Antichi metodi di pesca 05 U ganganu O

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1 Antichi metodi di pesca 05 U ganganu O U ganganu, un tipo di pesca praticato principalmente nel primo trentennio del secolo scorso, quando erano quasi inesistenti i motori endotermici installati sulle barche da pesca, in solo pochi casi protrattosi fino al periodo bellico. Le zone erano tutti i fondali sabbiosi, o meglio fangosi, la profondità compresa fra braccia. Solitamente si pescavano: triglie, frittura mista, tutto il pesce che vive sul fondo a quelle profondità. La rete, lunga circa m. munita di bande (ali) laterali, la maglia (circa cm. 20 cm.), diminuiva fino a circa un terzo, prima di arrivare al collegamento con la manica; la lunghezza delle bande, era di solito circa 40 metri. La manica, grossolanamente era simile a un imbuto, con maglie di grandezza a scalare da (nodi in un palmo), che diminuiva ancora prima di arrivare alla parte terminale del sacco, un cilindro di rete chiudibile con un legaccio, applicato alla parte terminale. Bande e manica erano armate con bremmu da ciungiu, e bremmu da nata, lo scopo era quello di dare un assetto corretto alla rete (un muro sul fondale che a semicerchio), si stringeva attorto al pesce convogliandolo nella manica e catturarlo. La cospicua quantità di piombo rendeva l attrezzo pesante, in modo che rimanesse aderente al fondo, i sugheri servivano solo a mantenere la rete verticale e determinavano l altezza del muro.. Con il gangano erano utilizzati anche due o tre liboin per parte, al massimo otto in tutto. Il libon era una corda tipica ligure, realizzata quasi esclusivamente a S. Fruttuoso di Camogli con un tipo di erba che cresce tutt ora in grande quantità sul Monte di Portofino. Era tagliata quando raggiungeva l altezza di oltre un metro e mezzo, lasciata seccare per diversi giorni all ombra, era necessario che perdesse rigidità, a favore della resistenza che aumentava con l attorcigliamento. Si iniziava col fissare l erba in un punto fisso, s incrementava la corda attorcigliandola per mezzo di una ruota fissata su di un carrello che si allontanava man mano che aumentava la lunghezza, fino a raggiungere la fine del campo e infine veniva tagliata. La lunghezza dei liboin approssimativa di 30 m., con un diametro di circa tre cm. Queste corde avevano discreta densità, precipitano velocemente sul fondo, la resistenza modesta ma sufficiente, la durata limitata di solito a una stagione di pesca, il costo contenuto. Per questo tipo di pesca erano usati gozzi di lunghezza compresa fra i 22 e 26 palmi (m. 5,50 6,50), l equipaggio di norma era formato di quattro marinai, il natante si spostava a remi.

2 Raggiunta la zona di pesca, acquisita la direzione della corrente, si gettava l ancora con la debita lunghezza di corda in funzione della profondità; al terminale era assicurata a barì (un barile in legno vuoto l che fungeva da boa galleggiante), alla quale era assicurato il capo dei liboin, in direzione della corrente, questi erano calati a cerchio, seguiti dalla rete, con i restanti liboin, si ritornava alla barì, chiudendo la zona, un cerchio con un diametro di circa 100 m.. Era necessario attendere che l attrezzatura guadagnasse il fondo, poi lentamente iniziava il recupero dei liboin, che rotolando sul fondale, generavano un velo di fango dal quale il pesce scappava, compito della rete era di convogliarlo nella manica e quindi catturato. Un tipo di pesca faticoso, il cerchio era chiuso e la rete recuperata con la sola forza delle braccia, lavoro poco remunerato, considerato che la quantità di pesce catturato in una giornata, difficilmente superava 4 o 5 rubbi ( 1 rubbo = 8 Kg. circa). Dal gangano è derivata la rete a strascico (bansella o paranza, crouxeta), trainata quasi sempre da due latini, in zone principalmente battute dal vento, era doveroso trascinarla aperta a C sul fondo. L incremento maggiore di questa pesca, è avvenuto a seguito dell installazione di motori endotermici sulle barche, che utilizzando i divergenti poteva essere praticata da un solo natante, in qualsiasi zona della costa, purché il fondale lo permettesse. Sestri Levante, Gbertorino

