Rapporto Preliminare. Valutazione Ambientale Strategica del Piano Faunistico Venatorio. Art. 13 D.Lgs. n. 152/2006 e s.m.i. Data SETTEMBRE 2009

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1 PIANO FAUNISTICO VENATORIO della Provincia di di Mantova 1561 Rapporto Preliminare Art. 13 D.Lgs. n. 152/2006 e s.m.i. Valutazione Ambientale Strategica del Piano Faunistico Venatorio Data SETTEMBRE 2009 Revisione REV. 1 STUDIO DI INGEGNERIA MAGRO Sede legale: Via Corte Cà Brusà, 1B Valeggio s/m (VR) Sede operativa: Via Centenaro, Lonato del Garda (BS) Tel Fax info@studiomagro.com

2 1562 INDICE 1 PREMESSA INQUADRAMENTO NORMATIVO IN MATERIA DI VAS Il quadro normativo nazionale in materia di VAS Il quadro normativo regionale in materia di VAS La consultazione e la partecipazione nel processo di VAS Inquadramento normativo Definizione delle modalità di consultazione Individuazione delle autorità con specifiche competenze ambientali IL QUADRO NORMATIVO IN MATERIA FAUNISTICO-VENATORIA Il quadro normativo nazionale in materia di pianificazione faunistico-venatoria Il quadro normativo regionale in materia di pianificazione faunistico-venatoria INTRODUZIONE ALLA METODOLOGIA DCGIS IMPIEGATA PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS) DEL PIANO FAUNISTICO VENATORIO (PFV) DELLA PROVINCIA DI MANTOVA ANALISI PRELIMINARE DEL PIANO FAUNISTICO VENATORIO DELLA PROVINCIA DI MANTOVA La pianificazione faunistico-venatoria della Provincia di Mantova antecedente all elaborazione del nuovo Piano Individuazione dell ambito di influenza del PFV Finalità, contenuti e declinazione preliminare degli obiettivi di Piano Individuazione di Piani e Programmi pertinenti Strumenti per il Governo del Territorio Strumenti di pianificazione settoriale Individuazione di parchi e riserve relative all ambito del PFV ANALISI DI COERENZA INTERNA E ESTE<RNA Definizione della metodologia utilizzata per l analisi di pertinenza e coerenza Strumenti di Governo del Territorio Strumenti di pianificazione settoriale Verifica di coerenza PFV/obiettivi e normativa di riferimento per Parchi e Riserve Individuazione degli obiettivi generali per i Parchi e le Riserve Individuazione dei riferimenti normativi per i Parchi e le Riserve Individuazione degli obiettivi di sostenibilità perseguiti a livello nazionale e comunitario CONTESTUALIZZAZIONE E CARATTERIZZAZIONE DEL PIANO Definizione dei settori di analisi Descrizione sintetica delle componenti ambientali coinvolte Descrizione preliminare del contesto territoriale ed ambientale Descrizione del contesto ambientale attraverso indicatori di vulnerabiltà vk

3 Caratterizzazione del Piano in termini di obiettivi operativi ed indicatori MODALITA DI REDAZIONE DEL RAPPORTO AMBIENTALE Definizione dei contenuti del rapporto ambientale Esempio di analisi degli obietti operativi mediante la definizione di mappe di idoneità INDICAZIONI RELATIVE ALLA VALUTAZIONE DI INCIDENZA DEL PIANO Quadro normativo Elenco dei SIC e delle ZPS CONCLUSIONI BIBLIOGRAFIA ALLEGATO I: Analisi preliminare degli Habitat dei siti della Rete Natura 2000 presenti sul territorio della Provincia di Mantova...151

4 PREMESSA La Valutazione Ambientale Strategica (VAS) rappresenta lo strumento di analisi e di valutazione degli effetti ambientali di Piani e Programmi, così come stabilito dalla Direttiva Europea 42/2001/CE. Il suo svolgimento avviene in parallelo all elaborazione del Piano o Programma stesso, permettendo di mettere a sistema e confrontare diversi indirizzi, talvolta contrastanti, derivanti dalla partecipazione dei portatori di interesse che operano sul medesimo territorio o ambito di riferimento. La VAS mira a ridurre i potenziali effetti negativi conseguenti all attuazione del Piano o Programma oggetto di valutazione e a raggiungere livelli di pianificazione sostenibile dal punto di vista ambientale. La necessità di una pianificazione territoriale ambientalmente sostenibile è condivisa dai Governi e dalle istituzioni internazionali che per questo motivo hanno istituito la VAS al fine di rendere operativa l'integrazione di obiettivi/criteri ambientali e di sostenibilità nei processi decisionali strategici. La Direttiva 42/2001/CE fissa i principi generali del sistema di Valutazione Ambientale dei Piani e Programmi (VAS) e ne definisce l'ambito di applicazione (agricolo, forestale, pianificazione territoriale, energia, ecc.), lasciando agli Stati Membri la scelta dei procedimenti e delle metodologie di valutazione; a livello nazionale la VAS viene disciplinata dal D.Lgs. n. 152/06 e s.m.i 1. Il presente documento consiste nel Rapporto Preliminare (o Documento di Scoping) della procedura di Valutazione Ambientale Strategica (VAS) del Piano Faunistico Venatorio della Provincia di Mantova 2 e rappresenta lo strumento, previsto all articolo 13 c.1 del D.Lgs. 4/08, attraverso il quale il proponente e/o l'autorità procedente entrano in consultazione, sin dai momenti preliminari dell'attività di elaborazione del Piano, (1) con l'autorità competente e (2) gli altri soggetti competenti in materia ambientale, al fine di definire la portata ed il livello di dettaglio delle informazioni da includere nel Rapporto Ambientale. Il Rapporto Preliminare è stato redatto ai sensi dell articolo 13 del D.Lgs. n. 152/06 3 e s.m.i. 4 e dell Allegato 1n alla che individua il modello metodologico procedurale ed organizzativo della valutazione ambientale del Piano Faunistico Venatorio, con lo scopo di individuare e concertare i contenuti che verranno analizzati e discussi dettagliatamente nel Rapporto Ambientale. 1 In particolare con il D.Lgs. 4/08 sono state apportate Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale 2 In seguito PFV. 3 Norme in materia ambientale. 4 D.Lgs. 4/08 Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale.

5 1565 Lo schema d analisi adottato è il seguente: Tabella n. 1: Schema di analisi adottato nella redazione del Rapporto Preliminare RAPPORTO PRELIMINARE SCHEMA DI ANALISI (ai sensi di: Direttiva 2001/42/CE, Allegato VI al D.Lgs. n. 152/06 e s.m.i. e Allegato 1n alla D.g.r. 8/7110/08) a- Inquadramento normativo in materia di Valutazione Ambientale Strategica (CAPITOLO 2); b- Inquadramento normativo in materia faunistico-venatoria (CAPITOLO 3); c- Introduzione e descrizione del sistema Dynamic Computational G.I.S. (DCGIS) adottato per la VAS del PFV della Provincia di Mantova (CAPITOLO 4); d- Analisi preliminare dei contenuti e degli obiettivi del PFV (CAPITOLO 5); e- Definizione della metodologia adottata per l analisi di coerenza degli obiettivi di Piano con (1) gli obiettivi di sostenibilità (analisi di coerenza esterna verticale)e (2) gli obiettivi previsti da altri Piani e Programmi vigenti (analisi di coerenza esterna orizzontale)(capitolo 6); f- Descrizione delle caratteristiche ambientali, culturali e paesaggistiche delle aree che potrebbero essere significativamente interessate dal Piano e caratterizzazione preliminare degli obiettivi di Piano (CAPITOLO 7); g- Descrizione dei contenuti previsti per il Rapporto Ambientale e delle modalità di analisi degli eventuali effetti negativi significativi sull ambiente indotti dall attuazione del Piano (CAPITOLO 8); h- Indicazione preliminari relative alla Valutazione di Incidenza del Piano su Siti di Interesse Comunitario e Zone di Protezione Speciale (CAPITOLO 9).

6 INQUADRAMENTO NORMATIVO IN MATERIA DI VAS 2.1 Il quadro normativo nazionale in materia di VAS La Valutazione Ambientale Strategica (VAS) è stata introdotta a livello comunitario dalla Direttiva 2001/42/CE concernente la valutazione degli effetti di determinati Piani e Programmi sull ambiente. L obiettivo della Direttiva (Art. 1) è garantire un elevato livello di protezione dell ambiente e contribuire all integrazione delle considerazioni ambientali nell elaborazione e adozione di Piani e Programmi, al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile. Lo strumento tramite il quale perseguire questo obiettivo è la valutazione ambientale di tutti i Piani e Programmi che possono avere significativi effetti sull ambiente. Tale procedura deve essere effettuata durante la fase preparatoria del Piano o del Programma ed anteriormente alla sua adozione o all avvio della relativa procedura legislativa (Art. 4). La normativa europea in materia di VAS è stata recepita a livello nazionale dal D.Lgs n. 152 del 03/04/06 Norme in materia ambientale e in particolare dalla Parte II Procedure per la Valutazione Ambientale Strategica (VAS), per la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) e per l Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA). Il D.Lgs n. 4 del 16/01/08 Ulteriori disposizioni correttive ed integrative del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale ha sostituito la Parte II del D.Lgs n. 152 del 03/04/06 e costituisce attualmente il riferimento normativo per la VAS in Italia. Le principali novità introdotte dal D.Lgs n. 4/08 in materia di VAS sono descritte nella tabella che segue. Tabella n. 1: Novità introdotte dal D.Lgs. 4/08 in materia di VAS Art. 4 Art. 5 NOVITA IN MATERIA DI VAS INTRODOTTE DAL D.LGS N. 4/08 Secondo la nuova formulazione della norma: - Il D.Lgs. n. 152/06 individua modalità di semplificazione e coordinamento affinché le procedure autorizzative in campo ambientale (compresa quella di rilascio dell autorizzazione integrata ambientale- AIA) siano integrate in quella di valutazione di impatto ambientale VIA (comma 2). - La VIA e la VAS sono finalizzate ad assicurare la compatibilità dell attività umana con il principio dello sviluppo sostenibile. Vengono istituite le seguenti nuove definizioni accanto a quelle originarie (che vengono pertanto modificate): - patrimonio culturale ; - progetto preliminare e progetto definitivo ; - modifica e modifica sostanziale ; - verifica di assoggettabilità ; - Provvedimento di verifica ; - Provvedimento di valutazione dell impatto ambientale ; - Autorizzazione integrata ambientale (tramite rinvio al D.Lgs. n. 59/05); - Autorità procedente (distinta dall Autorità competente ); - Proponente ;

7 1567 Art. 6 Art. 7 Art. 8 Art. 9 Art. 12 Art. 13 Art. 14 Artt Art. 17 Art. 18 Art. 19 Artt Artt Art. 32 Art. 33 Art Soggetti competenti in materia ambientale. Definisce l oggetto della disciplina in materia di VIA e di VAS. Amplia il campo di applicazione della procedura di VAS. Riferisce i criteri di ripartozione delle competenze tra Stato e Regioni in materia di VIA e di VAS. Prevede che la commissione tecnica di verifica dell impatto ambientale istituita dall art. 9 del D.p.r. n. 90/2007 debba assicurare il supporto tecnico-scientifico al Ministero dell Ambiente per l attuazione delle norme del D.Lgs. n. 152/06. In relazione alle norme generali relative alle procedure di VAS e di VIA: - Richiama gli art. 7-10, legge n. 241/1990 in materia di partecipazione al procedimento amministrativo; - Demanda all autorità competente la facoltà di convocare conferenze di servizi nonché di stipulare accordi con il proponente o l autorità procedente e le altre amministrazioni interessate; - Lascia al proponente la facoltà di presentare all autorità competente motivata richiesta di non rendere pubblica parte dalla documentazione presentata per ragioni di tutela del segreto industriale e commerciale. Disciplina puntualmente la verifica di assoggettabilità (cosiddetto screening) alla VAS. Disciplina nel dettaglio il Rapporto Ambientale. Disciplina la consultazione in sede di VAS e prolunga da 45 a 60 giorni il termine, decorrente dalla pubblicazione dell avviso recante i principali elementi relativi al Piano o Programma, concesso ai soggetti interessati per presentare osservazioni. Disciplinano la decisione finale. Prolungano da 60 a 90 giorni il termine, decorrente dalla scadenza del termine di cui all art. 14, entro il quale l autorità competente esprime il proprio parere motivato all esito della procedura di VAS. Stabiliscono che il Piano o Programma possa essere rivisto, ove necessario, alla luce del parere motivato dell autorità competente. Prevede la pubblicazione della decisione finale di VAS nella Gazzetta Ufficiale o nel Bollettino Ufficiale della Regione Disciplina il monitoraggio sugli impatti significativi sull ambiente derivanti dall attuazione dei Piani e Programmi approvati e la verifica del raggiungimento degli obiettivi di sostenibilità prefissati, al fine di poter adottare le opportune misure correttive. Definisce l oggetto del procedimento di VIA. Definisce i rapporti tra VAS e VIA. Riforma la fase di consultazione tra l autorità competente ed il proponente finalizzata a definire i contenuti dello studio di impatto ambientale (cosiddetto scoping). Dettano disposizioni sulla competenza e sulla partecipazione al procedimento in caso di Piani o Programmi soggetti a VAS o di Progetti e Opere sottoposti a VIA che abbiano carattere interregionale. Disciplina la partecipazione ed il ruolo degli altri Stati al procedimento in caso di Piani, Programmi o Progetti sottoposti a VAS o sottoposti a VIA che abbiano carattere transfrontaliero. Delega alla potestà regolamentare del Ministro dell Ambiente l individuazione delle tariffe per le attività istruttorie, di monitoraggio e di controllo da parte dell autorità competente e detta disposizioni transitorie al riguardo. Stabilisce che le Regioni debbano adeguare il proprio ordinamento alle nuove disposizioni entro dodici mesi dall entrata in vigore del decreto (in mancanza di norme vigenti regionali trovano diretta applicazione le norme di cui al decreto). Trascorso il suddetto termine, troveranno diretta applicazione le disposizioni del decreto, ovvero le disposizioni regionali vigenti in quanto compatibili. Disciplina il regime transitorio, prevedendo che le procedure di VAS e di VIA avviate precedentemente all entrata in vigore del decreto debbano essere concluse ai sensi delle norme vigenti al momento dell avvio del relativo procedimento. Ai sensi del D.Lgs. n. 04/08 la Valutazione Ambientale Strategica ha la finalità di: - garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente;

8 contribuire all'integrazione di considerazioni ambientali all'atto dell'elaborazione, dell'adozione e approvazione di detti Piani e Programmi; - assicurare che Piani e Programmi siano coerenti e contribuiscano alle condizioni per uno sviluppo sostenibile (Art. 4, comma 4 del D.Lgs. n. 152/06 e s.m.i.). La VAS assicura quindi che l'attività antropica venga effettuata nel rispetto della capacità rigenerativa degli ecosistemi e delle risorse, della salvaguardia della biodiversità e di un'equa distribuzione dei vantaggi connessi all'attività economica. La VAS permette la determinazione della valutazione preventiva integrata degli impatti ambientali nello svolgimento delle attività normative e amministrative, di informazione ambientale, di pianificazione e programmazione (Art. 4, comma 3 del D.Lgs. n. 152/06 e s.m.i.). Risultano soggetti a VAS tutti i Piani e Programmi: - che sono elaborati per la valutazione e la gestione della qualità dell'aria ambiente, per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli, e che definiscono il quadro di riferimento per l'approvazione, l'autorizzazione, l'area di localizzazione o comunque la realizzazione dei progetti elencati negli allegati II, III e IV del present (D.Lgs. 152/06 e s.m.i.); - per i quali, in considerazione dei possibili impatti sulle finalità di conservazione dei siti designati come Zone di Protezione Speciale (ZPS) per la conservazione degli uccelli selvatici e quelli classificati come Siti di Importanza Comunitaria (SIC) per la protezione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatica, si ritiene necessaria una valutazione d'incidenza ai sensi dell'articolo 5 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, e successive modificazioni (Art. 6, comma 2 del D.Lgs. n. 152/06 e s.m.i.). Le fasi procedurali della VAS, disciplinate dagli articoli da 11 a 18 del D.Lgs. n. 152/06 e s.m.i. (Art. 11), sono così sintetizzabili: - svolgimento della verifica di assoggettabilità; - elaborazione del Rapporto Ambientale; - svolgimento di consultazioni; - valutazione del rapporto ambientale e gli esiti delle consultazioni; - decisione; - informazione sulla decisione;

9 monitoraggio. L Art. 13 (commi 1 e 2) del D.Lgs n. 152/06 e s.m.i. prevede una fase di consultazione (scoping) tra il proponente e/o l autorità procedente e l autorità competente e gli altri soggetti competenti in materia ambientale, al fine di definire la portata e il livello di dettaglio delle informazioni da includere nel Rapporto Ambientale. Questa consultazione avviene sulla base di un rapporto preliminare (rappresentato dal presente documento) sui possibili impatti ambientali significativi relazionati all attuazione del Piano o Programma. Nello schema che segue viene riassunto l iter procedurale della VAS, ai sensi di quanto previsto dal D.Lgs n. 152/06 e s.m.i., suddiviso in attività e prodotti.

10 15610 Figura n. 1: Schema delle attività e dei prodotti previsti dall iter procedurale della VAS ai sensi del D.Lgs. 152/06 e s.m.i.

