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3 129961_frontespizio:frontespizio :52 Pagina 1 Diritto &Pratica Lavoro del Settimanale di amministrazione, gestione del personale, relazioni industriali e consulenza del lavoro Commentario alla Riforma Fornero (Legge n. 92/2012 e Legge n. 134/2012) Licenziamenti e rito speciale, contratti, ammortizzatori e politiche attive A cura di Franco Carinci e Michele Miscione Supplemento a Diritto & Pratica del lavoro n. 33 del 15 settembre 2012

4 ABCompos - 3B2 v. 7.51c/W (Jun ) - l:/riviste_libri/bu_lavoro/ Riviste/COPERTINE/0000_12-all-LAVO/colophone/coloph.3d SETTIMANALE DI AMMINISTRAZIONE, GESTIONE DEL PERSONALE, RELAZIONI INDUSTRIALI E CONSULENZA DEL LAVORO EDITRICE Wolters Kluwer Italia S.r.l. Strada 1, Palazzo F Milanofiori Assago (MI) INDIRIZZO INTERNET: Compresa nel prezzo di abbonamento l estensione on line della rivista, consultabile all indirizzo DIRETTORE RESPONSABILE Giulietta Lemmi COMITATO SCIENTIFICO Alfredo Casotti, Maria Rosa Gheido, Pierluigi Rausei, Francesco Rotondi, Angelo Sica, Pierguido Soprani, Gianluca Spolverato REDAZIONE Federica Calcagno, Antonella Carrara, Massimo Mutti, Evelin Oneta REALIZZAZIONE GRAFICA a cura di: Ipsoa - Gruppo Wolters Kluwer FOTOCOMPOSIZIONE Sinergie Grafiche s.r.l Rozzano (MI) Via Pavese, 1/3 Tel. 02/ STAMPA GECA s.p.a. Via Magellano, Cesano Boscone (MI) REDAZIONE Per informazioni in merito a contributi, articoli ed argomenti trattati scrivere o telefonare a: IPSOA Redazione Casella Postale Milano telefono telefax AMMINISTRAZIONE Per informazioni su gestione abbonamenti, numeri arretrati, cambi d indirizzo, ecc. scrivere o telefonare a: IPSOA Servizio Clienti Casella postale Milano telefono telefax Servizio risposta automatica: telefono PUBBLICITÀ: db Consulting srl Event & Advertising via Leopoldo Gasparotto Varese tel. 0332/ fax 0332/ info@db-consult.it Autorizzazione Tribunale di Milano n. 578 del 24 dicembre 1983 Spedizione in abbonamento postale 45% art. 2 comma 20/b legge 662/96 Filiale di Milano Iscritta nel Registro Nazionale della Stampa con il n vol. 34 foglio 417 in data 31 luglio 1991 Iscrizione al R.O.C. n A decorrere dal 18 gennaio 2002, a seguito dell introduzione dell Euro nell ordinamento nazionale per effetto del D.Lgs. 24 giugno 1998, n. 213, tutti gli importi espressi in lire nelle vigenti disposizioni normative si intendono espressi in Euro, secondo il tasso di conversione ufficiale (1 EURO = Lire 1936,27). Il provvedimento n. 213/98 disciplina inoltre le regole di arrotondamento secondo la natura degli importi da convertire. DISTRIBUZIONE Vendita esclusiva per abbonamento Il corrispettivo per l abbonamento a questo periodico è comprensivo dell IVA assolta dall editore ai sensi e per gli effetti del combinato disposto dell art. 74 del D.P.R. 26/10/1972, n. 633 e del D.M. 29/12/1989 e successive modificazioni e integrazioni. ABBONAMENTI Gli abbonamenti hanno durata annuale, solare: gennaio-dicembre; rolling: 12 mesi dalla data di sottoscrizione, e si intendono rinnovati, in assenza di disdetta da comunicarsi entro 30 gg. prima della data di scadenza a mezzo raccomandata A.R. da inviare a Wolters Kluwer Italia S.r.l. Strada 1 Pal. F6 Milanofiori Assago (MI). Servizio clienti: tel servizio.clienti@ipsoa.it ITALIA Abbonamento annuale: Euro 319,00 ESTERO Abbonamento annuale: Euro 638,00 Prezzo copia: Euro 10,00 Arretrati: prezzo dell anno in corso all atto della richiesta Egregio abbonato, Ai sensi dell art. 13 del D.Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, La informiamo che i Suoi dati sono conservati nel data base informatico del titolare del trattamento, Wolters Kluwer Italia S.r.l. Responsabile del trattamento: Ufficio MID. L elenco aggiornato di tutti i responsabili del trattamento potrà essere richiesto per iscritto all Ufficio MID presso la sede della società. I Suoi dati saranno utilizzati dalla nostra società, da enti e società esterne ad essa collegati, nonché da soggetti terzi, titolari autonomi del trattamento, solo per l invio di materiale amministrativo-contabile, commerciale e promozionale. Ai sensi dell art. 7 del citato D.Lgs., Lei ha diritto di conoscere, aggiornare, rettificare, cancellare i Suoi dati, nonché di esercitare tutti i restanti diritti ivi previsti, mediante comunicazione scritta a Wolters Kluwer Italia S.r.l., Ufficio MID, Milanofiori, Strada 1-Palazzo F6, Assago (Mi).

5 Sommario SOMMARIO Presentazione... VII di Franco Carinci e Michele Miscione Nota sugli autori... XII Parte I I LICENZIAMENTI E IL RITO SPECIALE Dipendenti delle amministrazioni pubbliche soggette al D.Lgs. n. 165/ di Franco Carinci Finalità, monitoraggio, oneri finanziari... 5 di Franco Carinci Le modifiche del Parlamento alla legge Fornero sul lavoro con riferimento alle norme sulla c.d. flessibilità in entrata... 8 di Giuliano Cazzola Licenziamenti: tentativo di conciliazione e procedimento speciale di Domenico Borghesi L impugnazione del licenziamento: limiti al sindacato giurisdizionale e specialità del rito. Primi spunti di riflessione di Paola Cosmai Licenziamenti: la metamorfosi della tutela reale di Carlo Cester Licenziamenti nulli: tutela reintegratoria rafforzata di Elena Pasqualetto Il licenziamento disciplinare nell art. 18 St. lav di Marco Tremolada Le regole in materia di giustificato motivo oggettivo di licenziamento di Adriana Topo Il licenziamento inefficace di Franco Carinci La revoca del licenziamento di Irene Corso Decorrenza ed eventi sospensivi del nuovo licenziamento di Marco Frediani Licenziamenti collettivi di Luigi Angiello V

6 Commentario alla Riforma Fornero Parte II CONTRATTI, AMMORTIZZATORI, POLITICHE ATTIVE Contratto a termine: nuove regole di Luigi Menghini Lavoro accessorio, partite iva, contratto d inserimento e stage di Michele Miscione L apprendistato di Franco Carinci Lavoro a tempo parziale: meno flex, più security di Marina Brollo Maternità e paternità di Donata Gottardi Lavoro intermittente: uso improprio e misure di contrasto di Maria Giovanna Mattarolo Le novità normative sul lavoro a progetto e sulle prestazioni di lavoro autonomo rese dalle partite iva nella L. n. 92/2012 (art. 1, c ) di Giuseppe Santoro Passarelli Associazione in partecipazione di Paolo Tosi Assunzioni di disabili: rafforzamento delle norme di Francesca Limena Le dimissioni del lavoratore dalla L. 188/2007 alla riforma del di Maurizio Del Conte Appalto di opere o di servizi e solidarietà di Paolo Tosi Gli ammortizzatori sociali di Domenico Garofalo Gli incentivi alle assunzioni di Domenico Garofalo Politiche attive e servizi per l impiego di Valeria Filì Gli esami non finiscono mai : le politiche per l occupabilità passano per l apprendimento permanente e la certificazione delle competenze di Vincenzo De Michele La delega sulla partecipazione dei lavoratori: verso un nuovo modello di relazioni industriali? di Emanuele Menegatti VI

7 Presentazione PRESENTAZIONE La «Riforma Fornero» (L. n. 92/2012) di Franco Carinci già Professore ordinario di Diritto del lavoro nell Università di Bologna e di Michele Miscione - Professore ordinario di Diritto del lavoro I. Come ogni primo commento ad un nuovo intervento legislativo, anche questo non pretende essere in alcun modo esaustivo e tanto meno risolutivo; ma solo costituire un contributo al dialogo apertosi in questo scorcio estivo, propedeutico a quel pronunciamento giurisprudenziale che solo potrà permettere un approccio più ponderato e realistico. Tanto più che l intervento in parola costituisce una vera e propria riforma del diritto del lavoro, comparabile per dimensione e rilevanza a quella di circa un decennio