIO DI CREDITO Metodo standardizzato Si amplia il novero dei soggetti la cui garanzia viene riconosciuta ai fini della riduzione della ponderazione Oltre agli Stati, gli enti locali, le banche multilaterali di sviluppo, le banche, le imprese di investimento, sono ricomprese anche le imprese non finanziarie con rating minimo pari ad A- (regola parzialmente modificata da Basilea 3 ). 28

29 RISCHIO DI CREDITO Metodo dei rating interni (IRB) Cosa si intende per Rating e Sistema di rating? Rating Classificazione, su scala ordinale, del merito di credito di un soggetto affidato o da affidare, sulla base di tutte le informazioni ragionevolmente accessibili 29

30 RISCHIO DI CREDITO Metodo dei rating interni (IRB) Sistema di rating Insieme strutturato e documentabile delle metodologie, dei processi organizzativi, delle modalità di organizzazione delle basi dati che permette la raccolta delle informazioni rilevanti, la loro elaborazione, l attribuzione di una valutazione sintetica sul merito creditizio di un soggetto a supporto delle decisioni 30

31 RISCHIO DI CREDITO Metodo dei rating interni (IRB) Approccio evolutivo ai rating interni attraverso la previsione di un ventaglio di metodologie di calcolo del requisito Metodologia di base Metodologia avanzata (per le banche in grado di dimostrare livelli di sofisticazione più elevati) 31

32 RISCHIO DI CREDITO Metodo dei rating interni (IRB) L adozione dell approccio IRB deve, comunque, essere autorizzato dalla Vigilanza (procedura di validazione ) Le banche che richiedono l uso dei rating interni devono presentare, tra l altro, un apposito programma di implementazione, da cui dovrà emergere, tra l altro, che l adozione dell approccio non è motivata dal mero risparmio di capitale regolamentare, ma da valutazioni di tipo strategico-gestionale 32

33 Nei metodi basati sui rating interni il livello di complessità cresce a vantaggio di una maggiore sensibilità del requisito patrimoniale rispetto all effettiva rischiosità dei crediti Il calcolo della rischiosità è effettuato sulla base di 4 parametri: 1. probabilità di default (probability of default, PD) 2. perdita in caso di default (loss given default, LGD) 3. esposizione al momento del default (exposure at default, EAD) 4. durata effettiva (maturity, M) RISCHIO DI CREDITO Metodo dei rating interni (IRB) 33

34 RISCHIO DI CREDITO Metodo dei rating interni (IRB) Le componenti di rischio possono essere considerate quale input di funzioni regolamentari, che restituiscono in output le percentuali di ponderazione necessarie per il calcolo dell attivo a rischio La funzione regolamentare è sempre definita dalle Autorità di Vigilanza in base a un processo di calibrazione, condotto dal Comitato di Basilea, che ha tenuto conto di apposite indagini statistiche 34

35 RISCHIO DI CREDITO Metodo dei rating interni (IRB) Il coefficiente patrimoniale (K) è calcolato mediante una formula che si basa su distribuzioni statistiche e utilizza quale parametri i valori di PD, LGD e M. K =1,06 *LGD *{ N [(1 R)^ 0,5 * G (PD) + (R / (1 R))^0,5 * G (0,999)] PD} * [1 + (M 2,5) * b] / (1 1,5 * b) dove: Ln rappresenta il logaritmo naturale N (x) rappresenta la funzione di distribuzione cumulativa di una variabile casuale normale standard (ossia, la probabilità che una variabile casuale normale con media 0 e varianza 1 sia inferiore o uguale a x). G (z) indica la funzione di distribuzione cumulativa inversa di una variabile casuale normale standard (ossia, il valore di x tale per cui N(x) = z). R rappresenta la correlazione, R = 0,12 * [1 + EXP ( 50 * PD)] b = [0, ,05478 * Ln (PD)]^ 2, è l aggiustamento in funzione della scadenza 35

36 RISCHIO DI CREDITO Metodo dei rating interni (IRB) Il totale delle Attività ponderate per il rischio (APR) si ottiene moltiplicando il valore del coefficiente (K) per l esposizione (EAD) e per 12,50 (leva finanziaria): APR = K * 12,50 * EAD Il requisito patrimoniale (P) deve essere sempre: P 8% * APR 36

37 Probabilità di Default (PD) Esposizionw al Default (EAD) Perdita in caso di Default (LGD) Risk Components Regolamentazione X(F) X(F) Parametri Stime della banca X(F,A) X(A) X(A) Scadenza (M) X(F) X(A) Ponderazioni per il rischio (F) = Foundation; (A) = Advanced X(F, A) 37

38 LE TECNICHE DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO DI CREDITO

39 LE TECNICHE DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO DI CREDITO Basilea 2 ha accresciuto sensibilmente la possibilità per le banche di utilizzare tecniche di mitigazione (attenuazione) del rischio di credito Ciò è stato realizzato sia mediante l introduzione di nuove tecniche sia con l espansione della tipologia di strumenti ammessi per ciascuna tecnica 39

40 LE TECNICHE DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO DI CREDITO Garanzie personali Garanzie reali Netting Derivati creditizi 40

41 LE TECNICHE DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO DI CREDITO Requisito generale Validità legale della copertura, basata su documentazione vincolante per le parti e supportata da legal opinions aggiornate 41

42 LE TECNICHE DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO DI CREDITO Requisiti specifici per le garanzie reali (Protezione del credito di tipo reale) 1. La banca deve possedere chiari diritti sul collateral posto a garanzia, in particolare deve avere la facoltà di acquisire la disponibilità o di poterlo liquidare, nel rispetto delle procedure relative al collateral medesimo 2. Vi deve essere una bassa correlazione tra il valore del collateral e l esposizione garantita 3. La banca deve disporre di procedure interne adeguate alla gestione del collateral, tali ad es. da garantire una tempestiva liquidazione 42

43 LE TECNICHE DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO DI CREDITO Protezione del credito di tipo reale Metodi di calcolo Semplificato Integrale Solo per l approccio standard Sia standard che IRB 43

44 LE TECNICHE DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO DI CREDITO In base all Approccio semplificato la traslazione del rischio sulla garanzia è ammessa a condizione che: non ci sia maturity mismatch (il collateral deve essere posto a garanzia dell esposizione per l intera durata di questa) la garanzia deve essere valutata al valore di mercato con periodicità almeno semestrale 44

45 LE TECNICHE DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO DI CREDITO Le tipologie di collateral ammesse nell Approccio Semplificato sono: Contante, oro, titoli emessi da Stati o enti locali (con rating minimo BB- ) o da altri emittenti (con rating minimo BBB- ) titoli bancari unrated quotati azioni incluse in indici quote di fondi quotati che investono negli strumenti suddetti 45

46 LE TECNICHE DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO DI CREDITO Approccio Semplificato: Modalità applicative della traslazione del rischio Ammontare coperto dalla garanzia ponderazione della garanzia Ammontare non coperto dalla garanzia ponderazione della controparte 46

47 LE TECNICHE DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO DI CREDITO L approccio Integrale può essere applicato da tutte le banche che usano lo standard o l IRB Consente la compensazione del valore dell esposizione con quello della garanzia reale, dopo averli entrambi aggiustati per tenere conto di eventuali fluttuazioni dei valori di mercato Il differenziale positivo tra i valori aggiustati dell esposizione creditizia e della garanzia riceve la ponderazione della controparte (sia essa basata su rating esterni o interni) 47

48 LE TECNICHE DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO DI CREDITO Le tipologie di Collateral ammessi per l approccio Integrale sono tutti quelli previsti per quello Semplificato, con l aggiunta di: azioni quotate non incluse in indici OICR che contengono tali azioni e (solo per IRB) receivables, finanziamenti ipotecari (CRE e RRE), altri collateral fisici 48

49 LE TECNICHE DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO DI CREDITO Approccio Integrale: Modalità applicative della traslazione del rischio L esposizione originaria viene corretta per tenere conto della mitigazione; la volatilità di esposizione e del collateral viene tenuta in considerazione tramite l applicazione di appositi coefficienti di sconto ( haircut ). Esp* = Esp. corretta per volatilità Garanzia corretta per volatilità Esp* = Esp.*(1+H e ) Garanzia*(1-H c -H f ) 49

50 LE TECNICHE DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO DI CREDITO Approccio Integrale: Modalità applicative della traslazione del rischio H e è l haircut relativo all esposizione H c è l haircut relativo al collateral H f è l haircut relativo a eventuali currency mismatch E ammesso il maturity mismatch purché la garanzia reale abbia una durata originaria superiore ad un anno. 50

51 LE TECNICHE DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO DI CREDITO Requisiti specifici per le garanzie personali e i derivati su crediti unfunded (Protezione del credito di tipo personale) Le garanzie devono essere esplicite, irrevocabili e incondizionate In particolare, le garanzie personali devono: essere attivabili a prima richiesta riferirsi a una specifica esposizione o a uno specifico pool di esposizioni Non è più necessario, come in Basilea 1, che la garanzia copra tutti i pagamenti (capitale e interessi) 51

52 LE TECNICHE DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO DI CREDITO I Derivati di Credito devono: coprire almeno un insieme definito di credit event consentire il regolamento per cassa solo in presenza di robuste procedure di valutazione prevedere una totale libertà di trasferimento dell underlying obligation nel caso in cui il contratto sia regolato mediante la medesima underlying obligation (delivery) rispettare criteri specifici per il caso in cui vi sia non coincidenza tra underlying e reference obligation 52

53 LE TECNICHE DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO DI CREDITO Protezione del credito di tipo personale Tipologie di garanti ammesse Governi e Banche centrali Enti territoriali e enti pubblici BMS e Intermediari vigilati Altre controparti (finanziarie e industriali) con rating equivalente almeno ad A- (modifica espansiva di Basilea 3 nel caso di banche IRB) 53

54 LE TECNICHE DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO DI CREDITO Dirette Caratteristiche delle garanzie personali Esplicite Incondizionate Irrevocabili Attivabili tempestivamente A prima richiesta (non è consentito il beneficio della preventiva escussione) 54

55 LE TECNICHE DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO DI CREDITO Modalità di calcolo L ammontare totale o parziale di esposizione coperta va riferita al garante ai fini della determinazione del rating interno o esterno La parte non coperta resta riferita al soggetto garantito Eventuali differenze tra la valuta di regolamento della garanzia e quella dell esposizione danno luogo all applicazione di haircut 55

