SICUREZZA SUL LAVORO: ORIENTAMENTI PSICOSOCIALI IN LAVORATORI DI UNA AZIENDA REGGIANA

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1 UNIVERSITA DEGLI STUDI DI MODENA E REGGIO EMILIA Facoltà di Scienze della Comunicazione e dell Economia Corso di Laurea in Comunicazione e Marketing SICUREZZA SUL LAVORO: ORIENTAMENTI PSICOSOCIALI IN LAVORATORI DI UNA AZIENDA REGGIANA Laureando: Monica BONVICINI Relatore: Prof. Nicoletta CAVAZZA Anno Accademico 2007/2008

2 Alla mamma Deanna e al papà Angelo

3 INDICE Premessa...4 Introduzione...7 CAPITOLO 1 - IL DOVERE DELLA SICUREZZA La dimensione dei diritti fondamentali La dimensione del lavoratore contraente La dimensione del lavoratore persona Il Testo Unico Formazione, informazione e addestramento dei lavoratori Ambiente di lavoro e disposizioni antinfortunistiche specifiche Organismi di vigilanza e attività ispettive...19 CAPITOLO 2 - IL FENOMENO INFORTUNISTICO L evento infortunio Il bilancio infortunistico in Italia Il sistema di rilevazione nell Unione Europea Le malattie professionali...26 CAPITOLO 3 - IL COMPORTAMENTO SICURO Definizioni: rischio, pericolo, errori, violazioni Dalle prime teorie agli approcci più recenti Alcuni fattori che influenzano il comportamento sicuro...35 Clima di sicurezza, clima organizzativo, cultura organizzativa La sicurezza all interno dell organizzazione Il clima di sicurezza e gli infortuni Gli atteggiamenti verso la sicurezza Percezione di controllo e locus of control Altri studi La formazione alla sicurezza L influenza delle caratteristiche socio-demografiche...44 CAPITOLO 4 - I PREDITTORI DEI COMPORTAMENTI A RISCHIO Il quadro teorico Applicazioni della Teoria del Comportamento Pianificato La teoria del comportamento pianificato e i comportamenti di trasgressione delle norme di sicurezza in ambito lavorativo L applicazione della Teoria del Comportamento Pianificato ai comportamenti di trasgressione delle norme di sicurezza: studio empirico fra lavoratori a Reggio Emilia...50 CONCLUSIONI...70 Bibliografia...72 ALLEGATI

4 Premessa Uno ogni sette ore. In questo titolo, scelto da Gianni Pagliarini e Paolo Repetto per il loro volume di recente pubblicazione, c è la miglior sintesi del fenomeno delle morti sul lavoro nel nostro Paese. Per inquadrare il problema nella sua gravità è certamente indispensabile parlare di numeri e a questi sarà dedicato un paragrafo che riporta le statistiche di diverse fonti che si occupano di censire gli infortuni e le morti sul lavoro. Ma i lavoratori non sono e non dovranno mai essere numeri : anche un solo morto è una tragedia e una sconfitta. Il diritto a lavorare senza rischiare ogni giorno la vita e la capacità di garantire condizioni di sicurezza ai propri cittadini lavoratori sono indicatori del grado di civiltà di un paese. Lavorare in una condizione di dignità e sicurezza è un diritto sancito nella Carta Costituzionale del nostro Paese. Basta ha detto il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano; di fronte alle continue tragedie è doveroso tenere viva l attenzione, non demordere nell allarme sulla sua gravità sociale, applicare e migliorare le norme legislative. Questo, ha proseguito Napolitano è un obiettivo di civiltà che dobbiamo al sacrificio dei tanti caduti, mutilati e invalidi. Non limitiamoci alla denuncia, dobbiamo sentire il dovere istituzionale di reagire, di indignarsi, di gettare l allarme, di sollecitare risposte. Dobbiamo volere condizioni più umane, più civili, più rispettose dei bisogni e delle dignità di tutti. Guglielmo Epifani, segretario della CGIL, pochi giorni dopo il devastante incidente di Torino alla Thyssen Krupp, afferma in un intervista che per mantenere alta la sensibilità sui temi degli infortuni sul lavoro, grande è la responsabilità dei media, ancora troppo sporadica e troppo legata a episodi gravi. I riflettori si accendono solo sulle stragi e comunque si spengono in fretta. Troppe volte si chiama impropriamente in causa la fatalità : presentare un infortunio come incidente consente di definire normale qualcosa che non lo è affatto. Derubricare la morte di un operaio a fatto accidentale aiuta ad addormentare le coscienze, a cancellare l indignazione, a creare nei cittadini assuefazione alle morti sul lavoro. Pietro Ingrao, nel corso di un intervista all indomani dell incidente alla ThyssenKrupp, si chiede: Ma cosa deve ancora succedere perché su questo tema antico del rapporto uomo-fatica, un potere costituito si turbi, si preoccupi, si domandi che dobbiamo fare? Il potere e i poteri non rispondono con forme e contenuti all altezza della gravità del problema. Lo definisce un rumoroso silenzio quello che non viene raccolto dalla massa 4