11 15611 L Art. 13 del D.Lgs n. 152/06 e s.m.i. disciplina la redazione del Rapporto Ambientale, che costituisce parte integrante del Piano o del Programma e ne accompagna l'intero processo di elaborazione ed approvazione (Art. 13 comma 3). Nel Rapporto Ambientale devono essere individuati, descritti e valutati gli impatti significativi che l'attuazione del Piano o del Programma proposto potrebbe avere sull'ambiente e sul patrimonio culturale, nonché le ragionevoli alternative che possono adottarsi in considerazione degli obiettivi e dell'ambito territoriale del Piano o del Programma stesso. L impatto ambientale viene così definito all Art. 5 comma c del D.Lgs 152/06 e s.m.i.: alterazione qualitativa e/o quantitativa, diretta e indiretta, a breve e a lungo termine, permanente e temporanea, singola e cumulativa, positiva e negativa dell ambiente, inteso come sistema di relazioni tra i fattori antropici, naturalistici, chimico-fisici, climatici, paesaggistici, architettonici, culturali, agricoli ed economici, in conseguenza dell attuazione sul territorio di Piani o Programmi nelle diverse fasi della loro realizzazione, gestione e dismissione, nonché di eventuali malfunzionamenti. Nell allegato VI alla Parte seconda del D.Lgs. 152/06 e s.m.i. vengono descritti nel dettaglio i contenuti del Rapporto Ambientale, che costituiscono recepimento dell Allegato 1 della Direttiva 2001/42/CE (Tabella n. 2) Tabella n. 2: Contenuti del Rapporto Ambientale ai sensi del D.Lgs. 152/06 e s.m.i. CONTENUTI DEL RAPPORTO AMBIENTALE (ai sensi dell allegato VI del D.Lgs 152/06 e s.m.i.) a. Illustrazione dei contenuti, degli obiettivi principali del Piano o Programma e del rapporto con altri pertinenti Piani o Programmi; b. Aspetti pertinenti lo stato attuale dell ambiente e la sua evoluzione probabile senza l attuazione del Piano o del Programma; c. Caratteristiche ambientali, culturali e paesaggistiche delle aree che potrebbero essere significativamente interessate; d. Qualsiasi problema ambientale esistente pertinente al Piano o Programma, ivi compresi in particolare quelli relativi ad aree di particolare rilevanza ambientale, culturale e paesaggistica, quali le zone designate come Zone di Protezione Speciale per la conservazione degli uccelli selvatici e quelli classificati come Siti di Importanza Comunitaria per la protezione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatica, nonché i

12 15612 territori con produzioni agricole di particolare qualità e tipicità, di cui all articolo 21 del D.Lgs n. 228/01. e. Obiettivi di protezione ambientali stabiliti a livello internazionale, comunitario o degli Stati membri pertinenti al Piano o al Programma e il modo in cui, durante la sua preparazione, si è tenuto conto di detti obiettivi e di ogni considerazione ambientale; f. Possibili impatti significativi sull ambiente, compresi aspetti quali la biodiversità, la popolazione, la salute umana, la flora e la fauna, il suolo, l acqua, l aria, i fattori climatici, i beni materiali, il patrimonio culturale, anche architettonico e archeologico, il paesaggio e l interrelazione tra i suddetti fattori. Devono essere considerati tutti gli impatti significativi, compresi quelli secondari, cumulativi, sinergici, a breve, medio e lungo termine, permanenti e temporanei, positivi e negativi; g. Misure previste per impedire, ridurre e compensare nel modo più completo possibile gli eventuali impatti negativi significativi sull ambiente dell attuazione del Piano o del Programma; h. Sintesi delle ragioni della scelta delle alternative individuate e una descrizione di come è stata effettuata la valutazione, nonché le eventuali difficoltà incontrate (ad esempio carenze tecniche o difficoltà derivanti dalla novità dei problemi e delle tecniche per risolverli) nella raccolta delle informazioni richieste; i. Descrizione delle misure previste in merito al monitoraggio e al controllo degli impatti ambientali significativi derivanti dall attuazione del Piano o Programma proposto definendo, in particolare, le modalità di raccolta dei dati e di elaborazione degli indicatori necessari alla valutazione degli impatti, la periodicità della produzione di un rapporto illustrante i risultati della valutazione degli impatti e le misure correttive da adottare; j. Sintesi non tecnica delle informazioni di cui alle lettere precedenti. 2.2 Il quadro normativo regionale in materia di VAS La valutazione ambientale degli effetti derivanti dall attuazione dei Piani e Programmi è stata introdotta in Regione Lombardia con la L.r. n. 12 del 11/03/05 Legge per il governo del territorio e s.m.i. 5, ai sensi della quale la valutazione deve essere applicata a cura della Regione e degli enti locali, nell ambito dei procedimenti di elaborazione ed approvazione dei Piani e Programmi 6 (in seguito P/P) di cui alla Direttiva 2001/42/CE. 5 L.r. n. 20 del 27 dicembre 2005; L.r. n. 6 del 3 marzo 2006; L.r. n. 12 del 14 luglio 2006; L.r. n. 5 del 27 febbraio 2007; L.r. n. 24 del 3 ottobre 2007; L.r. n. 4 del 14 marzo Art. 4 comma 1 LR n. 12/05 Al fine di promuovere lo sviluppo sostenibile ed assicurare un elevato livello di protezione dell ambiente, la Regione e gli enti locali, nell ambito dei procedimenti di elaborazione ed approvazione dei piani e programmi di cui alla direttiva 2001/42/CEE del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 giugno 2001 concernente la valutazione degli effetti di determinati piani e programmi sull ambiente e successivi atti attuativi, provvedono alla valutazione ambientale degli effetti derivanti dall attuazione dei predetti piani e programmi [...].

13 15613 In particolare, l Art. 4 comma 2 della L.r. n. 12/05 prevede che vengano assoggettati alla valutazione ambientale il Piano Territoriale Regionale e i Piani Territoriali di Coordinamento Provinciali, il documento di piano di cui all articolo 8, nonché le varianti agli stessi e che la valutazione ambientale venga effettuata durante la fase preparatoria del Piano o del Programma ed anteriormente alla sua adozione o all avvio della relativa procedura di approvazione. La valutazione, in particolare, deve (Art. 4, comma 3 della L.r. 12/05): - evidenziare l eventuale congruità delle scelte rispetto agli obiettivi di sostenibilità del Piano e le possibili sinergie con gli altri strumenti di pianificazione e programmazione, - individuare le alternative assunte nell elaborazione del Piano o Programma, - individuare gli impatti potenziali, nonché le misure di mitigazione o di compensazione, anche agroambientali, che devono essere recepite nel Piano stesso. La DCR 13 marzo 2007 n. 351 Indirizzi generali per la valutazione di Piani e Programmi costituisce l attuazione dell Art. 4 della legge regionale 11 marzo 2005, n. 12 Legge per il governo del territorio e della direttiva 2001/42/CE del Parlamento Europeo del Consiglio del 27 giugno Tali indirizzi sottolineano la stretta integrazione tra processo di Piano e processo di valutazione ambientale e disciplinano: - l ambito di applicazione; - le fasi metodologiche procedurali della valutazione ambientale; - il processo di informazione e partecipazione; - il raccordo con le altre norme in materia di valutazione, la VIA e la Valutazione di incidenza; - il sistema informativo. In particolare (punto 3.2 dell Allegato 1 della DCR 351/07) la VAS va intesa come un processo continuo, che si estende lungo tutto il ciclo vitale del P/P. Il significato chiave della VAS è costituito dalla sua capacità di integrare e rendere coerente il processo di pianificazione orientandolo verso la sostenibilità. Le forme di integrazione sono le seguenti: - (1) Interazione positiva e creativa tra la pianificazione e la valutazione durante tutto il processo di impostazione e redazione del P/P; il dialogo permanente permette aggiustamenti e miglioramenti continui, che si riflettono nel prodotto finale rendendolo molto più consistente e maturo. - (2) Comunicazione e coordinamento tra i diversi enti e organi dell amministrazione coinvolti nel P/P; l utilità di tale comunicazione diventa maggiore nelle decisioni di base circa il contenuto del Piano o Programma.

14 (3) Integrazione nella considerazione congiunta degli aspetti ambientali, sociali ed economici; la forte tendenza alla compartimentazione del sapere rende difficile la realizzazione di analisi integrate, che tuttavia permettono l emergere di conoscenze utili e interessanti quanto quelle che derivano dalle analisi specialistiche". Come definito dal punto 4.2 dell Allegato 1 viene effettuata una valutazione ambientale per tutti i Piani e i Programmi: - che sono elaborati per i settori agricolo, forestale, della pesca, energetico, industriale, dei trasporti, della gestione dei rifiuti e delle acque, delle telecomunicazioni, turistico, della pianificazione territoriale o della destinazione dei suoli, e che definiscono il quadro di riferimento per l'autorizzazione dei progetti elencati negli allegati I e II della direttiva 85/337/CEE; - per i quali, in considerazione dei possibili effetti sui siti, si ritiene necessaria una valutazione ai sensi degli articoli 6 e 7 della direttiva 92/43/CEE. Ai sensi del punto 5.12 dell Allegato 1 della DCR n. 351/07 viene specificato che il Rapporto Ambientale, elaborato a cura dell autorità procedente o del proponente, d intesa con l autorità competente per la VAS 7 : - dimostra che i fattori ambientali sono stati integrati nel processo di Piano con riferimento ai vigenti programmi per lo sviluppo sostenibile stabiliti dall ONU e dalla Unione Europea, dai trattati e protocolli internazionali, nonché da disposizioni normative e programmatiche nazionali e/o regionali; - individua, descrive e valuta gli obiettivi, le azioni e gli effetti significativi che l attuazione del P/P potrebbe avere sull ambiente nonché le ragionevoli alternative in funzione degli obiettivi e dell ambito territoriale del P/P; esso, inoltre, assolve una funzione propositiva nella definizione degli obiettivi e delle strategie da perseguire ed indica i criteri ambientali da utilizzare nelle diverse fasi, nonché gli indicatori ambientali di riferimento e le modalità per il monitoraggio; 7 Il D.Lgs. n. 04/08 (art.5) introduce le seguenti definizioni: - Autorità procedente : la pubblica amministrazione che elabora il P/P soggetto alle disposizioni del presente decreto, ovvero nel caso in cui il soggetto che predispone il P/P sia un diverso soggetto pubblico o privato, la pubblica amministrazione che recepisce, adotta o approva il P/P. - Proponente : il soggetto pubblico o privato che elabora il P/P soggetto alle disposizioni del presente decreto. - Autorità competente : la pubblica amministrazione che elabora il P/P soggetto alle disposizioni del presente decreto, ovvero nel caso in cui il soggetto che predispone P/P sia un diverso soggetto pubblico o privato, la pubblica amministrazione che recepisce, adotta o approva il P/P.

15 contiene le informazioni di cui all allegato I, meglio specificate in sede di conferenza di valutazione, tenuto conto del livello delle conoscenze e dei metodi di valutazione disponibili, dei contenuti e del livello di dettaglio del P/P, della misura in cui taluni aspetti sono più adeguatamente valutati in altre fasi dell iter decisionale. L Allegato I della delibera recepisce i contenuti del Rapporto Ambientale, così come definiti dalla Direttiva 42/2001/CE e dal D.Lgs. n. 152/06 e s.m.i., Allegato VI. Le fasi metodologico-procedurali della VAS sono disciplinate al punto 5 dell Allegato 1 al DCR 13 marzo 2007 n. 351e rappresentate nello schema riportato nella figura seguente. Il filo che nella figura collega le analisi/elaborazioni del P/P e le operazioni di VAS rappresenta la dialettica tra i due processi e la stretta integrazione necessaria all orientamento verso la sostenibilità ambientale.

16 15616 Figura n. 2: Sequenza delle fasi di un processo di piano o programma (fonte: DCR 13 marzo 2007 n. 351) Come ulteriore adempimento alla L.R. 11 marzo 2005 n. 12 la Regione Lombardia ha emanato le seguenti delibere: - D.g.r. 27 dicembre 2007 n Determinazione della procedura per la valutazione ambientale di Piani e Programmi, che fornisce le indicazioni metodologiche per la procedura di VAS nel caso di Accordi di Programma promossi dalla Regione e comportanti variante urbanistica.

17 D.g.r. 18 aprile 2008 n Valutazione ambientale di Piani e Programmi VAS. Ulteriori adempimenti di disciplina in attuazione dell Art. 4 della legge regionale 11 marzo 2005 n. 12, Legge per il governo del territorio' e degli 'Indirizzi generali per la valutazione ambientale dei Piani e Programmi approvati con deliberazione del Consiglio Regionale 13 Marzo 2007 (Provvedimento n. 2). - D.g.r. 11 febbraio 2009, n Modalita' per la valutazione ambientale dei Piani comprensoriali di tutela del territorio rurale e di riordino irriguo (art. 4, l.r. n. 12/2005; dcr n. 351/2007). Le delibere suddette contengono, in particolare, indicazioni relativamente ai modelli metodologici procedurali ed organizzativi per la valutazione di P/P. In particolare, la DGR n. 8/7110 del 18 Aprile 2008, all Allegato 1n individua la metodologia procedurale e organizzativa per la Valutazione Ambientale Strategica (VAS) dei Piani Faunistico- Venatori, che costituisce specificazione degli indirizzi generali per la Valutazione ambientale di Piani e Programmi, alla luce dell entrata in vigore del D.Lgs 04/2008 Ulteriori disposizioni correttive e integrative del D.lgs 3 aprile 2006 n.152, recante norme in materia ambientale. La D.g.r. 8/7110/08 in relazione ai PFV individua: 1. l ambito di applicazione; 2. i soggetti interessati; 3. le modalità di consultazione, comunicazione e informazione; 4. le fasi procedurali della valutazione ambientale del Piano Faunistico-Venatorio. Relativamente al punto 4, l Allegato 1n della delibera suddetta prevede le seguenti fasi: 1. avviso di avvio del procedimento; 2. individuazione dei soggetti interessati e definizione modalità di comunicazione e informazione; 3. elaborazione e redazione del Piano Faunistico Venatorio e del Rapporto Ambientale; 4. deposito, messa a disposizione e raccolta osservazioni; 5. convocazione conferenza di valutazione; 6. formulazione parere ambientale motivato; 7. approvazione del Piano faunistico Venatorio e informazioni circa la decisione; 8. gestione e monitoraggio.

18 La consultazione e la partecipazione nel processo di VAS Inquadramento normativo La Consultazione viene definita, ai sensi dell Art. 5 comma 1 lett. t del D.Lgs n. 152/06 e s.m.i., come l insieme delle forme di informazione e partecipazione, anche diretta, delle amministrazioni, del pubblico e del pubblico interessato nella raccolta dei dati e nella valutazione dei Piani, Programmi e Progetti. Il D.Lgs n. 152/06 e s.m.i. assicura il diritto di accesso alle informazioni ambientali e di partecipazione, in attuazione della legge 7 agosto 1990 n. 240 e s.m.i. e della Convenzione di Aarhus 8. L art. 3-sexies del D.Lgs n. 152/06 e s.m.i. precisa infatti che chiunque, senza essere tenuto a dimostrare la sussistenza di un interesse giuridicamente rilevante, può accedere alle informazioni relative allo stato dell ambiente e del paesaggio nel territorio nazionale. La normativa nazionale in materia di VAS garantisce le attività di consultazione e informazione nelle diverse fasi della VAS (verifica di assoggettabilità, verifica preliminare (scoping), verifica del Rapporto Ambientale e della proposta di Piano). Nella tabella che segue viene riassunta la tempistica relativa alle attività di consultazione nelle diverse fasi della procedura. FASI DELLA VAS Verifica di assoggettabilità alla VAS Verifica preliminare (scoping) Verifica del Rapporto Ambientale e della proposta di Piano Tabella n. 3: Tempistica relativa alle fasi di consultazione ai sensi del D.Lgs 152/06 e s.m.i. RIFERIMENTO NORMATIVO D.Lgs n. 152/06 e s.m.i. Art. 12 c. 2 D.Lgs n. 152/06 e s.m.i. Art. 13 c.2 D.Lgs n. 152/06 Art. 14 c.3 D.Lgs n. 152/06 TEMPI L'autorità competente in collaborazione con l'autorità procedente, individua i soggetti competenti in materia ambientale da consultare e trasmette loro il documento preliminare per acquisirne il parere. Il parere è inviato entro trenta giorni all'autorità competente ed all'autorità procedente. La consultazione, salvo quanto diversamente concordato, si conclude entro novanta giorni. Entro il termine di sessanta giorni dalla pubblicazione dell'avviso di cui al comma 1 9, chiunque può prendere visione della proposta di Piano o Programma e del relativo Rapporto ambientale e presentare proprie osservazioni, anche fornendo nuovi o ulteriori elementi conoscitivi e valutativi. 8 Convenzione sottoscritta ad Aarhus (Danimarca) il 25/06/98 e ratificata dall Italia con la legge 16 marzo 2001 n L autorità procedente pubblica sulla Gazzetta Ufficiale o sul Bollettino Ufficiale della Regione l avviso di avvenuta comunicazione all autorità competente della proposta di Piano (comprendente il Rapporto Ambientale e la sintesi non tecnica dello stesso); dalla data di pubblicazione decorrono i tempi dell esame istruttorio e della valutazione.

19 15619 L Associazione Internazionale per la Valutazione di Impatto Ambientale (International Association for Impact Assessment IAIA) propone i seguenti principi di base ed operativi della partecipazione pubblica (in seguito PP) 10 : Tabella n. 4: Principi di base ed operativi della partecipazione pubblica alla procedura di VAS PRINCIPI DI BASE: 1. La PP deve essere idonea al contesto di riferimento. 2. La PP deve informare il pubblico ed essere proattiva. 3. La PP deve adattarsi ai diversi livelli sociali del pubblico coinvolto ed essere comunicativa. 4. La PP deve essere inclusiva ed equa. 5. La PP deve essere educativa. 6. La PP deve promuovere la cooperazione ed il consenso. 7. La PP deve contribuire al processo decisionale. PRINCIPI OPERATIVI: 1. La PP deve avere inizio contemporaneamente all avvio della procedura di valutazione ambientale e le diverse fasi della PP devono essere svolte con regolarità. 2. La PP deve essere ben pianificata e mirata su aspetti specifici della procedura in corso. 3. La PP deve dare sostegno al pubblico favorendone la partecipazione attraverso un adeguata informazione. 4. La PP deve configurarsi come una procedura aperta a tutti e caratterizzata da trasparenza nelle informazioni e nelle diverse fasi di valutazione. 5. La PP deve adeguarsi alle modalità di organizzazione della comunità e del contesto in cui viene avviata. 6. La PP deve essere svolta secondo i principi dell etica e del corretto comportamento professionale Definizione delle modalità di consultazione L allegato 1n Modello metodologico procedurale e organizzativo della VAS di Piani e Programmi Piano Faunistico Venatorio della D.g.r. 7110/08 della Regione Lombardia specifica che la consultazione, la comunicazione e l informazione sono elementi imprescindibili della valutazione ambientale e ne determina le modalità al punto 4. La partecipazione è supportata da forme di comunicazione e informazione e dalla consultazione che si avvale della Conferenza di Valutazione. Tale Conferenza viene attivata al fine di: 10 Pierre Andrè et al., Special International association for Impact Assessment (IAIA) Pubblication Series n. 4. Public Partecipation. International Best Practice Principles.

20 (1) acquisire elementi informativi necessari alla costruzione di un quadro conoscitivo condiviso, relativamente ai limiti ed alle condizioni per uno sviluppo sostenibile; - (2) acquisire i pareri dei soggetti interessati. Alla Conferenza vengono convocati i soggetti competenti in materia ambientale e gli enti territorialmente interessati, ove necessario anche transfrontalieri. La Conferenza di Valutazione viene articolata in un minimo di due sedute 11 : - la prima è di tipo introduttivo, finalizzata alla presentazione del Documento Preliminare (scoping) e ad acquisire i pareri, i contributi e le osservazioni nel merito; - la seconda è finalizzata a valutare la proposta di Piano e di Rapporto Ambientale, esaminare le osservazioni ed i pareri pervenuti, prendere atto degli eventuali pareri obbligatori (eventuale raccordo con verifica di VIA e di Valutazione di Incidenza) previsti. Durante la prima seduta della Conferenza di Valutazione (scoping) l autorità procedente, in collaborazione con l autorità competente per la VAS, predispone un documento di scoping che, al fine della consultazione, viene messo a disposizione tramite pubblicazione su web. Il documento di scoping contiene lo schema del percorso metodologico procedurale definito, una proposta di definizione dell ambito di influenza del Piano e della portata delle informazioni da includere nel Rapporto Ambientale; risulta inoltre necessario dare conto della Verifica delle potenziali interferenze con i Siti di Rete Natura In relazione alla seduta conclusiva della Conferenza di Valutazione (convocata una volta definiti il Piano ed il Rapporto Ambientale) la proposta di Piano e il Rapporto Ambientale vengono preventivamente inviati ai soggetti individuati, i quali saranno chiamati ad esprimersi nell ambito della conferenza. Si precisa che in ogni seduta della Conferenza di Valutazione deve essere predisposto un apposito verbale (D.g.r. 7110/08, Allegato 1n, punto 5.1.3) Individuazione delle autorità con specifiche competenze ambientali Ai sensi dell Allegato 1 Modello metodologico procedurale e organizzativo della VAS di Piani e Programmi Modello generale della D.g.r. 6420/07 (punto 6.3) l autorità procedente, d intesa con l autorità competente per la VAS, individuano e definiscono: 11 All Allegato 1b della D.g.r. n. 6420/07 (punti 4, 5 e 6).

