Elementi di valutazione per gli interventi di bonifica dell area ex GEZOOV di San Potito Sannitico (CE)

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1 Corso di Laurea Magistrale in Scienze e Tecnologie per l Ambiente e il Territorio Tesi di Laurea in Geopedologia Elementi di valutazione per gli interventi di bonifica dell area ex GEZOOV di San Potito Sannitico (CE) Candidato/a Mario Navarra Matr.A33/102 Relatore Prof. Elio Coppola Correlatore Dott. Angiolo Conte A.A. 2017/2018 1

2 RINGRAZIAMENTI Prof. Elio Coppola, relatore tesi Dott. Angiolo Conte, correlatore tesi Comune di San Potito Sannitico Dott. Francesco Imperadore, Sindaco di San Potito Sannitico Arch. Luciano Ricigliano Dott. Pasquale Iovino, docente di chimica ambientale Università Luigi Vanvitelli Dott. Michelangelo Raccio, docente di economia Università Luigi Vanvitelli Dott.ssa Margherita Frattaruolo Dott.ssa Eleonora Grilli Dott. Pasquale Simonelli, presidente ASMV Dott. Gianluigi Busico Giuseppe Conte, testimone e dipendente dell azienda ex GEZOOV 2

3 3 for my mother

4 INDICE 1 INTRODUZIONE SITI CONTAMINATI: INQUADRAMENTO E DIMENSIONI DEL FENOMENO RISORSE E STRUMENTI PER LA RIVALORIZZAZIONE DELLE AREE DISMESSE CARATTERIZZAZIONE DEI SITI CONTAMINATI IL CASO STUDIO DELL AZIENDA GEZOOV (GENERALE ZOOTECNICA VOLTURNO 38 2 FINALITÀ MATERIALI E METODI NORMATIVA DI RIFERIMENTO CARTOGRAFIA CARTACEA E INFORMATICA RILEVAMENTO PEDOLOGICO CRITERI DI ANALISI DEI SUOLI RISULTATI E DISCUSSIONE INQUADRAMENTO TOPOGRAFICO SAN POTITO SANNITICO INQUADRAMENTO TERRITORIALE INQUADRAMENTO GEOLOGICO CARATTERISTICHE IDROGEOLOGICHE DEL TERRITORIO 68 4

5 4.5 INQUADRAMENTO PEDOLOGICO ASPETTI VEGETAZIONALI ZVNOA SAN POTITO SANNITICO IL SITO DELL AZIENDA EX GEZOOV CONCLUSIONI BIBLIOGRAFIA SITOGRAFIA

6 1. INTRODUZIONE 1.1 SITI CONTAMINATI: INQUADRAMENTO E DIMENSIONI DEL FENOMENO Il fenomeno dei siti contaminati in Italia ha dimensioni considerevoli: nel 2004 erano circa quelli censiti dalle anagrafi regionali da bonificare, ed ulteriori erano quelli potenzialmente inquinati (APAT, 2006); secondo i dati aggiornati al 2013 risultano siti potenzialmente inquinati inseribili, i contaminati accertati, contaminati, con interventi di bonifica avviati e bonificati Tabella 1.1 (Camera dei Deputati, 2016). Un sito si dice contaminato quando risultano superati i valori delle concentrazioni soglia di contaminazione determinate mediante l applicazione della procedura di analisi di rischio di cui all Allegato 1 alla parte quarta del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n.152 Norme in materia ambientale (D.Lgs. 152/2006) sulla base dei risultati del piano di caratterizzazione (Arpae). 6

7 Regione Anagrafe Siti potenzialmente contaminati inseriti/inseribili 2 Siti potenzialmente contaminati accertati Siti contaminati Siti con interventi avviati* Siti bonificati/ non contaminati Tabella 1.1: Siti contaminati (2013) n. Piemontea Sì Valle Sì d Aosta a Liguria a Sì Lombardia a Sì b Prov Aut. di Sì Trento Prov Aut. di Sì Bolzano Veneto Sì Friuli-Venezia Sì Giulia Emilia- No Romagna a Toscana a Sì Umbria a Sì Marche a Sì Lazio a1 No Abbruzzo a Sì Molise a1 Sì Campania Sì Puglia a Sì Basilicata a1 No Calabria a1 Sì Sicilia a1 Sì Sardegna a1 Sì Italia Fonte: Note: SIN Siti (contaminati) di Interesse Nazionale, sotto la sorveglianza diretta dell autorità statale centrale. a Non include SIN b Include SIN 1 Regioni, dato aggiornato al Siti potenzialmente contaminati inseriti/inseribili, dato aggiornato al 2012 * Includono siti con interventi di messa in sicurezza e/o bonifica avviati 7

8 1.1.1 I siti di interesse nazionale I siti d interesse nazionale sono stati individuati con norme di varia natura e di regola perimetrati mediante decreto e sotto la sorveglianza dell attuale Ministero dell'ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare (MATTM), d intesa con le regioni interessate. La procedura di bonifica dei SIN è attribuita alla competenza del MATTM, che può avvalersi anche dell Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), dell Agenzia regionale per la protezione ambientale/agenzia Provinciale per la protezione dell'ambiente (ARPA/APPA), dell Istituto Superiore di Sanità (ISS) ed altri soggetti qualificati pubblici o privati. L art. 36-bis della Legge 7 agosto 2012 n. 134 ha apportato delle modiche ai criteri di individuazione dei SIN (art. 252 del D.Lgs. 152/2006 e ss.mm.ii.). Sulla base di tali criteri è stata effettuata una ricognizione dei 57 siti classificati di interesse nazionale e, con il D.M. 11 gennaio 2013, il numero dei SIN è stato ridotto a 39, Tabella 1.2 (ISPRA, 2014). 8

9 Tabella 1.2: Elenco Siti di interesse Nazionale (ISPRA, 2014) SIN Regione/ Provincia Autonoma Legge istitutiva Emarese Valle D Aosta D.M. 468/2001 Casale Monferrato Piemonte L. 426/1998 Ballangero Piemonte L. 426/1998 Pieve Vergonte Piemonte L. 426/1998 Serravalle Scrivia Piemonte L. 179/2002 Cengio e Saliceto Liguria-Piemonte L. 426/1998 Cogoleto Stoppani Liguria D.M. 468/2001 Sesto San Giovanni Lombardia L. 388/2000 Pioltello e Rodano Lombardia L. 388/2000 Brescia Caffaro Lombardia L. 179/2002 Broni Lombardia L. 179/2002 Laghi di Mantova e Polo Chimico Lombardia L. 179/2002 Trento Nord Provincia Autonoma Trento D.M. 468/2001 Trieste Friuli Venezia Giulia D.M. 468/2001 Laguna di Grado e Marano Friuli Venezia Giulia D.M. 468/2001 Venezia (Porto Marghera) Veneto L. 426/1998 Fidenza Emilia Romagna D.M. 468/2001 Piombino Toscana L. 426/1998 Massa carrara Toscana L. 426/1998 Livorno Toscana D.M. 468/2001 Orbetello Toscana L. 179/2002 Falconara Marittima Marche L. 179/2002 Terni Papigno Umbria D.M. 468/2001 Sulcis Iglesiente - Guspinese Sardegna D.M. 468/2001 Area industriale di Porto Torres Sardegna L. 179/2002 Napoli Orientale Campania L. 426/1998 Bagnoli Coroglio Campania L. 426/1998 Tito Basilicata D.M. 468/2001 Area industriale della Val Basento Basilicata L. 179/2002 Manfredonia Puglia L. 426/1998 Brindisi Puglia L. 426/1998 Taranto Puglia L. 426/1998 Bari - Fibronit Puglia D.M. 468/2001 Crotone Cassano - Cerchiara Calabria D.M. 468/2001 Gela Sicilia L. 426/1998 Priolo Sicilia L. 426/1998 Biancavilla Sicilia D.M. 468/2001 Milazzo Sicilia L. 266/2005 Fonte: Ministero dello Sviluppo Economico,

10 La maggior parte dei siti ricopre aree di media o grande dimensione oltre la metà supera i 100 ettari e sono quindi definibili come megasiti : tra i maggiori, si possono citare i poli industriali di Taranto e Brindisi, Porto Marghera (Venezia), l ex ACNA di Cengio (Savona). Alcune aree sono definibili come multisiti in quanto contengono più di un sito (ad es. per quello di Sassuolo- Scandiano, con 19 siti). Nel 42% dei casi si tratta di aree industriali eterogenee, comprendenti cioè diverse industrie e nel 28%, di aree omogenee, ossia con una sola industria. Nel 30% dei casi si tratta di siti con presenza di discariche e rifiuti stoccati. Tra i principali settori industriali a cui collegare lo sviluppo dei siti emergono quello chimico, quello petrolchimico il siderurgico e il metalmeccanico. I siti attualmente in produzione risultano il 61%, ma in quasi la metà degli insediamenti sono presenti stabilimenti inattivi o in via di dismissione. Tra le cause di dismissione si annoverano il declino del settore produttivo e/o la riconosciuta pericolosità della produzione Stato dei siti inquinati in Campania In Campania i siti contaminati rappresentano uno dei problemi ambientali più critici. Dalla Tabella 1.3 si può notare la distribuzione dei siti inquinati presenti in Regione Campania divisi per Provincia. 10

11 Provinci Siti censiti Indagini prelimin ari o PdC presentat o PdC approvat o PdC eseguito AR presentat a AR approvat a PP approvat o PB o MISP approvat Bonificat i Totale siti Tabella 1.3 Siti inquinati Campania (Fonte: ARPAC - Relazione sullo stato dell ambiente in Campania, 2009) AV BN CE NA SA Tot MISE Messa in Sicurezza d Emergenza PdC Piano di Caratterizzazione AR Analisi di Rischio Sanitario Ambientale Sito-Specifica PP Progetto Preliminare di Bonifica PB Progetto Definitivo di Bonifica MISP Messa in Sicurezza Permanente Nell esaminare i dati si osserva che il 23,4% ovvero 876 siti contaminati e/o potenzialmente contaminati sui censiti, ha attivato la procedura di bonifica; la maggior parte di essi (818 siti) si trovano ancora nelle prime fasi della procedura. Degli 876 siti analizzati 44 hanno già presentato e ricevuto l approvazione del progetto preliminare e/o del Progetto definitivo di Bonifica/ Messa in Sicurezza Permanente. Solo per 13 di questi invece si sono concluse le procedure con la certificazione di bonifica avvenuta o con la restituzione agli usi legittimi all esito di indagini di caratterizzazione che non hanno evidenziato superamenti delle soglie limite. Inoltre nella relazione sullo stato dell ambiente in Campania del 2009 sono stati individuati ben 6 (Tabella 1.4) dei 55 SIN presenti su tutto il territorio nazionale, le cui estensioni sono riportate in Tabella

12 Tabella 1.4 SIN Campania 2009 (Fonte: ARPAC - Relazione sullo stato dell ambiente in Campania, 2009) Denominazione Sito Riferimento normativo di individuazione Napoli Orientale Legge n. 426/1998 Estensione (Ha) Acqua Estensione (Ha) Terra Estensione (Ha) Totale Litorale Domitio Flegreo ed Agro Aversano Legge n. 426/1998 Napoli Bagnoli Coroglio Legge n. 388/2000 Aree del Litorale Vesuviano Legge n. 179/2002 Bacino idrografico del fiume Sarno Pianura Legge n. 266/ * * D.M. 11/04/ *Nota: nei dati riportati nella fonte ARPAC del 2009 era presente un errore che qui è stato corretto Tabella 1.5 Estensione SIN Campania 2009 (Fonte: ARPAC - Relazione sullo stato dell ambiente in Campania, 2009) Denominazione Superficie complessiva (m 2 ) Caratterizzazione conclusa (m 2 ) Progetto di Bonifica approvato (m 2 ) Siti svincolati e/o bonificati (m 2 ) Napoli Orientale Bagnoli Coroglio Litorale Domitio Flegreo ed Agro Aversano Aree del Litorale Vesuviano Bacino idrografico del fiume Sarno Pianura

13 La situazione dei siti contaminati e potenzialmente contaminati presenti in Campania è descritta nel Piano Regionale di Bonifica (PRB) adottato definitivamente con Delibera di G.R. n. 129 del 27/05/2013, pubblicato sul BURC n. 30 del 05/06/2013, approvato in Consiglio Regionale in data 25 Ottobre 2013 ed i cui dati sono aggiornati a settembre Molti di quelli censiti nel Piano Regionale di Bonifica ricadono all'interno dei Siti di interesse nazionale (SIN), individuati secondo i criteri di cui all'art.252 del D.Lgs.152/2006. Tuttavia, a seguito dell'entrata in vigore del D.M. 11/01/2013, per la Regione Campania sono stati esclusi dall'elenco dei SIN il Litorale Domitio Flegreo ed Agro Aversano, il Bacino Idrografico del Fiume Sarno, le Aree del Litorale Vesuviano e Pianura. Pertanto i SIN attuali sono Napoli Orientale e Bagnoli Coroglio (ARPAC, 2013). Le norme impongono che i siti inquinati siano soggetti ad interventi di bonifica e ripristino ambientale. Tali interventi sono a carico del responsabile dell inquinamento (secondo il principio chi inquina paga ) o del proprietario dell area e in ultima istanza, della Pubblica Amministrazione. L ostacolo della scarsità delle risorse pubbliche sembra essere più facile da superare per un particolare sottoinsieme di siti inquinati. Questi sono i brownfields, definiti siti inquinati compresi in ambito urbano o di immediata periferia, già dotati delle opere di urbanizzazione e prossimi alle infrastrutture per la mobilità ed il trasporto. L Agenzia per la Protezione dell'ambiente e per i Servizi Tecnici (APAT), nel 2008 assorbita come struttura e competenze all interno dell ISPRA (Istituto 13

14 Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale), si è occupata di questa specifica problematica, ed ha proposto una procedura per la costruzione di un programma di bonifica e valorizzazione dei siti contaminati rivolta al decisore pubblico (APAT, 2006). La proposta di linea guida è stata elaborata prima dell entrata in vigore del Decreto Legislativo 3 aprile 2006, n. 152, Norme in materia ambientale, e si riferisce ancora al contesto normativo regolato principalmente dal Decreto Ministeriale 25 ottobre 1999, n Il documento è organizzato in quattro sezioni: la prima descrive l oggetto e gli obiettivi delle linee guida, la seconda contiene la proposta di linee guida, la terza una rassegna degli strumenti e delle tecniche, la quarta una preliminare rassegna delle esperienze di valorizzazione dei brownfields. Le linee guida propongono una strategia e gli strumenti per sostenere la diffusione degli interventi di recupero ambientale e di valorizzazione economica dei brownfields. La proposta è l esito di un articolato percorso di analisi che ha indagato la dimensione e le caratteristiche del fenomeno dei siti contaminati, ed ha identificato la natura e le caratteristiche del problema sul quale occorre intervenire (APAT, 2006) Oggetto delle linee guida I brownfields sono siti inquinati nei quali gli interventi di riutilizzo o trasformazione d uso, valorizzandone le caratteristiche e collocazione geografica, sono in grado di produrre benefici economici uguali o superiori ai costi, che sono sia quelli relativi alle opere di trasformazione che quelli relativi alle opere di 14

