I t e m i. 1. Premessa: l espropriazione tra normativa nazionale e convenzioni internazionali

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1 CAPITOLO III Le espropriazioni per pubblica utilità Som m a r i o : Se z i o n e I. I t e m i : 1. Premessa: l espropriazione tra normativa nazionale e convenzioni internazionali 2. Una forma di espropriazione anomala : la c.d. espropriazione di valore 3. Segue. La reiterazione dei vincoli preordinati all esproprio e l obbligo di indennizzo 3.1. La sentenza 3.2. Reiterazione dei vincoli e loro indennizzabilità 3.3. Le problematiche affrontate dal Consiglio L onere motivazionale della reiterazione del vincolo L obbligo di indennizzo e di accantonamento delle somme 3.4. Le conseguenze del nuovo principio sul piano dell intensità del sindacato giurisdizionale Segue. La portata degli effetti dell annullamento Segue. Il nodo dei criteri di determinazione delle somme da accantonare 3.5. Riflessioni conclusive 4. L obbligo di indennizzo: il serio ristoro del sacrificio imposto al privato 5. La determinazione dell indennità di esproprio 6. L indennizzo da espropriazione delle aree edificabili 6.1. Le origini della disciplina vigente 6.2. L attuale disciplina sull espropriazione per pubblica utilità 6.3. Il regime transitorio per l indennità di espropriazione delle aree edificabili a seguito della sentenza Corte Cost. n. 348/2007 e della L. 244/ La riduzione del 25% dell indennità per le espropriazioni caratterizzate da finalità di riforma economico-sociale 6.5. Il superamento della questione ICI 7. L indennizzo da esproprio per le aree non edificabili 7.1. Gli effetti della sentenza Corte Cost. n. 181/2011 sui procedimenti e sui giudizi in corso 7.2. Gli accordi bonari stipulati prima della sentenza n. 181/ Le questioni aperte Quali disposizioni di legge definiscono l indennità, considerando l abrogazione dell art. 39 L. n. 2359/1865? Quale indennità per le aree inedificabili utilizzate o utilizzabili per fini diversi dalla coltivazione? Permane l indennità aggiuntiva per coltivazione diretta? Quale regime per gli incentivi intesi ad agevolare la cessione bonaria dei terreni non edificabili? 8. Conclusioni: l attuale disciplina sulla quantificazione dell indennità di espropriazione 9. L acquisto in capo alla P.A. del bene illegittimamente espropriato 9.1. L acquisizione sanante e le censure di incostituzionalità 9.2. L utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico ex art. 42-bis 9.3. La giurisprudenza scandaglia l art. 42-bis T.U.Espr. sancendone la conformità alla Costituzione ed alla CEDU Sez i o n e II. La g i u r i s p ru d e n z a: 1. Cons. Stato, sez. IV, 07 giugno 2012, n ribadisce l obbligo di corrispondere l indennizzo al proprietario attinto dalla reiterazione di un vincolo a contenuto espropriativo 2. Corte Cost., 10 giugno 2011, n. 181 dichiara l illegittimità costituzionale del VAM 3. Trib. Sup. Acque pubbl., 14 marzo 2012, n. 44 afferma la piena compatibilità dell art. 42-bis T.U.Espr. con i principi CEDU 4. Cons. Stato, sez. VI, 16 marzo 2012, n ribadisce la piena compatibilità convenzionale della nuova utilizzazione senza titolo di un bene per scopi di interesse pubblico.