5 vivente del paese, in primis dalla sua rappresentanza politico-sociale. Da millenni continua Ingrao l essere umano è stato fuso con l atto lavorativo, da secoli dura questo problema. Che la tragedia delle morti e degli infortuni sul lavoro riesploda irrisolta nel 2007, è un triste segnale di come, ancora oggi, sia terribile, incerta, precaria, questa esperienza umana elementare che è il lavorare Come tutelare chi lavora, come lavorare, come produrre senza ferire e uccidere? Le risposte vanno cercate nella politica, nella cultura e nella società. In pochi decenni il lavoro ha progressivamente perso la sua centralità al cospetto dell impresa e la sua mercificazione è diventata la principale regola del sistema economico globalizzato. Il sociologo Luciano Gallino, studioso della cultura d impresa e del lavoro, afferma in un intervista pubblicata dal quotidiano Il Manifesto nel dicembre 2007, che il lavoro oggi è meno visibile, perciò sicuramente serve un altra cultura del lavoro. Qui però, ad essere importante, è la cultura manageriale, tecnica e dirigenziale, quella cioè che è matrice di decisioni. E quando nei quadri decisionali la sicurezza non figura che succedono queste tragedie. E non c è dubbio che vi sia una carenza in questo senso I manager hanno spesso sulla testa azionisti che pretendono redditività e a cui, evidentemente, della sicurezza, che dovrebbe invece entrare nei bilanci d impresa, non importa nulla. Il quadro è quello di imprese dove, tra le tante variabili che sottendono alla decisione di cosa, dove e come produrre, la sicurezza viene messa al decimo, ventesimo posto. Mentre ci sono manager che potrebbero fare molto di più, gestendo imprese efficienti e insieme prestando attenzione alla sicurezza. Poi c è una carenza nella formazione; in un qualsiasi corso all Università, mentre si spendono pagine e pagine sui rischi del capitale, sulla sicurezza del lavoro, che è tema piuttosto complesso, non c è una riga. La politica può, senza alcun dubbio, fare molto di più, a partire dalle leggi sulla sicurezza sul lavoro. Il procuratore torinese Raffaele Guariniello afferma in un intervista, proprio a proposito della nuova normativa che estende ai reati sul lavoro la responsabilità delle aziende, che questa sussiste qualora sia appurato che l autore del reato ha agito nell interesse o a vantaggio dell ente. E si crea un vantaggio all impresa se si abbassano i livelli di sicurezza per ridurre i costi o per aumentare la produzione. Negligenze? Mancanza di sicurezza? Eccessiva ricerca del profitto? Se spetta alla magistratura il compito di rispondere a queste domande che ricorrono in occasione di ogni infortunio sul lavoro, è anche all uomo di chiesa che spetta ribadire, come ha fatto il Cardinale Poletto ai funerali di Torino, che il lavoro è per l uomo, non l uomo per il lavoro. 5

6 La salute non può essere un prodotto da vendere in cambio di un posto di lavoro. Nessuno può cadere nel peccato di non occuparsi a sufficienza della salute dei lavoratori. Se questa premessa, oltre ad introdurre alcuni dei temi, ha indugiato in una breve rassegna di autorevoli opinioni sull argomento è perché proprio dalla consapevolezza che la morte sul lavoro sia socialmente inaccettabile è venuta la scelta di questo studio. 6

7 Introduzione In ambito di sicurezza e salute il concetto di prevenzione ha subito, nei diversi periodi, numerosi cambiamenti. Dagli anni Cinquanta agli anni Sessanta la prassi e la metodologia operativa degli esperti, determinata anche dalle leggi e dalle norme esistenti, erano prevalentemente indirizzate al miglioramento della sicurezza tecnica, alla messa a punto di macchine e impianti e di procedure operative più sicure. Progressivamente, negli anni Ottanta e Novanta, il modo di pensare, progettare, attuare e controllare gli aspetti della sicurezza e della salute è profondamente cambiato; alla teoria della valutazione dei rischi si è associata la metodologia dell approccio gestionale sistemico. L attuazione della prevenzione nelle organizzazioni, di qualunque dimensione e settore di attività, è un problema prevalentemente gestionale che deve essere progettato, voluto, promosso e controllato da tutti i soggetti coinvolti, individuati dalla normativa vigente in materia. Le norme, però, dovrebbero costituire solo le condizioni minime che devono essere rispettate e applicate; per molti datori di lavoro la prevenzione è vista ancora come un problema tecnico da delegare agli specialisti, un costo e un obbligo formale il cui adempimento è spesso attuato su base cartacea e apparente. Per far crescere una cultura, una teoria e un insieme di modalità operative nel campo della prevenzione, che non siano solo basate sulle indicazioni legislative, sarebbe opportuno riunire i contributi delle diverse discipline che convivono a pieno titolo sul terreno della sicurezza lavorativa. Risulta importante valorizzare sia l aspetto conoscitivo, che pone l enfasi sulla descrizione e sulla spiegazione del comportamento umano, sia quello dell applicazione controllata del sapere accumulato per orientarlo alla soluzione di problemi concreti. L evento infortunio può essere considerato ed analizzato da punti di vista differenti: tecnico-ingegneristico (a livello di progettazione degli strumenti), ergonomico (compatibilità fra essere umano, macchine e ambiente), medico (prevenzione e cura dei danni da infortunio e malattie professionali) e socio-psicologico; quest ultimo orientamento di analisi impone il superamento di un approccio individualista, che spesso ha caratterizzato lo studio delle condotte lavorative, in favore di una concezione psicosociale che dia rilievo al contesto sociale, organizzativo e simbolico entro cui si costruisce anche l azione umana, espressione finale degli sforzi per delineare e conseguire risultati apprezzabili. Come in 7

8 ogni sistema sociale, anche nei gruppi di lavoro il comportamento individuale è in gran parte influenzato dal contesto sociale, cioè le altre persone, i processi di influenza reciproca, i valori, le norme, ecc. In ambito psicosociale sono numerosi gli studi e le ricerche che si sono occupati di individuare quali fattori considerare per comprendere e modificare i comportamenti delle persone per arrivare alla definizione di modelli applicativi. Gli studi che si sono occupati di comportamenti di sicurezza in ambito lavorativo hanno riconosciuto l importanza di fattori quali il clima di sicurezza, l atteggiamento del lavoratore, la percezione di controllo e le caratteristiche socio-demografiche del lavoratore (età, anzianità di mansione, etc.) ma alcune delle teorie psicosociali che utilizzano questi costrutti e che si sono rivelate efficaci modelli esplicativi in altri ambiti (comportamenti a rischio per la salute, la sicurezza stradale, etc.) sono state scarsamente applicate nelle ricerche che si sono occupate di comportamenti a rischio dei lavoratori. Il maggiore apporto nell individuare i fattori che possono contribuire a comprendere i comportamenti delle persone è stato fornito dalla Teoria del Comportamento Pianificato elaborata dagli studiosi Fishbein e Ajzen a partire dal 1975; questa teoria è il quadro di riferimento concettuale per la ricerca condotta all interno di un impresa, riferita nell ultimo capitolo di questo lavoro. Si è ritenuto opportuno, prima di trattare nello specifico i fattori psicosociali considerati antecedenti il comportamento, offrire una sintesi della legislazione vigente in materia di sicurezza e salute dei lavoratori e riportare, unitamente ad un inquadramento generale in ambito infortunistico, il bilancio 2007, pubblicato dall INAIL nell ottobre 2008, relativamente agli incidenti sul lavoro e alle malattie professionali. 8