15 bonifica o messa in sicurezza. Si tratta spesso di siti inquinati di ambito urbano o di immediata periferia, dotati di luce, acqua, gas, rete fognaria ecc. e prossimi a linee e raccordi di trasporto. Sono aree, degradate ed impattanti sia sull ambiente che sul tessuto antropico circostante, che tuttavia presentano caratteristiche tali da essere utilmente trasformate e valorizzate, e che sono in grado di produrre, se adeguatamente gestite, benefici finanziari ed economici e nuove opportunità di sviluppo sostenibile per la collettività. Per i paesi dell Unione Europea una definizione adeguata di brownfield è stata fornita dal progetto CLARINET (Contaminated LAnd Rehabilitation Network for Environmental Technologies) «siti che sono stati interessati dai precedenti usi del terreno circostante, sono abbandonati o sottoutilizzati, hanno un problema di contaminazione reale o percepito, questi si trovano principalmente in aree urbane sviluppate e richiedono un intervento per riportarli ad un uso benefico» (CLARINET, 2002). La definizione evidenzia gli interventi di bonifica e ripristino ambientale (ovvero di recupero) di un brownfield - area precedentemente utilizzata a fini produttivi, e attualmente dismessa o sotto-utilizzata, inquinata, localizzata in un contesto urbano o comunque dotato di infrastrutture ma trascura le caratteristiche utili alla valorizzazione e dunque al riutilizzo. Privilegia invece questo aspetto la United States Environmental Protection Agency (EPA) che definisce i brownfields come: «Proprietà reale, espansione, riqualificazione il cui riutilizzo può essere complicato dalla presenza di sostanze pericolose, sostanze inquinanti o contaminanti» (APAT, 2006). 15

16 Anche la definizione dell'epa sembra parziale: concentrando l'attenzione sulle operazioni di bonifica, di ripristino ambientale, di riuso e dunque di valorizzazione, la definizione di brownfields non sembra porre nella necessaria evidenza alcuni elementi importanti, quali l'uso (passato e attuale), la localizzazione dell'area, ed il contesto geografico, economico e sociale ove tali siti vengono a trovarsi. Elementi che sembrano di fondamentale importanza nella valutazione dell'intero processo di riqualificazione dei brownfields. La definizione di brownfield indicata dall EPA è molto vicina a quella utilizzata nel dibattito italiano sulla pianificazione delle aree dismesse, sebbene queste ultime comprendano una categoria più ampia di oggetti territoriali, poiché le aree dismesse non sono necessariamente delle aree contaminate. La presenza dell inquinamento e l opportunità di valorizzazione sono i due elementi costitutivi che identificano i brownfields come l intersezione fra l insieme delle aree definibili come siti contaminati e l insieme delle aree che costituiscono opportunità di trasformazione urbana, individuate nel dibattito italiano come aree dismesse (Figura 1.1). Aree dismesse Aree che necessitano di interventi di riqualificazione o rifunzionalizzazione BROWNFIELDS Aree dismesse urbane o urbanizzate con problemi di inquinamento Siti inquinati Aree che necessitano di interventi di bonifica ai sensi della norma in materia di bonifiche Figura Aree dimesse, siti inquinati e brownfields. Fonte: APAT,

17 I brownfields d interesse sono quindi: 1. aree per le quali si prevede, un progetto di riqualificazione, e non solo di bonifica e di ripristino ambientale; 2. aree che ricadono entro il campo di applicazione delle attività di bonifica. In Italia, le norme che hanno introdotto per la prima volta una disciplina unitaria in materia di bonifiche e che attengono alle attività di recupero ambientale dei siti contaminati sono state il Decreto Legislativo n. 22 del 5 febbraio 1997 e i successivi regolamenti di applicazione ed attuazione, in particolare il Decreto Ministeriale del 25 ottobre 1999 n Tali norme definiscono la bonifica come ripristino dei limiti di accettabilità delle sostanze inquinanti presenti nei suoli e nelle acque; fissano gli obblighi dei proprietari dei siti inquinati, le competenze e il controllo degli interventi di bonifica, nonché i sistemi di garanzia di natura reale e patrimoniale che assistono le spese eventualmente sostenute dalla Pubblica Amministrazione nel caso di esercizio del potere sostitutivo nell attuazione degli interventi. La normativa si articola in tre fasi: individuazione della situazione di inquinamento; interventi di messa in sicurezza d emergenza; interventi di caratterizzazione e di bonifica e inoltre individua i vari soggetti che devono fare la bonifica (Tabella 1.6): responsabile dell inquinamento; proprietario dell area; Pubblica Amministrazione (P.A.). 17

18 Tabella Casi teorici di interesse (Fonte: APAT, 2006) Notifica Messa in sicurezza Caratterizzazione bonifica Gruppo A: area di proprietà privata e proprietario non responsabile Responsabile Responsabile P.A. P.A. Responsabile P.A. P.A. P.A. P.A. P.A. Proprietario P.A. Proprietario Responsabile P.A. Proprietario P.A. P.A. Proprietario Proprietario P.A. Gruppo B: area di proprietà pubblica e proprietario (P.A.) non responsabile Responsabile Responsabile P.A. proprietaria P.A. proprietaria Responsabile P.A. proprietaria P.A. proprietaria P.A. proprietaria P.A. proprietaria Gruppo C: area di proprietà privata e proprietario responsabile P.A. P.A. P.A. P.A. Proprietario Responsabile P.A. Proprietario Responsabile Proprietario Responsabile P.A. Gruppo D: area di proprietà privata e P.A. responsabile P.A. responsabile P.A. responsabile P.A. responsabile Gruppo E: P.A. responsabile e proprietaria P.A. proprietaria e responsabile P.A. proprietaria e responsabile P.A. proprietaria e responsabile Concludendo è possibile affermare che i brownfields considerati sono quei siti inquinati per i quali gli interventi di bonifica gravano sulla Pubblica Amministrazione, compresi quelli nei quali il responsabile esiste e si è attivato solo per la messa in sicurezza e/o per la notifica, oppure non è individuato o non è solvibile, e la messa in sicurezza e la notifica dell inquinamento è realizzata dagli altri soggetti (proprietario dell area o Pubblica Amministrazione) (APAT, 2006). 18

19 1.1.4 Il fenomeno dei brownfields La dismissione dei siti industriali in ambito urbano è legato alle trasformazioni del sistema economico in particolare industriale, ed alle evoluzioni delle sensibilità sociali e culturali verso i problemi di qualità della vita, in primo luogo degli ambientali. Come prima cosa si ha un progressivo abbandono delle aree urbane da parte delle attività industriali. Esse si delocalizzano in aree esterne alla città, perché hanno costi minori e migliore accessibilità; si diffondono sul territorio grazie alla radicale riorganizzazione dei sistemi di produzione consentita dalla diffusione delle nuove tecnologie e contribuiscono a formare i sistemi metropolitani. Oppure la delocalizzazione si svolge anche a scale geografiche più ampie: gli impianti dell industria siderurgica, meccanica, chimica e petrolifera dall Italia vengono spostate in altri paesi dove è più economico produrre. Le aree industriali dismesse o in via di dismissione diventano così un occasione per avviare processi di riqualificazione urbana con progetti di trasformazione, gestiti o realizzati dall amministrazione pubblica assieme a soggetti privati, che prevedono la realizzazione di infrastrutture, servizi e manufatti per la residenza e per le attività economiche. Il fenomeno delle aree dismesse ha una dimensione rilevante, in alcune città spesso occupa uno spazio addirittura superiore a quello del centro storico : ad esempio il rapporto tra "superfici riconvertibili" e "superfici del centro storico": a Genova è dello 0,769, a Vicenza dello 0,80, a Saronno è dello 0,87 e a Milano la superficie delle aree riconvertibili è più del doppio di quella del centro storico (2,08) (APAT, 2006). 19

20 Tuttavia l intervento sulle aree dismesse è poco rilevante, ritenuto rischioso dagli operatori e di difficile gestione dalle amministrazioni pubbliche (APAT, 2006) Siti contaminati e brownfields Si stima che negli Stati Uniti esistano almeno brownfields. In Europa la quantificazione del fenomeno è più difficile: nonostante i brownfields rappresentino un problema ormai ampiamente riconosciuto, solo alcuni paesi hanno avviato iniziative atte a valutarne la consistenza. Da un indagine del 2002, in Germania si stima che i brownfields occupino, approssimativamente, ettari di territorio, nel Regno Unito ettari, in Francia ettari, in Olanda ettari, in Belgio (Vallonia) ettari. In Italia, nella stessa ricerca, nella sola provincia di Milano lo spazio occupato dai brownfields è stimato in circa ettari. Come in molti altri paesi europei, anche in Italia non è ancora possibile quantificare precisamente il numero dei siti contaminati, e dei brownfields in particolare. Esistono degli obblighi normativi precisi in materia di costruzione di informazioni sul fenomeno, che obbligano alla realizzazione del Censimento dei siti potenzialmente contaminati, dell Anagrafe dei siti da bonificare, e dei Piani di bonifica. Inoltre, nell ambito di una stessa regione, le diverse istituzioni che hanno competenze in materia di bonifica sulla base delle vigenti norme (Regione, Provincia, Comune) operano con modalità di raccolta e archiviazione dei dati non omogenee e con finalità diverse, con una scarsa condivisione dei dati e delle informazioni (APAT, 2006). 20

21 1.1.6 Ricognizione dei brownfields Data la scarsa conoscenza sui siti contaminati è stata avviata una specifica indagine conoscitiva, coinvolgendo le Agenzie regionali per la protezione dell ambiente (ARPA/APPA) e le Regioni. Per l acquisizione delle informazioni, è stato messo a punto un questionario per ricercare informazioni relative ai siti, con tipologia di attività industriale o commerciale, attualmente dismessi o sottoutilizzati. Per questa particolare categoria sono stati richiesti dati su: localizzazione, dimensione, stato dell iter di bonifica, esistenza di piani e progetti per il riutilizzo futuro. Frequentemente, inoltre, i siti non sono georeferenziati e non se ne conosce l estensione. Per quanto riguarda la ricognizione sui piani e programmi per il riutilizzo futuro dei siti, si è verificato che, in genere, esiste una cesura tra i settori competenti in urbanistica e quelli competenti in bonifiche negli enti ai diversi livelli di governo del territorio (Regione, Provincia, Comune, ARPA). Di solito infatti, i settori che hanno competenza in materia di bonifiche detengono scarsissime o nulle informazioni in merito al futuro sviluppo urbanistico dei siti, tranne che nei casi di particolare rilevanza I brownfields e il contesto normativo Considerare i brownfields come una particolare classe di siti inquinati sui quali gli interventi di trasformazione urbana associano remediation (recupero) a riuse (riutilizzo), implica necessariamente che il contesto di riferimento normativo debba includere tanto le norme relative al settore sanitario-ambientale quanto 21

22 quelle urbanistico-territoriali. In Italia, non esiste ancora una specifica regolamentazione in materia di riqualificazione dei brownfields, oltre alla legislazione e ai fondi previsti per il ripristino dei siti inquinati (APAT, 2006) Il quadro normativo di riferimento in materia di brownfields A livello internazionale non esistono ancora convenzioni specifiche sulla disciplina della tutela, del recupero e della valorizzazione dei brownfields. A livello di singoli paesi, invece, a parte il caso degli Stati Uniti dove vige dal 1980 una normativa specifica, sono disciplinate le modalità di intervento per la bonifica dei siti inquinati e non in particolare quelle dei brownfields. La maggior parte dei sistemi normativi si ispirano al principio chi inquina paga e prestano particolare attenzione alle difficoltà operative di applicazione di tale principio. In Europa, inoltre, dove non esiste una disciplina unica delle procedure di bonifica per tutti i Paesi Membri, la problematica sulla responsabilità ambientale in materia di prevenzione e riparazione del danno ambientale è stata affrontata con la Direttiva 2004/35/CE. In tema di procedure di bonifica i diversi paesi hanno emanato norme specifiche, tenendo conto del proprio contesto economico, sociale ed ambientale. In generale, sebbene con delle differenze nelle procedure, le normative dei vari paesi costituiscono il tentativo di gestire l impatto sulla salute pubblica, sull ambiente e sugli assetti economici della collettività, dovuto a incidenti rilevanti e/o all inquinamento diffuso (APAT, 2006). 22

23 1.1.9 Confronto della normativa italiana con quella internazionale ed Europea (APAT, 2006) Per un confronto tra i sistemi normativi dei vari paesi in materia di processi di riqualificazione dei brownfields, assumono rilievo, oltre alle differenze negli aspetti tecnico-procedurali relativi all identificazione dei siti inquinati, anche le modalità di reperimento delle risorse per gli interventi sostitutivi. I diversi approcci tecnico scientifici seguiti dai diversi Paesi, per gestire l impatto sulla salute pubblica e sull ambiente determinano infatti le differenti procedure amministrative adottate per le azioni di bonifica, nonché l intervento pubblico sostitutivo del soggetto responsabile, o il parziale finanziamento pubblico delle opere di risanamento quando il soggetto responsabile non fa fronte ai costi della bonifica. In particolare, l obbligo all intervento di bonifica è individuato sulla base dei risultati dell analisi di rischio negli Stati Uniti e Danimarca, mentre la maggior parte dei paesi (Olanda, Regno Unito, Germania, Italia) ricorre a sistemi di tipo tabellare, seppure molto diversi fra di loro. Negli Stati Uniti l individuazione di un sito inquinato avviene attraverso una duplice modalità di accertamento: mediante l analisi di rischio e tramite tabelle. Nel Regno Unito, in Spagna e in Svezia l identificazione di un sito inquinato avviene soltanto con l analisi di rischio. Viceversa la normativa tedesca utilizza l approccio tabellare per determinare l obbligo o di procedere ad uno studio approfondito dello stato di alterazione del sito oppure di intervenire con apposite misure. Pur se minima, infatti, esiste una differenza tra i valori di accettabilità intesi come valori limite superati i quali il sito si caratterizza come inquinato e quindi da bonificare e gli obiettivi della 23