21 i soggetti competenti in materia ambientale, tra cui gli enti territorialmente interessati, ove necessario anche transfrontalieri, da invitare alla conferenza di valutazione; - le modalità di convocazione della conferenza di valutazione, articolata almeno in una seduta introduttiva e in una seduta finale di valutazione; - i singoli settori del pubblico interessati all iter decisionale; - le modalità di informazione partecipazione del pubblico, di diffusione e pubblicizzazione delle informazioni. In particolare l Allegato 1n della D.g.r. 7110/08, contenente il modello metodologico per la VAS del Piano Faunistico Venatorio, al punto 3.3 specifica i soggetti da consultare obbligatoriamente (Tabella n. 5): Tabella n. 5: Soggetti da consultare obbligatoriamente per la VAS di Piani Faunistico Venatori (D.g.r. 7110/08 Allegato 1n) Soggetti competenti in materia ambientale ARPA ASL Enti gestori aree protette e Siti Rete Natura 2000 ERSAF Corpo Forestale dello Stato Enti territorialmente interessati Regione Provincia Comunità Montane Comuni Province confinanti Per quanto riguarda il pubblico, la D.g.r. 7110/08 indica che, per avviare momenti di informazione e confronto in relazione al Piano Faunistico Venatorio, si ritiene opportuno individuare: - associazioni venatorie; - associazioni cinofile: - associazioni di protezione ambientale; - organizzazioni professionali agricole; - comitati di Gestione degli Ambiti Territoriali di Caccia e dei Comprensori Alpini.

22 15622 In particolare, con D.g.p. 116 del 03/09/2009, la Provincia di Mantova ha individuato i seguenti enti territorialmente interessati e soggetti competenti in materia ambientale, che costituiranno la Conferenza di Valutazione: ARPA; ASL; Enti Gestori Aree Protette e Siti Rete Natura 2000 (Ente Parco del Mincio, Ente Parco Oglio Sud, Riserve Naturali, PLIS, SIC, ZPS); ERSAF; Corpo Forestale dello Stato; Regione Lombardia (D. G. Beni Culturali e Paesaggistici della Lombardia, D.G. Territorio e Urbanistica, D.G. Qualità dell Ambiente, D.G. Reti e Servizi di Pubblica Utilità, D.G. Agricoltura, D.G. Infrastrutture e Mobilità, STER sede di Mantova); Provincia di Mantova (Settore Ambiente Settore Agricoltura, Attività Produttive, Caccia e Pesca - Settore Risorse e Sviluppo Organizzativo e Affari Istituzionali, Settore Pianificazione Territoriale, Settore Sistemi informativi, Settore Statistica, Componenti il Team dell Autorità Competente per il PFV, Componenti il Gruppo di lavoro intersettoriale per il PFV); Comuni della Provincia di Mantova; Province lombarde; Province extraregionali confinanti; Sopraintendenza ai Beni Culturali ed Ambientali; Comando dei Vigili del Fuoco; AIPO, Agenzia Interregionale per il Po; Consorzi di Bonifica e Irrigazione; Comitati di Gestione degli Ambiti Territoriali Caccia; Associazioni Venatorie; Associazioni di Protezione Ambientale; Associazioni Professionali Agricole; Associazioni Cinofile; Associazioni Piscatorie; Ordini professionali, Università, Istituti ed Enti di Ricerca; Associazioni di cittadini ed altre autorità che possano avere interesse ai sensi dell art.9 comma 5 d.lgs. 152/2006.

23 15623 In sintesi CAPITOLO 2 Il presente capitolo riporta i principali riferimenti normativi a livello nazionale e regionale per la procedura di VAS, introdotta a livello comunitario dalla Direttiva 2001/42/CE concernente la valutazione degli effetti di determinati Piani e Programmi sull ambiente. I principali riferimenti normativi sono i seguenti: A livello nazionale il D.Lgs. 152/06 e s.m.i., in particolare la Parte II Procedure per la Valutazione Ambientale Strategica (VAS), per la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) e per l Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA). A livello regionale: - L.r. 11/03/05 n. 12 Legge per il governo del territorio e s.m.i.; - DCR 13 marzo 2007 n. 351 Indirizzi generali per la valutazione di Piani e Programmi ; - D.g.r. 27 dicembre 2007 n Determinazione della procedura per la valutazione ambientale di Piani e Programmi, che fornisce le indicazioni metodologiche per la procedura di VAS nel caso di Accordi di Programma promossi dalla Regione e comportanti variante urbanistica. - D.g.r. 18 aprile 2008 n Valutazione ambientale di Piani e Programmi VAS. Ulteriori adempimenti di disciplina in attuazione dell Art. 4 della legge regionale 11 marzo 2005 n. 12, Legge per il governo del territorio' e degli 'Indirizzi generali per la valutazione ambientale dei Piani e Programmi approvati con deliberazione del Consiglio Regionale 13 Marzo 2007 (Provvedimento n. 2). - D.g.r. 11 febbraio 2009, n Modalità per la valutazione ambientale dei Piani comprensoriali di tutela del territorio rurale e di riordino irriguo (art. 4, l.r. n. 12/2005; dcr n. 351/2007). In particolare, la DGR n. 8/7110 del 18 Aprile 2008, all Allegato 1n individua la metodologia procedurale e organizzativa per la Valutazione Ambientale Strategica (VAS) dei Piani Faunistico-Venatori. Nell ambito della procedura di VAS sono garantite la partecipazione e la consultazione, definita come l insieme delle forme di informazione e partecipazione, anche diretta, delle amministrazioni, del pubblico e del pubblico interessato nella raccolta dei dati e nella valutazione dei Piani, Programmi e Progetti (Art. 5 comma 1 lett. t del D.Lgs n. 152/06 e s.m.i.). La partecipazione è supportata da specifiche forme di comunicazione e informazione, definite dalla normativa, e dalla consultazione che si avvale della Conferenza di Valutazione. Il documento di scoping (che consiste nella presente relazione), ai sensi della D.G.R. 18 aprile 2008 n. 7110, deve contenere lo schema metodologico procedurale definito, una proposta di definizione dell ambito di influenza del Piano e della portata delle informazioni da includere nel Rapporto Ambientale e una verifica delle potenziali interferenze con i Siti di Rete Natura In conclusione al presente capitolo sono stati individuati i soggetti competenti in materia ambientale e tutti i soggetti potenzialmente interessati al Piano Faunistico Venatorio della Provincia di Mantova, individuati nella seguente tabella.

24 IL QUADRO NORMATIVO IN MATERIA FAUNISTICO-VENATORIA 3.1 Il quadro normativo nazionale in materia di pianificazione faunistico-venatoria Il riferimento nazionale per la pianificazione faunistico venatoria è rappresentato dalla Legge 11/02/1992, n. 157 Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio. L obiettivo primario di tale norma, nata in una realtà socio-politica in cui sul territorio nazionale si contavano circa 1,5 milioni di cacciatori, è rappresentato dalla tutela e dalla conservazione della fauna selvatica. La legge nazionale è caratterizzata dai seguenti punti salienti: 1. Definizione di fauna selvatica; 2. Definizione dell oggetto della tutela; 3. Individuazione dei soggetti in materia faunistico-venatoria; 4. Definizione della pianificazione faunistico-venatoria. La tabella che segue sintetizza i principali contenuti relativamente ai punti 1, 2 e 3. Tabella n. 6: Articoli della L. 157/1992. Art. 1 Fauna selvatica Art. 2 Oggetto della tutela La fauna selvatica è patrimonio indisponibile dello Stato ed è tutelata nell'interesse della comunità nazionale ed internazionale. L'esercizio dell'attività venatoria è consentito purché non contrasti con l'esigenza di conservazione della fauna selvatica e non arrechi danno effettivo alle produzioni agricole. Fanno parte della fauna selvatica oggetto della tutela della presente legge le specie di mammiferi e di uccelli dei quali esistono popolazioni viventi stabilmente o temporaneamente in stato di naturale libertà nel territorio nazionale. a) Principali mammiferi: lupo (Canis lupus), sciacallo dorato (Canis aureus), orso (Ursus arctos), martora (Martes martes), puzzola (Mustela putorius), lontra (Lutra lutra), gatto selvatico (Felis sylvestris), lince (Lynx lynx), foca monaca (Monachus monachus), tutte le specie di cetacei (Cetacea), cervo sardo (Cervus elaphus corsicanus), camoscio d'abruzzo (Rupicapra pyrenaica); b) Principali uccelli: marangone minore (Phalacrocorax pigmeus), marangone dal ciuffo (Phalacrocorax aristotelis), tutte le specie di pellicani (Pelecanidae), tarabuso (Botaurus stellaris), tutte le specie di cicogne (Ciconiidae), spatola (Platalea leucorodia), mignattaio (Plegadis falcinellus), fenicottero (Phoenicopterus ruber), cigno reale (Cygnus olor), cigno selvatico (Cygnus cygnus), volpoca (Tadorna tadorna), fistione turco (Netta rufina), gobbo rugginoso (Oxyura leucocephala), tutte le specie di rapaci diurni (Accipitriformes e

25 15625 Art. 7 Istituto nazionale per la fauna selvatica 12 falconiformes), pollo sultano (Porphyrio porphyrio), otarda (Otis tarda), gallina prataiola (Tetrax tetrax), gru (Grus grus), piviere tortolino (Eudromias morinellus), avocetta (Recurvirostra avosetta), cavaliere d'italia (Himantopus himantopus), occhione (Burhinus oedicnemus), pernice di mare (Glareola pratincola), gabbiano corso (Larus audouinii), gabbiano corallino (Larus melanocephalus), gabbiano roseo (Larus genei), sterna zampenere (Gelochelidon nilotica), sterna maggiore (Sterna caspia), tutte le specie di rapaci notturni (Strigiformes), ghiandaia marina (Coracias garrulus), tutte le specie di picchi (Picidae), gracchio corallino (Pyrrhocorax pyrrhocorax); c) Tutte le altre specie che direttive comunitarie o convenzioni internazionali o apposito decreto del Presidente del Consiglio dei ministri indicano come minacciate di estinzione. L'Istituto nazionale di biologia della selvaggina di cui all'art. 35 della legge 27 dicembre 1977, n. 968, dalla data di entrata in vigore della presente legge assume la denominazione di Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (INFS) ed opera quale organo scientifico e tecnico di ricerca e consulenza per lo Stato, le Regioni e le Province. L'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica ha il compito di censire il patrimonio ambientale costituito dalla fauna selvatica, di studiarne lo stato, l'evoluzione ed i rapporti con le altre componenti ambientali, di elaborare progetti di intervento ricostitutivo o migliorativo sia delle comunità animali sia degli ambienti al fine della riqualificazione faunistica del territorio nazionale, di effettuare e di coordinare l'attività di inanellamento a scopo scientifico sull'intero territorio italiano, di collaborare con gli organismi stranieri ed in particolare con quelli dei Paesi della Comunità economica europea aventi analoghi compiti e finalità, di collaborare con le università e gli altri organismi di ricerca nazionali, di controllare e valutare gli interventi faunistici operati dalle Regioni e dalle Province autonome, di esprimere i pareri tecnico-scientifici richiesti dallo Stato, dalle Regioni e dalle Province autonome. L'Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, con sede centrale in Ozzano dell'emilia (Bologna), è sottoposto alla vigilanza della Presidenza del Consiglio dei ministri. Il Presidente del Consiglio dei ministri, di intesa con le regioni, definisce nelle norme regolamentari dell'istituto Nazionale per la Fauna Selvatica l'istituzione di unità operative tecniche consultive decentrate che forniscono alle regioni supporto per la predisposizione dei piani regionali. 12 Ai sensi della Legge n. 133/08 l ISPRA svolge le funzioni dell Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (INFS).

26 15626 Art. 8 Comitato Tecnico Faunistico- Venatorio Nazionale Presso il Ministero dell'agricoltura e delle Foreste è istituito il Comitato Tecnico Faunistico Venatorio Nazionale (CTFVN) composto da tre rappresentanti nominati dal Ministro dell'agricoltura e delle foreste, da tre rappresentanti nominati dal Ministro dell'ambiente, da tre rappresentanti delle Regioni nominati dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, da tre rappresentanti delle province nominati dall'unione delle province d'italia, dal direttore dell'istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, da un rappresentante per ogni associazione venatoria nazionale riconosciuta, da tre rappresentanti delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, da quattro rappresentanti delle associazioni di protezione ambientale presenti nel Consiglio Nazionale per l'ambiente, da un rappresentante dell'unione Zoologica Italiana, da un rappresentante dell'ente Nazionale per la Cinofilia Italiana, da un rappresentante del Consiglio Internazionale della Caccia e della Conservazione della Selvaggina, da un rappresentante dell'ente Nazionale per la Protezione degli Animali, da un rappresentante del Club Alpino Italiano. Al Comitato sono conferiti compiti di organo tecnico consultivo per tutto quello che concerne l'applicazione della presente legge. Il Comitato Tecnico Faunistico-Venatorio Nazionale viene rinnovato ogni cinque anni. L art. 10 della Legge n. 157/1992 disciplina i Piani Faunistico Venatori (PFV). Ai sensi del suddetto articolo tutto il Territorio Agro-Silvo-Pastorale (TASP) nazionale è soggetto a pianificazione faunistico-venatoria finalizzata: - alla conservazione delle effettive capacità riproduttive e al contenimento naturale di altre specie per quanto attiene le specie carnivore; - al conseguimento della densità ottimale e alla conservazione, mediante la riqualificazione delle risorse ambientali e la regolamentazione del prelievo venatorio, per quanto riguarda le altre specie. La pianificazione del territorio agro-silvo-pastorale 13 è realizzata dalle Regioni e dalle Province mediante la realizzazione di Piani Faunistico-Venatori, rispettivamente di scala regionale e provinciale. Relativamente al territorio regionale il comma 3 della legge nazionale definisce il territorio agrosilvo-pastorale di ogni regione destinato per una quota dal 20% al 30% a protezione della fauna selvatica, fatta eccezione per il territorio delle Alpi di ciascuna regione, che costituisce zona 13 In seguito TASP.

27 15627 faunistica a se stante ed è destinato a protezione nella percentuale dal 10% al 20% (In dette percentuali sono compresi i territori ove sia comunque vietata l'attività venatoria anche per effetto di altre leggi o disposizioni). Si intende la percentuale di protezione del territorio regionale, sopra riportata, in termini di divieto di abbattimento e cattura a fini venatori accompagnato da provvedimenti atti ad agevolare la sosta della fauna, la riproduzione, la cura della prole (comma 4). Inoltre, il territorio agro-silvo-pastorale regionale può essere destinato nella percentuale massima globale del 15 % a caccia riservata a gestione privata (ai sensi dell'articolo 16, comma 1) e a centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale; sul rimanente territorio agro-silvopastorale le regioni promuovono forme di gestione programmata della caccia (secondo le modalità stabilite dall'articolo 14). Il Piano Faunistico-Venatorio regionale determina i criteri per l individuazione dei territori da destinare alla costituzione di aziende faunistico-venatorie, di aziende agri-turistico-venatorie e di centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale. Le regioni, inoltre, in via eccezionale, ed in vista di particolari necessità ambientali, possono disporre la costituzione coattiva di oasi di protezione e di Zone di Ripopolamento e Cattura (ZRC), nonché l'attuazione dei Piani di miglioramento ambientale. Le regioni attuano la pianificazione faunistico-venatoria mediante il coordinamento dei PFV provinciali descritti in seguito. Relativamente alla pianificazione faunistico-venatoria del territorio provinciale, le Province predispongono, articolandoli per comprensori omogenei, i Piani Faunistico-Venatori, ovvero Piani di miglioramento ambientale tesi a favorire la riproduzione naturale e piani di immissione di fauna selvatica tramite la cattura di selvatici presenti in soprannumero nei Parchi Nazionali e Regionali ed in altri ambiti faunistici. I contenuti dei Piani Faunistico-Venatori provinciali vengono definiti all art. 10 comma 8 e sono riportati nella tabella seguente. Tabella n. 7: Contenuti dei Piani Faunistico Venatori provinciali ai sensi della Legge 11/02/1992, n. 157 Contenuti dei Piani Faunistico Venatori Provinciali (PFV) (Art. 10 comma 8, Legge 11/02/1992, n. 157) I Piani Faunistico-Venatori comprendono: a) le oasi di protezione, destinate al rifugio, alla riproduzione ed alla sosta della fauna selvatica; b) le Zone di Ripopolamento e Cattura (ZRC), destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale ed alla cattura della stessa per l'immissione sul territorio in tempi e condizioni utili all'ambientamento fino alla ricostituzione e alla stabilizzazione della densità faunistica ottimale per il territorio; c) i centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale, ai fini di ricostituzione delle

28 15628 popolazioni autoctone; d) i centri privati di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale, organizzati in forma di azienda agricola singola, consortile o cooperativa, ove è vietato l'esercizio dell'attività venatoria ed è consentito il prelievo di animali allevati appartenenti a specie cacciabili da parte del titolare dell'impresa agricola, di dipendenti della stessa e di persone nominativamente indicate; e) le zone e i periodi per l'addestramento, l'allenamento e le gare di cani anche su fauna selvatica naturale o con l'abbattimento di fauna di allevamento appartenente a specie cacciabili, la cui gestione può essere affidata ad associazioni venatorie e cinofile ovvero ad imprenditori agricoli singoli o associati; f) i criteri per la determinazione del risarcimento in favore dei conduttori dei fondi rustici per i danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e alle opere approntate su fondi vincolati per gli scopi di cui alle lettere a), b) e c); g) i criteri per la corresponsione degli incentivi in favore dei proprietari o conduttori dei fondi rustici, singoli o associati, che si impegnino alla tutela ed al ripristino degli habitat naturali e all'incremento della fauna selvatica nelle zone di cui alle lettere a) e b); h) l'identificazione delle zone in cui sono collocabili gli appostamenti fissi. In data 29 Aprile 2008 è stato comunicato alla Presidenza del Senato della Repubblica il nuovo disegno di legge nazionale Legge Quadro per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio, allo stato attuale in esame presso la XIII Commissione permanente del Senato Territorio, Ambiente, Beni Ambientali. Tale disegno di Legge è stato concepito nel rispetto della normativa comunitaria e degli impegni internazionali assunti dall Italia, in armonia con la programmazione regionale e concorrendo alla promozione ed allo sviluppo dell economia rurale, ed è finalizzato ad assicurare sul territorio nazionale la tutela, la conservazione e la gestione degli habitat naturali e delle risorse faunistiche, con particolare riferimento alla fauna selvatica migratoria, considerata risorsa della comunità internazionale. Altro riferimento normativo nazionale che si relaziona con la materia faunistico-venatoria è la Legge 394/91 e s.m.i Legge quadro sulle Aree Protette che reca i principi fondamentali per disciplinare la gestione, a fini conservazionistici, del patrimonio naturalistico nazionale; tale legge istituisce un sistema di aree naturali protette che va tutelato e correttamente gestito, composto principalmente dai Parchi Nazionali, dai Parchi Naturali Regionali e dalle Riserve Naturali. Per quanto concerne la normativa relativa alla Rete Natura 2000 si rimanda alla specifica sezione (CAPITOLO 9).