3 Antichi metodi di pesca 21 A can-neta O A can-neta Non è corretto inserirla fra i metodi di pesca, meglio definirlo un divertimento per ragazzini. Nel primo dopoguerra, non esistevano le canne da pesca in fibra di carbonio, dei mulinelli non ne conoscevamo l esistenza forse a causa forse del costo molto elevato, il nylon aveva da poco sostituito la trama. All inizio della primavera andavamo a cercare le canne, della varietà chiamata d India, la lunghezza sui tre metri, doveva essere diritta, possibilmente con pochi nodi, leggera e allo stesso tempo resistente, di solito ne tagliavamo due o tre. Portate a casa le sistemavamo perfettamente orizzontali sopra un armadio, con la punta leggermente rialzata in modo che dopo l essiccazione, le parte terminale più sottile rimanesse leggermente curva. Verso fine giugno chiudevano le scuole, nei primi giorni di vacanza si andava a comprare, filo in nylon, ami e almeno un paio di arpette (triplice amo), il piombo di solito ce lo procuravano i papà ricavandolo da vecchi piombi di reti. Sceglievamo la canna migliore, fra quelle riposte sopra l armadio, che erano diventate gialle, il loro peso era diminuito la resistenza aumentata. Le prime volte sotto la guida dei papà, si legava lenza, piombo e ami, in poco tempo l attrezzatura era pronta a (can-neta l ea armà). Da ponente, tutti i latin che nella notte erano andati alla lampera, quando il tempo era buono, erano ormeggiati vicino alla riva con l ancora legata a poppa, la cima di prua, legata a pernaccia di un gozzo della luce alato sulla spiaggia a un paio di metri dalla battigia. Al mattino ci alzavamo all alba in fretta si andava alla spiaggia, i pescatori avevano appena pulito la rete, noi ragazzini recuperavamo i pezzi di acciughe prima che facessero pulizia e sciacquassero le reti, quando andavano a stenderle sulla spiaggia, dopo aver chiesto loro il debito permesso salivamo sulle barche. Sul fondo del mare, i residui di acciughe avevano già attirato branchi muggini di modeste dimensioni, smaridde, bugotti, gagginelli, qualche mormora e a volte anche piccoli branzini. Si pescava al tocco, senza gavitello, spesso con la sola arpetta. Dopo un paio di ore circa di solito si smetteva, cominciava a far caldo, il pesce si era saziato e quindi si allontanava, fra noi ragazzi iniziava la conta, il confronto sul pescato, preponderante era il numero e la grandezza. Era motivo di orgoglio, essere per quel giorno ritenuto il più bravo, il giorno dopo ricominciava la competizione. I pesci catturati erano portati regolarmente a casa, cotti e mangiati in giornata. Solo se a casa c era già altro pesce, acciughe, sarde o sgombri, il pescato da noi ragazzi era sempre pulito, ma il mattino seguente di solito andava nel secchio della spazzatura, raramente era consumato il giorno dopo, considerato che il frigorifero a quel tempo era un elettrodomestico sconosciuto in famiglia. Quando il pesce andava nel secchio, era per me sempre un momento di riflessione, avevo l impressione che per quel giorno il mio contributo alla famiglia, si fosse ridimensionato, in ogni caso restava il divertimento. GBertorino

4 Antichi metodi di pesca 22 A seppia-a cun a femina O Un tipo di pesca amatoriale del quale non si conoscono le origini, praticato quasi sempre da dilettanti considerato che sono molto limitati i margini di guadagno. Si pratica solitamente nei mesi di febbraio e marzo, periodo di accoppiamento, e relativa fecondazione delle uova prima di essere deposte. È necessario procurarsi la femmina di seppia, i metodi di cattura possono essere diversi, totanea o reti, è indispensabile che la preda non sia offesa nella sua vitalità, non subisca danni rilevanti. È indispensabile che la seppia non abbia ancora deposto le uova, il riconoscimento necessita di adeguata esperienza. La seppia legata con amo e lenza, viene debitamente mantenuta viva, ancorata in mare vicino alla spiaggia, oppure per brevi periodi in capiente vasca riempita con acqua di mare. Si parte al mattino all alba, con la seppia in un secchio pieno di acqua di mare, si raggiunge la zona di pesca, la barca di solito è la lancia a remi, a questo punto si mette a mare la seppia trainandola, in attesa che si presenti un maschio per l accoppiamento. Proprio durante l atto sessuale, si procede velocemente al recupero e conseguente cattura di entrambi con il salaio.