9 Quale diritto è più importante se non quello di riportare a casa la pelle a fine turno di lavoro? Valeria Parrini, mamma di Ruggero Toffolutti, morto sul lavoro nel 1998 CAPITOLO 1 - IL DOVERE DELLA SICUREZZA Nel nostro Paese, a partire dalla Costituzione e, gerarchicamente, fino al Testo Unico, sono numerose le norme vigenti in materia di tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori. 1.1 La dimensione dei diritti fondamentali La Costituzione italiana contiene principi fondamentali e inderogabili quali la tutela del lavoro, la tutela della salute, il rispetto della dignità umana. Titolo II Rapporti etico sociali Articolo 32 La Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell individuo e interesse della collettività Titolo III Rapporti economici Articolo 35 La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione e l elevazione professionale dei lavoratori. Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro Articolo 41 L iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali. 9

10 1.2 La dimensione del lavoratore contraente Gli articoli della Costituzione trovano una loro specifica applicazione nell articolo 2087 del Codice Civile. Il datore di lavoro deve adoperarsi, nello svolgimento di quella che è una specifica attività professionale, con una diligenza particolare, in base alla quale deve adottare tutte le misure dettate: 1. dalla particolarità del lavoro, in base al quale devono essere individuati rischi e nocività specifiche; 2. dall esperienza, in base alla quale devono essere previste le conseguenze dannose, sulla scorta di eventi già verificatisi e di pericoli già valutati in precedenza; 3. dalla tecnica, in base alle nuove conoscenze in materia di sicurezza messe a disposizione dal progresso tecnico-scientifico. E questo il fondamentale principio della massima sicurezza tecnologicamente fattibile che esprime l obbligazione fondamentale del datore di lavoro in quanto primo garante dell obbligo di sicurezza verso i lavoratori dipendenti (od equiparati) di perseguire costantemente la massima sicurezza tecnica, organizzativa o procedurale fattibile. Le regole di condotta preventiva stabilite dall art c.c. concorrono ad integrare e perfezionare le fattispecie criminose di cui agli art. 589 e 590 del Codice Penale (omicidio colposo e lesioni personali colpose) 1. Dal punto di vista dell ordinamento giuridico prevenzionistico il principio chiave della massima sicurezza possibile è al vertice delle norme vigenti e trova espressione, all interno di una struttura ordinata gerarchicamente, dapprima nelle norme di grado superiore e via via in quelle di grado inferiore. Si tratta di un obbligo preventivo generale che impone al datore di lavoro il positivo apprestamento di tutti i necessari mezzi idonei ai fini della sicurezza che non sono solo quelli strettamente indicati, a pena di sanzione penale, dalla vigente legislazione prevenzionistica La dimensione del lavoratore persona Con la denominazione di Statuto dei lavoratori ci si riferisce alla Legge n. 300 del 20 maggio 1970 recante Norme sulla tutela della libertà e dignità dei lavoratori, della libertà 1 In tal senso si è espressa la Cassazione penale con sentenza del 20/09/ Rolando Dubini L obbligo del datore di lavoro di attenersi al principio della massima sicurezza tecnologicamente fattibile. Sicurezza tecnica, organizzativa e procedurale. 10

11 sindacale e dell attività sindacale nei luoghi di lavoro e norme sul collocamento che è una delle norme principali del diritto del lavoro italiano. La sua introduzione provocò importanti e notevoli modifiche sia sul piano delle condizioni di lavoro che su quello dei rapporti fra i datori di lavoro, i lavoratori e le loro rappresentanze sindacali. Il testo si divide in un titolo dedicato al rispetto della dignità del lavoratore, in due titoli dedicati alla libertà ed alle attività sindacali, in un titolo sul collocamento ed in uno sulle disposizioni transitorie. Si riporta, di seguito, l Articolo 9, del Titolo I, Della libertà e dignità del lavoratore. Art. 9 Tutela della salute e dell integrità fisica. I lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno diritto di controllare l applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca, l elaborazione e l attuazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica. 1.4 Il Testo Unico Il Decreto legislativo 9 Aprile 2008, n.81 3, in vigore dal 25 Agosto 2008, recante norme di Attuazione dell articolo 1 della legge 3 agosto 2007, n. 123, in materia di tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro ha parzialmente riformato la disciplina in materia di sicurezza e salute sul lavoro. Il D.Lgs n.81/2008 ha un architettura che ricalca sostanzialmente quella del D.Lgs n.626/1994; il Titolo I statuisce i principi generali comuni, i Titoli dal II all XI contengono le disposizioni specifiche in materia di luoghi di lavoro, di attrezzature di lavoro e dispositivi di protezione individuale, la segnaletica, la movimentazione manuale dei carichi, i videoterminali, gli agenti fisici, le sostanze pericolose, gli agenti biologici e le atmosfere esplosive. Il nuovo provvedimento è completato dai Titoli XII (disposizioni in materia penale e di procedura penale) e XIII (norme transitorie e finali). Il Testo Unico consta di ben 306 articoli, 51 allegati e un sistema sanzionatorio basato su numerose norme introdotte alla fine di ogni titolo. Secondo Antonio Pileggi 4, la tanto attesa legislazione antinfortunistica (entrata in vigore dopo circa 14 anni da quella profonda, autentica, operata dal D.Lgs 19 settembre 1994, n. 626) non ha prodotto, in termini di riassetto organico della materia, i risultati attesi; il Testo Unico pare piuttosto, a suo parere, un opera essenzialmente compilativa che, limitandosi a 3 Per la stesura di questo paragrafo è stato utilizzata, come materiale di riferimento per una sintesi del D.Lgs 81/08, la Guida Pratica Sicurezza del Lavoro a cura di Mario Gallo Le guide pratiche del Sole 24 ORE 4 Professore ordinario di Diritto del Lavoro, Università degli Studi di Cassino 11

