Oltre il gender pay gap
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- Ippolito Danieli
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1 Il progetto DI.RE. - DIfferenze REtributive, DIfferenze da eliminare è stato realizzato dalla Provincia Autonoma di Bolzano - Formazione professionale in lingua italiana, in partnership con il Centro di Studi Interdisciplinari di Genere dell'università di Trento, l AFI/IPL Istituto per la promozione dei lavoratori e l associazione Rete donne-lavoro È stato cofinanziato dall'unione Europea - Fondo Sociale Europeo, dal Ministero del Lavoro e dalla Provincia Autonoma di Bolzano DI.RE. - DIfferenze REtributive, DIfferenze da eliminare Oltre il gender pay gap Una ricerca sulla (s)valutazione del lavoro femminile in Alto Adige ABSTRACT Annalisa Murgia, Barbara Poggio, Silvia Vogliotti Giugno 2010
2 PREFAZIONE Nell ambito delle iniziative comunitarie del Fondo Sociale Europeo la Provincia Autonoma di Bolzano - Formazione professionale in lingua italiana, in partnership con il Centro di Studi Interdisciplinari di Genere dell'università di Trento, l AFI/IPL Istituto per la promozione dei lavoratori e la Rete donnelavoro, ha realizzato il progetto DI.RE., che ha affrontato il problema del permanere di differenziali retributivi tra uomini e donne nel mercato del lavoro locale. Il progetto è stato cofinanziato dall'unione Europea - Fondo Sociale Europeo, dal Ministero del Lavoro e dalla Provincia Autonoma di Bolzano. L idea di indagare un tema complesso come quello delle asimmetrie salariali tra donne e uomini è nata dall esigenza di approfondimenti espressa in più di una occasione, durante incontri territoriali organizzati dalla Rete donne-lavoro, da donne, che pur conoscendo l esistenza dei differenziali retributivi, non riuscivano a capirne con chiarezza le cause. Inoltre, sebbene in Europa il differenziale retributivo di genere si attesti su una media del 18% ed anche in Italia, come in Alto Adige, i dati rispecchino fedelmente la tendenza europea, la percezione del fenomeno nell opinione pubblica locale è molto scarsa, così come povero è il dibattito, a tutti i livelli, sul gender pay gap. Con la ricerca qualitativa effettuata nell ambito del progetto, di cui abbiamo prodotto anche in lingua tedesca il presente abstract, abbiamo voluto fornire un quadro della situazione nel contesto altoatesino, per contribuire a stimolare il dibattito e il confronto, ancora troppo scarsi, fra i soggetti che sul territorio si occupano di pari opportunità e di politiche del lavoro. Il testo integrale della ricerca è disponibile in lingua italiana. Sempre nell ambito del progetto DI.RE, con l analisi proposta da Paola Villa in uno snello manuale di consultazione, abbiamo inteso fornire una risposta ai vari interrogativi offrendo diversi elementi per meglio comprendere i fattori che stanno alla radice del fenomeno e la loro misurazione. Il testo integrale del manuale è disponibile in lingua tedesca. Siamo consapevoli che le modifiche saranno lente e forse di non immediato riscontro, ma siamo anche convinte che solo con la discussione, la negoziazione e la continua ricerca di soluzioni nuove si possa sperare di ridurre le radicate discriminazioni di genere e le disuguaglianze esistenti tra uomini e donne nel mercato del lavoro. Sul sito nel banner DI.RE della homepage appositamente dedicato al progetto, sono scaricabili tutti i documenti in lingua tedesca. Elena Morbini Coordinatrice del progetto 2