56 LE TECNICHE DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO DI CREDITO Requisiti specifici per il netting (Protezione del credito di tipo reale) Esistenza di pareri legali che attestino il riconoscimento del netting in tutte le giurisdizioni rilevanti Esistenza di procedure tali da determinare con certezza le attività e le passività che rientrano nel contratto di on balance-sheet netting Sussistenza di procedure di monitoraggio e gestione del rischio su base netta 56

57 LE TECNICHE DI MITIGAZIONE DEL RISCHIO DI CREDITO Tutte le tecniche CRM non devono determinare un effetto di duplicazione della mitigazione. Il double default effect viene preso in considerazione solo in alcuni casi e solo per le banche IRB. Le tecniche di mitigazione, pur riducendo i rischi di credito, possono dare luogo a forme di rischio residuale (ad esempio, legale) che possono rendere la copertura meno efficace. Eventuale trattamento specifico nell ambito del Pillar 2 57

58 PROCESSO DI CONTROLLO PRUDENZIALE

59 IL PROCESSO DI CONTROLLO PRUDENZIALE Il processo di controllo prudenziale (Supervisory Review Process - SRP) si articola in due fasi integrate. La prima è rappresentata dal processo interno di determinazione dell adeguatezza patrimoniale (Internal Capital Adequacy Assessment Process - ICAAP) e fa capo alle banche, le quali effettuano un autonoma valutazione della propria adeguatezza patrimoniale, attuale e prospettica, in relazione ai rischi assunti e alle strategie aziendali. La seconda consiste nel processo di revisione e valutazione prudenziale (Supervisory Review and Evaluation Process - SREP) ed è di competenza dell Autorità di vigilanza, che riesamina l ICAAP, formula un giudizio complessivo sulla banca e attiva, ove necessario, misure correttive. 59

60 LA VALUTAZIONE AZIENDALE DELL ADEGUATEZZA PATRIMONIALE (ICAAP) 60

61 LA VALUTAZIONE AZIENDALE DELL ADEGUATEZZA PATRIMONIALE (ICAAP) Le banche definiscono in piena autonomia un processo per determinare il capitale complessivo adeguato in termini attuali e prospettici a fronteggiare tutti i rischi rilevanti. Il calcolo del capitale complessivo richiede una compiuta valutazione di tutti i rischi a cui le banche sono o potrebbero essere esposte, sia di quelli considerati ai fini del calcolo del requisito patrimoniale di cui al Titolo II, Capitolo 6, sia di quelli in esso non contemplati. Le banche definiscono per quali tipi di rischi diversi da quelli di credito, di controparte, di mercato ed operativi è opportuno adottare metodologie quantitative, che possono condurre alla determinazione di capitale interno, e per quali invece si ritengono più appropriate, in combinazione o in alternativa, misure di controllo o attenuazione. Esse devono comunque essere in grado di spiegare nel dettaglio alla BI le definizioni adottate, le metodologie utilizzate, l effettiva considerazione di tutti i rischi rilevanti nonché le differenze, per i rischi fronteggiati dal requisito patrimoniale di cui al Titolo II, tra il sistema adottato internamente e quello regolamentare. Il processo deve essere formalizzato, documentato, sottoposto a revisione interna e approvato dagli organi societari. Esso è proporzionato alle caratteristiche, alle dimensioni e alla complessità dell attività svolta. 61

62 LA VALUTAZIONE AZIENDALE DELL ADEGUATEZZA PATRIMONIALE (ICAAP) Capitale interno: capitale a rischio, ovvero il fabbisogno di capitale relativo ad un determinato rischio che la banca ritiene necessario per coprire le perdite eccedenti un dato livello atteso. Capitale interno complessivo: capitale interno riferito a tutti i rischi rilevanti assunti dalla banca, incluse le eventuali esigenze di capitale interno dovute a considerazioni di carattere strategico. Capitale e Capitale complessivo: elementi patrimoniali che la banca ritiene possano essere utilizzati rispettivamente a copertura del capitale interno e del capitale interno complessivo. 62

63 LA VALUTAZIONE AZIENDALE DELL ADEGUATEZZA PATRIMONIALE (ICAAP) LA PROPORZIONALITA NELL ICAAP (1/2) Il principio di proporzionalità si applica ai seguenti aspetti: metodologie utilizzate per la misurazione/valutazione dei rischi e la determinazione del relativo capitale interno; tipologia e caratteristiche degli stress test utilizzati; trattamento delle correlazioni tra rischi e determinazione del capitale interno complessivo; articolazione organizzativa dei sistemi di controllo dei rischi; livello di approfondimento ed estensione della rendicontazione sull ICAAP resa alla BI. Le banche sono ripartite in tre classi, che identificano, in linea di massima, banche di diverse dimensioni e complessità operativa. 63

64 LA VALUTAZIONE AZIENDALE DELL ADEGUATEZZA PATRIMONIALE (ICAAP) LA PROPORZIONALITA NELL ICAAP (2/2) Classe 1 Banche e gruppi bancari autorizzati all utilizzo di sistemi IRB per il calcolo dei requisiti a fronte del rischio di credito, o del metodo AMA per il calcolo dei requisiti a fronte del rischio operativo, ovvero di modelli interni per la quantificazione dei requisiti sui rischi di mercato. Classe 2 Gruppi bancari e banche che utilizzano metodologie standardizzate, con attivo, rispettivamente, consolidato o individuale superiore a 3,5 miliardi di euro. Classe 3 Gruppi bancari e banche che utilizzano metodologie standardizzate, con attivo, rispettivamente, consolidato o individuale pari o inferiore a 3,5 miliardi di euro. Resta in ogni caso ferma la possibilità, per le banche appartenenti alle classi 2 e 3, di sviluppare metodologie o processi interni più avanzati rispetto a quelli suggeriti dalle presenti disposizioni per la classe di appartenenza, motivando la scelta compiuta 64

65 LA VALUTAZIONE AZIENDALE DELL ADEGUATEZZA PATRIMONIALE (ICAAP) LE FASI DELL ICAAP (1/7) 1) L individuazione dei rischi da sottoporre a valutazione Le banche effettuano in autonomia un accurata identificazione dei rischi ai quali sono esposte, avuto riguardo alla propria operatività e ai mercati di riferimento. Al fine di individuare i rischi rilevanti, l analisi deve considerare almeno i rischi contenuti nell elenco di cui all Allegato A. Le banche e i gruppi bancari identificano chiaramente le fonti di generazione dei vari tipi di rischio, siano esse collocate a livello di unità operativa ovvero di entità giuridica. 2) La misurazione dei singoli rischi e la determinazione del capitale interno relativo a ciascuno di essi (1/3) Ai fini della determinazione del capitale interno, le banche misurano ovvero in caso di rischi difficilmente quantificabili valutano tutti i rischi rilevanti ai quali sono esposte. Per i rischi di credito, di controparte, di mercato ed operativi un primo riferimento metodologico è costituito dai relativi sistemi regolamentari per il calcolo dei requisiti patrimoniali. Per determinare l esposizione e l eventuale capitale interno relativi al rischio di concentrazione e al rischio di tasso d interesse sul portafoglio bancario le banche utilizzano come riferimento le metodologie semplificate illustrate rispettivamente negli Allegati B e C. Per quanto concerne il rischio di liquidità, le banche fanno riferimento a quanto previsto nel Titolo V, Capitolo 2. 65

66 LA VALUTAZIONE AZIENDALE DELL ADEGUATEZZA PATRIMONIALE (ICAAP) LE FASI DELL ICAAP (2/7) 2) La misurazione dei singoli rischi e la determinazione del capitale interno relativo a ciascuno di essi (2/3) Classe 3 Rischi compresi nel Primo Pilastro: metodo standardizzato per i rischi di credito e per quelli di mercato, metodo di base o standardizzato per i rischi operativi. Rischi non inclusi nel Primo Pilastro: le banche possono misurare il rischio di concentrazione e il rischio di tasso di interesse sul portafoglio bancario utilizzando gli algoritmi semplificati proposti negli Allegati B e C. Per gli eventuali altri rischi le banche predispongono sistemi di controllo e attenuazione adeguati. Classe 2 Rischi compresi nel Primo Pilastro: le banche possono utilizzare le metodologie di calcolo dei requisiti patrimoniali regolamentari. In relazione alla propria complessità operativa e vocazione strategica, le stesse valutano l opportunità di adottare ai fini interni metodologie di misurazione dei rischi del Primo Pilastro più evolute di quelle utilizzate ai fini regolamentari, anche in vista di un futuro eventuale riconoscimento delle stesse ai fini del calcolo dei requisiti patrimoniali regolamentari. Relativamente ai rischi di concentrazione, di tasso di interesse e di liquidità, valutano l opportunità di affinare le metodologie semplificate proposte negli Allegati B e C. Per gli eventuali altri rischi a cui sono esposte le banche predispongono sistemi di controllo e attenuazione adeguati. 66

67 LA VALUTAZIONE AZIENDALE DELL ADEGUATEZZA PATRIMONIALE (ICAAP) LE FASI DELL ICAAP (3/7) 2) La misurazione dei singoli rischi e la determinazione del capitale interno relativo a ciascuno di essi (3/3) Classe 1 Le banche definiscono in piena autonomia le metodologie di misurazione più adeguate ai fini della determinazione del capitale interno relativo a ciascun rischio. La Banca d Italia si attende che le banche appartenenti a questa classe sviluppino modelli statistici di calcolo del VaR o di altre misure della perdita massima potenziale, anche mediante opportuni affinamenti delle metodologie semplificate proposte negli Allegati B e C. Relativamente agli altri rischi difficilmente misurabili le banche di questa classe predispongono sistemi di controllo e attenuazione adeguati e valutano l opportunità di elaborare metodologie, anche di tipo sperimentale e da affinare nel tempo, per la valutazione dell esposizione ai medesimi. Lo sviluppo di modelli che tengono conto della diversificazione all interno di ciascun rischio deve fondarsi su analisi robuste, visti gli effetti che ne possono derivare sulla determinazione del relativo capitale interno. Nel caso del rischio di credito, ipotesi sulle correlazioni meno conservative di quelle previste per i sistemi IRB sono esaminate sulla base di criteri restrittivi. 67