fa, con una continuità di immagine che non trova riscontro nella disciplina. Le c.d. riforma Biagi e Fornero sono entrambe destinate a segnare la politica di un Governo, del secondo Berlusconi e di Monti, con la conclamata intenzione di rendere più europea la regolamentazione del nostro mercato del lavoro, tramite una accresciuta flessibilità nella provvista della forza lavoro. Ma minore è stata la libertà di manovra usufruibile da un Governo politico di centrodestra vis-à-vis di quella di un Governo tecnico di unità nazionale, peraltro a fronte di una situazione del mercato del lavoro migliore allora di ora. Sicché la riforma Biagi sarà costretta a giocare sulla sola flessibilità in entrata, tramite una ricca tipologia contrattuale c.d. atipica, essendole preclusa qualsiasi possibilità di intervenire su quella in uscita ; mentre la riforma Fornero potrà compensare una stretta sulla flessibilità in entrata con una apertura su quella in uscita. A ben guardare al termine della lunga gestazione della riforma, non è che la conclamata ed enfatizzata stretta sulla flessibilità in entrata si sia rivelata un gran che: dal punto di vista quantitativo, l unico contratto soppresso è stato quello d inserimento, con un recupero del suo potenziale ex-beneficiario a livello di sostegno sul mercato del lavoro; mentre dal punto di vista qualitativo, il bilancio finale è risultato di sostanziale pareggio. Il fatto è che cammin facendo ad avere buon gioco è stato un pressing confindustriale, confortato e rafforzato da un andamento del mercato del lavoro destinato a far passare in secondo piano il problema del precariato rispetto a quello della disoccupazione, ormai aggirantesi intorno alle due cifre. L autentica svolta, questa sì destinata a far celebrare la riforma Fornero come storica, riguarda la flessibilità in uscita, con la irreversibile caduta della mitica tutela reale, quale unica ed esclusiva sanzione della illegittimità del licenziamento individuale effettuato con riguardo ad una unità produttiva o ad un impresa al di sopra dei limiti occupazionali previsti dall art. 18 St. lav. Non meno discussa della prima è stata la seconda parte della riforma Fornero, che qui si stacca decisamente da quella Biagi, perché affronta se pur dilatandola nel tempo la questione degli ammortizzatori sociali, non certo nella prospettiva di una flexsecurity celebrata a parole, ma disattesa nei fatti, bensì di una riduzione di spesa. Solo che la duplice concorrente stretta sulle pensioni e sugli ammortizzatori sociali sta avendo una ricaduta pesantissima sulla fascia di età fra i cinquanta ed i sessanta anni, oggi investita in pieno dalla crisi occupazionale, sì da aver attivato una iniziativa parlamentare correttiva attualmente in corso. II. La riforma Fornero non è uscita dal Parlamento così come vi era entrata; né questa era nell effettiva possibilità del Governo, che avrebbe sì voluto licenziarla con un decreto legge, se non avesse trovato sulla sua strada il disco rosso del Pd. Di fatto al di là ed al di sopra di una consultazione condotta fra un Ministro con a sua parola d ordine o così o tutti a casa, una Cgil arroccata in una difesa intransigente ed una Cisl alla ricerca confusa di una posizione mediana; la partita si è giocata fra il Presidente del Consiglio e l ormai famoso acronimo Abc (Alfano, Bersa- VII