3 INTRODUZIONE Il fenomeno del gender pay gap ha profonde radici storiche. E noto che l esistenza di manodopera femminile a basso costo abbia svolto un ruolo determinante fin dal primo sviluppo dell industria tessile europea (Hufton 1991) e già durante la Rivoluzione Francese, così come poi in successivi periodi di conflitto, si segnalava il fatto che le donne sostituissero gli uomini partiti per il fronte all interno delle fabbriche percependo salari minimi e inferiori. Ed è proprio in occasione della seconda guerra mondiale, nel 1942, che negli Stati Uniti il National War Labor Board invita, anche se pressoché inascoltato, i datori di lavoro ad intervenire sui salari delle donne, per ridurre il divario rispetto a quelli maschili. In Europa l equità retributiva tra donne e uomini viene enunciata tra i principi fondativi dell Unione Europea nel 1957 (articolo 119) e ripresa poi in numerosi atti, confluiti poi nel 2006 in una direttiva che disciplina le pari opportunità e la parità di trattamento in materia di occupazione. La riduzione del differenziale salariale continua anche oggi a rappresentare uno degli obiettivi prioritari della Roadmap per l eguaglianza tra donne e uomini , fino alla recente campagna informativa, promossa nel 2009, mirata a sensibilizzare i cittadini europei sul tema dei differenziali salariali. Accanto all interesse dei legislatori, il tema delle asimmetrie salariali tra donne e uomini ha suscitato ampia attenzione all interno del dibattito sociale ed economico, stimolando un ampio numero di contributi di carattere teorico ed empirico, mirati a spiegare il fenomeno, a misurarlo e a fornire indicazioni e proposte per affrontarlo. Questa attenzione può essere interpretata non soltanto all interno di una cornice etica, orientata al perseguimento dell equità di genere, ma anche in relazione alla crescente consapevolezza che l esistenza di differenziali salariali può avere diverse implicazioni negative sul piano economico. In primo luogo, ed è questa la principale ragione per cui la lotta ai differenziali salariali è stata inserita tra i principi fondativi dell Unione Europea, perché il minor costo della manodopera femminile può avere effetti distorsivi sulla concorrenza. Una seconda ragione riguarda la convinzione che limitare il divario salariale delle donne, sia nella fase di ingresso nel mercato del lavoro, sia durante la carriera lavorativa, consentirebbe di ridurre il costo opportunità dell offerta di lavoro per il mercato rispetto all offerta di lavoro per i servizi domestici e, quindi, di incrementare il tasso di partecipazione femminile e più in generale i livelli di occupazione. A ciò si aggiunge oggi il fatto che le donne rappresentano ormai una fondamentale risorsa economica per le economie europee, che richiede dunque una adeguata valorizzazione. E inoltre ormai assodato che i differenziali salariali si traducono in pensioni più basse per le donne, esponendole quindi a maggiori rischi di povertà, e possono inoltre avere ripercussioni negative anche sulle famiglie, in particolare nei casi sempre più diffusi in epoca di crisi - in cui gli uomini perdono il lavoro e le donne rimangono le uniche percettrici di reddito. Una ulteriore ragione alla base della proliferazione di analisi e ricerche sul tema dei differenziali salariali è dovuta al fatto che, nonostante in tutti i paesi siano state adottate misure per contenere o contrastare questo fenomeno, i dati ne mostrano invece la permanenza e, anzi, in alcuni casi anche l aumento (European Commission 2009). 3
4 Uno dei temi più considerati dal dibattito sui differenziali salariali di genere è stata la questione della misurazione del fenomeno, che deriva a sua volta dal modo in cui esso viene definito. La definizione attualmente più diffusa si riferisce al gender pay gap come al differenziale medio nel salario orario lordo di donne e uomini. Oggi nell Unione Europea questo dato si attesta intorno ad una media del 18%, con significative differenze tra i diversi stati membri (dal 4,9% dell Italia al 30,3% dell Estonia). L analisi proposta da Paola Villa nell ambito del progetto DI.RE che si è concentrata su un'analisi quantitativa del fenomeno, a differenza della ricerca presentata in questo volume, che propone un'analisi di tipo qualitativo ha già fornito diversi elementi per meglio comprendere e sviluppare il tema del calcolo dei differenziali, mostrando le criticità implicite negli strumenti di misurazione più diffusi. Nello stesso contributo Villa segnala in particolare i limiti dei differenziali salariali