la Via del Mosaico Gli specchietti delle allodole

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1 la Via del Mosaico NEWSLETTER DELL ASSOCIAZIONE PER IL RISPETTO ISTITUZIONALE PROFESSIONALE ED AMBIENTALE Anno III, Numero 21 Torino, 30 Novembre 2006 pag. 1 di 6 Gli specchietti delle allodole Il nostro Muletto di redazione solitamente provoca o, meglio, mette in pista idee provocatorie per saggiarne l impatto nelle cerchia degli associati che spesso interagiscono con risposte altrettanto urticanti. Così è stato per l apertura della newsletter N 19 con Perché l Italia non ha bisogno di nuovo riformismo e qui, volendo essere equidistanti o volendo completare il punto di vista del nostro Muletto, prendiamo in considerazione l altra definizione che a nostro avviso fa da contraltare al riformismo del centrosinistra e che è data dai cosiddetti moderati del centro-destra. Poiché propriamente l attributo di moderato attiene alla qualità di un attore o del modo con cui si compie un azione, a noi pare che definire un identità politica mediante una modalità derivata da Segue in ultima Sommario 1. Gli specchietti delle allodole. Recensione Libri 2. Luciano Gallino, L impresa irresponsabile Einaudi Botte e Risposte 4 Prencipe versus Tabacci. Recensione libri 6 Novembre Luciano Gallino L impresa irresponsabile Einaudi Editore. Dibattito a cura dell Accademia delle Scienze di Torino. Dopo l introduzione del Professor Angelo Raffaele Meo, neo presidente dell Accademia, il Prof. Gastone Cottino, intervenendo dal punto di vista giuridico, rileva come con la globalizzazione e la conseguente delocalizzazione delle aziende ci sia stato un cambiamento radicale non solo per i modi di finanziamento, ma nella stessa filantropia aziendale che in tempi passati garantiva una qualche legittimazione aziendale atta a migliorare la sua capacità concorrenziale. In questo campo occorre considerare che sin dai tempi di Bismark e Beveridge le imprese furono piegate alla necessità di contribuire alle assicurazioni sociali dei propri dipendenti. E tutto ciò pur avendo in dottrina molti autori, a partire da Buchanam, che erano e sono contrari ad affidare questi pesi sociali alle imprese e dichiarano che è immorale fare filantropia in quanto il compito delle aziende è solo quello di massimizzare i profitti al fine dello stesso benessere collettivo. Secondo Cottino, pur dicendosi molto scettico sull effettiva possibilità di realizzazione, rileva che Gallino cerca di superare questi ed altri barrage proponendo che per via legislativa si imponga che gli statuti aziendali siano del tutto trasparenti nei riguardi del mercato finanziario e di quanto le aziende si prefiggono di produrre, compresi i dati riguardanti l inquinamento e non rispondenti agli standard di una buona qualità ambientale. Il Prof. Cottino conclude segnalando come l autore nel suo libro offra un quadro completo di ciò che sono o dovrebbero essere le maggiori imprese mondiali.