29 Il quadro normativo regionale in materia di pianificazione faunistico-venatoria La tabella che segue elenca i principali riferimenti normativi regionali in materia faunisticovenatoria. Tabella n. 8: Normativa regionale in materia faunistico-venatoria Normativa regionale in materia faunistica venatoria Legge Regionale 16 agosto 1993, n. 26 Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell equilibrio ambientale e disciplina dell attività venatoria e s.m.i.. Legge Regionale 30 novembre 1983, n. 86 e s.m.i. Piano generale delle aree regionali protette. Norme per l istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali nonché delle aree di particolare rilevanza naturale e ambientale. Delibera di Giunta Regionale n del 16 aprile 1993 Approvazione dei contenuti tecnici per la definizione delle superfici da computare ai fini del territorio agro-silvo-pastorale. Delibera di Giunta Regionale n del 14 settembre 1993 Indirizzi per la redazione e la predisposizione dei Piani Faunistici Venatori provinciali e dei Piani di miglioramento ambientale. Delibera di Giunta Regionale n.6/36929 del 1998 Modifica e integrazione delle disposizioni attuative dell art. 38, comma 1 lett. a e b della 26/93 riguardante l attività delle aziende faunistico venatorie e agrituristicovenatorie. Conseguente sostituzione degli allegati A e B della d.g.r. 7 marzo 1995, n così come modificati dalle d.g.r. n /95, n /96, n /96, n /96, n /96, n /96. Regolamento Regionale 16/03 Regolamento di attuazione degli art. 21 comma 9, 26 comma 3, 27 comma 4, 39 comma 1 e 43 comma 2 della L.R. 16 agosto 1993, n. 26. Delibera di Giunta Regionale 18 aprile 2008 n. 8/7110. Modello metodologico procedurale ed organizzativo della valutazione ambientale del Piano Faunistico Venatorio, All. 1n. La legge regionale del 16 agosto 1993 n. 26 e s.m.i. recepisce i principi e le norme stabiliti dalla legge 11 febbraio 1992, n. 157 e costituisce riferimento principale per la Regione Lombardia in materia di protezione della fauna selvatica e disciplina dell attività venatoria. Tale norma individua come finalità la tutela della fauna selvatica secondo metodi di razionale programmazione delle forme di utilizzazione del territorio e di uso delle risorse naturali, nonché

30 15630 disciplina il prelievo venatorio nel rispetto delle tradizioni locali e dell equilibrio ambientale; individua inoltre aree in cui è fatto divieto di esercitare l attività venatoria: - nei Parchi Nazionali, nei Parchi Naturali Regionali e nelle riserve naturali conformemente alla legislazione nazionale in materia di parchi e riserve naturali; - nelle oasi di protezione e nelle Zone di Ripopolamento e Cattura (ZRC); - nei centri di riproduzione di fauna selvatica; - nelle foreste demaniali ad eccezione di quelle che, secondo le disposizioni regionali, sentito il parere dell Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica, non presentino condizioni favorevoli alla riproduzione ed alla sosta della fauna selvatica. Risulta quindi necessario considerare la Legge Regionale 30 novembre 1983, n. 86 e s.m.i. Piano generale delle aree regionali protette. Norme per l istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali nonché delle aree di particolare rilevanza naturale e ambientale che disciplina le aree sopra elencate. L art. 43 della Legge Regionale 16 agosto 1993 n. 26 e s.m.i recepisce le disposizioni del decreto del Ministro dell ambiente e della tutela del territorio e del mare 17 ottobre 2007 Criteri minimi uniformi per la definizione di misure di conservazione relative a Zone Speciali di Conservazione (ZSC) e a Zone di Protezione Speciale (ZPS) per quanto attiene alla protezione della fauna selvatica e alla disciplina dell attività venatoria nelle SIC e nelle ZPS di Rete Natura 2000, e in particolare i divieti e gli obblighi di cui all articolo 2, comma 4, lettera i), all articolo 5, comma 1, lettere da a) a j) e all articolo 6, commi 8, 12, e 13. Relativamente alle funzioni regionali e provinciali in materia faunistico-venatoria: 1. la Regione esercita le funzioni di programmazione, di indirizzo e di coordinamento ai fini della pianificazione faunistico-venatoria e funzioni di orientamento e di controllo previste dalla legge regionale; 2. le Province esercitano le funzioni amministrative in materia di caccia e di protezione della fauna ai sensi dell art. 14 della legge 8 giugno 1990, n. 142, nel rispetto della legge n. 157/92 e di quanto previsto dalla legge regionale. Oggetto di tutela individuato dalla L.R. 26/93 è la fauna selvatica di cui fanno parte mammiferi e uccelli dei quali esistono popolazioni viventi, stabilmente o temporaneamente, in stato di naturale libertà nel territorio regionale. Sono particolarmente protette, anche sotto il profilo sanzionatorio, le

31 15631 specie di fauna selvatica, comunque presenti nel territorio regionale, elencate nella legge n. 157/ Soggetto di rilievo regionale in materia faunistico-venatoria è l Osservatorio regionale degli habitat naturali e delle popolazioni faunistiche. Tale Osservatorio ha il compito di promuovere e di coordinare le ricerche per la raccolta e l elaborazione dei dati relativi alla fauna selvatica ed ha come compiti prioritari quelli di: a) mantenere sotto monitoraggio negli anni la struttura e la dinamica delle popolazioni di fauna selvatica; b) determinare gli indici di abbondanza delle specie; c) elaborare i dati del prelievo venatorio, pianificandolo sulla base dei principi di conservazione delle risorse; d) valutare e verificare l attuazione dei piani di recupero ambientale per la conservazione di specie in emergenza faunistica; e) esprimere pareri e suggerimenti per la gestione faunistica ed il miglioramento o la ricostituzione degli habitat naturali. Relativamente alla pianificazione faunistico-venatoria regionale l art. 12 della Legge Regionale 16 agosto 1993 n. 26 disciplina il Piano Faunistico Venatorio Regionale. La tabella che segue ne illustra le caratteristiche principali. Tabella n. 9: Declinazione de PFV Regionale ai sensi della L.r. 16 agosto 1993 n. 26. Piano Faunistico Venatorio Regionale (art. 12) Obiettivo principale Durata Mantenere e aumentare la popolazione di tutte le specie di mammiferi e uccelli viventi naturalmente allo stato selvatico 5 anni Attività disciplinate - regime di tutela della fauna selvatica secondo le tipologie territoriali; - attività tese alla conoscenza delle risorse naturali e della consistenza faunistica, anche con la previsione di modalità omogenee di rilevazione e di censimento; - criteri per l individuazione dei territori da destinare alla costituzione di aziende faunistico-venatorie, di aziende agrituristico-venatorie e di centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale; - indirizzi e modalità di coordinamento della L.r. 16/08/93 n. 26 con la normativa regionale in materia di salvaguardia e di tutela delle aree naturali 14 La tutela della fauna selvatica non comprende le talpe, i ratti, i topi propriamente detti e le arvicole.

32 15632 protette; - impegni finanziari per la realizzazione degli indirizzi e degli obiettivi della LR 16/08/93 n. 26; - rapporto numerico minimo tra gli agenti di vigilanza dipendenti dalle Province ed il territorio agro-silvo-pastorale, nel rispetto delle indicazioni dell Istituto Nazionale per la Fauna selvatica Allegati - cartografie del territorio regionale in scala 1: e 1: indicanti le emergenze naturalistiche e le utilizzazioni territoriali aventi stretta connessione con la gestione faunistico-venatoria; - programma di protezione della fauna selvatica autoctona di cui sia accertata una diminuzione della popolazione sul territorio regionale; - programma di conservazione e ripristino delle zone umide per la tutela dell avifauna selvatica migratoria; - carta delle potenzialità e delle vocazioni faunistiche; - programma di salvaguardia delle zone montane per l incremento e il controllo della tipica fauna selvatica alpina ed appenninica. Il territorio agro-silvo-pastorale regionale è soggetto a pianificazione faunistico-venatoria finalizzata, per quanto attiene alle specie carnivore, al controllo, alla conservazione delle effettive capacità riproduttive delle loro popolazioni e, per le altre specie, al conseguimento delle densità ottimali ed alla loro conservazione, mediante la riqualificazione delle risorse ambientali e la regolamentazione del prelievo venatorio. La Regione realizza la pianificazione faunistico-venatoria regionale, mediante destinazione differenziata del territorio, come descritto in seguito. Ai fini della pianificazione generale del territorio agro-silvo-pastorale (TASP) 15 le Province, sentite le organizzazioni agricole, protezionistiche, venatorie e cinofile, predispongono e presentano alla Giunta regionale i Piani Faunistico-Venatori, articolati per comprensori omogenei con specifico riferimento alle caratteristiche orografiche e faunistico-vegetazionali. L art. 14 della legge regionale 26/93 disciplina i Piani Faunistico Venatori provinciali, come sintetizzato nella seguente tabella, recependo l Art. 10 della Legge 11/02/1992, n D.g.r. 16 aprile 1993 n Approvazione dei contenuti tecnici per la definizione delle superfici da computare ai fini del territorio agro-silvo-pastorale.

33 15633 Tabella n. 10: Contenuti dei Piani Faunistico Venatori provinciali ai sensi della Legge regionale 16/08/93 n. 26 e s.m.i. Piano Faunistico Venatorio Provinciale (art. 14) Durata Articolazione Validità fino alla loro modifica secondo esigenze specifiche Comprensori omogenei con specifico riferimento alle caratteristiche orografiche e faunistico-vegetazionali: - le oasi di protezione e le zone di cui all art. 1, comma 4; - le Zone di Ripopolamento e Cattura (ZRC); - i centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale; - le aziende faunistico-venatorie e le aziende agri-turistico-venatorie; - i centri privati di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale; - le zone e i periodi per l addestramento, l allenamento e le gare di cani; - gli ambiti territoriali e i comprensori alpini di caccia; - i criteri per la determinazione dell indennizzo in favore dei conduttori dei fondi rustici per i danni arrecati dalla fauna selvatica e domestica inselvatichita alle produzioni agricole e alle opere approntate su fondi rustici vincolati per gli scopi di cui alle lettere a), b) e c); - criteri per la corresponsione degli incentivi in favore dei proprietari o conduttori dei fondi agricoli, singoli o associati, che si impegnino alla tutela ed al ripristino degli habitat naturali e all incremento della fauna selvatica nelle zone di cui alle lettere a) e b); - l) l identificazione delle zone in cui sono collocati e collocabili gli appostamenti fissi. Nella tabella che segue sono state caratterizzate nel dettaglio le differenti zone in cui risultano articolati i Piani Faunistico Venatori provinciali.

34 15634 Tabella n. 11: Oasi di protezione art. 17, Legge regionale 16/08/93 n. 26 e s.m.i. Oasi di protezione - Art. 17 Obiettivo Durata Gestione Attività Destinate alla conservazione delle fauna selvatica, col fine di favorire l insediamento e l irradiamento naturale delle specie stanziali e la sosta delle specie migratorie, nonché di preservare il flusso delle correnti migratorie; nelle oasi è vietata ogni forma di esercizio venatorio. L istituzione può essere revocata qualora non sussistano, per modificazioni oggettive, le condizioni idonee al conseguimento delle specifiche finalità. La gestione delle oasi di protezione è svolta dalla Provincia che può affidarla, su presentazione di specifico piano di gestione, ad associazioni di protezione ambientale con provata esperienza nella gestione di aree protette. Le Province, sentiti l Istituto nazionale per la fauna selvatica e l Osservatorio regionale, possono autorizzare nelle oasi e zone di protezione catture a scopo di studio o di ricerca scientifica e possono altresì autorizzare le guardie venatorie dipendenti o quelle dell ente gestore, alla cattura di determinate specie di fauna selvatica, presenti in accertato soprannumero, a scopo di ripopolamento e di reintroduzione, secondo i criteri fissati dalla pianificazione faunistica. Le Province possono prevedere altresì piani di abbattimento di specie la cui elevata densità non sia sostenibile dall ambiente e in particolare sia causa di eccessiva predazione su altre specie. Tabella n. 12: Zone di Ripopolamento e Cattura (ZRC) art. 18, Legge regionale 16/08/93 n. 26 e s.m.i. Zone di Ripopolamento e Cattura 16 - Art. 18 Obiettivo Durata Gestione Destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale, al suo irradiamento nelle zone circostanti ed alla cattura della medesima per l immissione sul territorio in tempi e condizioni utili all ambientamento, fino alla ricostituzione ed alla stabilizzazione della densità faunistica ottimale del territorio. Tali zone sono istituite in territori non destinati a coltivazioni specializzate o suscettibili di particolare danneggiamento per la rilevante concentrazione della selvaggina stessa. 5 anni, salvo rinnovo; possono essere revocate qualora non sussistano, per modificazioni oggettive, le condizioni idonee al conseguimento delle specifiche finalità. La gestione è svolta dalle Province e può essere affidata ai comitati di gestione. 16 In seguito ZRC.

35 15635 Tabella n. 13: Centri pubblici e privati di riproduzione di fauna selvatica art. 19, Legge regionale 16/08/93 n. 26 e s.m.i.. Centri pubblici e privati di riproduzione di fauna selvatica - Art. 19 Obiettivo Produzione di fauna selvatica allo stato naturale. Durata \ Gestione Centri pubblici Gestione Centri privati La gestione è affidata alle Province; queste, inoltre, possono affidarne la gestione ai comitati di gestione previste all art. 30 della Legge regionale. Le Province autorizzano la costituzione di centri privati di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale, organizzati in forma di azienda agricola singola, consortile o cooperativa, ove è vietato l esercizio dell attività venatoria ed è consentito il prelievo di animali allevati appartenenti a specie cacciabili da parte del titolare dell impresa agricola, di dipendenti della stessa e di persone nominativamente indicate. L autorizzazione dei centri privati è subordinata all osservanza di apposito disciplinare contenente le prescrizioni per l esercizio delle attività autorizzate. Tabella n. 14: Zone per l allenamento e l addestramento dei cani e per le gare e le prove cinofile art. 19, Legge regionale 16/08/93 n. 26 e s.m.i. Zone per l allenamento e l addestramento dei cani e per le gare e le prove cinofile Art. 21 Obiettivo Durata --- Gestione Articolazione Destinate all allenamento ed addestramento dei cani da caccia ed alle gare cinofile. Associazioni venatorie riconosciute, alle associazioni cinofile ed alle associazioni professionali degli addestratori cinofili, nonché ad imprenditori agricoli singoli o associati Zone A, B, C. Le zone A sono destinate alle prove cinofile di interesse almeno provinciale, con divieto di sparo, hanno carattere temporaneo e funzionano per tutta la durata delle prove autorizzate. La provincia, d intesa con l ente nazionale della cinofilia, può autorizzare tali prove anche su selvaggina naturale e ne può autorizzare lo svolgimento anche nelle oasi di protezione e nelle zone di ripopolamento e cattura, nonché nei parchi regionali ed in altre aree protette, previe intese con gli enti gestori. Le zone B, di estensione non superiore a mille ettari, hanno durata triennale, sono destinate all allenamento e all addestramento dei cani per tutto l anno, con divieto di sparo, eccetto che con la pistola a salve, e a prove cinofile sia su selvaggina naturale che allevata in cattività.

36 15636 La provincia può autorizzare anche zone B temporanee nel periodo da gennaio ad agosto; può autorizzare inoltre l istituzione di zone B, di estensione fino a cento ettari, recintate con rete metallica o altra effettiva chiusura destinate all allenamento e all addestramento dei cani su lepre comune; può autorizzare altresì zone B di estensione non inferiore a dieci ettari e recintate nei modi di cui sopra, destinate esclusivamente all allenamento e all addestramento dei cani da seguita su cinghiale. La provincia può istituire zone B giornaliere, destinate a prove cinofile di interesse sub-provinciale, per cani iscritti e non ai libri genealogici. Dette prove possono essere autorizzate sia su selvaggina di allevamento in zone di limitata estensione, sia su selvaggina naturale anche in terreni a vincolo venatorio. Le zone C, di estensione fra i tre e i cinquanta ettari, hanno durata triennale e sono destinate all addestramento e l allenamento dei cani da caccia e dei falchi, anche con l abbattimento tutto l anno di fauna riprodotta esclusivamente in allevamento artificiale o in cattività, nonché per le prove cinofile con selvatico abbattuto. Su richiesta del titolare possono essere istituite zone per l addestramento e l allenamento dei cani di tipo A, B e C nelle aziende agri-turistico-venatorie e di tipo A e B nelle aziende faunistico-venatorie. E adottato, secondo le competenze stabilite dallo statuto, il regolamento attuativo, fermo restando che l attività cinofila ivi praticata non è assimilabile all esercizio venatorio o all addestramento cani nei trenta giorni che precedono l apertura annuale della stagione venatoria. Le Province predispongono inoltre Piani di miglioramento ambientale tesi a favorire la sosta dell avifauna selvatica migratoria, la produzione naturale di fauna selvatica autoctona, nonché Piani di immissione di fauna selvatica, anche tramite la cattura di selvatici presenti in soprannumero nei Parchi Nazionali e Regionali ed in altri ambiti faunistici in accordo con gli enti gestori, salvo accertamento delle compatibilità genetiche da parte dell Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica e dell Osservatorio regionale, sentite le organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello regionale tramite le loro organizzazioni provinciali. Le Province, inoltre, nell attività di pianificazione faunistico-venatoria si avvalgono di una consulta faunistico-venatoria, composta da un rappresentante per ogni ambito territoriale e per ogni comprensorio alpino di caccia, designato dai rispettivi comitati di gestione, e da tre esperti in problemi faunistici agricoli e naturalistici, designati dalle rispettive associazioni; la consulta è presieduta dall assessore competente ed è nominata dal Presidente della Provincia.

