Capitolo 3 La produzione di energia da biomassa

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1 Capitolo 3 La produzione di energia da biomassa Introduzione La conversione energetica della biomassa può avvenire in centrali termoelettriche o piccoli impianti (industriali o domestici) secondo diverse modalità: impianti con turbina a vapore (TAV), turbina a gas (TAG), cicli combinati (TAG+TAV), motori Diesel, motori a ciclo Otto, motori a vapore, stufe/caldaie per sola produzione di calore, etc.. Le alternative elencate si diversificano l una dall altra in base a numerose variabili, fra cui spiccano principalmente la taglia dell impianto, la destinazione d uso e le tipologie di componenti relativi alla fase di combustione e di trattamento dei fumi. Fra le diverse classificazioni che si possono operare ne riportiamo una, molto semplice, strutturata secondo la tipologia di energia prodotta (termica o elettrica+termica) e, per ciascuno di tali ambiti, secondo la tipologia di impianto. Impianti per la produzione di energia termica stufe e cucine domestiche alimentate a carbonella o a legno cucine domestiche alimentate a biogas Caldaie centralizzate per edifici o reti di teleriscaldamento, alimentate a legno impianti per la produzione di calore di processo: alimentati a residui agricoli secondari e residui forestali secondari Impianti per la produzione di energia elettrica+termica TAG alimentata a gas da gassificazione o biogas TAV con caldaia a combustibile solido TAG+TAV con il ciclo sovrapposto (TAG) alimentato a gas da gassificazione di biomassa, oppure a biomassa solida nel caso innovativo in cui si utilizzano scambiatori di calore, e con il ciclo sottoposto (TAV) con caldaia a recupero del calore di scarico del ciclo sovrapposto MCI a ciclo Otto alimentati a bioetanolo MCI a ciclo diesel alimentati a olio vegetale (o a biodiesel) Motori a vapore Figura 1 Schema di classificazione degli impianti Nella sua trasformazione da materia prima ad energia, la biomassa subisce una serie di processi e trasformazioni, che possono essere sintetizzati nello schema seguente: 1. Processi di pre-trattamento 2. Processi di trasformazione 3. Conversione biomassa energia termica 4. Conversione energia termica energia elettrica

2 E evidente che non sempre è necessario eseguire tutti i passaggi sopra elencati (palesemente, un impianto per la produzione di solo calore non avrà la conversione di cui al punto 4). La cosiddetta filiera della bioenergia assume pertanto, nella sua forma più completa, una struttura molto complessa, con numerose alternative di pre-trattamento (o assenza di pre-trattamento), trasformazione, etc.., e non può essere presentata senza compiere semplificazioni di vario genere. Lo schema che presentiamo di seguito rappresenta pertanto una struttura semplificata della filiera, allo scopo di inquadrare in maniera molto generale le tipologie di processo cui la biomassa può essere sottoposta. Pre - treatment Conversion Type of fuel End uses Figura 2 Schema semplificato di filiera della bioenergia Processi di pre-trattamento Le trasformazioni di tipo meccanico su combustibile solido servono a: - ridurre il contenuto di umidità del materiale, innalzandone il potere calorifico e la inalterabilità - aumentare la capacità di manovrabilità e gestione. In ordine temporale di esecuzione sono: - taglio e preparazione della pianta; - essiccazione (può avvenire in più fasi, anche dopo le successive); - cippatura/frantumazione/grinding; - briquetting/pellettizzazione. 50

3 Taglio e preparazione della pianta Sotto il profilo operativo, la raccolta e preparazione della biomassa forestale si articola nelle seguenti fasi: - abbattimento; - allestimento; - concentramento e movimentazione. L abbattimento consiste nella recisione al piede degli alberi e nel loro atterramento; l operazione viene condotta normalmente con l uso di motosega e attrezzi utili per governare la direzione di caduta delle piante (cunei e leve di abbattimento, paranchi, etc.). L allestimento comprende le fasi di sramatura (asportazione delle ramaglie), depezzatura (taglio del materiale lungo in sezioni accorciate) ed eventuale scortecciatura del legname. La sramatura e depezzatura vengono eseguite con la motosega e utensili manuali quali roncole e accette. Questa operazione può essere eseguita sul letto di caduta oppure all imposto dopo aver esboscato le piante intere o sramate. Il legname depezzato o in fusti lunghi viene dapprima concentrato e successivamente movimentato lungo la via di esbosco (pista, linea di teleferica o di avvallamento) fino all imposto. Figura 3 - Abbattimento di un larice Essiccazione Questa è un azione che può avvenire in più fasi della lavorazione della biomassa e, come dice il termine stesso, riduce il contenuto idrico. Il legno si considera già secco se il contenuto di acqua è circa il 15% su base secca, cioè se il rapporto (peso acqua contenuta)/(peso legno senza acqua) è circa 0,15; per questo tipo di materiale il contenuto energetico è intorno a 16 MJ/kg. Se invece consideriamo del legno verde, che ha circa il 100% di acqua su base secca, il contenuto energetico scende a 8,2 MJ/kg. Da ciò l importanza della fase di essiccazione. 51

4 Figura 4 Allestimento di una pianta di pino strobo Cippatura/frantumazion/grinding Queste operazioni di trasformazione consistono generalmente nella riduzione del materiale legnoso di vario tipo e forma in elementi di piccole dimensioni (detti particelle o cips), tramite l azione meccanica di uno strumento a coltelli (nel qual caso si parla di sminuzzatura o cippatura, che dà origine a frammenti di forma e dimensioni regolari) o di uno strumento a martelli (si parla allora di triturazione o frantumazione e i frammenti hanno forma e dimensioni più irregolari). Il cippato si può presentare in tre forme: - cippato bianco, che deriva dalla sminuzzatura di solo legno, ovvero di fusti o tronchetti preventivamente scortecciati; - cippato marrone o con corteccia, che presenta colore più scuro del precedente e, a parità di altre condizioni, una massa volumica leggermente superiore poiché la corteccia si frantuma in particelle di dimensioni più piccole e riempie parte degli interstizi fra i cips, dando origine a un cumulo più compatto; è il tipo di cippato più frequente, sia nella produzione forestale sia in quella industriale; - cippato verde, contenente anche fogliame (soprattutto aghi), in quanto ottenuto dalla riduzione in cips di piante intere o di porzioni della chioma. La presenza di aghi nel cippato comporta una maggiore umidità e rende il materiale più soggetto a fenomeni indesiderati di compattamento all interno dei silos. Alla cippatura (o frantumazione) può seguire il grinding, ossia la polverizzazione del materiale di cippatura. 52