2 N 21 la Via del Mosaico Pag 2 di 6 A questo intervento segue una puntuale disanima economica condotta con grande dovizia di dati e citazioni dal Prof. Giovanni Zanetti. Zanetti afferma che Gallino esamina i rapporti dell impresa con i suoi attori e con quelli che possono essere colpiti e danneggiati dalla sua attività, individuandone la radice nel dato strutturale del capitalismo che, come tale, si ritiene irresponsabile delle conseguenze rispetto al futuro. Gallino propone delle linee correttive rispetto a ciò che è accaduto negli anni 60 e 70 in cui ad una minore redditività delle imprese è corrisposto un maggior valore delle imprese stesse. Secondo Gallino ciò si è verificato in quanto il valore delle imprese è stato determinato più da pratiche illecite che non dall assunto che quel valore dovrebbe essere dato dalla produzione di reddito. Ciò è stato possibile in quanto:- In un decennio si è ampliato enormemente il potere manageriale rispetto a quello proprietario, accentuato dal fatto che le produzioni complesse hanno favorito il take over con le diversificazioni e l ampliamento della ricerca. La finanziarizzazione in sostituzione del processo di produzione propria dell impresa, porta ad avere investitori diversi, compresi quelli istituzionali. Tutto ciò determina delle forme di responsabilità estesa che portano alle delocalizzazioni ed a precarizzazioni varie. Se Gallino è forse pessimista rispetto alle imprese italiane, è certo però che vi può essere un uso perverso di tale meccanismo senza peraltro arrivare al complesso di NO che la società civile italiana pare mettere in atto rispetto ad ogni innovazione, si tratti di Tav o di altro aspetto di modernizzazione. Si tratta di un libro denso e duro che susciterà polemiche, afferma il Prof. Arnaldo Bagnasco evidenziando come la sociologia permetta di esaminare come gli attori dell economia aziendale, come i proprietari, i manager, il capitale azionario e manageriale, nelle aziende odierne si sia combinato in modi diversi con gli investitori istituzionali come i fondi d investimento, fondi pensione e banche d affari. Di fronte a questo cambiamento di regime non è possibile fare delle analisi secondo le categorie residue dele aziende rette dal capitale familiare o poco più, mentre invece occorre pensare che il capitalismo del cosiddetto postfordismo è sregolato e dunque occorre regolarlo. Esemplare come in questo processo le classi medie siano sacrificate e, seguendo l analisi di Krugman, se il sistema del welfare si è inceppato, occorrerà giungere ad una nuova specie di contratto sociale. A questi stimoli del dibattito il Prof. Gallino risponde spiegando come il suo libro prenda origine dagli scandali finanziari ed industriali che tra il 2000 ed il 2003 negli Stati Uniti sono arrivati alla somma di circa 160 casi che, di colpo, hanno rivelato debiti astronomici con il quasi fallimento di alcune imprese di dimensioni mondiali. Le magistrature hanno messo in chiaro come si sia trattato di comportamenti fraudolenti di manager ed analisti e di tutto ciò si è cercata una spiegazione in relazione al fatto che ciò possa ripetersi. Rispetto allo scetticismo del Prof. Cottino circa l efficacia di rimedi giuridici, Gallino conferma che la governance aziendale non collima con la responsabilità sociale dell impresa e, pur non essendoci industria che non abbia un codice etico, pare che i due aspetti non tendano ad un avvicinamento. Eppure negli S.U., visto che i cani da guardia delle società di revisione non avevano segnalato quanto di improprio stava avvenendo, sono state previste procedure di controllo più severe per analisti e Merchant Banks, così come in Francia si è adottato un codice etico che prevede il carcere come previsto per chi usa fare false dichiarazioni dei redditi. Per quanto riguarda il pessimismo citato da Zanetti, Gallino rileva come negli ultimi quarant anni e con una crescita continua, gli investitori istituzionali abbiano raggiunto una cifra di investimenti pari a 48 mila miliardi di dollari, con ciò superando il valore del Pil mondiale. Gli investitori istituzionali di diversa grandezza sono rappresentati da un numero che oscilla tra le e le unità, ma i fondi pensione a dimensione mondiale son solo 20 divisi tra S:U: e Giappone. Tali istituti svolgono azione legittima e perseguono la difesa e lo sviluppo dei risparmi dei loro associati, ma sono proprietari o incidono in modo preponderante sulla metà delle aziende mondiali, rispondendo solo ad una decina di responsabili: forse, conclude Gallino, è giunto il momento di ragionare sull immenso potere che detengono questi responsabili le cui decisioni, al di là delle migliori intenzioni, possono portare ad eventi imprevisti e dannosi. La redazione. Torino, 6 Novembre 2006.