24 bonifica. In alcune normative, come in quella italiana, tali valori coincidono, in altre, come quella olandese e danese, i valori possono non coincidere essendo individuati con criteri differenti. Anche negli Stati Uniti il criterio utilizzato per la definizione degli obiettivi della bonifica non coincide con quello per la definizione del sito inquinato. E infatti l EPA a fissare caso per caso l obiettivo della concentrazione di inquinanti da raggiungere con la bonifica. Nel Regno Unito, invece, l obiettivo di bonifica consiste nel raggiungimento degli standard di qualità che consentano al sito di essere utilizzato per lo scopo cui in quel momento è destinato. L interessato può procedere ad interventi di bonifica che consentano di utilizzare il sito per scopi differenti, ma solo ed esclusivamente nel caso in cui questi scopi richiedano un livello di qualità più elevato. In Italia l approccio è quello tabellare sia per i criteri per l individuazione dei limiti di accettabilità che per i valori di bonifica. L analisi di rischio è usata in via residuale, ovvero nei casi in cui l obiettivo tabellare di bonifica non è raggiungibile pur utilizzando le migliori tecnologie disponibili a costi sopportabili. L opportunità di usare l approccio tabellare o l analisi di rischio sia per i criteri di individuazione dei siti inquinati sia per la definizione degli obiettivi di bonifica è ancora al centro del dibattito nazionale ed internazionale. I sostenitori dell analisi di rischio ritengono che, in quanto sito specifica, consenta di individuare meglio l intervento di bonifica più appropriato: evita l aggravio dei costi quando i livelli tabellari risultano troppo bassi in relazione al caso concreto, e riduce meglio il rischio per la popolazione e l ambiente quando i livelli tabellari risultino troppo alti. Anche l individuazione del responsabile è stata oggetto di dibattito. Negli Stati Uniti infatti dove la normativa facilita 24

25 l identificazione del soggetto obbligato alla bonifica, in difetto di responsabili meglio identificati, è il proprietario dell area che risulta contaminata, seppure senza una effettiva colpa o dolo, che deve realizzare la bonifica. È stato sostenuto che tale impostazione abbia il vantaggio di rendere più rapide le operazioni poiché la parte pubblica è sollevata dall onere di individuare il responsabile dell inquinamento prima di poter obbligare i privati alla bonifica, ma che allo stesso tempo presenti lo svantaggio di deprimere il mercato dei suoli industriali dismessi. In Italia a differenza degli Stati Uniti e del Regno Unito, non si prevedono accordi con i responsabili della contaminazione, i quali sono obbligati a realizzare gli interventi, né è modificabile l ordine del grado di responsabilità dei vari soggetti coinvolti, come è previsto invece in Germania. Infatti mentre negli Stati Uniti il fondo (Superfund) per le attività di bonifica entra in gioco nel caso di siti abbandonati, o siti di proprietà di industrie fallite e per siti nei quali non è rintracciabile un responsabile, in Italia i fondi sono distribuiti prevalentemente sulla base del grado di inquinamento. Il criterio italiano è in linea con la logica di tutela ambientale, allo stesso tempo ha delle conseguenze non trascurabili relative all effettiva realizzazione degli obiettivi normativi. Nel caso degli Stati Uniti l alimentazione del fondo avviene tramite il prelievo fiscale con tasse ed imposte alle industrie chimiche e petrolifere. In Italia invece il fondo di rotazione istituito ai sensi dell art. 18 della L.349/1986, è alimentato dalla riscossione dei crediti in favore dello Stato per il risarcimento del danno ambientale, ivi comprese quelle derivanti dall'escussione di fidejussioni a favore dello Stato, assunte a garanzia del risarcimento medesimo. Infine, il sistema del Superfund statunitense è gestito e controllato dall Office of Solid Waste and 25

26 Emergency Response (OSWER) dell EPA, mentre in Italia, sia il citato fondo di rotazione sia i finanziamenti stanziati per il programma nazionale di bonifica dei siti di interesse nazionale, alimentati in parte dallo stesso fondo, sono gestiti dal Ministero dell Ambiente e Tutela del Territorio. In alternativa alle risorse pubbliche, o in combinazione con esse, si ricorre a progetti di intervento cofinanziati da soggetti privati. In tutti i paesi esaminati è previsto il ricorso alla negoziazione tra l autorità pubblica ed i soggetti privati proprietari dei suoli e non responsabili dell inquinamento. In ogni caso la negoziazione riguarda esclusivamente gli aspetti procedurali e non la qualità dei progetti o i livelli e gli standard di qualità da raggiungere. In alcuni Paesi questo strumento viene limitato a specifiche ipotesi, come ad esempio in Germania dove si prevede il ricorso a modalità negoziate per gli interventi su siti inquinati prima dell entrata in vigore della norma (Altlasten), mentre in altri (USA) viene consentito senza alcuna condizione particolare e può addirittura essere ammesso anche con il responsabile dell inquinamento (APAT, 2006) La riqualificazione dei brownfields L obiettivo principale per coloro che operano sui siti contaminati è l eliminazione, o la riduzione, del danno all ambiente ed alla salute. Se nelle matrici ambientali vi è presenza di sostanze contaminanti in concentrazioni superiori alla soglia di rischio, occorre ridurre o eliminare tali concentrazioni. Le risorse economiche per tali interventi devono provenire dai profitti che sono stati precedentemente ricavati dall'attività produttiva. 26

27 I siti inquinati devono essere soggetti ad interventi di bonifica e ripristino ambientale, e l obbligo è a carico del responsabile dell inquinamento (secondo il principio chi inquina paga ) o del proprietario dell area. Qualora ciò non accadesse dovranno intervenire, in ultima istanza, le amministrazioni pubbliche. In questo caso è probabile che la bonifica dovrà essere finanziata con risorse collettive, almeno inizialmente, visto che l'amministrazione pubblica potrà poi rivalersi sul responsabile dell'inquinamento, prima di tutto sfruttando l'onere reale che grava sull'area inquinata. Realmente si incontrano delle difficoltà e il costo degli interventi finisce per ricadere sulle finanze pubbliche che di solito sono molto scarse. Per i brownfields le azioni di trasformazione urbana che associano remediation a reuse possono produrre benefici superiori ai costi di quelli di bonifica e superare quindi il problema della scarsità delle risorse. Il recupero del sito contaminato, dipende da due elementi: dal costo e dal valore finanziario ed economico prodotto dall operazione, vale a dire dalla natura dell'inquinamento e dalle caratteristiche del contesto geografico entro il quale il sito è collocato (APAT, 2006) Il valore del progetto di intervento sui siti contaminati Nel caso debba intervenire la pubblica amministrazione le principali difficoltà che si incontrano sono: Numerosi Enti Locali non dispongono delle competenze tecniche ed organizzative necessarie a gestire autonomamente progetti di bonifica; 27

28 la Pubblica Amministrazione ha difficoltà a reperire, soprattutto ad anticipare, le risorse finanziarie necessarie per gestire autonomamente questi progetti Le utilità per i brownfields Le utilità riguardano l area o sono relative alla collettività. Possiamo attribuire alle utilità del primo tipo i vantaggi localizzativi tradizionali, dovuti ai minori costi di accessibilità ed alla centralità urbana. In altre parole i fattori che determinano la rendita e che possono dare luogo a maggiori ricavi al momento della cessione sul mercato delle attività e dei servizi prodotti dal progetto. I vantaggi dipendono da fattori fisici; inerenti la localizzazione spaziale in senso stretto, dalle condizioni del mercato, dalla domanda, ma anche, dovremmo dire prima di tutto, dal sistema della pianificazione. Per quanto riguarda le utilità collettive vanno distinti i fattori che possono determinare i benefici diretti del progetto, in genere di tipo socioeconomico, da quelli che generano benefici territoriali. Alla prima categoria appartengono i benefici di tipo occupazionale, di sicurezza, ambientali, di qualità della vita che sono connessi all'utilizzo attuale o possibile, ma anche al non utilizzo, di un sito. Nella seconda categoria sono comprese due tipologie di benefici: - Le ricadute dell'utilizzo di un sito sul suo intorno spaziale. Le più ovvie sono quelle relative ai valori immobiliari che i proprietari si distribuiscono, ma possono essere intercettate dalla comunità attraverso opportuni strumenti di fiscalità locale; - Le ricadute connesse al diverso utilizzo di un sito entro il sistema di distribuzione spaziale delle funzioni di un'area urbana, o del sistema 28

29 dell'accessibilità, o di quello dei servizi: cioè a dire tutti i vantaggi competitivi che possono derivare ad una città da un sistema infrastrutturale e da una configurazione spaziale delle funzioni più efficiente e coerente. Per gli operatori, i developers, le difficoltà sono quelle che normalmente incontrano quando si trovano a dover gestire grandi progetti urbani, con l'aggravante ulteriore degli obblighi connessi alla presenza di inquinanti, sia in termini di maggiori costi che di maggiore complessità del processo decisionale. Del resto grandi progetti urbani e brownfields in parte coincidono, poiché spesso i primi prevedono la trasformazione d'uso di aree precedentemente industriali, cioè salvo rare eccezioni di siti contaminati, nei quali è necessario realizzare interventi di bonifica prima della realizzazione delle nuove opere infrastrutturali ed edilizie. Dal punto di vista degli operatori immobiliari l'intervento sui brownfields è un investimento più rischioso rispetto ai grandi progetti urbani, ovviamente quando vengono garantiti ampi margini di ricavo. Concludendo: secondo gli operatori una maggiore competitività del settore (operatori più preparati e di dimensione adeguata), e minori rischi per gli investitori (maggiori certezze sui costi e tempi inferiori) consentirebbero la diffusione degli interventi sui brownfields (APAT, 2006). 1.2 RISORSE E STRUMENTI PER LA RIVALORIZZAZIONE DELLE AREE DISMESSE Gli strumenti per i progetti di trasformazione urbana Negli anni Novanta sono stati introdotti un considerevole numero di nuovi dispositivi normativi, di programmazione e progettazione degli interventi: 29

30 iniziative complesse di riqualificazione, progetti integrati, programmi di iniziativa comunitaria, patti territoriali. Gli strumenti più rilevanti sono: i Programmi di Riqualificazione Urbana e Sviluppo Sostenibile del Territorio (PRUSST), i Programmi Integrati, le Società di Trasformazione Urbana (STU), gli Accordi di Programma, i Patti Territoriali. PRUSST: è stato introdotto dal D.M n I PRUSST hanno l obiettivo di realizzare, all'interno di quadri programmatici organici, interventi orientati all ampliamento e alla riqualificazione delle infrastrutture, del tessuto economico-produttivo-occupazionale, dell'ambiente, dei tessuti urbani e sociali degli ambiti territoriali interessati. I PRUSST rappresentano una nuova fase che nasce dall'esperienza dei programmi di riqualificazione urbana (PRU). I fondamentali obiettivi dei PRUSST sono: realizzazione, adeguamento, completamento di attrezzature sia a rete che puntuali e la realizzazione di un sistema integrato di attività finalizzate all'ampliamento e alla realizzazione di insediamenti industriali, commerciali e artigianali. Il tutto comprende vari interventi tra cui: bonifica delle aree industriali; opere di urbanizzazione primaria; opere di urbanizzazione secondaria; realizzazione e riqualificazione di insediamenti produttivi; realizzazione e recupero di edilizia residenziale; ristrutturazione di edifici di rilevante valore storico-artistico. I PRUSST vengono finanziati dal Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti. 30

31 I soggetti promotori, che presentano le richieste di finanziamento, sono gli Enti Locali Territoriali e le Regioni, singolarmente o in forma associata. I soggetti proponenti, che hanno la funzione di presentare istanze, idee e proposte ai soggetti promotori, sono le altre amministrazioni pubbliche centrali e locali, le camere di commercio, gli enti pubblici economici, le università, le associazioni di categoria, le imprese singole o consorziate, le società finanziarie e le banche. Sebbene contemplati nel manuale ARPAC, oggi non sono più attivi (Raccio, 2018, com. pers.) Programmi Integrati di Intervento: assumono carattere di stabilità dalla legge 17 febbraio 1992 n.179. Sono strumenti urbanistici attuativi per il governo dei processi di trasformazione urbanistica in aree edificate; utilizzabili nella riqualificazione di aree dismesse o caratterizzate da situazioni di profondo degrado edilizio, urbanistico ed ambientale, che possono prevedere variazioni nelle destinazioni d uso esistenti e la realizzazione di infrastrutture. I programmi integrati sono promossi dai Comuni. L iter amministrativo di approvazione si articola nelle tre fasi fondamentali: della presentazione della proposta, della approvazione della proposta ed infine nella stipula della convenzione. STU: sono società miste pubblico private, istituite per favorire la collaborazione tra Amministrazioni locali e developers immobiliari. Introdotte per la prima volta nel sistema giuridico italiano dal comma 59 dell art. 17 della legge 15 maggio Ai sensi di tale norma le città metropolitane e i Comuni, anche con la partecipazione della Provincia e della Regione, possono costituire società per azioni per progettare e realizzare interventi di trasformazione urbana, in attuazione 31

32 degli strumenti urbanistici vigenti. Le Società di Trasformazione Urbana provvedono alla preventiva acquisizione delle aree interessate dall intervento, alla trasformazione e alla commercializzazione delle stesse. La STU è società per azioni e società di scopo, il cui oggetto sociale è l acquisizione delle aree interessate dall intervento di trasformazione urbana (individuate con delibera del Consiglio Comunale), la progettazione e l attuazione del programma di trasformazione, la commercializzazione delle aree. Accordi di Programma: Gli Accordi di Programma da sempre sono uno degli strumenti delle politiche di bonifica dei siti inquinati. Sono stati utilizzati per fornire un impulso determinante al programma di bonifica dei siti inquinati, avviando progetti di recupero ambientale dei siti di interesse nazionale (Accordo di Programma per l ACNA di Cengio, Accordo di Programma per la chimica a Porto Marghera). L accordo di programma assicura il coordinamento delle azioni e determina i tempi, le modalità, il finanziamento ed ogni altro connesso adempimento per la definizione e l attuazione di opere o programmi di intervento che richiedono l azione integrata e coordinata di comuni, province e regioni. Patti Territoriali: il Patto territoriale è un accordo tra soggetti pubblici, sindacati e associazioni imprenditoriali per il rilancio di un territorio, preferibilmente in declino industriale, che può essere anche integrato con interventi di natura turistico-alberghiera. È stato introdotto dal D.L. 8/2/95, n. 32, relativamente agli "interventi ordinari per le aree depresse". Lo scopo di esso è la realizzazione di un accordo tra diverse parti sociali pubbliche e private locali, attorno ad un progetto 32

