INTRODUZIONE. dibattito dottrinale e giurisprudenziale sul diritto di famiglia. Esso ha acquistato
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1 INTRODUZIONE Il tema dei rapporti tra coniugi ha sempre rappresentato un nodo nevralgico del dibattito dottrinale e giurisprudenziale sul diritto di famiglia. Esso ha acquistato nuova attualità a seguito della riforma legislativa del 1975, la quale, oltre ad aver posto una serie di regole giuridiche nuove, ha introdotto un diverso modo di intendere la famiglia, più coerente con la realtà contemporanea e più adeguato alle aspettative dei consociati. Nella coscienza sociale erano già maturati i nuovi valori giuridici oggi sanciti dalla legge 19 maggio 1975, n. 151; e la più illuminata dottrina aveva ripetutamente sottolineato l esigenza di adeguare il dato normativo alle scelte di fondo contenute, pure in materia familiare, nella Costituzione della Repubblica: era stata evidenziata soprattutto la necessità di coordinare la disciplina positiva dei rapporti tra coniugi al principio di parità morale e giuridica sancito dall art. 29 Cost. Il dato caratterizzante del nuovo regime si rinviene, quindi, nel superamento dei presupposti della normativa del 1942, la quale, a sua volta, richiamava quelli del codice civile del Infatti, ora, ci troviamo dinanzi al preciso rifiuto della regola che voleva il marito capo della famiglia e la moglie obbligata a seguirne la condizione civile e ad accompagnarlo ovunque egli ritenesse fissare la residenza
2 familiare, sostituita dall effettiva garanzia di una posizione paritaria dei coniugi, libera da ruoli precostituiti, nella scelta dell indirizzo familiare e nell individuazione dei mezzi per realizzarlo. A ciò si aggiunga la tutela accordata agli interessi della moglie e il riconoscimento dell eguale valore del lavoro domestico rispetto a quello produttivo di reddito, a cui corrisponde l obbligo comune di provvedere ai bisogni della famiglia. Uno dei caratteri più originali della riforma sta nel non aver posto regole distinte per i rapporti personali e patrimoniali, tenendo conto che la Costituzione detta principi, tra cui quello della eguaglianza morale e giuridica dei coniugi (art. 29) e del rispetto della personalità degli individui nelle comunità intermedie (art. 2), validi per tutti i settori dell ordinamento familiare. 1 Così, in corrispondenza di questo mutamento già registrato nei rapporti personali, anche la disciplina dei rapporti patrimoniali tra coniugi e del governo economico della famiglia è stata profondamente innovata. Infatti, prima della riforma del diritto di famiglia il regime patrimoniale legale, operante in mancanza di volontà contraria dei coniugi, era la separazione dei beni; ai coniugi, comunque, veniva data la possibilità di adottare, con apposita convenzione, il regime di comunione dei beni. Tale disciplina rispondeva alla tradizione storica dell Italia fin dal diritto romano, che, diversamente dalla tradizione giuridica 1 ALAGNA, Famiglia e rapporti tra coniugi nel nuovo diritto, Milano, 1983, p. 2 ss.