3 N 21 la Via del Mosaico Pag 3 di 6 Botte & risposte Abbiamo ricevuto il commento dell amico Dr. Prencipe che volentieri pubblichiamo in quanto offre una testimonianza diretta rispetto ai problemi di un settore della nostra università ed anche perché offre uno stimolo al dibattito interno all associazione, sempre opportuno ma quanto mai utile nel momento in cui ci avviamo a realizzare il sito del Mosaicoweb. La questione Università Commento all intervento dell on Tabacci durante il convegno di Saint Vincent riportato a pag. 6 de "La via del Mosaico N 20. In primo luogo, un politico che parli di "facoltà di matematica" ("[...] alla facoltà di matematica per cui [...]") non deve aver ben chiaro quale sia l'ordinamento universitario italiano: la facoltà di matematica non esiste! Esiste (o esistono) uno o più corsi di laurea in matematica all'interno della facolta di Scienze Matematiche Fisiche Naturali (mfn). Il numero " " si riferisce probabilmente al numero totale di iscritti alla suddetta facoltà, suddivisi nei vari corsi di laurea: matematica, informatica, chimica, chimica industriale, fisica, scienza dei materiali, scienze della terra, scienze naturali, biologia, scienze e tecnologia dei beni culturali; questi sono i corsi di laurea "triennali" attivati a Scienze mfn, a Torino; poi esistono più di 25 lauree "magistrali" (biennio successivo alla triennale) che fanno capo alla stessa facoltà; il numero e il tipo di corsi attivati non è comunque necessariamente lo stesso in tutti gli atenei italiani. Ancora, poichè la facoltà di scienze esiste solo all'interno dell'università e non al politecnico, intendo che la cifra si riferisca alla sola università; tuttavia nell'articolo citato si continua con "... per cui dovremo poi importare ingegneri, matematici dalla Cina e dall'india...", però il numero di studenti di ingegneria (quindi "politecnico") non dovrebbe essere incluso in quei Quanto sopra potrebbe sembrare una mia "pignoleria"! Ebbene, lo ammetto, sono pignolo, pedante, noioso! Però a me sembra che la confusione tra "corso di laurea" e "facoltà" (o addirittura tra "università" e "politecnico": un chimico non è un "ingegnere chimico", e/o viceversa) sia indicativa di una non conoscenza generalizzata della struttura universitaria e della sua funzione; ma allora mi chiedo quale sia il valore da assegnare a tutte le altre affermazioni, in merito all'università, del politico in questione. Per parlare (con autorevolezza) di un certo argomento, non bisognerebbe conoscerlo a fondo? Ci si lamenta del basso numero di iscritti a scienze mfn; in effetti sono pochi, visti tutti i corsi di laurea che la facoltà comprende, rapportati ai di scienze della comunicazione (che non ha nulla che vedere con scienze mfn, se non la parola "scienze", e che è un corso di laurea attivato presso la facoltà di lettere e filosofia, almeno a Torino; quindi si stanno confrontando gli iscritti a tutta una facoltà, quella di scienze mfn, con quelli di un corso di laurea). E' da dire che molti dei laureati, anche a pieni voti, che escono dalla facoltà di scienze mfn, non trovano poi lavoro nei settori di loro competenza, ma vanno a fare altro (ove magari non serve neppure avere una laurea) o sono costretti a "emigrare" all'estero (la famosa "fuga dei cervelli" di cui tanto si parla). A che servirebbe dunque incrementare il numero di laureati in scienze, se il mercato del lavoro italiano non è assolutamente in grado di assorbire i laureati di oggi? Inutile dire che attualmente nessun ingegnere, matematico, chimico o fisico cinese si è visto da queste parti o, almeno, non nella "veste" di ingegnere, matematico, chimico o fisico... magari ti può capitare di incontrare un matematico rumeno che fa il raccoglitore di pomodori a Salerno! Certamente, considerate le difficoltà oggettive che si incontrano nell'affrontare studi scientifici, non stupisce che tutti coloro che intendano laurearsi tanto per avere il classico "pezzo di carta" in tasca, scelgano corsi di laurea meno impegnativi, dal momento che

