CORTE DI APPELLO Sezioni Civili
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- Camillo Boni
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1 CORTE DI APPELLO Sezioni Civili Contributi - Cooperativa sociale - Decreto ministeriale determinazione salario medio convenzionale - Individuazione ambito territoriale di efficacia. Corte di Appello di Bologna / , n. 226/00 - Pres. Castiglione - Rel. Benassi - INPS (Avv.ti Manzi, Vestini, Lupoli) - Coop. Sociale Aurora (Avv. Petronio, Ziveri, Piccinini). L'ambito di efficacia del decreto ministeriale, che fissa i salari medi convenzionali, sui quali si provvede da parte delle cooperative sociali al pagamento della contribuzione dovuta in favore dei propri soci - lavoratori, è da individuarsi nelle sole zone del territorio dallo stesso indicate (nel caso di specie è stata disconosciuta la possibilità che una cooperativa sociale, con sede legale a Parma, per i propri soci - lavoratori occupati nella provincia di Udine, determinasse i salari medi convenzionali dovuti e la omessa contribuzione applicando il disposto del decreto ministeriale che atteneva la sola provincia di Parma. FATTO. - Con ricorso depositato il 2 agosto 1999, la Cooperativa Sociale Aurora soc. coop. a r.l. esponeva che, in data 8 luglio 1999, le era stato notificato, dalla sede INPS di Udine, il verbale d'accertamento n. 0 Isp. del 28 giugno 1999, con il quale era stata contestata un'omissione contributiva, per il periodo dal maggio 1995 al marzo 1999, per , oltre a per somme aggiuntive, perché, anziché provvedere al versamento dei contributi relativi al personale occupato nella provincia di Udine sui salari effettivi corrisposti ai soci lavoratori, operanti nella medesima provincia, aveva indebitamente adottato i salari medi ed i periodi medi, determinati con DM 1 agosto 1991, limitatamente, ai soci di cooperativa operanti nella provincia di Parma ed esercenti l'attività di assistenza domiciliare agli anziani, agli infermi ed all'infanzia, omettendo di considerare che la decretazione ministeriale era operante solo per la provincia in relazione alla quale era stata emanata e per i soli soci occupati in tale provincia. Tanto premesso, la Cooperativa Aurora conveniva in giudizio, davanti al Tribunale di Parma, l'inps, chiedendo che venissero dichiarati inesistenti gli obblighi 1
2 contributivi derivanti dal richiamato verbale d'accertamento e, in via subordinata, che l'importo delle somme aggiuntive venisse ridotto, in applicazione dell'art. 1, comma 218, della legge n. 662/96 e dell'art. 3 della legge n. 191/91. Con successivo ricorso, depositato l'1 dicembre 1999, la medesima cooperativa esponeva che, in data 4 novembre 1991, le erano stati notificati un secondo verbale d'accertamento del 6 ottobre 1999 che, in relazione alle prescrizioni contenute nel precedente verbale del 28 giugno 1999, quantificava la contribuzione dovuta per i mesi da gennaio a luglio 1999, e un verbale di accertamento di contestazione di illeciti amministrativi, in pari data. Tanto premesso e richiamate, integralmente, le ragioni fatte valere con il primo ricorso, essa concludeva perché venisse affermata l'infondatezza della pretesa dell'inps. Radicatosi il contraddittorio e riunite le due cause, il Tribunale di Parma, con sentenza n. 27 del 17 gennaio 2000, depositata l'11 febbraio 2000, accoglieva la domanda. Il Tribunale, premesso che la cooperativa ricorrente era attiva nella Provincia di Parma, riteneva sulla base della interpretazione letterale del testo del D.M. 1 agosto 1991, che i salari convenzionali dovessero essere applicati a tutti i soci lavoratori dipendenti da cooperative sociali operanti nella provincia di Parma, indipendentemente, dalla provincia in cui espletavano concretamente la loro attività; rilevava, poi, che il presupposto dell'operare in detta provincia non poteva essere inteso in senso assoluto, come luogo di esclusiva operatività, non sussistendo nel decreto ministeriale alcun elemento atto a giustificare tale interpretazione e perché, in caso contrario, il beneficio sarebbe stato subordinato ad un requisito (quello di operare solo in un ben determinato e ristretto ambito territoriale), contrastante con la libertà, riconosciuta alle imprese, di poter svolgere la propria attività su tutto il territorio