3 germanica che riconosceva nella comunità familiare il nucleo principale del traffico giuridico, era più individualista. Con la riforma del 1975 il legislatore ha voluto attuare una inversione totale, sancendo la regola della comunione legale tra i coniugi, mentre la separazione dei beni veniva ridotta a regime convenzionale. Non si è trattato di una riforma rispondente ad un mutamento di costumi tale da richiedere un adattamento della disciplina legale ad una pratica ormai consolidata: lo dimostra il fatto che la comunione dei beni, già prima prevista come regime convenzionale, era adottata da un numero esiguo di coppie. Le ragioni che hanno portato alla scelta della comunione come regime legale sono, invece, da ricollegarsi all idea della contrarietà del regime della separazione dei beni ai principi di eguaglianza morale e giuridica e di pari dignità sociale dei coniugi, proclamati dagli artt. 29 e 3 Cost. Inoltre, l autonomia patrimoniale conseguente alla separazione dei beni non veniva ritenuta in sintonia con l unità della famiglia, poiché in base ad essa non veniva riconosciuto al coniuge eventualmente privo di redditi propri una partecipazione al reddito complessivo prodotto dalla famiglia. Così, infatti, risulta dalla relazione sul testo unificato del disegno di legge per la riforma del diritto di famiglia: Una parte importante e innovativa di questo testo è il regime patrimoniale legale della famiglia che, in mancanza di diversa
4 convenzione, è costituito dalla comunione dei beni. Anche qui la motivazione è l unità della famiglia: se la famiglia è una comunità, se i coniugi hanno costituito insieme il patrimonio ed insieme lo gestiscono, la comunione dei beni è la logica conseguenza. E vero che questo regime patrimoniale è anche oggi esistente, però ad esso si può adire con convenzioni particolari, per cui in pratica è inesistente. 2 La comunione poteva, perciò, costituire uno strumento efficace per retribuire il lavoro della casalinga, che con la sua attività contribuiva alla formazione di un risparmio familiare e, pertanto, doveva essere riconosciuta destinataria di una quota pari alla metà del reddito complessivo prodotto dalla famiglia durante il periodo della comunione legale. In contrasto con tale soluzione è, comunque, possibile rilevare che sempre più frequentemente anche le donne svolgono attività lavorativa all esterno della famiglia e percepiscono conseguentemente un reddito. Ma, a questo proposito, occorre considerare che il diritto alla metà del reddito prodotto in costanza di matrimonio non si basa sul presupposto di un contributo effettivo ai bisogni della vita familiare, ma sul semplice fatto che esiste un unione coniugale. Una parte della dottrina, però, ritenne l atteggiamento del legislatore neutrale rispetto all obiettivo costituzionale della parità di posizioni dei coniugi, anche sul 2 Relazione sul testo unificato, predisposto dal Comitato ristretto, del disegno di legge per la riforma del diritto di famiglia (Camera dei Deputati, seduta del 23 giugno 1971); relatrice M.E. Martini: tratto da BESSONE ALPA D ANGELO FERRANDO, La famiglia nel nuovo diritto, Bologna, 1980, p. 177.
5 piano patrimoniale, perché non si determinò a bandire la separazione dei beni, ma si limitò a sostituire ad essa la comunione, mantenendo la separazione come regime convenzionale. In realtà, questi rilievi sembrano muovere dall attribuzione al vincolo costituzionale di un contenuto diverso, più intenso, rispetto a quello reale. Infatti l obiettivo a cui è tenuto il legislatore ordinario non è quello di promuovere l eguaglianza economica tra i coniugi all interno della società familiare, bensì quello, distinto, di rimuovere gli ostacoli, anche di ordine economico, che pregiudicano l eguaglianza morale e giuridica fra i coniugi (art. 29 Cost.). Tale obiettivo è sicuramente favorito dall applicazione del regime di comunione: è evidente, infatti, che un regime patrimoniale in cui le quote siano inderogabilmente uguali, com è imposto nel nostro ordinamento (art. 194 c.c.), costituisce fattore rilevante di promozione della parità, anche sul piano economico, fra i coniugi. Ma è eccessivo ritenere che quest applicazione sia mezzo imprescindibile per il perseguimento dell obiettivo stesso. Il meccanismo normativo attraverso cui viene attuato, anche sul piano patrimoniale, il principio di uguaglianza dei coniugi è, invece, dato dalle norme inderogabili degli artt. 144 e 143, co. 2, c.c., secondo le quali i coniugi medesimi, in perfetta parità, devono concordare fra loro l indirizzo della vita familiare, nel quale sono evidentemente compresi anche gli aspetti patrimoniali, ed i coniugi stessi sono,
6 inoltre, obbligati, in proporzione ai mezzi individuali già esistenti e alle proprie capacità lavorative, professionali e casalinghe, a rendere possibile l attuazione dell indirizzo concordato. Per questo motivo la disciplina che consente di escludere o limitare il regime legale di comunione non può ritenersi contraria ai principi costituzionali: non è il regime patrimoniale tra i coniugi, ma sono i diritti e i doveri che nascono inderogabilmente dal matrimonio a garantire l eguaglianza morale e giuridica dei coniugi 3. La legge di riforma ha, quindi, optato a favore del regime di comunione dei beni, ma se si considera attentamente il complesso delle norme introdotte dalla riforma in questo settore, ci si accorge che il modello seguito dal legislatore non è quello della comunione universale, bensì un sistema misto, che per alcuni aspetti attinge i suoi caratteri dal regime di comunione, per altri invece, esso è ritagliato sul regime di separazione. Infatti oggetto della comunione sono gli acquisti compiuti dai due coniugi insieme o separatamente durante il matrimonio (esclusi i beni personali), i risparmi, i frutti dei beni, i redditi delle imprese personali non immediatamente reinvestiti in esse, le aziende a conduzione familiare nella quale prestino attività entrambi i coniugi, resta[no invece] di proprietà del singolo coniuge i beni che precedono il 3 GABRIELLI CUBEDDU, Il regime patrimoniale dei coniugi, Milano, 1997, p.12 ss.
