CONCORRENZA DEFINIZIONE: modello di mercato caratterizzato dalla presenza

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1 CONCORRENZA DEFINIZIONE: modello di mercato caratterizzato dalla presenza di piu operatori, di più offerte di bene e servizi, libertà di ingresso sul mercato di nuovi operatori e libertà del consumatore di orientare la propria domanda Disciplina a tutela della concorrenza : Costituzione : art. 41 ( che consente limitazioni all iniziativa economica per motivi di utilità sociale) e art. 43 (che consente i monopoli legali in specifici settori) nazionale, che ha un ambito di nazionale e carattere residuale rispetto alla disciplina comunitaria ( codice civile, leggi speciali ( l. 287/1990, a tutela del mercato e concorrenza ;l.l416/1981 nel settore dell editoria ; dlgs177/2005 settore radiotelevisivo ) comunitaria : derivante dai trattati e regolamenti

2 Ambito soggettivo di applicazione disciplina antimonopolistica italiana imprese italiane imprese pubbliche imprese a prevalente partecipazione statale con esclusione delle imprese in posizione di monopolio legale e quelle che gestiscono servizi di interesse economico generale, esercenti professioni intellettuali ed artisti (Art. 8 L. 287/90).

3 FENOMENI RILEVANTI IN MATERIA DI CONCORRENZA 1) intese restrittive della concorrenza; 2) abusi di posizione dominante; 3) concentrazioni

4 INTESE Art. 2 l. 287/90 e art. 81 trattato CE Comportamenti concordati tra imprese volti a limitare la propria libertà di azione sul mercato. 1) Accordi tra imprese; 2) deliberazioni di consorzi, di associazioni di imprese ed altri organismi similari; 3) pratiche concordate tra imprese. Sono lecite le intese minori che non incidono sull assetto concorrenziale del mercato. Sanzione: nullità

5 ABUSO DI POSIZIONE DOMINANTE E ABUSO DI DIPENDENZA ECONOMICA Abuso di posizione dominante( art.3 l. 287/1990) si ha quando : 1) vi è imposizione diretta o indiretta, prezzi o altre condizioni contrattuali ingiustificatamente gravose; 2) vi è Impedimento o limitazione alla produzione, agli sbocchi o agli accessi al mercato; 3) vi è applicazione ai rapporti commerciali condizioni oggettivamente diverse per prestazioni equivalenti; 4) viene subordinata la conclusione di contratti all accettazione di prestazioni supplementari che non abbiano alcuna connessione con l oggetto del contratto stesso. Sanzione: accertata l infrazione l Autorità ne ordina la cessazione Abuso di dipendenza economica: stato in cui si trova un impresa rispetto ad un altra anche in posizione non dominante sul mercato. Sanzione: nullità risarcimento danni (art. 9 l.192/1998)

6 CONCENTRAZIONI 1) giuridica: due o più imprese si fondono dando luogo ad un unica impresa; 2) economica: due o più imprese diventano un unica entità economica; 3) impresa societaria comune. Sanzioni: l Autorità può vietare la concentrazione se ritiene che la stessa comporta la costituzione o il rafforzamento di una posizione dominante con effetti distorsivi per la concorrenza stabili e durevoli. In alternativa può prescrivere le misure necessarie per impedire tali conseguenze. Diversamente dalle intese non è sancita la nullità dell operazione.

7 Differenza tra abuso di posizione dominante e abuso di dipendenza economica -Giurisprudenza- Cassazione ordinanza n /2015: Non sussiste la competenza delle sezioni specializzate in materia di impresa sia quando la domanda miri ad accertare una ipotesi di concorrenza sleale cd. pura (nella quale la lesione dei diritti riservati non sia, in tutto o in parte, elemento costitutivo della lesione del diritto alla lealtà concorrenziale, che esige la valutazione "incidenter tantum" delle privative in gioco), sia nel caso in cui la richiesta risarcitoria sia proposta in ragione od in connessione ad una ipotesi di abuso di dipendenza economica di un'impresa da un'altra, ai sensi dell'art. 9 della legge n. 192 del 1998, trattandosi di ipotesi - di natura puramente contrattuale - estranea al concetto di abuso di posizione dominante, di cui all'art. 3 della legge n. 287 del 1990 e, quindi, priva di rilevanza per la tutela della concorrenza e del mercato. Ordinanza regolamento competenza ex a45 Tribunale di Napoli sezione specializzata in materia di imprese del