12 ricondurre in tale provvedimento le previgenti norme in materia, non risolve la mancanza di coordinamento delle disposizioni che si traduce poi in numerosi problemi applicativi. Il T.U. si applica a tutti i settori di attività, pubblici e privati e a tutte le tipologie di rischio. E rivolto a tutti i lavoratori, subordinati e autonomi, nonché ai soggetti ad essi equiparati. L articolo 15 ribadisce due concetti fondamentali della nuova sicurezza sul lavoro : il primo è che la valutazione di tutti i rischi rappresenta il perno portante del meccanismo prevenzionistico, sul quale reggono tutta una serie di conseguenti adempimenti (informazione e formazione, sorveglianza sanitaria, scelta dei DPI, ecc.). Il secondo che la sicurezza non sia episodica ma programmata in tutti i suoi aspetti attraverso un nuovo modo di strutturare il sistema di sicurezza e salute sul lavoro; deve essere prestata particolare attenzione alla programmazione delle misure cosiddette migliorative, adottando anche codici di condotta e buone prassi. Figura 1 Il nuovo sistema di sicurezza e salute sul lavoro del D.Lgs n. 81/2008 Servizio di prevenzione e protezione DATORE DI LAVORO Medico competente MODELLO ORGANIZZATIVO E DI GESTIONE Squadre per l emergenza Dirigente Sorveglianza sanitaria RLS Preposto LAVORATORI Fonte: tratto da Guida Pratica SICUREZZA DEL LAVORO a cura di Mario Gallo Le guide pratiche de Il Sole 24 ore La valutazione, globale e documentata, di tutti i rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori presenti nell ambito dell organizzazione in cui essi prestano la propria attività, è finalizzata ad individuare le adeguate misure di prevenzione e di protezione e ad elaborare 12

13 il programma delle misure atte a garantire il miglioramento nel tempo dei livelli di salute e sicurezza. Attraverso tale processo devono essere identificate le sorgenti di rischio (ciclo lavorativo, macchine e impianti, modelli organizzativi e operativi, ecc) e i rischi da esposizione presenti (documentando le misure attuate quali protezione macchine, automazioni, dispositivi di protezione individuale, formazione, ecc) al fine di eliminarli e, ove ciò non sia possibile, ridurli al minimo in relazione alle conoscenze acquisite in base al progresso tecnico. In tal modo si identifica la nozione di rischio residuo che presuppone un esposizione controllata entro limiti considerati accettabili. Il Testo Unico definisce il servizio di prevenzione e protezione dai rischi come l insieme delle persone, sistemi e mezzi finalizzati all attività di prevenzione e protezione dai rischi professionali per i lavoratori. Figura 2 OBIETTIVI DEL SERVIZIO DI PREVENZIONE E PROTEZIONE Obiettivo funzionale 1 Obiettivo funzionale 2 Obiettivo funzionale 3 Obiettivo del programma Obiettivo finale Identificazione dei pericoli per la salute e la sicurezza dei lavoratori e degli esposti delle situazioni Valutazione dei rischi Informazione e formazione sui rischi e indicazioni di misure preventive nelle loro varie articolazioni Modificazioni delle condizioni di lavoro, dei metodi e dei comportamenti Eliminazione e/o riduzione dei rischi e prevenzione della patologia correlata col lavoro e promozione della salute dei lavoratori Servizio di Prevenzione e Protezione Fonte: tratto da Sicurezza e salute nei luoghi di lavoro Linee guida per l applicazione del D.Lgs n.626/1994, Conferenza dei Presidenti delle Regioni e delle Province Autonome, 2 ed. A seguire, sono riportate solo alcune parti degli articoli utili, ai fini del presente lavoro, per un inquadramento degli obblighi generali, dei soggetti coinvolti (datore di lavoro, preposto, responsabile del servizio prevenzione e protezione, lavoratore, medico competente, rappresentante dei lavoratori per la sicurezza), della formazione, informazione e addestramento dei lavoratori, della consultazione e partecipazione dei rappresentanti dei lavoratori e dell ambiente di lavoro e disposizioni antinfortunistiche specifiche (con particolare riferimento ai dispositivi di protezione individuale). 13

14 Il Datore di lavoro Per datore di lavoro si intende il soggetto titolare del rapporto di lavoro con il lavoratore o, comunque, il soggetto che, secondo il tipo e l assetto dell organizzazione nel cui ambito il lavoratore presta la propria attività, ha la responsabilità dell organizzazione stessa o dell unità produttiva in quanto esercita i poteri decisionali e di spesa. Il datore di lavoro è il soggetto obbligato a titolo principale, e s identifica nella persona fisica che è effettivamente titolare dei poteri giuridici di adottare le misure di prevenzione e protezione. Articolo 18, comma 1 Obblighi del datore di lavoro e del dirigente, lett. c) d) e) f) l) m) z) c) nell affidare i compiti ai lavoratori, tenere conto delle capacità e delle condizioni degli stessi in rapporto alla loro salute e alla sicurezza; d) fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale, sentito il Responsabile del Servizio Prevenzione e Protezione (RSPP) e il medico competente, ove presente; e) prendere le misure appropriate affinché soltanto i lavoratori che hanno ricevuto adeguate istruzioni e specifico addestramento accedano alle zone che li espongono ad un rischio grave e specifico; f) richiedere l osservanza da parte dei singoli lavoratori delle norme vigenti, nonché delle disposizioni aziendali in materia di sicurezza e di igiene del lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuali messi a loro disposizione; l) adempiere agli obblighi di informazione, formazione e addestramento; m) consentire ai lavoratori di verificare, mediante il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza (RLS) l applicazione delle misure di sicurezza e di protezione della salute; z) aggiornare le misure di prevenzione in relazione ai mutamenti organizzativi e produttivi che hanno rilevanza ai fini della salute e sicurezza del lavoro, o in relazione al grado di evoluzione della tecnica della prevenzione e della protezione; Il preposto L articolo 2, comma 1, lett. e) definisce il preposto quale persona che, in ragione delle competenze professionali e nei limiti dei poteri gerarchici e funzionali adeguati alla natura dell incarico conferitogli, sovrintende all attività lavorativa e garantisce l attuazione delle direttive ricevute, controllandone la corretta esecuzione da parte dei lavoratori ed esercitando un funzionale potere di iniziativa. Pertanto su tale figura della prevenzione 14