37 15637 Relativamente alla redazione e alla predisposizione dei Piani faunistico-venatori provinciali e dei Piani di miglioramento ambientale, la D.g.r. n. 5/40995 del 14 settembre n individua due principali fasi nella redazione del Piano: I Fase: Individuazione sintetica degli istituti attualmente esistenti nell'ambito provinciale e già previsti dalla L.r. 47/78, come modificata e integrata dalla L.R. 41/88; II Fase: Definizione degli istituti previsti dalla L.r. 16 agosto 1993 n. 26 di cui all'art. 14 (Oasi di protezione, ZRC, Centri pubblici di riproduzione selvaggina allo stato naturale, Aziende faunistiche venatorie e aziende agri-turistico-venatorie, Centri privati di riproduzione di fauna selvatica allevata allo stato naturale, Zone e periodi per l'addestramento, l'allenamento e le gare dei cani, anche con abbattimento di fauna allevata in cattività, Ambiti territoriali e Comprensori alpini di caccia, Zone in cui sono collocati e collocabili gli appostamenti fissi). La definizione degli istituti previsti avviene con l individuazione cartografica in scala 1: e la caratterizzazione attraverso la descrizione di caratteristiche individuate per ogni istituto dalla L.r. 16 agosto 1993 n. 26, quali ad esempio denominazione, situazione geopedologiche e vegetazionale, estensione territoriale con indicazione dei Comuni interessati, vocazioni e potenzialità faunistiche del territorio, eventuali emergenze faunistiche, superficie totale in ettari rapportata percentualmente al territorio agrosilvo-pastorale provinciale, individuazione cartografica. La D.g.r. 14 settembre 1993, n. 5/40995 prevede inoltre che le Province individuino: - la restante parte del TASP provinciale ove è comunque vietata l'attività venatoria nel rispetto delle percentuali indicate all'art. 13, comma 3; - la zona alpi ove esistente; - la zona appenninica ove esistente; - le specie destinate ai ripopolamenti; - i criteri per la determinazione del risarcimento in favore dei conduttori dei fondi rustici per i danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e alle opere approntate su fondi rustici vincolati per gli scopi di cui alle lettere a), b) e c) del punto 1, lett. b) della DGR; 17 D.g.r. 14 settembre 1993, n. 5/40995 Indirizzi per la redazione e la predisposizione dei Piani Faunistico-Venatori provinciali e dei Piani di miglioramento ambientale, previsti dagli artt. 14 e 15 della L.R. 16 agosto 1993, n. 26.

38 i criteri per la corresponsione degli incentivi in favore dei proprietari o conduttori dei fondi agricoli, singoli o associati, che si impegnino alla tutela ed al ripristino degli habitat naturali e all'incremento della fauna selvatica nelle zone di cui alle lettere a) e b) del punto 1, lett. b) nella DGR. Le Amministrazioni provinciali, a corredo delle proposte relative ai piani faunistico-venatori, sono tenute anche a predisporre i Piani di miglioramento ambientale che intendono attuare, indicando: a) gli obiettivi ed i risultati anche in termini quantitativi che si intendono raggiungere, i costi di investimento e di gestione e le relative fonti di finanziamento; b) le risorse, anche diverse da quelle provinciali e regionali che si prevede possano essere impiegate; c) i soggetti responsabili dell'attuazione del piano e delle sue singole fasi; d) la localizzazione territoriale degli interventi con documentazione cartografica in scala 1:10 000; e) la durata dei vari piani, i modi ed i tempi di attuazione, le previsioni di spesa relative ai singoli esercizi, nonché i rapporti previsti nel piano e quelli altrimenti programmati, fino alla ricostituzione ed alla stabilizzazione della densità faunistica ottimale del territorio interessato; f) le modalità atte a verificare il conseguimento degli obiettivi anche ai fini dei controlli tecnicofinanziari.

39 15639 In sintesi CAPITOLO 3 Il riferimento nazionale per la pianificazione faunistico venatoria è la Legge 11/02/1992, n. 157 Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio. La pianificazione del territorio agro-silvo-pastorale è realizzata dalle regioni e dalle province mediante la realizzazione di piani faunistico-venatori, rispettivamente di scala regionale e provinciale. A livello di normativa nazionale è in discussione presso la XIII Commissione permanente del Senato Territorio, Ambiente, Beni Ambientali il nuovo disegno di legge nazionale Legge Quadro per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio. Il riferimento regionale per la pianificazione faunistico-venatoria è la Legge Regionale 16 agosto 1993, n. 26 Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell equilibrio ambientale e disciplina dell attività venatoria e s.m.i che si relaziona con la Legge Regionale 30 novembre 1983, n. 86 e s.m.i. Piano generale delle aree regionali protette. Norme per l istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali nonché delle aree di particolare rilevanza naturale e ambientale. L articolo 14 della legge regionale suddetta disciplina i Piani Faunistico-Venatori Provinciale. Questi sono articolati nei seguenti comprensori omogenei con specifico riferimento alle caratteristiche orografiche e faunistico-vegetazionali: le oasi di protezione e le zone; le zone di ripopolamento e cattura; i centri pubblici e/o privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale; le aziende faunistico-venatorie e le aziende agri-turistico-venatorie; le zone e i periodi per l addestramento, l allenamento e le gare di cani; gli ambiti territoriali e i comprensori alpini di caccia; i criteri per la determinazione dell indennizzo in favore dei conduttori dei fondi rustici per i danni arrecati dalla fauna selvatica e domestica inselvatichita alle produzioni agricole e alle opere approntate su fondi rustici vincolati per gli scopi di cui alle lettere a), b) e c); criteri per la corresponsione degli incentivi in favore dei proprietari o conduttori dei fondi agricoli, singoli o associati, che si impegnino alla tutela ed al ripristino degli habitat naturali e all incremento della fauna selvatica nelle zone di cui alle lettere a) e b); l identificazione delle zone in cui sono collocati e collocabili gli appostamenti fissi. Sono segnalate inoltre a livello di normativa regionale le seguenti Delibere di Giunta: Delibera di Giunta Regionale n del 16 aprile 1993 Approvazione dei contenuti tecnici per la definizione delle superfici da computare ai fini del territorio agro-silvo-pastorale ; Delibera di Giunta Regionale n del 14 settembre 1993 Indirizzi per la redazione e la predisposizione dei piani faunistici venatori provinciali e dei piani di miglioramento ambientale Delibera di Giunta Regionale 18 aprile 2008 n. 8/7110. Modello metodologico procedurale ed organizzativo della valutazione ambientale del Piano Faunistico Venatorio, All. 1n.

40 INTRODUZIONE ALLA METODOLOGIA DCGIS IMPIEGATA PER LA VALUTAZIONE AMBIENTALE STRATEGICA (VAS) DEL PIANO FAUNISTICO VENATORIO (PFV) DELLA PROVINCIA DI MANTOVA La metodologia DCGIS, prevista per la VAS del Piano Faunistico Venatorio, prevede la caratterizzazione degli obiettivi operativi 18 del Piano in termini funzionali (1) alla valutazione dei potenziali impatti ambientali determinati sul comparto in analisi e (2) alla massimizzazione delle performance ambientali del Piano. In particolare, le fasi dell analisi prevedono: 1. La caratterizzazione del PFV in termini di obiettivi generali, specifici e operativi; 2. La caratterizzazione del sistema territoriale ed ambientale di riferimento mediante l individuazione di indicatori ambientali e di performance (xi); 3. La caratterizzazione degli obiettivi operativi in indicatori xi; 4. La selezione della miglior alternativa di Piano effettuata sulla base dei seguenti criteri: (1) la riduzione degli impatti negativi sulle componenti ambientali di riferimento (VECs 19 ) e (2) la massimizzazione dell efficacia delle azioni previste per il raggiungimento degli obiettivi di Piano, di protezione ambientale e di sostenibilità; 5. La definizione del Piano di Monitoraggio del Piano. In particolare gli obiettivi operativi (OBop,x) del Piano verranno suddivisi in: Obiettivi operativi di valorizzazione del contesto ambientale: Obiettivi che prevedono la definizione di aree atte alla valorizzazione, alla protezione e alla conservazione del contesto ambientale. Tali zone si configurano quindi come aree di pregio, la cui ubicazione territoriale deve essere studiata strategicamente per massimizzare i potenziali effetti positivi sull ambiente. Obiettivi operativi di utilizzo del territorio funzionale all attività venatoria: Obiettivi che prevedono l individuazione di aree atte all attività venatoria e/o ad attività connesse alla stessa. 18 Intesi come tipologie di azioni finalizzate al raggiungimento degli obiettivi generali e specifici del Piano. 19 Valued Environmental Components - L. Canter, D. Reinke Cumulative Impact Data Management: An Automated Tool Conference Assessing and Managing Cumulative Environmental Effects - IAIA Calgary, Canada.

41 15641 L analisi della proposta di Piano e/o di differenti alternative di Piano (inteso come cluster di azioni) verrà condotta mediante la definizione di mappe di idoneità per specifico obiettivo operativo (tipologie di intervento), che consentono di individuare la propensione del territorio ad accogliere i diversi interventi, minimizzando quindi i potenziali impatti sull ambiente e/o massimizzando l efficacia dell intervento in relazione alle caratteristiche intrinseche del contesto ambientale. In particolare, le mappe di idoneità saranno sviluppate in maniera diversificata per le differenti tipologie di obiettivi: Per gli obiettivi operativi di valorizzazione del contesto ambientale, verranno realizzate mappe di idoneità volte ad individuare le aree preferenziali per favorire l efficacia dell azione; Per gli obiettivi operativi di utilizzo del territorio funzionale all attività venatoria, verranno realizzate mappe di idoneità volte ad individuare le aree con minore livello di vulnerabilità, ovvero le zone in cui risulterebbe preferibile ubicare l intervento per evitare potenziali impatti. In particolare le mappe di idoneità verranno costruite mediante matrici di correlazione tra indicatori ed obiettivi operativi. Viene di seguito riportata la scheda tecnico-metodologica del sistema DCGIS impiegato per la VAS in oggetto con le definizioni di base dell algebra di sistema.

42 15642 Tabella n. 15: Scheda tecnico-metodologica del sistema DCGIS SCHEDA TECNICO-METODOLOGICA DEL SISTEMA DCGIS IMPIEGATO PER LA VAS DEL PFV Premessa La valutazione ambientale del Piano verrà effettuata mediante l impiego del sistema Dynamic Computational G.I.S. (DCGIS). L applicazione del sistema consente di: I. effettuare la valutazione ambientale degli effetti generati dagli obiettivi operativi del Piano; II. confrontare su base ambientale differenti scenari corrispondenti ad alternative di pianificazione e /o progettazione, valutandone l idoneità in relazione agli obiettivi di Piano, ambientali e di sostenibilità. In particolare verrà valutata l idoneità del territorio ad accogliere le principali tipologie di interventi (obiettivi operativi) previste dal PFV, destrutturate in termini di indicatori ambientali; tale approccio metodologico consente di valutare l efficacia del Piano in modo qualitativo e/o quantitativo e georeferenziato. Un altro aspetto estremamente rilevante nella gestione del processo consiste nella possibilità di disporre di un sistema informativo strutturato su cui impostare azioni di monitoraggio dei potenziali impatti derivanti dal Piano, ai sensi di quanto previsto dall art. 18 del D.Lgs. 152/06 e s.m.i.. Il modello operativo di analisi e valutazione ambientale è stato definito con particolare riferimento ai seguenti documenti ed esperienze di livello nazionale ed internazionale: - Progetto Enplan Valutazione ambientale di Piani e Programmi; - ERM Environmental Resources Management Ireland Limited (Environmental RTDI Programme ). Development of Strategic Environmental Assessment (SEA). Methodologies for Plans and Programmes in Ireland Synthesis Report ; - IE EPA, May Strategic Environmental Assessment and Climate Change: Guidance for Practitioners ; - pubblicazioni dell Associazione Internazionale per la Valutazione di Impatto Ambientale (International Association for Impact Assessment - IAIA), tra cui vengono citate: IAIA, January Strategic Environmental Assessment. Performance Criteria Special Publications Series n. 1; IAIA, July Biodiversity in Impact Assessment Special Publications Series n. 3; IAIA, August Public participation. International Best Practice Principles Special Publications Series n. 4; - Council on Environmental Quality, January Considering cumulative effects. Under the National Environmental Policy Act ; - Maria Rosário Partidário. Strategic Environmental Assessment (SEA) current practices, future demands and capacitybuilding needs ; International Association for Impact Assessment IAIA Training Courses; - OECD. Handbook of Biodiversity Valuation. A guide for Policy Makers ; - European Commission, May SEA and Integration of the Environment into Strategic Decision-Making ; - Lourdes M Cooper, Environmental Policy and Management Group. Department of Science and Technology Imperial College London. Draft Guidance on Cumulative Effects Assessment of Plans ;

43 ERM Environmental Resources Management Ireland Limited (Environmental RTDI Programme ). Development of Strategic Environmental Assessment (SEA). Methodologies for Plans and Programmes in Ireland Synthesis Report. Definizioni di base dell algebra di sistema DCGIS Il modello concettuale generale S(r,t): Sistema ambientale e territoriale di riferimento, strutturato mediante un set di indicatori che rappresentano le componenti costitutive del contesto (indicatori ambientali, sociali, economici, etc...). S (r,t) = N x i(r,t) ê i i= 1 xi(r,t): funzione rappresentativa dell i-esimo indicatore; ê i : costituisce la base di riferimento dell indicatore i-esimo, ovvero, lo spazio informativo che ospita le funzioni xi(r,t); si consideri, ad esempio, lo spazio delle funzioni che esprimono i valori di concentrazione di un determinato inquinante nel tempo. Un Piano P(r,t) viene rappresentato come un operatore che agisce su S(r,t) producendo diversi effetti sull evoluzione dei suoi indicatori: P (r,t) S(r,t) = S'(r,t) S (r,t) rappresenta l effetto evolutivo del sistema in seguito all attuazione del Piano. Il Piano Pi(r,t) Un Piano viene definito come un cluster di azioni Ai(r,t) spazio-temporalmente georiferibili. A1 P =... A N P = i A (r,t i ) L elemento di stressor Ogni entità fisica, chimica o biologica che può indurre una risposta avversa 20 ; può essere anche definito come qualsiasi entità che interagisce col sistema. L espressione algebrica degli elementi di stressor nel sistema DCGIS è di tipo vettoriale dove gli elementi di 20 Definizione tratta da Guidelines for Ecological Risk Assessment - US EPA, 1998.

44 15644 stressor mi vengono espressi mediante cluster di indicatori uj rappresentativi delle componenti funzionali di pressione antropica aij(r,t): m r i = a ij(r,t) ûj dove: mi: i-esimo elemento di stressor; uj: spazio informativo specifico per il j-esimo attributo di pressione (j=1...n); aij(r,t): Funzione di pressione ambientale dello stressor i-esimo relativo all attributo di pressione j-esimo. Livelli di definizione della funzione aij(r,t) LIV 0 LIV 1 LIV 2 Considera in termini conservativi la presenza o l assenza dello specifico attributo di pressione sull intero dominio operativo di analisi Considera funzioni campionate mediante l impiego di codici di calcolo di primo livello ed estese in termini conservativi per ogni tipologia di attributo di pressione e ogni tipologia di stressor Considera funzioni ottenute mediante l impiego di codici di calcolo tarati in termini sito specifici per ogni elemento di stressor del dominio operativo di analisi Esempio: Per elemento di stressor si consideri ad esempio una cava, caratterizzata da una determinata superficie, ubicazione, profondità, ecc.. La cava produce emissioni di rumore, pertanto si ha che: udb: spazio di riferimento relativo all attributo di pressione correlato alle immissioni di rumore; adb(r,t): rappresenta in termini quantitativi e geolocati il contributo delle immissioni acustiche. Le classi Stressor Folder MFi Sono classi tipologicamente omogenee di stressor che possiedono il medesimo cluster di attributi di pressione uj (stressor frame); esempi di MFi sono le classi delle cave, delle strade, delle discariche, ecc. La differenziazione all interno delle singole classi, dovute ad esempio a differenti dimensioni degli elementi di stressor, avviene a mezzo dei valori assunti dalle relative funzioni di pressione antropica, a loro volta definite secondo uno dei livelli di caratterizzazione espressi dalla tabella Livelli di definizione della funzione aij(r,t).

45 15645 Il tensore degli stressor σ(r,t) Il tensore degli stressor σ(r,t) è rappresentato da una matrice lungo le cui righe vengono rappresentati gli elementi di stressor (mi) presenti nel dominio operativo di analisi e, lungo le colonne, gli attributi di pressione (uj). Gli elementi della matrice rappresentano le funzioni di pressione antropica (aij(r,t)) definite dai differenti livelli di caratterizzazione. Tensore degli stressor σ(r,t) u1 u2... un σ (r,t) = m11 MF1 m21 m31 a11,1(r,t) a21,1(r,t) a31,1(r,t) MF2 m12 a12,2(r,t)... MFN m11: Il primo elemento di stressor dello Stressor Folder MF1; m21: Il secondo elemento di stressor dello Stressor Folder MF1; etc... a11,1(r,t): Funzione di pressione antropica del primo elemento di stressor incluso in MF1 sull attributo di pressione u1. BOX 1: Esempio di Tensore degli Stressor σ(r,t) σ (r,t) = MF1 discariche m11 m21 PM10 emissioni upm10 a11pm10(r,t) a21pm10(r,t) Rumore udb Questa riga considera i diversi contributi dati dalla discarica n. 1 a tutte le funzioni di pressione antropica relative al PM10 e al rumore. m31 a31pm10(r,t) MF2 strade m12 a12db(r,t) Questa colonna considera il cumulo delle emissioni di PM10 derivanti da tutte le tipologie di stressor considerate nel dominio operativo dell analisi L elemento di vulnerabilità Ogni elemento ambientale georiferibile, caratterizzato da determinate proprietà omogenee e rappresentate

46 15646 a mezzo di specifici indicatori di vulnerabilità vk. Gli elementi di vulnerabilità nell algebra di sistema vengono definiti mediante la seguente espressione vettoriale: k r h = bhk(r,t) vk dove: kh: h-esimo elemento di vulnerabilità; vk: base informativa specifica per il k-esimo attributo di vulnerabilità (k=1...m); bhk(r,t): Funzione di vulnerabilità ambientale dell elemento di vulnerabilità h-esimo relativo all attributo di vulnerabilità k-esimo. Esempio: Per elemento di vulnerabilità si consideri ad esempio una ZPS, caratterizzata da una determinata superficie, ubicazione, ecc.. L elemento di vulnerabilità suddetto viene quindi espresso nei seguenti termini: vspecie: spazio di riferimento relativo all attributo di vulnerabilità correlato alla densità di specie protette; bspecie(r,t): rappresenta in termini quantitativi e geolocati la densità della specie protetta. Le classi Vulnerability Folder KFi Sono classi tipologicamente omogenee di elementi di vulnerabilità che possiedono il medesimo cluster di attributi di vulnerabilità vk (vulnerability frame); esempi di KFi sono le classi dei centri urbani, dei laghi, delle ZPS, ecc. La differenziazione all interno delle singole classi, dovute ad esempio a differenti caratteristiche di vulnerabilità delle singole tipologie di elementi, avviene a mezzo dei valori assunti dalle relative funzioni bhk(r,t). Il tensore delle vulnerabilità ε(r,t) Il tensore delle vulnerabilità ε(r,t) è rappresentato da una matrice, lungo le cui righe vengono inseriti gli elementi di vulnerabilità (kh), e lungo le colonne gli attributi di vulnerabilità (vk). Tensore di vulnerabilità ε(r,t) v1 v2... vn ε (r,t) = k11 KF1 k21 k31 b11,1(r,t) b21,1(r,t) b31,1(r,t) KF2 k12 b12,2(r,t)... KFN k11: Il primo elemento di vulnerabilità del Vulnerability Folder KF1; k21: il secondo elemento di vulnerabilità del Vulnerability Folder KF1; etc...