2 82 Sezione I I t e m i 1. Premessa: l espropriazione tra normativa nazionale e convenzioni internazionali L espropriazione per pubblica utilità costituisce uno degli istituti più controversi del nostro sistema amministrativo. I problemi principali in materia di espropriazione nascono dalla poliedricità di fonti che disciplinano il diritto di proprietà e l ambito entro il quale esso può essere sacrificato mediante l acquisizione alla mano pubblica per soddisfare esigenze ultraindividuali. Sul punto, infatti, si fronteggiano disposizioni nazionali e sovranazionali, tra loro spesso contraddittorie, che riconoscono il diritto di proprietà in modo diverso, spostando limiti e presupposti della sua sacrificabilità in ragione dell interesse pubblico. A livello nazionale, il diritto di proprietà viene consacrata dall art. 42 Cost., che lo annovera nel titolo dedicato ai rapporti economici, quale espressione della capacità economica del cittadino e prima posta del suo patrimonio. Dalla qualificazione della proprietà in termini di diritto patrimoniale, discende la possibilità di limitarne l esplicazione, fino alla massima compressione in virtù di una vicenda ablativa che spogli il proprietario mediante il passaggio del bene alla mano pubblica. In tal caso, la compressione della proprietà viene garantita dalla riserva di legge, che assicura che l esproprio si svolga in presenza di taluni presupposti e mediante un procedimento regolato dalla legge, che offra al privato ablato specifiche garanzie. Punto di riequilibrio tra la perdita della proprietà e la realizzazione di opere di interesse pubblico, è costituito dall indennizzo che deve essere necessariamente versato al privato a titolo di ristoro forfettario per la perdita del diritto. Esso non deve necessariamente corrispondere al valore venale del bene, proprio per garantire una rapida acquisizione del bene alla mano pubblica. Così come tratteggiato l istituto ablativo confligge con il diritto di proprietà come consacrato a livello sovranazionale. Il riferimento è principalmente all art. 1 del Protocollo Addizionale della Convenzione per la salvaguardia dei Diritti dell Uomo e delle Libertà fondamentali, il quale annovera il diritto di proprietà tra i diritti fondamentali dell uomo. Esso conia tre regole distinte: la prima, enuncia il principio del rispetto della proprietà; la seconda, subordina la privazione della proprietà a determinate condizioni; la terza, riconosce agli Stati contraenti il potere di disciplinare l uso dei beni in modo conforme all interesse generale. La qualificazione CEDU della proprietà quale diritto fondamentale, più resistente a vicende ablative, ha dato il via a un serrato confronto tra giu-

3 83 risprudenza nazionale e Corte EDU, le quali si sono confrontate su condizioni e presupposti per la legittima ablazione del diritto di proprietà. Tale confronto non risiede tanto nel raffronto dei rispettivi enunciati normativi, quanto piuttosto in due differenti ordini di bilanciamenti tra beni costituzionali in conflitto. Questione particolarmente controversa è quella dei mezzi di tutela del privato a fronte di vicende ablative illegittime, individuate a livello nazionale nella sola tutela risarcitoria (con la determinazione del quantum con criteri sostanzialmente coincidenti con l indennizzo da espropriazione legittima) e solo eccezionalmente restitutoria. La Corte di Strasburgo, invece, riconosce al privato un ventaglio più ampio di mezzi di tutela, che vanno dallo strumento restitutorio a quello risarcitorio, che deve garantire il ristoro integrale dei danni subiti. Dopo anni di contrasti, la Corte Costituzionale (a partire dalla sent. n. 348/2007: v. parr. 6. ss.) ha alfine individuato l elemento di riduzione a unità del sistema costituzionale e CEDU nell art. 117 Cost., il quale ha costituzionalizzato i vincoli derivanti dagli obblighi internazionali, ivi compresi quelli derivanti dalla CEDU. L art. 117 Cost. diviene dunque punto di accesso nel nostro ordinamento delle disposizioni convenzionali, con la conseguente possibilità di impugnazione innanzi alla Consulta della normativa nazionale contraria. Nel presente capitolo, rinviando alla manualistica per l approfondimento analitico dell istituto, verranno affrontate le questioni di maggiore attualità, caratterizzate da tensioni tra ordinamento nazionale e CEDU, ed interessate dai più recenti fermenti pretori ed interventi normativi. 