15 gravano obblighi di generale sovraintendimento e di vigilanza indicati nell articolo 19, di cui si riportano solo alcune lettere. Articolo 19 Obblighi del Preposto, lett. a) f) g) a) sovrintendere e vigilare sull osservanza da parte dei singoli lavoratori dei loro obblighi di legge, nonché delle disposizioni aziendali in materia di salute e sicurezza sul lavoro e di uso dei mezzi di protezione collettivi e dei dispositivi di protezione individuale messi a loro disposizione e, in caso di persistenza dell inosservanza, informare i loro superiori diretti; f) segnalare tempestivamente al datore di lavoro o al dirigente sia le deficienze dei mezzi e delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale, sia ogni altra condizione di pericolo che si verifichi durante il lavoro, delle quali venga a conoscenza sulla base della formazione ricevuta; g) frequentare appositi corsi di formazione secondo quanto previsto dall art. 37. Il preposto ha, rispetto alla precedente normativa, un ruolo di vigilanza attiva ed è un perno del modello organizzativo e di gestione previsto dall articolo 30. Il Responsabile del Servizio di Prevenzione e Protezione Il RSPP è designato dal datore di lavoro, a cui risponde, per coordinare il servizio di prevenzione e protezione dai rischi; l articolo 32 ne individua le necessarie capacità ed i requisiti professionali. Gli RSPP sono tenuti a frequentare specifici corsi di formazione. Il Rappresentante dei Lavoratori per la Sicurezza Il modello compartecipativo, già introdotto dal D.Lgs n. 626/1994 e confermato dal Testo Unico, riconosce ai lavoratori i diritti di partecipazione e di controllo in materia di salute e sicurezza sul lavoro da esercitarsi attraverso la figura dell RLS, eletto o designato dai lavoratori; il loro numero all interno dell azienda varia in funzione delle dimensioni dell impresa. Il RLS ha diritto ad una formazione particolare in materia di salute e sicurezza tale da assicurargli adeguate competenze sulle principali tecniche di controllo e prevenzione dei rischi stessi; nell articolo 50 del T.U. ne sono definite le attribuzioni che sono di carattere consultivo, partecipativo e di vigilanza. Il medico competente L articolo 2 del Testo Unico rafforza, rispetto alla normativa precedente, il ruolo gestionale del medico competente, nominato dal datore di lavoro per effettuare la sorveglianza sanitaria in azienda; per sorveglianza sanitaria si intende l insieme degli atti medici finalizzati alla tutela dello stato di salute e sicurezza dei lavoratori in relazione all ambiente 15

16 di lavoro, ai fattori di rischio professionali e alle modalità di svolgimento dell attività lavorativa. Il medico competente costituisce una delle componenti fondamentali dell organizzazione aziendale ed è chiamato ad esercitare 3 funzioni fondamentali: 1. fornire la sua consulenza nella valutazione dei rischi, collaborando attivamente con il datore di lavoro e il servizio di prevenzione e protezione; 2. programmare e gestire la sorveglianza sanitaria (visite mediche, sopralluogo negli ambienti di lavoro, giudizio di idoneità alla mansione, etc.); 3. collaborare nella scelta dei dispositivi di protezione individuali, nelle attività informative e formative e nell organizzazione del servizio di primo soccorso aziendale. 1.5 Formazione, informazione e addestramento dei lavoratori Nel Testo Unico l informazione ai lavoratori è definita come il complesso delle attività dirette a fornire conoscenze utili all identificazione, alla riduzione e alla gestione dei rischi in ambiente di lavoro. I destinatari sono tutti i lavoratori che rientrano nel campo applicativo del D.Lgs 81/08. L articolo 36 prevede che il datore di lavoro provveda affinché ciascun lavoratore riceva un adeguata informazione articolata su 2 livelli: 1. Informazione di base a. rischi per la salute e sicurezza sul lavoro connessi alla attività dell impresa in generale; b. procedure che riguardano il primo soccorso, la lotta antincendio, l evacuazione dei luoghi di lavoro; c. nominativi dei lavoratori incaricati di applicare le misure antincendio, di primo soccorso ed evacuazione; d. nominativi del responsabile e degli addetti del servizio di prevenzione e protezione e del medico competente. 2. Informazione specifica a. rischi specifici cui è esposto in relazione all attività svolta, le normative di sicurezza e le disposizioni aziendali in materia; b. pericoli connessi all uso delle sostanze e dei preparati pericolosi sulla base delle schede dei dati di sicurezza previste dalla normativa vigente e dalle norme di buona tecnica; 16

17 c. misure e attività di protezione e prevenzione adottate. Il legislatore non ha specificato gli strumenti informativi da utilizzare; l unico vincolo è che il contenuto dell informazione deve essere facilmente comprensibile per i lavoratori e deve consentire loro di acquisire le relative conoscenze. L articolo 2 introduce anche due nuove nozioni di formazione e addestramento in materia. La formazione è definita come un processo educativo attraverso il quale trasferire ai lavoratori ed agli altri soggetti del sistema di prevenzione e protezione aziendale conoscenze e procedure utili all acquisizione di competenze per lo svolgimento in sicurezza dei rispettivi compiti in azienda e alla identificazione, riduzione e gestione dei rischi. L addestramento è definito come il complesso delle attività dirette a fare apprendere ai lavoratori l uso corretto di attrezzature, macchine, impianti, sostanze, dispositivi, anche di protezione individuale, e le procedure di lavoro. La formazione prevista non è solo indirizzata ai lavoratori, ai preposti, ai rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza ma anche ai dirigenti; si vedrà in seguito, infatti, come si rivela importante il clima di sicurezza aziendale vissuto all interno di un organizzazione per un uniformità dei comportamenti prevenzionistici da parte dei lavoratori. La formazione e, ove previsto, l addestramento specifico, devono essere programmati ed avvenire in occasione della costituzione del rapporto di lavoro, del trasferimento o cambio mansione, dell introduzione di nuove attrezzature di lavoro o di nuove tecnologie, di nuove sostanze e preparati pericolosi. Deve inoltre essere ripetuta periodicamente in relazione all evoluzione dei rischi o all insorgenza di nuovi rischi. 1.6 Ambiente di lavoro e disposizioni antinfortunistiche specifiche Ai fini del presente lavoro non vengono trattati gli articoli del Testo Unico in materia di luoghi di lavoro e attrezzature di lavoro in quanto non strettamente pertinenti e per approfondimenti si rimanda al testo integrale del decreto legislativo e alla numerosa letteratura disponibile. Per concludere la sintesi del quadro normativo utile alla comprensione dell oggetto della tesi, si ritiene utile riportare, in questa ultima parte dedicata alla legislazione, il contenuto degli articoli del T.U. che definiscono aspetti, requisiti, obblighi e sanzioni in relazione ai Dispositivi di Protezione Individuale (DPI). 17