47 15647 b11,1(r,t): Funzione di vulnerabilità ambientale del primo elemento di vulnerabilità incluso in KF1, relativamente all attributo di vulnerabilità v1. BOX 2: Esempio di Tensore di vulnerabilità ε(r,t) Superficie Densità urbana ε (r,t) = KF1 lago k11 k21 vmq b11mq(r,t) b21mq(r,t) vdens Questa riga considera i diversi contributi dati solo dal lago n. 1 su tutti gli attributi di vulnerabilità (indicatori). k31 b31mq(r,t) KF2 centri urbani k12 b12dens(r,t) Questa colonna considera il contributo di tutti gli elementi di vulnerabilità sull attributo superficie. La matrice di correlazione θhk(r,t) Rappresenta la matrice che definisce i criteri di correlazione tra gli indicatori del sistema. Esempio La matrice di correlazione mostra in termini tipologici, quantitativi o qualitativi il grado e/o l entità di correlazione tra, ad esempio, le emissioni di PM10 e la presenza di ricettori sensibili nell ambito di valutazione. Il tensore di interazione i(r,t) Il tensore di interazione esprime e caratterizza spazio-temporalmente le dinamiche di interazione tra il tensore degli stressor ed il tensore delle vulnerabilità. Gli elementi del tensore di interazione i(r,t) esprimono in termini quantitativi gli stati di impatto tra le funzioni di pressione antropica aij(r,t) e quelle di vulnerabilità ambientale bhk(r,t) e possono essere visualizzate come mappe di interazione denominate mappe uv, mediante l applicazione dell operatore Georeport. i(r,t) = σ(r,t) ε(r,t) u1v1 u2v1... unv1 i (r,t) = u1v2 u2v2... unv2... u1vn u2vn... unv1 Il tensore i(r,t) può essere quindi calcolato in relazione a scelte di pianificazione differenti, rappresentando un indice strutturato per l analisi di comparazione dei relativi impatti.

48 15648 L Operatore Georeport: L operatore Georeport costituisce un sistema avanzato di overlay mapping (sovrapposizione di strati informativi nello stesso sistema di coordinate) che si basa sulla georappresentazione di stati di correlazione tra due o più indicatori del sistema. Nel caso di correlazioni tra classi di indicatori uv, esso rappresenta quindi la mappa uv degli stati di impatto. L operatore Georeport è particolarmente efficace nelle valutazioni ambientali strategiche perché consente di poter confrontare più scenari evolutivi di pianificazione, analizzandone i rispettivi stati di impatto assunti nel corso dell evoluzione temporale del sistema su base georiferita.

49 15649 In sintesi CAPITOLO 4 Nel capitolo 4 sono stati definiti i principali elementi della metodologia DCGIS impiegata per la valutazione ambientale del PFV. L analisi verrà condotta mediante la destrutturazione (1) del contesto territoriale/ambientale in indicatori di vulnerabilità e di performance e (2) del Piano in obiettivi generali, specifici ed operativi (Bop,x). Gli obiettivi operativi verranno classificati in: Obiettivi operativi di valorizzazione del contesto ambientale: Obiettivi che prevedono la definizione di aree atte alla valorizzazione, alla protezione e alla conservazione del contesto ambientale; Obiettivi operativi di utilizzo del territorio funzionale all attività venatoria: Obiettivi che prevedono l individuazione di aree atte all attività venatoria e/o ad attività connesse alla stessa. L analisi della proposta Piano e/o di differenti alternative di Piano (inteso come cluster di azioni) verrà condotta mediante la definizione di mappe di idoneità per specifico obiettivo operativo (tipologie di intervento) che consentono di individuare la propensione del territorio ad accogliere i diversi interventi, minimizzando quindi i potenziali impatti sull ambiente e/o massimizzando l efficacia dell intervento in relazione alle caratteristiche intrinseche del contesto ambientale. In particolare le mappe di idoneità saranno sviluppate in maniera diversificata per le differenti tipologie di obiettivi: Per gli obiettivi operativi di valorizzazione del contesto ambientale verranno realizzate mappe di idoneità volte ad individuare le aree preferenziali per favorire l efficacia dell azione; Per gli obiettivi operativi di utilizzo del territorio funzionale all attività venatoria verranno realizzate mappe di idoneità volte ad individuare le aree con minore livello di vulnerabilità, ovvero le zone in cui risulterebbe preferibile ubicare l intervento per evitare potenziali impatti.

50 ANALISI PRELIMINARE DEL PIANO FAUNISTICO VENATORIO DELLA PROVINCIA DI MANTOVA 5.1 La pianificazione faunistico-venatoria della Provincia di Mantova antecedente all elaborazione del nuovo Piano La pianificazione faunistico-venatoria della Provincia di Mantova antecedente all elaborazione del presente PFV è articolata attraverso i seguenti documenti e atti: 1. Piano Faunistico Venatorio 1999/2004, approvato con Delibera del Consiglio Provinciale n.17 del 17/05/1999; 2. Delibera del Consiglio Provinciale n. 53 del 9 ottobre 2002 Nuovo assetto territoriale degli ambiti territoriali di caccia ; 3. Bozza di Nuovo Piano Faunistico Venatorio Provinciale 2004 (la bozza, mai approvata, non è l oggetto della presente proceduta VAS che riguarda il PFV ); 4. Decreto n del 12 maggio 2005 inerente la Valutazione di Incidenza ai sensi dell art.5 del DPR 357/97 e successive modificazioni, relativo alla bozza Bozza di Nuovo Piano Faunistico Venatorio Provinciale Piano Faunistico Venatorio 1999/2004, approvato con Delibera del Consiglio Provinciale n.17 del 17/05/1999 Il PFV del 1999 individua nel territorio mantovano 15 Ambiti Territoriali di Caccia e 6 comprensori omogenei suddivisi in base alle caratteristiche pedogenetiche: 1. Alto Mantovano, collina morenica meridionale del Benaco; 2. Alta pianura mantovana in destra Mincio; 3. Pianura medio mantovana tra destra Mincio, sinistra Oglio e sinistra Po; 4. Pianura in sinistra Mincio; 5. Pianura tra destra Oglio e fiume Po; 6. Oltre Po mantovano. Relativamente agli istituiti previsti dalla legge per i Piani Faunistico-Venatori, il Piano individua i seguenti contenuti.

51 15651 Oasi di protezione: finalizzate al mantenimento e recupero degli habitat, sono delegate per la loro funzione intrinseca, al territorio vincolato per legge dei Parchi, quali nel caso specifico Parco Regionale Oglio Sud e Parco Naturale del Mincio e le relative riserve naturali. Zone di ripopolamento e cattura (ZRC): finalizzate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale ed alla cattura della stessa per l immissione su altri territori in tempi e condizioni utili, il Piano, coerentemente al piano quinquennale approvato nel 1998 attinente la definizione dell assetto territoriale delle Zone di Ripopolamento e Cattura, opta per una rideterminazione di queste strutture con aree di irradiamento, quindi distribuite a macchia di leopardo e di dimensioni tra i 200 e i 300 ha (invece che ha), non delimitate da confini quali canali o comunque da strade a rapido scorrimento. Tale proposta consente di evitare la cattura della fauna in soprannumero e lo spostamento sul restante territorio da ripopolare. Nell ottica di tale strategia, ogni ambito dovrà possedere una ZRC fissa, con funzione di serbatoio di sicurezza, e altre zone di limitata estensione e della durata di 5 anni per garantire l irradiamento continuo e la periodica rotazione del territorio vincolato. Riservini: finalizzati a raggiungere una produzione di lepri ed altre specie sufficiente a coprire la necessità di ripopolamento attraverso il divieto di caccia e l istituzione di zone di protezione o di rispetto di limitata estensione e non espressamente richieste dalla legge a tempo determinato (non inferiore a due stagioni venatorie); la superficie dei riservini non costituisce parte della superficie del territorio in cui è vietata la caccia. Tali zone devono avere una superficie minima di 250 ha, con lato minimo non inferiore a 500 m e sono deliberate dal Comitato di Gestione dell ATC, previo parere vincolante del Servizio Caccia. Centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale: destinati alla riproduzione di fauna autoctona da utilizzare per l immissione in altri territori sono identificati nel territorio mantovano dalle Zone di Ripopolamento e Cattura ZRC. Centri privati di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale: costituiti da recinti molto ampi, di dimensioni almeno di 50 ha con altezza del recinto non superiore a 110 cm, entro i quali le lepri e altre specie possono moltiplicarsi allo stato naturale, tali centri non vanno confusi e identificati con gli allevamenti di selvaggina in gabbie o in piccoli recinti, gestiti da privati. Le presenti strutture non possono confinare con le zone protette, mantenendo da queste una distanza minima di 500 m.

52 15652 Allevamenti: normati dalla DGR n del 27/07/1994, il Piano individua ulteriori approfondimenti per una corretta gestione del territorio circostante. Per l allevamento in gabbia risulta necessario la marcatura della fauna; per gli allevamenti in terra in recinti, questi possono essere autorizzati solo nel caso in cui il prodotto non sia destinato alla vendita sul libero mercato, ma all ATC su cui insiste l allevamento, con un riscontro economico basato sulle spese reali sostenute per l operazione. Inoltre, è sconsigliato rilasciare nuove autorizzazioni per l allevamento della lepre nelle ZRC. Aziende Faunistico-Venatorie (AFV) e Aziende Agro-Turistiche-Venatorie (ATV): rientrano, unitamente alle zone cinofile, nella quota del 15% che la legge destina agli ambiti privati. Antecedentemente al Piano sono presenti 4 AFV e 4 ATV sul territorio provinciale mantovano; nel Piano saranno previste solo quelle aziende che a giudizio dell INFS presentino caratteristiche idonee per l incremento e l insediamento numerico di popolazioni di fauna selvatica, con orientamenti tecnico-gestionali finalizzati al miglioramento ambientale. Il Piano non prevede la localizzazione di tali aziende, soprattutto per quel che attiene la disponibilità dei proprietari dei fondi eventualmente interessati; si dice quindi che queste potranno essere consentite nel rispetto della percentuale territoriale massima prevista per ogni ATC. Zone per l addestramento e l allenamento dei cani e per le gare cinofile: a tali zone la legge riserva il 3% del Territorio Agro-Silvo-Pastorale. Allo stato attuale nel territorio provinciale sono presenti zone: - A, destinate allo svolgimento di gare e prove di interesse provinciale, regionale e nazionale; avendo durata temporanea e essendo di notevoli dimensioni possono essere utilizzate per gli scopi suddetti le ZRC. - B, individuate in aree ad agricoltura svantaggiata o nelle aree golenali, le cui dimensioni non dovrebbero essere inferiori a 200 ha, queste, se opportunamente gestite potrebbero costituire zone di produzione di selvaggina valide per l irradiamento, o se di dimensioni maggiori, valide per la cattura. Possono essere inoltre istituite zone di tipo B di durata temporanea, di limitate estensioni e con divieto di sparo. - C, costituite per l addestramento con sparo su animali, appartenente anche a specie selvatiche, allevati esclusivamente in cattività, tali zone possono avere una superficie massima di 50 ha e possono assolvere alla loro funzione per tutta la durata dell anno. Le zone A,B,C presenti sul territorio mantovano, antecedentemente al Piano hanno assolto al loro compito; risulta tuttavia necessario che la Regione emani un regolamento di

53 15653 attuazione per le zone sopra citate. Il Piano non prevede la localizzazione di tali zone, si dice quindi che queste potranno essere consentite nel rispetto della percentuale territoriale massima prevista per ogni ATC, non potendo fissare preventivamente norme particolari per la loro autorizzazione. Risarcimento danni: l elevata presenza di selvaggina può provocare danni alle coltivazioni agricole; il risarcimento, concordato tra chi denuncia il danno e il perito accertatore, va liquidato dall Ente pubblico nelle Zone di Ripopolamento e Cattura o dagli ATC in zone cacciabili o in aree protette gestite dagli stessi coerentemente a quanto previsto dalla normativa regionale. Incentivi: sono previsti in favore degli operatori agricoli che ne facciano richiesta supportata da progetti che prevedono lo sviluppo di attività di tutela e ripristino degli habitat naturali e all incremento della fauna nelle ZRC e nelle oasi. Per gli interventi sull ambiente il contributo va valutato a seconda della valenza dell intervento stesso; l ATC inoltre deve destinare non meno del 10% delle entrate per la contribuzione ai proprietari interessati per la realizzazione di nuove piantumazioni, recupero zone umide, predisposizione di colture per foraggiamento e protezione, l impiego di nuovi mezzi tecnici con basso impatto ambientale, adeguati alla salvaguardia della fauna selvatica. Per gli interventi che insistono nelle aree a Parco, questi saranno concordati con gli enti gestori degli stessi. Identificazione delle zone in cui sono collocabili gli appostamenti fissi: sull intero Territorio Agro- Silvo-Pastorale utile all esercizio venatorio possono essere impiantati appostamenti fissi nel rispetto delle norme che regolano tale attività e nel rispetto del numero massimo di appostamenti fissi autorizzati pari a 1.183, considerando il fatto che non possono localizzarsi ad una distanza reciproca inferiore a m. Inoltre, non possono essere autorizzati nuovi appostamenti fissi nei Parchi Regionali. Relativamente ai dati provinciali afferenti la pianificazione territoriale ai sensi della legge 157/92 e della L.R. 26/93 si può sintetizzare quanto segue.

54 15654 Figura n. 3: Dati provinciali per l assetto del PFV a) SUPERFICIE TERRITORIALE (da misurazioni planimetriche) ha ZONE TERRITORIALI VINCOLATE A TUTELA - Superficie ZRC ha - Superficie territoriale a parco naturale ha - Riserve naturali 598 ha b) TOTALE ZONE TERRITORIALI VINCOLATE A TUTELA ha c) SUPERFICIE TERRITORIALE NON VINCOLATA A TUTELA ha (c=a-b) d) AREE NON RITENUTE UTILI PER LA FAUNA SELVATICA: 11,5% urbanizzazioni e altre pertinenze fabbricati 2,5 % strade e ferrovie 1 % altre zone ha e) SUPERFICIE UTILE PER LA CACCIA ha (e=c-d) L assetto territoriale per la definizione del Piano Agro-Faunistico è sintetizzato nella tabella che segue. 21 Fonte: Piano Faunistico Venatorio della Provincia di Mantova

55 15655 ATC Superficie complessiva ATC ha 23 n. ZRC Superficie ha Figura n. 4: Assetto territoriale per la definizione del PFV n. n. Riserve naturali Superficie ha Aziende Faunistico- Venatorie Zone addestramento cani n. Superficie ha n. Superficie ha Superficie non utilizzabile n n n n n n n n n n n n n n n Superficie utile alla gestione programmata 22 Fonte: Piano Faunistico Venatorio della Provincia di Mantova In ogni ATC il Piano programma definisce l utilizzo delle superfici in modo tale da rispettare le varie percentuali di destinazioni d uso previste dalla L.R. 26/1993.

56 56 Il PFV dispone inoltre quanto segue: 1) la possibilità di migliorare e potenziare le caratteristiche ambientali degli ATC con opportuni interventi sull ambiente; 2) la possibilità di controllare la fauna selvatica attraverso alcuni piani di contenimento di alcune specie di selvaggina che per la loro eccessiva presenza possono provocare danni all agricoltura, agli allevamenti, ai monumenti e alle strutture idrauliche ; 3) relativamente al carico di cacciatori per ambito (rapporto cacciatori/territorio) la necessità di non scendere sotto il valore soglia di un cacciatore ogni 19 ettari di territorio; 4) la necessità di concordare preventivamente le operazioni di ripopolamento e cattura con il servizio di vigilanza che ne curerà gli aspetti tecnico-burocratici; 5) la necessità, da parte degli ATC interessati, di gestire a fini venatori, le aree a parco regionale del Parco del Mincio e del Parco dell Oglio Sud come previsto dalla L.R. 32/96 (una delle operazioni consentite agli ATC è la creazione di Oasi di Protezione all interno dei parchi); 6) la possibilità di passare da un prelievo generico ad un prelievo mirato, in base alle vocazioni faunistiche di ogni ATC, gestendo il territorio in modo differenziato e relazionato alla pressione venatoria; 7) la necessità di garantire interventi di miglioramento ambientale tesi a ricreare le condizioni favorevoli per la sosta e la riproduzione della selvaggina attraverso un mirato piano di gestione; 8) la volontà di collaborare con il WWF di Mantova attraverso l istituzione del centro di recupero presso cui potranno essere direzionati gli animali selvatici.