33 destinato allo sviluppo di quel territorio, che consiste nell'identificazione e nella successiva realizzazione di interventi integrati in diversi settori. 1.3 CARATTERIZZAZIONE DEI SITI CONTAMINATI La principale normativa di riferimento per la realizzazione del Piano di Caratterizzazione di questo lavoro di tesi è il Decreto Legislativo 152/2006 il quale prevede il Piano di Caratterizzazione all articolo 242 Procedure Operative e Amministrative e fornisce indicazioni sulla sua redazione all allegato 2. Il Piano di Caratterizzazione in caso di contaminazione sarà il primo di una serie di passaggi necessari per la bonifica e/o messa in sicurezza nel sito. Generalmente la caratterizzazione di esso è realizzata per fasi successive a crescente dettaglio sui vari temi emersi. Il Piano della Caratterizzazione va a descrivere in modo dettagliato il sito di interesse, tutte le attività svolte presenti e passate ed individua la correlazione tra tali attività e la possibile localizzazione ed estensione della contaminazione. Il Piano si articola in tre sezioni: 1) raccolta e sistemazione dei dati esistenti; 2) caratterizzazione del sito e formulazione preliminare del modello concettuale; 3) piano di investigazione iniziale. Nella prima sezione, Raccolta e sistemazione dei dati esistenti, si organizzano i dati raccolti e si procede ad una descrizione sintetica del sito. La documentazione da raccogliere per la successiva progettazione comprende: - Inquadramento geografico del sito; 33

34 - Identificazione del sito, delimitazione ed estensione; - Tipologia dell area; - Planimetrie in scala; - Storia del sito; - Descrizione dei cicli produttivi; - Materie prime utilizzate; - Eventuali incidenti avvenuti; - Descrizione dei rifiuti prodotti; - Aree temporanee di stoccaggio dei rifiuti; - Modalità di smaltimento dei rifiuti. - Descrizione dello stabilimento - che faccia riferimento alle planimetrie disponibili tramite numeri o lettere che ne permettano l identificazione; - Descrizione, modalità di approvvigionamento ed eventuali aree di stoccaggio delle materie prime e del prodotto finito; - Presenza di serbatoi - presenti nel sito indicando tipo numero materiale di costruzione, volume, eventuali dispositivi di contenimento delle perdite, verifiche sulla tenuta, tipo di sostanze contenute attualmente e nel passato, presenza di tubazioni o pozzetti di collegamento alle zone di produzione; - Aree di stoccaggio dei fusti - con descrizione della tipologia e del numero; - Indicazione dell approvvigionamento idrico - acquedotto, pozzo con relativi volumi annui; - Descrizione dei modi di raccolta, smaltimento, trattamento e scarico in corpi idrici superficiali o fognature delle acque reflue; 34

35 - Riportare la presenza di materiali contenenti amianto e interventi di rimozione o incapsulamento già effettuati o in programma; - Riportare la presenza o meno di liquidi contenti PCB; - Riportare riferimenti catastali del sito - con la descrizione degli strumenti urbanistici vigenti o in corso d approvazione; - Riportare precedenti indagini ambientali effettuate. Nella seconda sezione, caratterizzazione del sito e formulazione preliminare del modello concettuale, si descrive l assetto fisico dell area con particolare riferimento alle matrici suolo e acque sotterranee: - Assetto geologico e idrogeologico - viene descritta la stratigrafia dei terreni, profondità, spessore dei litotipi, granulometria e permeabilità. Inoltre viene descritta la presenza o meno di una o più falde; - Aree di potenziale interesse ai fini della contaminazione - esse sono identificate in base alle informazioni contenute nei capitoli precedenti con lo scopo di una migliore progettazione del piano di investigazione iniziale; - Messa in sicurezza di aree contaminate; - Formulazione del modello concettuale preliminare del sito - come previsto dal Decreto Legislativo 152/2006. Con particolare attenzione ai caratteri ambientali e sociali del territorio circostante il sito in modo da identificare con sicurezza i bersagli potenziali di un eventuale contaminazione. Nella terza sezione, piano di investigazione iniziale, viene definito il seguente Piano di investigazione: - Pulizia della vegetazione infestante - onde evitare cadute accidentali; - Presenza di sottoservizi - come linee elettriche o tubazioni metalliche; 35

36 - Indagine sui chiusini esistenti - per la verifica di eventuali infrastrutture interrate sfuggite nella descrizione del sito; - Verifica su pozzi e piezometri esistenti; - Verifica della stabilità degli edifici; - Piano di gestione e smaltimento dell amianto - nel caso in cui i sopralluoghi hanno evidenziato tale presenza; - Piano di Gestione dei Rifiuti - nel caso in cui i sopralluoghi abbiano evidenziato tale presenza; - Gas interstiziale - quest indagine viene utilizzata in corrispondenza di punti vendita carburante, serbatoi e reti interrate; - Sondaggi - il D.Lgs. 152/2006 non fornisce indicazioni sul numero di sondaggi da effettuare, circa l ubicazione dei punti di campionamento essi devono essere disposti in modo da corrispondere agli obiettivi indicati nei criteri generali con ubicazione ragionata oppure sistematica in base al caso; - Piezometri - come per i sondaggi anche in questo caso il D. Lgs. 152/2006 non indica la quantità di piezometri da effettuare, il loro posizionamento viene fatto in base alle caratteristiche idrogeologiche dell area; - Rilievo topografico di tutti i piezometri - indispensabile per capire la direzione di deflusso della falda; - Prelievo dei campioni di terreno - questo argomento viene trattato nell allegato 2 al Titolo V della IV parte del D.Lgs. 152/2006 secondo il quale si deve procedere al prelievo di tre campioni: il primo da 0 a 1 m dal piano campagna, il secondo nel metro che comprende la frangia capillare, il terzo nella zona intermedia tra i due campioni; 36

37 - Prelievo dei campioni d acqua - all interno del piano vanno descritti i metodi di spurgo dei pozzi e quelli di campionamento delle acque sotterranee; - Analisi chimiche - non devono essere effettuate sulla lista completa delle sostanze indicate in tabella ma vengono scelte le più critiche in base alle attività pregresse del sito; - Analisi geotecnica - esse prevedono il prelievo di campioni di terreno rappresentativi delle litologie incontrate da sottoporre alle varie analisi; - Sintesi dei risultati delle indagini - mettendo insieme tutti i risultati ottenuti si riesce a giungere alla ricostruzione dell assetto geo-idrologico dell area di interesse. Il modello concettuale definitivo del sito si ottiene integrando i risultati delle varie analisi e indagini effettuate durante il campionamento. In tal modo è possibile individuare (APAT, 2007): Le fonti della contaminazione presente o passata; Le sostanze contaminanti presenti e la loro tossicità; Le caratteristiche rilevanti dell ambiente con cui il sito è in stretta interazione; La presenza di pozzi nel sito o nelle aree circostanti; Gli elementi territoriali rilevanti; Le modalità di esposizione dei vari bersagli. 37

38 1.4 IL CASO STUDIO DELL AZIENDA GEZOOV (GENERALE ZOOTECNICA VOLTURNO) (Figura 1.2) Figura 1.2 foto aerea ex GEZOOV Nell immediato dopoguerra obiettivo principale dei tecnici e degli imprenditori agricoli - zootecnici è stata sempre la ricerca dei mezzi atti a ridurre al minimo i costi di produzione, sia migliorando le tecniche colturali sia meccanizzando le aziende agricole, effettuando cioè una vera e propria razionalizzazione aziendale. In questo periodo in particolare si va alla ricerca dell impiego di nuove tecniche nella trasformazione dei foraggi in carne e latte (Di Muccio, 1971). Nel 1958 il governo dell epoca decide di avviare un piano di industrializzazione per il Sud. Si tratta di un operazione pianificata dalla Cassa per il Mezzogiorno. Un ruolo fondamentale è svolto dalle Partecipazioni Statali, a cui viene assegnato 38

39 per legge l obbligo di localizzare nel Mezzogiorno il 40% dei propri investimenti (Lombardi, 2004). Anche la comunità ed il territorio di San Potito Sannitico hanno vissuto esperienze di un intervento statale che si inserisce perfettamente nella logica politica di quegli anni (a partire dal 1960) ovvero la costruzione di uno dei più grandi centri di allevamento intensivo zootecnico italiano e forse europeo di quel periodo: la GEZOOV (Lombardi, 2004). Con la denominazione GEZOOV (Figura 1.3) è indicata un azienda agricolozootecnica realizzata alla fine del periodo (inizio lavori di realizzazione 1966, funzionamento a pieno regime ) per l allevamento di vitelli da ingrasso, un segmento specifico e, per l epoca del tutto innovativo, della filiera produttiva dell allevamento bovino da carne. Figura

40 La società GEZOOV S.p.A. fu fondata a Roma nel Lo statuto societario prevedeva nelle proprie finalità la valorizzazione dei territori del Medio Volturno mediante l organizzazione di uno o più centri zootecnici, comprendenti le installazioni e gli impianti fissi e mobili, necessari ad un razionale ed efficiente allevamento di bestiame e tutte le attività agricole ritenute necessarie al migliore funzionamento o idonee a facilitare i soci nelle colture foraggiere e nell allevamento del bestiame. Inoltre: l organizzazione dei trasporti, la produzione di carni, latte e prodotti zootecnici, l organizzazione eventuale di una centrale di raccolta e pastorizzazione del latte, di un caseificio, di un frigo macello, di impianti per la conservazione delle carni e del latte. Lo scopo principale era abbandonare totalmente i vecchi e tradizionali metodi di allevamento e creare nuovi ambienti razionali, rispondenti perfettamente alle moderne tecniche fisio-meccaniche per la produzione della carne. Da queste premesse nella zona alta del Medio Volturno nel territorio del Comune di San Potito Sannitico, in località Campochiaro nacque il grande Centro Zootecnico di Allevamenti di vitelli da carne (baby beef). Il tutto per un valore complessivo di lire (al 1970). Il complesso è stato studiato, progettato e realizzato dalla ditta specializzata in costruzioni zootecniche GI & GI di Reggio Emilia. La tecnologia relativa alla produzione del baby beef secondo i moduli GI & GI è basato: a) Produzione della carne nel periodo più favorevole del ciclo biologico dei bovini; 40

41 b) Applicazione di un programma di alimentazione che potesse utilizzare tutte le risorse fisiologiche dell individuo, adottando un sistema alimentare e per quantità e per qualità tale da adeguarsi alle varie fasi evolutive dell apparato digerente dei vitelli; c) Allevamento, in stalla, a stabulazione libera. Con questa tecnologia si ottengono i seguenti risultati: minimi investimenti in ambiente e attrezzatura, ampia meccanizzazione dell intero allevamento massimo coefficiente di trasformazione degli alimenti in carne, e quindi conseguente riduzione dei costi di produzione. La composizione sociale della società per azione GEZOOV si articola sulla compartecipazione di tre gruppi di azionisti: agricoltori organizzati in cooperative; agricoltori quali singoli azionisti; FINAM (finanziaria agricola meridionale). Mentre i primi due gruppi hanno il compito di adoperarsi per assicurare alla Società la più efficace assistenza nelle incombenze tecniche nonché all approvvigionamento del bestiame necessario all attività del centro zootecnico, (articolo 5, lettera b dello statuto), la FINAM si impegna a fornire la propria assistenza e collaborazione per agevolare i rapporti con gli istituti finanziari. Inoltre s impegna a prestare, alle condizioni che saranno concordate dalle parti, le eventuali fideiussioni richieste in relazione alle obbligazioni contratte dalla Società, che ha anche il compito di commercializzare non solo il proprio prodotto ma anche quello dei soci strappando definitivamente gli agricoltori dalla speculazione spesso disonesta dei commercianti. Inoltre, sarà l agricoltura dell intera zona che se ne avvantaggerà: per far fronte alle esigenze foraggere-alimentari della sola società l agricoltura dovrà completamente ristrutturarsi per far fronte all intero fabbisogno alimentare dell allevamento della 41

42 società e degli allevamenti dei singoli agricoltori. Dall altra parte scopo precipuo dell iniziativa della creazione della GEZOOV è stato quello di dar vita ad un impresa economicamente valida, nonché di stimolare l emulazione degli allevatori e dei foraggicoltori della zona (Di Muccio, 1971). L azienda, con diversi assetti, ha funzionato a pieno regime per circa 10 anni ( ) ma, con il fallimento dell ultima società proprietaria, la San Simeone S.r.l., l azienda è stata occupata, in modo del tutto abusivo, da alcuni operatori del settore zootecnico. Questi ultimi, in assenza di rivendicazioni da parte della società proprietaria delle strutture e delle superfici, e senza dimostrare alcun titolo o diritto legale d uso, hanno proseguito le attività di allevamento usufruendo sia delle strutture, per quanto via via sempre più fatiscenti, e delle superfici coltivabili. L abuso nell occupazione si è spinto fino ad eseguire il sequestro dei fabbricati non a norma, ai provvedimenti di messa in sicurezza delle strutture (rimozione delle coperture in cemento - amianto), anche in contrasto con l amministrazione pubblica (nello specifico il Comune competente per il territorio) che già rivendicava i propri titoli di proprietà sull area. Solo dopo circa 30 anni in data 31 ottobre 2008 con registrazione dell atto presso l Agenzia delle Entrate di Caserta il 3 novembre 2008, dopo un lungo contenzioso con gli occupanti abusivi l azienda è acquisita al patrimonio del Comune di San Potito Sannitico grazie ai fondi messi a disposizione nell ambito di un progetto di riqualificazione dell area. Caratteristiche dell azienda L azienda sorgeva in un unico fondo con moderata pendenza in direzione NE-SO denominata fondo Raineri di originaria proprietà della famiglia Filangieri di S. 42

43 Potito Sannitico. La parte destinata alla costruzione dei fabbricati è stata regolarizzata nella pendenza con una serie di tagli del profilo altimetrico della pendice per permettere la realizzazione di piattaforme orizzontali su cui edificare i singoli fabbricati, mentre la viabilità e, a maggior ragione i cunicoli dei sottoservizi rispettavano la pendenza iniziale. Anche nella parte coltivata del corpo aziendale è stato rispettato l andamento naturale della pendice anche se non mancano evidenze di considerevoli movimenti di materiali terrosi che hanno, in alcune zone a ridosso dei fabbricati, modificato l andamento delle superfici. Figura Planimetria generale 43

44 La struttura aziendale era stata progettata per ospitare, durante il corso di un anno, due mandrie di circa capi di bestiame bovino ed era, nel periodo di funzionamento, probabilmente tra le più grandi dell Italia e forse d Europa se non la più grande in assoluto. L intero complesso era composto da: diversi fabbricati per servizi tecnici (tra cui un piccolo frigo-macello ed un forno crematorio, presumibilmente per le macellazioni d urgenza); undici stalle della capacità di 400 capi ognuna; una tettoia di acciaio per il collegamento delle testate delle stalle; diversi impianti per la preparazione e distribuzione meccanica dei foraggi e concentrati; un deposito per i mangimi; un deposito di attrezzature varie; un magazzino centrale per il fieno della capacità di m 3. In seguito è stato costruito un impianto per l essiccazione delle deiezioni solide e liquide (Figura 1.2). Questi manufatti, e la viabilità di servizio, coprivano una superficie di circa m 2 su una superficie aziendale totale di circa m 2. Ogni stalla è divisa in box in cui sono ospitati di norma 20 capi, in stabulazione libera, ognuna di esse è fornita di impianto per la distribuzione meccanica dei foraggi e mangimi concentrati; di impianto per la ventilazione e di impianto per la distribuzione automatica di mangimi composti il tutto è azionato e comandato da un moderno e completo sistema elettronico (Di Muccio, 1971). I ricoveri per gli animali presentano dei pavimenti grigliati e sotto ad ognuno di essi era presente una vasca a doppia pendenza centro-laterale per il recupero dei liquami i quali confluiscono tutti in una vasca principale. La disposizione dei fabbricati destinati allevamento era estremamente funzionale e si sviluppava su di piattaforma impermeabilizzata che consentiva la viabilità dei mezzi meccanici e al di sotto della quale era sviluppata la rete dei sottoservizi. Nella configurazione originale dell allevamento 44

