FAVOLE ANTICHE al MUSEO

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1 Associazione Amici del Museo di Storia Naturale Don Bosco FAVOLE ANTICHE al MUSEO Dalla collezione zoologica, i protagonisti delle favole di Esopo dipinti di Piera Luisolo Iniziativa realizzata con il sostegno del Centro Servizi per il Volontariato Sviluppo Solidarietà in Piemonte

2 Favole antiche al Museo è un progetto didattico che coinvolge scienze, arte e letteratura, promosso dall Associazione Amici del Museo di Storia Naturale Don Bosco, in collaborazione con: Liceo Salesiano Valsalice, Museo di Storia Naturale Don Bosco, Sezione di Torino dell A.I.C.C. (Associazione Italiana di Cultura Classica), Centro Studi P.A.N.I.S. (Poesia, Arte, Narrativa, Un particolare ringraziamento alla ditta Simpro, che con attivo interesse per l arte e la cultura, ha offerto le plance per Ezio Fonio ha curato la traduzione delle favole e scritto i testi su Esopo, sul Museo e sulle specie animali. Le fotografie dei dipinti sono state realizzate da Filippo Gallino; quella dell Aquila da Marco Bonardello; le fotografie degli ambienti del Museo e degli altri animali da Cipriano De Marie. La presente pubblicazione costituisce il catalogo della mostra Favole antiche al Museo allestita presso il Museo di Storia Naturale Don Bosco - viale Thovez Torino - Tel Grafi ca a cura di: Stampato da: LA NUOVA GRAFICA

3 Don Bosco Il Canonico Giordano Apparecchiature scientifiche Prima foto della Sindone Don Tonelli in Patagonia il Museo L attuale allestimento Don Giuseppe Brocardo Le collezioni I Gruppi giovanili La mostra dei minerali Gli Amici del Museo Attività didattiche

4 Il Museo di Storia Naturale Don Bosco è uno dei più antichi musei scientifici di Torino. Infatti è stato fondato da S. Giovanni Bosco nel lontano 1878 per servire come dotazione scientifica alla Scuola di Valsalice da lui aperta nel 1872 su richiesta dell allora Arcivescovo di Torino, Mons. Gastaldi. L occasione di dare inizio ad un museo scientifico al Valsalice venne a don Bosco dall offerta della collezione zoologica del defunto canonico Gian Battista Giordano, dotto e santo prete di Rivalta Torinese, da parte della sua erede, contessa Rita di Malliano, vedova del conte Alberto Bruno di Cussanio. Il Santo acquistò questa collezione di animali impagliati. Questa acquisizione costituì il primo nucleo del Museo, che venne inaugurato da don Bosco stesso il 5 luglio 1879 alla presenza di autorità dello Stato. Don Bosco volle che le scienze sperimentali fossero curate e incoraggiò l acquisto di apparecchiature scientifi che per i laboratori, incaricandone il docente di fi sica e chimica, don Natale Noguier de Malijay, un salesiano provenzale, noto per essere stato il propugnatore della fotografi a della Sindone. Benché il re Umberto I affi dasse l incarico della foto uffi ciale all italiano Avv. Secondo Pia, don Noguier scattò ugualmente un paio di foto, come egli stesso dichiarò, prima di quella uffi ciale del maggio Molte delle apparecchiature antiche, acquistate in quei tempi e dopo, sono ancora in uso nella scuola e in parte sono esposte nell attuale allestimento del Museo insieme ad altre più recenti. Il Museo naturalistico fu incrementato da successive donazioni, e da materiale proveniente dalle esposizioni salesiane missionarie del 1898 e In particolare don Antonio Tonelli fu in Patagonia e Terra del Fuoco tra il 1909 e il 1911, dove raccolse parecchio materiale naturalistico ed etnografi co sulle prime missioni salesiane. Nel 1967, per iniziativa del Direttore dell Istituto don Ludovico Zanella, furono riunite le collezioni nell attuale allestimento, che venne inaugurato il 12 gennaio 1969 alla presenza del Sindaco di Torino, Avv. Andrea Guglielminetti, e dedicato al Santo fondatore. Infaticabile Direttore del Museo fino al 6 gennaio 2000 è stato don Giuseppe Brocardo, mancato l 8 agosto Egli potenziò la collezione mineralogico-petrografica, che con i suoi circa cinquemila pezzi è la maggiore esposizione in Piemonte e comunque una delle maggiori collezioni. L attuale allestimento è distribuito su due piani del lato ovest dell Istituto con entrata dal n. 37 di viale Thovez. Al terzo piano sono esposte apparecchiature di fi sica e chimica (in parte ancora oggi in uso nella scuola) e la

5 collezione mineralogico-petrografi ca. Il quarto piano comprende le esposizioni botaniche, zoologiche, paleontologiche, etnografiche ed archeologiche. Qui sono esposti gli animali che hanno offerto lo spunto per la mostra Favole antiche al Museo. Va ricordato che nessun animale è stato abbattuto per allestire questo Museo; si tratta di esemplari rinvenuti morti in natura, o di allevamento, o abbattuti da bracconieri e poi sequestrati e assegnati al museo, o anche di esemplari abbattuti un tempo da cacciatori per collezioni private poi confl uite al museo. Le collezioni di animali non si fanno per un gusto estetico, anche se non possiamo nasconderci che molti uccelli, conchiglie e farfalle possiedono anche quello, ma per motivi scientifi ci: gli studi sugli animali conservati nelle collezioni (i dati della distribuzione geografi ca e quelli sul DNA per esempio) sono importanti per meglio conoscere la biologia delle specie e salvaguardarle. Per iniziativa dell infaticabile don Giuseppe Brocardo, il Museo Don Bosco ha avviato un intensa attività coi giovani, sensibilizzandoli alla conoscenza della natura, alla difesa dell ambiente, alla tutela delle specie viventi. Sono stati così costituiti vari gruppi naturalistici giovanili: paleontologico, botanico, entomologico e mineralogico. Il G.M.V. (Gruppo Mineralogico Valsalicese) insieme col Gruppo Mineralogico Torinese è all origine delle Mostre Mineralogiche che si tengono ogni anno nella nostra città e richiamano centinaia di espositori, molti dei quali vengono da Paesi esteri di altri continenti. Dal 1975 i giovani del Liceo Valsalice svolgono un attivo volontariato culturale come assistenti museali e guide del Museo, che può rimanere aperto al