8 Limiti convenzionali della concorrenza : PATTO DI NON CONCORRENZA art c.c. Caratteristiche : 1) provato per iscritto 2) circoscritto ad un ambito territoriale 3) determinato ad un tipo di attività 4) massimo 5 anni

9 PATTI DI NON CONCORRENZA : PATTI AUTONOMI oggetto e funzione esclusiva: la restrizione della libertà della concorrenza. Possono essere restrizioni unilaterali (obblighi di non concorrenza a carico di una sola delle parti) o reciproche (cartelli o intese) (a carico di tutti gli imprenditori partecipanti all intesa), orizzontali (imprenditori in diretta concorrenza) o verticali (produttori e rivenditori)

10 PATTI ACCESSORI Clausola accessoria di altro contratto avente diverso oggetto. Essi sono: 1) clausola di esclusiva; 2) patto di preferenza; 3) patto di non concorrenza.

11 Patto di non concorrenza Cass.19/11/2014, n Giurisprudenza In ambito di patto di non concorrenza, ove questo è espressamente limitato ai prodotti oggetto dell'attività lavorativa del dipendente, devono escludersi dal possibile oggetto del patto, in quanto inidonee ad integrare concorrenza, attività estranee allo specifico settore produttivo o commerciale nel quale opera l'azienda, ovvero al mercato nelle sue oggettive strutture, ove convergono domande ed offerte di beni o servizi identici oppure reciprocamente alternativi o fungibili, comunque parimenti idonei ad offrire beni o servizi nel medesimo mercato.

12 Patto di non concorrenza Giurisprudenza II Cass., 07/06/2013, n La produzione è naturalmente finalizzata alla vendita (nella specie relativa alla violazione di un patto di non concorrenza nell'ambito di un trasferimento di ramo d'azienda da parte di una società che vendeva strumenti musicali e accessori, la Corte ha ritenuto che il patto di non concorrenza non si riferiva solo alla produzione strettamente intesa, ma a tutte le attività idonee a sviare la clientela del ramo di azienda ceduto).

13 Limitazioni legali della concorrenza: MONOPOLIO Deve essere previsto dalla legge, come prescritto dall art 43 della Costituzione In deroga alla libertà di contrattare è posto un duplice obbligo a carico di chi opera in regime di monopolio: a) obbligo di contrattare con chiunque richieda le prestazioni che formano oggetto dell impresa; b) obbligo di rispettare la parità di trattamento tra i richiedenti.

14 DISCIPLINA A TUTELA DELLA CONCORRENZA Artt c.c. art. 10 bis Conv. Parigi del 1883

15 Il bene tutelato e la funzione della disciplina della concorrenza sleale Divieto di servirsi di mezzi e tecniche non conformi ai principi della correttezza professionale. I fatti che violano tali regole sono atti di concorrenza sleale (illecito concorrenziale).

16 Ambito di applicazione della disciplina a tutela della concorrenza : PRESUPPOSTO SOGGETTIVO Qualità di imprenditore sia del soggetto che pone in essere l atto di concorrenza vietato che del soggetto che ne subisce le conseguenze. Vi sono ricompresi oltre quelli di cui alla definizione di cui all art 2082 c.c anche : 1) Soggetti di diritto pubblico; 2) Imprenditori privati concessionari di pubblici servizi; 3) Imprenditore non proprietario dell azienda ; 4) Imprenditore in fieri, ossia il soggetto che sia in fase di organizzazione della propria impresa e non abbia ancora operato sul mercato 5) Imprenditore fallito o in liquidazione