68 LA VALUTAZIONE AZIENDALE DELL ADEGUATEZZA PATRIMONIALE (ICAAP) LE FASI DELL ICAAP (4/7) 3) Lo stress testing (1/2) Per prove di stress si intendono le tecniche quantitative e qualitative con le quali le banche valutano la propria vulnerabilità ad eventi eccezionali ma plausibili. Esse si estrinsecano nel valutare gli effetti sui rischi della banca di eventi specifici (analisi di sensibilità) o di movimenti congiunti di un insieme di variabili economico-finanziarie in ipotesi di scenari avversi (analisi di scenario). La conduzione di prove di stress consente alle banche di: utilizzare analisi di tipo what if per valutare l esposizione al rischio in circostanze avverse e il capitale interno necessario a coprire il medesimo o altri interventi per ridurre o attenuare il rischio; effettuare una verifica del risultato e dell accuratezza dei modelli di valutazione del rischio (in particolare per identificare effetti di non linearità nell aggregazione dei rischi). 68

69 LA VALUTAZIONE AZIENDALE DELL ADEGUATEZZA PATRIMONIALE (ICAAP) LE FASI DELL ICAAP (5/7) 3) Lo stress testing (2/2) Classe 3 Le banche effettuano analisi di sensibilità rispetto ai principali rischi assunti, tra i quali almeno il rischio di credito, il rischio di concentrazione del portafoglio crediti e il rischio di tasso di interesse sul portafoglio bancario. Per effettuare le prove di stress su questi ultimi due rischi le banche possono fare riferimento alle metodologie semplificate illustrate negli Allegati B e C. Classe 2 Le banche effettuano analisi di sensibilità rispetto a fattori di rischio autonomamente identificati e considerati rilevanti. Classe 1 Le banche utilizzano una combinazione delle tecniche di analisi di sensibilità e analisi di scenario. Le banche appartenenti alle classi 1 e 2 tengono conto nelle prove di stress sull esposizione al rischio di tasso del portafoglio bancario anche degli spostamenti della curva dei rendimenti diversi da quelli paralleli e delle differenze di volatilità dei tassi relativamente alle diverse scadenze e alle diverse valute. Le banche appartenenti alla classe 3, in relazione alla propria operatività, possono considerare analoghi scenari addizionali, motivando le scelte compiute. 69

70 LA VALUTAZIONE AZIENDALE DELL ADEGUATEZZA PATRIMONIALE (ICAAP) LE FASI DELL ICAAP (6/7) 4) La determinazione del capitale interno complessivo (1/2) Nella determinazione del capitale interno complessivo assume particolare rilevanza la valutazione dell esistenza di benefici da diversificazione tra i diversi tipi di rischio. Classi 2 e 3 Utilizzano un approccio building block semplificato, che consiste nel sommare ai requisiti regolamentari a fronte dei rischi del Primo Pilastro (o al capitale interno relativo a tali rischi calcolato sulla base di metodologie interne) l eventuale capitale interno relativo agli altri rischi rilevanti. Classe 1 Le banche di questo gruppo applicano soluzioni più avanzate; devono documentare e spiegare con accuratezza: i fondamenti metodologici sottostanti a ipotesi diverse da quella di perfetta correlazione positiva tra i rischi, fornendo evidenza empirica della robustezza delle stesse, anche attraverso prove di stress; ogni altra metodologia di calcolo del capitale interno complessivo basata sulla simulazione di variazioni simultanee di più fattori di rischio. 70

71 LA VALUTAZIONE AZIENDALE DELL ADEGUATEZZA PATRIMONIALE (ICAAP) LE FASI DELL ICAAP (7/7) 4) La determinazione del capitale interno complessivo (2/2) Qualunque sia la classe di appartenenza, nella determinazione del capitale interno complessivo le banche possono tenere conto, oltre che della necessità di copertura delle perdite inattese a fronte di tutti i rischi rilevanti, anche dell esigenza di far fronte a operazioni di carattere strategico (ingresso in nuovi mercati, acquisizioni) ovvero di mantenere un adeguato standing sui mercati. 5) Il capitale complessivo e la sua riconciliazione con il patrimonio di vigilanza Le banche devono essere in grado di illustrare come il capitale complessivo si riconcilia con la definizione del patrimonio di vigilanza: deve essere spiegato l utilizzo a fini di copertura del capitale interno complessivo di strumenti patrimoniali non computabili nel patrimonio di vigilanza. 71

72 LA VALUTAZIONE AZIENDALE DELL ADEGUATEZZA PATRIMONIALE (ICAAP) PERIODICITA DELL ICAAP Ai fini del confronto con la BI le banche determinano con cadenza annuale: il livello attuale del capitale interno complessivo e del capitale complessivo calcolato con riferimento alla fine dell ultimo esercizio chiuso; il livello prospettico del capitale interno complessivo e del capitale complessivo con riferimento alla fine dell esercizio in corso, tenendo conto della prevedibile evoluzione dei rischi e dell operatività. La valutazione/misurazione dell esposizione ai singoli rischi viene effettuata con una cadenza più ravvicinata in relazione sia alla tipologia di rischi, sia alle metodologie utilizzate. In assenza di eventi innovativi o straordinari l aggiornamento degli scenari di stress test può avvenire con minore frequenza di quella annuale. 72

73 LA VALUTAZIONE AZIENDALE DELL ADEGUATEZZA PATRIMONIALE (ICAAP) L INFORMATIVA SULL ICAAP ALLA BANCA D ITALIA (1/5) Il resoconto sul processo ICAAP è volto a consentire alla Banca d Italia di effettuare una valutazione documentata e completa delle caratteristiche qualitative fondamentali del processo di pianificazione patrimoniale, dell esposizione complessiva ai rischi e della conseguente determinazione del capitale interno complessivo. Il resoconto viene inviato alla Banca d Italia unitamente alle delibere e alle relazioni con le quali gli organi aziendali si sono espressi sul processo ICAAP, secondo le rispettive competenze e attribuzioni. SCHEMA DI RIFERIMENTO PER IL RESOCONTO ICAAP (1/4) Il resoconto è articolato nelle seguenti aree informative : 1) Linee strategiche e orizzonte previsivo considerato a) piano strategico e budget annuali; cadenza di revisione del piano strategico e delle sue componenti; eventi straordinari che motivano la sua revisione; b) riconciliazione tra orizzonte temporale del piano strategico e del piano patrimoniale; c) fonti ordinarie e straordinarie di reperimento di capitale. 73

74 LA VALUTAZIONE AZIENDALE DELL ADEGUATEZZA PATRIMONIALE (ICAAP) L INFORMATIVA SULL ICAAP ALLA BANCA D ITALIA (2/5) SCHEMA DI RIFERIMENTO PER IL RESOCONTO ICAAP (2/4) 2) Governo societario, assetti organizzativi e sistemi di controllo connessi con l ICAAP a) descrizione del processo di definizione e aggiornamento dell ICAAP; b) descrizione del processo di revisione dell ICAAP; c) definizione del ruolo e delle funzioni assegnati a fini ICAAP agli organi aziendali; d) definizione del ruolo e delle funzioni assegnati a fini ICAAP alle varie funzioni aziendali (ad esempio: internal auditing; compliance; pianificazione; risk management; eventuali altre strutture, tra le quali: strutture commerciali di Direzione generale e di rete, contabilità e controllo contabile); e) descrizione dei presìdi organizzativi e contrattuali relativi ad eventuali componenti del processo ICAAP oggetto di outsourcing; f) indicazione della normativa interna rilevante per il processo ICAAP. 74

75 LA VALUTAZIONE AZIENDALE DELL ADEGUATEZZA PATRIMONIALE (ICAAP) L INFORMATIVA SULL ICAAP ALLA BANCA D ITALIA (3/5) SCHEMA DI RIFERIMENTO PER IL RESOCONTO ICAAP (3/4) 3) Esposizione ai rischi, metodologie di misurazione e di aggregazione, stress testing a) mappa dei rischi: illustrazione della posizione relativa della banca rispetto ai rischi di Primo e di Secondo Pilastro; b) mappatura dei rischi per unità operative della banca e/o per entità giuridiche del gruppo; c) tecniche di misurazione dei rischi, di quantificazione del capitale interno, di conduzione dello stress testing; d) descrizione, per ogni categoria di rischio misurabile, delle principali caratteristiche degli strumenti di controllo e attenuazione più rilevanti; e) descrizione generale dei sistemi di controllo e attenuazione dei rischi non misurabili. 4) Componenti, stima e allocazione del capitale interno a) quantificazione del capitale interno a fronte di ciascun rischio e di quello complessivo; b) eventuali metodi di allocazione del capitale interno (per unità operative e/o per entità giuridiche). 75

76 LA VALUTAZIONE AZIENDALE DELL ADEGUATEZZA PATRIMONIALE (ICAAP) L INFORMATIVA SULL ICAAP ALLA BANCA D ITALIA (4/5) SCHEMA DI RIFERIMENTO PER IL RESOCONTO ICAAP (4/4) 5) Raccordo tra capitale interno, requisiti regolamentari e patrimonio di vigilanza a) raccordo tra capitale interno complessivo e requisiti regolamentari; b) elencazione e definizione delle componenti patrimoniali a copertura del capitale interno; c) computabilità a fini di vigilanza delle componenti a copertura del capitale interno; motivazione dell inclusione delle componenti non computabili; d) stima degli oneri connessi con il reperimento delle eventuali risorse patrimoniali aggiuntive rispetto a quelle correnti. 6) Autovalutazione dell ICAAP a) identificazione delle aree del processo suscettibili di miglioramento; b) pianificazione degli interventi previsti sul piano patrimoniale od organizzativo. 76