18 Per DPI si intende qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi per la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo. I DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro (rischi residui). Pertanto i DPI non possono essere utilizzati per far fronte ad inadeguatezze di attrezzature di lavoro o procedurali in quanto il datore di lavoro è obbligato ad osservare costantemente le misure di cautela previste dall articolo 15 del Testo Unico. I DPI devono essere conformi al D.Lgs 4/12/1992, n. 475 e adeguati ai rischi da prevenire, senza comportare di per sé un rischio maggiore, oltre che alle condizioni esistenti sul luogo di lavoro. Inoltre devono anche tenere conto delle esigenze ergonomiche o di salute del lavoratore e poter essere adattati all utilizzatore secondo le sue necessità. L articolo 77 fornisce quasi una guida puntuale al datore di lavoro, dalla scelta dei DPI adeguati, secondo i criteri individuati nell allegato VIII al Testo Unico, fino al loro utilizzo. Sono numerosi gli obblighi del datore di lavoro in relazione ai DPI: fornitura dei dispositivi ove siano stati individuati quei rischi che non possono essere evitati con altri mezzi, mantenimento in efficienza degli stessi, addestramento ai lavoratori per l utilizzo, la riconsegna e il deposito. L articolo 78, invece, definisce gli obblighi a carico del lavoratore rappresentati, essenzialmente, da quello dell utilizzo conformemente all informazione, formazione e addestramento ricevuto e nel rispetto delle procedure aziendali, oltre a quello di segnalare immediatamente al datore di lavoro ogni difetto o inconveniente. Inoltre, al lavoratore è fatto divieto di apportare modifiche di propria iniziativa. Il regime sanzionatorio in materia di DPI a carico del datore di lavoro/dirigente prevede, ammende ed anche la pena dell arresto per periodi di tempo variabile in relazione al tipo di illecito. I dispositivi di protezione individuale sono suddivisi in funzione delle parti del corpo che devono proteggere e sono divisi in tre categorie (art 4 D.Lgs 475/1992), in funzione del tipo di rischio. I categoria: di progettazione semplice, destinati a salvaguardare la persona da rischi di danni fisici di lieve entità (guanti per detersivi, da giardinaggio, ). II categoria: vi rientrano quelli che non rientrano nelle altre due categorie (caschi, i dispositivi che proteggono l udito, ) 18

19 III categoria: di progettazione complessa, destinati a salvaguardare da rischi di morte o lesioni gravi e di carattere permanente (dispositivi contro le cadute dall alto, apparecchi di protezione delle vie respiratorie, ). Le istruzioni che devono essere impartite ai lavoratori sulle modalità di utilizzo e su come deve essere indossato un dispositivo risultano particolarmente rilevanti in quanto l efficacia dei DPI dipende moltissimo dalle condizioni in cui vengono utilizzati; nel capitolo seguente, dedicato alle definizioni di infortunio e di malattia professionale, all andamento del fenomeno infortunistico e delle malattie indennizzate, sono riportate anche alcune delle principali patologie correlate al non utilizzo o all utilizzo non conforme dei dispositivi. 1.7 Organismi di vigilanza e attività ispettive La vigilanza sull applicazione della legislazione in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro è delegata alle Aziende Sanitarie Locali competenti per territorio e alle Direzioni Provinciali del Lavoro (queste ultime, in raccordo con le ASL, limitatamente ad alcuni settori, fra i quali l edilizia). In una intervista, pubblicata da alcuni quotidiani nel dicembre 2007, l allora ministro del lavoro Cesare Damiano ha affermato che, nonostante l assunzione di nuovi ispettori ed un più stretto coordinamento del lavoro con le ASL, resta comunque una notevole sproporzione tra il numero degli ispettori e quelle delle imprese. A livello nazionale, i numeri dicono che ogni ispettore del lavoro dovrebbe, teoricamente, controllare lo stato di attuazione delle misure di sicurezza in oltre 650 imprese. Considerato che ogni singola ispezione richiede da una a più giornate di lavoro se ne ricava che ogni singolo ispettore può compiere una sola visita approfondita alle imprese che gli competono circa ogni sei anni. Nella provincia di Reggio Emilia il numero delle imprese da controllare, di competenza dell ASL, nell anno 2008, era pari a 2.200; 47 il numero degli ispettori in organico per l attività di sorveglianza. La Direzione Provinciale del Lavoro può contare sull operato di 2 ispettori a fronte di oltre 500 notifiche preliminari (denunce di apertura di cantieri edili). Nel i dati relativi all attività di vigilanza eseguita dal Servizio Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro dell AUSL di Reggio Emilia sono i seguenti: 435 le Unità Locali nelle quali sono state accertate violazioni alle norme antinfortunistiche e 749 il totale delle violazioni di cui 709 a carico del datore di lavoro/dirigente, 14 per il preposto, 8 per il lavoratore autonomo, 1 a carico del lavoratore e 17 per altre figure. Specificamente ai dispositivi di protezione individuale, in relazione alla mancata fornitura e/o vigilanza, 5 Dati forniti dal Servizio Prevenzione e Sicurezza negli Ambienti di Lavoro dell AUSL di Reggio Emilia 19