17 Ambito di applicazione della disciplina sulla concorrenza : PRESUPPOSTI OGGETTIVI Rapporto di concorrenziale tra i soggetti coinvolti, che presuppone la comunanza di clientela; Profilo territoriale : non vi deve essere una distanza territoriale che fa venire meno il rapporto concorrenziale ; Profilo merceologico : deve trattarsi dei medesimi prodotti o servizi o quanto meno affini ( Cass /2009)

18 Presupposti soggettivi Giurisprudenza Cassazione civile, sez. I, 23/12/2015, n Ove gli illeciti anticoncorrenziali siano compiuti da un terzo c.d. interposto, il quale agisca per conto, o comunque in collegamento con un imprenditore che ne trae vantaggio, concorrente di quello danneggiato, entrambi rispondono in via solidale a titolo di concorrenza sleale (nella specie, la Suprema corte ha confermato la sentenza di merito che aveva condannato in solido al risarcimento dei danni, a titolo di concorrenza sleale, l'autore materiale dei fatti lesivi, consistenti nella violazione del segreto su progetti di apparecchiature realizzate per conto di altro imprenditore, e un concorrente di quest'ultimo, cui i disegni, nell'ambito di un rapporto di collaborazione con l'autore, erano stati propalati, che a sua volta li aveva messi a disposizione di un'impresa collegata, la quale li aveva poi utilizzati per partecipare ad una gara di appalto all'estero).

19 Concorrenza sleale, presupposti Giurisprudenza Cassazione civile, sez. I, 19/05/2016, n La concorrenza sleale presuppone la c.d. comunanza di clientela da intendersi come l'insieme dei consumatori che sentono il medesimo bisogno di mercato e, pertanto, si rivolgono all'acquisto di tutti quei prodotti che quel bisogno sono idonei a soddisfare (nella specie, l'attore aveva convenuto in giudizio altra società per la manipolazione del materiale pubblicitario e la contraffazione del marchio).

20 Concorrenza sleale- presupposti Giurisprudenza II Cassazione civile, sez. I, 19/05/2016, n Uno dei presupposti per l'accertamento della esistenza della concorrenza sleale - la cui assenza impedisce ogni concorrente - è costituito dalla esistenza della comunanza di clientela. Questa è data non già dalla identità soggettiva degli acquirenti dei prodotti delle due imprese, bensì dall'insieme dei consumatori che sentono il medesimo bisogno di mercato e, pertanto, si rivolgono all'acquisto di tutti quei prodotti che quel bisogno sono idonei a soddisfare. La comunanza di clientela, in particolare, va verificata anche in una prospettiva potenziale, dovendosi, al riguardo, esaminare se la attività di cui si tratta, considerata nella sua naturale dinamicità, consenta di configurare, quale esito di mercato fisiologico e prevedibile, sul piano temporale e geografico e, quindi, su quello merceologico, la offerta dei medesimi prodotti, ovvero di prodotti affini o succedanei rispetto a quelli attualmente offerti dal soggetto che lamenta la concorrenza sleale. Per quanto - infine - concerne l'ambito geografico ciò che viene in gioco è l'accertamento del mercato di riferimento, ovvero, nel cosiddetto "mercato rilevante", che è quello nel quale operano ovvero - secondo la naturale espansività delle attività economiche - possono operare gli imprenditori in controversia.

21 ATTI DI CONCORRENZA SLEALE. Art 2598 c.c: compie atti di concorrenza sleale chiunque: 1) usa nomi o segni distintivi idonei a produrre confusione con i nomi o i segni distintivi legittimamente usati da altri, o imita servilmente i prodotti di un concorrente, o compie con qualsiasi altro mezzo atti idonei a creare confusione con i prodotti e con l'attività di un concorrente; 2) diffonde notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull'attività di un concorrente, idonei a determinarne il discredito, o si appropria di pregi dei prodotti o dell'impresa di un concorrente ; 3) si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l'altrui azienda