2. Una forma di espropriazione anomala : la c.d. espropriazione di valore Un primo problema applicativo attiene all esatta individuazione dell istituto espropriativo. E ormai pacifico, invero, che ci si trova al cospetto di fenomeni espropriativi non solo nelle ipotesi di ablazione espressa, nelle quali il proprietario del bene viene formalmente spogliato della titolarità del suo diritto, acquisito alla mano pubblica, ma anche tutte le volte in cui, ferma restando l immacolata titolarità del diritto di proprietà, le facoltà del titolare del bene vengono limitate al punto da svuotarlo completamente di contenuto. Si parla, in tali ipotesi di espropriazioni di valore, ovvero di fattispecie sostanzialmente espropriative, le quali impongono al proprietario un vincolo particolarmente incisivo ed invasivo della sua sfera giuridica. E quanto accade, ad esempio, in caso di imposizione dei vincoli d inedificabilità ad opera delle pianificazioni urbanistiche, i quali sottraggono lo ius aedificandi

4 84 al proprietario e possono, perciò, presentare contenuto sostanzialmente espropriativo: laddove il vincolo si protraesse a tempo indeterminato, lasciando l immobile a disposizione pubblica, si verificherebbe di fatto un espropriazione, con il conseguente diritto all indennità ex art. 42 Cost. 3. Segue. La reiterazione dei vincoli preordinati all esproprio e l obbligo di indennizzo In relazione a tali limitazioni del diritto di proprietà si pone il problema della corresponsione, anche in tali fattispecie, dell indennizzo in favore del privato. La centralità del tema, e la sua collocazione a metà tra il potere pianificatorio conformativo e quello ablatorio, impongono un approfondimento del tema, che sarà scandagliato funditus nei paragrafi seguenti, cogliendo l occasione offerta dalla recentissima decisione Cons. Stato, sez. IV, 7 giugno 2012, n. 3365, che ha fatto il punto su condizioni e presupposti per la legittima reiterazione dei vincoli a contenuto sostanzialmente espropriativo La sentenza 1 L importanza della menzionata sentenza risiede nell affermazione della necessità, quale condizione di legittimità della delibera di reiterazione in blocco dei vincoli espropriativi, sia di una motivazione particolarmente approfondita, sia dell accantonamento contestuale delle somme necessarie per l indennizzo, con ciò prendendo posizione all interno del dibattito giurisprudenziale che da decenni anima il tema della reiterazione dei vincoli. In particolare, nella disputa circa l entità della motivazione nel caso di reiterazione cd. in blocco di tutti i vincoli espropriativi, la pronuncia si allinea all orientamento ormai prevalente sulla necessità di una indagine concreta sulle singole aree per valutare la permanenza dell interesse pubblico alla reiterazione e pone l obbligo della cd. procedimentalizzazione della valutazione sancita dalla sentenza della Consulta n. 314/2007. Il Consiglio di Stato individua con ciò una tecnica giuridica di protezione formale e sostanziale del privato nell assolvimento dell onere motivazionale da parte della P.A., in un ottica pienamente garantista della posizione sostanziale del proprietario. Vale anticipare fin d ora che tale condizione si ritiene debba essere letta, nell ottica della sentenza in esame, congiuntamente all altra condizione 1 I paragrafi da 3.1. a 3.5. sono tratti da F. De Sa n t i s, Reiterazione dei vincoli espropriativi: l accantonamento dell indennizzo diventa condizione di legittimità del provvedimento, in Il Nuovo Diritto Amministrativo 2012, 4, 77 ss.