77 LA VALUTAZIONE AZIENDALE DELL ADEGUATEZZA PATRIMONIALE (ICAAP) L INFORMATIVA SULL ICAAP ALLA BANCA D ITALIA (5/5) Per alcune sezioni informative non è obbligatorio l aggiornamento annuale se non sono intervenute variazioni di rilievo; in particolare, per le sezioni di natura strutturale e descrittiva (inclusi gli strumenti e i sistemi di controllo e attenuazione dei rischi), è possibile confermare le informazioni rassegnate l anno precedente. Nel caso in cui la documentazione si dimostrasse inadeguata, insufficiente o fossero necessari chiarimenti, la Banca d Italia si riserva di chiedere le necessarie integrazioni. Fermo restando che la ripartizione in aree informative va utilizzata da tutte e tre le classi di intermediari, per le banche del gruppo 3 il rendiconto può avere un articolazione più contenuta rispetto a quella innanzi descritta. 77

78 LA VALUTAZIONE AZIENDALE DELL ADEGUATEZZA PATRIMONIALE (ICAAP) PERIODICITA DELL INFORMATIVA SULL ICAAP Le banche e i gruppi bancari trasmettono annualmente alla Banca d Italia, entro il 30 aprile, la rendicontazione ICAAP riferita al 31 dicembre dell anno precedente. A partire dalla dotazione patrimoniale della chiusura dell anno precedente il documento ICAAP pianifica le strategie di assunzione di rischio e di relativa copertura patrimoniale per l esercizio in corso, sino alla fine dello stesso. 78

79 PROCESSO DI REVISIONE E VALUTAZIONE PRUDENZIALE (SREP) 79

80 PROCESSO DI REVISIONE E VALUTAZIONE PRUDENZIALE (SREP) DISPOSIZIONI DI CARATTERE GENERALE Lo SREP viene condotto annualmente dalla BI allo scopo di accertare che le banche e i gruppi bancari si dotino di presìdi di natura patrimoniale e organizzativa appropriati rispetto ai rischi assunti, assicurando il complessivo equilibrio gestionale. FASI PRINCIPALI DELLO SREP Analisi dell esposizione a tutti i rischi rilevanti assunti e dei presìdi organizzativi predisposti per il governo, la gestione e il controllo degli stessi. In questa fase, nel caso di banche autorizzate ad utilizzare sistemi interni di misurazione dei rischi per il calcolo dei requisiti patrimoniali, vengono svolte anche attività finalizzate a verificare il mantenimento nel tempo dei relativi requisiti organizzativi e quantitativi; Verifica del rispetto dei requisiti patrimoniali e delle altre regole prudenziali; Valutazione del procedimento aziendale di determinazione del capitale interno complessivo e dell adeguatezza del capitale complessivo rispetto al profilo di rischio della banca (revisione dell ICAAP); Attribuzione di giudizi specifici relativi a ciascuna tipologia di rischio e di un giudizio complessivo sulla situazione aziendale; Individuazione degli eventuali interventi di vigilanza da porre in essere. 80

81 PROCESSO DI REVISIONE E VALUTAZIONE PRUDENZIALE (SREP) LA PROPORZIONALITA DELLO SREP Anche lo SREP ed il confronto con le banche rispondono a criteri di proporzionalità: l ampiezza e l approfondimento delle attività di analisi e controllo, nonché l intensità e la frequenza del confronto con le banche sono calibrate in relazione alle caratteristiche, alle dimensioni operative e al grado di problematicità delle stesse. IL SISTEMA DI ANALISI AZIENDALE (1/3) È il sistema che consente di apprezzare l esposizione ai rischi e l adeguatezza dei relativi fattori di controllo nonché dei presìdi organizzativi, patrimoniali ed economici, per giungere alla formulazione del giudizio complessivo sulla situazione aziendale, su cui si fonda l individuazione delle eventuali azioni da intraprendere nei confronti dei soggetti vigilati. Il sistema di analisi aziendale disegna un percorso di indagine strutturato, all interno del quale vengono utilizzati, in modo integrato, controlli a distanza e ispettivi, secondo logiche volte ad adottare lo strumento più appropriato rispetto alle finalità perseguite. 81

82 PROCESSO DI REVISIONE E VALUTAZIONE PRUDENZIALE (SREP) IL SISTEMA DI ANALISI AZIENDALE (2/3) I controlli a distanza utilizzano un insieme articolato di informazioni. Sulla base di specifici schemi di analisi, formano oggetto di valutazione le aree di rischio - strategico, credito, mercato, controparte, liquidità, tasso d'interesse, operativo e reputazionale - e i profili trasversali - sistemi di governo e controllo, redditività, adeguatezza patrimoniale. Il giudizio di profilo scaturisce: per le aree di rischio, dalla combinazione delle valutazioni assegnate all esposizione al rischio (aspetto quantitativo) e all adeguatezza degli specifici presìdi organizzativi (aspetto qualitativo); per i profili trasversali, dall analisi qualitativa per i sistemi di governo e controllo, da quella quantitativa per la redditività e l adeguatezza patrimoniale. La valutazione complessiva sulla situazione aziendale è basata sui punteggi parziali assegnati alle aree di rischio e ai profili trasversali sopra indicati e tiene conto di tutte le altre informazioni disponibili sull azienda, acquisite anche nell ambito del confronto con quest ultima relativo all ICAAP. 82

83 PROCESSO DI REVISIONE E VALUTAZIONE PRUDENZIALE (SREP) IL SISTEMA DI ANALISI AZIENDALE (3/3) I controlli ispettivi espletati sulla base di una pianificazione che tiene conto delle esigenze di approfondimento emerse nello svolgimento dell attività di vigilanza prevedono l accesso di addetti alla Vigilanza direttamente presso le banche. L ambito dei controlli è differenziato: le ispezioni possono avere uno spettro di indagine esteso, quando sono finalizzate all analisi della complessiva situazione aziendale, ovvero natura mirata/tematica, se riferite a circoscritti comparti di attività, aree di rischio, profili gestionali, aspetti tecnici o filoni tematici, secondo le specifiche esigenze conoscitive emerse nel corso dell attività condotta a distanza. 83

84 PROCESSO DI REVISIONE E VALUTAZIONE PRUDENZIALE (SREP) IL CONFRONTO CON LE BANCHE Il confronto con le banche costituisce parte integrante del processo di revisione e valutazione prudenziale svolto dalla Vigilanza. Esso facilita l analisi dell esposizione ai rischi e la comprensione del processo di valutazione dell adeguatezza patrimoniale condotto dalle banche e delle eventuali divergenze rispetto alle indicazioni che scaturiscono dal sistema di analisi aziendale. L analisi dell informativa sull ICAAP, che viene condotta unitamente alle altre attività in cui si articola il processo SREP, consente alla Banca d Italia di individuare eventuali necessità di approfondimento, di chiarimento o di integrazione del quadro informativo disponibile. Tali esigenze possono essere soddisfatte attraverso l acquisizione di ulteriore documentazione, incontri con gli esponenti aziendali, sopralluoghi ispettivi. 84

85 PROCESSO DI REVISIONE E VALUTAZIONE PRUDENZIALE (SREP) GLI INTERVENTI CORRETTIVI (1/2) La Banca d Italia può richiedere alle banche gli interventi correttivi di seguito indicati: Rafforzamento dei sistemi, delle procedure e dei processi relativamente alla gestione dei rischi, ai meccanismi di controllo e alla valutazione aziendale dell adeguatezza patrimoniale; Contenimento del livello dei rischi, anche attraverso il divieto di effettuare determinate categorie di operazioni; Riduzione dei rischi anche attraverso restrizioni ad attività o alla struttura territoriale; Limitazione alla distribuzione di utili o di altri elementi del patrimonio; Detenzione di mezzi patrimoniali in misura superiore al livello regolamentare previsto per i rischi di credito, controparte, mercato e operativi, anche attraverso l applicazione agli aggregati di riferimento di un trattamento specifico con riferimento alle modalità di determinazione dei requisiti patrimoniali. 85

86 PROCESSO DI REVISIONE E VALUTAZIONE PRUDENZIALE (SREP) GLI INTERVENTI CORRETTIVI (2/2) Gli interventi aventi effetti patrimoniali sono richiesti, di norma, qualora l applicazione delle altre misure non sia in grado di esplicare i propri effetti correttivi in un arco temporale accettabile. In particolare, la Banca d Italia può disporre l applicazione di requisiti specifici quando: vengono accertate rilevanti carenze nel sistema di governo e controllo e nei sistemi di gestione dei rischi di credito, controparte, mercato e operativi (requisiti specifici sui rischi di Primo Pilastro); si riscontrino elementi di debolezza patrimoniale attinenti all adeguatezza del patrimonio di vigilanza (requisiti specifici di adeguatezza patrimoniale). Nel provvedimento con il quale si dispone l applicazione del requisito patrimoniale specifico la Banca d Italia indica anche la durata della misura adottata e le condizioni per la sua rimozione. La Banca d Italia, inoltre, può richiedere alla banca un rafforzamento del capitale complessivo, quando, per dimensione e/o composizione, esso non risulti pienamente idoneo alla copertura del capitale interno complessivo. 86

87 PROCESSO DI REVISIONE E VALUTAZIONE PRUDENZIALE (SREP) COOPERAZIONE DI VIGILANZA Al fine di svolgere in modo agevole ed efficace il processo di revisione e valutazione prudenziale sulle banche e sui gruppi bancari operanti sia in Italia sia in altri Paesi europei, la Banca d'italia collabora con le autorità competenti degli altri Stati comunitari scambiando informazioni e stipulando accordi per il coordinamento delle rispettive attività e funzioni istituzionali. 87

88 RISCHI DA SOTTOPORRE A VALUTAZIONE NELL ICAAP 88

89 RISCHI DA SOTTOPORRE A VALUTAZIONE NELL ICAAP Rischi del Primo Pilastro Rischio di credito Rischio di mercato Rischio operativo Altri Rischi Rischio di concentrazione Rischio di tasso di interesse derivante da attività diverse dalla negoziazione Rischio di liquidità Rischio residuo Rischi derivanti da cartolarizzazioni Rischio strategico Rischio di reputazione 89