grezzi, che presentano significative distorsioni dovute alla messa a confronto di popolazioni con caratteristiche individuali molto diverse (per età, istruzione, livelli di formazione, settori di occupazione, ecc.), che risultano differentemente retribuite. Tenendo sotto controllo queste differenze, le analisi econometriche consentono in realtà di mettere in luce il permanere di un gap ancora più rilevante, soprattutto in paesi, come l Italia, in cui il dato grezzo sembrerebbe invece delineare una situazione non particolarmente problematica. In questa prospettiva si collocano anche le analisi che propongono di scomporre il differenziale di genere in due componenti: una componente spiegata sulla base dei fattori osservabili che concorrono a determinare il salario e una componente non spiegata che può essere attribuita ai fattori che non possono essere tenuti sotto controllo (e che quindi appare potenzialmente legata a dinamiche discriminatorie). Questa seconda componente appare decisamente elevata. In Italia, in particolare, negli ultimi anni è risultata in crescita, attestandosi su valori superiori al 90% (Rustichelli 2008). Se dunque in passato la teoria del capitale umano (Becker 1981) spiegava le differenze a partire da caratteristiche individuali come età, educazione ed esperienze, oggi l evidenza empirica dimostra che queste differenze giocano un ruolo minore nella persistenza del differenziale salariale di genere: l innalzamento del livello di istruzione e la crescente partecipazione femminile ne ha infatti diminuito notevolmente il peso specifico. Emerge invece come prioritario lo sviluppo di analisi e ricerche in grado di portare alla luce l intreccio di fattori che contribuiscono al permanere e magari anche al consolidarsi del divario tra donne e uomini. Fattori che appaiono profondamente radicati nel funzionamento dei mercati del lavoro occidentali ed in particolare di quello italiano. Tra questi fattori la Commissione Europea ha in particolare evidenziato la sottovalutazione del lavoro delle donne, la segregazione orizzontale e verticale, la struttura dei salari, la conciliazione tra vita lavorativa e vita privata, il permanere di stereotipi e modelli tradizionali di genere (European Commission 2009). Il primo di questi fattori mette in luce la minor valorizzazione del lavoro delle donne rispetto a quello maschile. Ciò è dovuto in particolare al diverso riconoscimento attribuito alle competenze di donne e uomini, per cui le prime (più legate all ambito della cura e meno alla dimensione gestionale) sono considerate come meno appetibili e interessanti per il mercato del lavoro. 4
5 Una seconda criticità è identificabile nel fenomeno della segregazione lavorativa di genere. Come molte analisi hanno dimostrato le donne risultano infatti sottorappresentate in numerose occupazioni e settori (segregazione orizzontale), così come nelle posizioni manageriali e apicali (segregazione verticale) (Bombelli, 2000). In generale le donne risultano concentrate in settori meno remunerati (sanità, educazione e pubblica amministrazione) ed i profili ad alta presenza femminile (prevalentemente lavori di cura o amministrativi) si collocano nelle fasce salariali medie e medio-basse (Rosti, 2006). Una terza dimensione da considerare riguarda il ruolo della contrattazione collettiva e della compressione salariale (Blau, Kahn, 2003; Rustichelli, 2008). I sistemi e le pratiche di contrattazione dominanti contribuiscono a far sì che le professioni femminili tendano ad essere pagate meno rispetto a quelle svolte prevalentemente dagli uomini. Questo è condizionato anche dal fatto che la rappresentanza femminile nei contesti della contrattazione collettiva risulta ancora molto limitata. A ciò si aggiunge la constatazione che nei settori in cui le donne sono più presenti, come ad esempio la grande distribuzione, prevalgono contratti più penalizzanti (come quelli a tempo determinato o a part-time). Infine va considerato il sistema di composizione delle paghe in cui sono