6 pubblico anche grazie al loro impegno. Dall iniziale gruppo si è poi sviluppata l attuale Associazione Amici del Museo Don Bosco, costituita nel 1996 come Associazione di volontariato. L Associazione ha aderito trovano spazio altre attività didattiche, quali conferenze, corsi, mostre temporanee, organizzate dagli Amici del Museo in proprio o con altre associazioni, come Pro Natura e più recentemente Pangea. ad UNI.VO.C..A. (Unione Volontari Culturali Associati), che è socio fondatore del Centro Servizi per il Volontariato Solidarietà Sviluppo Piemonte V.S.S.P. Accanto all attività relativa alle collezioni, nel Museo

7 Il cerbiatto e il cervo La tartaruga e la lepre Il cinghiale e la volpe La formica e la colomba Il nibbio ed il serpente Il cane e la conchiglia La scimmia ed il delfino Il lupo e l airone Il granchio e sua madre le Favole I galli e la pernice Il lupo e l agnello La gallina dalle uova d oro Il topo e la ranocchia La tartaruga e l aquila La volpe e l uva Il tordo Il topo di campagna e quello di città Il leone invecchiato e la volpe La rondine e la cornacchia che disputavano sulla loro bellezza

8 Il cerbiatto e il cervo I ACQUARELLO, GRAFITE, INCHIOSTRO, COLLAGE - 41 x Una volta un cerbiatto disse al cervo: «Babbo, tu sei più grande e veloce dei cani e, per di più, hai un magnifi co paio di corna per difenderti. Come va, dunque, che hai paura di loro?». Il cervo rise e rispose: «Figlio mio, quel che tu dici è vero; ma io so una cosa sola: che quando sento abbaiare un cane, non so come, ma bisogna che me la dia subito a gambe». La favola mostra che non c è incoraggiamento che valga a rinfrancare chi è per natura pauroso.

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10 La tartaruga e la lepre II ACQUARELLO, GRAFITE - 26 x 21, 15 X 21 CM. Una tartaruga e una lepre continuavano a far discussioni sulla loro velocità. Finalmente, fi ssarono un giorno e un punto di partenza e presero il via. La lepre, data la sua naturale velocità, non si preoccupò della cosa: si buttò giù sul ciglio della strada e si addormentò. La tartaruga, invece, consapevole della sua lentezza, non cessò di correre, e così, passando avanti alla lepre che dormiva, raggiunse il premio della vittoria. La favola mostra che spesso con l applicazione si ottiene più che con i doni naturali non coltivati.

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12 Il cinghiale e la volpe III ACQUARELLO, GRAFITE, PASTELLI, COLLAGE - 34 x 30 CM. Un cinghiale si era messo vicino a un albero e vi aguzzava sopra le zanne. La volpe gli chiese perché mai, quando né cacciatori né altro pericolo gli sovrastava, egli aguzzava i denti. «Non lo faccio certo senza perché», rispose il cinghiale. «Se mi capitasse addosso qualche guaio, allora non avrei più il tempo per affi larle; ma se saranno pronte, me ne servirò». La favola insegna che i preparativi si devono fare prima che si presenti il pericolo.

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14 La formica e la colomba IV ACQUARELLO, INCHIOSTRO, COLLAGE - 35 x 30 CM. Una formica assetata era scesa in una fontana e, trascinata dalla corrente, stava per affogare. Se ne avvide una colomba e, strappato un ramoscello da un albero, lo gettò nell acqua. La formica vi salì sopra e riuscì a salvarsi. Poco dopo, un uccellatore, con i suoi panioni pronti, si avanzò per prendere la colomba. La formica lo scorse e diede un morso al piede dell uccellatore, che, nell impeto del dolore, gettò via i panioni, facendo così fuggire immediatamente la colomba. La favola mostra che bisogna ricambiare i benefattori.

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16 Il nibbio e il serpente V ACQUARELLO, GRAFITE, TEMPERA - 30 x 36 CM. Un nibbio afferrò un serpente e si levò a volo. Ma il serpente si rivoltò, lo morse, ed entrambi caddero dall alto. Mentre il nibbio moriva, il serpente gli disse: «Perché sei stato così folle da voler fare del male a me, che non ti facevo nulla? Ecco che hai avuto il giusto castigo per avermi rapito». Chi fa il prepotente e oltraggia i deboli, se s abbatte in uno più forte di lui, quando meno se l aspetta, paga anche il male che ha fatto prima.

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18 Il cane e la conchiglia VI ACQUARELLO, GRAFITE, COLLAGE - 29 x 35 CM. Un cane, abituato a ingollarsi delle uova, vide una conchiglia; convinto che fosse un uovo, spalancò la bocca e con un violento sforzo riuscì a mandarla giù. Quando poi sentì il peso e i dolori di stomaco: «Ben mi sta disse perché mi ero messo in testa che tutte le cose rotonde fossero uova». Questa favola insegna che chi affronta un impresa senza rifl ettere può impensatamente trovarsi impigliato fra strani fastidi.