5 Briquetting/pellettizzazione Comprende tutte le operazioni necessarie per aumentare la densità della biomassa esistente in forma di materiale polverizzato tramite pressatura. Il processo produttivo prevede, come prima operazione, l essiccazione del materiale di partenza, che deve raggiungere un umidità intorno al 15%. Questo viene poi sminuzzato finché presenta dimensioni omogenee per procedere alla successiva compressione e per poter eventualmente miscelare tra loro differenti specie. La produzione vera e propria del pellet consiste in una pressatura delle particelle ottenute, a pressione molto elevata (nell ordine di bar). Il pellet, che al termine di tale fase può raggiungere temperature prossime ai 250 C, viene quindi raffreddato, privato delle polveri fini e depositato in silos o conservato in appositi sacchi. Il processo produttivo si basa su due differenti azioni: una prettamente meccanica, l altra fisico-chimica. Nella prima vengono eliminati i vuoti presenti nei materiali sfusi, nella seconda l elevata temperatura indotta dalla pressione esercitata sul legno determina fenomeni di parziale fluidificazione e polimerizzazione della lignina. Il risultato finale consiste in un cilindretto di legno pressato e perfettamente coeso. La densità del materiale ottenuto è di circa kg/m 3 ; il suo potere calorifico varia, in base alle specie utilizzate e all umidità (che oscilla tra il 6% e il 12%), da 16 a 19 MJ/kg; il contenuto energetico è pertanto sensibilmente più elevato rispetto a quello della legna appena tagliata (10-15 MJ/kg). Processi di trasformazione I processi di trasformazione del combustibile parzialmente trattato o non trattato producono combustibili direttamente utilizzabili nei cicli di produzione di energia [AA.VV., Ed. R. Sala, 1995]. Di seguito presentiamo un succinto dettaglio sul contenuto energetico dei biocombustibili e sulla reperibilità della materia prima indicata per ciascun processo di trasformazione. Carbonizzazione La carbonizzazione è essenzialmente un processo di riscaldamento e parziale combustione del legno in difetto d aria. I prodotti di questo processo sono principalmente carbonella e secondariamente materiali liquidi o gassosi. Le caratteristiche della carbonella dipendono fortemente dalle temperature raggiunte nei vari stadi di carbonizzazione. In particolare, all aumentare della temperatura di carbonizzazione il contenuto di carbonio aumenta e diminuiscono ossigeno e azoto, mentre ovviamente diminuisce il rapporto tra prodotto e materia prima cioè (peso carbonella)/(peso legno secco). La carbonella più pura si ottiene da forni a temperature superiori a 500 C, in quanto la frazione maggiore di acidi, catrami ed elementi volatili abbandona il materiale lasciando un alto contenuto di carbonio (oltre il 70%). Una carbonella ad alto contenuto carbonioso è più 53

6 friabile, cosa che causa perdite di peso dovute alla polverizzazione durante le manovre e il trasporto. Pirolisi E un processo simile alla carbonizzazione ma le temperature del processo sono maggiori e il prodotto è tipicamente per il 25% carbonella, per 15% gas, per il 45% acido pirolegnoso e catrame e per il 15% olio (escluso il contenuto in acqua). Gli ultimi due prodotti menzionati sono derivati dalla condensazione dei composti volatili. I liquidi ottenuti dalla pirolisi hanno densità dell ordine di 1200 kg/m 3, con un potere calorifico di circa MJ/kg di materia prima secca, e sono indicati con il nome di bio-olio. Il rendimento energetico del processo di pirolisi si aggira intorno al 70%. Riportiamo in tabella qualche dato a riguardo. Proprietà Gasolio Bio-olio Potere calorifico 45,93 MJ/kg 23 MJ/kg Viscosità a circa 40 C 4 mm2/s 51 mm2/s Cenere 0,01 % 0,1 1,5% Figura 5 Confronto fra gasolio e olio di pirolisi Gli esperimenti condotti sul bio-olio hanno messo in luce la necessità di combinare la sua produzione ad un processo di upgrading deciso. La ricerca è attualmente volta a mettere a punto questa fase necessaria. La pirolisi lenta viene fatta avvenire ad una temperatura intorno ai 600 C e produce le tre fasi (carbonella, gas, liquido) in ugual proporzione. Il processo di pirolisi fast è studiato, invece, per massimizzare la produzione della fase liquida, fino al 75% in peso. Per ottenere ciò, si opera un rapido riscaldamento della biomassa fino a C e poi un altrettanto rapido raffreddamento dei vapori per minimizzare le reazioni secondarie. Operando a velocità ancora più elevate e ad una temperatura di ca. 700 C si ha infine la cosiddetta pirolisi flash, grazie alla quale si può ottenere fase liquida fino all 80% in peso. In entrambi i casi, il gas di pirolisi e il residuo solido vengono immediatamente riutilizzati per sostenere il processo, mentre il prodotto utile è la fase liquida, conosciuta comunemente come olio di pirolisi, liquido piroligneo o bio-olio. Le possibilità di impiego del liquido piroligneo sono diverse. In primo luogo, si può avere utilizzo diretto in motori a combustione interna (motori diesel adattati). Un altra alternativa, sempre ai fini della produzione di energia elettrica, è l utilizzo in caldaie per la produzione di vapore da far espandere in turbina. Infine, sono state studiate anche applicazioni in turbina a gas. 54