7 matrimonio, quelli acquisiti a seguito di donazioni o di eredità e quelli che rivestono carattere personale, nonché i beni che servono per lo svolgimento della propria attività professionale 4. La scelta effettuata dal legislatore a favore del regime di comunione legale dei beni non è peraltro inderogabile; infatti l art. 159 c.c. attribuisce alle parti la possibilità di derogare, in tutto o in parte, al regime legale previsto in termini generali, mediante apposite convenzioni matrimoniali. Le convenzioni matrimoniali, pertanto, meritano particolare attenzione perché costituiscono degli atti negoziali peculiari, rispetto ai quali la volontà dei soggetti acquista un valore fondamentale; infatti la stipulazione delle convenzioni matrimoniali costituisce espressione di quell autonomia privata riconosciuta espressamente dall art. 159 c.c. ai coniugi, che si sostanzia nella possibilità di scegliere il regime patrimoniale più opportuno e nella facoltà di articolare il modo di essere di questo regime. 4 Relazione sul testo unificato, predisposto dal Comitato ristretto, del disegno di legge per la riforma del diritto di famiglia (Camera dei deputati, seduta del 23 giugno 1971), tratto da BESSONE ALPA D ANGELO FERRANDO, op. cit.
8 PARTE I I CARATTERI GENERALI DELLE CONVENZIONI MATRIMONIALI
9 CAPITOLO I LE CONVENZIONI MATRIMONIALI: DEFINIZIONE E CARATTERI GENERALI I.1 Le convenzioni matrimoniali: definizione e natura Invano si ricercherebbe nel codice una definizione del concetto di convenzione matrimoniale, assente non solo nella legislazione vigente, ma anche in quelle che l hanno preceduta (cfr. artt.159 ss. c.c. 1942). Prima della riforma del 1975, si intendevano per convenzioni matrimoniali 1 gli atti che avevano lo scopo di regolare i rapporti patrimoniali dei coniugi nel matrimonio come la stipulazione della comunione dei beni, la costituzione di dote, la determinazione della partecipazione dei coniugi agli oneri del matrimonio nonché i patti accessori come il patto di alienabilità della dote, di reimpiego del capitale dotale, il riparto disuguale della comunione e tutte le altre donazioni e stipulazioni fatte, prima delle nozze, nel contratto di matrimonio, allo scopo di agevolare gli sposi nella costituzione della nuova famiglia come la donazione 1 TEDESCHI, Il regime patrimoniale della famiglia, Torino, 1950, p. 469 ss.
10 Cap. I Le convenzioni matrimoniali: definizione e caratteri generali obnuziale, fatta in riguardo di un determinato futuro matrimonio, e le altre stipulazioni (contratto di società, di locazione, di mandato, etc.), purché aventi carattere di obnuzialità analogo a quello della donazione obnuziale. Dopo la riforma del 1975, per convenzioni matrimoniali, in una prima approssimazione, si intendono gli atti di autonomia privata con cui gli sposi o i coniugi regolano il regime patrimoniale della famiglia, nata dal matrimonio, in modo diverso dal modello legale della comunione dei beni, previsto come ordinario dalla legge. Questa più limitata nozione di convenzioni matrimoniali si desume indirettamente dal testo dell art. 159 c.c. che, nell attribuire alla diversa convenzione, stipulata a norma dell art. 162 c.c., la forza di derogare al regime patrimoniale legale della famiglia, chiaramente intende far riferimento ai soli atti diretti a porsi come fonti di regimi patrimoniali diversi dalla comunione legale 2. In riferimento all elemento strutturale dell accordo, è abbastanza frequente in dottrina l affermazione secondo cui le convenzioni matrimoniali sarebbero sostanzialmente dei contratti. Nel sistema precedente la riforma del diritto di famiglia, i rapporti patrimoniali tra coniugi erano regolati dalle convenzioni matrimoniali e dalla legge (ex art. 159 c.c.). Da tale regola discendeva l opinione che la normativa del regime patrimoniale 2 DE PAOLA, Il diritto patrimoniale della famiglia coniugale, II, Milano, 1995, p. 29 ss.