90 CLASSIFICAZIONE DEI RISCHI Oltre alla distinzione tra rischio del Primo e del Secondo pilastro, ai fini ICAAP assume rilievo la distinzione tra RISCHI MISURABILI e RISCHI NON MISURABILI (MA VALUTABILI). RISCHI MISURABILI Sono considerati misurabili, anche se in qualche caso non vi sono metriche condivise e consolidate, i seguenti RISCHI DI 1 PILASTRO MISURABILI RISCHIO DI CREDITO RISCHIUO DI MERCATO RISCHIO OPERATIVO RISCHI DI 2 PILASTRO MISURABILI RISCHIO DI CONCENTRAZIONE RISCHIO DI TASSO RISCHIO DI LIQUIDITA' RISCHI NON MISURABILI Sono non misurabili, ma da sottoporre a valutazione, i seguenti rischi RISCHI DI 2 PILASTRO NON MISURABILI RISCHIO RESIDUO RISCHI DERIVANTI DA CARTOLARIZZAZIONI RISCHIO STRATEGICO RISCHIO DI REPUTAZIONE 90

91 GOVERNO SOCIETARIO DELL ICAAP 91

92 GOVERNO SOCIETARIO DELL ICAAP La responsabilità del processo ICAAP è rimessa agli organi societari, secondo quanto previsto dal Titolo I, Capitolo 1, Parte Quarta. La determinazione del capitale interno complessivo e del capitale complessivo è frutto di un processo organizzativo complesso, che costituisce parte integrante della gestione aziendale e contribuisce a determinare le strategie e l operatività corrente delle banche. Tale processo richiede il coinvolgimento di una pluralità di strutture e professionalità (funzioni di pianificazione, risk management, internal audit, contabilità, etc.) e il contributo delle società facenti parte del gruppo. Qualora le banche esternalizzino alcune componenti del processo ICAAP, gli organi aziendali devono mantenere piena ed esclusiva responsabilità dello stesso e assicurarne la coerenza con le specificità e le caratteristiche operative aziendali. In particolare, le banche adottano ogni cautela per assicurarsi che le prestazioni dei soggetti esterni rispondano ai criteri da esse stabiliti in termini di qualità, coerenza e replicabilità delle analisi svolte. L individuazione delle funzioni o delle strutture aziendali cui compete la elaborazione o predisposizione dei vari elementi o fasi del processo ICAAP spetta alle banche, che tengono conto della proprie caratteristiche organizzative. 92

93 GOVERNO SOCIETARIO DELL ICAAP ORGANO CON FUNZIONE DI SUPERVISIONE STRATEGICA (1/2) L organo con funzione di supervisione strategica è l organo al quale - ai sensi del codice civile o per disposizione statutaria - sono attribuite funzioni di indirizzo della gestione sociale. Individua gli orientamenti strategici e le politiche di gestione del rischio, provvedendo al loro riesame periodico al fine di assicurarne l efficacia nel tempo. Esso è consapevole dei rischi a cui la banca si espone, conosce e approva le modalità attraverso le quali i rischi stessi sono rilevati e valutati; Assicura nel continuo che i compiti e le responsabilità siano allocati in modo chiaro e appropriato, con particolare riguardo ai meccanismi di delega; Verifica che l assetto delle funzioni di controllo dei rischi sia definito in coerenza con gli indirizzi strategici, che le funzioni medesime abbiano un autonomia di giudizio appropriata e che siano fornite di risorse qualitativamente e quantitativamente adeguate; Si assicura che venga approntato un sistema di flussi informativi in materia di gestione e controllo dei rischi accurato, completo e tempestivo; Garantisce che la funzionalità, l efficienza e l efficacia del sistema di gestione e controllo dei rischi siano periodicamente verificate e che i risultati di tali verifiche siano portati a conoscenza del medesimo organo di supervisione; nel caso emergano carenze o anomalie, promuove con tempestività idonee misure correttive; Con riferimento al processo ICAAP, definisce e approva le linee generali del processo, ne assicura l adeguamento tempestivo in relazione a modifiche significative delle linee strategiche, dell assetto organizzativo, del contesto operativo di riferimento e promuove il pieno utilizzo delle risultanze dell ICAAP a fini strategici e nelle decisioni d impresa. 93

94 GOVERNO SOCIETARIO DELL ICAAP ORGANO CON FUNZIONE DI SUPERVISIONE STRATEGICA (2/2) Riguardo ai rischi di credito, l organo di supervisione strategica approva le linee generali del sistema di gestione delle tecniche di attenuazione del rischio che presiede all intero processo di acquisizione, valutazione, controllo e realizzo degli strumenti di CRM utilizzati. Nelle banche che adottano sistemi interni di misurazione dei rischi per la determinazione dei requisiti patrimoniali, l organo di supervisione strategica svolge anche i seguenti compiti: Approva l adozione dei suddetti sistemi. In particolare, approva la scelta del sistema ritenuto idoneo e il relativo progetto in cui sono pianificate le attività connesse alla predisposizione e alla messa in opera dello stesso, individuate le responsabilità, definiti i tempi di realizzazione nonché determinati gli investimenti previsti in termini di risorse umane, finanziarie e tecnologiche; Verifica periodicamente che le scelte effettuate mantengano nel tempo la loro validità, approvando i cambiamenti sostanziali al sistema e provvedendo alla complessiva supervisione sul corretto funzionamento dello stesso; Vigila, con il supporto delle competenti funzioni di controllo interno, sull effettivo utilizzo dei sistemi interni a fini gestionali (use test) e sulla loro rispondenza agli altri requisiti previsti dalla normativa; Con cadenza almeno annuale, esamina la relazione annuale predisposta dalla revisione interna e i riferimenti forniti dalla funzione di convalida e assume, col parere dell organo di controllo, formale delibera con la quale attesta il rispetto dei requisiti previsti per l utilizzo dei sistemi prescelti. 94

95 GOVERNO SOCIETARIO DELL ICAAP ORGANO CON FUNZIONE DI GESTIONE (1/2) All organo con funzione di gestione spettano o sono delegati compiti di gestione corrente, intesa come attuazione degli indirizzi deliberati nell esercizio della funzione di supervisione strategica. L organo con funzione di gestione è responsabile dell istituzione e del mantenimento di un efficace sistema di gestione e controllo dei rischi, in attuazione degli indirizzi strategici. Verifica nel continuo l efficienza e l efficacia complessiva del sistema di gestione e controllo dei rischi, provvedendo al suo adeguamento in relazione alle carenze o anomalie riscontrate, ai cambiamenti del contesto di riferimento o a seguito dell introduzione di nuovi prodotti, attività o processi rilevanti; Definisce le responsabilità delle strutture e delle funzioni aziendali coinvolte in modo che siano chiaramente attribuiti i relativi compiti e siano prevenuti potenziali conflitti di interesse; assicura, altresì, che le attività rilevanti siano dirette da personale qualificato, con adeguato grado di autonomia di giudizio ed in possesso di esperienze e conoscenze proporzionate ai compiti da svolgere; Definisce i flussi informativi volti ad assicurare agli organi aziendali e alle funzioni di controllo la piena conoscenza e governabilità dei fattori di rischio; Con riferimento al processo ICAAP, dà attuazione a tale processo curando che lo stesso sia rispondente agli indirizzi strategici e che soddisfi i seguenti requisiti: consideri tutti i rischi rilevanti; incorpori valutazioni prospettiche; utilizzi appropriate metodologie; sia conosciuto e condiviso dalle strutture interne; sia adeguatamente formalizzato e documentato; individui i ruoli e le responsabilità assegnate alle funzioni e alle strutture aziendali; sia affidato a risorse quali-quantitativamente adeguate e dotate dell autorità necessaria a far rispettare la pianificazione; sia parte integrante dell attività gestionale. 95

96 GOVERNO SOCIETARIO DELL ICAAP ORGANO CON FUNZIONE DI GESTIONE (2/2) Con specifico riferimento ai rischi di credito, l organo di gestione, in linea con gli indirizzi strategici, approva specifiche linee guida volte ad assicurare l efficacia del sistema di gestione delle tecniche di attenuazione del rischio e a garantire il rispetto dei requisiti generali e specifici di tali tecniche. Nelle banche che adottano sistemi interni di misurazione dei rischi per la determinazione dei requisiti patrimoniali, l organo di gestione svolge anche i seguenti compiti: è responsabile dell impianto e del funzionamento dei sistemi prescelti; per svolgere tale compito i componenti dell organo possiedono un adeguata conoscenza degli aspetti rilevanti; impartisce le disposizioni necessarie affinché il sistema prescelto sia realizzato secondo le linee strategiche individuate, assegnando compiti e responsabilità alle diverse funzioni aziendali e assicurando la formalizzazione e la documentazione delle fasi del processo di misurazione, gestione e controllo del rischio; cura che il sistema di misurazione dei rischi sia integrato nei processi decisionali e nella gestione dell operatività aziendale (use test). Nello svolgimento dei compiti assegnati, l organo con funzione di gestione tiene conto delle osservazioni emerse a seguito del processo di convalida e delle verifiche condotte dalla revisione interna. 96

97 GOVERNO SOCIETARIO DELL ICAAP ORGANO CON FUNZIONE DI CONTROLLO L organo con funzione di controllo vigila sull adeguatezza e sulla rispondenza del sistema di gestione e controllo dei rischi, nonché del processo ICAAP, ai requisiti stabiliti dalla normativa. Per lo svolgimento delle proprie attribuzioni, tale organo dispone di adeguati flussi informativi da parte degli altri organi aziendali e delle funzioni di controllo interno. Nelle banche che adottino sistemi interni di misurazione dei rischi per la determinazione dei requisiti patrimoniali, l organo di controllo, avvalendosi dell apporto delle funzioni di controllo interno, valuta nell ambito della più generale attività di verifica del processo di gestione e controllo del rischio la funzionalità e l adeguatezza del sistema stesso, nonché la rispondenza ai requisiti previsti dalla normativa. 97

98 RISCHIO DI CONCENTRAZIONE 98

99 Definizione: Il rischio di concentrazione è il rischio derivante da esposizioni verso controparti connesse, gruppi di controparti e controparti del medesimo settore economico o che esercitano la stessa attività o appartenenti alla medesima area geografica. Il rischio di concentrazione può, quindi, essere distinto in due sotto-tipi: Single name concentration risk (o imperfect granularity risk): rischio dovuto alla presenza di esposizioni di entità rilevante rispetto alle dimensioni del portafoglio. Sector concentration risk: rischio dovuto alla presenza di diversi fattori (settori economici) da cui può derivare un effetto di diversificazione o di concentrazione del portafoglio. 99