57 57 Delibera del Consiglio Provinciale n. 53 del 9 ottobre 2002 Nuovo assetto territoriale degli ambiti territoriali di caccia La presente delibera, partendo dall individuazione di 15 ATC sul territorio mantovano da parte del Piano Faunistico Venatorio , riduce il numero degli ATC a 6. Tale riduzione si è resa necessaria per i seguenti motivi: 1. appesantimento burocratico degli ATC, costituiti dal Comitato di Gestione (rappresentanti delle associazioni venatorie, agricole e ambientaliste e della Provincia e dei Comuni) composto da 20 membri anziché 10 a seguito della L.R. 7/2000; 2. tendenza da parte degli ATC ad operare in autonomia, in palese contrasto con la normativa di settore; 3. incapacità ad investire in interventi di miglioramento ambientale significativi data la frammentarietà della disponibilità economica degli ATC; 4. tendenza a livello nazionale e regionale alla creazione di ATC di vaste dimensioni e in numero contenuto; 5. presenza di pareri favorevoli da parte delle associazioni venatorie, agricole e ambientaliste alla proposta di riduzione degli ATC da 15 a 6; 6. disponibilità di limitato movimento per i cacciatori data la scarsa estensione degli ATC, considerando il fatto che questi possono iscriversi in un solo ATC oltre a quello di residenza. La riduzione del numero degli ATC a seguito della delibera consente: 1. una minor spesa per i cacciatori che potrebbero attivare l esercizio venatorio in modo soddisfacente in un solo ATC; 2. una disponibilità di risorse consistenti per interventi di miglioramento ambientale; 3. un efficace controllo burocratico-amministrativo da parte della Provincia sugli ATC per evitare cattive gestioni; 4. maggior coordinamento con il PTCP, dal momento che i nuovi ATC troverebbero corrispondenza con le aree omogenee dello strumento di pianificazione provinciale. A seguito della Delibera del Consiglio Provinciale gli ATC risultano così accorpati:

58 58 Figura n. 5: Nuova definizione degli ATC ATC 1 Accorpamento degli ambiti 1 e 2 ATC 2 Accorpamento degli ambiti 3 e 4 ATC 3 Accorpamento degli ambiti 5 e 6 ATC 4 Accorpamento degli ambiti 7, 8 e 9 ATC 5 Accorpamento degli ambiti 10, 11 e 12 ATC 6 Accorpamento degli ambiti 13, 14 e 15 Bozza di Nuovo Piano Faunistico Venatorio Provinciale (si precisa che tale bozza, mai approvata, non è l oggetto della presente proceduta VAS che riguarda il PFV ) La proposta di Piano Faunistico Provinciale, risalente al 2004, presentata in modo sintetico di seguito, non ha trovato approvazione da parte del Consiglio Provinciale, rimanendo pertanto solo una bozza. La bozza individua 6 Comprensori omogenei, identici a quelli individuati nel precedente Piano ( ); inoltre per gli orientamenti relativi alle Oasi di protezione, alle Zone di Ripopolamento e Cattura, alle Zone protette istituite dagli ATC (ex riservini), ai Centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale, ai Centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale, agli Allevamenti, alle Aziende Faunistico-Venatorie e alle Aziende Agro-Turistiche- Venatorie, alle Zone per l addestramento e l allenamento dei cani e per le gare cinofile, al risarcimento danni, agli incentivi e all identificazione delle zone in cui sono collocabili gli appostamenti fissi non sono rilevate modificazioni rispetto al vecchio Piano Unico aspetto rilevante è il recepimento della Delibera del Consiglio Provinciale n. 53 del 9 ottobre 2002 Nuovo assetto territoriale degli ambiti territoriali di caccia che determina l accorpamento degli ATC (da 15 a 6). Di seguito sono riportati i principali dati del Piano bozza, che risultavano diversi rispetto ai valori individuati dal Piano Figura n. 6: Dati provinciali per l assetto della bozza del PFV b) SUPERFICIE TERRITORIALE (da misurazioni planimetriche) ha ZONE TERRITORIALI VINCOLATE A TUTELA - Superficie ZRC ha - Superficie territoriale a parco naturale ha - Riserve naturali 246 ha 24 Fonte: Bozza di nuovo PFV ed elaborazioni personali

59 59 b) TOTALE ZONE TERRITORIALI VINCOLATE A TUTELA ha c) SUPERFICIE TERRITORIALE NON VINCOLATA A TUTELA ha (c=a-b) d) AREE NON RITENUTE UTILI PER LA FAUNA SELVATICA: urbanizzazioni e altre pertinenze fabbricati, strade e ferrovie, altre zone ha e) SUPERFICIE UTILE PER LA CACCIA ha (e=c-d) Figura n. 7: Assetto territoriale per la definizione del PFV ATC Superficie complessiva ATC ha 26 ZRC n. Riserve naturali Aziende Faunistico- Venatorie e Aziende Agro- Turistiche- Venatorie Zone addestramento cani Superficie utile alla gestione programmata n. Superficie ha n. Superficie ha n. Superficie ha n. Superficie ha n n n n n n La bozza dispone propositivamente quanto disposto dal PFV ; i nuovi aspetti sono relativi: 1) Alla predisposizione di un opuscolo Codice di Buona Pratica Venatoria concordato tra il Servizio Regionale Qualità e Ambiente, la Provincia e le associazioni agricole, venatorie ed ambientaliste; 2) alla predisposizione di un indagine sulla diffusione del saturnismo e alla proposta di utilizzo di munizione spezzata di metallo diverso dal piombo; 3) alla possibilità di attività venatoria presso i SIC: questa, per la particolarità del contesto ambientale, deve essere disciplinata direttamente dalla Ragione. 25 Fonte: Bozza di nuovo PFV 26 In ogni ATC il Piano programma l utilizzo delle superfici in modo tale da rispettare le varie percentuali di destinazioni d uso previste dalla L.R. 26/1993.

60 60 Decreto n del 12/05/2005 inerente la Valutazione di Incidenza ai sensi dell art.5 del DPR 357/97 e successive modificazioni, relativo al Piano Faunistico Venatorio della Provincia di Mantova Rilevato che sul territorio della Provincia di Mantova sono presenti 13 SIC e che: 1. il territorio agro-silvo-pastorale della provincia di Mantova è destinato per almeno il 25% a protezione della fauna selvatica (compresi i territori in cui è vietata la caccia per effetto della normativa e di altre disposizioni ; 2. la superficie vincolata a parco naturale (Parco del Mincio e dell Oglio Sud) ed a riserve naturali costituisce il 6,5% del territorio provinciale; 3. la superficie vincolata a ZRC rappresenta il 17% dell intero territorio provinciale; 4. una quota del 15% viene destinata ad ambiti privati (Aziende Faunistico Venatorie, Aziende Agro-Turistico-Venatorie, Zone per allenamento e addestramento cani e per gare cinofile) 5. nel rimanente territorio agro-silvo-pastorale si effettua la gestione programmata della caccia attraverso l istituzione degli ATC. la valutazione di incidenza, che accompagna la bozza di PFV del 2004, rileva l assenza di possibilità di arrecare una significativa incidenza negativa sull integrità dei siti, a condizione che siano rispettate le misure generali di mitigazione riportate di seguito. Tabella n. 2: Misure di mitigazione previste dalla VINCA della bozza del PFV 2004 MISURE GENERALI DI MITIGAZIONI INDIVIDUATE DALLA VINCA DELLA BOZZA DEL PFV Individuazione dei periodi ottimali per la realizzazione dell attività di cattura 2. Sviluppo di forme di informazione e sensibilizzazione, tramite un Codice di Buona Pratica Venatoria, anche al fine di assicurare la corretta applicazione della norma vigente 3. Realizzazione del monitoraggio del fenomeno migratorio post-riproduttivo (autunnale) e rilevazione dei capi abbattuti, suddivisi per specie, al fine di stimare l impatto quantitativo dell attività venatoria 4. Realizzazione dell attività di cattura nelle ZRC solo su popolazioni sviluppate a tal punto da non risentire dell asportazione di un certo numero di animali e non su popolazione riproduttiva; 5. Istituzione dele zone per le prove cinofile preferibilmente in territori a bassa valenza ecologica e privi di particolare vocazione faunistica 6. Esecuzione di uno specifico studio per identificare l entità del fenomeno del saturnismo che provoca gravi danni in prossimità delle zone umide e sensibilizzazione del pubblico relativamente a questo fenomeno 7. Promozione e incentivazione all utilizzo di cartucce con pallini di metallo non tossico per

61 61 prevenzione contro i fenomeni di saturnismo 8. Presentazione di uno studio di incidenza per tutte quelle aziende agro-faunistico-venatorie e agroturistico-venatorie che sorgeranno all interno di un SIC o di una ZPS o nelle loro immediate vicinanze 9. Nel caso di nuove perimetrazioni proposte per alcuni SIC, considerazione relative al nuovo impatto creato da tutti quelli appostamenti fissi che saranno inglobati dai nuovi confini, i quali dovranno essere sottoposti a valutazione di incidenza 10. Promozione di un diverso utilizzo di tecniche impiegate per lo sfalcio dei prati e dei medicai, per la raccolta del grano, del mais e della soia, poiché sono causa di numerosi incidenti mortali alla fauna, soprattutto nel periodo riproduttivo 11. Individuazione dei confini dei SIC e delle ZPS nella cartografia relativa al Piano; 12. Relativamente alle azioni di Controllo della Fauna selvatica, così come previste dal PFV, necessità di uno studio sul ruolo eco sistemico della specie ritenuta dannosa nel contesto di riferimento e sull impatto reale delle popolazioni locali sulle componenti ambientali; comprovata la dannosità delle specie, gli eventuali interventi di controllo/contenimento/eradicazione dovranno essere oggetto di monitoraggio quali-quantitativo nel tempo 13. Adeguata tempistica della stagione venatoria, nei SIC in cui è consentita l attività venatoria con particolare attenzione nei confronti delle specie protette (Allegato II della Direttiva Habitat e Allegato I della Direttiva Uccelli) e un adeguata gestione dell attività venatoria per la conservazione degli ecosistemi. Per quei SIC che in parte coincidono con le ZRC si dovrà rispettare un adeguata tempistica ed un appropriata gestione dell uso di trappole e/o reti Inoltre, relativamente alle misure di mitigazione il decreto consiglia l individuazione di aree di rispetto lungo i corridoi fluviali di collegamento tra SIC, all interno dei quali procedere a definire, al pari degli stessi SIC, un adeguata tempistica della stagione venatoria e, in fase di definizione della localizzazione di nuovi appostamenti fissi, evitare l utilizzo di aree limitrofe ai SIC e ZPS, ai corsi d acqua ed in generale alle zone umide al fine di mantenere corridoi ecologici integrali.

62 Individuazione dell ambito di influenza del PFV Il Piano Faunistico Venatorio della Provincia di Mantova rappresenta il razionale strumento di pianificazione e programmazione territoriale faunistico-venatoria che andrà a disciplinare l attività venatoria nel rispetto delle disposizioni normative a tutela della fauna selvatica e dell equilibrio ambientale. L ambito di influenza del Piano Faunistico Venatorio della Provincia di Mantova è rappresentato dal Territorio Agro-silvo-Pastorale 27 (TASP) della Provincia di Mantova; il TASP viene definito dalla L.R. 26/83 e dalla D.g.r /93 e rappresenta il territorio potenzialmente utile per la fauna selvatica e quindi interessato dalla pianificazione faunistica e venatoria. Per il calcolo della TASP risulta pertanto necessario escludere dalla totalità del territorio le superfici improduttive sia di origine antropica che di origine naturale; per le prime si intendono aree urbanizzate (sia nello stato di fatto che nelle previsioni a medio termine) e opere pubbliche esistenti e infrastrutture, mentre nelle superfici improduttive di origine naturale sono ricompresi ghiacciai, nevai, rocce nude superiori ai m s.l.m. di altitudine, laghi artificiali o naturali con profondità superiore ai 10 m.; quest ultima categoria non è presente nel territorio mantovano il quale, tuttavia, si esprime con un elevato grado di urbanizzazione e presenza di infrastrutture (improduttivo di origine antropica) 28. Nel Rapporto Ambientale verrà definita la mappa del Territorio Agro-Silvo-Pastorale (TASP) della Provincia di Mantova. 5.3 Finalità, contenuti e declinazione preliminare degli obiettivi di Piano 29 Il Piano Faunistico Venatorio della Provincia di Mantova si presenta come lo strumento necessario per: conseguire una razionale pianificazione territoriale; perseguire gli obiettivi di tutela e conservazione della fauna selvatica; tutelare l equilibrio ambientale e gli habitat presenti, oltre a prevederne la riqualificazione; disciplinare l attività venatoria (prelievo sostenibile). Tale Piano avrà durata di cinque anni, con validità dal 2011 al Per la definizione degli obiettivi di Piano l approccio metologico prevede lo sviluppo di un analisi di contesto (in questo caso dello stato di fatto della gestione venatoria nel mantovano) mediante 27 Art. 10 della Legge n. 157/ Fonte: Provincia di Mantova, Documentazione preliminare alla stesura del Piano Faunistico Venatorio della Provincia di Mantova, settembre Fonte: Provincia di Mantova, Documentazione preliminare alla stesura del Piano Faunistico Venatorio della Provincia di Mantova, settembre 2009.

63 63 analisi S.W.O.T., che valuta quali siano i punti di forza, punti di debolezza, le opportunità e i rischi inerenti i contenuti del Piano stesso. Dall analisi è scaturita l idea forza del Piano, vale a dire il suo obiettivo generale, successivamente declinato in obiettivi specifici e in obiettivi operativi. Tabella n. 16: Declinazione preliminare degli obiettivi di Piano. DECLINAZIONE DEGLI OBIETTIVI DI PIANO Idea forza La pianificazione del Territorio Agro-Silvo-Pastorale nel rispetto dei principi di conservazione e realizzabile mediante una gestione faunistica e venatoria che consideri la necessità di riqualificazione e di ripristino ambientali di un territorio così fortemente antropizzato, nonché di rispetto delle attività produttive e delle tradizioni locali. Produzione di cartografia del territorio provinciale che descriva quella che è la caratterizzazione amministrativo-ambientale (compresa l identificazione degli Istituti di gestione) e che fornisca una solida base di lavoro per la gestione faunistico-venatoria futura; Obiettivi specifici 1. Definizione dell assetto territoriale 2. Definizione dell assetto faunistico 3. Definizione della popolazione venatoria provinciale Definizione delle caratteristiche territoriali provinciali (con particolare riferimento al paesaggio agricolo) con identificazione delle aree con caratteristiche di omogeneità dal punto di vista ambientale; Definizione TASP (Territorio Agro-Silvo-Pastorale ai sensi della D.g.r /93); Definizione della destinazione differenziata del territorio (secondo quanto previsto dagli art. 13 e 41 della L.r. 26/93 e dalla D.g.r /93); Definizione delle Aree Protette presenti in territorio mantovano (secondo la normativa Internazionale, Comunitaria, Nazionale e Regionale); Definizione delle caratteristiche e criticità degli Istituti esistenti nell ambito provinciale (secondo quanto previsto dalla L.r. 26/93 e dalla D.g.r /93); Analisi delle zone umide soggette al fenomeno del saturnismo e descrizione del fenomeno; Check-list delle specie presenti; Analisi delle conoscenze relative alle principali specie di interesse gestionale; Valutazione della la consistenza, dell età media e della distribuzione numerica negli ATC dei cacciatori mantovani, della loro provenienza, della tipologia della forma di caccia prescelta, della descrizione dei corsi di abilitazione attivati dalla Provincia;

64 64 4. Applicazione dei principi di corretta gestione faunistica e venatoria al territorio mantovano 5. Definizione di interventi di miglioramento ambientale a fini faunistici Individuazione delle indicazioni utili al conseguimento della raccolta dei dati faunistici per le diverse specie; Definizione dei criteri per la gestione delle specie di interesse gestionale nelle ZRC; Definizione dei periodi e delle modalità di eventuali programmi di potenziamento o riqualificazione in ambito faunistico; Definizione dell entità e delle tipologie di danni alle attività antropiche, nonché delle specie causa dei danni stessi; Definizione specie oggetto di interventi di controllo numerico; Definizione di criteri per la determinazione del calcolo della capienza per ogni ATC; Analisi degli interventi attuati e individuazione delle azioni necessarie per il conseguimento dei nuovi interventi; Definizione dei criteri per la determinazione dei risarcimenti da danni da fauna selvatica e dei criteri per la corresponsione degli incentivi a favore di interventi di ripristino degli habitat naturali e d incremento della fauna selvatica (secondo quanto previsto dalla L.R. 26/93 e dalla D.G.R /93) Definizione dei criteri per stabilire le azioni utili a prevenire i danni da fauna selvatica Dalla declinazione generale del Piano emerge che l idea forza rappresenta il filo conduttore del Piano e punta alla realizzazione di un percorso di dialogo e confronto fra mondo venatorio, associazioni agricole e associazioni ambientaliste e/o animaliste, così da costituire un attività venatoria che tenga conto degli interessi del mondo agricolo, della sensibilità di quello ambientalista e delle passioni del mondo venatorio, per una gestione condivisa del territorio e dell ambiente, ottenendo in questo modo il consolidamento del legame fondamentale tra cacciatore, territorio e ambiente. Relativamente alla redazione e alla predisposizione dei Piani Faunistico-Venatori Provinciali la D.G.R. 14 settembre 1993, n. 5/40995 individua due principali fasi nella redazione del Piano: 1. I Fase: Individuazione sintetica degli istituti attualmente esistenti nell'ambito provinciale e già previsti dalla L.R. 47/78, come modificata e integrata dalla L.R. 41/88; 2. II Fase: Definizione degli istituti previsti dalla L.R. e di cui all'art. 14 (Oasi di protezione, Zone di ripopolamento e cattura, Centri pubblici di riproduzione selvaggina allo stato naturale, Aziende faunistiche venatorie e aziende agri-turistico-venatorie, Centri privati di riproduzione di fauna selvatica allevata allo stato naturale, Zone e periodi per l'addestramento, l'allenamento e le gare dei cani, anche con abbattimento di fauna

65 65 allevata in cattività, Ambiti territoriali e Comprensori alpini di caccia, Zone in cui sono collocati e collocabili gli appostamenti fissi). Il Piano verrà articolo quindi in tre sezioni ovvero: sezione introduttiva; conoscitiva; programmatica. Nella sezione programmatica, in particolare, saranno individuati gli indirizzi gestionali indispensabili per il raggiungimento degli obiettivi previsti dal Piano stesso e le azioni di Piano, che risulteranno specifiche in base a: diverse specie di interesse gestionale; criticità proprie del territorio provinciale; peculiarità dei diversi Istituti presenti. Nella sezione programmatica saranno inoltre definite le modalità e le tempistiche di realizzazione delle stesse azioni di Piano. All interno della documentazione preliminare alla stesura del nuovo Piano Faunistico Venatorio della Provincia di Mantova sono stati individuati gli istituti esistenti. Viene di seguito riportata una breve sintesi dei principali istituti individuati nella documentazione preliminare alla stesura del Piano Faunistico Venatorio della Provincia di Mantova 30. Comprensori omogenei La normativa nazionale in materia faunistico-venatoria, recepita da quella regionale (L.R. n. 26/93), stabilisce che la pianificazione del Territorio Agro-Silvo-Pastorale debba avvenire per comprensori omogenei, individuati dal un punto di vista orografico e faunistico-vegetazionale. Il precedente Piano Faunistico-Venatorio (approvato con Delibera del Consiglio Provinciale n. 17 del 17/05/1999) suddivideva il territorio mantovano in 6 comprensori omogenei. Tabella n. 17: Comprensori omogenei identificati dal PFV di cui alla D.c.p. n 17 del 17/05/1999. COMPRENSORI OMOGENEI Identificativo Superficie (ha) Alto mantovano, collina morenica meridionale del Benaco 57265,31 30 Provincia di Mantova (Settembre 2009); Documentazione preliminare alla stesura del Piano Faunistico Venatorio della Provincia di Mantova.

