Lunedì 04 Novembre 2013 P. 7 foglio 1/1
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- Gerardina Giada Vitali
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8 Lunedì 04 Novembre 2013 P. 11 foglio 1/1 Piani urbanistico-edilizi: niente freni al commercio Guido Inzaghi La pianificazione urbanistica non può essere utilizzata come un freno alla liberalizzazione delle attività commerciali. Il principio è stato ribadito di recente con la sentenza del Tar Milano n. 2271/2013. I giudici amministrativi hanno chiarito che la pianificazione territoriale non ha il potere di introdurre limitazioni all'insediamento di nuove attività. Fin dalla fase di pianificazione l'inserimento sul territorio di complessi commerciali di ampie dimensioni segue due percorsi autorizzativi: quello urbanistico-edilizio e quello commerciale. La costruzione dei complessi commerciali, quindi, oltre a dover passare necessariamente per il rispetto delle norme urbanistiche locali (ricorrendo quasi sempre alla pianificazione urbanistica attuativa), deve anche rispettare gli scenari di sviluppo o qualificazione della rete di vendita delineati dagli strumenti di programmazione commerciale. Da un lato, infatti, c'è l'esigenza di garantire che lo sviluppo del territorio si svolga in maniera ordinata, dall'altro che le nuove strutture commerciali rispettino le previsioni sulle garanzie dei servizi commerciali, la valorizzazione della rete distributiva, la ponderazione dell'offerta commerciale e così via. Sia i percorsi autorizzativi (edilizio e commerciale) di ciascun singolo intervento che le forme pianificatorie a monte (urbanistica e commerciale) non possono essere scoordinate tra di loro. Diversamente, si correrebbe il rischio di costruire edifici di rilevanti dimensioni destinati a restare vuoti fino a quando gli iter per il rilascio delle autorizzazioni commerciali non si concludano. Il coordinamento tra le forme di pianificazione e programmazione però, si presenta molto delicato. Spesso infatti, accade che previsioni contenute negli strumenti di pianificazione urbanistica incidano su quella commerciale, prevedendo ad esempio limiti territoriali all'inserimento di nuove strutture commerciali. Ma questi interventi si scontrano con i principi di liberalizzazione introdotti dalla Direttiva Bolkestein e recepiti in Italia con il Dlgs 59/2010, risolvendosi in misure anticoncorrenziali, sempre sanzionate dalla giurisprudenza, compreso appunto il Tar Milano. L'evoluzione normativa La liberalizzazione nel settore commerciale ha seguito un tortuoso percorso, spesso connotato da contrasti tra le previsioni regionali e la disciplina nazionale. Infatti, a seguito alla riforma del titolo V della Costituzione, la materia del commercio è stata ricondotta alla competenza legislativa delle Regioni. Questa, tuttavia, deve essere armonizzata con la tutela della concorrenza, di competenza statale (Corte costituzionale, sentenza n. 150/2011). 8
9 Lunedì 04 Novembre 2013 P. 55 foglio 1/1 Mai più offese all ambiente è la svolta eco del cemento NELL ULTIMO TRIENNIO IL COMPARTO ECONOMICO HA INVESTITO 147 MILIONI IN MISURE DI PROTEZIONE DEL TERRITORIO E SICUREZZA DEI LAVORATORI. IL SETTORE È STATO CAPACE DI RIDURRE LE EMISSIONI DI ANIDRIDE CARBONICA DEL 38% NEI 13 ANNI TRA IL 1990 E IL 2012 Luigi Dell Olio Milano N on un semplice greenwashing, ma l impegno a indirizzare un intero comparto economico verso binari di produzione sostenibile. E l obiettivo che si è data Aitec, l associazione che rappresenta i produttori italiani di cemento. In ballo c è il futuro di un settore che non si trova solo a fare i conti con le difficoltà congiunturali, ma anche con una crescente attenzione dei consumatori e delle normative sui temi del rispetto dell ambiente. Da qui la scelta di redigere il primo rapporto di sostenibilità, in collaborazione con Ambiente Italia. Aitec riconosce che la produzione di cemento ha un impatto climatico, energetico e