11 Cap. I Le convenzioni matrimoniali: definizione e caratteri generali della famiglia, non facendo specifico riferimento alla relazione coniugale, andava ricondotta al diritto comune: conclusione certamente coerente al sistema all epoca vigente e all assunto che il principio della separazione dei beni non valeva ad alterare i rapporti di proprietà dei coniugi sui rispettivi beni; infatti, poiché il regime della comunione dei beni, come la dote ed il patrimonio familiare, poteva essere costituito solo con apposita convenzione matrimoniale, gli effetti di contenuto economico che ne derivavano non potevano ritenersi caratteristici del vincolo familiare, ma erano la conseguenza dell autonomia privata che presiedeva al diritto comune. Di qui l'equivalenza tra il contratto e le convenzioni matrimoniali, quali negozi giuridici bilaterali con contenuto patrimoniale 3. Il dibattito dottrinale, successivo alla riforma, sulla natura contrattuale delle convenzioni matrimoniali vede senz altro prevalere la tesi affermativa, pur non facendo difetto, nelle posizioni degli autori, voci discordi 4. Così il richiamo, anche sul piano terminologico, al concetto di convenzione, anziché a quello di contratto, consentirebbe, secondo taluno 5, di ravvisare, quale categoria di riferimento, quella di negozi idonei a incidere su valori che certamente trascendono la dimensione dell individuo, in ragione della loro peculiare inerenza 3 MESSINEO, voce Convenzione (dir. priv.), in Enc. dir., X, Milano, 1962, p. 512, per il quale sono contratti in senso tecnico, quelli che disciplinano il regime patrimoniale della famiglia (art. 159 ss. c.c.), sebbene il codice li chiami ma in senso non tecnico convenzioni. 4 OBERTO, I contratti della crisi coniugale, I, Milano, 1999, p. 685 ss. 5 MOSCARINI, Convenzioni matrimoniali in genere, in La comunione legale, a cura di C.M. Bianca, II, Milano, 1989, p
12 Cap. I Le convenzioni matrimoniali: definizione e caratteri generali agli interessi del gruppo familiare. Tuttavia, la riconduzione di questi tipi negoziali ad una nozione lessicalmente diversa da quella generale, non consente, sul piano applicativo, di sottrarle alla disciplina generale dei contratti, anche se restano da considerare come contratti sui generis, regolati in primis e innanzitutto dalle norme speciali appositamente dettate per essi dagli artt bis, e solo in via sussidiaria ed integrativa assoggettati alla disciplina generale dei contratti. Sotto un altro profilo, si è sottolineata la differenza che, rispetto alla figura contrattuale, sarebbe data dal carattere programmatico tipico della convenzione 6. Ora, se è sicuramente innegabile che, quanto meno in linea di massima, le convenzioni sono negozi regolatori in astratto del regime patrimoniale e non già dispositivi, in concreto, di singoli beni determinati 7, non va, però, dimenticato che il carattere programmatico di un accordo patrimoniale tra due soggetti non è certo di ostacolo alla sua natura contrattuale 8. Qualcuno, poi, ha ritenuto di poter riscontrare un elemento di diversità tra il contratto e le convenzioni matrimoniali, in considerazione del particolare oggetto dell intesa che, nelle convenzioni matrimoniali, sarebbe dato non già da un rapporto giuridico patrimoniale, bensì dalla complessa situazione giuridica, che compete 6 RUSSO, L autonomia privata nella stipulazione di convenzioni matrimoniali, in Le convenzioni matrimoniali e altri saggi sul nuovo diritto di famiglia, Milano, 1983, p. 156, il quale intende per convenzioni matrimoniali gli atti che, programmaticamente, sono diretti a porre e regolare il regime patrimoniale della famiglia. 7 GABRIELLI, Acquisto in proprietà esclusiva di beni immobili e mobili registrati da parte di persona coniugata, in Vita not.,. 1984, p OBERTO, op.ult. cit., p. 685 s.
