Suprema Corte di Cassazione Sezione lavoro sentenza n del 3 dicembre febbraio 2005, n Svolgimento del processo

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1 Suprema Corte di Cassazione Sezione lavoro sentenza n del 3 dicembre febbraio 2005, n Svolgimento del processo 1. Con ricorso depositato il 2 febbraio 1988 A. M., insegnante elementare, sostenendo di aver lavorato alle dipendenze dell amministrazione di F. F. dal 1 settembre 1964 all agosto del 1987 con molteplici mansioni (gestione del patrimonio, riscossione dei canoni, vendita dei frutti pendenti, stipulazione di locazioni), poi estese a procedure di trasformazione agraria (mutui, finanziamenti agevolati, prestiti di conduzione, contatti con enti pubblici, imprese, tecnici, legali) ed inquadrabili nel livello di impiegato di concetto di gruppo uno, ed aggiungendo di essere stato licenziato senza preavviso, chiese che il Pretore di Vibo Valentia in funzione di giudice del lavoro dichiarasse l esistenza dei rapporto di lavoro subordinato con l indicata qualifica, condannasse la predetta amministrazione al pagamento della somma di lire comprensiva di rivalutazione (oltre a successiva rivalutazione ed interessi, per differenze retributive, indennità per ferie non godute, lavoro straordinario e festivo, 13a mensilità per l anno 1987, 14 mensilità, Tfr ed indennità di preavviso), e condannasse la stessa amministrazione a pagare a favore dell Istituto nazionale della previdenza sociale (Inps) e dell Enpaia, la somma di lire per contributi previdenziali dichiarando gli stessi istituti obbligati ad accettare la contribuzione, ed in subordine condannasse l indicata amministrazione al risarcimento del danno ex articolo 2116 Cc, oltre alle spese del giudizio. Con sentenza del 6 aprile 1993 il Pretore condannò l amministrazione a pagare al ricorrente la somma di lire con rivalutazione ed interessi, e di lire per il danno causato dall omessa contribuzione dal l agosto 1964 al 12 maggio 1978, ed a versare all Inps ed all Enpaia i contributi dovuti dal 13 maggio 1978, con le spese del giudizio. 2. Con sentenza del 7 agosto 1996 il Tribunale di Vibo Valentia, parzialmente accogliendo l appello proposto da G.F.F., dichiarò che dalla somma liquidata doveva essere detratta la somma di lire (con conseguente rivalutazione) nel resto confermando l impugnata sentenza. 3. Per la cassazione di questa sentenza ricorreva F.F.F., procuratore generale di G.F.F., con cinque motivi di impugnazione. In particolare con il quinto motivo, denunciando violazione dell articolo 2094 Cc, il ricorrente sosteneva che il Tribunale aveva ignorato l impossibilità di coesistenza, anche per assoluta inconciliabilità storica e logica del rapporto di pubblico impiego con un rapporto di lavoro subordinato. Aveva poi ritenuto l esistenza del contratto di lavoro subordinato, non accertando preliminarmente la volontà delle parti (nel suo contenuto e nella sua direzione) e non esaminando come l attività di insegnante elementare potesse coesistere con un attività continuativa ed a tempo pieno, con il luogo e con gli orari del lavoro; ed aveva ritenuto di ravvisare elementi sintomatici della subordinazione nel luogo della prestazione, pur in assenza d un orario fisso, del pagamento d un corrispettivo mensile (che non era stato detratto dalle somme accertate come retribuzione dovutagli), e della sostanziale indeterminatezza di compiti e mansioni, affidate alla scelta ed alla libera interpretazione del Mesiano. 