20 sono state accertate 53 violazioni, di cui 31 a carico del datore di lavoro/dirigente, 13 per il preposto (mancata vigilanza), 1 per il lavoratore e 8 per il lavoratore autonomo per il mancato utilizzo dei DPI. La Direzione Provinciale del Lavoro di Reggio Emilia ha effettuato, nell anno , 155 ispezioni presso cantieri edili, accertando 149 violazioni alle norme antinfortunistiche a carico del datore di lavoro, 89 in fase di esecuzione/progettazione, 1 violazione a carico del coordinatore, e, in relazione ai dispositivi di protezione individuale, 5 per mancata fornitura dei DPI ed 1 a carico del lavoratore per il mancato utilizzo. Figura 3 SCHEMA GENERALE DELLA PROCEDURA ISPETTIVA ATTIVAZIONE: infortunio, malattia professionale, denuncia, verifica selettiva, etc ORGANI DI VIGILANZA CON COMPETENZA SPECIFICA A.S.L. Direz. Prov.li del Lavoro Vigili del Fuoco ACCESSO NELL UNITÀ PRODUTTIVA (in tutte le ore del giorno e della notte, previa qualificazione, e in tutti gli ambienti di lavoro) VERIFICA DOCUMENTALE: ESIBIZIONE Autorizzazioni, documento di valutazione dei rischi, consegna DPI, nomine, etc COLLOQUIO CON DATORE DI LAVORO, RSPP, RLS, LAVORATORI, MEDICO COMPETENTE CONTROLLO ISPETTIVO NEI LUOGHI DI LAVORO Impianti, macchinari, attrezzature, DPI, presidi antincendio, ecc Ambiente di lavoro (spazi, altezze, scale, uscite di sicurezza, ecc.) Igiene del lavoro (agenti fisici, chimici, biologici, microclima, ecc.) ACCERTAMENTO DI VIOLAZIONI ACCERTAMENTO DI SITUAZIONI DI PERICOLO NON SANZIONATE ASSENZA DI VIOLAZIONI PENALI AMMINISTRATIVE Potere di disposizione Chiusura ispezione 1. Prescrizione 2. Informazione al Pubblico Ministero 1. Diffida 2. Irrogazione sanzione normale Fonte: tratto da Guida Pratica SICUREZZA DEL LAVORO a cura di Mario Gallo Le guide pratiche de Il Sole 24 ore 6 Dati forniti dalla Direzione Provinciale del Lavoro di Reggio Emilia 20

21 Il personale ispettivo, può ispezionare, in qualsiasi momento ed in ogni parte, i luoghi di lavoro, sottoporre a visita medica il personale occupato, prelevare campioni di materiali e prodotti, chiedere l esibizione della documentazione in materia di salute e sicurezza sul lavoro. 21

22 Le chiamano con indifferenza le morti bianche. In realtà sono tragedie inaccettabili. Inaccettabili per i familiari che si vedono strappare il proprio congiunto. Inaccettabili per un Paese civile che non può permettere che i suoi cittadini muoiano lavorando Alessandra Franchello, nipote di Giancarlo Garabello, morto sul lavoro nel 2008 CAPITOLO 2 - IL FENOMENO INFORTUNISTICO 2.1 L evento infortunio La definizione di infortunio sul lavoro è contenuta nella legge della tutela assicurativa obbligatoria gestita dall INAIL. Secondo la norma rientrano in questa fattispecie tutti i casi di infortunio avvenuti per causa violenta in occasione di lavoro, da cui sia derivata la morte o un inabilità permanente al lavoro, assoluta o parziale, ovvero un inabilità temporanea assoluta che importi astensione dal lavoro per più di tre giorni 7. Per causa violenta si intende un fattore esterno, improvviso e imprevisto, che in modo rapido e intenso provoca un effetto lesivo. Ogni aggressione, quindi, che dall esterno danneggia l integrità psico-fisica del lavoratore può essere ritenuta causa violenta dell infortunio assicurato. Può essere tale anche un azione dovuta a microrganismi oppure uno sforzo che provoca uno strappo muscolare, un evento drammatico che provoca un trauma psichico e cosi via. La nozione di occasione di lavoro, sulla base del quale viene definito il carattere professionale dell infortunio, focalizza l esigenza che fra l attività lavorativa prestata dall infortunato e l incidente vi sia un rapporto, anche indiretto, di causa ed effetto. Si tratta di un concetto più ampio di quello che potrebbe essere espresso da una locuzione come causato da lavoro o accaduto sul luogo di lavoro o durante l orario di lavoro. Tuttavia, per quanto la definizione assicurativa permetta di comprendere nella tutela di legge un ampia casistica, è evidente che si tratta di un punto di vista ancora parziale. Basterebbe pensare al fatto che non ricadono nella sua sfera gli infortuni che provocano un assenza dal lavoro inferiore a tre giorni e che sono comunque eventi importanti da prendere in considerazione ai fini della prevenzione. Una novità di rilievo è stata introdotta a riguardo dal Testo Unico (art 18, comma 1, lett. r)); mantenendo per il datore di lavoro l obbligo di denunciare gli infortuni che comportino un assenza superiore a 3 giorni, è stato 7 Art. 2, c.1, D.P.R. 30 giugno 1965, n

23 introdotto un nuovo adempimento che riguarda la comunicazione all INAIL anche degli infortuni che comportino un assenza dal lavoro di almeno un giorno, escluso quello dell evento, ai soli fini statistici e informativi. Le norme dettate in tema di prevenzione degli infortuni sul lavoro, tese ad impedire l insorgenza di situazioni pericolose, sono dirette a tutelare il lavoratore non solo dagli incidenti derivanti dalla sua disattenzione ma anche quelli ascrivibili ad imperizia, negligenza ed imprudenza dello stesso. La Corte di Cassazione ha infatti precisato 8 che il datore di lavoro è sempre responsabile dell infortunio occorso al lavoratore, sia quando ometta di adottare le idonee misure protettive, sia quando non accerti e vigili che di queste misure venga fatto effettivamente uso da parte del dipendente, non potendo attribuirsi alcun effetto esimente, per l imprenditore che abbia provocato un infortunio sul lavoro per violazione delle relative prescrizioni, l eventuale concorso di colpa del lavoratore. Occorre inoltre tenere presente che sono incidenti sul lavoro anche quelli che, pur non provocando danni alle persone, determinano comunque danni materiali. Anche questi vanno considerati in un ottica preventiva. A tale proposito, nella letteratura specialistica internazionale di lingua inglese, si opera costantemente una distinzione tra il termine injury (incidente che provoca lesione, il nostro infortunio) e accidents (incidente senza lesioni); tanto che si usa l espressione Injures are not accidents (gli infortuni non sono incidenti) per affermare che non sono il semplice frutto di fatalità. Autorevoli organismi internazionali riconoscono da tempo che gli infortuni sul lavoro sono la conseguenza statisticamente prevedibile del fallimento tecnico-sociale del lavoro. 9 Dal punto di vista sanitario gli infortuni (di tutti i generi, non solo quelli sul lavoro) sono considerati eventi sentinella. Determinano cioè una malattia, una invalidità o una morte prematura non necessarie (nel senso che, se fosse stato fatto tutto il possibile, non si sarebbero verificate) e che, dunque, giustificano una ricerca scientifica accurata per eliminarne le cause. 2.2 Il bilancio infortunistico in Italia Alla rilevazione del 31 Ottobre 2008, il bilancio infortunistico per l anno 2007 pubblicato dall INAIL (Istituto Nazionale per l Assicurazione contro gli Infortuni sul Lavoro), riporta i seguenti dati: gli infortuni sul lavoro denunciati, i casi mortali Sentenza del 18 febbraio 2004, n X Rapporto del Comitato misto dell Ufficio Internazionale del Lavoro e dell Organizzazione Mondiale della Sanità, n. 777/89 23