22 FATTISPECIE CONFUSORIE ex ART 2598 N. 1 C.C. : 1. uso di nomi e segni distintivi confondibili Presupposti: 1. Uso di nomi e segni distintivi ( nome, ditta, denominazione sociale, marchio registrato, marchio di fatto) idonei a generare confusione ; 2. effettiva confondibilità da valutarsi in concreto. Il rischio è escluso in caso di : Mera riproduzione senza alcuna commercializzazione del prodotto: sola registrazione del segno senza alcuna utilizzazione; Mancata commercializzazione del prodotto

23 FATTISPECIE CONFUSORIE EX ART 2598 N. 1 C.C. : Atti di imitazione servile Si configura nel caso in cui un imprenditore adotti per le forme esteriori ( non avendo rilevanza le caratteristiche intrinseche) dei prodotti attributi estetici individualizzanti sul mercato i prodotti di un concorrente così da indurre in errore il cliente, sviandone la scelta L onere di provare la capacità distintiva della forma del prodotto incombe su chi chiede la tutela

24 Atti di concorrenza sleale Giurisprudenza Cassazione civile, sez. I, 10/08/2016, n Costituisce atto di concorrenza sleale la commercializzazione di un "whisky" con una denominazione fuorviante (nella specie, "Scottish Swordsman" e "Scottish Piper"), tale, quindi, da suggerire, contro il vero, la provenienza del prodotto dalle tradizionali aree geografiche di produzione, e cioè dalla Scozia.

25 Concorrenza per confusione: Giurisprudenza Tribunale Latina, sez. II, 12/07/2016, n E considerata concorrenza sleale l'avere presentato i propri prodotti come simili o identici a quelli di un concorrente noto, facendo espresso riferimento al marchio di quest ultimo, sfruttandone la rinomanza tra i destinatari del messaggio e così facendo accreditare i propri prodotti presso la clientela senza sforzi di investimento.

26 Concorrenza per imitazione: Giurisprudenza Tribunale Roma, sez. IX, 30/05/2016, n In tema di concorrenza sleale, se non può vietarsi ad una società ex agente di avere contatti e di instaurare rapporti commerciali con clienti dell'impresa preponente successivamente alla disdetta del rapporto con quest'ultima, offrendo condizioni più favorevoli, perché ciò equivarrebbe ad una grave limitazione del principio della libertà di concorrenza in libero mercato, si deve ritenere non consentita una sistematica attività di distrazione della clientela e di imitazione delle iniziative imprenditoriali dell'altra società attuata con modalità scorrette, quali l'utilizzo di dati che non siano acquisibili da chiunque operi nel settore senza una speciale attività di ricerca. Soprattutto appare scorretta la rivendicazione da parte dell'ex agente della propria qualità, dopo la cessazione del rapporto di agenzia, al fine di promuovere la disdetta dei contratti fra la mandante ed i clienti, i quali non sono interessati dalla risoluzione del mandato.

27 Imitazione servile confusoria: Giurisprudenza Tribunale Torino 01/04/2016, n Costituisce imitazione servile confusoria la ripresa delle caratteristiche estetiche del prodotto dotate di efficacia individualizzante (e quindi idonee a ricollegarlo a una determinata impresa), in modo da indurre il consumatore a ritenere erroneamente che il prodotto imitante provenga dalla stessa fonte produttiva di quello imitato; va esclusa, invece, l'imitazione servile quando la ripetizione dei connotati formali si limiti a quei profili conseguenti alle caratteristiche funzionali e necessitate del prodotto, in quanto il divieto di imitazione servile attiene ai caratteri non essenziali, non funzionali, capricciosi o arbitrari e per tale motivo individualizzanti, con conseguente onere di differenziazione da parte del concorrente.

28 Confondibilità Giurisprudenza Tribunale Milano, Sez. spec. Impresa, 09/05/2016, n Ai sensi dell art. 20 c.p.i. (d.lg. n. 30/2015), il titolare del marchio registrato gode di tutela nei confronti di qualunque terzo che utilizzi un marchio uguale o simile per prodotti analoghi. Per la configurazione della contraffazione è presupposto necessario la confondibilità tra i segni utilizzati dal titolare e dal presunto contraffattore, cioè la possibilità che, mediante l utilizzo di un segno distintivo uguale o simile, possa determinarsi un rischio di confusione o di associazione per il pubblico. L illeicità di tale condotta integra la fattispecie della concorrenza sleale confusoria e per agganciamento parassitario di cui all art nn. 1 e 2, c.c.