4. Questa Corte (Cassazione, Sezione lavoro, 2171/00) - pronunciandosi nel contraddittorio con il Mesiano, che resisteva con controricorso, nonché con l Inps e l Enpaia - ha ritenuto preliminare l esame del quinto motivo poiché avente per oggetto la stessa ipotizzabilità del rapporto di lavoro in controversia e - nell affermare che la trasgressione, da parte del pubblico dipendente, del divieto di svolgere un attività retribuita alle dipendenze dei privati può comportare sanzioni disciplinari, ma non implica l invalidità del contratto di lavoro privato stipulato in violazione del divieto e non esclude quindi che tale contratto produca i suoi normali effetti anche sul piano previdenziale e assistenziale - ne ha accolto uno specifico profilo, quello attinente alla censura relativa all assenza dell assoggettamento del prestatore e delle direttive del datore. In particolare ha affermato il principio per cui nelle situazioni ove, per la particolare attività (come in alcune forme di lavoro in agricoltura), alcuni aspetti (orari, mansioni) non assumono natura rigida, il mero inserimento del lavoratore nell azienda non è parametro di qualificazione della Pag. 1 a 6

2 subordinazione, né può costituire elemento esclusivo per dedurre la subordinazione stessa; il parametro di qualificazione si risolve necessariamente negli elementi (non diversamente deducibili) dei quali l inserimento è mera conseguenza: la sussistenza e la permanenza dell obbligo del lavoratore di mantenere a disposizione del datore l attività lavorativa nella sua indifferenziata materialità (come operae ), e la sussistenza e la permanenza del suo conseguente assoggettamento al potere direttivo e disciplinare del datore. La Corte ha quindi accolto il quinto motivo del ricorso, dichiarando assorbiti gli altri, e ha rinviato, anche per le spese, al tribunale di Catanzaro. 5. Il giudizio veniva riassunto da A.M. che chiedeva il rigetto dell appello proposto da F.F. avverso la sentenza del pretore di Vibo Valentia. Costituitosi quest ultimo, insisteva per l accoglimento dell appello ed il rigetto dell originaria domanda proposta dal Mesiano in primo grado. Con sentenza del 30 gennaio - 20 settembre 2001 il tribunale di Catanzaro accoglieva l appello ed in parziale riforma della sentenza impugnata condannava F.F.F. al pagamento, in favore di A.M., della complessiva somma di lire , oltre interessi e rivalutazione monetaria; confermava nel resto la sentenza impugnata e provvedeva sulle spese. 6. Avverso questa pronuncia ricorre per cassazione A.M. con otto motivi di ricorso. Resiste l intimato con controricorso ed ha anche proposto ricorso incidentale articolato in due motivi. Entrambe le parti hanno presentato memorie. Motivi della decisione 1. Il ricorso principale è articolato in otto motivi. Con il primo motivo il ricorrente denuncia la violazione e falsa applicazione dell articolo 2909 Cc e degli articoli 324 e 384 Cpc. Secondo il ricorrente questa Corte nella menzionata sentenza rescindente avrebbe statuito anche sull orario di lavoro del M. rigettando le censure proposte dal F.F e r. g. n. 5 ud. 3 dicembre 2004 Con il secondo motivo il ricorrente deduce l illogicità e contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata quanto all orario di lavoro ed al lavoro straordinario. Evidenzia che dall istruttoria svolta era emerso che il M. era sempre presente nell azienda agricola del F.F.. Inoltre il ricorrente contestava l asserita insufficienza della prova del lavoro straordinario svolto. Con il terzo motivo il ricorrente deduce l illogicità e contraddittorietà della motivazione della sentenza impugnata quanto alle ferie, oltre che violazione e falsa applicazione dell articolo 2909 Cc. Secondo il ricorrente la possibilità di assentarsi per le ferie era meramente astratta e teorica. Inoltre i testi avevano riferito in ordine alla presenza del M. anche nel periodo estivo. Con il quarto motivo il ricorrente denuncia ancora vizio di motivazione della sentenza impugnata quanto alla determinazione della retribuzione ex articolo 36 Costituzione. Il tribunale -osserva il ricorrente - ha utilizzato solo il parametro della sufficienza della retribuzione, ma non anche quello della sua proporzionalità alla qualità del lavoro svolto. Erroneamente poi il tribunale non ha riconosciuto gli accessori della retribuzione (13a, 14a, scatti di anzianità). Con il quinto motivo il ricorrente denuncia la violazione dell articolo 36 