24 La ripartizione degli infortuni per gestione evidenzia che il 90,5% si verifica nell Industria (ai primi posti costruzioni e industria dei metalli) e nei Servizi (in testa trasporti e comunicazioni), il 6,3% nell Agricoltura e il 3,2% fra i dipendenti dello Stato. Quasi l 80% degli infortuni si concentra nelle fasce di età centrali,18-34 e anni, ed è quest ultima quella più colpita da infortuni mortali. L analisi territoriale evidenzia che oltre il 60% degli infortuni è concentrato nell industrializzato Nord Italia: nel Nord Est, in particolare, sono stati denunciati nel 2007 quasi casi, un terzo del totale nazionale: il 17% in Lombardia, il 14,3% in Emilia Romagna, il 12% in Veneto. Le tre regioni totalizzano quasi casi, pari al 43,4% del complesso. Ai fini della valutazione del rischio infortunistico è utile riportare un altro tipo di analisi, relativo alla tipologia di azienda, artigiana o industriale e alla dimensione aziendale, considerata relativamente al numero degli addetti che vi lavorano. Se le norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro si applicano indipendentemente dalla dimensione dell impresa, è utile riportare che numerose norme del Testo Unico, D.Lgs 81/08 sono collegate al parametro dimensionale; questo diventa rilevante al fine di poter accedere a semplificazioni (rilevante, ad esempio, la possibilità per i datori di lavoro che occupano fino a 10 lavoratori di autocertificare l avvenuta valutazione dei rischi) o, al contrario, per stabilire l assoggettabilità ad un determinato regime più rigoroso. Le aziende artigiane sono caratterizzate da un indice di rischio ( che esprime il rapporto fra infortuni indennizzati e addetti) decisamente più alto rispetto a quello delle aziende di tipo industriale: infatti da una media di quasi 30 infortuni indennizzati per mille addetti delle aziende industriali, si passa a quasi 38 per quelle artigiane, che rappresentano il 42% delle aziende assicurate. E da rilevare che nella classe da 1 a 15 addetti, l indice raddoppia a 60,07 e rimane molto elevato, pari a 54,05 anche nella classe da 16 a 30 addetti. Per le aziende industriali non sembra riscontrarsi, tranne che in particolari settori, una influenza decisiva sui livelli di rischio da parte della dimensione aziendale. Un altro aspetto rilevante per l analisi del fenomeno è quello che riguarda la forma contrattuale del lavoratore; le due principali forme di lavoro atipico che si sono affermate in questi ultimi anni, i lavoratori interinali (o a somministrazione di lavoro ) e i lavoratori 10 Casi mortali - Si classificano per data di avvenimento dell evento che ha causato la morte. Si considerano solo quei casi in cui il decesso sia sopravvenuto entro 180 giorni dalla data dell evento; sono esclusi i casi che al momento dell elaborazione risultino chiusi negativamente entro 180 giorni dalla data dell evento in quanto non di origine professionale. 24

25 parasubordinati (lavoratori autonomi che esercitano un attività di collaborazione coordinata e continuativa o a progetto) sono quelle che hanno fatto registrare nell anno 2007 sensibili incrementi in termini di infortuni (+ 13,6% e + 5,6% rispetto al 2006). La situazione è analoga per quanto riguarda l andamento degli infortuni mortali. Questo ultimo aspetto evidenzia come precarietà e insicurezza possano rappresentare un drammatico connubio. A tale proposito si riporta una considerazione del sociologo Luciano Gallino: La frammentazione pianificata dei processi produttivi in imprese e squadre di lavoro sempre più piccole, collegate da lunghe catene di esternalizzazioni a cascata e sub-appalti, disincentiva la formazione alla sicurezza. E in molti casi la rende tecnicamente inattuabile Allo stesso effetto operano i contratti di lavoro atipici, in specie quelli con durata di pochi mesi Il tempo e la stabilità dell occupazione sono indispensabili per la formazione alla sicurezza. (G. Pagliarini, P.Repetto, 2008, p35) L INAIL rileva che il bilancio infortunistico per l anno 2007 si presenta migliore rispetto a quello dell anno precedente, sia per l andamento generale del fenomeno, con una flessione dell 1,7% degli infortuni denunciati che per il numero degli infortuni mortali che sono stati del 10% inferiori al L analisi tendenziale di medio periodo, che prende in considerazione gli anni dal 2001 al 2007, conferma l andamento decrescente del fenomeno infortunistico, con un tasso medio annuo di variazione pari a 1,8%. A conclusione di questa breve rassegna sui dati infortunistici, occorre ricordare che la stessa INAIL sottolinea che in Italia si stimano almeno infortuni all anno mai denunciati. Ciò dipende soprattutto dalla grande diffusione del lavoro nero e irregolare. Per tale ragione, nonostante i dati ufficiali sugli infortuni totali siano in flessione, è importante mantenere l attenzione sul dato certo, quello del numero delle morti bianche che, comportando inevitabilmente la denuncia, è da considerarsi il riferimento più attendibile. 2.3 Il sistema di rilevazione nell Unione Europea In sede comunitaria, i dati relativi agli infortuni sul lavoro sono elaborati dall Eurostat, l Ufficio di statistica dell Unione Europea. Ad oggi, le analisi fornite dall istituto risentono della differente modalità con cui i diversi Paesi dell Unione rilevano gli infortuni (fonti assicurative vs fonti sanitarie) ed anche i diversi criteri di inclusione utilizzati (ad esempio, inclusione vs esclusione di settori produttivi e tipologie di evento). Ciò determina un oggettiva incomparabilità dei dati relativi alle diverse nazioni dell Unione; se questo potrebbe non essere un problema per chi è 25

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