8 Commentario alla Riforma Fornero ni, Casini). Presentata con una dote di ben 77 articoli, verrà emendata al Senato; poi accorpata in soli 4 mega-articoli e passata alla Camera con altrettanti voti di fiducia, non senza essere accompagnata da un esplicita dichiarazione del Presidente del Consiglio sulla disponibilità del Governo ad una sua tempestiva modifica nelle materie calde della flessibilità in entrata e dei c.d. esodati. Così è diventata la l. 28 giugno 2012, n. 92, con un art. 1, sui contratti, di 69 commi, un art. 2, sugli ammortizzatori sociali, di 73, un art. 3, sulle tutele in costanza di rapporto, di 49 ed un art. 4 di ulteriori disposizioni, di 79; ed è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 3 luglio 2012 ed è entrata in vigore il 18 luglio E, non senza l intento di occultarne quella rilevanza tanto pubblicizzata nel corso della sua gestazione ma divenuta via via più ostica, la rubrica risulta sottodimensionata a Disposizioni in materia di riforma del mercato del lavoro, nonché nobilitata con l aggiunta di in prospettiva di crescita. Questa è l evidenza condivisibile da tutti; mentre è una valutazione attribuibile solo a chi scrive, senza alcun coinvolgimento dei co-autori del commento, quella che evidenzia la rottura con la precedente esperienza di concertazione, per quanto fosse discontinua e variabile. A far da interlocutori espliciti e pubblicizzati sono stati i partiti e non più i sindacati, secondo quanto voluto e teorizzato dallo stesso premier, nel sostanziale silenzio di quel vociante partito politico culturale che, al tempo del Libro Bianco del secondo Governo Berlusconi, aveva tuonato contro l abbandono di una concertazione a tutto campo a pro di un dialogo sociale settoriale e specifico. Il che si inserisce in una visione tecnocratica propria per formazione e carriera del nostro Presidente del Consiglio, che considera disturbante qualsiasi mediazione, non solo sociale, come ben testimonia l insofferenza per la concertazione, fatta oggetto di pesante ironia; ma anche partitica, come ben prova l allergia per la stessa attività parlamentare, compressa e coartata con un autentica alluvione di voti di fiducia e trattata con sufficienza. Non è una questione strettamente personale del premier, perché proprio questa visione tecnocratica è stata alla base della scelta del Presidente della Repubblica, che, a giudizio di chi scrive, ha compiuto l errore di ritenere la democrazia incapace di far fronte ad una situazione di emergenza, con la fisiologica attribuzione dell ultima parola al popolo ; sì da delegittimare in partenza un Governo che non solo deve chiedere enormi sacrifici ma addirittura dovrebbe procedere a cessioni di sovranità a istituzioni sovra-nazionali. Il rischio reale è che, alla scadenza elettorale del prossimo anno, questo Governo riconsegni un Paese ancora in pieno travaglio economico e finanziario, ma per di più democraticamente collassato, per l assenza sia di un autentica union sacreé sia di una fisiologica dialettica maggioranza/opposizione. Di fatto è una visione tecnocratica che deve scontare un ammucchiata parlamentare tenuta insieme, in apparenza, dall ostinazione del Presidente della Repubblica a salvare la legislatura; ma, in realtà, dalla paura delle elezioni, per il Pd perché preoccupato di vincerle, per il Pdl perché sicuro di perderle. Del che la riforma Fornero ha inevitabilmente risentito anche dopo il suo varo, ieri, con riguardo alla flessibilità in entrata, tanto da essere rivista dal successivo decreto sviluppo; e, oggi, con rispetto agli ammortizzatori sociali, oggetto di ripensamenti ed aggiornamenti. Sembrerebbe che il punto di maggior tenuta della riforma sia stato proprio quello relativo all art. 18 St. lav. Di certo è stato quello ritenuto dal Governo più emblematico e significativo con riguardo al mondo esterno, comunitario ed extra-comunitario, proprio per l altissimo valore simbolico rivestito dalla tutela reale, vera e propria linea del Piave del sindacalismo uscito vittorioso dall autunno caldo del 68. Tant è che pur di accreditare questo messaggio, il Governo ha finito per dar semaforo verde ad un testo assemblato alla meglio, difficile da leggere in italiano, impossibile da tradurre in inglese, sì da far dubitare che qualcuno all estero sia in grado di capirci qualcosa. Così come c è stata restituita la legge in questione appare frutto di un progressivo arretramento rispetto al progetto originario di mantenere la tutela reale solo per il licenziamento discriminatorio, con un susseguirsi di concessioni in calando nei confronti del licenziamento disciplinare e del licenziamento economico. L elemento di continuità rispetto al passato è dato dal mantener ferme le fattispecie giustificatorie, quali la giusta causa ed il giustificato motivo soggettivo ed VIII