Costituzione e dei Dpr 1070/60 per aver il tribunale erroneamente escluso la tredicesima mensilità dal computo della retribuzione proporzionata e sufficiente. Con il sesto motivo il ricorrente denuncia vizio di motivazione della sentenza quanto all ulteriore differenza retributiva calcolata dal tribunale. Il tribunale, nel quantificare tale somma in lire , non indica quali siano state le componenti incluse e quali quelle escluse nel calcolo suddetto. Con il settimo motivo il ricorrente denuncia la violazione dell articolo 429 Cpc, articolo 1224 Cc, articolo 16 legge 412/91, articolo 22 legge 724/94. Erroneamente il tribunale ha fatto decorrere rivalutazione monetaria ed interessi dalla cessazione del rapporto (11 agosto 1987). Con l ottavo motivo di ricorso il ricorrente si duole dell erronea ed ingiustificata compensazione delle spese per due terzi. Pag. 2 a 6

3 2. Il ricorso incidentale è articolato in due motivi. Con il primo motivo il ricorrente incidentale si duole della violazione dell articolo 36 Costituzione e dell articolo 2099 Cc nella determinazione della retribuzione sufficiente. Con il secondo motivo il ricorrente incidentale deduce vizio di motivazione della sentenza impugnata per non aver tenuto conto in detrazione di quanto già versato in esecuzione della sentenza d appello, poi cassata. 3. Vanno preliminarmente riuniti i giudizi aventi ad oggetto il ricorso principale e quello incidentale, in quanto proposti nei confronti della medesima sentenza impugnata. 4. Il primo motivo del ricorso è manifestamente infondato, atteso che questa Corte nella citata sentenza del 2171/00, ha deciso unicamente sul quinto motivo di ricorso, che riguardava la contestata natura subordinata del rapporto, dichiarando assorbiti gli altri, tra cui quello che recava la censura riguardante l orario di lavoro. Nessun giudicato interno o preclusione si è quindi formata, contrariamente a quanto ritiene la difesa del ricorrente. 5. Infondato è poi il secondo motivo del ricorso. Questa Corte (Cassazione, Sezione lavoro, 1389/03) ha già affermato, e qui ribadisce, che il lavoratore che chieda in via giudiziale il compenso per il lavoro straordinario ha l onere di dimostrare di aver lavorato oltre l orario normale di lavoro, senza che l assenza di tale prova possa esser supplita dalla valutazione equitativa del giudice; la valutazione sull assolvimento dell onere probatorio costituisce accertamento di fatto incensurabile in sede di legittimità, se correttamente e logicamente motivato. Nella specie il tribunale con motivazione sufficiente e non contraddittoria ha ritenuto non raggiunta tale prova; valutazione questa, eminentemente di fatto, che non è censurabile in cassazione. Va in proposito ribadito che il vizio di insufficiente motivazione di una sentenza sussiste allorché la sentenza impugnata mostri, nel suo insieme, una obiettiva deficienza del criterio logico che ha condotto il giudice di merito alla formazione del proprio convincimento mentre il vizio di contraddittoria motivazione, anche esso denunziabile in cassazione, presuppone invece che le ragioni poste a fondamento della decisione risultino sostanzialmente contrastanti in guisa da elidersi a vicenda e da non consentire l individuazione della ratio decidendi, e cioé l indentificazione del procedimento logico-giuridico posto alla base della decisione adottata; tali vizi non sussistono quando il giudice abbia semplicemente attribuito agli elementi vagliati un significato non conforme alle attese ed alle deduzioni della parte ( cfr. ex plurimis : Cassazione 914/96; Cassazione 6868/94 sulla motivazione contraddittoria; Cassazione 131/83). Questa Corte ha inoltre ripetutamente statuito che la denunzia del vizio di cui all articolo 360 n. 5 Cpc non conferisce alla Corte stessa il potere di riesaminare e valutare autonomamente il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica - in relazione ad un punto decisivo della controversia prospettato dalle parti o rilevabile d ufficio - le argomentazioni svolte dal giudice di merito, al quale spetta esclusivamente individuare le fonti del proprio convincimento, di esaminare le prove, controllarne l attendibilità e la concludenza, scegliere tra le risultanze istruttorie quelle ritenute più idonee a dimostrare i fatti in discussione, dare la prevalenza all uno o all altro mezzo di prova, salvo i casi tassativamente previsti dalla legge ( cfr. tra le tante: Cassazione 11154/95; Cassazione 3205/95; Cassazione 7054/86). 