7 Gassificazione La gassificazione della biomassa produce una miscela gassosa ricca di idrogeno e monossido di carbonio, con presenza di azoto proveniente dall immissione di aria. Il gas è prodotto dalla combustione parziale dei biomassa solida in un reattore in cui l ossigeno o l aria per la combustione passa verticalmente verso l alto o verso il basso o orizzontalmente. Per la discussione più dettagliata sulla tecnologia, sui prodotti della gassificazione e sui sistemi di abbattimento fumi della combustione del gas, si rimanda ad un paragrafo successivo. Fermentazione per produzione di etanolo La fermentazione è il processo fondamentale per la produzione di etanolo. Lo schema completo del processo prevede un pre-trattamento della biomassa, la fermentazione e la distillazione di etanolo. La tecnologia tradizionale utilizza un tipo di fermentazione dello zucchero, in assenza di ossigeno, che produce una soluzione con 8 10% di alcool dopo ore di fermentazione. La soluzione di etanolo viene poi distillata in una colonna di distillazione multistadio fino a raggiungere una concentrazione del 95%. Se si desidera produrre alcool anidrato, che è il caso in cui l etanolo viene mescolato con il gasolio, si aggiunge benzene alla soluzione e viene eseguita una terza distillazione. L alcool anidrato contiene il 99,8% di etanolo. Il 50% del carbonio contenuto nella biomassa viene rilasciato come CO 2 durante il processo di fermentazione. In realtà la produzione di etanolo da materiali cellulosici non è molto avanzata. Il legno in generale è composto da cellulosa, emicellulosa e lignina e quest ultima non può essere trasformata in zucchero tramite idrolisi. Il successo della tecnica di produzione di etanolo da materiali cellulosici dipende molto da come si svilupperanno le tecnologie sia di idrolisi (enzimatica) che di fermentazione. E comunque un campo di ricerca importante in quanto risolverebbe la competizione dell utilizzo del terreno tra colture alimentari e colture energetiche. Sintesi del metanolo La materia prima per la produzione di metanolo sono piante ad alto contenuto cellulosico, quali i residui forestali o agricoli. La tecnologia di produzione del metanolo è totalmente differente dal processo biologico della produzione dell etanolo. Prima di tutto il materiale grezzo è convertito in un prodotto gassoso intermedio da cui è sintetizzato il metanolo. La sintesi del metanolo è una tecnologia avanzata e commerciale mentre il primo processo di gassificazione intermedia è ancora oggetto di ricerca. La ricerca è condotta soprattutto nei paesi con grandi potenzialità di raccolti legnosi, ad esempio il Brasile. Per motivi economici il metanolo verrà molto probabilmente prodotto in grandi impianti, in quanto la quantità minima di materia prima per una produzione economicamente valida di metanolo è stimata attorno a t/anno. Questo dato così stringente non compare ad esempio per l etanolo. 55

8 Spremitura e transesterificazione La spremitura è il processo meccanico di estrazione dell olio vegetale. Normalmente la biomassa è precedentemente riscaldata e poi introdotta nella pressa. Mentre il materiale passa attraverso la pressa la pressione aumenta e l olio viene estratto con continuità. Al termine della spremitura ancora il 20% dell olio originale è rimasto nei resti, cosicché è possibile una seconda spremitura che lascerà il 5% dell olio nei residui. Tipicamente la produzione è di t/giorno. Esistono anche piccole presse con 40 kg/h di produzione, in cui l olio residuo è però pari al 14% del contenuto originale. L energia richiesta per il processo varia a seconda della materia prima. Per il preriscaldamento e l operazione di spremitura si consumano circa 0,1 1 kwh/litro olio prodotto. Ragionevolmente il 5% del valore energetico dell olio è assorbito dal processo di estrazione, se per il lavoro meccanico è usato un motore MCI possiamo stimare che il 20% dell olio prodotto è usato per il processo. Concludiamo che la produttività della spremitura è intorno all 80%. Per la produzione di olio vegetale, successivamente alla spremitura o direttamente a seguito della raccolta delle piante oleose sono impiegati solventi per l estrazione dell olio. Il solvente usato è ad esempio l esano, con cui rimane solo 1% dell olio nel residuo. L olio vegetale può essere trattato in modo da renderlo simile al gasolio, anche nella viscosità, trasformandolo in etil- o metil-estere (si parla in tal caso di biodiesel ); oppure miscelandolo direttamente con il gasolio stesso; oppure usandolo da solo ma pre-riscaldandolo fino a ca. 70 C prima dell utilizzo. Il fatto di uniformare l olio vegetale al gasolio è motivato dall intento di ridurre i problemi dell impianto in cui il combustibile è utilizzato in miscela con il gasolio, di solito un motore Diesel, ma ovviamente in questo modo si limita l uso dell olio vegetale. Relativamente al biodiesel, abbiamo appena visto come esso venga ottenuto attraverso la reazione fra l olio vegetale ed un alcol (ad esempio metanolo: CH 3 OH); l estere più semplice che si può ottenere con questo processo, detto transesterificazione, è il metil-acetato (CH 3 -COO-CH 3 ). Il maggior vantaggio del biodiesel deriva dal fatto di avere una viscosità di C, paragonabile a quella del gasolio ( C); al contrario gli oli vegetali crudi hanno una viscosità di C e per essere utilizzati nei comuni motori diesel senza modifiche sostanziali agli stessi devono essere preriscaldati ad una temperatura di ca. 70 C prima dell utilizzo. Il numero di cetano aumenta, passando da dell olio a del biodiesel; il numero di cetano del gasolio è

9 Olio Gasolio Biodiesel Vegetale LHV (MJ/kg) 33,5 42, ,3 Viscosità (cst) 24,8 29 (50 C ) 2,5 (50 C) 4,01 (50 C ) Densità (kg/m 25 C) Numero di cetano Figura 6 Confronto fra gasolio, olio vegetale e biodiesel Digestione anaerobica La digestione anaerobica è la decomposizione di biomassa umida attraverso azione batterica in assenza di ossigeno, allo scopo di produrre un gas composto principalmente da metano e anidride carbonica, noto come biogas. La digestione anaerobica di rifiuti solidi urbani sepolti nelle discariche produce un gas conosciuto come gas di discarica ; si tratta di un processo che accade naturalmente e continuamente ad opera della decomposizione batterica della materia organica. Il metano prodotto in discarica si spande normalmente in atmosfera, ma può anche essere estratto tramite appositi collettori. Il biogas propriamente detto è prodotto a partire dai liquami animali, che vengono fatti scaldare all interno di un contenitore stagno detto digestore. I digestori possono variare in dimensione da 1 m 3 per una piccola unità familiare a 2000 m 3 per una grande installazione commerciale [Ramage & Scurlock, 1996]. Il biogas così prodotto può essere utilizzato direttamente per la cottura ed il riscaldamento domestico oppure venire usato come combustibile in motori a combustione interna per generare elettricità. Il contenuto energetico dei biocombustibili Nel caso di combustibili solidi, che essi siano stati processati o meno meccanicamente, ci sono alcune proprietà che vanno considerate e da cui dipende fortemente il valore del potere calorifico, in particolare il contenuto di acqua e di ceneri. Riguardo al contenuto di acqua si è già visto precedentemente l esempio del legno, per il quale l umidità del 15% (su base secca: kg acqua / kg massa secca) è associata a 16 MJ/kg e l umidità del 100% a 8,2 MJ/kg. In maniera analoga per i residui dell agricoltura si ritrova una forte dipendenza del potere calorifico dal contenuto in acqua. Per quanto riguarda il contenuto in cenere sappiamo che il legno ha un contenuto abbastanza costante, attorno all 1%, di cenere (a sua volta costituita al 50% di carbonio) mentre i residui dell agricoltura sono molto variabili, dall 1% fino a oltre il 20%. Generalmente le sostanze che compongono la cenere non hanno valore energetico, cosicché una sostanza con 20% di cenere ha un contenuto energetico minore del 19% rispetto ad una sostanza con l 1% di cenere. Per questo distinguiamo in tabella la parte dedicata ai combustibili solidi, con le varie classificazioni in base a contenuto in cenere ed in acqua, e la parte dedicata agli altri combustibili, liquidi e gassosi, raggruppati in un solo termine. 57