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20 La scimmia e il delfino VII ACQUARELLO, TEMPERA, COLLAGE - 35 x 29 CM. È un abitudine assai diffusa tra quelli che fanno viaggio per mare di portarsi dietro dei cagnolini maltesi o delle scimmie, per distrarsi durante il viaggio. Un tale, dunque, che compiva una traversata, aveva con sé una scimmia. Giunti all estremità dell Attica, al Sunio, ecco scatenarsi una violenta tempesta. La nave si capovolge, e i passeggeri si salvano a nuoto. Anche la scimmia si mette a nuotare. La scorse un delfi no, che, prendendola per un uomo, le scivolò sotto, la sollevò e la portò verso la terraferma. Quando furono al Pireo, che è il porto di Atene, il delfi no le domandò se era di Atene. La scimmia rispose di sì, e che vi era nata da genitori illustri. Allora il delfi no le chiese se conoscesse il Pireo. La scimmia pensò che si trattasse di un uomo e rispose che era suo amico e che lo conosceva intimamente. Sdegnato di tanta menzogna, il delfi no la tuffò nell acqua e la fece affogare. La favola è per quelle persone che non conoscono la verità e sperano di darla a bere agli altri.

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22 Il lupo e l airone VIII ACQUARELLO, GRAFITE, COLLAGE - 31 x 35 CM. Un lupo aveva ingoiato un osso e andava attorno per trovare qualcuno che lo liberasse. S imbatté in un airone, e lo pregò di estrargli l osso dietro compenso. Quello cacciò la testa nella gola del lupo, tirò fuori l osso e poi reclamò l onorario pattuito. Ma il lupo gli disse: «Caro mio, non sei contento di aver tirata fuori la testa dalla bocca del lupo? E osi ancora chiedere un compenso?». La favola mostra che il più gran compenso che si possa ottenere dai servizi resi a un malvagio è quello di non essere ricambiato con un sopruso.

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24 Il granchio e sua madre IX ACQUARELLO, GRAFITE, INCHIOSTRO, COLLAGE - 44 x 29 CM. La madre del granchio lo ammoniva a non camminare di traverso e a non sfregare il fi anco contro la roccia umida. E quello: «Mamma, se vuoi che impari, cammina diritta tu, e io, vedendoti, farò come te». Chi vuol rimproverare gli altri, deve anzitutto vivere bene lui e rigare dritto, e poi insegnare a fare altrettanto.

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26 I galli e la pernice X ACQUARELLO, GRAFITE, TEMPERA, COLLAGE - 35 x 22 CM. Un tale che allevava dei galli, avendo veduto in vendita una pernice domestica, la comprò e la portò a casa per tenerla insieme con quelli. Ma i galli si misero a picchiarla e a correrle dietro; e la pernice si rodeva il cuore, convinta che la disprezzassero perché era di un altra razza. Quando, però, dopo qualche tempo, si avvide che i galli si azzuffavano tra di loro e non la smettevano prima di essersi vicendevolmente coperti di sangue, disse tra sé: «Ma se anche mi picchiano, non me la piglio più ora, perché vedo che non si risparmiano nemmeno tra di loro». La favola mostra che le persone assennate si rassegnano alle ingiurie del prossimo, quando vedono che questo non risparmia nemmeno i suoi famigliari.

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28 Il lupo e l agnello XI ACQUARELLO, GRAFITE, TEMPERA, COLLAGE - 42 x 42 CM. Un lupo vide un agnello presso un torrente che beveva, e gli venne voglia di mangiarselo con qualche bel pretesto. Standosene là a monte, cominciò quindi ad accusarlo di insudiciare l acqua, così che egli non poteva bere. L agnello gli fece notare che, per bere, esso sfi orava appena l acqua col muso e che, d altra parte, stando a valle, non gli era possibile intorbidare l acqua a monte. Venutogli meno quel pretesto, il lupo allora gli disse: «Ma tu sei quello che l anno scorso ha insultato mio padre». E l agnello a spiegargli che a quella data egli non era ancora venuto al mondo. «Bene concluse il lupo se tu sei così bravo a trovare delle scuse, io non posso mica rinunciare a mangiarti». La favola mostra che contro chi ha deciso di fare un torto non c è giusta difesa che valga.

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30 La gallina dalle uova d oro XII ACQUARELLO, GRAFITE, COLLAGE - 31 x 51 CM. Un tale possedeva una bella gallina che faceva le uova d oro. Pensando che avesse un mucchio d oro nelle viscere, egli la uccise, e trovò che dentro era fatta come tutte le altre galline. Così, per la speranza di trovare la ricchezza tutta in una volta, restò privo anche del suo modesto provento. Contentatevi di quello che avete e guardatevi dall essere insaziabili.

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32 Il topo e la ranocchia XIII ACQUARELLO, GRAFITE, TEMPERA, COLLAGE - 35 x 21 CM. Un topo di terra, per sua disgrazia, fece amicizia con una ranocchia. La ranocchia, malintenzionata, legò il piede del topo al suo, e così se ne andarono insieme, in un primo tempo a mangiar grano per i campi; poi si avvicinarono all orlo di uno stagno e la ranocchia trascinò dentro il topo nel fondo, mentre essa sguazzava nell acqua, gracchiando i suoi brechechechèx. Il povero topo si gonfi ò d acqua ed affogò, ma galleggiava, legato al piede della rana. Lo vide un nibbio e se lo portò via tra gli artigli. La ranocchia, legata, gli tenne dietro e servì anch essa per la cena del nibbio. Anche i morti hanno la possibilità di vendicarsi, perché la giustizia divina tutto vede e, tutto misurando sulla sua bilancia, dà ad ognuno quel che gli spetta.