6. Infondato è anche il terzo motivo. La sentenza impugnata si è adeguata al principio di diritto affermato da questa Corte (Cassazione, Sezione lavoro, 10956/99) secondo cui il lavoratore che agisce in giudizio chiedendo la retribuzione per le ferie non godute deve provare il fatto costitutivo del diritto azionato, ossia il mancato godimento delle ferie, trattandosi di azione non contrattuale, ma di natura risarcitoria. Il ricorrente non contesta in realtà tale principio, ma deduce che in concreto dalla risultanze istruttorie emergerebbero elementi per ritenere che la presenza del Mesiano nell azienda agricola non poteva che essere costante e quindi egli non poteva aver goduto affatto delle ferie. Si tratta ancora una volta di una valutazione in fatto non deducibile in cassazione e che si contrappone meramente all assunto della sentenza impugnata, secondo cui invece dalle risultanze istruttorie non risultavano univoci elementi per ritenere induttivamente che il Mesiano non avesse mai goduto di ferie. Pag. 3 a 6

4 7. Fondati sono invece, per quanto di ragione, il quarto ed il quinto motivo, che possono essere esaminati congiuntamente in quanto oggettivamente connessi. Questa Corte ( ex plurimis Cassazione, Sezione lavoro, 7383/96) ha affermato che, nel determinare la retribuzione proporzionata e sufficiente, ai sensi dell articolo 36 Costituzione, il giudice di merito può legittimamente assumere i minimi salariali del contratto collettivo nazionale quali parametro di riferimento secondo una valutazione non censurabile in cassazione. Correttamente pertanto il tribunale di Catanzaro - una volta accertata l inapplicabilità al rapporto dedotto in giudizio della contrattazione collettiva di categoria - ha fatto riferimento ai minimi contrattuali quale parametro di riferimento per quantificare la retribuzione proporzionata e sufficiente. Questa valutazione, in quanto sorretta da motivazione sufficiente e non contraddittoria, non è censurabile in sede di legittimità. E invece censurabile nella misura in cui non ha tenuto affatto conto della tredicesima mensilità Questa Corte ha infatti affermato (Cassazione, Sezione lavoro, 3362/92) - e qui ribadisce - che in sede di adeguamento della retribuzione ai sensi dell articolo 36 Costituzione, il giudice del merito, che assume come criterio orientativo un contratto collettivo di categoria non vincolante per le partì, non può fare riferimento a tutti gli elementi ed istituti che concorrono a formare il complessivo trattamento economico, ma deve prendere in considerazione solo quelli che costituiscono il cosiddetto minimo costituzionale, ferma restando, peraltro, la possibilità di includere in tale minimo la tredicesima mensilità, atteso il carattere generalizzato di tale istituto. Più recentemente Cassazione, Sezione lavoro, 5519/04, ha poi puntualizzato che, in tema di adeguamento della retribuzione ai sensi dell articolo 36 Costituzione, il giudice del merito, anche se il datore di lavoro non aderisca ad una delle organizzazioni sindacali firmatarie, ben può assumere a parametro il contratto collettivo di settore, che rappresenta il più adeguato strumento per determinare il contenuto del diritto alla retribuzione, anche se limitatamente ai titoli contrattuali che costituiscono espressione, per loro natura, della giusta retribuzione, con esclusione, quindi, dei compensi aggiuntivi, degli scatti di anzianità e delle mensilità aggiuntive oltre la