presenti alcune parti (indennità, emolumenti, benefit, incentivi) che vengono negoziate individualmente: dagli studi finora realizzati sembra emergere che le donne siano meno abituate e legittimate a negoziare questi aspetti. Il decentramento della contrattazione salariale e la promozione di forme di contrattazione su base individuale sta ulteriormente accentuando questo problema, riducendo le opportunità per le donne di beneficiare di accordi collettivi caratterizzati da maggiore trasparenza e dalla esplicita censura nei confronti dei differenziali salariali. A questi fattori si aggiunge e si sovrappone la questione della conciliazione tra vita lavorativa e vita privata (Piazza, 2005; Riva, 2009). Il permanere di una diseguale divisione delle responsabilità familiari e domestiche tra uomini e donne si traduce in un ulteriore svantaggio rispetto alle opportunità lavorative e di avanzamento professionale della componente femminile. Le donne presentano una maggiore incidenza di interruzioni lavorative e di modelli lavorativi flessibili dovuti alla necessità gestire i maggiori carichi familiari. La presenza (e la numerosità) dei figli continua a rappresentare per le donne un rischio di uscita dal mercato del lavoro (mentre per gli uomini rappresenta un elemento incentivante) o comunque un fattore che porta ad optare per contratti lavorativi flessibili come il part-time. Tutto ciò dà luogo a circoli viziosi: il differenziale salariale rappresenta infatti una barriera che riduce ulteriormente la propensione degli uomini a dedicare tempo agli impegni familiari, rendendola poco conveniente dal punto di vista economico. Al tempo stesso più a lungo una donna resta al di fuori del mercato del lavoro, minori saranno le prospettive di ottenere un buon reddito ritornandovi. La carenza di strutture di sostegno all infanzia o di cura per gli anziani, particolarmente accentuata in Italia, tende inoltre ad inasprire ulteriormente i diversi orientamenti di donne e uomini. Un ultimo punto spesso evidenziato riguarda la dimensione culturale ed in particolare la permanenza di modelli culturali tradizionali e di stereotipi che tendono a delineare diversi domini di riferimento e differenti aspettative di ruolo per uomini e donne (Alvesson, Billing 1992, Gherardi e Poggio 2004). Questa dimensione si caratterizza per 5
6 la sua trasversalità rispetto alle precedenti, per le evidenti implicazioni sia rispetto alla diversa valorizzazione delle competenze maschili e femminili, che alla suddivisione dei carichi di cura all interno delle famiglie, che alla diversa distribuzione di uomini e donne all interno dei settori, delle occupazioni e delle gerarchie organizzative. Con la ricerca qualitativa Oltre il gender pay gap, realizzata nell ambito del progetto "DI.RE. DIfferenze REtributive, DIfferenze da eliminare, abbiamo cercato di approfondire le ragioni del diverso valore attribuito al lavoro di donne e uomini all interno del mercato del lavoro altoatesino, prendendo in considerazione le chiavi di lettura offerte da una serie di testimoni privilegiati e cercando di analizzarle alla luce degli spunti interpretativi offerti dal dibattito appena delineato. 6
7 ABSTRACT DELLA RICERCA La ricerca Oltre il gender pay gap: una ricerca sulla (s)valutazione del lavoro femminile in Alto Adige, mira a portare alla luce l intreccio di fattori che contribuiscono al permanere del divario retributivo tra donne e uomini (gender pay gap in inglese), fattori che appaiono profondamente radicati nel funzionamento dello specifico mercato del lavoro altoatesino. Seppur caratterizzato da elevati tassi di occupazione femminile e da un elevato utilizzo del part-time (capitolo 1), il mercato del lavoro altoatesino registra infatti - significativi ostacoli al raggiungimento di una piena parità, legati in particolare all asimmetria nella divisione delle responsabilità familiari e alla conseguente difficoltà di molte donne nel conciliare l impegno lavorativo con le responsabilità familiari. Nel capitolo 1 della