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34 La tartaruga e l aquila XIV ACQUARELLO, GRAFITE, COLLAGE - 37 x 30 CM. Una tartaruga pregava un aquila perché le insegnasse a volare, e quanto più questa, le dimostrava che era cosa aliena dalla sua natura, tanto più l altra insisteva nelle sue preghiere. Allora l aquila l afferrò tra gli artigli, la sollevò in alto, e poi la lasciò cadere. La tartaruga cascò su una roccia e si fracassò. La favola mostra che, a dispetto dei consigli dei saggi, molti si rovinano per voler scimmiottare il prossimo.

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36 La volpe e l uva XV ACQUARELLO, GRAFITE, COLLAGE - 36 x 25 CM. Una volpe affamata vide dei grappoli d uva che pendevano da un pergolato e tentò di afferrarli. Ma non ci riuscì. «Robaccia acerba!», disse allora fra sé e sé; e se ne andò. Così anche fra gli uomini, c è chi, non riuscendo, per incapacità, a raggiungere il suo intento, ne dà la colpa alle circostanze.

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38 Il tordo XVI ACQUARELLO, COLLAGE - 33 x 23 CM. Un tordo andava a cibarsi in una macchia di mirti, e tanto erano dolci quelle bacche che non sapeva staccarsene. Un uccellatore osservò che il luogo gli piaceva, vi mise le panie e ce lo prese. «Me infelice! esclamò il tordo prima di morire Ecco che per il gusto della gola ci rimetto la vita». Questa è una favola che si adatta a uno di quegli uomini sregolati che si rovinano per amore dei piaceri.

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40 Il topo di campagna e quello di città XVII ACQUARELLO, INCHIOSTRO, COLLAGE - 36 x 28 CM. Un topo di campagna era molto amico di un topo di città. Un giorno il topo di campagna invitò a pranzo l amico suo, che tosto lieto partì per la campagna. Ma il pranzo era erba e grano. «Vedi gli disse che vita da formica conduci, mio caro! Io ho la casa piena d ogni ben di Dio; tu vieni con me, ché ti darò di tutto». Subito se ne partirono insieme per la città. E là giunti, l ospite mostrò al compagno legumi e fi chi secchi, formaggio e pane, datteri, miele e frutta. L altro, stupito, di cuore lo ringrazia, maledicendo il triste suo destino. Ma quando s apprestano a gustare il pranzo, improvvisamente un uomo aprì la porta del magazzino. I miseri, al rumore, con un sussulto, corrono dentro le buche del pavimento. Passato il pericolo, uscirono e ripresero a mangiare fi chi secchi, ma ecco entra un altro, per prendere qualcosa. Scorgendolo, i meschini balzano di nuovo dentro le buche in cerca di salvezza. Il campagnolo, allora, passando sopra all appetito, sospira e dice all altro: «Amico, addio! Sàziati pur ben bene, goditi il pranzo con tutte le sue gioie, con tutti i rischi e con tutte quante le paure! Io meschinello, campando a grano ed erbe, vivrò senza paure e senza spaventi». La favola mostra che è meglio condurre una vita modesta in santa pace che fare del lusso a prezzo di ansie e timori continui.

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42 Il leone invecchiato e la volpe XVIII ACQUARELLO, GRAFITE, COLLAGE - 35 x 31 CM. Un leone ormai invecchiato, non essendo più in grado di procacciarsi il cibo con la forza, capì che doveva procurarselo con l astuzia. Si ritirò quindi in una caverna e, sdraiatosi là, fi ngeva di essere ammalato; così, man mano che veniva qualche animale a fargli visita, lo afferrava e se lo mangiava. Aveva già catturato molte bestie, quando andò da lui la volpe, che sospettava il suo stratagemma; si fermò a qualche distanza dalla caverna e cominciò a informarsi della sua salute. «Va male», le rispose quello, e le chiese perché non entrava. «Ma io sarei entrata disse se non avessi veduto tante orme di animali che vengono dentro e neanche una che venga fuori». Così gli uomini di buon senso, fondandosi sugli indizi, prevedono i pericoli e li sfuggono.

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44 La rondine e la cornacchia che dispu- XIX ACQUARELLO, GRAFITE, TEMPERA, COLLAGE - 35 x 42 CM. La rondine, in gara con la cornacchia, vantava la sua bellezza. Ma la cornacchia, interrompendola, le disse: «La tua bellezza è un fi ore di primavera; ma io ho un corpo che resiste anche all inverno». La favola insegna che la resistenza fi sica vale più della bellezza.

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46 Il pavone e la gru XX ACQUARELLO, GRAFITE, TEMPERA, COLLAGE - 34 x 33 CM. Il pavone rideva della gru, e ne criticava il colore, dicendo: «Io sono vestito di porpora e d oro, ma tu non hai nulla di bello sulle ali». «Ma io rispose l altra canto vicino alle stelle e volo nell alto dei cieli. Tu, invece, come un galletto, giri per terra in mezzo alle galline». È meglio essere mal vestiti, ma degni di ammirazione, piuttosto che vivere ingloriosamente, facendo pompa delle proprie ricchezze.