10 Tipologia comb. Cenere% Contenuto in acqua in peso % su base umida Potere calorifico MJ/kg Legno 1 8,1 9,4 10,7 15,1 16,8 18,7 Residui agricoli 5 7,5 8,7 9,9 14,0 15,6 17,4 Residui animali 20 7,3 8,4 9,6 13,7 15,2 17,0 Carbonella da legno 4 29,3 32,4 Carbonella da residui 20 24,3 27,0 agricoli Figura 7 Potere calorifico e contenuto in ceneri dei biocombustibili solidi Tipologia combustibile Potere calorifico MJ/kg biogas (60% CH 4 ) Metano 50 Metanolo 19,9 Etanolo 26,8 Figura 8 Potere calorifico dei biocombustibili liquidi Tecnologie di conversione energetica per impianti di potenza Combustione diretta: tipologie di caldaie Tra i vari processi di utilizzazione energetica della biomassa, la combustione diretta è senza dubbio il più antico e il più maturo. La combustione è un processo termochimico nel quale un combustibile trasforma la propria composizione combinandosi con un comburente, generalmente aria, ed emettendo calore. Per avviare la reazione chimica, occorre fornire al combustibile, in presenza del comburente, una forte quantità di calore iniziale, tale da superare la temperatura di innesco della fiamma propria del materiale usato. Una volta innescata la fiamma, il calore sviluppato è sufficiente a mantenere il materiale in combustione e la reazione va avanti sino a quando il materiale da bruciare si è consumato. La combustione delle biomasse lignocellulosiche avviene attraverso due fasi: una prima fase di riscaldamento e gassificazione e una seconda di combustione vera e propria. A queste contribuiscono due distinti apporti di aria: l aria primaria e l aria secondaria. Nella fase primaria, la biomassa viene immessa in una caldaia dove è già in atto un processo di combustione. Come primo effetto essa si riscalda fino a circa 200 C e perde il suo contenuto d acqua, andando incontro a una completa essiccazione. Finita l essiccazione, la biomassa comincia a perdere alcuni dei suoi componenti sotto forma di gas e aumenta ulteriormente la sua temperatura fino a 400 C (fase di degassificazione). Nella fase secondaria, il gas prodotto aumenta ulteriormente di temperatura e si incendia, contribuendo a mantenere le condizioni alle quali l intero processo si svolge. Questa è la fase di combustione vera e propria. 58

11 In condizioni di reazione senza un puntuale controllo, come in un camino o all aperto, queste due fasi avvengono con l alimentazione di un unica aria comburente, mentre in una moderna caldaia industriale vi è netta distinzione tra le aree dove si svolgono le due fasi e tra gli apporti di aria primaria e secondaria. Tramite un apposito ventilatore, l aria primaria viene insufflata in quantità controllata verso la biomassa appena introdotta in caldaia. Questa serve all essiccazione e alla gassificazione del materiale. Quando la biomassa comincia a gassificare, il gas da essa prodotto entra in un camino nel quale si insuffla l aria secondaria, che ha funzione di comburente per i gas sprigionatisi. La combustione non viene mai fatta avvenire con un apporto d aria stechiometrico, bensì in eccesso d aria (con λ tipicamente intorno a 1,5); questo perché il processo reale non avviene in condizioni quasi stazionarie (come invece si ipotizza nel calcolo stechiometrico) e dunque non tutta l aria fornita al sistema si combina col combustibile. Figura 9 Schema della combustione del legno La caldaia costituisce, ovviamente, l elemento fondamentale degli impianti a conversione diretta, sia da un punto di vista del rendimento di conversione, sia soprattutto dal punto di vista ambientale in termini di controllo delle sostanze inquinanti che si possono formare dal processo di combustione. Inoltre risulta il componente più direttamente condizionato dal tipo di combustibile adottato. Per quanto riguarda le soluzioni tecniche i diversi produttori presentano svariati modelli ma, fondamentalmente sono tutte riconducibili a tre tipologie fondamentali che trovano diversa applicazione in base alla taglia dell impianto: Forno a griglia mobile o a griglia vibrante, per impianti caratterizzati da basse potenze. Combustione in sospensione, per combustibili fini (tipo segatura). Forno a letto fluido in generale per impianti di taglia superiore ai 10 MW th. 59

12 Caldaie a griglia mobile e a griglia vibrante La combustione diretta su griglia è stata nel passato la tecnica di combustione più diffusa e, dopo una fase di semi-abbandono, sta tornando nuovamente ad essere adottata nei grandi impianti di nuova generazione grazie all interesse di alcuni tra i massimi produttori mondiali. Uno dei suoi principali limiti è il maggior livello di emissioni prodotte e la ridotta possibilità di funzionare, per uno stesso forno, con tipi diversi di combustibile. Comunque per caldaie di piccola-media taglia, inferiori ai 20 MW el, e per combustibili ad elevato tasso di umidità, basso potere calorifico, (per esempio corteccia residua delle segherie) la tecnologia a griglia resta una soluzione competitiva che richiede minori investimenti per sistemi di pretrattamento della biomassa e mantiene comunque livelli di emissioni contenute. Figura 10 - Esempio di forno a griglia mobile (Ansaldo-Volund) I bruciatori a griglia mobile, molto usati negli impianti di incenerimento con temperature da 850 a 1000 C, hanno trovato applicazione anche per impianti a biomassa di più piccola taglia. Attraverso una tramoggia di carico la biomassa viene caricata sulla griglia che la trasporta all interno del forno, e contemporaneamente, favorisce un adeguato mescolamento con l aria comburente, che viene insufflata dal basso attraverso la griglia stessa, raffreddandola. Le temperature massime raggiungibili sono limitate dalla temperatura di fusione delle ceneri, il che porterebbe al pericolo di occlusione dei fori da cui fuoriesce l aria. Altra aria viene immessa dall alto allo scopo di aumentare la turbolenza di tutto il sistema. Una configurazione classica di un forno a griglia mobile è quella a scalini (si parla in tal caso, con terminologia anglosassone, di moving grate ); in esso la griglia è inclinata, tale da consentire l avanzamento del combustibile, ed è formata da file parallele di elementi fissi e mobili. Questo tipo di bruciatore è adatto a funzionare con diversi tipi di combustibili, in un ampio campo di umidità e di dimensioni della biomassa, e con il limite di 18 MJ/kg per il 60