ricerca vengono riportati alcuni dati quantitativi relativi al gender pay gap in Alto Adige, che mostrano al di là delle diverse fonti e metodologie di rilevazione utilizzate il permanere di un consistente divario retributivo a sfavore delle donne (anche considerando solo i full-timers), gap che si traduce inevitabilmente anche in un gap pensionistico. La mera analisi quantitativa evidenzia la difficoltà insita nell isolare i diversi effetti che concorrono a determinare il differenziale medio tra lavoratori e lavoratrici. Proprio per tale motivo abbiamo voluto approfondire le ragioni del diverso valore attribuito al lavoro di donne e uomini nel mercato locale del lavoro, intervistando una serie di testimoni privilegiati, ovvero di attori che ricoprono ruoli strategici all interno del mercato della formazione e del lavoro della provincia di Bolzano. Nel capitolo 2 viene quindi specificata la metodologia della ricerca qualitativa basata sull utilizzo di interviste semistrutturate (le tracce delle interviste sono riportate in appendice). L'analisi delle interviste realizzate con i testimoni privilegiati che operano nel territorio altoatesino (capitolo 3) evidenzia come una parte rilevante del differenziale retributivo di genere non è spiegabile con la sola analisi dei redditi, ma deve essere cercata andando alle radici di tale fenomeno, indagando quindi da un lato le motivazioni individuali e i meccanismi di divisione del lavoro all interno della famiglia, dall altro i fattori legati all intervento di tratti culturali tradizionali e il ruolo dei modelli organizzativi del lavoro. Le ragioni alla base dei differenziali retributivi nel mercato del lavoro altoatesino rilevate dai testimoni privilegiati sono riconducibili principalmente a tre dimensioni: la struttura della domanda di lavoro e le scelte individuali; gli stereotipi e i pregiudizi che caratterizzano il mondo del lavoro; le implicazioni della crisi economica sulle asimmetrie di genere nel mercato del lavoro. Il tema è molto complesso in particolare per il fatto che la struttura delle retribuzioni è costituta da diversi elementi di remunerazione e le organizzazioni sia pubbliche che private dispongono di rilevanti margini di autonomia nell'assegnazione delle premialità. Dal punto di vista della contrattazione nazionale la discriminazione di genere in termini di retribuzione è proibita dalla legge ma spesso essa si nasconde nella contrattazione individuale a livello aziendale e attraverso una discriminazione indiretta (segregazione occupazionale orizzontale, verticale e contrattuale). Anche il processo di valutazione del personale in entrata (assunzioni) così come in itinere (sistemi premianti) si caratterizza come un elemento non trascurabile se si vogliono comprendere nel 7
8 complesso le ragioni per cui la componente femminile trova maggiori difficoltà nella costruzione di percorsi professionali di successo e ben remunerati. Un ulteriore fenomeno che contribuisce in larga parte alla costruzione del gender pay gap fa riferimento alla cosiddetta segregazione occupazionale di genere. Tale segregazione si declina da un lato in una partecipazione disomogenea di uomini e donne ai diversi settori occupazionali (segregazione orizzontale) e dall'altro in un asimmetrica distribuzione dei due sessi nelle posizioni maggiormente qualificate e retribuite (segregazione verticale). Questa dinamica si rileva in maniera sistematica anche in provincia di Bolzano ed è stata esplicitata in quasi tutte le interviste realizzate, a prescindere che i soggetti intervistati si occupassero di orientamento, selezione del personale o collocamento. Dagli stralci di intervista presentati emerge, inoltre, l'elemento della disponibilità di tempo e della continuità lavorativa come una chiave di accesso alle progressioni di carriera. La segregazione occupazionale di genere in particolare quella verticale appare, infatti, legata al permanere di modelli culturali di genere tradizionali. La maternità, e più in generale le interruzioni