45 i liquami erano convogliati direttamente all interno dell essiccatore (Figura 1.4) e da qui alla piattaforma di stoccaggio in attesa delle operazioni di insaccatura per il trasporto al di fuori dell azienda. In una fase, successiva questa parte dell impianto era stato dismesso e smantellato perché il ciclo di essicazione era stato ritenuto antieconomico. Figura 1.4 Essiccatore liquami Tra alterne vicende l azienda ha mantenuto fino al 2008 questo ordinamento produttivo con alcune variazioni circa la numerosità della mandria residente e del tipo di destinazione produttiva. Questo utilizzo non ha però evitato una progressiva obsolescenza delle strutture che, con l eccezione della costruzione di alcuni paddock semiaperti e la sostituzione obbligata delle tettoie in cementoamianto, non sono mai state efficacemente manutenute. Con la definitiva 45

46 dismissione delle attività di allevamento del 2013 l azienda si presenta in totale abbandono e in uno stato di degrado molto avanzato (Figura 1.5). Figura 1.5 Vista aerea dell ex GEZOOV Criticità accertate nell area occupata dall Azienda ex GEZOOV: Presenza di coperture in cemento amianto eternit La presenza di questo materiale è attestata dal verbale Nr. 3 del 15 marzo 2001 dell Azienda Sanitaria Locale CE/1; i quali in data 1 marzo 2001 attestano che tale materiale risulta essere altamente danneggiato ed esposto tra l altro ad agenti atmosferici con possibile ulteriore degrado che consentirebbe un maggior rilascio di fibre di amianto con rischio per la popolazione esposta. Inoltre, rilevano che tale materiale è costituito da cemento amianto crisotilo in forma compatta, quest ultimo in percentuale variabile da 11,9 a 14,0 % così come certificato dalle indagini ambientali eseguite per conto della stazione dei carabinieri di Piedimonte Matese in data 9 novembre 2000 e dall ARPAC. Suddetta area viene bonificata molto tempo dopo (quasi 10 anni) come risulta dalla comunicazione del 46

47 Dipartimento di Prevenzione, Unità Operativa di Prevenzione Collettiva ASL Caserta il 22 settembre 2011 prot. Nr eseguita da parte della Ditta incaricata Ecobuilding Srl con sede legale via Areusta N.3 S. Lucia di Serino (AV) per conto dei proprietari delle mandrie che in quel periodo occupavano abusivamente le strutture aziendali. Inquinamento da idrocarburi causato dalla fuoriuscita di olio diatermici/nafta con conseguente inquinamento delle superfici circostanti e dei fossati adiacenti all area Vari documenti attestano questo episodio, tra cui il verbale Nr.17/42-1 di protocollo del 25 luglio 1996 dei Carabinieri della Stazione di Piedimonte Matese e il verbale del comando di Polizia Municipale di San Potito Sannitico protocollo Nr.3761 del 26 luglio 1996; entrambi rilevano la presenza di questi composti nei fossi di scolo adiacenti all ex GEZOOV. Da ulteriore verifica si notò che l olio/nafta proveniva da tre cisterne che stazionano da anni nella ex GEZOOV. Tale situazione fu confermata anche dalla Procura della Repubblica, che il 27 febbraio 1999 emise un ordinanza (Nr. 4057/97 R.G. Not. di Reato) di bonifica delle aree interessate da tale fenomeno a carico della Società Agricola Montemiletto in quanto proprietaria dell area. Nuovo inquadramento dell area nelle zone vulnerabili ai nitrati di origine agricola (ZVNOA) La recente (2017) delimitazione delle ZVNOA da parte della Regione Campania ha riclassificato parte dell agro del Comune di S. Potito Sannitico come zona 47

48 vulnerabile e, di conseguenza, soggetta ai vincoli della vigente "Disciplina tecnica regionale per l'utilizzazione agronomica degli effluenti di allevamento" (DGR n. 762/2017) (Regione Campania, 2017). Tale situazione è il frutto di una evoluzione normativa regionale, in particolare: Febbraio 2003: Disciplina tecnica per lo spandimento dei reflui zootecnici (DGR 610/2003) Febbraio 2003: Zone vulnerabili ai nitrati di origine agricola (DGR 700/2003) Luglio 2003: Direttiva tecnica per il piano di utilizzazione agronomica dei reflui zootecnici (DGR 2382/2003) Febbraio 2004: Programma d'azione della Campania (DGR 182/2004) Luglio 2005: Piano di Comunicazione per il Programma d'azione (DRD n. 345/2005) Febbraio 2007: Disciplina tecnica per lo spandimento dei reflui zootecnici (DGR 120/2007) Febbraio 2007: Rimodulazione del Programma d'azione per la Campania (DGR 209/2007) Dicembre 2017: Delimitazione delle zone vulnerabili ai nitrati di origine agricola (DGR 762/2017) Le superfici coltivate di diretta pertinenza aziendale, se rapportate ai capi di bestiame annualmente presenti in progetto, appaiono, letti i criteri d oggi, essere sottodimensionate per lo smaltimento dei liquami prodotti. Tuttavia, già in fase di progettazione il problema doveva essere stato preso in considerazione, infatti fu 48

49 realizzato un essiccatore alimentato a gasolio, che per problemi di progettazione e di variazione del prezzo del petrolio restò in funzione solo per 2 anni dalla sua realizzazione. Dal momento in cui l essiccatore fu dismesso iniziarono a sorgere problemi di collocazione dei liquami e furono attuate pratiche di smaltimento incontrollate e non sostenibili persino per le fragili leggi di tutela ambientale della seconda metà del secolo scorso. Infatti, sulla base di alcune testimonianze raccolte tra gli ex-operai dell azienda è possibile affermare che per far fronte a tale problema sono state escavate sulle superfici agricole aziendali alcune vasche, senza alcuna impermeabilizzazione (c.d. lagune). La realizzazione delle vasche trovava una sua ragione nell alta impermeabilità dei suoli argillosi dell area che garantiva di poter fare sedimentare le componenti solide dei liquami senza il timore di eccessiva percolazione in falda. Per la frazione liquida così separata si confidava nelle possibilità offerte dall esteso reticolo idrografico superficiale, costantemente alimentato dalla falda affiorante, per effettuare operazioni di smaltimento più o meno occulte. Attualmente tutti gli edifici aziendali si presentano in grave stato di deterioramento delle strutture murarie e delle coperture, della viabilità interna e delle strutture fognarie, dimensionate, peraltro, alla canalizzazione delle ingenti quantità di liquami verso la cisterna interrata di stoccaggio. Tutte le attrezzature amovibili e riutilizzabili sono state asportate, il saccheggio si è spinto fino all asportazione dei quadri e dei cavi elettrici. I motori e gli scambiatori termici dell impianto, così come il tamburo rotante di essicazione sono stati asportati. Tutta l area si trova in una accentuata condizione di degrado, non esente da pericoli per la condizione di piante da alto fusto non correttamente potate, precaria 49

50 stabilità dei solai e delle tettoie dei fabbricati, assenza di chiusini sui pozzi di ispezione dell apparato fognario e delle cisterne interrate.. 50

51 2. FINALITÀ Lo scopo del presente lavoro è elaborare alcuni aspetti del piano della caratterizzazione dell area dismessa ex GEZOOV, situata nel comune di San Potito Sannitico (CE). L area ex GEZOOV costituisce un caso abbastanza complesso di inquinamento ambientale in ambito rurale, conseguenza delle attività di produzione e di abbandono del sito post-produzione. Saranno quindi considerati alcuni aspetti del piano di caratterizzazione dell area secondo quanto previsto dal D.Lgs. 152/2006 (che riprende quanto illustrato dall Allegato n.4 del D.M. 471/1999). Saranno esaminate le tre sezioni in cui tale piano è articolato: 1. Raccolta e sistematizzazione delle informazioni esistenti; 2. Caratterizzazione del sito e formulazione preliminare del modello concettuale; 3. Piano di investigazione iniziale sulla base dei risultati di cui i punti precedenti saranno fornite le linee guida determinanti per la redazione del progetto preliminare di bonifica secondo le più idonee strategie a disposizione. Tale sito, nonostante non sia inserito in un contesto urbano ma in una zona periferica non urbanizzata del territorio comunale, può essere comunque definito come un brownfield dato che ha tutte le caratteristiche di un area industriale dismessa e degradata bisognosa di un progetto di riqualificazione e trasformazione. 51

52 3. MATERIALI E METODI 3.1 NORMATIVA DI RIFERIMENTO Per la realizzazione del Piano della Caratterizzazione occorre fare riferimento al D.Lgs. 152/2006 che lo contempla all articolo 242 procedure operative e amministrative e fornisce indicazioni sulla sua redazione nell Allegato 2. Le metodiche analitiche adottate sono quelle contenute nella Raccolta Metodi di Analisi dei suoli redatta dal CTN SSC Centro Tematico Nazionale Suolo e Siti Contaminati per acque sotterranee quelle del CNR-IRSA (Consiglio Nazionale delle Ricerche Istituto di Ricerca sulle Acque) e dell EPA (Environmental Protection Agency). 3.2 CARTOGRAFIA CARTACEA E INFORMATICA La cartografia di base è rappresentata dai seguenti documenti cartografici: 1. Carta Geologica alla scala 1: ; Foglio 161 Isernia, Foglio 162 Campobasso, Foglio 172 Caserta; 2. Carta Geomorfologica alla scala 1: ; 3. IGM - Carta Topografica d'italia fogli: 161 Isernia ( ), 162 Campobasso ( ) e 172 Caserta (1957), alla scala 1: ; 4. IGM - Carta Topografica d'italia 161II SE Piedimonte d'alife, (1946), 162III SO Cusano Mutri (1954) e 172 I NE Alife (1946), alla scala 1:25.000; 52

53 5. Carta dell'uso Agricolo del Suolo (CUAS) relativa all'anno 2009; 6. ZVNOA (Zone Vulnerabili ai Nitrati di Origine Agricola) Campania relativa all anno 2017; 7. Stralcio della Carta Topografica d'italia Foglio 418 Piedimonte Matese, reticolo idrografico Carte derivate Le carte derivate sono state ottenute dall elaborazione della cartografia di base tramite l uso del software ArcGis 10.2 che consente di individuare i modelli, le relazioni e le tendenze che caratterizzano i dati geospaziali, evidenziando ciò che spesso non è facilmente deducibile da un database, un foglio di calcolo e da uno strumento di analisi statistica. Oltre alla visualizzazione dei dati come elementi geometrici su una mappa, ArcGIS permette la loro gestione e integrazione, l'analisi spaziale avanzata e la modellazione. Il SIT consente di mettere in relazione tra loro dati diversi, sulla base del loro comune riferimento geografico, producendo nuove informazioni attraverso funzionalità di analisi tese a trasformare ed elaborare gli elementi geografici e gli attributi. Dall elaborazione della cartografia di base sono state ottenute le seguenti carte derivate: a) ZVNOA San Potito Sannitico; 53

54 b) Reticolo idrografico San Potito Sannitico; c) Carte delle Unità Litologiche; d) Carta dell uso agricolo del suolo (CUAS); Tali contenuti saranno illustrati nel successivo capitolo dei risultati. 3.3 RILEVAMENTO PEDOLOGICO Il rilevamento pedologico è stato svolto seguendo le indicazioni contenute nelle Linee guida dei metodi di rilevamento e informatizzazione dei dati pedologici (Costantini, 2007). Nell area sono stati effettuati in totale 5 profili speditivi nelle zone ritenute più critiche. I profili sono descritti sommariamente e campionati per tutto lo spessore di suolo esplorabile. Le attività di rilevamento sono state svolte in data 22 novembre 2017 (Figura 3.1). 54

55 Figura 3.1 Planimetria generale con ubicazione dei profili La localizzazione dei profili esplorativi è stata scelta dopo una valutazione accurata di tutte le criticità emerse durante il sopralluogo effettuato in azienda in data 22 novembre In campo sono stati aperti cinque profili esplorativi: Profilo 1_ salici (P117401) in ambiente semi-naturale con copertura di salici; Profilo 2_ paddock (P117409) nella parte adibita tuttora a coltivazione a ridosso dei nuovi ricoveri di stabulazione semi aperti; Profilo 3_ serbatoi (P117414) nella zona incolta in prossimità dei fabbricati per il ricovero delle caldaie e dei motori dell impianto di essiccamento dei liquami zootecnici; 55

56 Profilo 4_ vasca (P117422) nella parte adibita tuttora a coltivazione in prossimità di una vasca di raccolta delle acque sorgive; Profilo 5_ ricovero (P117427) adiacente al profilo 4 in prossimità del complesso dei ricoveri chiusi a stabulazione libera. Il simbolo W nell orizzontazione indica il rinvenimento della falda che, di fatto, limita l osservazione dello spessore verticale del suolo. Successivamente in laboratorio sono state eseguite le varie analisi sui campioni prelevati e in particolare sui campioni dei profili 2,3, 4 e 5, ritenuti i più problematici. In data 9 gennaio 2018 durante una seconda attività di rilevamento sono state esplorate quattro trincee, per una profondità di 1,0 m, a ridosso del Profilo 3 per delimitare l area interessata da un probabile inquinamento da olii diatermici o idrocarburi (Figura 3.2). Figura 3.2 Planimetria generale con ubicazione delle trincee di ispezione 56