13 Cap. I Le convenzioni matrimoniali: definizione e caratteri generali normativamente ai coniugi nel campo delle relazioni patrimoniali con i terzi, ed ha individuato quale unico elemento di contatto tra le due categorie quello di porsi come accordi diretti a riflettersi su interessi patrimoniali delle parti, il che consente l estensione analogica della disciplina generale dei contratti alle convenzioni matrimoniali, ai sensi dell art c.c. 9. All esaltazione del carattere contrattuale delle convenzioni matrimoniali aveva del resto già contribuito 10, prima ancora della riforma del 1975, la Corte Costituzionale che, in un suo intervento risalente al , aveva dichiarato in contrasto con gli artt. 3 e 24 Cost. l art. 164, 1 co., c.c. per la parte in cui in deroga alle regole comuni in materia di simulazione non consentiva la prova della simulazione ai terzi, in tal modo sottolineando, nella maniera più evidente, la disparità di trattamento istituita tra i contratti in genere e le convenzioni matrimoniali in specie e consentendo all interprete di ritenere che anche in futuro le regole specifiche, destinate alle convenzioni patrimoniali tra coniugi, e divergenti dalle regole comuni sui contratti, potranno subire più o meno penetranti sindacati di costituzionalità DE PAOLA, op. cit., p. 44 ss. 10 Come rilevato da SACCO, Regime patrimoniale e convenzioni, nel Commentario alla riforma del diritto di famiglia a cura di Carraro, Oppo e Trabucchi, I, Padova, 1977, p. 316 s. 11 Corte Cost., 16 dicembre 1970, n. 188 in Giur. it., 1971, I, 1, p SACCO, Regime patrimoniale e convenzioni, nel Commentario alla riforma del diritto di famiglia cit., p. 316 ss.
14 Cap. I Le convenzioni matrimoniali: definizione e caratteri generali I.2 Il necessario collegamento delle convenzioni matrimoniali con uno dei regimi patrimoniali della famiglia. L elemento caratterizzante l attuale nozione di convenzione matrimoniale, così come desumibile dall art. 159 c.c., è costituito dall intimo legame di questa con uno dei regimi patrimoniali della famiglia, nel senso che per convenzione matrimoniale deve intendersi, oggi, solo quell atto che si pone quale fonte di un regime diverso da quello legale. Ma lo stretto legame esistente tra la convenzione matrimoniale, da un lato, e i regimi patrimoniali eccezionali, dall altro, non va esente da contraddizioni e perplessità. Se, infatti, è innegabile che la separazione dei beni trovi la sua origine in una apposita convenzione, va constatato che l art. 228, 1 co., l. 19 maggio 1975, n , ha consentito, in via transitoria, la nascita di tale regime in forza non già di una convenzione, bensì di un atto unilaterale. Discorso per certi versi analogo va compiuto in relazione al fondo patrimoniale, che può costituirsi anche per testamento e rappresenta, anche per altre ragioni, un regime, per così dire anomalo, non riguardando categorie generali ed astratte di beni, bensì beni determinati e potendo il medesimo coesistere tanto con il regime comunitario che con quello separatista. 13 Art 228, co. 1, l. 151/1975: Le famiglie già costituite alla data di entrata in vigore della presente legge, decorso il termine di due anni dalla detta data, sono assoggettate al regime della comunione legale per i beni acquistati successivamente alla data medesima, a meno che entro lo stesso termine uno dei coniugi non manifesti volontà contraria in un atto ricevuto da notaio o dall ufficiale dello stato civile del luogo in cui fu celebrato il matrimonio.
15 Cap. I Le convenzioni matrimoniali: definizione e caratteri generali Per concludere questa rapida rassegna delle ipotesi in contrasto con l affermazione di fondo che lega la convenzione ai regimi patrimoniali eccezionali, occorre osservare come lo stesso regime legale possa trovare applicazione anche in forza di convenzione, quando una coppia decida di abbandonare il regime di separazione anteriormente prescelto. Pertanto in considerazione dell attuale interpretazione restrittiva del concetto di convenzione matrimoniale, è oggi certa la risposta negativa circa la riconducibilità a tale categoria delle donazioni obnuziali, così come di tutti quegli atti che, sebbene obnuziali, cioè compiuti in contemplazione causale di un determinato matrimonio (come potrebbero essere mandati o contratti sociali), non abbiano per oggetto la scelta di un regime patrimoniale della famiglia, ma si riferiscono a specifici beni o rapporti. Lo stesso deve valere per quegli atti con cui i coniugi decidono di immettere nella o di estromettere dalla comunione legale singoli beni determinati, cui va pertanto negata la natura di convenzione matrimoniale.
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