5 85 di accantonamento della copertura finanziaria agli indennizzi relativi alle singole aree. L intento sembra essere quello di costringere la P.A. a ponderare bene le proprie scelte nel reiterare i vincoli espropriativi allorché si trova costretta ad accantonare somme che potrebbero essere destinate diversamente anche per far fronte a bisogni più urgenti della collettività. Si vuole in tal modo contrastare la prassi a volte diffusa di delibere reiterative in blocco dei vincoli espropriativi su tutto il territorio comunale, motivate sulla sola esigenza di soddisfare standard urbanistici che nel precedente quinquennio non erano stati realizzati per inerzia della P.A Reiterazione dei vincoli e loro indennizzabilità Il tema della reiterazione dei vincoli espropriativi si colloca a metà del guado tra il potere pianificatorio conformativo dei suoli che trova fondamento nell art. 42, co. 2, Cost., e il potere ablatorio che trova il proprio referente costituzionale nel comma 3 della stessa norma. Guardando alla disciplina dei vincoli urbanistici, è necessario distinguere tra vincoli conformativi, espropriativi e di inedificabilità assoluta, essendo diversi per natura, effetti e durata. I vincoli preordinati all esproprio investono aree in cui è prevista la realizzazione di opere pubbliche tramite espropriazione dell area. Per effetto del vincolo, fino alla emissione del decreto di esproprio, non è consentita alcuna edificazione, compromettendo altrimenti la realizzazione dell opera pubblica prevista nel PRG. (art. 9 T.U.Espr.). Ai vincoli espropriativi sono applicabili i principi elaborati dalla giurisprudenza in tema di decadenza dei vincoli, della loro reiterazione con connessi obblighi di motivazione e di indennizzo ex art. 39 T.U.Espr. La legislazione regionale ha previsto in generale che detti vincoli espropriativi abbiano la durata quinquennale del piano operativo che compone il PRG, in ossequio al principio di temporalizzazione dei piani; dal che discende che il piano operativo deve stabilire quali infrastrutture e opere si vogliono realizzare nel prossimo quinquennio. La decadenza quinquennale del vincolo espropriativo consegue quindi qualora non venga approvato il piano attuativo o il progetto esecutivo dell opera pubblica che dichiara la pubblica utilità. L altra categoria di vincoli che comportano l inedificabilità dell area, quellii c.d. morfologici, finalizzati alla conservazione della conformazione naturale del territorio o avente valore di testimonianza storica. La giurisprudenza ha escluso l appartenenza di tale categoria a quella dei vincoli urbanistici indennizzabili. La giurisprudenza costituzionale ha ritenuto che detti vincoli morfologici, pur essendo identici ai vincoli espropriativi, non abbiano un contenuto sostanzialmente espropriativo e quindi

6 86 non siano indennizzabili. Detti vincoli infatti l accertamento della qualità intrinseca nel bene, che ne esclude per natura, cioè per morfologia, la suscettibilità edificatoria. In tal caso l inedificabilità non comprime nessuna delle facoltà spettanti al proprietario, in quanto la destinazione di interesse pubblico del bene è insita nella sua morfologia che il vincolo meramente riconosce. Ne consegue l inesistenza di un obbligo di indennizzo e la mancanza della temporaneità del vincolo. Con la sentenza n. 179/99, la Consulta ha infine individuato i vincoli indennizzabili e non. Secondo la Consulta, sono indennizzabili i vincoli preordinati all esproprio laddove comportino uno svuotamento incisivo della proprietà su beni determinati da condizioni di inedificabilità assoluta. Sono esclusi tuttavia dall indennizzo «i beni immobili aventi valore paesistico-ambientale, in virtù della loro localizzazione o della loro inserzione in un complesso che ha in modo coessenziale le qualità indicate dalla legge». Più in generale, la legge può non disporre indennizzi quando i modi ed i limiti imposti attengano con carattere di generalità per tutti i consociati e quindi in modo obiettivo ad intere categorie di beni, con una sottoposizione indifferenziata ad un particolare regime secondo le caratteristiche intrinseche del bene stesso. Pertanto, il legislatore non è tenuto a disporre indennizzi quando i modi di godimento imposti dalla legge riguardino intere categorie di beni secondo