57 3.4 METODI DI ANALISI DEI SUOLI In considerazione degli obiettivi della presente Tesi e della diversa tipologia di materiale da analizzare sono state utilizzate differenti tecniche di preparazione e di analisi dei campioni prelevati in campo. Per lo studio dei campioni sono stati usati i metodi di analisi chimica del suolo del Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, di seguito indicati come metodo n.i, n. II, n. III, ecc., (Violante, 2000). Modalità di prelevamento di campioni di suolo da sottoporre ad analisi (metodo n. I.1). Preparazione del campione e determinazione dello scheletro (metodo n. II.1). Per tale determinazione il campione viene fatto prima asciugare pesato e vagliato con setaccio a 2 mm e infine viene pesato scheletro e terra fine. Determinazione della granulometria per setacciatura ad umido e sedimentazione metodo della pipetta (metodo n. II.5). Tale determinazione è stata effettuata pesando 10 g di terra fine a cui sono stati aggiunti 10 ml di sodio esametafosfato come agente disperdente, il tutto è stato portato a volume con H 2 O distillata e posto in agitazione per due ore. Successivamente, il campione è stato vagliato con setaccio metallico da 0.2 mm ed è stato determinato il quantitativo di sabbia grossa. La restante frazione è stata trasferita all interno del Levigatore di Andreasen, dopo ciò, prelevando a tempi prestabiliti è stato possibile definire le frazioni limo grosso, limo fine e argilla. 57

58 Determinazione del carbonio organico totale metodo di Springer e Klee (metodo n.vii.2). Il contenuto di carbonio organico totale (Total Organic Carbon - TOC) è stato determinato secondo il metodo Springer-Klee, opportunamente modificato. In particolare rispetto alla procedura classica (MiPAAF, 2000) è stata introdotta una modifica nella fase di ossidazione con l utilizzo di un digestore termostatato temporizzato in luogo del riscaldamento tramite becco Bunsen a fiamma libera (Rubino et al., 2008). Tale metodo prevede che il carbonio organico venga ossidato per via umida con una soluzione di potassio bicromato (K 2 Cr 2 O 7 ) in ambiente acido in condizioni di alta temperatura (160 C). La reazione che caratterizza questo processo è la seguente: 3C+2K 2 Cr 2 O7+8 H 2 SO 4 K 2 SO 4 +2Cr 2 (SO 4 )3+H 2 O+3CO 2 L eccesso di bicromato che non ha reagito con il carbonio viene successivamente retrotitolato con una soluzione di un sale ferroso, in presenza di un indicatore oxred. I risultati sono stati espressi in chilo di matrice secca a 105 C. Determinazione del fosforo assimilabile metodo Olsen (metodo n.xv.3). Trasferire 2 g del campione di terra fine in contenitore di materiale plastico da 100 ml o un tubo da centrifuga da 125 ml. Aggiungere 0,5 g di carbone attivo e 40 ml (V1) della soluzione (0,5 moli. L -1 ) di sodio bicarbonato a ph 8,5. Tenere in agitazione per 30 minuti e filtrare la soluzione con filtro tipo Whatman n 42 raccogliendo il filtrato in contenitore di materiale plastico munito di tappo. Se 58

59 necessario, per soluzioni molto scure, si aggiunge il carbone attivo per ridurre l interferenza della sostanza organica solubile. Preparare la prova in bianco seguendo le stesse modalità operative, omettendo il campione di suolo. Il fosforo infine viene determinato per spettrofotometri. Incenerimento in muffola per la determinazione del carbonio organico totale. Sono stati pesati 10 g di terra fine del campione di interesse e messi in muffola a 550 C fino ad imbianchimento. Dopo l incenerimento è stato pesato il quantitativo di ceneri, la determinazione è stata eseguita in tre repliche. Determinazione idrocarburi e IPA (idrocarburi policiclici aromatici). La determinazione degli idrocarburi del petrolio è stata fatta tramite una microestrazione in fase solida con gas cromatografia-spettrometria di massa (Journal of chromatographic science). Per gli IPA è stata fatta una determinazione quantitativa di 16 idrocarburi policiclici aromatici mediante microestrazione in fase solida (Journal of separation science). Tutte le analisi sono state svolte presso il laboratorio di Geopedologia del Dipartimento di Scienze e Tecnologie Ambientali Biologiche Farmaceutiche dell Università degli Studi della Campania Luigi Vanvitelli, fatta eccezione per la determinazione degli idrocarburi, svolta presso il laboratorio di Chimica Ambientale dello stesso Dipartimento, sotto la direzione del Dott. Pasquale Iovino. 59

60 Procedure di calcolo. Tutti i dati sono stati elaborati adoperando il software Microsoft Excel

61 4. RISULTATI E DISCUSSIONI 4.1 INQUADRAMENTO TOPOGRAFICO SAN POTITO SANNITICO L'area comunale di S. Potito Sannitico, alla base delle pendici meridionali del Gruppo del Matese centrale (Campania settentrionale), è nella fascia latitudinale compresa tra 41 29'24 e 41 18'40 NORD, e longitudinale tra 14 22'13 e 14 28'48 EST (valori riferiti al sistema cartografico nazionale, Gauss Boaga, Zona 2, Roma40). Di forma sub rettangolare, orientata in direzione NE-SO, con lunghezza di ca. 11 km ed un'ampiezza di ca. 2,5 km, copre un'area di ca. 22,8 km 2 e si pone altimetricamente tra le quote di 1640 (Monte Pastonico) e 114 m s.l.m. (Figura 4.1). Figura Stralcio della Carta Topografica d'italia Foglio 418 Piedimonte Matese; in blu scuro traccia di una sezione topografica. 61

62 Il profilo topografico (Figura 4.2) realizzato lungo la traccia di sezione orientata NE-SO (Figura 4.1), mostra le variazioni altimetriche della zona: l'area è prevalentemente montuosa, articolata per l'alternanza di creste e selle, talora ampie da costituire degli altopiani. Alla quota di ca. 470 m s.l.m. una rottura di pendenza segna la fascia di raccordo con la pianura alluvionale di Alife del medio corso del Fiume Volturno. A B Figura 4.2 Profilo topografico 4.2 INQUADRAMENTO TERRITORIALE L area oggetto di studio ricade interamente nel Comune di San Potito Sannitico provincia di Caserta, il cui territorio si estende nel comprensorio matesino alla sinistra del fiume Volturno da cui dista 15 km. Il territorio comunale di San Potito Sannitico confina a nord con il massiccio del Matese ad ovest con il Comune di Piedimonte Matese, ad est con il Comune di Gioia Sannitica ed infine a sud con il territorio del Comune di Alife. L area comunale è totalmente compreso nella perimetrazione della comunità montana del Matese e parzialmente nel parco regionale del Matese. Il centro urbano del comune ha un altezza media sul livello 62

63 del mare pari a 289 m, mentre l area di nostro interesse nella parte più bassa del territorio comunale ha un altezza media pari a 125 m. Dal punto di vista geo litologico il territorio si presenta costituito, nella parte alta e in buona parte del centro urbano da roccia calcarea fratturata di ottima resistenza ad una profondità media di circa 5 m. Nella parte di territorio a valle del centro urbano e la rimanente parte del centro urbano stesso la geo litologia è sostanzialmente diversa essendo costituita da strati di argilla mista a calcare (c.d. tassone), e strati di conglomerati. In questa zona lo strato di calcare di origine carbonatica si trova a 10/15 metri di profondità; il territorio nel complesso non è interessato da fenomeni di carattere franoso in atto né pregressi. Per quanto riguarda l idrografia sono presenti vari canali naturali che partendo dalle pendici del monte Airola attraversano il territorio comunale dirigendosi verso la piana alifana convogliando tutte le acque naturali e piovane. Il territorio comunale è per la maggior parte destinato ad uso agricolo con colture erbacee di tipo seminativo irriguo e colture arboree caratteristiche (uliveti, vigneti e frutteti). Il tessuto urbano nelle zone agricole periferiche, si presenta essenzialmente costituito da case sparse unifamiliari costruite con materiali naturali locali. Il centro urbano si è sviluppato attorno al centro storico costituito da una notevole densità edilizia superiore alla densità media dell intero comune. All interno del centro storico vi è una serie di vie interne di piccole dimensioni intrecciate tra loro che caratterizzano il paesaggio urbano dei comuni montani come San Potito Sannitico (Navarra, 2014). 63

64 4.3 INQUADRAMENTO GEOLOGICO Il Gruppo montuoso del Matese, con cime che localmente raggiungono e superano i m è costituito da potenti successioni sedimentarie carbonatiche mesozoico-terziarie e da depositi flyschoidi tardo-miocenici, in seguito deformate nel tardo Miocene da eventi orogenetici e dissecate nel Plio-Pleistocene da faglie dirette, legate a tettonica distensiva. Di età quaternaria ed olocenica sono le ampie fasce, costituite da detrito carbonatico e talora prodotti piroclastici rimaneggiati, che costituiscono falde detritiche e conoidi di deiezione e i depositi alluvionali eterometrici ed eterogenei di fondovalle, a cui esse si raccordano (Ippolito et al., 1973). Nell'area di San Potito i terreni più antichi affioranti sono riferibili ai depositi di piattaforma carbonatica di età mesozoica che costituiscono l'ossatura della parte francamente montuosa. Lembi di depositi flyschoidi tardo-miocenici affiorano limitatamente nella zona di raccordo tra la Piana Alifana e le propaggini della catena appenninica, ricoperti da detrito di falda (sciolto e/o cementato), costituito prevalentemente da brecce calcaree che nel settore sud-occidentale sono ricoperte da depositi (chiaramente alluvionali) di diversa natura ed origine, eterometrici, organizzati in strati e lenti. Talora i depositi carbonatici, soprattutto in corrispondenza delle depressioni intramontane, di origine carsica, sono sormontati da accumuli costituiti da c.d. terre rosse. Il territorio di San Potito Sannitico comprende una zona di fondovalle e una zona montana lungo il bordo sudoccidentale del gruppo del Monte Matese. I terreni che affiorano nella zona sono costituiti, dal basso geometrico verso l alto, dalle seguenti unità: rocce carbonatiche della piattaforma Abruzzese - Campana, coperture prevalentemente 64

65 argillose di età miocenica delle rocce carbonatiche mesozoiche e terreni quaternari rappresentati da detriti e da alluvioni. Le rocce carbonatiche della piattaforma Abruzzese - Campana costituiscono la gran parte dei rilievi del gruppo del Matese e affiorano nella parte settentrionale dell abitato. Queste hanno uno spessore complessivo di m, si presentano molto fratturate e localmente allo stato cataclastico. I terreni miocenici sono rappresentati da alternanze di arenarie e da argille, hanno uno spessore di alcune centinaia di metri e affiorano nella zona ad oriente e occidente dell abitato. Essi sono stati sede di importanti faglie dirette recenti orientate NO-SE. Tali faglie hanno rigetti verticali complessivi di m. A nord - est del gruppo del Matese si trova la depressione strutturale ben individuata dalle località di Morcone, Sepino, e Isernia con orientazione NO - SE e delimitata da faglie dirette recenti di notevole importanza per i rigetti verticali e per l attività sismogenetica. San Potito Sannitico, si trova ubicato a circa 20 km di distanza dalle strutture sismogenetiche più importanti che nel passato hanno originato vari sismi. Il territorio di San Potito Sannitico è caratterizzato dal punto di vista geologico e morfologico da: - Un ampia zona da submontana a montana da settentrione, nella posizione nord orientale, il territorio presenta pendenze elevate generalmente superiori al 20% e quasi mai inferiori al 30% costituite dalle alte e medie pendici del versante meridionale di Monte Sant Angiolillo e di Monte della Crociella. Nell insieme la morfologia di questa fascia è aspra e rupestre con pareti rocciose; alla base di esse si notano frequenti massi calcarei eterometrici, anche di grosse dimensioni, (accumulati per effetto di fenomeni di crollo). La litologia è costituita da dolomie e da calcari 65

66 dolomitici spesso saccaroidi, in strati e banchi, con intercalazioni di dolomie microcristalline leggermente bituminose, grigio scure, con alternanze subordinate di calcari dolomitici, passanti alle formazioni più calcaree di età giurassico. Lo spessore complessivo di questa parte di serie carbonica raggiunge i metri; - Un area intermedia costituente una fascia di raccordo tra i rilievi e il fondo valle, su cui sorge il centro abitato del paese tra le quote altimetriche di m s.l.m.. Dove si rinviene un substrato essenzialmente detritico, localizzato nell ambito di un ampia conoide di deiezione costituita dalla fusione di numerose conoidi, formatasi in corrispondenza degli impluvi trasversali al versante meridionale del massiccio del Matese. Il limite tra la fascia delle conoidi e le formazioni alluvionali della piana alifana è abbastanza graduale, caratterizzato dalla frequente alternanza di livelli ciottolosi e livelli sabbioso ghiaiosi, alle volte sabbioso limosi. I materiali alluvionali della piana alifana presentano una giacitura sub-orizzontale; il materiale detritico delle conoidi di deiezione si presenta generalmente sotto forma di struttura lenticolare e a giacitura concorde rispetto al profilo morfologico. I terreni di natura carbonatica che costituiscono i rilievi sovrastanti il centro urbano di San Potito Sannitico presentano sempre una permeabilità altissima per fratturazione e carsismo. Ciò implica che la quasi totalità della pioggia che vi cade può infiltrarsi e raggiungere la falda basale. La permeabilità dei terreni detritici che dai bordi dei contrafforti montuosi raggiungono il fondovalle alluvionale risulta essere sicuramente inferiore a quella dei calcarei, presentando una 66

67 permeabilità generalmente media alta per porosità con coefficiente di infiltrazione potenziale valutabile al 60% delle precipitazioni annue. In questo caso il coefficiente di infiltrazione può subire variazioni all interno del complesso, in corrispondenza di quei livelli di deposizione che presentano granulometrie più fini legati alla presenza di depositi alluvionali o di natura piroclastica. Nel complicato sistema idrodinamico dell area, i terreni riferibili al complesso in questione rivestono l importante ruolo di distribuire sotto forma di falda freatica le acque di trabocco del massiccio matesino, trabocco che avviene in corrispondenza della soglia di permeabilità sovrimposta all acquifero e che essi stessi tendono sovente a mascherare. Ne consegue che nei sedimenti più tipicamente alluvionali la permeabilità scende a livelli decisamente bassi, valutabile mediamente al 25% delle precipitazioni, con formazione di piccole falde episuperficiali sospese, nella cui esistenza giocano un ruolo determinante i materiali più fini. La circolazione idrica superficiale è legata alla presenza della formazione detritica che presenta una permeabilità medio alta dovuta esclusivamente alla sua porosità; difatti nel sottosuolo dell area interessata in media il livello freatico si trova ad una quota tra 4 8 m all interno di uno strato costituito da detrito calcareo tamponato alla base da uno strato impermeabile argilloso (Regione Campania, 2013). Da come si può osservare dalla Figura 4.3 l area di nostro interesse risiede interamente sull unità litologica costituita da detrito di falda ed è posizionata nella zona di raccordo con la Piana Alifana (Navarra, 2014). 67