9 Presentazione oggettivo; mentre l elemento di discontinuità è costituito dal ricollegare alla accertata mancanza di tali fattispecie diverse causali sanzionatorie, quali, per il licenziamento disciplinare, l insussistenza del fatto contestato oppure allorché il fatto rientra tra le condotte punibili con una sanzione conservativa sulla base delle previsioni dei contratti collettivi ovvero dei codici disciplinari applicabili e, per il licenziamento economico, la manifesta infondatezza del fatto posto a base del licenziamento. Rimane, però, del tutto problematico il coordinamento fra le fattispecie giustificatorie e le causali sanzionatorie che secondo il legislatore dovrebbe risolversi in un continuum cronologico-logico del tutto indipendente, ma può ben rivelarsi diverso, con una prevedibile prevalenza delle prime rispetto alle seconde. Ciò, per la ben nota tendenza inerziale della giurisprudenza, qui favorita dalla approssimazione tecnica delle causali sanzionatorie, riecheggianti in maniera impropria le nozioni penalistiche del fatto non sussiste e costituzionali della manifesta infondatezza dell eccezione di costituzionalità. Non si può condividere quell interpretazione che, con un autentica caricatura della ratio e della lettera della legge tende a reintrodurre la tutela reale come regola, considerando discriminatorio qualsiasi licenziamento rivelatosi privo di giusta causa o di giustificato motivo. Ma si può ben convenire che proprio per tale prevedibile prevalenza, la tutela reale potrà rivelare nella risposta giurisprudenziale una resistenza certo non programmata e non voluta dal legislatore. Per non parlare di quell autentico punto di caduta costituito dal licenziamento battezzato come inefficace per difetto di quella motivazione contestuale pur resa obbligatoria oppure del previo esperimento del procedimento ex art. 7 St. lav, consacrato dal Giudice delle leggi come fatto di civiltà o del procedimento ex novellato art. 7 l. n. 604/1966; ma in verità efficace ad ogni effetto, con l unico costo di un indennità risarcitoria dimidiata. Molta attenzione al licenziamento individuale, poca al licenziamento collettivo, di cui il legislatore sembra essersi accorto solo da ultimo, allorché qualcuno ha avuto il buon senso di ricordargli che l art. 18 St. vi giocava un ruolo niente affatto secondario. E, conformemente a quanto già fatto, anche qui c è un sostanziale ridimensionamento del precedente rigorismo formale, sia rendendo sanabili gli eventuali vizi della comunicazione iniziale nell ambito di un accordo sindacale concluso nel corso della procedura ; sia sanzionando i possibili difetti della procedura con una indennità risarcitoria questa volta piena. Col che si può anche convenire, non senza una duplice riserva: quel rigorismo formale era stato enfatizzato dalla giurisprudenza a compensazione dell assoluto lassismo sostanziale, circa il perché ed il percome del licenziamento collettivo, qui lasciato tale e quale ; ma, soprattutto, il licenziamento collettivo fa corpo unico con il regime relativo al sostegno del reddito di chi ne è colpito, qui indebolito e ridimensionato. È troppo presto per formulare un bilancio. Ma, a stare al primo impatto, la riforma Fornero è passata senza lasciar traccia, eccezione fatta per qualche