13 potere calorifico del combustibile in ingresso. Le condizioni per avere un buon rendimento dalla combustione di biomassa dipendono dal progetto del forno e dalla messa a punto dei parametri fondamentali che regolano la combustione : portata e distribuzione di aria comburente, corretto mescolamento combustibile-comburente, temperatura di combustione. In un bruciatore di questo tipo scendendo lungo la griglia il combustibile realizza le quattro fasi del processo completo di conversione: essiccamento, degassificazione, accensione, combustione. Figura 11 - Moving grate della Babcock & Wilcox Vølund Nel caso della travelling grate, la griglia mobile è costituita da elementi collegati l uno all altro in una catena orizzontale; il meccanismo è simile a quello che possiamo osservare nelle scale mobili di un grande magazzino. La biomassa viene fatta cadere ad una estremità della griglia e da lì trasportata fino all altra estremità, dove le ceneri cadono nel silo di stoccaggio nel momento in cui la catena si ripiega su se stessa per tornare indietro. Il combustibile, dunque, non ha un movimento relativo rispetto alla griglia, bensì si muove solidalmente con essa; è questa la differenza rispetto alla moving grate, dove la biomassa viene mossa lungo la griglia e non insieme alla griglia. La velocità di spostamento è regolabile con continuità in modo da ottenere una combustione completa della biomassa. Nelle caldaie a griglia vibrante, il fondo delle stesse è costituito da una parete inclinata sospesa a delle molle; attraverso appositi dispositivi, questa griglia viene scossa a cadenze regolari per una durata di alcuni secondi. La biomassa viene fatta cadere all estremità superiore della griglia e, man mano che si susseguono gli scuotimenti, scivola lentamente lungo la griglia stessa; nel frattempo si compie il processo di combustione. L aria primaria viene fatta passare attraverso il letto di combustione grazie ai fori presenti nella griglia oppure immessa in caldaia attraverso ugelli frontali; quasi sempre si ha anche un raffreddamento ad acqua della griglia. Alla fine le ceneri, giunte al bordo inferiore della griglia, cadono nella sottostante coclea di raccolta, che le convoglierà nel silo per lo spegnimento e l inertizzazione. 61

14 Figura 12 Principio di funzionamento di una travelling grate Fonte: Van Loo & Koppejan, 2002 Lo scuotimento ripetuto a brevi intervalli impedisce anche l aggregazione dei residui della combustione, che altrimenti tenderebbero a compattarsi; questa tecnologia, dunque, è particolarmente indicata per quei combustibili (ad es. la paglia) che manifestano una naturale tendenza a tale tipo di compattazione. Gli svantaggi della griglia vibrante sono: elevata presenza di polveri nei fumi a causa dello scuotimento; maggiori emissioni di CO rispetto alle altre tecnologie a griglia Particolarmente interessante è anche la soluzione cosiddetta Cigar burning adottata dalla Ansaldo-Volund, e specifica per la combustione di paglia. Questo tipo di bruciatore prevede la preparazione della biomassa in balle, nella tipica forma di parallelepipedo, di opportune dimensioni in modo da essere direttamente immesse nel focolare. La balla viene posta su un griglia di avanzamento ed in successione incontra la zona di essiccazione e di combustione. Un sistema di ugelli posto su una delle pareti laterale della zona di combustione provvede ad insufflare l aria comburente. Il rapporto aria combustibile è gestito automaticamente regolando la quantità di aria comburente in accordo con la velocità di alimentazione della paglia. Il modulo di base può essere moltiplicato ponendo più tunnel di alimentazione che confluiscono in un unica zona di combustione, realizzando così impianti di potenza maggiore, come rappresentato nella figura seguente. Molte compagnie produttrici di caldaie a griglia stanno sviluppando la tecnica per la combustione diretta di biomassa ad elevato contenuto di umidità in caldaie a griglia mobile e tutto lascia prevedere che questa sia la frontiera tecnologica per questo elemento d impianto. Il sistema studiato dalla Sermet Oy (Finlandia) prevede un griglia circolare rotante sulla quale viene posta la biomassa di alimentazione che può presentare un contenuto di umidità compreso fra il 50 e 70 %. Il combustibile è immesso nella camera di combustione primaria dove viene essiccato ed incendiato. Una camera secondaria di combustione si trova al di sopra di quella primaria, in essa il gas prodotto viene completamente bruciato a temperature 62

15 comprese fra i 900 ed i 1200 C. Infine l energia termica liberata dalla combustione viene recuperata in un boiler di tipo convenzionale. Figura 13 Schema di forno del tipo cigar burning Fonte: Van Loo & Koppejan, 2002 Combustione in sospensione Si parla di combustione in sospensione quando la combustione avviene totalmente, o almeno in buona parte, mentre le particelle di biomassa che avranno una pezzatura molto fine sono in fase di caduta; in caso di combustione parziale, questa si completerà sulla griglia sottostante, che potrà essere di uno qualsiasi dei tipi precedentemente esaminati. 1 Nelle caldaie cosiddette spreader-stoker la combustione in sospensione è ottenuta in maniera solo parziale, nel senso che le particelle, di dimensioni comprese fra 6 e 10 mm ca., bruciano fino al 50% mentre sono in sospensione e per il resto sulla sottostante griglia (che può essere fissa, vibrante o mobile); il vantaggio di questa tecnologia deriva dalla possibilità di ridurre la superficie in pianta della griglia, ma si ha anche l inconveniente di un elevata concentrazione di carbonio incombusto nei fumi (il fenomeno prende il nome di char carry- 1 Ad esempio, la Burmeister&Wain Energi A/S propone caldaie tradizionali a griglia mobile in cui la paglia formata in balle viene caricata fino ad uno sminuzzatore posto immediatamente a monte della sezione di alimentazione del forno. L introduzione dell organo meccanico di sminuzzamento della balla pone una serie di vantaggi riassumibili in: utilizzo di caldaie a griglia mobile di tipo tradizionale, pur mantenendo i vantaggi connessi allo stoccaggio e caricamento della biomassa in balle di dimensioni e peso standard miglioramento del rendimento di combustione a causa del miglior mescolamento che si riesce ad ottenere fra il combustibile sminuzzato e l aria di combustione, con vantaggi sia in termini di riduzione di emissioni che di aumento del rendimento. Un processo di combustione migliore implica anche una minore produzione di ceneri. D altra parte l introduzione di un ulteriore organo meccanico in movimento pone svantaggi in termini di energia spesa per la sua alimentazione ed in termini di costi relativi alla sua affidabilità e manutenzione. 63