5 Il maschio sistemato a bordo, la femmina rimessa a mare per ripetere l operazione e catturare altre prede. Buone zone di pesca sono: la baia di Ponente, quella di Levante, preferibilmente i bassi fondali sabbiosi, il litorale fra Cavi e Lavagna meno frequentato dai Sestrini perché più distante. A proposito ritengo doveroso raccontare una mia esperienza personale. Nel 1960 prestavo servizio militare presso la 5^ aerobrigata all aeroporto di Miramare di Rimini, la spiaggia solitamente deserta, poco prima di Fogliano avevo notato un vecchio pescatore, nei mesi di febbraio e marzo pescava seppie. Alla sera calava le attrezzature, non distante dalla riva, consistevano in cassette di quelle usate per contenere le patate, al tempo erano realizzate in assi di legno, e non in plastica come attualmente, trasformate in nasse erano riempite con rami dl alloro. Inoltre disponeva di un due-tre reti composte da ali (bande) e il sacco centrale (manica), dove erano sistemati i soliti rami di alloro, l entrata protetta da giunchi sistemati con debita cura in modo che le seppie una volta entrate, difficilmente riuscivano a uscire. L attrezzatura veniva fissata al fondo sabbioso a mezzo di canne che affioravano alla superficie. Un mattino ero andato ad aiutare questo anziano pescatore, il quale con queste semplici attrezzature aveva catturato oltre 60 Kg. di seppie, scelsi una bella femmina, ben viva, subito immersa in un secchio pieno d acqua. Arrivati a terra, nella baracca sulla spiaggia dove riponeva gli attrezzi, l avevo sistemata in una vasca più capiente piena di acqua di mare. La sera caricati gli attrezzi sulla barca, preparata la seppia-femmina, poi riposta nel solito secchio per il trasporto, siamo andati a calare gli attrezzi per un altra notte di pesca. Ultimata questa operazione ho messo la seppia a mare, l anziano pescatore, seguiva con interesse tutti i miei movimenti, non conosceva l esistenza di questo modo di pescare seppie. In pochi minuti ho catturato sei o sette seppie maschio, sotto il sguardo stupito e meravigliato dell anziano pescatore, poi la femmina ha iniziato ad avere difficoltà a guadagnare il fondo, forse stanca ed esausta rimaneva a galla, i maschi si avvicinavano fino ad una distanza di cm. senza accoppiarsi, la pesca era finita. Solo a quel punto che il pescatore rimasto in silenzio per tutto il tempo, con un sorriso ironico mi ha fatto capire che il tipo di pesca non era adatto per la zona, mi disse: in vita mia il mestiere di ruffiano non è mai piaciuto. Sestri Levante gbertorino