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48 Esopo Le favole di Esòpo sono brevi racconti, per lo più storie di animali, rivelanti, nell intendimento dell autore, l esistenza di una consuetudine o di una legge nel mondo. Presto intorno a questo favolista del VI secolo a.c. si formò una leggenda, per cui poco si sa di lui con certezza. Probabilmente era uno schiavo frigio, che visse in qualche città della Ionia. Tra le circa quattrocento favole a lui attribuite, non si sa quali siano veramente sue. Benché la maggior parte delle favole tramandate come esopiche sia di una semplicità e di una nitidezza arcaiche, tutte sono state scritte o trascritte in tempi più recenti; sono infatti scritte in attico e non in ionico, e quasi sempre ci sono tramandate in più redazioni. Si pensa che Esopo, attingendo in parte dalla tradizione popolare, abbia composto un libro di favole, che altre favole siano state composte e attribuite a lui, che le favole, accresciute in numero, siano state ripubblicate più volte con modifi cazioni. Caratteristica di queste favole, che forse era già in Esopo, è la loro conclusione con una morale. Spesso la morale di una favola è in contraddizione con quella di un altra. Il favolista, per esempio, a volte osserva che i prevaricatori sono puniti e i prudenti si salvano, e a volte nota che non la prudenza, ma la fortuna Una mostra di Piera Lui- Tassidermia: occhi vitrei fissi verso il nulla, ali sospese nel movimento, artigli che mai avranno preda, canini esibiti alle ombre. Questo mondo, congelato nel tempo e nello spazio, esce dalle teche e riacquista vita nei venti dipinti di Piera Luisolo, che in questa occasione lascia i suoi consueti argini figurativi traendo ispirazione dalle parole di Esopo. Una pittura, quella di Piera Luisolo, che si manifesta qui come ri-creazione, magico soffio vitale che conduce in una dimensione onirica in cui gli animali sembrano riappropriarsi di sé e del proprio destino. Si è diplomata in pittura presso l Accademia

49 le Specie L airone L aquila Il cane Il cervo Il cinghiale Il colombo La conchiglia La cornacchia Le formiche Le galline e il gallo Il granchio La gru La lepre Il lupo Il nibbio Il pavone La pernice La rana La rondine La scimmia La tartaruga Il topo Il tordo

50 Airone rosso (Ardea purpurea). Questo bellissimo Airone si distingue dall Airone cenerino (Ardea cinerea), pure presente nel Museo Don Bosco (insieme ad altri Ardeidi), per le parti inferiori del piumaggio rosso-cupe e non bianche. Nidifica al suolo, sugli alberi a poca altezza o tra le canne, solitario o in colonie dette garzaie, spesso con Nitticore e Garzette. Ha costumi più nascosti dell Airone cenerino. A sua protezione è stata istituita in Piemonte la Riserva naturale di Valenza Po in provincia di Alessandria. Aquila reale (Aquila crysaëtos). È il Falconiforme più forte del Vecchio e Nuovo Mondo per la potenza dei suoi artigli. L Aquila si trova al vertice della catena alimentare, essendo un predatore di marmotte, piccoli caprioli, camosci, lepri, pernici, tetraonidi, volpi, martore, vipere. Per questo l Aquila ha bisogno di un vasto territorio e il numero degli esemplari non può essere molto elevato; la sua scarsità di è dovuta comunque anche alla caccia che se ne è fatta nelle epoche passate, in quanto veniva considerata un animale nocivo. Invece, questo predatore svolge un ruolo importante nell equilibrio biologico dell ecosistema, infatti, d inverno assale anche camosci e caprioli indeboliti da malattie, favorendo così la selezione della specie. L esemplare raffigurato spicca tra un gruppo di cinque esemplari di aquile reali esposte Cane domestico (Canis [Canis] lupus familiaris). Questo esemplare di cane, morto nel 1924, apparteneva all Istituto delle Madri del Sacro Cuore di viale Thovez, confinanti con l Istituto Salesiano Valsalice che ospita il Museo. È stato chiamato il cane dell amicizia perché si era affezionato a un cane randagio che le religiose avevano adottato; morto il compagno, non mangiò più per il dolore e si lasciò così morire. Le religiose ne fecero preparare le spoglie da un tassidermista e dopo alcuni anni ne fecero dono

51 Cervo nobile europeo (Cervus elaphus hippelaphus). Un bel trofeo di Elafo o Cervo nobile accoglie i visitatori nello scalone che sale al IV piano. Si tratta di un maschio (infatti esso solo possiede le corna) di una specie di Artiodattilo un tempo molto diffusa nelle foreste d Europa. L esemplare proviene dal Gran Bosco di Salbertrand in val di Susa (Piemonte). Era esente da malattie, dell età di 9-10 anni, e del peso di 145 kg. Le corna sono senza dubbio la caratteristica più sorprendente e allo stesso tempo più imponente del Cervo. Esse si rinnovano ogni anno, sempre più ramificate. Il loro periodo di sviluppo, dal momento in cui cominciano a spuntare fino al raggiungimento della forma perfetta, richiede all incirca cento giorni. Cinghiale comune (Sus scropha). Nelle nostre campagne è diventato un vero flagello, ma spesso si tratta di esemplari rinselvatichiti sfuggititi agli allevamenti. Il Museo possiede nella vetrina dei preparati osteologici diversi crani di Artiodattili, ma già dal trofeo all ingresso del IV piano del Museo (un maschio proveniente dalla zona di Valdieri in Piemonte), si può notare il forte sviluppo dei canini della mandibola che fuoriescono dalle labbra dirigendosi verso l alto. Insieme con quelli superiori, di minore dimensione, essi sono le principali armi offensive e difensive di questi Suidi selvatici, e servono inoltre per scavare il terreno, per svellere radici e per estrarre tuberi Colombo. Varietà domestica del Piccione selvatico (Columba livia), allevata per l alimentazione umana. In Museo vi sono vari esemplari di questa specie con varietà di forme e colori del piumaggio. Il Piccione selvatico o Colombo torraiolo è una specie opportunista, che si è moltiplicata a dismisura nelle nostre città, in cui non ha praticamente nemici, e dove trova abbondante