29 Imitazione servile Giurisprudenza Tribunale Torino, Sez. spec. Impresa, 01/04/2016, n Costituisce imitazione servile confusoria la ripresa delle caratteristiche estetiche del prodotto dotate di efficacia individualizzante (e quindi idonee a ricollegarlo a una determinata impresa), in modo da indurre il consumatore a ritenere erroneamente che il prodotto imitante provenga dalla stessa fonte produttiva di quello imitato; va esclusa, invece, l'imitazione servile quando la ripetizione dei connotati formali si limiti a quei profili conseguenti alle caratteristiche funzionali e necessitate del prodotto, in quanto il divieto di imitazione servile attiene ai caratteri non essenziali, non funzionali, capricciosi o arbitrari e per tale motivo individualizzanti, con conseguente onere di differenziazione da parte del concorrente

30 FATTISPECIE CONFUSORIE ART N. 1 C.C. : Altre condotte di concorrenza confusoria La fattispecie rappresenta una norma di chiusura della disciplina della concorrenza confusoria con cui il legislatore hai inteso ribadire l illiceità di qualsivoglia atto idoneo a generare confusione Rientrano in tale fattispecie : 1. Gli atti di concorrenza sleale per imitazione per elementi distintivi secondari; 2. I comportamenti commerciali non corrispondenti alle ipotesi di abuso di segni distintivi e di imitazione servile capaci di generare nel pubblico confusione sulla reale origine del prodotto o servizio offerto

31 ATTI DI CONCORRENZA EX ART 2598 N. 2C.C. Diffusione di notizie e apprezzamenti sui prodotti e sull attività del concorrente idonei a determinare discredito o si appropria di pregi dei prodotti o dell impresa di un concorrente DENIGRAZIONE : si tratta di un illecito a forma libera che puo esser commesso con piu e diversi mezzi ( es reclamizzazzione pubblicitaria, comunicazione ad un singolo interessato ) La giurisprudenza ritiene che la diffusione di notizie vere da cui sia derivato discredito ad imprenditore sia lecita, per evitare che un soggetto goda di un credito e rinomanza non meritata. APPROPRIAZIONE DI PREGI. si verifica quando un imprenditore in forme pubblicitarie o equivalenti attribuisce ai propri prodotti o alla propria impresa pregi( es certificazioni, riconoscimenti, qualità) da essi non posseduti ma appartenenti ai prodotti o impresa di altro imprenditore e che rappresenti motivo di preferenza ( v. Cass sent /1998)

32 Appropriazione di pregi Giurisprudenza Cassazione civile, sez. VI, 07/01/2016, n. 100 La concorrenza sleale per appropriazione di pregi dei prodotti o dell'impresa altrui, di cui all'art. 2598, n. 2, c.c., non consiste nell'adozione, sia pur parassitaria di tecniche, materiali o procedimenti già usati da altra impresa, che può dar luogo, invece, alla concorrenza sleale per imitazione servile, ma ricorre quando un imprenditore, in forme pubblicitarie od equivalenti, attribuisce ai propri prodotti o alla propria impresa pregi, quali, ad esempio, premi, medaglie, riconoscimenti, qualità, indicazioni, requisiti, virtù, da essi non posseduti, ma appartenenti a prodotti o all'impresa di un concorrente, in modo da perturbare la libera scelta dei consumatori.

33 Appropriazione pregi Giurisprudenza Tribunale Latina, sez. II, 12/07/2016, n La concorrenza sleale per appropriazione dei pregi dei prodotti o dell'impresa altrui, disciplinata dall'art n. 2 c.c., ricorre quando un imprenditore, in forme pubblicitarie od equivalenti, attribuisce ai propri prodotti od alla propria impresa pregi, quali ad esempio medaglie, riconoscimenti, indicazioni di qualità, requisiti, virtù da essi non posseduti, ma appartenenti a prodotti od all'impresa di un concorrente, in modo da perturbare la libera scelta dei consumatori.