nazionale e, anche, all'estero. Il Tribunale rilevava, quindi, che la cooperativa ricorrente aveva, nella provincia di Parma, il centro della sua attività e che operava in altri ambiti territoriali in modo ridotto, con la conseguenza che le tesi difensive di detta cooperativa risultavano confermate anche dal criterio della prevalenza; riteneva, infine, che la facoltà ministeriale di fissare i salari convenzionali, ex art. 1 legge n. 537/81, concernesse particolari categorie di lavoratori, identificabili per l'appartenenza ad un medesimo soggetto esercente l'attività assistenziale e non con riguardo al luogo, vario e mutevole, in cui detti soci prestavano la loro attività lavorativa. Avverso la detta decisione, l'inps proponeva appello, affidato ad un unico motivo. Resiste la Cooperativa Sociale Aurora, eccependo, in via pregiudiziale, 2
3 l'inammissibilità dell'appello e chiedendone, nel merito, il rigetto. All'udienza del 16 ottobre 2000, i procuratori delle parti concludevano come in epigrafe e la causa, dopo la discussione orale, era decisa come da dispositivo, di cui era data lettura. DIRITTO. - 1) Preliminare è l'esame dell'eccezione di inammissibilità dell'appello, formulata dalla difesa della Cooperativa appellata, secondo la quale il gravame dell'inps è generico e privo della specificazione dei motivi addotti a sostegno della impugnazione, avendo l'istituto riproposto, pedissequamente, il contenuto delle difese svolte in primo grado, senza censurare le argomentazioni contenute nella sentenza del Tribunale. L'eccezione è infondata e va respinta. Va premesso che, nel giudizio di appello, che non è un iudicium novum, ma è una revisio prioris instantiae, la cognizione del giudice resta circoscritta alle questioni dedotte dall'appellante attraverso l'enunciazione di specifici motivi. Tale specificità dei motivi esige che, alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata, vengano contrapposte quelle dell'appellante, volte ad incrinare il fondamento logico - giuridico delle prime, non essendo le statuizioni di una sentenza separabili dalle argomentazioni che le sorreggono. Pertanto, alla parte volitiva dell'appello deve sempre accompagnarsi una parte argomentativa, che confuti e contrasti le ragioni addotte dal primo giudice. Quindi, non è sufficiente che l'appello consenta di individuare le statuizioni concretamente impugnate, ma è, altresì, necessario, pur quanto la sentenza di primo grado sia stata censurata nella sua interezza, che le ragioni sulle quali si fonda il gravame siano esposte con sufficiente grado di specificità, da correlare, per altro, con la motivazione della sentenza impugnata (Cass. S.U. n. 16/2000, Cass. n. 3805/98, 8297/97, 6893/97, 1599/97, 6066/95), con la conseguenza che, se da un lato, il grado di specificità dei motivi non può essere stabilito in via generale e assoluta, dall'altro, esige, pur sempre, che alle argomentazioni svolte nella sentenza impugnata vengano contrapposte quelle dell'appellante, volte ad incrinare il fondamento logico giuridico delle prime (Cass. n. 7524/97; Cass. S.U. n. 16/2000). Nel caso in esame, l'inps non si è limitato, come sostiene la Cooperativa attuale appellata, a rinviare agli scritti difensivi, presentati in primo grado, ma ha manifestato, nell'atto di appello, la volontà di impugnare, nella sua interezza, la sentenza di primo grado, specificando le ragioni di diritto poste a fondamento del gravame. L'Istituto, in particolare, dopo aver riassunto, anche se in modo sintetico, le argomentazioni svolte dal primo giudice (appello, punto 2), ha 3
4 contrapposto le ragioni contrarie, fondate sulla ricostruzione del quadro normativo e sulla motivata affermazione che l'efficacia applicativa del decreto ministeriale, di determinazione dell'imponibile contributivo, è, necessariamente, limitata, anche per non violare il principio della libera concorrenza tra le imprese operanti sullo stesso territorio, alla singola provincia per la quale è emanato, già espresse nella precedente fase del giudizio, ma disattese dal primo giudice, sulla base, sostanzialmente, della interpretazione strettamente letterale del D.M. 1 agosto Il gravame, pertanto, non può essere considerato generico e privo della specificazione dei motivi. 