ambientale rilevante per poi rivendicare i benefici prodotti per la collettività, per l ambiente e per l economia, considerato che la stessa opera per il miglioramento delle infrastrutture e dell edilizia, recuperando materiale alternativo e investendo nel territorio. La crisi ha impattato pesantemente su questo settore tra il 2011 e il 2012 i consumi di cemento sono scesi del 22,1% ma i produttori sottolineano di non aver rinunciato a investire per la protezione dell ambiente e la sicurezza dei lavoratori, con 147 milioni messi in campo nel solo ultimo triennio. In realtà, il nodo principale relativo alla sostenibilità per il settore è rappresentato dalle emissioni inquinanti nell ambiente. In particolare, le emissioni dirette di CO2 legate alla produzione del cemento derivano per circa il 60% dalla de carbonatazione, vale a dire il processo di cottura delle materie prime che avviene a temperature molto elevate (1400 C), ma queste non possono essere ridotte in maniera significativa se non attraverso un calo della produzione. Il discorso è differente per quanto concerne il restante 40%, derivante dalla combustione necessaria per raggiungere le temperature elevate richieste dal processo lavorativo. Su questo terreno i produttori possono agire in primo luogo migliorando l efficienza energetica dei propri impianti, quindi limitando il carbonio all interno del mix energetico e cercando di utilizzare più che nel passato i cementi di miscela con un contenuto di clinker ridotto. Su questi punti i produttori sottolineano il proprio impegno, lamentando tuttavia che «il ricorso a maggiori quantità di combustibili alternativi trova una forte opposizione da parte dell opinione pubblica, che spesso non è correttamente informata sugli aspetti tecnici e sui reali benefici di questa comune pratica industriale, già molto diffusa in altri Paesi, soprattutto del nord Europa». In attesa di capire se le stime di (una seppur flebile) ripresa economica si materializzeranno in questo ultimo trimestre, consentendo così al settore di limitare le perdite nell intero 2013, da Aitec arrivano alcuni dati relativi ai risultati raggiunti sul fronte della sostenibilità. In particolare, tra il 1990 e il 2012 è stato rilevato un calo delle emissioni di anidride carbonica nell ordine del 38% e, nel solo ultimo anno considerato, sono state evitate emissioni per 240mila tonnellate di CO2 grazie all impiego di combustibili alternativi contenenti biomassa. Raffrontando questi dati con il rapporto dell Agenzia Europea dell Ambiente, che segnala tra il 1990 e il 2012 una riduzione complessiva delle emissioni di anidride carbonica nell ordine del 3,5%, emerge un contributo rilevante del comparto cemento. Soprattutto se si considera che un altro settore a forte impatto ambientale come i trasporti nello stesso periodo ha visto aumentare del 21% la CO2. Tornando allo studio di Aitec, negli ultimi quattro anni le emissioni medie per tonnellata di clinker delle cementerie si sono ridotte di circa il 7% grazie alla realizzazione di investimenti in nuove strutture e alla progressiva installazione di dispositivi e sistemi di abbattimento. Nello stesso periodo sono scese del 15% le emissioni di biossido di zolfo (l anidride solforosa) e del 10% quelle di polvere, che hanno origine sia nella fase di fabbricazione del cemento, sia nelle fasi di movimentazione. Giuseppe Schlitzer, consigliere delegato di Aitec, spiega le ragioni del rapporto nella volontà di «far emergere le buone pratiche portate avanti in questi anni dalle aziende cementiere, non sempre conosciute dai nostri stakeholder. Pensiamo che possa contribuire a una migliore conoscenza dell industria del cemento in Italia, un settore che in 150 anni di storia ha contribuito al progresso economico e civile del nostro Paese». Aitec ha elaborato con Ambiente Italia il primo rapporto di sostenibilità del settore del cemento 9
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