tredicesima (la quale invece - deve specificarsi - va a comporre la retribuzione proporzionata e sufficiente), Analogamente Cassazione 12520/04 ha affermato che nell individuare la retribuzione applicabile ai sensi dell articolo 36 Costituzione il giudice di merito può riconoscere a questi la tredicesima mensilità, da considerare per la sua generale applicazione come rientrante nel concetto quantitativo di retribuzione sufficiente e proporzionata al lavoro prestato, ma non anche la quattordicesima, che costituisce un istituto tipico della contrattazione collettiva o individuale ( cfr Cassazione 10465/00). Peraltro proprio in materia di lavoro agricolo - quale quello di specie - questa Corte (Cassazione 6685/91) ha ritenuto che occorre tener conto della tredicesima mensilità al fine di quantificare la retribuzione proporzionata e sufficiente ex articolo 36 Costituzione. Ha infatti affermato che con riguardo al lavoro subordinato agricolo a tempo determinato - per il quale la contrattazione collettiva contempla il cosiddetto terzo elemento che, rapportando a singole giornate lavorative il computo di alcuni istituti retributivi, quali indennità di anzianità, tredicesima mensilità, ferie, serve ad assicurare attraverso un aggiunta percentuale della paga giornaliera il soddisfacimento di diritti inderogabili - il giudice chiamato a determinare la retribuzione sufficiente ex articolo 36 Costituzione, nella ipotesi in cui il datore di lavoro non aderisca alla relativa associazione sindacale, deve tener conto di tale indennità quale unico e inscindibile parametro per la realizzazione dei suddetti diritti. La giurisprudenza di questa Corte ha poi ritenuto l applicabilità generalizzata dell istituto della tredicesima mensilità anche in ragione dell applicabilità della contrattazione collettiva estesa erga omnes in forza della legge 741/59 ( cfr. accordo interconfederale 22 ottobre 1946 per l industria, esteso erga omes con Dpr 1170/60: Cassazione 12263/03; c.c.n.l. 28 giugno 1958 per il commercio, esteso erga omnes con Dpr 481/62: Cassazione 3362/92; inoltre - in materia di lavoro agricolo - cfr. c.c.n.l. 21 ottobre 1958 per gli impiegati delle aziende agricole e forestali, reso efficace erga omnes con Dpr 1010/60: Cassazione 883/85). In conclusione occorre che il giudice, nel quantificare la retribuzione proporzionata e sufficiente ex articolo 36 Costituzione utilizzando i minimi salariali previsti dalla contrattazione collettiva, tenga conto anche della tredicesima mensilità, che erroneamente il tribunale di Catanzaro ha ritenuto di non dover calcolare. Pag. 4 a 6

5 8. Infondato è poi il sesto motivo di ricorso. In disparte il profilo di censura accolto, relativo al quarto e quinto motivo di cui si è appena detto, per il resto la quantificazione della retribuzione proporzionata e sufficiente ex articolo 36 Cost. costituisce tipica valutazione di fatto rimessa al giudice di merito ed incensurabile in cassazione essendo nella specie assistita da motivazione sufficiente e non contraddittoria. 9. E fondato anche il settimo motivo di ricorso. Le Sezioni Unite di questa Corte (Cassazione, Su, 38/2001) hanno affermato - con riferimento ai crediti previdenziali e di lavoro maturati in epoca precedente all entrata in vigore delle leggi 412/91 e 724/94, che introdussero per tali crediti il divieto di cumulo fra interessi e rivalutazione (divieto venuto meno, peraltro, per i crediti di lavoro dei dipendenti privati, per effetto della sentenza della corte costituzionale n. 459 del 2000, che ha dichiarato illegittimo l articolo 22, comma 36, legge 724 del 1994 limitatamente all estensione del divieto ai dipendenti privati in attività di servizio e in quiescenza) - che gli interessi legali devono essere calcolati sul capitale rivalutato, con scadenza periodica dal momento dell inadempimento fino a quello del soddisfacimento del credítore, atteso che, da un lato, la rivalutazione ex articolo 429 c.p.c., mediante il