2) con l'unico motivo d'appello, l' INPS censura la sentenza impugnata, sostenendo che l'efficacia applicativa del D.M. 1 agosto 1991 è, necessariamente, limitata alle singole zone per le quali lo stesso viene emanato, non essendo suscettibile né di applicazione analogica, né di applicazione estensiva alle ipotesi in cui il provvedimento manchi del tutto; pertanto poiché, nella specie, il decreto è relativo, soltanto, alla provincia di Parma e non a quella di Udine, la contribuzione deve essere corrisposta secondo le regole generali in materia di imponibile, anche perché la mancata attivazione dei meccanismi per l'emanazione dei decreti è sintomatica dell'assenza, nelle relative zone, di quelle situazioni particolari che necessitano di trattamenti di maggior favore. Inoltre, secondo l'istituto, viene violato il principio della libera concorrenza fra imprese, operanti in una provincia per la quale il decreto non è stato emanato, dal momento che alcune cooperative, aventi sede o svolgenti attività prevalente in provincie ove il decreto è stato emanato, finiscono per usufruire di un imponibile contributivo più basso rispetto alle altre imprese esercenti la medesima attività. Il motivo è fondato e va accolto. La Cooperativa Aurora è una cooperativa sociale, costituita ai sensi dell'art. 1, comma 1, lettera a) della legge 8 novembre 1991, n. 381, avente sede in Parma (doc. 3 fasc. primo grado appellata). L'attività della Cooperativa, come non é contestato dall'inps, consiste nel prestare assistenza domiciliare agli anziani, agli infermi ed all'infanzia, tramite la collaborazione dei propri soci lavoratori. Come risulta dal prospetto, contenente il calcolo, disaggregato per provincia, della incidenza delle retribuzioni e ed il numero delle ore lavorate, allegato dalla Cooperativa al ricorso di primo grado (doc. 9), la massima parte dell'attività è svolta nell'ambito della provincia di Parma (con una percentuale di incidenza, sulle retribuzioni, complessivamente, erogate pari a circa, il 70%), provincia dove essa ha la sede. La Cooperativa ha operato, nel periodo in contestazione, anche presso altre Provincie, ed, in particolare, nella provincia di Udine, 4
5 alla quale si riferiscono i contestati verbali d'accertamento. I contributi, in oggetto, sono stati versati dalla Cooperativa Aurora, in favore di tutti i soci lavoratori ed indipendentemente dalla provincia in cui costoro prestavano la loro opera, in base ai valori, di tempo in tempo rivalutati, previsti dal decreto del Ministro del lavoro in data 1 agosto 1991, con il quale il salario medio giornaliero ed il periodo di occupazione media mensile, ai fini contributivi, per i soci delle cooperative operanti nella provincia di Parma, esercenti l'attività di assistenza domiciliare agli anziani, agli infermi ed all'infanzia, sono stati determinati rispettivamente in ed in venticinque giornate lavorative. L'INPS sostiene che la contribuzione dovuta per i soci, operanti nella provincia di Udine, ove il decreto ministeriale non è mai stato emanato, deve essere versata secondo i criteri generali previsti, in materia, dalla legge, senza possibilità di avvalersi dell'agevolazione prevista dal D.M. 1 agosto 1991, applicabile, soltanto, alla singola zona (nella specie, la provincia di Parma), per la quale era stato approvato. 3) Deve, in linea generale essere ricordato che le cooperative sociali usufruiscono di una disciplina speciale circa i criteri di determinazione dell'imponibile contributivo; le norme in materia prevedono, infatti, che, per le varie forme di previdenza ed assistenza sociale, i contributi sono dovuti, su imponibili giornalieri e per periodi di occupazione media mensile, determinati, anche in modo differenziato per singole attività lavorative e per particolari settori di attività merceologiche, con decreto del Ministro del lavoro e della previdenza sociale. Il fondamento normativo del potere regolamentare, attribuito al Ministro del lavoro, è rinvenibile in alcune disposizioni di legge, succedutesi nel tempo. Dapprima l'art. 49, comma V, del RDL 4 ottobre 1935, n. 1827, intitolato "perfezionamento e coordinamento legislativo della previdenza sociale", ha stabilito che "per altre categorie di assicurati per i quali sia ritenuto opportuno, i contributi possono essere riferiti ad apposite tabelle di salari medi con le norme indicate nel regolamento". Il successivo art. 6, comma V, del R.D.L. 14 aprile 1939, n. 636, (Modificazioni delle disposizioni sulle assicurazioni obbligatorie per l'invalidità e la vecchiaia, per la tubercolosi e per la disoccupazione involontaria), convertito nella legge 6 luglio 1939, n. 1272, ha confermato che "per particolari categorie di lavoratori, per le quali sia ritenuto opportuno, i contributi possono essere riferiti ad apposite tabelle di salari medi stabiliti, su proposta dell'istituto nazionale fascista della previdenza sociale, con 5