16 over). L umidità della biomassa deve essere abbastanza contenuta, generalmente non oltre il 25 30%. Nella suspension burning vera e propria (chiamata in moti testi anche dust combustion ), adatta a particelle di dimensioni rigorosamente inferiori ai 4 6 mm, la combustione avviene totalmente in sospensione, grazie anche alla portata di aria primaria che assolve il ruolo di trasporto. In questo tipo di caldaie è molto importante l utilizzo di una biomassa di caratteristiche costanti, in termini sia di pezzatura sia di umidità (che non dovrebbe generalmente eccedere il 20%). Anche in questo caso un grosso inconveniente è rappresentato dal fenomeno del char carry-over. Caldaie a letto fluido La tecnologia del letto fluido si è sviluppata negli anni 70 per combustibili del tipo a biomassa ed oggi trovano larga applicazione anche in impianti alimentati a combustibili fossili. Questo tipo di bruciatori è caratterizzato da una grande versatilità rispetto alla biomassa di alimentazione che va dai rifiuti di tipo legnoso (chip, segatura, corteccia ) ai fanghi di carta macinata.. Le caldaie a letto fluido si presentano in due varianti impiantistiche: - BFB (Bubbling Fluidized Bed): trovano applicazione tipica per impianti fino 100 MW el ; - CFB (Circulating Fluidized Bed): sono preferiti in impianti a multifuel che bruciano torba, scarti legnosi e/o solo carbone; trovano applicazione per impianti fino 250 MW el. Il principio di funzionamento di un forno a letto fluido è quello di massimizzare la superficie di biomassa esposta all aria comburente, operando la combustione all interno di una sospensione di materiale granuloso inerte (tipicamente sabbia silicea e dolomite) mantenuta in agitazione da aria o gas insufflato dal basso attraverso il fondo della caldaia. Proprio per il loro funzionamento questi forni sono detti letti bollenti, ad indicare il gorgogliamento del miscuglio fluido (calcare del letto più combustibile) causato dal passaggio dell aria comburente. La quantità di materiale costituente il letto, molto maggiore rispetto alla quantità di combustibile, e la sua elevata capacità termica stabilizza il processo di combustione il che consente una migliore combustione e la possibilità di bruciare combustibili di diverse caratteristiche. La differenza fra una caldaia BFB e una CFB sta principalmente nella velocità dell aria comburente che viene insufflata nel letto. Nelle BFB la bassa velocità del flusso ( m/s) fa si che le particelle del letto si comportino come un fluido bollente ma, rimangono comunque nel letto stesso. Viceversa nelle caldaie del tipo CFB nelle quali l aria viene insufflata a velocità molto superiori (5-10 m/s) una notevole parte del materiale lascia il letto e perciò si rende necessario la presenza di un ciclone separatore connesso alla zona primaria di combustione che realizzi la ricircolazione del materiale del letto stesso. La maggior portata di aria così introdotta consente una potenza specifica maggiore (Potenza/Volume) della caldaia da qui l applicazione dei CFB in impianti di grossa taglia. Dal punto di vista delle prestazioni il rendimento massimo di una caldaia a letto fluido risulta di circa il 90 %, mentre le principali caratteristiche di funzionamento e di emissioni delle caldaie si possono riassumere nei seguenti punti: 64

17 - La massa inerte del letto fluido consente di stabilizzare la combustione il che è vantaggioso specialmente quando si devono trattare combustibili con proprietà fortemente variabili come le biomasse - Le temperature di funzionamento relativamente basse (900 C circa) consentono di limitare fortemente la produzione di ossidi di azoto, NO x. Per diminuire ancora le emissioni di questi composti si può intervenire a valle iniettando ammoniaca nei gas di combustione (SCR, NSCR). - Le emissioni di ossidi di zolfo (SO x ), non rappresentano un grosso problema nella combustione di biomassa. Per combustibili fossili tradizionali si può addizionare direttamente il letto solido di opportuni composti per il controllo delle emissioni di zolfo. - Le caldaie a letto fluido FBC riescono a bruciare biomasse umide e combustibili mischiati con elevati rendimenti. Figura 14 - Forno a letto fluido Bollente BFB (a sinistra) e Ricircolante CFB (a destra) Tra gli aspetti negativi, il processo di combustione necessita di un lungo tempo di avviamento (fino a 15 ore) durante il quale è necessario utilizzare bruciatori ausiliari (ad es. a metano); inoltre, le operazioni a carico ridotto non possono scendere oltre un certo limite per la necessità di continuare a fluidificare il letto. Un ulteriore svantaggio di questa tecnologia sta nell elevata concentrazione di polveri nei fumi, che rende necessari sia adeguati sistemi di abbattimento sia un adeguata pulizia delle superfici convettive. La scelta fra caldaie a letto fluido del tipo BFB o CFB e strettamente connessa al tipo di combustibile adottato e a considerazioni economiche. In generale, i letti ricircolanti sono i più indicati per gli impianti più grandi e in particolare per trattare combustibili ad elevato tenore di zolfo, per cui risultano più adatti nel caso di co-firing con carbone. Economicamente i letti fissi sono più favorevoli rispetto a quelli circolanti e generalmente, per gli impianti a biomassa, rappresentano sia economicamente che tecnologicamente la scelta più opportuna, 65

18 anche in considerazione del fatto che le centrali a biomassa sono caratterizzate da taglie di impianto inferiori rispetto ad analoghe alimentate a combustibili tradizionali. La tecnologia del letto fluido ha dimostrato la sua maturità commerciale ed i produttori di questo tipo di bruciatori stanno espandendo la gamma delle tipologie realizzate commercialmente. Lo sviluppo e la messa a punto di questi bruciatori da parte delle principali case produttrici (Foster Wheeler e Kvaerner Pulping) ha fatto sì che siano disponibili a prezzi competitivi impianti sempre più efficienti e flessibili in termini di possibilità di bruciare combustibili di basso valore e di diversa natura. Ad oggi si assiste anche all impiego di caldaie a letto fluido in impianti di cogenerazione per una potenza elettrica < 10 MW el, sebbene sia ancora da stabilire la reale convenienza economica dell utilizzo di questa tecnologia in impianti di taglia così bassa. Gassificatori La gassificazione è il processo di conversione della biomassa solida in un combustibile gassoso per decomposizione termica fornendo calore alla biomassa mantenuta in un ambiente con quantità di ossigeno inferiore a quella stechiometrica. Tale processo è costituito da un insieme di fenomeni chimico-fisici molto complessi che determina una combustione incompleta della biomassa di alimentazione e che in prima approssimazione può essere suddiviso in tre fasi principali: deumidificazione, pirolisi, gassificazione vera e propria. 1. Deumidificazione. L umidità contenuta nella biomassa viene estratta sotto forma di vapore acqueo, senza che si abbia alcuna degradazione della biomassa 2. Pirolisi. In assenza di aria la biomassa viene decomposta attraverso un processo che rilascia vapore acqueo, metanolo, acido acetico e una grande quantità di idrocarburi pesanti. La frazione solida, costituita per lo più da residui carboniosi, troverà utilizzo nelle successive reazioni di riduzione e ossidazione. 3. Gassificazione. Consiste in realtà di due diverse reazioni: ossidazione e riduzione. Durante l ossidazione, che avviene nella zona del gassificatore dove si ha l immissione d aria, l ossigeno si combina col carbonio per formare anidride carbonica. Quindi il gas, con un elevato contenuto di CO 2 (e di vapor acqueo, se come agente ossidante si usa il vapore), si sposta nella zona di riduzione, dove buona parte dei vapori incombustibili vengono nuovamente trasformati in sostanze combustibili grazie ad una serie di reazioni in assenza d ossigeno. Fra queste reazioni, la più importante è la degradazione termica dell anidride carbonica in monossido di carbonio, secondo la reazione CO2 + C + calore 2CO. Un altra importante reazione è la seguente: C + H 2O + calore CO + H 2. Il gas prodotto è una miscela di gas i cui componenti fondamentali sono il monossido di carbonio (CO), l idrogeno (H 2 ), il metano (CH 4 ), l anidride carbonica (CO 2 ) e l azoto (N 2 ). La composizione percentuale del gas dipende a sua volta dalle condizioni di gassificazione 66