100 RISCHIO DI CONCENTRAZIONE In linea di principio, il rischio di concentrazione è parte integrante del rischio associato ad un portafoglio di credito. Le curve di calibrazione proposte nell Accordo di Basilea sono basate sul principio della perfetta granularità del portafoglio. Tutte le esposizioni sono correlate ad un singolo fattore sistemico - infatti il modello è definito ASRF (Asymptotic Single Risk Factor) - e il rischio idiosincratico è completamente diversificato. Questa ipotesi consente di calcolare i requisiti di capitale di un portafoglio di esposizione come somma dei requisiti di capitale relativi a ogni singola esposizione. Qualora così non fosse, il capitale che deriverebbe dall aggiunta di una nuova esposizione al portafoglio sarebbe inferiore alla somma dei requisiti della nuova posizione e del portafoglio pre-esistente in quanto ci sarebbe un effetto di diversificazione. 100

101 QUADRO DI RIFERIMENTO PER ISTITUTI DI CLASSE 2 E 3 Aggiustamenti per la granularità imperfetta Formula di aggiustamento semplificata fornita dalla BI Calcolo dei requisiti in ipotesi di granularità perfetta + = Requisito interno Aggiustamenti per la concentrazione di settore Nessuna indicazione fornita dalla normativa 101

102 IL RISCHIO DI CONCENTRAZIONE PER SINGOLE CONTROPARTI MODALITÀ DI MISURAZIONE (1/5) Il rischio di concentrazione per granularità imperfetta agisce operando una correzione positiva (ovvero in aggiunta) rispetto alle curve di ponderazione proposte dalla normativa. Le modalità di calcolo del requisito patrimoniale minimo atto a fronteggiare il rischio di credito ai sensi del Primo Pilastro determinano, a parità di altre condizioni, lo stesso requisito per un portafoglio costituito da dieci esposizioni, ciascuna delle quali rappresenta il 10% dell esposizione totale e per un portafoglio costituito da cento esposizioni, ciascuna delle quali rappresenta l 1% dell esposizione totale. Infatti, il calcolo del requisito patrimoniale con riferimento al portafoglio creditizio avviene, sia nel metodo standardizzato sia in quelli IRB, in maniera analoga: Requisito patrimoniale = 8 % RWA Metodo IRB: RWA = 12,5 n i=1 Metodo standardizzato: RWA = K i EAD i n i=1 Ponderazione i Esposizione i 102

103 IL RISCHIO DI CONCENTRAZIONE PER SINGOLE CONTROPARTI MODALITÀ DI MISURAZIONE (2/5) La formula trascura il rischio di concentrazione, come dimostra la costruzione dei due portafogli (A) e (B) di seguito indicati, le cui esposizioni sono caratterizzate dalla medesima qualità creditizia e alla quale corrisponde lo stesso attivo ponderato per il rischio, indipendentemente dal numero delle esposizioni di ciascun portafoglio: - portafoglio (A): K i = 8%, EAD i = 10, per i = 1,, 100 RWA = portafoglio (B): K i = 8%, EAD i = 1, per i = 1,, 1000 RWA = 1000 Il requisito patrimoniale regolamentare a fronte del rischio di credito è identico per (A) e (B), benché il portafoglio (B) sia evidentemente meno rischioso del portafoglio (A), in quanto la perdita causata dall insolvenza di un solo cliente (o di un gruppo di clienti connessi) nel portafoglio (A) corrisponde alla perdita causata dall insolvenza di 10 clienti (o gruppi di clienti connessi) nel portafoglio (B). 103

104 IL RISCHIO DI CONCENTRAZIONE PER SINGOLE CONTROPARTI MODALITÀ DI MISURAZIONE (3/5) La metodologia per il calcolo della name concentration proposto dalla BI è data dal Granularity Adjustment (GA), che consiste in una approssimazione del capitale economico in forma chiusa valida per modelli di tipo ASRF. Il GA rappresenta l aumento del Value at Risk del portafoglio nel caso di esposizioni di entità non trascurabile (nel modello ASRF il Value at Risk è calcolato ipotizzando esposizioni infinitamente piccole). Esso suppone che tutte le esposizioni verso imprese che non rientrano nella classe «al dettaglio» siano caratterizzate dai medesimi parametri regolamentari (PD, LGD): GA = C H n i=1 EAD i H = n i=1 n i=1 EAD i 2 EAD i 2 H rappresenta l indice di Herfindahl calcolato sulle sole EAD «non al dettaglio» e C è un parametro di scala che è funzione di PD, LGD e della correlazione tra le esposizioni. 104

105 IL RISCHIO DI CONCENTRAZIONE PER SINGOLE CONTROPARTI MODALITÀ DI MISURAZIONE (4/5) La circolare 263 fornisce alcuni valori per il parametro C in funzione della PD, considerando la correlazione pari al 18% e la LGD al 45%. In un ottica prudenziale, si considera appropriato utilizzare come valore di PD il massimo tra 0,5% e la media degli ultimi 3 anni del tasso di ingresso in sofferenza rettificata caratteristico del portafoglio della banca. In generale, mantenendo costante l esposizione totale, GA tende a decrescere all aumentare del numero delle esposizioni e a assumere valori prossimi allo zero in portafogli altamente granulari, ovvero caratterizzati da un elevato numero di esposizioni di importo modesto. 105

106 IL RISCHIO DI CONCENTRAZIONE PER SINGOLE CONTROPARTI MODALITÀ DI MISURAZIONE (5/5) Al fine di assicurare che l applicazione della presente metodologia sia omogenea e coerente con il calcolo del requisito a fronte del rischio di credito, si precisa quanto segue: - la calibrazione del parametro C fa riferimento alle esposizioni verso imprese che non rientrano nella classe al dettaglio ; - nel calcolo dell EAD il trattamento delle garanzie personali segue una logica coerente con il principio di sostituzione ai fini del rischio di credito: in presenza di strumenti di protezione del credito che rispettino i requisiti (oggettivi e soggettivi) di ammissibilità previsti dalle vigenti disposizioni in materia di tecniche di attenuazione del rischio (CRM), sono incluse nel calcolo le esposizioni assistite da garanzie rilasciate da imprese eligible, mentre ne sono escluse le esposizioni verso imprese assistite da garanzie personali fornite da soggetti eligible diversi dalle imprese. 106

107 IL RISCHIO DI CONCENTRAZIONE PER SINGOLE CONTROPARTI ESEMPIO (1/4) Controparti EAD % EAD^2 1 1,1 3,85% 1,21 2 1,3 4,55% 1,69 3 1,8 6,30% 3,24 4 1,5 5,25% 2,25 5 1,2 4,20% 1,44 6 1,9 6,65% 3, ,01% 4 8 1,7 5,95% 2,89 9 2,5 8,76% 6, ,2 7,71% 4, ,2 4,20% 1, ,1 3,85% 1, ,9 3,15% 0, ,2 4,20% 1, ,3 4,55% 1, ,85 2,98% 0, ,4 4,90% 1, ,1 3,85% 1, ,2 4,20% 1, ,1 3,85% 1,21 Totale 28,55 100% 44,5525 H 5,47% POSIZIONI NON RETAIL POSIZIONI RETAIL TOTALE PD 1% C 0,764 H 5,47% EAD 28,55 EAD 150 EAD^2 44,5525 req. Interm. Vig. 6% GA 1, ponderazione 75% PATRIM. R. CREDITO 1,713 req. Interm. Vig. 6% PATRIM. R. CREDITO 6,75 PATRIM. R. CREDITO 8,463 REQUISITO CAPITALE 2, REQUISITO CAPITALE 9, GA / PATRIM. R. CREDITO 69,60% GA / PATRIM. R. CREDITO 14,09% 107

108 IL RISCHIO DI CONCENTRAZIONE PER SINGOLE CONTROPARTI ESEMPIO (2/4) Controparti EAD % EAD^2 1 1,1 3,69% 1,21 2 1,3 4,36% 1,69 3 1,8 6,03% 3,24 4 1,5 5,03% 2,25 5 1,2 4,02% 1,44 6 1,9 6,37% 3, ,70% 4 8 1,7 5,70% 2,89 9 2,5 8,38% 6, ,2 7,37% 4, ,2 4,02% 1, ,1 3,69% 1, ,9 3,02% 0, ,2 4,02% 1, ,3 4,36% 1, ,85 2,85% 0, ,4 4,69% 1, ,1 3,69% 1, ,2 4,02% 1, ,1 3,69% 1, ,3 4,36% 1,69 Totale 29,85 100% 46,2425 H 5,19% PATRIM. R. CREDITO 21 0,078 assorb.cap. rischio credito 21 0, POSIZIONI NON RETAIL POSIZIONI RETAIL TOTALE PD 1% C 0,764 H 5,19% EAD 29,85 EAD 150 EAD^2 46,2425 req. Interm. Vig. 6% GA 1, ponderazione 75% PATRIM. R. CREDITO 1,791 req. Interm. Vig. 6% PATRIM. R. CREDITO 6,75 PATRIM. R. CREDITO 8,541 REQUISITO CAPITALE 2, REQUISITO CAPITALE 9, GA / PATRIM. R. CREDITO 66,08% GA / PATRIM. R. CREDITO 13,86% 108

109 IL RISCHIO DI CONCENTRAZIONE PER SINGOLE CONTROPARTI ESEMPIO (3/4) Controparti EAD % EAD^2 1 1,1 3,66% 1,21 2 1,3 4,33% 1,69 3 1,8 5,99% 3,24 4 1,5 4,99% 2,25 5 1,2 3,99% 1,44 6 1,9 6,32% 3, ,66% 4 8 1,7 5,66% 2,89 9 2,5 8,32% 6, ,2 7,32% 4, ,2 3,99% 1, ,1 3,66% 1, ,9 3,00% 0, ,2 3,99% 1, ,3 4,33% 1, ,85 2,83% 0, ,4 4,66% 1, ,1 3,66% 1, ,2 3,99% 1, ,1 3,66% 1, ,5 4,99% 2,25 Totale 30,05 100% 46,8025 H 5,18% PATRIM. R. CREDITO 21 0,09 assorb.cap. rischio credito 21-0, POSIZIONI NON RETAIL POSIZIONI RETAIL TOTALE PD 1% C 0,861 H 5,18% EAD 30,05 EAD 150 EAD^2 46,8025 req. Interm. Vig. 6% GA 1, ponderazione 75% PATRIM. R. CREDITO 1,803 req. Interm. Vig. 6% PATRIM. R. CREDITO 6,75 PATRIM. R. CREDITO 8,553 REQUISITO CAPITALE 3, REQUISITO CAPITALE 9, GA / PATRIM. R. CREDITO 74,38% GA / PATRIM. R. CREDITO 15,68% 109