6 decreto del ministro per le corporazioni". L'art. 2 della legge 4 aprile 1952, n. 218,(Riordinamento delle pensioni dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti) ha sostituito l'articolo 6 del R.D.L. 14 aprile 1939, n. 636; pertanto il nuovo comma V dell'articolo 6, nel testo sostituito, così dispone: "per particolari categorie di lavoratori ed anche per limitate zone del territorio nazionale, il Ministero per il lavoro e la previdenza sociale, sentite le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro, può stabilire apposite tabelle di retribuzioni medie agli effetti del calcolo del contributo e fissare altresì i periodi medi di attività lavorativa". Infine è intervenuto l'art. 35 del T.U. delle norme concernenti gli assegni familiari (DPR 30 maggio 1955, n. 797) il quale (richiamando l'art. 5 della legge 6 agosto 1940, n e l'art. 5 del D.Lgs. C.P.S. 16 settembre 1946, n. 479) ha stabilito che: "per particolari categorie di lavoratori per le quali sia ritenuto opportuno, i contributi e gli assegni possono essere riferiti rispettivamente ad apposite tabelle di salari medi e di periodi di occupazione media mensile, stabilite con decreto del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentito il Comitato speciale per gli assegni familiari e le associazioni professionali interessate. I salari medi stabiliti a norma del comma precedente non possono essere inferiori alla misura minima fissata periodicamente con decreto del Ministero per il lavoro e la previdenza sociale". Dal delineato quadro normativo, emerge che, prescindendo dalle disposizioni contenute in leggi speciali, finalizzate a sostenere le imprese operanti in determinati settori o in particolari aree geografiche (ad esempio si veda la legislazione contenente gli sgravi contributivi per il mezzogiorno - sulla quale si sono, di recente, espresse le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, con sentenza n. 753/1999(1)), la vigente legislazione consente al Governo di introdurre, con l'emanazione di appositi decreti del Ministero del Lavoro, delle agevolazioni contributive a favore di particolari categorie di lavoratori ed anche per zone limitate del territorio nazionale. Lo scopo di queste norme consiste, all'evidenza, nel favorire, tramite la riduzione del costo del lavoro, lo sviluppo della occupazione o di determinate attività, ritenute meritevoli di particolare tutela. Per ottenere dette finalità, il Governo può valutare l'opportunità di concedere le agevolazioni o a favore di un'intera (astratta) categoria di lavoratori o per determinate zone del territorio nazionale, a seconda che preferisca un intervento più generalizzato (nel primo caso) o maggiormente mirato a particolari aree del Paese (nella seconda ipotesi). 6
7 In attuazione di tale norme, il Ministero del lavoro ha emanato il D.M. 1 agosto 1991, intitolato "determinazione del salario medio giornaliero e del periodo di occupazione media mensile, ai fini contributivi, per i soci di cooperative operanti nella provincia di Parma, esercenti l'attività di assistenza domiciliare agli anziani, agli infermi ed all'infanzia". Nel testo del D.M., citato, si può leggere che "il salario medio giornaliero ed il periodo di occupazione media mensile, ai fini contributivi, per i soci di cooperative operanti nella provincia di Parma, esercenti l'attività di assistenza domiciliare agli anziani, agli infermi ed all'infanzia sono determinati, rispettivamente, in ed in venticinque giornate lavorative". La formulazione letterale del D.M. non lascia spazio a dubbi interpretativi, giacché è evidente che l'agevolazione contributiva non è concessa alla "particolare categoria dei soci delle cooperative sociali", bensì ai "soci delle cooperative operanti nella provincia di Parma". Ne deriva, allora, che il beneficio in esame è riferibile esclusivamente ad una determinata zona (la provincia di Parma), e, quindi, non può essere esteso oltre i limiti geografici in esso previsti, non essendo suscettibile la sua fonte regolamentare di un'eccezione ad un principio generale, fissato da una norma di rango superiore. Il Governo, cioè, non ha inteso, in questo caso, favorire soltanto l'occupazione, ma ha voluto emanare una disposizione che fosse di sostegno per la diffusione della cooperazione sociale nella provincia di Parma, consentendo agevolazioni contributive, non tanto a favore delle cooperative sociali con sede in quella provincia, bensì a favore di quelle cooperative, anche aventi sede in altri luoghi, i cui soci fossero chiamati ad operare sul territorio della provincia di Parma. Tale interpretazione del D.M. 1 agosto 1991 non solo è conforme alla lettera del testo regolamentare ed alla richiamata disciplina legislativa, ma è, altresì, coerente con l'emanazione di ulteriori decreti ministeriali concernenti altre provincia. Come ha dimostrato, infatti, la stessa Cooperativa attuale appellata, il Ministero del lavoro ha emanato decreti, analoghi a quello per la provincia dì Parma, per le provincia di Reggio Emilia, di Pavia, di Pescara e di Milano, che si differenziano, anche profondamente fra loro, per la determinazione del salario convenzionale e delle giornate lavorative. L'emanazione di diversi decreti ministeriali della cooperazione sociale sul territorio, può essere riferita, soltanto, alla singola provincia indicata nel D.M., con la conseguenza che l'agevolazione medesima è efficace nei limiti territoriali determinati dai decreto ministeriale. Ciò significa che qualunque cooperativa sociale, indipendentemente dal luogo ove ha sede, è tenuta a versare all'inps la contribuzione, 7
8 in considerazione del luogo ove, in concreto, i suoi soci prestano la loro attività; quindi, nell'ambito della provincia di Parma, trova applicazione il D.M. 1 agosto Nelle altre provincie, ove un decreto è stato emanato, si deve fare riferimento al relativo decreto (così, ad esempio, tutte le cooperative operanti nella provincia di Reggio Emilia sono tenute ad osservare il D.M. 27 ottobre 1978, qui vigente); di guisa che, non essendo stato emanato nella provincia di Udine il relativo D.M., le cooperative sociali non hanno alcun diritto alle agevolazioni contributive. In quest'ultimo caso, le medesime cooperative, se intendono svilupparsi su quel territorio, hanno l'onere di promuovere la procedura prevista dalla legge per pervenire all'emanazione del decreto del Ministro del lavoro, in attesa del quale non possono usufruire (limitatamente a quella provincia) di alcuna agevolazione. La diversa ed opposta interpretazione, seguita dal Tribunale, si pone, del resto, in contrasto con la stesse finalità della normativa in tema di agevolazione contributive, perché determina la violazione del principio, costituzionale (art. 41 Cost.), della libera concorrenza; infatti, rispetto ad una data provincia in cui il decreto ministeriale non è stato emanato e prevede un salario convenzionale o un numero di giornate lavorative superiore, risulterebbero, illegittimamente, penalizzate le cooperative sociali che, per aver sede in quella provincia, non potrebbero usufruire di alcuna riduzione del costo del lavoro o beneficiano di una riduzione inferiore, rispetto a quelle che, provenendo da un diverso territorio, sarebbero in condizione di proporre i loro servizi ad un prezzo più vantaggioso. Con la conseguenza che non sarebbe possibile perseguire la finalità di consentire la nascita e lo sviluppo della cooperazione sociale in una determinata zona. L'appello dell'inps deve, quindi, essere accolto. 4) La Cooperativa appellata ha riproposto, nel presente grado del giudizio, la domanda rivolta ad ottenere la riduzione dell'ammontare delle sanzioni, sostenendo di dover corrispondere, in applicazione dell'art. 1, lettera b) del D.L. n. 536/87, convertito dalla legge n. 43/1988, soltanto la sanzione del pagamento del tasso di interesse e di dilazione, di cui all'art. 13 del D.L. n. 402/81, perché, nella specie, non si versa in una ipotesi di evasione contributiva, atteso che il mancato versamento dei contributi è dipeso dall'incertezza del dato normativo. La domanda è infondata e va respinta. L'art. 4, comma 1 del D.L. 30 dicembre 1987, n. 536, convertito dalla legge n. 48/1988, successivamente abrogato dall'art. 1, comma 225, della legge 2 3 dicembre 1996, n. 662, prevede (alla lettera c), in caso di evasione connessa a registrazione o denunce 8