lode di convenienza da parte di chi vi era comunque tenuto per ragioni di ufficio: la trattativa anti-spread si trascina fra molte parole e pochi fatti, con i mercati sempre più scettici. Ma l averne privilegiato la vendibilità all estero a costo di una approfondita e obbiettiva valutazione della rispondenza all evoluzione di un mercato del lavoro in via di accelerato peggioramento, potrebbe averla resa già in partenza inefficace, se non anche controproducente. Il tempo sarà buon giudice, anche se non ci si deve aspettare troppo da un mero cambiamento del regime giuridico, perché qui il diritto può fare qualcosa, ma non troppo, sicché, con buona pace del giurista, qualsiasi cambiamento nel sistema non deve essere né mitizzato né demonizzato. Il giurista non può disinteressarsi del contesto economico e politico che costituisce lo sfondo di un intervento riformatore, a costo di non coglierne il motivo ispiratore di fondo, pur tradotto e reso in un intreccio difficilmente districabile di compromessi. Ma questo non lo esime, anzi tutt altro, dal procedere oltre, cercando di recuperare un interpretazione, che senza tradire intenzionalmente ed apertamente la ratio della legge, cosa da avvocato e non da studioso, restituisca sistematicità e chiarezza alla sua lettera, a premessa di un applicazione quanto più prevedibile e certa, di cui l ultima e definitiva parola spetterà alla giurisprudenza. IX

10 Commentario alla Riforma Fornero Solo che nonostante la buona intenzione manifestata con l introduzione di un percorso privilegiato per i licenziamenti, il consolidarsi di una lettura inequivoca di un articolo uscito malamente manipolato dalle mani del legislatore come il 18 St. lav. richiederà tempo, sì da rimandare alle rinomate calende greche quella prevedibilità richiesta da una qualsiasi attività d impresa. III. Ci sono tre questioni che hanno preceduto ed accompagnato la riforma Fornero, trovandovi altrettante risposte. La prima è quella avanzata e pubblicizzata con grande risonanza mediatica sotto l etichetta imprecisa ma suggestiva di contratto unico, coincidente con uno a tempo indeterminato: risolubile liberamente durante un periodo iniziale; oppure tendenzialmente sempre, dietro pagamento di un corrispettivo monetario. Di essa è rimasta nella legge una traccia verbale, laddove ribadisce la primazia del contratto a tempo indeterminato, qualificato con un darwinismo d accatto come dominante ; nonché una coda normativa, quale costituita dal perpetuare la vecchia tecnica della conversione di un contratto di lavoro non stabile risultato fuori regola in uno di lavoro subordinato a tempo indeterminato. Niente più, perché la ricca tipologia atipica figlia della legge Biagi che sembrava destinata ad una severa potatura resta la stessa, eccezion fatta per quel contratto di inserimento, non certo il più meritevole di morte precoce. Il legislatore si è spinto a qualificare il contratto di apprendistato - visto e vissuto a sensi del precedente testo unico a tempo indeterminato - come l ingresso formativo nel mercato del lavoro destinato a divenire del tutto prevalente. Si può prescindere dall artificio ideologico, fino al limite del propagandistico, di considerare a tempo indeterminato un apprendistato, il cui carattere temporaneo riesce confermato dal previsto limite di durata con contemporaneo potere di recesso ad nutum. Ma certo è che il farne l ingresso formativo par excellence è privo di qualsiasi riscontro effettivo, perché il suo tipo prevalente, cioè il professionalizzante, copre una percentuale del tutto minoritaria della componente giovanile avviata al lavoro fra i 15 ed i 29 anni, fra l altro con una prospettiva assai più occupazionale che formativa, pienamente riflessa nella sua stessa regolamentazione legislativa e collettiva. La seconda