52 Conchiglia Ovula ovum. Non sappiamo quale fosse la conchiglia scambiata dal cane della favola di Esopo con un uovo, ma delle oltre mille conchiglie esposte al Museo c è anche questo Mollusco Gasteropode che nella forma, nel colore bianco e nel nome all uovo si avvicina. Con altri generi simili, presenti nella esposizione malacologica del Museo, costituisce la famiglia degli Ovulidi. Gli esemplari esposti provengono dal Mare delle Filippine. Cornacchia grigia (Corvus corone cornix). È diventata, nell arco di pochi decenni, uno degli uccelli più comuni nelle nostre zone collinari e di pianura. I cambiamenti ambientali che hanno penalizzato altre specie si sono rivelati invece estremamente propizi a questo Corvide. Il segreto del suo forte incremento risiede principalmente nella sua grande adattabilità: può nutrirsi indifferentemente di semi, di insetti, di rifiuti, di uova e di nidiacei di altre specie. D inverno può essere confusa con il Corvo (Corvus frugileus frugileus), assai simile come corporatura ma completamente nero, presente in grossi stormi nella cattiva stagione. Assai simile è anche la Cornacchia nera (Corvus corone corone), di cui è conspecifica: si tratta cioè di due sottospecie o razze di un unica specie, che a livello globale occupano areali distinti, ma, in alcune zone, e il Piemonte è una di esse, sono in diretto contatto. Queste ed altre Formiche 24 ore (Paraponera clavata). I Paraponerini sono le specie di formiche più grandi del mondo. Le formiche 24 ore vivono nella foresta amazzonica e sono così chiamate dai venezuelani, perché col pungiglione iniettano un potente veleno che causa nell uomo una febbre che dura ventiquattro ore. Gli esemplari fotografati fanno parte dell esposizione etnografica relativa ad una tribù di Yanõmamï dell alto Orinoco (Venezuela),

53 Gallina livornese. Questa razza di gallina dal piumaggio bianco è una delle più note forme di allevamento del Gallus gallus. L esemplare qui fotografato è mostruoso, in quanto possiede quattro zampe. Si tratta di un anomalia dovuta ad un errore nello sviluppo embrionale, che in questo caso non ha impedito lo sviluppo fino a diventare un esemplare adulto. Il Museo espone un altra gallina con un anomalia simile, nonché altri casi di mostruosità: un topo con sei zampe, e un agnello con due teste (in quest ultimo caso l individuo non è in grado di sopravvivere). Gallo inglese. Tra gli esemplari di galli esposti in Museo vi è questa varietà, che è più piccola delle razze domestiche nostrane. Simile è il Gallo dorato della giungla o Gallo bankiva (Gallus gallus) che ricordiamo in quanto da esso si fanno derivare le razze domestiche. Questa specie vive in India orientale, Indocina e Malesia. Nella sua patria di origine già in tempi molto lontani il Gallo dorato della giungla fu ridotto allo stato domestico. Nei secoli XIV o XV a.c. alcuni Galli domestici furono esportati dall India in Cina. Anche gli Egizi allevavano Galli domestici, e dall Egitto essi giunsero rapidamente nei paesi dell Europa meridionale; se presso i Greci divennero i protagonisti di alcune favole di Esopo, presso i Romani i Galli sacri godettero di una speciale venerazione. Anche fra i Germani e i Celti, i Galli selvatici giunsero alcuni secoli prima che per quei popoli iniziasse l epoca storica. In America Granchio (Portunus pelagicus). Si tratta di una specie di Crostaceo che vive nei mari della Malaysia, della stessa famiglia del Granchio comune (Carcinus moenas) delle coste europee. I Portunidi appartengono al sottordine dei Brachiuri, che comprende i Crostacei maggiormente evoluti. Questi granchi vivono sui fondi sabbiosi sui quali si spostano camminando con rapidità, poi fermandosi d improvviso e scavando la sabbia per seppellirsi; allo scoperto rimangono soltanto i margini anteriori del carapace e gli occhi.

54 Gru cenerina (Grus grus grus). Questo trampoliere, di cui il Museo possiede l esemplare qui raffigurato, si distingue dall Airone cenerino per il ciuffo a coda di gallo e per il collo in parte nero. È specie eurasiatica, che vive nelle più estese paludi, lungo i fiumi e i laghi e anche nelle zone boscose, ma le coltivazioni sempre più intensive hanno modificato i luoghi prediletti per la nidificazione, allontanandola definitivamente da molti paesi dell Europa, dove compare solo durante le migrazioni verso l Africa settentrionale, dove sverna. Le gru sono famose sia per le esibizioni durante il periodo riproduttivo, sia per le danze che coinvolgono gli elementi del gruppo al di Lepre comune (Lepus europaeus). È il più comune dei Roditori Duplicidentati. Sono così chiamati perché hanno nel mascellare superiore due piccoli incisivi posti dietro a quelli grandi e foggiati a scalpello. Ci si rende facilmente conto della presenza di quattro incisivi, invece che di due, poiché, essendo il labbro superiore diviso nettamente in due parti da una fenditura (il famoso labbro leporino), essi sono visibili anche quando l animale tiene la bocca chiusa. La Lepre comune, diffusa in tutta l Europa centrale e meridionale, vive in ambienti molto diversi: boschi, praterie, campi, regioni brulle ed aride o con abbondanza d acqua, a scarsa altitudine sul livello del mare e sulle montagne sino ad una considerevole altezza. La caratteristica per cui le lepri sono più note è il tipo di andatura, cioè il salto, che può raggiungere i quattro metri Lupo comune (Canis lupus). L unico Lupo che possiede il Museo è l ultimo esemplare storico che è stato rinvenuto nel 1898 nella val di Lanzo (Piemonte). Probabilmente era già estinto in valle e si tratta di un esemplare errabondo, non si sa se morto di vecchiaia o catturato dall uomo. La causa della scomparsa dei lupi nelle regioni alpine è legata alla persecuzione perpetrata dall uomo, in quanto attacca le greggi. Così, con la scomparsa di questo Canide, si è perso un predatore importante nel mantenimento dell equilibrio biologico dell ecosistema. Ora il Lupo, che in Italia sopravviveva