4 N 21 la Via del Mosaico Pag 4 di 6 una laurea scientifica non garantisce un posto di lavoro più di qualunque altro corso di studi. Il problema non sta tanto nell'università, quanto nell'industria italiana che è estremamente arretrata rispetto a quella di molti altri Paesi: in Italia non c'è dialogo tra ricerca universitaria e industria perché quest'ultima preferisce puntare su prodotti di bassissimo valore aggiunto, che non richiedono alcuno sforzo o investimento economico "rischioso" (si sa, la ricerca può non dare risultati "immediati"). Dovesse l'industria decidere (da sola o spinta da una politica mirata) di investire sulla ricerca, aumenterebbe inevitabilmente la richiesta di laureati in discipline scientifiche, e avremmo forse così meno psicologi a spasso e più fisici al lavoro, con un incremento della capacità produttiva ad alto valore aggiunto, anche in termini di brevetti da vendere all'estero (e non solo da comprare...). Ma per ora così non è e, ribadisco, questo non è certo un problema dovuto all'attuale basso numero di iscritti alle facoltà scientifiche. Su questo punto, infine, è ancora da notare che la riduzione delle iscrizioni alle facoltà scientifiche non si registra solo in Italia, ma si ha in quasi tutti i Paesi occidentali (al contrario di quello che capita in Oriente). Tabacci lamenta la licealizzazione dell'università, l'incremento del numero di atenei e (in ciascuno di questi) del numero di cattedre e dei professori, che "si inventano gli insegnamenti più strani". In questo c'è qualche verità e qualche palese falsità ("palese" a chi conosce il mondo universitario...): 1) La licealizzazione non è certo colpa dell'università ma delle riforme che nel corso degli anni ci sono state imposte senza nemmeno consultarci e prendere in considerazione le proteste che venivano da gran parte del corpo docente (soprattutto quello scientifico). Mi riferisco alla riforma che ha introdotto le lauree triennali, quelle magistrali e il sistema dei "crediti". Ancora, la licealizzazione è pure conseguenza del trend ormai consolidato nella scuola primaria e secondaria, per cui i ragazzi studiano poco, anzi nulla, e si diplomano comunque; tutto questo con il benestare dei vari Ministeri (di oggi e di "allora"), dei Provveditori, dei Presidi e di una parte del corpo insegnante che, oltremodo influenzato da certa "psicologia", ritiene mutato il ruolo della scuola: a scuola non si va per imparare a leggere, a scrivere; non si va per imparare la grammatica, il latino, la storia, la matematica o la fisica; non si va neppure per imparare a "ragionare"... a scuola si va per imparare a stare insieme, per imparare a relazionarsi con gli altri... (cose da me effettivamente sentite o lette, dette o scritte da numerosi insegnanti sia delle scuole medie, sia delle superiori; eppoi basta farsi un giro su Internet, per esempio sul "newsgroup" it.istruzione.scuola per rendersi conto della situazione). Tutto bene! Peccato che poi una frazione considerevole dei futuri universitari non sappiano proprio nulla di chimica, fisica, matematica e non sappiano fare un ragionamento che vada al di là di "piove, quindi prendo l'ombrello perchè altrimenti mi bagno" (che è la cosa più grave, il "non saper ragionare", intendo, non "il bagnarsi"!) e siano più adatti a corsi di laurea infarciti di "chiacchiere", piuttosto che a quelli nei quali logica, pensiero formale e matematica siano strumenti fondamentali di studio e di lavoro. In una situazione simile, se si vuole evitare una ulteriore riduzione del numero di iscritti a scienze mfn (anche se secondo me non sarebbe poi un gran danno: meglio pochi ma buoni), si deve ridurre il "tiro" dei corsi e mettere in atto quelle misure che portano inevitabilmente alla licealizzazione. 2) L'incremento degli atenei è una realtà che andrebbe fortemente contrastata (qui Tabacci ha ragione). Ma in questo caso, insieme all'università c'entrano Stato, Regioni e Province (come organi di governo) che finanziano operazioni del genere, fatte non per il "bene" degli studenti, ma per il bene di qualcun altro... 3) Il numero di cattedre non prolifera affatto! Prolifera invece il numero di insegnamenti, ma quest'ultimo non coincide col numero di cattedre. La creditizzazione e il nuovo ordinamento didattico hanno imposto lo "spezzettamento" dei vecchi corsi annuali o semestrali in una pletora di piccoli corsi mensili o, al più, bimestrali. Se prima un corso di laurea prevedeva 20 esami, oggi lo stesso ne prevede 50! E' aumentato a dismisura il numero di corsi, ma i docenti (e le ore di