9 obbligatorie omesse o non conformi al vero, che l'importo delle somme aggiuntive, dovute a titolo di sanzione civile, in caso di omesso o ritardato pagamento delle contribuzioni obbligatorie, sia pari al 50% dei contributi o premi. Le somme aggiuntive, nell'ipotesi di mancato o ritardato pagamento dei contributi derivante da oggettive incertezze, connesse a contrastanti orientamenti giurisprudenziali o amministrativi sulla ricorrenza dell'obbligo contributivo successivamente riconosciuto in sede giudiziale o amministrativa, semprechè il versamento dei contributi e premi sia effettuato entro il termine fissato dagli enti impositori, sono, altresì, fissate (alla lettera b) nella misura del tasso di interesse di differimento e di dilazione, di cui all'art. 13 del decreto legge 29 luglio 1981, n. 402, convertito dalla legge n. 537/1981. La fattispecie in esame, pur nuova, non presenta particolare complessità, posto che può essere definita sulla base della semplice lettura del testo del decreto ministeriale 1 agosto Sul punto, non si registrano oggettive incertezze derivanti da contrastanti orientamenti giurisprudenziali o amministrativi, sulla ricorrenza dell'obbligo contributivo, che possa aver indotto la Cooperativa appellata a versare la contribuzione in misura diversa da quella dovuta. Sussiste, invece, l'evasione contributiva, perché il mancato pagamento dei contributi é dipeso da denunce obbligatorie non conformi al vero, come accertato con il verbale del 29 giugno 1999 dell'ispettorato del Lavoro di Udine (doc. 1 fasc. primo grado INPS). La Cooperativa appellata ritiene, infine, che sussistano i presupposti per l'applicazione dell'art. 1, comma 218, della legge n. 662/1996, salva l'ulteriore riduzione degli oneri accessori, fino alla misura degli interessi legali, ai sensi dell'art. 3 del D.L. 29 marzo 1991, n. 191, come sostituito dall'art. 1, comma 224, della stessa legge n. 662/1996. L'art. 1, comma 218, della legge 662/1996 (applicabile, ratione temporis, per il periodo di omissione contributiva decorrente dal primo gennaio 1997) prevede in caso di mancato o ritardato pagamento di contributi derivante da oggettive incertezze connesse a contrastanti orientamenti giurisprudenziali o amministrativi sulla ricorrenza dell'obbligo contributivo, successivamente riconosciuto in sede giudiziale o amministrativa, semprechè il versamento dei contributi o premi sia effettuato entro il termine fissato dagli enti impositori, che le somme aggiuntive siano pari al tasso dell'interesse di differimento e di dilazione, di cui all'art. 13 del D.L. 29 luglio 1981, convertito dalla legge n. 527/1981, e non possano comunque superare il 100% dell'importo contributivo omesso. Tale norma non può essere, utilmente, invocata nel caso in esame, per le ragioni, già in 9
10 precedenza espresse e, qui, confermate, che escludono l'applicabilità dell'art. 4, comma 1, lettera b), del D.L. n. 536/1987, convertito dalla legge n. 48/1988. Inoltre, quanto all'art. 1, comma 224, della legge n. 662/1996, che ha sostituito i primi tre commi ed arrogato il quarto dell'art. 3 del D.L. 29 marzo 1991, n. 103, convertito dalla legge 1 giugno 1991, n. 165, va sottolineato che la facoltà di ridurre le somme aggiuntive, nei casi ivi indicati, compete al Ministero del Lavoro su istanza delle imprese interessate. Trattasi, quindi, di una facoltà riconosciuta all'autorità amministrativa che non ha alcuna incidenza, pregiudiziale, sull'esercizio dell'attività giurisdizionale e che, anzi, può essere posta in essere, come può desumersi dal tenore letterale della norma, anche dopo il riconoscimento giudiziale dell'obbligo contributivo. Pertanto, in riforma dell'impugnata sentenza, le domande proposte dalla Cooperativa Aurora, con separati ricorsi, depositati il 2 agosto 1999 e l'1 dicembre 1999, sono rigettate. (Omissis) (1) V. in q. Riv., 2000, p
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