55 solo sugli Appennini, è tornato anche da noi, e i rari danni causati al bestiame sono compensati da appositi fondi provinciali, ma in realtà spesso si tratta di cani rinselvatichiti che in numero notevole vengono abbandonati dai loro padroni. Il nostro esemplare di Lupo è stato ripreparato dalla ditta Tassipel di Agostino Navone di Chieri nel 1999, ed ora è diventato un signor Lupo. Per l occasione le sue ossa sono state estratte e preparate a parte. Da esse è in corso lo studio del DNA ad opera di laboratori specializzati. Nibbio reale (Milvus milvus milvus). Questo Falconiforme diffuso in Europa, e di cui il Museo possiede un esemplare maschio qui raffigurato, è un tipico mangiatore di carogne, rifiuti e piccoli animali. Planatore espertissimo, il Nibbio reale esplora dall alto i distretti di caccia, spesso descrivendo rote maestose e morbide linee sinuose; avvistata la preda, piomba fulmineo, la stringe con gli artigli e, seguendo un elegante spirale a giri sempre più larghi, torna nel suo aereo, altissimo dominio, per andare poi a sbranarla e a divorarla in luogo sicuro. Costruisce un nido voluminoso su alberi molto Pavone comune o Pavone crestato (Pavo cristatus). I Pavoni sono i più grossi Galliformi della famiglia Fasianidi. Il Museo possiede due bei maschi provenienti dall Argentina. I pavoni sono celeberrimi per la bellezza del loro piumaggio, che i maschi usano per corteggiare le femmine. Il Pavone è originario dell India meridionale e non si conosce con esattezza l epoca nella quale fu introdotto per la prima volta in Europa. Si sa che Alessandro Magno, durante la spedizione in India, lo ammirò profondamente e, di ritorno in patria, ne portò alcuni esemplari; ma sembra che in epoca anteriore i pavoni fossero già stati introdotti in Europa. Certo è che, all epoca della civiltà greca, questi meravigliosi strani uccelli erano già ben noti, come

56 Pernice rossa (Alectoris rufa rufa). Questo Fasianide è specie di origine mediterranea. Si distingue dalla Coturnice (Alectoris graeca), pure presente nel Museo, per il tono generale più rossiccio e il collare abbondantemente allargato verso il petto. La Pernice rossa sembra rappresentare la forma occidentale della Coturnice, da cui si è differenziata per l isolamento prodotto nelle fasi glaciali. I suoi costumi sono meno rupicoli e meno alpini che non quelli delle coturnici, tant è che in Piemonte la Coturnice abita le valli alpine, mentre la Pernice rossa si trova dalle Langhe agli Appennini Rana esculenta o Rana comune (Rana esculenta). L esemplare è uno dei tanti preparati zoologici sotto alcool che il Museo possiede. Alcuni illustrano la metamorfosi e la struttura interna di questo famoso Anfibio Anuro (senza coda allo stadio adulto), comune in Europa lungo le rive di stagni, ruscelli a lento corso, pozze d acqua e ambienti analoghi, ma diminuito a causa dell uso degli insetticidi chimici. Come tutti gli Anuri, la Rana cerca e cattura le prede avvalendosi degli occhi, tipicamente atti alla visione degli oggetti in movimento. Nella Rana esculenta gli occhi fortemente sporgenti consentono un campo visivo di circa 360 ; allorché uno di questi Anuri ha individuato una preda, ad esempio la larva di un insetto, compie con il capo e, se necessario anche con il tronco, una rotazione tale da portare la bocca esattamente in direzione della vittima, contro la quale lancia poi la lingua: la larva rimane così attaccata alla superficie viscosa della lingua stessa, che Rondine (Hirundo rustica). Spesso è confusa con specie apparentemente simili: il Balestruccio (Delichon urbica), il Topino (Riparia riparia), i Rondoni (Genere Apus) che si possono confrontare nell esposizione del Museo. Come queste, la Rondine si nutre cacciando gli insetti in volo, ma come dice il nome scientifico la Rondine è soprattutto una specie campagnola: è tipica delle stalle e dei fienili, ove penetra per porte e finestre e dove colloca il nido a coppa. Tipica migratrice, la Rondine giunge numerosa in aprile,