19 (principalmente di pressione) e di conseguenza il suo potere calorifico, che può variare da 4 a 6 MJ/Nm 3. Il calore necessario alla reazione è ottenuto dalla combustione di una parte del materiale stesso; la temperatura alla quale avviene la gassificazione è compresa fra 800 e 1100 C. Il gassificatore è l elemento impiantistico che a partire dalla biomassa allo stato solido produce un gas di sintesi. Esso è usualmente parte integrante dell intero impianto termoelettrico (non conviene operare un trasporto del gas di sintesi) e in generale garantisce una efficienza di conversione biomassa-gas del %. Il sistema completo di gassificazione è composto da tre elementi principali: Sistema di preparazione e di alimentazione della biomassa Reattore di gassificazione Sistemi di pulizia raffreddamento e mescolamento del gas Secondo una prima classificazione i gassificatori, che trovano applicazione commerciale, si possono dividere in reattori pressurizzati (fino a bar) ed in reattori che operano a pressione atmosferica. Inoltre, si distinguono gassificatori a letto fisso e gassificatori a letto fluido. Gassificatori a letto fisso Il tipo più semplice di gassificatore è quello a letto fisso, adatto a sistemi di taglia medio/piccola. Questo reattore si presenta in tre diverse tipologie in base alla direzione del flusso gassoso rispetto al flusso di biomassa all interno del reattore; si hanno perciò reattori in controcorrente, in equicorrente e a correnti incrociate. Le ceneri che si formano vengono rimosse dal fondo del reattore con sistemi in continuo od intermittenti. In generale sono più efficienti i reattori in controcorrente ma in pratica sono spesso preferiti quelli in equicorrente poiché determinano una minore formazione di tar. Una variante di questo ultimo tipo è data dal cosiddetto reattore open-core appositamente sviluppato per trattare biomassa ad elevato contenuto di cenere nei quali le ceneri sono continuamente rimosse per mezzo di griglia rotante, posta sempre sul fondo del reattore. In generale ogni gassificatore viene progettato per un particolare tipo e dimensione della biomassa di alimentazione. D altra parte la necessità di sottoporre la biomassa a processi meccanici di preparazione (chipped o shredded) determina circa il 35 % dei costi di raccolta e di lavorazione della biomassa stessa prima del suo arrivo all impianto. Le dimensioni minime richieste per la biomassa dipendono anch esse dal tipo di gassificatore, in generale quelli del tipo a letto fisso in equicorrente richiedono una biomassa ridotta in corpi con dimensione caratteristica pari ad 1/10, 1/15 del diametro del gassificatore. Riportiamo questi dati nella Tabella 15. Un ruolo importante gioca anche la densità della biomassa caricata nel gassificatore, che generalmente risulta compresa fra 100 e 300 kg/m 3. Basse densità del carico creano difficoltà per sostenere la reazione di gassificazione e l eccesso di aria sposta la gassificazione verso il processo di combustione. Le dimensioni e densità del combustibile sono parametri che possono variare in un intervallo abbastanza ristretto creando perciò vincoli di qualità sul prodotto di alimentazione del gassificatore, determinando in generale, una scarsa versatilità del gassificatore rispetto alla biomassa di alimentazione in termini di densità pezzatura e composizione. 67

20 Tipo gassificatore Dimensione caratteristica del combustibile (cm) Letto fisso in equicorrente 1 10 Letto fisso controcorrente 0,5 5 Letto fisso a correnti incrociate 1 10 Open-core 0,1-0,3 Letto fluido < 2 Letto fluido circolante < 1 Entrained flow reactor < 0,2 Figura 15 Dimensione caratteristica del combustibile Le ceneri sono un materiale minerale residuo della combustione del biocombustibile. La loro presenza ha in generale un effetto negativo rispetto al processo di gassificazione. Quando la quantità di cenere è notevole si hanno problemi di ostruzione del gassificatore impedendo la reazione di gassificazione. Seri problemi si presentano quando le ceneri hanno una bassa temperatura di fusione poiché in alcuni punti del gassificatore si possono avere valori di temperatura tali da portare alla fusione le ceneri stesse che successivamente solidificano nel momento in cui fluiscono in una zona a temperatura inferiore. La scoria data dalla solidificazione delle ceneri può modificare le prestazioni ed il buon funzionamento del reattore. La composizione e la quantità della cenere prodotta è molto variabile a seconda del tipo di biomassa e ancora, per uno stesso tipo, si hanno sensibili variazioni determinate dal clima e dal terreno di provenienza. In generale si ha che il legno produce ceneri in quantità molto contenute (0.2 1 % in peso del materiale bruciato), viceversa la lolla di riso arriva fino al 19 %, esse sono però composte per il 97,1 % in peso da silice (SiO 2 ) che ha un punto di fusione di 1700 C. La paglia presenta valori di produzione di ceneri abbastanza elevati, circa il 6 7 %. In definitiva per quanto riguarda il problema delle ceneri ciò che si deve considerare, per il buon funzionamento del reattore, sono la quantità prodotta e la loro composizione che in ultima analisi determina la loro temperatura di fusione. Gassificatori a letto fluido La tecnologia del letto fluido per la gassificazione della biomassa è stata ampiamente sviluppata negli ultimi anni e diversi sistemi commerciali sono disponibili sul mercato. In questi gassificatori il mezzo di gassificazione, generalmente aria ed eccezionalmente ossigeno, viene insufflato dal fondo del reattore, mentre la biomassa da gassificare entra da un lato dello stesso. All uscita del letto fluido il miscuglio incontra un sistema di pulizia gas a ciclone. Successivamente il gas fluisce nella sezione espressamente dedicata alla pulizia ed al raffreddamento dello stesso. Le polveri provenienti dai separatori connessi al reattori possono venire convogliate e rinviate mediante condotti alla base del reattore; a seguito di questa distribuzione 68