110 IL RISCHIO DI CONCENTRAZIONE PER SINGOLE CONTROPARTI ESEMPIO (4/4) TOTALE PD 1% C 0,764 TOTALE PD 3% C 0,861 PATRIM. R. CREDITO 8,541 REQUISITO CAPITALE 9, PATRIM. R. CREDITO 8,541 REQUISITO CAPITALE 9, GA / PATRIM. R. CREDITO 13,86% GA / PATRIM. R. CREDITO 15,62% 110

111 IL RISCHIO DI CONCENTRAZIONE SETTORIALE - LETTERATURA (1/2) L esistenza di fonti multiple di rischio, tra loro non perfettamente correlate, costituisce una violazione significativa del modello ASRF. Il lavoro svolto da Concentration Risk Group della Research Task Force del Comitato di Basilea, ha esaminato diversi aspetti relativi al trattamento del rischio di concentrazione. La prima, e più significativa evidenza, è che il rischio di concentrazione settoriale può essere anche più significativo del rischio di concentrazione per singolo nome. Mentre il rischio di concentrazione single-name può comportare mediamente un add-on dal 2% all 8% rispetto al modello ASRF, il rischio di concentrazione settoriale può comportare un add-on tra il 20 e il 40%. 111

112 IL RISCHIO DI CONCENTRAZIONE SETTORIALE - LETTERATURA (2/2) Tuttavia, mentre la concentrazione single-name agisce sempre in modo additivo rispetto al modello ASRF (che postula l infinita granularità delle esposizioni) l effetto dell introduzione della correlazione settoriale rispetto al modello ASRF può essere sia positivo che negativo. In termini generali, un modello monosettoriale dovrebbe sovrastimare il capitale economico rispetto a un modello multisettoriale, in quanto non tiene conto della diversificazione settoriale determinata dalla non perfetta correlazione tra i diversi settori. Tuttavia, la correlazione verso un singolo fattore di rischio può essere considerata come una media delle correlazioni verso più fattori di rischio. Pertanto, stabilire se il modello ASRF sovrastimi o sottostimi il capitale economico rispetto a un modello multifattoriale è in gran parte un problema di calibrazione delle correlazioni più che un aspetto teorico. 112

113 RISCHIO DI LIQUIDITA 113

114 IL PROBLEMA DELLA LIQUIDITÀ IN BANCA Nel corso dell attività di intermediazione la gran parte dei flussi monetari in entrata (un aumento dei fondi raccolti, del rientro di un credito precedentemente concesso, della vendita di attività in portafoglio e delle principali componenti di ricavo) e in uscita (diminuzione dei fondi raccolti, di nuove erogazioni di credito e/o di sottoscrizioni di titoli, di gran parte delle componenti di costo e del pagamento di imposte) tende a compensarsi. Quando ciò non avviene la banca si trova in presenza di uno squilibrio che porta o ad una eccedenza di flussi di cassa in entrata rispetto a quelli in uscita, o viceversa alla prevalenza di questi ultimi rispetto ai primi. Fattori che acuiscono il problema della liquidità in banca Idiosincratici (specifici) Sistemici: crisi generalizzate di sfiducia dei depositanti, interruzione funzionamento mercati. 114

115 IL PROBLEMA DELLA LIQUIDITÀ IN BANCA RISCHIO DI LIQUIDITA : UN RISCHIO MULTIDIMENSIONALE Dimensioni MODALITA' DI GESTIONE MODALITA' DI REPERIMENTO DELLA LIQUIDITA' FATTORI DI CRISI Definizioni Going Concern Liquidity Risk Contingency Liquidity Risk Asset/Market Liquidity Risk Funding Liquidity Risk Corporate Risk Systemic Risk Market Liquidity Risk Rischio di incorrere in perdite a seguito di conversione/smobilizzo di attività non prontamente liquidabili Funding Risk Rischio che la banca non sia in grado di far fronte in modo efficiente, senza mettere a repentaglio la propria ordinaria operatività ed il proprio equilibrio finanziario, a deflussi di cassa attesi e inattesi. È LA DIMENSIONE COMUNEMENTE MISURATA IN BANCA. 115

116 FUNDING LIQUIDITY RISK 1) Approccio degli stock misura la PFN o CCP Misurazione Funding Liquidity Risk 2) Approccio dei flussi di cassa LIQUIDITY GAP ANALYSIS CONTRACTUAL L.G. OPERATIONAL L.G. temporale cumulato 3) Approccio VAR LIQUIDITY AT RISK Laboratorio sperimentale 116

117 LA MISURA DEL FUNDING RISK: L APPROCCIO DEGLI STOCK La Cash Capital Position è la semplice differenza tra le attività monetizzabili e le passività volatili, spesso commisurata alla dimensione della banca espressa, ad esempio, dal totale attivo. È possibile utilizzare nel computo le poste sotto la linea che indicano un impegno irrevocabile dalla banca ad erogare fondi che, di fatto, potrebbe provocare un deflusso di fondi che andrebbe ad aggiungersi a quello legato al possibile rimborso delle passività volatili. Una CCP elevata indica la capacità di resistere a tensioni di liquidità innescate da una volatilità delle fonti di provvista superiori alle attese, o da problemi nell utilizzo delle attività monetizzabili. cassa ATTIVITA' MONETIZZABILI titoli a breve crediti overnight depositi a vista (PASSIVITA' VOLATILI) raccolta overnight (IMPEGNI AD EROGARE) Espressa eventualmente in percentuale del totale attivo CASH CAPITAL POSITION 117

118 LA MISURA DEL FUNDING RISK: L APPROCCIO DEI FLUSSI DI CASSA (1/2) Limiti dell approccio degli stock: 1. Non prende in considerazione il fattore tempo, in quanto le poste sono distribuite secondo il loro grado di liquidabilità, ma non considerando il momento in cui si rendono effettivamente liquide; 2. Non considera i flussi intermedi. APPROCCIO DEI FLUSSI Contrappone i flussi in entrata e in uscita attesi dalla banca nei mesi successivi, raggruppandoli in fasce di scadenza omogenee e verificando che i primi siano sufficienti a garantire la copertura dei secondi. In tale approccio le poste di bilancio non sono classificate in maniera dicotomica ma secondo un dettagliato ventaglio di fasce temporali, in funzione delle aspettative e dell esperienza passata della banca, in condizioni di mercato normale o moderatamente teso (maturity ladder). Per ciascuna fascia temporale si determina il relativo saldo (liquidity gap); la sommatoria di ciascuno di questi con tutti i precedenti conduce alla determinazione del liquidity gap cumulato, cioè del fabbisogno (o surplus) finanziario nell orizzonte temporale considerato. Tale aggregato riassume la posizione di liquidità complessiva della banca alla fine dell orizzonte temporale preso come riferimento per l analisi. 118

119 LA MISURA DEL FUNDING RISK: L APPROCCIO DEI FLUSSI DI CASSA (2/2) La liquidity gap analysis generalmente è di due tipi: 1. Contractual liquidity gap (mappatura dei flussi in funzione della loro scadenza contrattuale); 2. Operational liquidity gap (mappatura dei flussi in funzione della loro scadenza operativa). LIQUIDITY GAP Temporale Cumulato STRESS ANALYSIS Sensitivity stress test Scenario stress test Il ricorso alla costruzione di una maturity ladder consente di valutare l equilibrio dei flussi di cassa attesi, attraverso la contrapposizione di attività e passività la cui scadenza è all interno di ogni singola fascia temporale. La maturity ladder è sicuramente lo strumento di misurazione più diffuso. 119

120 IL PUNTO DI VISTA DELLA VIGILANZA 120

121 Definizione: Il rischio di liquidità è il rischio di non essere in grado di fare fronte ai propri impegni di pagamento per l'incapacità sia di reperire fondi sul mercato (funding liquidity risk) sia di smobilizzare i propri attivi (market liquidity risk) a causa del fenomeno della trasformazione delle scadenze. La predisposizione di un adeguato sistema di governo e gestione di questo rischio assume un ruolo fondamentale per il mantenimento della stabilità non solo della singola banca, ma anche del mercato, considerato che gli squilibri di una singola istituzione finanziaria possono avere ripercussioni sistemiche. La BI prevede regole in materia di organizzazione e controlli interni con specifico riferimento al governo e alla gestione del rischio di liquidità. Queste disposizioni riguardano: Il ruolo degli organi e delle funzioni aziendali con riferimento a questo specifico rischio; Il processo di gestione del rischio di liquidità, delineandone l articolazione fondamentale; L adozione di un sistema di prezzi di trasferimento interno dei fondi; Gli obblighi di informativa al pubblico. 121

122 RISCHIO DI LIQUIDITÀ IL RUOLO DEGLI ORGANI AZIENDALI (1/4) Le banche formalizzano le politiche di governo del rischio di liquidità e si dotano di un efficace processo di gestione dello stesso, in coerenza con le caratteristiche, le dimensioni e la complessità delle attività svolte, nonché della rilevanza della banca nel mercato di ciascuno degli Stati membri dell Unione Europea in cui è attiva. Gli organi aziendali devono essere pienamente consapevoli del livello di esposizione della banca al rischio di liquidità. 122

123 RISCHIO DI LIQUIDITÀ IL RUOLO DEGLI ORGANI AZIENDALI (2/4) COMPITI DEGLI ORGANI AZIENDALI (1/2) 1) Organo con funzione di supervisione strategica Definisce la soglia di tolleranza al rischio di liquidità, intesa quale massima esposizione al rischio ritenuta accettabile; Approva: a) le metodologie utilizzate dalla banca per determinare l esposizione al rischio di liquidità; b) le principali ipotesi sottostanti agli scenari di stress; c) gli indicatori di attenzione utilizzati per l attivazione dei piani di emergenza; d) il piano di emergenza da attivare in caso di crisi dei mercati ovvero di situazioni specifiche della banca (Contingency Funding Plan CFP); e) i principi relativi alla definizione del sistema di prezzi per il trasferimento interno dei fondi; Si assicura che la funzione incaricata dell elaborazione del sistema di cui al punto e) sia indipendente dalle funzioni operative. 123