questione, riguarda la stra-citata contrapposizione fra insiders ed out-siders, cioè fra quelli dentro e fuori, peraltro con riferimenti volta a volta diversi: inoccupati contro disoccupati assistiti, inoccupati e disoccupati contro occupati, assunti a termine contro assunti senza termine, dipendenti da datori al di sotto contro dipendenti da datori al di sopra dei limiti statutari ecc. Quest ultima contrapposizione ruotante intorno all art. 18 St. lav. è stata al centro della riforma, la quale ha fatto propria un analisi estremamente controversa, che, cioè, la difficoltà di licenziare il lavoratore adulto in pianta stabile costituisse la causa prima della propensione ad assumere il lavoratore giovane in forma precaria. Senza prendere qui posizione in una discussione finita in un aspra diatriba, c è da prendere atto che la riforma opta per una unificazione al ribasso, la quale non rimette in discussione i limiti statutari, ma conserva la preesistente tutela obbligatoria per chi ne restava fuori e ridimensiona la previgente tutela reale per chi ne era dentro, non senza l evidente intenzione di rendere quest ultima da esclusiva a residuale. Certo l operazione risente qui di quella approssimazione tecnica che caratterizza l intera riforma. Niente di nuovo rispetto alla costante di una rivoluzione permanente della materia, dettata da una prevalente ragione politica o personale, perché non solo una maggioranza ma anche un ministro vuol segnare la sua presenza; sicché la sistematicità, la coerenza, la univocità passano tutte in secondo piano, compromesse non solo dall inevitabile tira e molla nel rapporto coi partiti e con le forze sociali, ma dalla comune consapevolezza della caducità della riforma in itinere. Ed ecco che qui la prospettiva prescelta di puntare ad una riunificazione al ribasso delle tutele garantite agli insiders ed agli outsiders dello Statuto si trova contraddetta, episodicamente, da una disciplina del licenziamento inefficace per carenza di motivazione meno grave per i primi che per i secondi; e sistematicamente dall aver previsto per i primi, ma non per i secondi quel vero e proprio monstrum, qui assunto nel senso di mirabile ma passibile d esser declinato in futuro nel senso di mostruoso, costituito dal nuovo processo. X

11 Presentazione Seguendo un ordine di crescente rilevanza, la terza questione è data da quella flexsecurity, favoleggiata in lungo ed in largo nel nostro paese, con un attenzione tanto spasmodica quanto approssimativa alla mitica realtà del nord-europa, quale esemplarmente testimoniata dalla Danimarca. Di per sè trattasi solo della fusione di due parole dalla portata completamente opposta, perché la flessibilità richiama l insicurezza e la sicurezza richiama la rigidità. Tant è che la convivenza è resa possibile dalla diversa dimensione i cui si muovono, la flessibilità nel rapporto e la sicurezza nel mercato del lavoro: libertà di licenziamento versus garanzia di reddito e di nuovo impiego, previo un eventuale percorso formativo. Solo che la Danimarca non è l Italia, tant è che non avrebbe costituito un esempio significativo neppure quando il favorevole andamento economico permetteva al suo sistema di flexsecurity di funzionare al meglio, come non è più oggi. Ma, soprattutto, un tale sistema richiede un enorme impegno finanziario ed organizzativo, perché costruito su una integrata politica del lavoro, con la componente passiva data da una doppia rete di sicurezza, una mutualistica per chi ne ha titolo ed una assistenziale per chi non ne ha, sì da coprire l intero universo inoccupato e disoccupato; e con la componente attiva costituita da un articolata e qualificata struttura di servizi per l impiego, formativi e ricollocativi, obbligatori per i destinatari di indennità di supporto. Di questo non può dirsi ci sia alcun