34 ATTI DI CONCORRENZA EX ART 2598 N. 3 C.C. Norma di chiusura del sistema a carattere aperto in cui ricadono tutte le condotte comportanti violazione delle regole di correttezza professionale realizzate con mezzi diversi e distinti da quelli indicati nei nn1 e 2 dell art 2598 c.c. Esempi : comunicazioni ingannevoli; vendite sotto costo ; manovre sui prezzi; storno dei dipendenti ( cioè assunzione di un ex dipendenti altro concorrente solo al fine di danneggiarlo), boicottaggio ( sottrazione ad un imprenditore di tutti gli elementi per proseguire l attività); concorrenza parassitaria ( imitazione di tutte o quasi tutte le attività di un concorrente compiuta dopo breve tempo ).

35 Altre forme di concorrenza sleale Giurisprudenza Cassazione civile, sez. I, 04/12/2014, n In tema di concorrenza sleale, l'ipotesi prevista dall'art. 2598, n. 3, cod. civ. - consistente nell'avvalersi direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo «non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l'altrui azienda» - si riferisce a mezzi diversi e distinti da quelli relativi ai casi tipici previsti dai precedenti nn. 1 e 2 della medesima disposizione e costituisce un'ipotesi autonoma di possibili casi alternativi, per i quali è necessaria la prova in concreto dell'idoneità degli atti ad arrecare pregiudizio al concorrente. Pertanto, se a fondamento della domanda sono allegati atti di imitazione servile, come tali integranti concorrenzasleale per la loro intrinseca idoneità a creare confusione con i prodotti e l'attività del concorrente, non può il giudice sostituire alla "causa petendi" della domanda una "causa petendi" diversa sia sotto il profilo giuridico che sotto quello dei fatti materiali, né porre i medesimi fatti, invocati dall'attore come atti di imitazione servile, a fondamento dell'accertamento della concorrenza sleale sotto il diverso profilo dell'art. 2598, n. 3, cod. civ. senza con ciò andare oltre i limiti della domanda proposta, sulla quale soltanto si è validamente instaurato il contraddittorio.

36 Concorrenza -Storno dipendenti: Giurisprudenza Tribunale Mantova, sez. II, 05/05/2016, n. 549 Sussiste rapporto di concorrenza tra due società qualora i due soggetti offrono sullo stesso mercato beni o servizi idonei a soddisfare gli stessi bisogni o bisogni simili, ciò implicando che i medesimi si rivolgono alla stessa clientela. In particolare, affinché lo storno dei dipendenti di un'impresa concorrente possa costituire atto di concorrenza sleale, sono necessari la consapevolezza nel soggetto agente dell'idoneità dell'atto a danneggiare l'altrui impresa ed altresì l'"animus nocendi", cioè l'intenzione di conseguire tale risultato, da ritenersi sussistente ogni volta che lo storno sia stato posto in essere con modalità tali da non potersi giustificare, in rapporto ai principi di correttezza professionale, se non supponendo nell'autore l'intento di recare pregiudizio all'organizzazione ed alla struttura produttiva del concorrente.

37 Cass., 04/01/2017, n. 94 Scuola di Specializzazione per le Professione legali Storno dipendenti Giurisprudenza Lo storno dei dipendenti di impresa concorrente costituisce atto di concorrenza sleale allorché sia perseguito il risultato di crearsi un vantaggio competitivo a danno di quest'ultima tramite una strategia diretta ad acquisire uno staff costituito da soggetti pratici del medesimo sistema di lavoro entro una zona determinata, svuotando l'organizzazione concorrente di sue specifiche possibilità operative mediante sottrazione del modus operandi dei propri dipendenti, delle conoscenze burocratiche e di mercato da essi acquisite, nonché dell'immagine in sé di operatori di un certo settore. Ne consegue che, al fine di individuare tale animus nocendi, consistente nella descritta volontà di appropriarsi, attraverso un gruppo di dipendenti, del metodo di lavoro e dell'ambito operativo dell'impresa concorrente, nessun rilievo assume l'attività di convincimento svolta dalla parte stornante per indurre alla trasmigrazione il personale di quella.