68 Figura Carta delle Unità Litologiche 4.4 CARATTERISTICHE IDROGEOLOGICHE DEL TERRITORIO L'idrografia dell'area è strettamente legata all'assetto litologico e strutturale (Figura 4.4) della zona. L'area montuosa è caratterizzata da una rete di drenaggio costituita da aste orientate prevalentemente in direzione appenninica, anti appenninica ed est-ovest, in accordo con i principali allineamenti tettonici, a costituire un pattern di tipo reticolare. In corrispondenza del Monte La Crocella (808 m s.l.m.) lungo i versanti dei quadranti meridionali si sviluppano incisioni che raccolgono acque sorgive e zenitali convogliandole nel Vallone Pacifico e Fosso Pisciarello, ad andamento 68

69 anti appenninico, che incidono la falda detritica. Fosso Pisciarello in particolare attraversa l'area urbana di San Potito, in parte tombato, e rappresenta un affluente di sinistra del Fiume Volturno immettendosi nello stesso in prossimità della località Scafa Nuova nel territorio di Alife. Figura Stralcio della Carta Topografica d'italia Foglio 418 Piedimonte Matese; in evidenza le principali linee del deflusso idrico superficiale 69

70 L'assetto geologico dell'area caratterizza anche l'aspetto idrogeologico. Sulla base delle rocce affioranti Corniello e coll. (2005) identificano più complessi idrogeologici, ossia corpi costituiti da un insieme di termini litologici generalmente simili, aventi una comprovata unità spaziale e giaciturale, un prevalente tipo di permeabilità generalmente comune ed un grado di permeabilità relativa che si mantiene generalmente in un campo di variazione piuttosto ristretto. Procedendo da quello più recente, quindi quello più alto nella successione stratigrafica sono stati definiti: Complesso delle piroclastiti sciolte: è costituito da depositi piroclastici e piroclastico alluvionali, sciolti e spesso rimaneggiati. Rappresentano depositi in sede, ma più spesso legati a processi di accumulo di materiali piroclastici erosi dagli accumuli presenti sui versanti carbonatici. La granulometria è assai variabile sia arealmente che in profondità, più spesso media o medio fine. Prevale cioè una matrice cineritica associata a pomici, scorie e lapilli: questi elementi più grossolani sono distribuiti nella matrice ovvero riuniti in livelli, anche di un certo spessore, ma quasi sempre privi di significativa continuità areale. Alla base dei versanti carbonatici, i materiali predetti si ritrovano spesso associati a detriti carbonatici di varia pezzatura che a luoghi formano livelli anche di un certo spessore. L estrema variabilità della giacitura e della granulometria si traduce in una grande variabilità della permeabilità. Il grado di permeabilità di questa è basso nelle cineriti e comunque in tutti i materiali a matrice cineritica prevalente; ma diviene elevato nei banchi, tasche e lenti di pomici, lapilli, scorie e sabbioni vulcanici. Pertanto, prese nel loro insieme, alle piroclastiti in sede può essere 70

71 attribuita una permeabilità medio bassa, che si fa più ridotta in quelle nuovamente sedimentate. Complesso dei depositi detritici di versante: sono rappresentati, in primo luogo, dagli estesi depositi di conoide che si osservano ai piedi dei versanti carbonatici in corrispondenza dei principali valloni. Si tratta di materiale calcareo e calcareo dolomitico più o meno cementato e spesso in matrice piroclastica medio- fine. In questa zona i livelli di piroclastiti e talora suoli sepolti sono intercalati a più altezze stratigrafiche. La permeabilità globale è piuttosto alta data la pezzatura sovente grossolana dei clasti; le intercalazioni piroclastiche, discontinue e di ridotto spessore, non giocano un ruolo idrogeologico significativo. Complesso alluvionale: depositi alluvionali presenti a tetto dell Ignimbrite Campana, che rappresenta la base della Piana di Alife. Esso è costituito da depositi prevalentemente argilloso-limosi, sabbiosi o sabbioso-ghiaiosi. Di frequente, i sondaggi hanno rivelato a diverse altezze stratigrafiche, discontinui livelli di materiale torboso. La struttura del complesso è pertanto assai articolata: i depositi che lo costituiscono presentano, infatti, frequenti variazioni granulometriche in senso areale e lungo le verticali. Pertanto è difficile che s individuino livelli di scarsa permeabilità sufficientemente continui da frazionare il complesso in più strati distinti. La permeabilità varia da bassa a media al crescere della granulometria. Complesso arenaceo-marnoso-argilloso: è costituito da arenarie mioceniche alternate a livelli di marne, di argille ed a calcari marnosi. La permeabilità è molto bassa; il complesso costituisce di fatto un importante elemento di 71

72 condizionamento della circolazione idrica sotterranea, rappresenta, ad esempio, il limite inferiore delle falde idriche. Complesso calcareo: comprende i calcari, e subordinatamente i calcari dolomitici che formano i rilievi carbonatici. I calcari sono sovente stratificati e costantemente fratturati; la permeabilità è molto alta per fratturazioni e carsismo. Tali rilievi carbonatici sono sede di acquiferi di importanza regionale. L alta permeabilità, l assenza di importanti impermeabili intercalari, le quote topografiche raggiunte e l estensione comportano infatti, per questi rilievi, un elevata infiltrazione efficace: questa di norma non si fraziona ad alimentare corpi idrici distribuiti a quote diverse ma contribuisce alla formazione di cospicue falde di base che alimentano grosse sorgenti e/ o importanti travasi sotterranei verso i complessi più ricettivi delle piane. Va comunque osservato che non sempre dai rilievi suddetti vi è alimentazione idrica sotterranea con recapito verso le piane; in altre situazioni, poi, al bordo delle stesse i terreni presenti sono del tutto impermeabili e quindi tali da non attivare alcun significativo travaso sotterraneo verso le piane. Nella Piana di Alife, in particolare nella porzione pianeggiante del Comune di San Potito Sannitico, sono state identificati due distinti acquiferi. Uno più superficiale, è legato allo spessore detritico-alluvionale a tetto dei depositi marnoso-argillosi pressoché impermeabili. L altro, profondo, corrisponde al substrato carbonatico. Tale substrato è senz altro connesso con le falde di base del Massiccio del Matese. Le fasce cataclastiche a ridosso delle numerose discontinuità tettoniche devono verosimilmente rappresentare un serio ostacolo alla circolazione idrica sotterranea. Nei fatti ciò determina una sorta di spartiacque che si può pensare coincidente con la zona più depressa del substrato. Oltre al materiale alluvionale 72

73 vanno ad associarsi detriti carbonatici di versante, livelli di vulcaniti argillificate, materiali questi tutti giusto apposti alle rocce calcareo-dolomitiche del massiccio. Si tratta di terreni permeabili per porosità, anche se è da ritenere che le caratteristiche granulometriche e deposizionali dei litotipi inducano frequenti e non prevedibili variazioni in senso spaziale del grado di permeabilità. Per tale situazione la falda presente non risulta tamponata con efficacia e parte di essa travasa nei depositi detritico-piroclastici ed alluvionali giusto apposti. Questi ultimi diventano così sede di un corpo idrico unico che tende tuttavia a digitarsi in livelli, più o meno interconnessi, corrispondenti agli episodi di maggiore granulometria. Il carattere generale di tale falda è freatico, non sono però da escludere, per le ragioni ricordate, settori di falda con carattere semi confinato o confinato in virtù di locali, e sufficientemente continui, livelli di fine granulometria. L esistenza di un travaso sotterraneo del massiccio verso i depositi della piana è inoltre rivelato dal locale disegno piezometrico che presenta direzioni di flusso sub- ortogonali al Matese e orientato verso il Volturno che, in effetti, costituisce il recapito esterno e finale della falda. L entità del travaso, valutata mediante misure della portata in diversi sezioni dell alveo del fiume, e stimata in circa 1 m 3 /s. 4.5 INQUADRAMENTO PEDOLOGICO La zona di nostro interesse ricade all interno della stessa unità di paesaggio esaminata durante un precedente lavoro di tesi (Navarra, 2014) e per questo è stata presa in considerazione l indagine pedologica già effettuata in precedenza. 73

74 L unità di paesaggio rilevata, è caratterizzata da quota compresa tra 100 e 250 m s.l.m., pendenza tra 0 e 2% su detrito di falda, e da presenza di seminativi. Questa porzione di territorio rappresenta una parte dell ampia superficie pedemontana dove le pendenze non superano il 30% e dove si collocano la maggior parte delle attività produttive. L unità in questione si presentava particolarmente idonea allo studio pedologico sia per la sua significatività all interno dell area produttiva, sia in quanto agevole dal punto della accessibilità dei siti di studio (Figura 4.5). area della precedente indagine pedologica area studio Figura 4.5 Indagine pedologica 74

75 In Figura 4.7 è riportato il profilo di suolo rappresentativo dell Unità di Paesaggio di interesse. Di seguito si riporta la descrizione delle caratteristiche morfologiche in Tabella 4.1: Figura Profilo del suolo San Potito 75

76 Tabella Caratteristiche morfologiche (Fonte: Navarra, 2014) SCHEDA N SERIE PEDON PROGETTO PROFILO COORDINATE Long Est, Lat Nord COMUNE S. Potito Sannitico PROVINCIA CE LOCALITA San Cassiano RIFER. CARTOGRAFICO DATA 16/03/15 RILEVATORI Antonella Ermice Mario Navarra FOTO SUBSTRATO VEGETAZIONE Prato spontaneo USO DEL SUOLO Incolto PENDENZA 0-2% ESPOSIZIONE SW PIETROSITA Scarsissima ROCCIOSITA Assente DRENAGGIO Lento EROSIONE Assente A1 colore: 7.5 YR 3/ 2; scheletro: frammenti carbonatici con spessore (0-10 cm) massimo di 3 cm; struttura: poliedrica sub angolare, resistente medio grande; consistenza : plastico; facce di pressione: assenti; umidità: umido; drenaggio interno: limitato; rivestimenti: assenti; screziature: assenti; concrezioni: assenti; radici: sottili, molto abbondanti; attività biologica: assente; effervescenza: debolissima; tessitura: argilloso franca. A2 (10-30 cm) Bw (30-55 cm) B/C ( /130 cm) C (55-100/130cm) colore: 7.5 YR 4/ 2; scheletro: scarso, minuto, fine con qualche elemento carbonatico di 2 5 cm; struttura: angolare e sub angolare, resistente, grande media piccola (1-5 cm); consistenza : plastico; facce di pressione: assenti; umidità: umido; drenaggio interno: limitato; rivestimenti: assenti; screziature: assenti; concrezioni: assenti; radici: qualche radice sottile; attività biologica: assente; effervescenza: debolissima; tessitura: argilloso franca. colore: 10 YR 4/ 6; scheletro: scarsissimo con presenza di piccole masse carbonatiche; struttura: poliedrica, sub angolare, resistente, medio grande; consistenza : plastico; facce di pressione: assenti; umidità: molto umido; drenaggio interno: limitato; rivestimenti: assenti; screziature: giallastre (10 YR 5/ 8), nerastre (7.5 YR 3/0); concrezioni: assenti; radici: qualche radice sottile; attività biologica: lombrichi; effervescenza: assente; tessitura: argillosa. colore: 10 YR 5/ 6; scheletro: scarsissimo; struttura: poliedrica angolare, mediamente resistente grandezza media (4 cm) grande (7cm) piccola (< 4 cm); consistenza: non plastico, resistente; facce di pressione: assenti; umidità: umido; drenaggio interno: buono; rivestimenti: assenti; screziature: scarsissime; concrezioni: assenti; radici: assenti; attività biologica: assente; effervescenza: moderata; tessitura: argillosa, debole tissotropia; strato tufaceo omogeneo incluso nell orizzonte C. colore: 7.5 YR 5/ 6, 10 YR 4/ 4, 10 YR 5/4; scheletro: abbondante, medio grande con presenza di frammenti carbonatici molti dei quali alterati; struttura: poliedrica angolare, debole molto debole con qualche elemento grande più resistente; consistenza : sciolta mediamente resistente; facce di pressione: assenti; umidità: umido; drenaggio interno: scarso; rivestimenti: assenti; screziature: giallastre (10 YR 6/ 8), grigiastre (10 YR 6/1); concrezioni: assenti; radici: scarse; attività biologica: assente; effervescenza: forte; tessitura: argillosa argillosa sabbiosa con possibile tissotropia. 76

77 Alla profondità di 130 cm, lo studio è stato interrotto a causa della presenza della falda acquifera (Figura 4.8). Tuttavia, dall osservazione effettuata immediatamente dopo lo scavo, si è rilevata la presenza di un orizzonte con caratteristiche simili a quelle del B/C, che risultava lateralmente continuo, a tetto di un orizzonte caotico a tessitura variabile da sabbiosa a fine, a tratti sciolto e a tratti strutturato: la sequenza pertanto continuerebbe con gli orizzonto 2Bwb- 3C. Figura Profilo del suolo San Potito 77

78 Le caratteristiche della stazione e i risultati dell indagine morfologica del profilo di suolo indicavano quanto segue: 1) Il suolo era organizzato secondo una orizzontazione di tipo A-Bw-B/C-C (A-Bw-B/C-C-2Bwb-3C). Tutto il profilo presentava caratteristiche legate alla presenza di sedimenti di trasporto, già a partire dall orizzonte Bw. I sedimenti coinvolti erano ascrivibili a marne, arenarie e prodotti vulcanici; in particolare, l orizzonte C si presentava caoticamente stratificato, a tessitura variabile da sabbiosa a fine, a tratti sciolto e a tratti strutturato; le componenti di natura vulcanica erano fini sia tessituralmente che granulometricamente, o con piccoli frammenti pomicei. Coerentemente con queste caratteristiche, nella porzione più profonda del profilo era presente una intercalazione dello spessore di circa 20 cm, lateralmente discontinua, costituita da materiale interamente vulcanico, fine, strutturato, a carattere tissotropico, che, ricorrendo alla denominazione secondo il Soil Survey Manual (1995), costituisce un orizzonte di combinazione B/C; 2) Profilo di suolo potente, il cui limite inferiore era determinato dalla parte superiore della falda che è risultata essere a circa di 160 cm nella fase immediatamente successiva alla realizzazione dello scavo, e che si è ridotta a circa 130 cm per il rapido innalzamento del livello della medesima; 3) La profondità della falda non risulta variare molto al variare della stagione, in quanto collegata al corpo idrico a carattere confinato e semiconfinato localmente presente nella circostante Piana di Alife; 78