meccanismo dell indicizzazione del credito, tende ad annullare, al pari del «maggior danno» ex articolo 1224 c.c., la perdita patrimoniale del creditore soddisfatto tardivamente (danno emergente), mentre gli interessi liquidano in misura forfetaria e senza bìsogno di prova il mancato vantaggio della liquidità (lucro cessante), e che, dall altro, per il perseguimento di tale duplice finalità, non è necessario, né è previsto da alcuna norma, calcolare gli interessi su un credito superiore a quello che via via matura per effetto della svalutazione monetaria; né il calcolo degli interessi sul capitale comunque rivalutato porta ad un eccesso di tutela del creditore, nel senso che tale calcolo verrebbe ad imporre al debitore un aggravio aggiuntivo - rispetto all obbligo risarcitorio - incompatibile con la funzione meramente riequilibratrice degli interessi legali (c.d. principio di indifferenza), posto che il legislatore, nella formulazione della disposizione di cui al terzo comma dell articolo 429 c.p.c., ha proprio voluto aggiungere ad una ragione risarcitoria una concorrente ragione compulsiva di pena privata, ossia lo scopo di dissuadere il datore di lavoro dalla mora debendi e dalla speranza di investire la somma dovuta e non ancora pagata al lavoratore in impieghi più lucrosi della perdita dipendente dal risarcimento del danno da mora. Erroneamente invece il tribunale di Catanzaro - dopo aver quantificato (senza rivalutarla) la somma spettante al ricorrente a titolo di differenze retributive ex articolo 36 Costituzione - ha ritenuto che interessi e rivalutazione monetaria decorressero dalla cessazione del rapporto, mentre gli stessi - come appena ricordato - decorrono dalla maturazione del diritto ( cfr. anche Cassazione 3563/01). 10. L ottavo motivo del ricorso principale è invece assorbito dovendo la causa essere rinviata in ragione dell accoglimento del quarto, quinto e settimo motivo di ricorso; sarà quindi il giudice di rinvio a provvedere sulle spese di giudizio tenendo conto dell esito complessivo della causa. 11. Infondato è poi il primo motivo del ricorso incidentale. Come già osservato in riferimento al sesto motivo del ricorso principale, correttamente il giudice di merito, al fine di determinare la retribuzione sufficiente e proporzionata ex articolo 36 Costituzione, ha fatto riferimento ai minimi salariali previsti dalla contrattazione collettiva di settore con una valutazione di fatto non censurabile in cassazione. 12. Manifestamente infondato è infine il secondo motivo del ricorso incidentale, atteso che le somme corrisposte dal Froggio Francica al Mesiano in esecuzione della sentenza d appello (poi cassata) non possono che essere calcolate in sede esecutiva. 13. In conclusione del ricorso principale vanno accolti il quarto ed il quinto motivo per quanto di ragione, ossia limitatamente alla tredicesima mensilità, ed il settimo motivo, relativamente alla decorrenza di interessi e rivalutazione; vanno invece rigettati gli altri motivi, assorbito l ottavo. Va poi integralmente rigettato il ricorso incidentale. La sentenza impugnata va quindi cassata in relazione ai motivi accolti e la causa va rinviata, anche per le spese, alla Corte d appello di Reggio Calabria che provvederà all integrazione della retribuzione proporzionata e sufficiente spettante al Mesiano mediante il computo della tredicesima mensilità, nonché alla quantificazione di rivalutazione monetaria ed interessi legali con decorrenza, non già dalla cessazione del rapporto, bensì dalla maturazione del diritto. PQM Pag. 5 a 6

6 La Corte riunisce i ricorsi; accoglie il settimo motivo e, per quanto di ragione, il quarto ed il quinto motivo del ricorso principale; dichiara assorbito l ottavo motivo e rigetta gli altri. Rigetta il ricorso incidentale. Cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche per le spese, alla Corte d appello di Reggio Calabria. Pag. 6 a 6

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