5 N 21 la Via del Mosaico Pag 5 di 6 lezione complessive che fanno) sono sempre gli stessi. Per esempio, io ho 5 corsi (cristallografia a matematica, cristallo-chimica a scienze geologiche e 3 corsi di microscopia elettronica a scienza dei materiali) e non ho evidentemente 5 cattedre... Ancora, è da aggiungere che lo stipendio di un docente universitario non è funzione del numero di corsi che tiene: lo stipendio è fisso e, molto spesso, parte dell'attività didattica sarebbe classificabile come "volontariato" visto che il numero di ore di lezione "frontale" (oggi si chiama così) supera di gran lunga quello imposto per legge (nel mio caso faccio più del doppio del numero di ore che sarei tenuto a fare). Il mio caso, a scienze mfn, è la norma e non l'eccezione; ma questo, Tabacci forse non lo sa! Mauro Prencipe Torino, 22. Novembre Dalla prima pagina un aggettivazione stia a significare una condizione in cui le più diverse scelte diventano possibili rispetto ai vincoli che via via dovrebbero denotare l unicità di singole decisioni politiche. Indubbiamente l indeterminatezza del termine moderati deriva certamente dalla deideologizzazione del panorama politico italiano, dalle proliferazione pseudo partitica favorita dalla legge elettorale e dall abnorme finanziamento pubblico di partiti e parlamentari che, solamente per il fatto di far parte dei gruppi misti, ricevono emolumenti in grado di finanziare gruppi locali al solo fine della propria rielezione. In buona sostanza il termine di partito moderato non rappresenterebbe altro che uno specchietto delle allodole per eleggere personaggi che, liberi da impegni qualsivoglia di concretezza ed appartenenza politica, perseguono il solo interesse personale. Dunque se il termine moderato di per sé non indica una politica da seguire, è pur vero che a suo tempo sia la quercia per il Pds che l ulivo di Prodi sono stati i primi esempi di annacquamento di identità originarie senza procedere a scelte che avrebbero potuto interpretare tali identità in termini aggiornati. I Ds avrebbero potuto da subito diventare la componente italiana del Partito Socialista Europeo e l Ulivo di Prodi avrebbe potuto essere la nuova aggregazione democratica caratterizzata da libertà e modernità: ciò non è stato ed il risultato è che oggi i due aggregati politici sono costretti a discutere sul futuribile di un partito democratico che non c è e se ci fosse non si saprebbe se gli scopi ultimi coinciderebbero con quelli dei partiti socialisti europei, se in Italia esprimerebbero le istanze dei Liberaldemocratici dei paesi nordici o ancora se assumerebbero una aggiornata valenza di mediazione fra ceti diversi. Ecco, non credo che gli specchietti per le allodole delle aggettivazioni riformiste, moderate o democratiche, possano costituire dei solidi e duraturi poli di attrazione su cui costruire delle nuove identità politiche credibili ed in grado di affrontare l attuale disgregazione politica ed istituzionale. Solo il riconoscere le origini profonde di ciascuna aggregazione ed il modo di porsi nei confronti dei problemi della società attuale di ciascuna proposta politica potrà ricostituire partiti ed identità in grado di superare l attuale situazione di stallo e permettere di stabilire nuove regole generali quali sono la legge elettorale e la riforma della seconda parte della costituzione. Infine poiché pare che gli attuali schieramenti politici non siano in grado di operare in questa direzione visto quel che hanno realizzato a partire dagli anni 1990, sarà nuovamente la società civile a dover dare una spinta perché ciò si avveri. Due fatti dovrebbero agevolare questo risveglio della società civile: lo scioglimento del correntone della sinistra Ds guidata da Mussi e Salvi, dovrebbe agevolare la rinascita di una identità di matrice socialista in grado di unificare la più parte del popolo della sinistra, mentre, per altro verso più generale, la proposta Guzzetti, spostando il premio di maggioranza dalle coalizioni al partito maggioritario, dovrebbe finalmente chiarire chi comanda chi e che cosa fare, impedendo l attuale indistinto coacervo trasformistico sia di centro-destra che di centro-sinistra. Giuliano Orlandi Torino, 10 Novembre 2006.

6 N 21 la Via del Mosaico Pag 6 di 6 Per seguire le idee e la cronaca delle attività dell associazione consultate il Sito Per difficoltà varie è pubblicato in forma del tutto provvisoria e molte pagine non sono completate : per evitare inutili perdite di tempo nella consultazione, inviateci la Vostra in modo che al suo completamento Vi si possa informare adeguatamente. Le nuove ragioni del Abbiamo 60 anni di "ragioni",.da verificare ed inverare nell'oggi! Contattaci e sostieni l iniziativa! Associazione culturale per il rispetto istituzionale, professionale ed ambientale L associazione il Mosaico è stata registrata il ed opera attraverso i suoi organi secondo quanto stabilito nel proprio statuto Il Mosaico - c/o Via Tonello 14 Torino lavia_mosaico@tiscali.it

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