124 RISCHIO DI LIQUIDITÀ IL RUOLO DEGLI ORGANI AZIENDALI (3/4) COMPITI DEGLI ORGANI AZIENDALI (2/2) 2) Organo con funzione di gestione Definisce le linee guida del processo di gestione del rischio di liquidità; Alloca le funzioni relative alla gestione del rischio di liquidità all interno della struttura organizzativa, tenendo conto del principio di proporzionalità e dell esposizione della banca a tale rischio. Definisce i flussi informativi interni volti ad assicurare agli organi aziendali e alle funzioni aziendali di controllo la piena conoscenza e governabilità dei fattori che incidono sul rischio di liquidità; Approva il complessivo sistema di prezzi di trasferimento interno dei fondi e lo rivede con cadenza almeno annuale. 3) Organo con funzione di controllo Vigila sull adeguatezza e sulla rispondenza del processo di gestione del rischio di liquidità ai requisiti stabiliti dalla normativa. 124

125 RISCHIO DI LIQUIDITÀ IL RUOLO DEGLI ORGANI AZIENDALI (4/4) SOGLIA DI TOLLERANZA AL RISCHIO DI LIQUIDITA La soglia di tolleranza al rischio di liquidità è intesa quale massima esposizione al rischio ritenuta sostenibile in un contesto di normale corso degli affari (going concern) integrato da situazioni di stress (stress scenario). Le banche la definiscono tenendo conto delle regole prudenziali in essere, nonché delle linee strategiche, del modello di business, della complessità operativa e delle capacità di approvvigionamento dei fondi. La soglia di tolleranza al rischio di liquidità deve essere coerente con le misure adottate per la determinazione del rischio di liquidità sia a breve termine, di norma fino a 1 anno (es. giorni di sopravvivenza, ammontare cumulato degli sbilanci di fascia, gap riferiti a particolari scadenze della maturity ladder ) sia per scadenze maggiori (disavanzi massimi accettabili con riferimento a determinate scadenze benchmark, ad esempio fino a 5 o 10 anni). 125

126 RISCHIO DI LIQUIDITÀ SISTEMA DEI CONTROLLI INTERNI (1/5) SISTEMI DI RILEVAZIONE E DI VERIFICA DELLE INFORMAZIONI Ai fini della gestione del rischio nell orizzonte del breve termine (di norma fino a 1 anno) è necessario raccogliere informazioni sull andamento dei flussi finanziari provenienti da tutte le unità aziendali/di gruppo e sull andamento e composizione delle attività utilizzabili per far fronte alle esigenze di fondi. Ai fini della gestione della liquidità strutturale (di norma oltre l anno) è necessario conoscere le operazioni di raccolta e finanziamento a medio/lungo termine e monitorare periodicamente le grandezze di bilancio nell ambito della gestione dell Asset & Liability Management (ALM) della banca. Le banche si dotano di processi, adeguatamente formalizzati, che consentano una verifica, con cadenza almeno mensile, del grado di liquidabilità e del valore di realizzo delle attività che rientrano nelle riserve di liquidità, nonché dell adeguatezza dello scarto di garanzia (haircut) sulle attività stanziabili. 126

127 RISCHIO DI LIQUIDITÀ SISTEMA DEI CONTROLLI INTERNI (2/5) I CONTROLLI DI SECONDO LIVELLO: LA FUNZIONE DI RISK MANAGEMENT SULLA LIQUIDITA (1/3) Nell allocazione delle funzioni di risk management della liquidità nell ambito della struttura aziendale, le banche tengono conto del principio di separatezza tra le funzioni operative e quelle di controllo fissato dalle vigenti disposizioni di vigilanza in materia di organizzazione e controlli interni. La funzione di risk management deve essere indipendente dalle funzioni di gestione operativa del rischio di liquidità, che incidono sull assunzione dei rischi da parte delle unità di business e modificano il profilo di rischio della banca. La funzione di risk management concorre alla definizione delle politiche e dei processi di gestione del rischio di liquidità, verifica il rispetto dei limiti imposti alle varie funzioni aziendali e propone agli organi con funzioni di supervisione strategica e di gestione iniziative di attenuazione del rischio. 127

128 RISCHIO DI LIQUIDITÀ SISTEMA DEI CONTROLLI INTERNI (3/5) I CONTROLLI DI SECONDO LIVELLO: LA FUNZIONE DI RISK MANAGEMENT SULLA LIQUIDITA (2/3) A titolo esemplificativo, la funzione di risk management: concorre allo sviluppo e procede alla valutazione dei sistemi di misurazione del rischio di liquidità cui la banca è esposta. In tale ambito, è chiamata a fornire valutazioni sui punti di forza e di debolezza ed il grado di prudenza dei parametri di eventuali modelli utilizzati per stimare i cash flow attesi; concorre a definire ed effettuare gli stress test; concorre allo sviluppo e valuta il sistema di prezzi di trasferimento interno dei fondi; predispone e aggiorna la reportistica per gli organi aziendali in cui viene illustrata l esposizione al rischio di liquidità, determinata anche sulla base delle prove di stress; verifica periodicamente la qualità dei dati utilizzati nella metodologia di misurazione del rischio; valuta la congruità delle riserve di liquidità e verifica in modo indipendente il prezzo delle attività che le compongono e, ove diversi da quelli regolamentari, l adeguatezza degli scarti di garanzia (haircut) applicati. 128

129 RISCHIO DI LIQUIDITÀ SISTEMA DEI CONTROLLI INTERNI (4/5) I CONTROLLI DI SECONDO LIVELLO: LA FUNZIONE DI RISK MANAGEMENT SULLA LIQUIDITA (3/3) La funzione di risk management assicura che le prove di stress siano complete: a tal fine, verifica che siano: estese a tutto il gruppo e ai singoli centri di approvvigionamento e utilizzo della liquidità; effettuate con periodicità adeguata (almeno trimestrale); plausibili, in modo da tenere conto delle struttura dei flussi di cassa della banca e delle fonti di rischio ad essa relative. L efficacia del monitoraggio sul rispetto dei limiti è funzionale alla tempestiva attivazione dei piani di emergenza. La funzione di risk management verifica giornalmente il rispetto dei limiti e attiva le procedure di reporting nei confronti dei competenti organi aziendali in caso di superamento degli stessi. 129

130 RISCHIO DI LIQUIDITÀ SISTEMA DEI CONTROLLI INTERNI (5/5) REVISIONE INTERNA La funzione di revisione interna: effettua verifiche periodiche su: a) l adeguatezza del sistema di rilevazione e verifica delle informazioni; b) il sistema di misurazione del rischio di liquidità e il connesso processo di valutazione interna nonché il processo relativo alle prove di stress; c) il processo di revisione e aggiornamento del CFP; d) il sistema di prezzi di trasferimento interno dei fondi. valuta la funzionalità e affidabilità del complessivo sistema dei controlli che presiede alla gestione del rischio di liquidità; verifica il pieno utilizzo da parte degli organi e delle funzioni aziendali delle informazioni disponibili. La funzione di revisione interna sottopone agli organi aziendali, con cadenza almeno annuale, l esito dei controlli svolti. 130

131 RISCHIO DI LIQUIDITÀ PROCESSO DI GESTIONE (1/11) IDENTIFICAZIONE E MISURAZIONE DEL RISCHIO (1/4) Le banche identificano e misurano il rischio di liquidità cui sono esposte in un ottica attuale e prospettica. Punto di partenza per il processo è la ricognizione dei flussi (inflows) e deflussi (outflows) di cassa attesi e dei conseguenti sbilanci o eccedenze nelle diverse fasce di scadenza residua che compongono la maturity ladder. La granularità delle scadenze prese in considerazione è elemento essenziale per la stima dei possibili impatti sulla esposizione al rischio di liquidità. Breve termine Medio/lungo termine Devono essere adottate tutte le misure che consentono di stimare i fabbisogni di liquidità in un orizzonte di riferimento minimo di un mese. Deve essere misurato il rischio con riferimento ad un numero di scadenze almeno pari a quelle utilizzate per la misurazione del rischio di tasso di interesse. 131

132 RISCHIO DI LIQUIDITÀ PROCESSO DI GESTIONE (2/11) IDENTIFICAZIONE E MISURAZIONE DEL RISCHIO (2/4) Attività per cassa Passività per cassa Attivo - Passivo Att - Pass cumulato da 1 a 7gg da 7gg a 15gg da 15gg a 30gg da 1m a 3m da 3m a 6m da 6m a 1y da 1y a 2y da 2y a 3y da 3y a 4 y da 4y a 5y da 5y a 7y da 7y a 10y da 10y a 15y da 15y a 20y

133 300 RISCHIO DI LIQUIDITÀ PROCESSO DI GESTIONE (3/11) IDENTIFICAZIONE E MISURAZIONE DEL RISCHIO (3/4) Attivo - Passivo Att - Pass cumulato 133

134 RISCHIO DI LIQUIDITÀ PROCESSO DI GESTIONE (4/11) IDENTIFICAZIONE E MISURAZIONE DEL RISCHIO (4/4) Nel caso di utilizzo di metodologie interne per la stima dei flussi e deflussi di cassa attesi, le banche adottano ipotesi che siano ragionevoli e prudenti. Il processo di valutazione comprende almeno: la revisione dei principi, del processo di sviluppo delle metodologie utilizzate e degli algoritmi per la misurazione del rischio di liquidità, da condursi e condividere con le unità operative interessate; l'analisi dei risultati anche attraverso l'utilizzo di tecniche di validazione retrospettiva (c.d. backtesting) ed il ricorso ad analisi di sensitività e stress test che dimostrino la tenuta delle ipotesi sottostanti in un periodo lungo che incorpori almeno una situazione di crisi; la verifica della coerenza delle metodologie utilizzate per la stima dell esposizione al rischio di liquidità con il modello di business della banca. Accanto alla ricognizione dei flussi e deflussi di cassa attesi, è necessario che le banche calcolino indicatori in grado di evidenziare tempestivamente l insorgenza di vulnerabilità nella propria posizione di liquidità (indicatori di early warning). 134

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