57 trattenendosi sino a settembre; sverna in Africa, dove spesso viene catturata a scopo alimentare dalle popolazioni locali, povere di mezzi di sussistenza, come in Nigeria. Al calo degli ultimi decenni contribuisce il fatto che da noi il bestiame non è più diffuso come un tempo, e l uso dei mezzi chimici per Scimmia Cercopiteco (Cercopithecus sp.). I Cercopitechi appartengono alle Scimmie Catarrine o del Vecchio Mondo. Sono Scimmie molto conosciute già nell antichità, tanto che le vediamo rappresentate in molti disegni, sculture e bassorilievi, dall Egitto, all India all Asia orientale, e successivamente in Grecia e nell Impero Romano. I medici del Medioevo sezionavano il corpo delle Scimmie, per poter conoscere, attraverso l anatomia di questi animali, il corpo umano (la dissezione dei cadaveri all epoca era severamente proibita). Da allora, i Cercopiteci sono divenuti per noi sempre più familiari anche negli zoo più piccoli. Sono scimmie caratterizzate da una coda molto lunga, prensile negli individui giovani. Vivono nelle foreste o nelle savane aperte Tartaruga greca (Testudo graeca). È una specie di tartaruga terrestre presente nel nostro Paese allo stato domestico, mentre la congenere e molto simile Tartaruga di Hermann (Testudo hermanni) si trova anche allo stato libero. Entrambe le specie sono rappresentate nel nostro Museo. La Tartaruga greca si distingue dalla Tartaruga di Hermann tra l altro perché ha una sola placca cornea marginale sopra la coda, anziché due come l altra. Si nutrono in parte di sostanze vegetali, erbe, radici, frutta, e in parte di sostanze animali, molluschi, vermi e di ogni altro piccolo invertebrato. Queste tartarughe resistono a condizioni avverse di ogni sorta, alle mutilazioni, al digiuno, ma non tollerano l esposizione prolungata ai raggi del sole estivo. Entrambe le specie sono molto longeve, potendo vivere oltre i cento anni. Entrambe sono usate per l alimentazione, perché le carni hanno un ottimo

58 Topo campagnolo comune o Arvicola campestre (Microtus arvalis). È il Mammifero più comune e più diffuso dell Europa. Rappresentato nel nostro Museo da questo esemplare di Avigliana (Torino), il Topo campagnolo comune è stato combattuto dall uomo fin da quando ha cominciato a dedicarsi all agricoltura. Con un tasso di riproducibilità insolitamente elevato e avvantaggiandosi delle opportunità alimentari fornite loro dalle coltivazioni, i topi procurano danni tanto più rilevanti quanto più uniforme è il tipo di coltivazione, e quanto più intensa è la lotta che l uomo conduce contro i nemici naturali dei topi campagnoli, come la volpe. Questi Roditori vivono in colonie, e scavano sistemi di gallerie molto ramificati, e in genere non troppo profondi, collegati con il nido e con i vani per le provviste. In superficie si aprono numerosi ingressi uniti tra loro mediante sentieri tracciati sul terreno, che servono ai topi per raggiungere i luoghi dove Tordo sassello (Turdus iliacus iliacus). Questo Passeriforme un tempo detto Turdus musicus si distingue dal Tordo bottaccio (Turdus philomelos), pure esposto in Museo, per i fianchi e le sottocopritrici alari rossicci. È specie distribuita dall Europa centro-settentrionale alla Siberia, fino al lago Baikal, migratrice e fortemente gregaria in inverno. In Italia è di passo e invernale. Si nutre di insetti e bacche. Vive nelle foreste rade di conifere, nei pioppeti, Vipera aspide (Vipera aspis). È il più comune dei Viperidi italiani. Qui è raffigurato un esemplare delle nostre Alpi, tra quelli che appartengono alla collezione erpetologica del Museo. Poiché sono animali eterotermi, al sopraggiungere dell inverno le vipere si rifugiano nel sottosuolo, per sottrarsi alla minaccia del gelo, per poi ricomparire in primavera. Si nutrono di roditori, lucertole, e rane, per cui svolgono un importante ruolo nell ecosistema. Le vipere possiedono un veleno che iniettano durante la morsicatura,

59 pericoloso per l uomo che può essere aggredito accidentalmente da esse. Per questo motivo esse sono state oggetto di persecuzione ingiustificata da parte dell uomo. Il veleno raramente è mortale per l uomo, soprattutto se la vittima è un adulto in buone condizioni fisiche. Come antidoto, atto a neutralizzare le conseguenze del morso dei Viperidi, esiste un siero antiofidico, ma il suo uso va valutato da un medico. Chi frequenta luoghi infestati da vipere ha solo da prestare attenzione a non infastidire questi animali, camminare sui sentieri, con scarponi e calzettoni, battere il terreno con un bastone, nel caso, fare uso di un laccio emostatico e fare uscire il sangue prima che il veleno passi in circolo. Il problema è che manca nelle scuole italiane un adeguata formazione di pronto soccorso. Volpe rossa comune (Vulpes vulpes). Tra le varie specie di Volpe nel Museo è qui raffigurato un bell esemplare della Volpe rossa comune, proveniente dalle Alpi. Questo Carnivoro, della famiglia dei Canidi, abita qualsiasi tipo di ambiente, da quello montano a quello piano, dalle zone popolate anche fittamente a quelle dove la popolazione è scarsissima. Di giorno si rifugia in tane, e caccia di notte, ma d inverno, quando le prede sono scarse e la fame si fa sentire, anche in piena luce. Le sue prede sono di preferenza i roditori di media grandezza, quali le lepri e i conigli selvatici, altrimenti si accontenta di topi campagnoli. Non disdegna gli uccelli, i piccoli ruminanti, i pesci, e in mancanza di meglio, si accontenta di insetti, chiocciole, lumache, lombrichi, eventualmente di carogne anche putrescenti e avanzi di ogni genere. Si nutre anche di tutti i frutti maturi e dolci. Attacca gli animali domestici, uccidendone più di quanto se ne nutra; nonostante la sua astuzia, prima o poi la predona finisce per cadere vittima della sua ingordigia. I suoi nemici sono i grandi rapaci, i lupi e i grandi quadrupedi, ma soprattutto l uomo, o perché la ritiene ingiustamente un animale dannoso, o perché ne ambisce

60 Associazione Amici del Museo di Storia Naturale Don Bosco viale Thovez Torino. Tutti i diritti riservati.

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