79 4) La presenza della falda impartisce caratteristiche aquiche, con relativi evidenti segni di processi redoximorfici, già a partire dai cm di profondità, corrispondenti alla maggior parte dello spessore occupato dall orizzonte Bw, e via via sempre più accentuate nell orizzonte sottostante C; tali screziature erano quasi del tutto assenti nell orizzonte B/C che presentava granulometria e tessitura più fini e colore dominante uniformemente più scuro rispetto all orizzonte C; 5) L orizzonte di superficie manifestava piccole spaccature, poco profonde che suggerivano deboli processi di vertisolizzazione, evidenti soprattutto nel periodo estivo e solo limitatamente ai primi centimetri dalla superficie, verosimilmente determinati dalla componente argillosa della frazione fine dell orizzonte in questione, ma che sono comunque limitati sia dalle diffuse condizioni di umidità del suolo impartite dalla falda che dalle caratteristiche climatiche dell area: i dati climatici mostrano infatti che sono presenti eventi meteorici anche nel periodo estivo che deprimono la stagionalità necessaria per il processo pedogenetico in questione; 6) A partire dalla profondità di 30 cm, fino a tutto il potente orizzonte C, e soprattutto in questo, si osservavano diffusi elementi carbonatici, fini, medi e grandi, molti dei quali si presentavano molto alterati; tuttavia, non è stata riscontrata presenza di concrezioni o masse come evidenze dell esistenza di un processo di carbonatazione: a ciò può ragionevolmente contribuire la presenza della falda relativamente stabile, che mantiene condizioni di umidità del suolo più o meno omogenee nel corso dell anno, impedendo al suolo di asciugarsi. 79

80 In conclusione, la morfologia del profilo è fortemente coerente con la sua posizione fisiografica di fondovalle e con la litologia su cui insiste la fascia di territorio selezionata, che si comporta da recettore dei detriti, quali arenarie, argille, carbonati e tufi, che provengono dalle fasce pedemontane e montane alle quali sono litologicamente associate, e che per progressivo trasporto a valle hanno fornito il substrato pedogenetico delle coperture pedologiche attuali. In considerazione delle caratteristiche morfologiche osservate, quali sviluppo morfologico con evidenze di differenziazione di orizzonti, le caratteristiche di colore e struttura dei singoli orizzonti, la presenza di un orizzonte Bw con probabile cambicità diagnostica, sebbene non si sia in possesso di dati di laboratorio, è possibile attribuire il suolo in questione al modello dei suoli a carattere inceptico (Soil Survey Staff, 1999). 4.6 ASPETTI VEGETAZIONALI Il territorio di San Potito Sannitico sotto l aspetto della vegetazione si può dividere in 3 zone principali (Regione Campania, 2003): 1 La prima zona comprende prevalentemente aree boschive e pianure d altura situate nella parte sommitale dei rilievi del massiccio, che presentano rilevante interesse paesaggistico per l assenza di modifiche antropiche, l equilibrio vegetazionale fra le varie essenze e il particolare rapporto esistente tra morfologia del territorio e soprassuolo; 2 La seconda zona comprende prevalentemente aree agricole con presenza di boschi cespugliati ed ingordi che presentano rilevanti interessi per 80

81 l andamento naturale del terreno, caratteristiche formali e cromatiche della vegetazione spontanea, colore e disposizioni delle colture; 3 La terza zona comprende aree a carattere agricolo con presenza di colture arboree tradizionali e seminativo, di rilevante interesse per l equilibrio estetico assunto dai segni dell attività antropica per dimensioni e forma degli appezzamenti e per le caratteristiche formali delle colture tradizionali e locali. Dai dati elaborati a partire dalla Carta dell Uso Agricolo del Suolo (CUAS, 2009) il territorio è risultato ripartito come riportato nella tabella che segue (Tabella 4.2). Tabella Uso attuale del suolo (Fonte: Navarra, 2014) Tipologia Area m 2 % Ambiente urbanizzato e superfici artificiali ,2 1,4 Aree a pascolo naturale e praterie di alta quota ,4 10,7 Aree con vegetazione rada ,2 0,2 Boschi di latifoglie ,7 53,7 Erbai 754,2 0,0 Frutteti e frutti minori ,3 0,5 Oliveti ,4 9,4 Prati avvicendati ,5 4,4 Prati permanenti, prati pascoli e pascoli ,6 0,1 Seminativi autunno vernini - cereali da granella ,9 18,4 Seminativi primaverili estivi - cereali da granella 6.842,8 0,0 Seminativi primaverili estivi - colture industriali ,1 1,1 Totale complessivo ,3 100 Come è possibile osservare nella Figura 4.9 l azienda di interesse è posizionata interamente nella classe dei Seminativi. 81

82 Figura Carta dell'uso Agricolo del Suolo (CUAS, 2009) Osservando i dati della Tabella 4.2, si può notare che: 1. Il 53,7% del territorio è costituito da boschi di latifoglie, coerentemente col carattere prevalentemente montuoso del territorio; 2. Solo l 1,4% del territorio è urbanizzato, il che suggerisce che l attività antropica non ha causato modifiche sostanziali all equilibrio naturale della zona. 3. Le aree coltivate corrispondono al 33,9% del territorio di cui: le coltivazioni dominanti sono i Seminativi autunno vernini - cereali da granella che occupano il 18,4%, gli Oliveti che occupano il 9,4% e il restante 33,9% è occupato dai Seminativi primaverili estivi 82

83 colture industriali, Prati permanenti, prati pascoli e pascoli, Prati avvicendati, Frutteti e frutti minori. 4. Il 10,7% del territorio è occupato da aree a pascolo naturale e praterie di alta quota (Navarra, 2014). 4.7 ZVNOA SAN POTITO SANNITICO In Figura 4.10 si possono osservare le zone vulnerabili ai nitrati di origine agricola del Comune di San Potito Sannitico, all interno delle quali ricade anche l area oggetto di studio. La ZVNOA è stata elaborata partendo dallo shapefile scaricato dal geo-portale della Regione Campania. 83

84 Figura ZVNOA San Potito Sannitico (elaborazione su foto di Google etc) 84

85 4.8 IL SITO DELL AZIENDA EX GEZOOV L azienda è identificata al Catasto dell agro del Comune di S. Potito Sannitico al Foglio 13, alle Particelle nn.1, 34, 5018, 33, 48, 3, 4, 2, 5019, 5023, 5030, 5029, 49, 5031, 54, 5025, 5026, 5027, 5028, 51, 52, 53, 27, 5022, 5024, 50 (Figura 4.11). Figura Mappa catastale Dall osservazione speditiva dei profili sono stati spunti di approfondimento per poter verificare alcune ipotesi circa le trasformazioni di cui sono state oggetto le superfici, traccia di alcune pratiche di gestione aziendale dei liquami zootecnici nonché le conseguenze delle fase di dismissione di parte delle attrezzature. Di seguito sono descritti sommariamente i 5 profili indagati. PROFILO 1 - salici (P117401) Figura 4.12 In Tabella 4.3 è riportata l orizzontazione del profilo. 85

86 Tabella 4.3 Profilo 1. Descrizione Orizzontazione Profondità Codice Ap B Bk Bw Bw Bk C Ckm (non campionato) 140 oltre Figura 4.12 Profilo 1 (cod. P117401) Il contesto semi-naturale legato alla presenza dell impianto di salici (Salix spp.) è stato confermato dall analisi sommaria della morfologia del profilo. Pertanto sui campioni raccolti da tale profilo non è stata eseguita nessuna analisi di laboratorio. 86

87 PROFILO 2 (paddock) - Figura 4.13 In Tabella 4.4 è riportata l orizzontazione del profilo. Tabella 4.4 Profilo 2. Descrizione Orizzontazione Profondità Codice A^p 0 25 P A^ P Ab P BC P C 130 oltre P Tabella 4.5 Profilo 2. Determinazione carbonio organico Codice Carbonio organico Sostanza organica P ,40 16,21 P ,21 96,91 P ,14 15,75 87

88 Figura 4.13 Profilo 2 (cod. P117409) Figura 4.14 Profilo 2 presenza accumulo materiale organico 88

89 Il profilo 2, escavato a ridosso dei nuovi stalli semiaperti, è stato realizzato in seguito all osservazione di foto aeree che lasciavano supporre un accumulo in quella zona di materiale eterogeneo, apparentemente di natura organica (probabilmente letame) Figura La superficie della stazione, tuttavia, al momento del sopralluogo si presentava lavorata superficialmente ed utilizzata come seminativo con presenza di numerosi manufatti su tutto lo spessore del profilo. Su tale profilo è stata condotta un analisi di determinazione del carbonio organico totale (metodo Springer e Klee). Dall osservazione della Tabella 4.5 si nota che il carbonio organico diminuisce con l aumentare della profondità, fatta eccezione per l orizzonte Ab in cui il contenuto di carbonio organico è molto maggiore rispetto all orizzonte sovrastante e sottostante. L ipotesi più attendibile è che l area sia stata oggetto di accumulo dei materiali terrosi di scavo provenienti dalle fondazioni dei paddock. Per tale motivo si è assegnata la notazione ^ agli orizzonti Ap ed A per evidenziare la loro natura di materiali di riporto. Infatti, secondo tale ipotesi che trova conferma anche nelle analisi di laboratorio l orizzonte Ab è un orizzonte di superficie sepolto che ha conservato il suo contenuto di carbonio organico presente al momento della sovrimposizione degli altri orizzonti. 89

90 PROFILO 3 - serbatoi (P117414) Figura 4.15 In Tabella 4.6 è riportata l orizzontazione del profilo. Tabella 4.6 Profilo 3. Descrizione Orizzontazione Profondità Codice A^p C^ B C C 120 oltre W Sacca 1 in C^ Sacca 2 in C^ Figura 4.15 Profilo 3 (cod. P117414) Sul profilo 3 sono state svolte analisi per determinare la presenza di olii diatermici e idrocarburi legati a sversamenti accidentali o dolosi. Infatti vi sono 90

91 vari documenti che confermano questa ipotesi tra cui il verbale Nr.17/42-1 di protocollo del 25 luglio 1996 dei Carabinieri della Stazione di Piedimonte Matese e il verbale del comando di Polizia Municipale di San Potito Sannitico protocollo Nr.3761 del 26 luglio 1996; i quali entrambi attestano la presenza di inquinanti nei fossi di scolo adiacenti all ex GEZOOV. Nella stessa area in seguito è stata fatta un indagine per tentare di delimitare l area interessata da tale inquinamento Figura Anche in questo caso gli orizzonti A^p e C^ sono di riporto. L ipotesi più attendibile è che l area sia stata oggetto di accumulo dei materiali terrosi di scavo provenienti dalla realizzazione del piazzale dove sono collocati i serbatoi e delle fondamenta del locale caldaie. Durante l ispezione del profilo sono state osservate due sacche di materiale estraneo, entrambe contenute nell orizzonte C^. Esse avevano uno spessore di circa cm ed erano posizionate una sulla parete destra e l altra sulla parete sinistra del profilo sfalsate tra loro di circa 2 m. Dai risultati delle analisi condotte non è stata riscontrata alcuna presenza di idrocarburi e di IPA. 91

92 Figura 4.16 delimitazione area interessata da sversamento di idrocarburi A seguito di questo primo rinvenimento si è proceduto a eseguire un secondo sopralluogo per poter meglio delimitare l area e gli spessori di suolo in cui fossero presenti tali materiali. In Figura 4.16 è mostrata la disposizione degli scavi di delimitazione dell area d interesse. Sono state realizzate 4 trincee d ispezione profonde 1 metro e lunghe circa 15 metri. In questo caso non è stata ritrovata la presenza dei materiali ritrovati nello scavo del profilo 3. Questa evenienza suggerisce che il ritrovamento precedente fosse da attribuire ad un episodio susseguente al maldestro smantellamento agli scambiatori di calore di supporto all essiccatore. Durante la realizzazione delle trincee è stata inoltre rinvenuta una tubazione di scarico in cemento che collegava la vasca impermeabilizzata dei serbatoi di carburante per l impianto di riscaldamento con il fossato a ridosso dell area ex GEZOOV. E presumibile che questa fosse la via di smaltimento di perdite del combustibile verificatesi interno all area pavimentata dei serbatoi e che 92

93 convogliava gli scarichi direttamente nel fossato e nelle aree di deflusso a valle di esso. PROFILO 4 - vasca (P117422) e PROFILO 5 ricovero (P117427) La superfice della stazione sulla quale sono indagati i due profili presentava una morfologia della superficie convessa, non rilevabile alle foto aeree disponibili, che ha suggerito l ipotesi di un riporto di materiali terrosi, presumibilmente ricavati dal livellamento delle superfici e dall escavazione delle opere di fondazione del vicino complesso di ricoveri per gli animali. I profili 4 e 5 (Figg e 4.18) sono stati esaminati insieme, in quanto mostrano caratteristiche del tutto simili. Figura 4.17 Profilo 4 (cod. P117422) Figura 4.18 Profilo 5 (cod. P117427) 93

94 In Tabella 4.7 è riportata l orizzontazione dei profili 4 e 5. Tabella 4.7 Profilo 4 e Profilo 5. Descrizione PROFILO 4 PROFILO 5 Orizzontazione Profondità Codice Orizzontazione Profondità Codice A^p Ap C^ C (BC?) Cg 130/ C oltre 125/130 W W Livello in C^ Spessore 5 cm Livello in C1 Spessore 5 cm Come è possibile vedere in Figura lo scavo del profilo ha rilevato la presenza di uno strato ben evidenziabile per il forte contrasto di colore. Tale strato ha un andamento a scodella nel corpo del suolo e ben riflette l ipotesi di escavazione di un fossato per lo stoccaggio dei liquami. Lo scavo originario doveva raggiungere notevoli dimensioni (almeno 5 m di sezione trasversale e 1,3 m di profondità). Il fossato è disposto con l asse maggiore secondo la linea di pendenza dell area. In seguito alle lavorazioni agricole eseguite nella parte superiore del profilo i bordi estremi della vasca sono stati obliterati. 94

95 Figura Profilo 4 (cod. P117422) Visione d insieme dell andamento dello strato ritrovato in C^ Considerato l esiguo spessore dello strato ritrovato nell orizzonte C è stato necessario unire più punti di campionamento per disporre di una quantità di materiale sufficiente ad effettuare le analisi. 95

96 Figura 4.20 Profilo 4 (cod. P117422) Particolare dello strato ritrovato in C^ Per verificare l ipotesi del ritrovamento delle tracce di una vasca di lagunaggio di liquami sono state eseguite analisi mirate sui campioni di suolo prelevati dal profilo, In particolare è stata valutata la quantità di scheletro e terra fine del campione, nonché il tenore di C organico e di fosforo assimilabile (quest ultimo scelto perché poco mobile nelle condizioni pedologiche osservate). In Tabella 4.7 è mostrata l orizzontazione dei profili 4 e 5 in essa si può notare la presenza di un livello dello spessore di 5 cm che attraversa obliquamente tutto l orizzonte C e va a formare una sorta di concavità riconducibile alla parete di vasche interrate per lo stoccaggio di liquami realizzate per sopperire alla disattivazione dell essiccatore. Sul profilo 4 è stata svolta un analisi di determinazione dello scheletro Tabella 4.8 e della tessitura Tabella 4.9 questo perché il profilo mostra orizzonti di riporto 96

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