38 TUTELA CONTRO GLI ATTI DI CONCORRENZA SLEALE Risarcimento dei danni, che richiede il dolo e la colpa, che si presume(art c.c. ) Inibitoria Pubblicazione della sentenza

39 NATURA DELL AZIONE Giurisprudenza CASSAZIONE SENTENZA N DEL 02/12/2016 Le azioni concesse a tutela dei brevetti e quelle in materia di concorrenza sleale hanno natura e presupposti diversi ed autonomi: le prime, di carattere reale erga omnes, sono dirette alla protezione di diritti reali assoluti su beni immateriali ed alla rimozione degli effetti pregiudizievoli; le seconde, di carattere personale, sono volte all'accertamento dell'illecito concorrenziale nelle sue varie manifestazioni ed alla pronunzia sanzionatrice delle conseguenze dannose. Ne consegue che, pur potendo le due azioni essere cumulate nello stesso giudizio, non necessariamente l'una è condizionata o dipendente dall'altra, nel senso che, se è vero che la medesima condotta può costituire violazione sia della normativa a tutela del brevetto, sia di quella posta a contrasto della concorrenza sleale, ciò nondimeno, la ricorrenza di una fattispecie di concorrenza sleale non è automaticamente implicata dalla denuncia di contraffazione del brevetto, dovendo quest ultimo comprovare, altresì, nei limiti in cui il relativo onere probatorio è a suo carico, la sussistenza di una condotta di concorrenza sleale individuata tra quelle previste dall'articolo 2598 c.c.

40 Sanzioni Giurisprudenza Cassazione civile, sez. I, 22/09/2015, n La richiesta di pubblicazione della sentenza che accerti gli atti concorrenziali in violazione dell'obbligo di non concorrenza derivante dalla cessione di azienda è riconducibile all'art c.c. e non all'art c.c., sicché il relativo provvedimento integra una forma di riparazione del pregiudizio subito dall'imprenditore - che, al pari del risarcimento, richiede la prova della diminuzione patrimoniale o del mancato guadagno cagionati dalla violazione del divieto - e non una sanzione autonoma, volta a portare a conoscenza del pubblico la reintegrazione del diritto leso, rimessa alla discrezionalità del giudice di merito, nonché indipendente dalla prova di un danno attuale.

41 Onere della prova Giurisprudenza Cassazione civile, sez. I, 23/12/2015, n L'accertamento di concreti fatti materiali di concorrenza sleale comporta una presunzione di colpa, ex art c.c., che onera l'autore degli stessi della dimostrazione dell'assenza dell'elemento soggettivo ai fini dell'esclusione della sua responsabilità; il corrispondente danno cagionato, invece, non è "in re ipsa" ma, quale conseguenza diversa ed ulteriore rispetto alla distorsione delle regole della concorrenza, necessita di prova secondo i principi generali che regolano il risarcimento da fatto illecito, sicché solo la dimostrazione della sua esistenza consente l'utilizzo del criterio equitativo per la relativa liquidazione.

42 AZIONE DI RISARCIMENTO AZIONE DI INANDEMPIMENTO Giurisprudenza Cassazione civile, sez. I, 22/09/2015, n La domanda di accertamento della violazione del divieto di concorrenza derivante dal contratto di cessione di azienda (o del ramo d'azienda) è volta a far valere l'inadempimento del contratto e non è incompatibile con la domanda di risoluzione contrattuale fondata sul medesimo presupposto, non essendovi neppure contrasto tra gli obiettivi delle due domande, consistenti, da un lato, nella richiesta di risarcimento dei danni cagionati dalla violazione, e, dall'altro, nella richiesta di restituzione delle rate di prezzo pagate e nella dichiarazione di cessazione dell'obbligo di corrispondere quelle non ancora scadute.

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