6 Metodi di pesca 25 La pesca nel periodo bellico O Quanto segue è frutto di racconti sentiti nell arco di anni, da persone stimate, ho fondati motivi per ritenerli attendibili, personalmente ho qualche ricordo sfuocato. Durante il periodo bellico l attività della pesca a Sestri Levante, ha subito un rallentamento, per la mancanza di personale, i giovani erano partiti per il fronte, i meno giovani erano stati richiamati alle armi. Era difficile formare gli equipaggi per praticare la pesca con la lampera. Per pescare le acciughe sono state riutilizzate le manaite, tipo di pesca che si può praticare con due sole persone e con gozzi di modeste dimensioni. Le pesca con le reti da posta: reboughee, riccee, bat-tugge, trem-maggi era praticata con una certa regolarità, anche la pesca dei bianchetti con u sciabegottu La carenza di marinai aveva favorito la pesca a strascico, bansella, si poteva praticare con due o tre persone, di solito dalle famiglie di pescatori, che qualche anno prima avevano avuto la disponibilità economica a installare motori endotermici sui latini di proprietà Con vari disagi si è continuato pescare fino l otto Settembre In seguito le difficoltà sono aumentate: la pericolosità in mare, la carenza di carburante e i bombardamenti di Recco e Zoagli, con la conseguente interruzione di linea ferroviaria e l Aurelia, buona parte delle barche provviste di motore furono utilizzate per trasporto merci e persone, lungo li paesi lungo la costa fino a Genova. Le barche da pesca erano soggette a mitragliamenti da parte di aerei e bettoline, (naviglio militare tedesco di modeste dimensioni poco veloci, disponevano di motori di potenza limitata, erano armate di cannoncino e mitragliatrici, facevano la spola fra le navi da carico e la costa, trasportavano di tutto, principalmente armi e munizioni). Dopo il bombardamento della Tubifera e dei Cantieri del Tirreno di Riva e il conseguente licenziamento di molti operai, tanti ex pescatori sono ritornati a esercitare l attività della pesca convivendo con le difficoltà, altri si ingegnarono a produrre sale, di solito negli scogli, altri di dedicavano a piccoli commerci. La pesca con la lampara si praticava raramente, i chiari, (la lampada) alimentata con accumulatori era racchiusa in un globo di vetro reso ermetico, con cavo elettrico era calata sott acqua, in modo che non fosse visibile da terra. In caso di pericolo, quali l avvicinarsi di imbarcazioni militari o aerei, si spegneva la luce a si scappava. Il rientro di solito avveniva al porto evitando le pattuglie Tedesche o da Levante con debita attenzione; (nel palazzo Lena Merica era ubicato il comando tedesco). Logicamente il pesce era abbondante, le battute brevi (mordi e fuggi), ci sono stati pescatori feriti a seguito di mitragliamenti. Con il facile reperimento di materiale bellico, era iniziata una nuova un attività di pesca, colpire con bombe, i branchi di pesce avvistati in prossimità della costa, a seguito dello scoppio la maggior parte di pesce venuta a galla era raccolta con salaio. Numerosi sono stati gli incidenti subiti dai bombardieri, alcuni gravi con perdita anche di arti, e menomazioni alla vista. Dopo il periodo bellico nel 1946, la pesca ha avuto grande sviluppo, infatti assieme all attività portuale, era per i giovani, una delle scarse possibilità di lavoro. In quel periodo erano costituiti una ventina di equipaggi che praticavano la pesca della lampara, con l impiego di circa 150 persone. Sestri Levante gbertorino

7 Antichi metodi di pesca 31 Le batterie O Le batterie accumulatori di corrente, utilizzate per generare luce per la pesca con: manaite, cianciolo, fiocina, in uso prima, durante il conflitto bellico e in seguito fino agli anni , sostituite con il rientro delle lampare a gas alimentate a petrolio e successivamente a GPL. Le batterie al piombo, muta (quattro o cinque), erano collegate in serie, ciascuna era costituita da quattro elementi la cui tensione unitaria 2 Volt, per un totale di 32 Volt dell intero sistema. Le principali marche: Safa, Tudor, Magneti Marelli e qualche altra che non rammento, il contenitore una robusta cassetta in legno, il peso considerevole, ogn una fra i Kg.. Solitamente accendevano una lampada ad incandescenza dexemia ( lumen Watt 25 Volt), era necessario che rimanessero accese circa 8 ore. Al mattino dovevano essere sbarcate, portate in centri abilitati alla ricarica. I fratelli Muzio (Paila), gestivano un impianto per la ricarica di fronte al pontile Margherita, sul pontile avevano sistemato una piccola gru manuale in modo da prelevare le batterie dal gozzo e riporle sopra un carretto, attraversata la strada erano depositate e debitamente collegate al generatore. La sera si riportavano a bordo logicamente il sollevamento era fatto a forza di braccia, per limitare gli sforzi, erano stati costruiti carretti con il pianale più basso del solito circa cm. dal suolo, erano state utilizzate piccole ruote in gomma provenienti dal mercato dell usato, provenienti dai resti demolizione di piccoli aerei. Il problema era quando c era mare mosso, era necessario passare dalle spiaggia con un percorso molto più lungo e faticoso. Altra stazione di ricarica era ubicata sulla spiaggia di ponente, di fronte alla Pizzeria Riri, una baracca legno e lamiera, era gestita da Gino Ballerini, maresciallo dei Carabinieri in pensione, e un collaboratore Achille Mazzolani pensionato della Marina militare, le batterie erano trasportate dalle barche con carretti a mano con ruote di gomma, in estate con la sabbia asciutta occorrevano almeno tre o quattro persone per attraversare la spiaggia. Ultima stazione di ricarica era in piazza Marsala dietro al Comune nel garage di Enrico Romiti, per i gozzi ubicati sulla spiaggia di ponente era un po fuori mano, mentre era più agevole per le barche sulla spiaggia di Levante, il mezzo di trasporto sempre lo stesso carretto a mano con ruote in gomma. Su di un carretto era di solito sistemata una muta ( 4 o 5 batterie), nel caso in cui la forza disponibile era maggiore (cinque o sei marinai) si raddoppiava il carico. Provvedevano in proprio alla ricarica i Misceta e Campanun, con gruppi di elettrogeni di potenza minore. I gruppi di ricarica erano costituiti da dinamo azionate da motori elettrici trifase,alimentati a 450 Volt, tensione in rete all epoca, la tensione della monofase era 260 Volt, l ente fornitore di energia elettrica in zona era l UNES. Le dinamo fornivano una tensione Volt cc. virtuale, che logicamente diminuiva con il carico, l operazione di ricarica, non necessitava di elevata abilità, ma di un costante controllo, le batterie erano collegate al gruppo elettrogeno dopo