riscontro nella riforma Fornero, che fa il paio con quella pensionistica, all insegna di una politica della lesina, certo non priva delle sue buone ragioni, ma non contrabbandabile per quel che non è. IV. Se pure il Presidente del Consiglio pensa poco e male della concertazione e la riforma Fornero sia stata assai più discussa che concordata con le organizzazioni sindacali, certo non si può dire che questa non dia spazio alla contrattazione collettiva, a cominciare proprio dalla tanto discussa flessibilità in entrata, dove la legge risulta inevitabilmente priva della necessaria adattabilità e accettabilità. Ma qui risulta ancor più evidente la sofferenza di un diritto sindacale ormai residuo anacronistico di un glorioso passato: la cittadinanza sui luoghi di lavoro è affidata allo spezzone dell originario art. 19 St. lav. sopravvissuto al referendum abrogativo, cioè a quella lett. b) che, stando alla consolidata interpretazione offertane dalla giurisprudenza costituzionale, richiede non solo la partecipazione attiva alla trattativa ma anche la debita sottoscrizione; mentre, a sua volta, la contrattazione c.d. delegata è riservata alla formula varata fra il vecchio ed il nuovo secolo delle organizzazioni sindacali comparativamente più rappresentative, che già generica di per sé, viene anche qui lasciata a se stessa, senza farsi carico di un eventuale divisione fra le organizzazioni medesime. Solo che qui a latitare non è solo, né principalmente il Governo, questo come qualunque altro che lo abbia preceduto, ma lo stesso movimento sindacale, abituato, rectius viziato da un indirizzo legislativo tutto all insegna di una promozione senza regolamentazione, basata di fatto su un unità di azione sempre più difficile da realizzare in quell alternanza maggioritaria peculiare della c.d. seconda Repubblica. XI

12 Commentario alla Riforma Fornero NOTA SUGLI AUTORI FRANCO CARINCI già Professore ordinario di Diritto del lavoro nell Università di Bologna MICHELE MISCIONE Professore ordinario di Diritto del lavoro nell Università di Trieste LUIGI ANGIELLO già Professore ordinario nell Università di Parma DOMENICO BORGHESI Professore ordinario di Diritto processuale civile nell Università di Modena e Reggio Emilia MARINA BROLLO Professore ordinario di Diritto del lavoro nell Università di Udine GIULIANO CAZZOLA Vice presidente della Commissione lavoro della Camera CARLO CESTER Professore ordinario di Diritto del lavoro nell Università di Padova IRENE CORSO Dottore di ricerca in Diritto del Lavoro nell Università di Padova e Avvocato in Padova PAOLA COSMAI Avvocato in Napoli MAURIZIO DEL CONTE Professore associato di Diritto del lavoro nell'università degli Studi "Bocconi" di Milano VINCENZO DE MICHELE Avvocato in Foggia VALERIA FILÌ Professore associato di Diritto del lavoro nell Università di Udine MARCO FREDIANI Avvocato in Vasto DOMENICO GAROFALO Professore ordinario di Diritto del lavoro nell Università di Bari DONATA GOTTARDI Professore ordinario di Diritto del lavoro nell Università di Verona FRANCESCA LIMENA Ricercatrice dell Università di Padova MARIA GIOVANNA MATTAROLO Professore ordinario di Diritto del lavoro nell Università di Padova EMANUELE MENEGATTI Ricercatore di Diritto del lavoro nell Università di Bologna LUIGI MENGHINI Professore ordinario di Diritto del lavoro nell Università di Trieste ELENA PASQUALETTO Ricercatrice nell Università di Padova GIUSEPPE SANTORO PASSARELLI Professore ordinario di Diritto del lavoro all Università Sapienza di Roma ADRIANA TOPO Professore straordinario di Diritto del lavoro nell Università di Padova PAOLO TOSI Professore ordinario di Diritto del lavoro nell Università di Torino MARCO TREMOLADA Professore ordinario di Diritto del lavoro nell Università di Padova XII

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