di carriera, è indicata dai testimoni intervistati come uno dei principali vincoli al percorso professionale femminile, oltre ad essere spesso causa di un vero e proprio demansionamento e disinvestimento dell'azienda nei confronti della donna. A ciò si aggiunge un ulteriore aspetto, messo in evidenza da molti dei soggetti intervistati, che fa riferimento alle diverse aspettative che uomini e donne hanno nei confronti del lavoro, fin da molto giovani, e alla difficoltà di rivendicare il riconoscimento delle proprie competenze. Se da un lato, tendenzialmente, secondo i testimoni privilegiati intervistati, gli uomini hanno delle elevate aspettative sia in termini di sviluppo professionale che in termini di remunerazione le donne, invece, si preoccupano di trovare un lavoro che permetta loro di occuparsi anche del lavoro di cura, adattandosi ad occupazioni che poco hanno a che fare con il titolo di studio e le competenze possedute(vedesi anche il paragrafo ). Le interviste realizzate mettono in luce il persistere della mancanza di autostima della componente femminile, che comporta non solo minori aspettative nei confronti del lavoro, ma anche più frequenti rinunce rispetto ad incarichi di maggior prestigio. Un aspetto da non trascurare è - inoltre - rappresentato dal divario retributivo tra settore pubblico e privato, che alimenta il gap salariale tra i sessi a tutti i livelli (vedesi anche il paragrafo ). Se in ambito pubblico il regime di contrattazione è abbastanza centralizzato nel settore privato ci sono maggiori margini di discrezionalità, soprattutto per quanto riguarda i cosiddetti superminimi e i vari tipi di premialità. L ampliarsi della forbice tra le retribuzioni nel settore privato e in quello pubblico contribuisce di conseguenza al crescere del gender pay gap complessivo, incrementando il divario tra luoghi di lavoro largamente tutelati e altri in cui spesso non vengono garantiti i criteri di trasparenza ed equità. Nell ultimo paragrafo del capitolo 3 si ragiona, infine, sulle differenze tra uomini e donne nell'attuale crisi economica e occupazionale. Per concludere nel capitolo 4 vengono proposte alcune strategie di intervento emerse dalle interviste ai testimoni privilegiati, che concordano in generale sul fatto che le normative siano importanti, ma il nodo cruciale resti la loro traduzione nella pratica. Il divario retributivo tra uomini e donne viene - infatti - inquadrato non soltanto come 8
9 discriminazione economica e come una svalutazione del lavoro femminile, ma altresì come un fenomeno strettamente connesso alla divisione del lavoro familiare, che condiziona inevitabilmente il livello di investimento di entrambi i componenti della coppia nel lavoro retribuito. Come potenziali soggetti promotori di cambiamento sono stati individuati da un lato la Pubblica amministrazione (con i servizi che mette a disposizione della cittadinanza) e dall altro i sindacati (nel loro ruolo di contrattazione con le aziende). Possiamo quindi concludere che se da un lato non si può parlare di lavoro senza tenere in considerazione la sfera privata e familiare e gli altri ambiti di vita, dall'altro il raggiungimento di un sostanziale equilibrio di genere nella sfera privata non è esclusivamente una questione individuale e/o di coppia, ma chiama in causa l intera collettività, a partire dalle organizzazioni lavorative, sino al più ampio insieme delle politiche territoriali. Annalisa Murgia è docente del Master in Politiche di genere nel mondo del lavoro dell'università di Trento e insegna Introduzione al mondo del lavoro presso la stessa università. Barbara Poggio insegna Sociologia del Lavoro e Sociologia dell'organizzazione presso l Università di Trento, dove coordina il Centro di Studi Interdisciplinari di Genere. Silvia Vogliotti è economista e ricercatrice dell AFI/IPL Istituto per la promozione dei lavoratori di Bolzano, si occupa di problematiche di genere, mercato del lavoro e welfare locale. 9
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