8 aver svitato il tappo ad ogni elemento, per evitarne lo scoppio nel caso fosse otturato il piccolo foro di sfiato, si doveva evitare di avvicinarsi con fiamme per non causare scoppi dovuti alla presenza d idrogeno che si generava durante il processo. La normale operazione durava circa 8 10 ore, era controllato periodicamente il livello della soluzione all interno di ogni elemento, che doveva immancabilmente ricoprire le piastre di piombo, lo scopo, evitarne il precoce deterioramento. L aggiunta di acqua distillata ovviava l inconveniente, era necessario non eccedere per non variare le percentuali della soluzione. Il controllo della densità del liquido era un modo grossolano per controllare lo stato di ricarica. Con l invecchiamento, si riteneva fosse conveniente, un leggero aumento della percentuale di acido solforico, per aumentare la densità, operazione scorretta che nella maggior parte dei casi ne comprometteva la durata. Alla sera le batterie cariche erano riportate a bordo, operazione giornaliera che comportava almeno un ora di lavoro, la partecipazione degli anziani era modesta, tenuto conto che era necessario l impiego considerevole di forza fisica. Un estate era capitato di pescare per una intera settimana, a Levante pou Ti (dopo le cinque terre in prossimità di La Spezia), allo scopo di recuperare un pochino di velocità, il terzo gozzo l avevamo lasciata a terra sistemando le batterie sulla barca della rete, che svolgeva anche la funzione di chiaro, il giorno dopo per effettuare la debita ricarica era necessario trasportarle sulle spalle ( u latin, la barca con la rete era ormeggiata vicino alla riva) e quell accumulatore, Safa rinforzate, pesavano oltre 80 Kg., ricordo che mi sentivo male a pensare al giorno dopo, considerato almeno un paio ci passavano sulle spalle ed era necessario portarle per sei otto metri. Al sabato le batterie erano portate alla ricarica, ma l operazione era solitamente effettuata la domenica in modo da essere pronte per la serata. La durate delle batterie era alquanto limitata, il primo anno accendevano agevolmente, anche in notti lunghe, una lampada dexemia, al secondo anno nelle notti lunghe a metà della stagione, si accendeva una seimia (6.000 lumen - 300W 24V), e al massimo per un paio di anni successivi, poi venivano rottamate. Altro grande problema era costituito dall indispensabile rientro in sede per la ricarica. Non ricordo il costo per la ricarica, mentre il prezzo di acquisto di ogni muta, mi sembra fosse compreso fra Lit e a seconda della potenza, il peso e la ditta costruttrice, un costo molto elevato, era grossomodo pari al guadagno di un marinaio per l intera stagione di pesca. Durante il periodo bellico, le lampade protette da un contenitore metallico con vetro reso ermetico, erano calate sott acqua (10 15 m.), per non essere viste da terra, da navi militari e spente al sopraggiungere di aeroplani. Sestri Levante Gbertorino

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