21 impiantistica, tali gassificatori sono detti a letto fluido ricircolante (CFB). Qualora non si abbia il ricircolo delle polveri, il gassificatore si dice semplicemente a letto fluido (FB). Di seguito si riportano esempi di applicazioni in impianti di due dei più comuni gassificatori di produzione industriale (Figura 16). A titolo esemplificativo riportiamo anche una tabella riassuntiva dei principali parametri di un gassificatore ad elevata pressione (Figura 17). Società produttrice del gassificatore Foster Wheeler, USA Tipo di reattore CFB Esempio di applicazione del gas prodotto Lahti (Finlandia), 1997: cocombustione con carbone e gas Potenza del gassificatore 60 MW th (input) TPS, Svezia CFB naturale in un forno da 840 MW th Arbre, Eggborough (Inghilterra): combustione in TAG, ciclo combinato 8 MW el (output) Figura 16 Esempi di applicazioni in impianti Gassificatore pressurizzato Parametri e condizioni operative Temperatura di gassificazione 830 C Pressione di gassificazione 3,17-2,07 Mpa Legno secco di alimentazione 811 t/giorno Umidità della biomassa essiccata 11% Diametro interno del gassificatore 2,86 m ceneri prodotte 6018 kg/ora m 2 Rapporto in peso aria/legno 1,07 Rapporto in peso vapore/legno 0,32 Figura 17 Principali parametri di un gassificatore ad elevata pressione Composizione del gas prodotto da un gassificatore ad alta pressione (% in Volume): H 2 = 8.91, CO = 6.71, CO 2 = 13.45, H 2 O = 39.91, N 2 = 24.18, CH 4 = 6.51, C 2 H 4 = 0.01, C 6 H 6 = 0.07, Tars = 0.16, H 2 S = 0.005, NH 3 = 0.06, Potere calorifico 4.3 MJ/Nm 3 69

22 Figura 18 - Esempio di gassificatore a letto fluido (FB) Fonte: Bridgewater, 2003 Figura 19 - Esempio di gassificatore a letto ricircolante (CFB) Fonte: Bridgewater, 2003 Pulizia del gas Molti impianti di gassificazione impiegano sistemi di pulizia da polveri in sospensione, tar e vapore acqueo del gas prodotto. La difficoltà del trattamento di pulizia ed il volume dei gas da trattare dipendono da molti fattori : tipo e taglia del gassificatore, tipo di biomassa usata e suo contenuto di umidità e tipo di utilizzazione del gas prodotto. 70

23 I due componenti principali da cui il gas deve essere ripulito sono il particolato e il tar. I livelli del particolato sono compresi fra i 100 mg/nm 3 del letto fisso in controcorrente fino ai valori massimi di mg/nm 3 dei gassificatori a letto fluido. Per quanto riguarda il tar i valori minimi di 100 mg/nm 3 si hanno per i gassificatori a letto fisso in equicorrente e a correnti incrociate, mentre i massimi circa mg/nm 3 si hanno per i letti fissi in controcorrente e per i letti fluidi. Per la pulizia del gas sono disponibili diversi sistemi. La condensazione dei tar e il loro mescolamento con le polveri è ottenuto per rimozione delle particelle solide ad alta temperatura e successivo raffreddamento del gas, che determina la condensazione dei tar e del vapore acqueo. Nel caso di combustione diretta in caldaia, può essere sufficiente la rimozione ad alta temperatura delle polveri mediante cicloni per poter inviare il gas al becco a gas di un forno. Per applicazioni su motori Diesel e motori a turbina a gas il livello di pulizia del gas deve essere più spinto. Nel caso delle turbine la temperatura del gas deve essere maggiore del punto di rugiada dei tar condensabili. Se il gas deve essere usato per reazioni chimiche deve essere pulito e privo di metano, ciò si può ottenere con sistemi catalitici o di reformer non catalitico. Nei sistemi di pulizia sono spesso operanti una combinazione di differenti meccanismi. I sistemi meccanici più comunemente impiegati sono i cicloni, capaci di operare ad alta temperatura (1000 C) mediante l uso di materiali ceramici. Da un punto di vista teorico l efficienza di rimozione delle particelle aumenta all aumentare della velocità di attraversamento del ciclone da parte dei fumi, parimenti aumentano anche le perdite di carico sulla linea fumi. Questo richiede soffianti più potenti, aumento del consumo di energia elettrica ed in ultima analisi incremento dei costi di gestione dell impianto. Le particelle di dimensioni più piccole sono rimosse da cicloni di piccolo diametro così spesso è necessario allestire un sistema multiciclone cioè composto da più cicloni che operano in parallelo. I filtri porosi si possono distinguere in flessibili e rigidi. Il materiale poroso impiegato in quelli rigidi è carbonio, metallo, vetro e materiali ceramici, di cui gli ultimi sono capaci di operare ad elevata temperatura. Fra quelli di tipo flessibile i più comuni sono i cosiddetti filtri a manica. Gli scrubber sono un altro sistema per l eliminazione delle particelle in sospensione, in questi l azione di pulizia del gas è unita al raffreddamento dello stesso. La sostanza, agente di lavaggio, è normalmente acqua, ma talvolta viene usato anche olio. Uno dei sistemi più comuni è quello del tipo spray tower ; altri tipi di scrubber sono basati su forze centrifughe e di taglio allo scopo di aumentare la superficie di scambio liquido gas. I demister sono sistemi per la rimozione dell acqua e del tar; essi consistono in un setto poroso costituito di lana di metallo o di legno intrecciati, dove vapore acqueo e tar in forma di agglomerato vengono drenati. Impianti per generazione di calore Stufe e termocaminetti In questa categoria rientrano gli impianti di applicazione domestica, quali stufe a legna (cucine economiche) e termocaminetti con potenze termiche intorno ai kw. Lo sviluppo di questi sistemi ha portato a realizzare impianti che, grazie a nuovi sistemi di combustione e all impiego di materiali opportuni, riescono ad unire ottimi risultati in termini 71

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