caratteristiche loro intrinseche. Non sarebbero quindi indennizzabili i limiti non ablatori, normalmente posti nella pianificazione urbanistica, riguardanti altezza, cubatura, superficie coperta, distanze, zone di rispetto, indici di fabbricabilità, limiti e rapporti per zone territoriali omogenee e simili, i quali sono connaturati al diritto di proprietà. Non sarebbero inoltre indennizzabili non solo i vincoli morfologici che si fondano su una espressa previsione di legge riferita a determinate categorie di beni, ma anche ai vincoli morfologici posti direttamente dagli strumenti urbanistici. Diverso è il caso dei cd. vincoli procedurali, ovvero nel caso in cui lo strumento urbanistico rinvia per l edificazione ad un piano attuativo successivo: se il rinvio è verso un piano attuativo di sola iniziativa pubblica, tale vincolo è equiparabile a quelli espropriativi, subordinando lo jus aedificandi a scelte discrezionali della P.A., e pertanto sarebbe indennizzabile. Viceversa, se il rinvio opera nei confronti di un piano attuativo anche di iniziativa privata, non vi sarebbero i presupposti per ravvisare una compressione sine die dello ius aedificandi, e quindi non sarebbe indennizzabile. Secondo la Consulta, infatti, sono fuori dello schema ablatorio-espropriativo, con le connesse garanzie costituzionali, i vincoli che comportano destinazioni di interesse pubblico realizzabili ad iniziativa privata o promiscua e che non comportano necessariamente l espropriazione o interventi ad esclusiva

7 87 iniziativa pubblica. In tal caso, l eventuale scelta di dotare il territorio di attrezzature e servizi, realizzabili anche attraverso l iniziativa economica privata, non comporta uno svuotamento sine die del contenuto essenziale del diritto di proprietà e dunque tali vincoli non sono indennizzabili. Sono esclusi inoltre dalla indennizzabilità tutti i vincoli che non eccedono la durata ritenuta ragionevolmente sopportabile (cd. periodo di franchigia) e coincidente con la validità quinquennale in sede di prima imposizione, nonché i vincoli che non superano sotto il profilo quantitativo la normale tollerabilità Le problematiche affrontate dal Consiglio La ricostruzione suddetta ha evidenziato la tipologia dei vincoli per i quali la giurisprudenza ha ritenuto necessario individuare tecniche giuridiche di protezione della posizione sostanziale del privato, allorchè il vincolo originariamente imposto e poi decaduto venga reiterato. In particolare, tecniche giuridiche di protezione e di garanzia del diritto di proprietà sono state individuate nella motivazione della delibera reiterativa del vincolo e nella necessità di un indennizzo. La giurisprudenza invero ha oscillato negli anni in relazione all ampiezza dell onere motivazionale in ragione della tipologia di variante urbanistica che appone il vincolo, nonché in relazione all obbligo di indennizzo e alle sue caratteristiche. Su entrambi i fronti, la sentenza in esame si colloca su posizioni maggiormente garantiste del privato, ponendo gli obblighi motivazionali e indennitari quali condizioni di legittimità della delibera, ma è soprattutto la previsione dell obbligo di accantonamento delle indennità a costituire un revirement, scaturito forse dalla consapevolezza di quante volte la garanzia offerta dalla motivazione venga superata o aggirata in concreto L onere motivazionale della reiterazione del vincolo L argomento centrale della sentenza in esame è il profilo motivazionale sia sul piano formale che sostanziale. A tal fine, il Consiglio ricostruisce brevemente l evoluzione giurisprudenziale in due fasi storiche, per aderire all orientamento più recente e prevalente. Secondo l orientamento minoritario, una motivazione congrua, puntuale e specifica della delibera reiterativa del vincolo è necessaria solo nel caso in cui essa riguardi alcune aree, creando una disparità tra proprietari incisi dal vincolo reiterato e altri non incisi. Pertanto, nel caso di variante generale al PRG ovvero di approvazione di strumento urbanistico che interessa tutto il territorio comunale non occorre una specifica motivazione per ciascuna area sulla quale incide il vincolo reiterato, essendo sufficiente il richiamo alle linee guida del PRG e alla permanenza dell interesse pubblico.

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