66 66 Pianura in sinistra Mincio 48143,34 Pianura medio mantovana tra destra Mincio, sinistra Oglio, sinistra Po 28588,01 Pianura tra destra Oglio e fiume Po 27196,92 Oltrepo mantovano 60880,65 Alta pianura mantovana in destra Mincio 12188,77 Figura n. 8: Comprensori omogenei della Provincia di Mantova e relativi dati Fonte: Provincia di Mantova, Documentazione preliminare alla stesura del Piano Faunistico Venatorio della Provincia di Mantova, settembre 2009

67 67 Istituti esistenti Con Delibera del Consiglio Provinciale n. 53 del 9 ottobre 2002 viene approvato l attuale assetto a sei Ambiti Territoriali di Caccia nella Provincia di Mantova. Essi sono delimitati da confini naturali e/o ferrovie, autostrade, strade statali o provinciale o altri manufatti evidentemente rilevabili, e per questa ragione non sempre coincidono con i confini comunali. Tabella n. 18: Ambiti di caccia (ATC) di cui alla D.c.p. n. 53 del 9 ottobre AMBITI TERRITORIALI DI CACCIA (ATC) Ambito Superficie (ha) Perimetro (m) , , , , , , , , , , , ,5 Figura n. 9: Ambiti Territoriali di Caccia della Provincia di Mantova e relativi dati Fonte: Provincia di Mantova, Documentazione preliminare alla stesura del Piano Faunistico Venatorio della Provincia di Mantova, settembre 2009

68 68 Oasi di Protezione e Zone di Ripopolamento e Cattura Vengono di seguito riportate le Zone di Ripopolamento e Cattura e i relativi dati individuati nella documentazione preliminare alla redazione del PFV della Provincia di Mantova. La ricognizione eseguita nella fase 1 di redazione del Piano ha evidenziato che in Provincia di Mantova non sono ad oggi presenti Oasi di Protezione 33. Tabella n. 19: ZRC relative all ATC 1. ATC 1 ID Nome Comune Superf (ha) 101 Spineto Sermide 401, Dragoncello Poggio Rusco 260, Segonda (Dosso) Poggio Rusco 314, Gandina Sermide 165, Villa Poma Villa Poma 310, Fullone Quistello 297, Stoffi Quistello 379, Bossoline Quistello, Schivenoglia, Quingentole 592, Palazzina Pieve di Coriano 327, Stoppiaro (Segonda) Poggio Rusco, Magnacavallo 205, Carbonara Carbonara Po 243, Fossalta Felonica 382, Malcantone Magnacavallo, Revere, Villa Poma, Borgofranco Po 1467,42 Tabella n. 20: ZRC relative all ATC 2. ATC 2 ID Nome Comune Superf (ha) 201 Marca, Valle S.Martino Moglia 710, Caporala, Palazzine, Pianoni Pegognaga, Gonzaga, San Benedetto Po 1433, Bassana Pegognaga 226, Schiappa San Benedetto Po 336, Moretta San Benedetto Po 306, Gonzaga vecchia Gonzaga, Pegognaga 563, Ronchi Gonzaga 603, Brasile Suzzara, Motteggiana 534, San Prospero Motteggiana, Suzzara 1176,19 33 Fonte: Provincia di Mantova, Documentazione preliminare alla stesura del Piano Faunistico Venatorio della Provincia di Mantova, settembre 2009

69 69 Tabella n. 21: ZRC relative all ATC 3. ATC 3 ID Nome Comune Superf (ha) 301 Maifinita Viadana 609, Pomponesco Pomponesco 267, Salina Viadana 751, Pennona Viadana 223, Sparata Viadana 176, Camerlenga Viadana 172, Dossi Sabbioneta 486, Laghi Sabbioneta 389, Valle d'oca Viadana 263, Canova Mazzuolo 422, San Martino San Martino Argine 463, Badia Bozzolo 460, Castellana Rivarolo Mantovano 427,21 Tabella n. 22: ZRC relative all ATC 4. ATC 4 ID Nome Comune Superf (ha) 401 Sarginesco Castellucchio 351, Rodigo Rodigo 403, Chiericasco Castellucchio 697, Montanara Curtatone 423, Oglio Marcaria 922, Senga Marcaria 545, Gambino Ronchi Borgoforte, Curtatone 727, Sacca Curtatone 310, Favorita Virgilio, Borgoforte, Bagnolo S.Vito 987, Casatico Marcaria 625,06 Tabella n. 23: ZRC relative all ATC 5. ATC 5 ID Nome Comune Superf (ha) 501 Barcaccia Castiglione Stiviere, Medole 362, Cocca Medole 275, Romanini Castel Goffredo 466, S.Anna Castel Goffredo, Medole 709, Goitese Goito 818, Chiese Casalmoro, Asola 419, Castelnuovo Asola 447, Bottino Casaloldo 464, Ceresara Ceresara 538,31

70 Vasto (ex Cerlongo) Goito 389, Villa Ceresara 160, Melgazzani Asola 258, Quattrostrade Asola 307, Mariana Mariana Mantovana 311, Generato (ex Piubega) Piubega, Gazoldo Ippoliti 435, S.Antonio Casalromano 236, Zurino Acquanegra S/C 388, Redondesco Redondesco 223, Cavallara Cavriana 331, Castellina Castiglione Stiviere, Medole, Solferino 447, Mansarine Monzambano 519,74 Tabella n. 24: ZRC relative all ATC 6. ATC 6 ID Nome Comune Superf (ha) 601 Bosco Fontana Marmirolo, Goito 422, Cornalino Roverbella 265, Strale Roverbella 321, Spinosa Porto Mantovano 571, Carpaneta Bigarello 658, Pontealto Roncoferraro 450, Rottadola Roncoferraro 525, Villagrossa Castel d'ario 472, Rusta Villimpenta, Roncoferraro 435, Casale I Roncoferraro 227, Casale II Sustinente 282, Cavecchia Serravalle Po 433, Serravalle Serravalle Po 280, Casteltrivellino Serravalle Po, Ostiglia 656, Ponte Molino Ostiglia 664, Mussolina Roverbella 771,57

71 71 Figura n. 10: Zone di Ripopolamento e Cattura e relativi dati 34. Aziende Faunistico e Agrituristico Venatorie Vengono di seguito riportate le Aziende Faunistico e Agrituristico Venatorie e i relativi dati individuati nella documentazione preliminare alla redazione del PFV della Provincia di Mantova. Tabella n. 25:Aziende faunistico venatorie (AFV). Aziende faunistico venatorie - AFV ID Nome AFV Scadenza Superficie ha Comuni 1 Bregnedolo 2014/ ,7 Cavriana, Volta Mantovana 2 Sostegno 2010/ ,7 Bigarello 3 Bagnolo S.Vito 2014/ ,6 Bagnolo San Vito 4 Sette Prade 2013/ ,7 Poggio Rusco 34 Fonte: Provincia di Mantova, Documentazione preliminare alla stesura del Piano Faunistico Venatorio della Provincia di Mantova, settembre 2009

72 72 Tabella n. 26:Aziende agrituristico venatorie (ATV). Aziende agrituristico venatorie - ATV ID Nome ATV Scadenza Superficie ha Comuni 1 La Torre 2016/ ,7 Marmirolo 2 Mancina e Machina 2014/ ,4 Curtatone 3 Argine Vecchio 2009/ ,3 San Benedetto Po 4 Imperiata 2012/ ,7 Quistello 5 Malcantone 2009/ ,9 San Giacomo delle Segnate Figura n. 11: Aziende Faunistico e Agrituristico Venatorie e relativi dati Fonte: Provincia di Mantova, Documentazione preliminare alla stesura del Piano Faunistico Venatorio della Provincia di Mantova, settembre 2009

73 Individuazione di Piani e Programmi pertinenti I Piani e Programmi pertinenti al Piano Faunistico-Venatorio (PFV) della Provincia di Mantova sono suddivisibili in: 1. Strumenti per il Governo del Territorio; 2. Strumenti di pianificazione settoriale Strumenti per il Governo del Territorio Gli strumenti per il governo del territorio pertinenti al PFV sono rappresentati da: - Piano Territoriale Regionale (PTR) della Regione Lombardia (adottato con deliberazione n.874 del 30 luglio 2009); - Piano Paesistico Regionale (PPR) della Regione Lombardia (adottato con deliberazione n.874 del 30 luglio 2009); - Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Mantova (PTCP) (approvato con DCP n. 61 del 28/11/2002); - Variante adottata di adeguamento del Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Mantova (PTCP) (deliberazione del Consiglio Provinciale n. 23 del 26 maggio 2009). Tra gli strumenti di governo del territorio pertinenti al PFV, risultano di particolare importanza il PTR della Regione Lombardia e il PTCP della Provincia di Mantova; l articolo 2, comma 4 della L.R. n. 12/2005 Legge per il Governo del Territorio sostiene che I piani territoriali regionale e provinciali hanno efficacia di orientamento, indirizzo e coordinamento. Inoltre, relativamente al rapporto tra il PTCP e il PFV, (Piano di Settore), il PTCP della Provincia di Mantova, nella Relazione Illustrativa, al cap sostiene quanto segue: Con la Legge 142/90 e i decreti legislativi d attuazione sul decentramento amministrativo e regolamentazione locale di alcune leggi statali, vengono ribaditi ed ampliati i compiti di pianificazione, attribuendo al Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale la facoltà di subordinare la pianificazione di Settore, riconoscendo come prevalente ed irrinunciabile l interesse per il coordinamento intersettoriale di tutte le politiche d intervento sul territorio. Pertanto, i Piani di Settore redatti dalla Provincia, sia per delega sia per competenza diretta, devono essere coerenti e conformi alle previsioni di Piano e concorrere alla realizzazione degli obiettivi da questi fissati. Lo schema a seguire illustra il rapporto gerarchico tra gli strumenti di governo del territorio di scala regionale e provinciale e lo strumento di pianificazione settoriale faunistico-venatorio.

74 74 Dallo schema emerge che il PTR detta gli orientamenti e gli indirizzi per il PTCP; il PFV deve essere coerente e conforme agli strumenti di strumenti di governo del territorio a cui è subordinato e deve concorrere, nel suo settore di pertinenza, alla realizzazione degli obiettivi da questi prefissati Strumenti di pianificazione settoriale Gli strumenti di pianificazione settoriale pertinenti al PFV sono i seguenti: Scala regionale: Piani di settore sovraordinati - Piano di Sviluppo Rurale (PSR) della Regione Lombardia (approvata con comunicazione del 22 luglio 2009 n la seconda proposta di modifica); - Piano di Assetto Idrogeologico (PAI) dell Autorità di Bacino del Fiume Po (Adottato con deliberazione del Comitato Istituzionale n. 18 in data 26 aprile 2001); - Piano di Tutela ed Utilizzo delle Acque (PTUA) (approvato con DGR n del 29 marzo 2006 e successive varianti di integrazione). Scala provinciale: Piani di Settore complementari - Piano agricolo triennale (PAT) della Provincia di Mantova (approvato nel 2008); - Piano dei Percorsi e delle Piste Ciclopedonali (PPPC) della Provincia di Mantova (redatto a marzo 2006)

75 75 - Piano di Indirizzo Forestale (PIF) della Provincia di Mantova (approvato il 31 marzo 2009); - Piano provinciale per la gestione dei rifiuti (PPGR) della Provincia di Mantova (Proposta elaborata nel luglio 2008); - Piano Cave della Provincia di Mantova (PCP) (approvato con Delibera di Consiglio Regionale n. VII/947 del 17/12/2003); - Rete ecologica Provinciale della Provincia di Mantova (dalla Variante di adeguamento del PTCP adottata con deliberazione del Consiglio Provinciale n. 23 del 26 maggio 2009). I Piani di Settore di scala provinciale sono tra loro complementari e concorrono tutti, per il relativo settore, ad attuare gli obiettivi del PTCP, che a sua volta ha recepito gli orientamenti e gli indirizzi del PTR e degli strumenti settoriali di scala regionale. Nella Relazione Illustrativa del PTCP di Mantova, al cap , relativamente ai Piani di Settore di scala provinciale si dice che: I Piani di Settore costituiscono così gli strumenti d attuazione che, coordinandosi con il PTCP, svolgono una complementare funzione di approfondimento, specificazione e integrazione delle scelte di Piano. In questo contesto, i Piani di Settore Provinciale, come i Piani Regolatori, ecc., partecipano attivamente non solo alla realizzazione ma anche alla progettazione dell assetto futuro del territorio e la loro redazione deve diventare occasione di approfondimento del quadro conoscitivo del PTCP, di integrazione ed implementazione del Sistema Informativo Territoriale (SIT) della Provincia. L indagine svolta nell ambito della Pianificazione Sovracomunale, permette di mettere in relazione l insieme delle conoscenze e degli obiettivi necessari a cogliere le congruità e i contrasti d ogni singolo Piano di Settore, tali da individuare le linee guida entro cui il PTCP deve formulare gli indirizzi programmatici, fermo restando l assunto che nel rapporto tra i piani deve prevalere il principio di complementarietà, perciò tutti i settori Provinciali adottano nell elaborazione progettuale, un comportamento di condivisione nel rispetto delle competenze di ciascuno. Lo schema che segue illustra il rapporto tra il PTCP e la pianificazione settoriale provinciale.

76 Individuazione di parchi e riserve relative all ambito del PFV Il PFV è subordinato alla normativa di riferimento per i Parchi e le Riserve e agli strumenti di pianificazione di questi ultimi, immediatamente vincolanti. Sul territorio di riferimento per il PFV sono stati individuati i seguenti Parchi e le seguenti Riserve come da L.R. 30 novembre 1983, n. 86 e s.m.i. Piano generale delle aree regionali protette. Norme per l istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali nonché delle aree di particolare rilevanza naturale e ambientale : Parchi regionali Tabella n. 27: Provincia di Mantova Parchi e Riserve intesi quali zone che, costituendo generale riferimento per la comunità lombarda, sono organizzate in modo unitario, con preminente riguardo alle esigenze di protezione della natura e dell ambiente e di uso culturale e ricreativo, nonché con riguardo allo sviluppo delle attività agricole, silvicole e pastorali e delle altre attività tradizionali atte a favorire la crescita economica, sociale e culturale delle comunità residenti. Parchi Locali di Interesse Sovracomunale localizzati prevalentemente in aree già individuate come aree di particolare rilevanza ambientale e vengono istituiti direttamente dai Comuni e successivamente verificati e riconosciuti dalla Provincia. - Parco del Mincio - Parco dell'oglio Sud - Parco San Lorenzo - Parco San Colombano - Parco delle Colline Moreniche - Parco delle Golene Foce Secchia - Parco Golenale del Gruccione - Parco La Golena e le sue lanche - Parco Solferino - Parco Golenale lungo Po - Ostiglia - Parco del Moro (in fase di riconoscimento)

77 77 Riserve Naturali Statali intese quali zone specificamente destinate alla conservazione della natura in tutte le manifestazioni che concorrono al mantenimento dei relativi ecosistemi. Riserve Naturali Regionali intese quali zone specificamente destinate alla conservazione della natura in tutte le manifestazioni che concorrono al mantenimento dei relativi ecosistemi. - Bosco Fontana - Isola Boschina - Complesso Morenico di Castellaro Lagusello - Garzaia di Pomponesco - Isola Boscone - Le Bine - Palude di Ostiglia - Torbiere di Marcaria - Vallazza - Valli del Mincio

78 78 In sintesi CAPITOLO 5 La pianificazione faunistico-venatoria della Provincia di Mantova, precedentemente alla elaborazione del presente PFV, di cui questo documento costituisce il Rapporto Preliminare per la VAS, si è articolata in modo complesso attraverso i seguenti documenti e atti: 1. Piano Faunistico Venatorio 1999/2004, approvato con Delibera del Consiglio Provinciale n.17 del 17/05/1999; 2. Delibera del Consiglio Provinciale n. 53 del 9 ottobre 2002 Nuovo assetto territoriale degli ambiti territoriali di caccia ; 3. Bozza di Nuovo Piano Faunistico Venatorio Provinciale 2004 (si precisa che tale bozza, mai approvata, non è l oggetto della presente proceduta VAS che riguarda il PFV ); 4. Decreto n del 12 maggio 2005 inerente la Valutazione di Incidenza ai sensi dell art.5 del DPR 357/97 e successive modificazioni, relativo alla bozza Bozza di Nuovo Piano Faunistico Venatorio Provinciale Il Piano Faunistico Venatorio (PFV) Provinciale rappresenta lo strumento con il quale la Provincia esercita la propria facoltà di disciplinare il territorio in materia di pianificazione e programmazione faunistico venatoria. L ambito di influenza del Piano corrisponde al Territorio Agro-silvo-Pastorale (TASP) della Provincia di Mantova. Il Territorio Agro-Silvo-Pastorale viene definito dalla L.R. 26/83 e dalla D.G.R /93; esso rappresenta il territorio potenzialmente utile per la fauna selvatica e quindi interessato dalla pianificazione faunistica e venatoria. Il PFV della Provincia di Mantova può essere declinato in Idea Forza, Obiettivi specifici e Obiettivi operativi. L idea forza, che sintetizza gli obiettivi di Piano, punta alla pianificazione del Territorio Agro-Silvo-Pastorale nel rispetto dei principi di conservazione e realizzabile mediante una gestione faunistica e venatoria che consideri la necessità di riqualificazione e di ripristino ambientali di un territorio così fortemente antropizzato, nonché di rispetto delle attività produttive e delle tradizioni locali. Gli Obiettivi specifici individuati sono: Definizione dell assetto territoriale; Definizione dell assetto faunistico; Definizione della popolazione venatoria provinciale; Applicazione dei principi di corretta gestione faunistica e venatoria al territorio mantovano; Definizione di interventi di miglioramento ambientale a fini faunistici. I Piani e Programmi pertinenti al Piano Faunistico-Venatorio (PFV) della Provincia di Mantova possono suddividersi in: Strumenti per il governo del territorio di scala regionale e provinciale;

79 79 Strumenti di pianificazione settoriale di scala regionale e provinciale. Sul territorio di riferimento per il PFV sono state individuate: 2 Parchi Regionali; 9 Parchi Locali di Interesse Sovracomunale; 1 Riserva Naturale Statale; 9 Riserve Naturali Statali. La pianificazione faunistico venatoria deve relazionarsi con i Piani e Programmi pertinenti e con la normativa di riferimento per le Aree protette.

80 80 6 ANALISI DI COERENZA INTERNA E ESTE<RNA Ai sensi del D.Lgs. n. 04/08 risulta necessario, nel processo di VAS, illustrare il rapporto con altri pertinenti Piani o Programmi (p.to a dell allegato VI) e definire in che modo si è tenuto conto degli obiettivi di protezione ambientale perseguiti a livello internazionale e comunitario (p.to e, Allegato VI); per questo motivo verranno verificate, in sede di VAS, la pertinenza e la coerenza degli obiettivi del Piano Faunistico-Venatorio con (1) gli obiettivi di altri Piani e Programmi pertinenti e (2) gli obiettivi di sostenibilità ambientale perseguiti a livello comunitario e nazionale. Tale analisi di coerenza verrà effettuata nel Rapporto Ambientale, mediante la costruzione di specifiche matrici di coerenza. La valutazione della coerenza interna del PFV verrà effettuata attraverso l impiego della matrice di coerenza interna del PFV. La valutazione della coerenza esterna tra il PFV e i Piani e Programmi verrà effettuata attraverso l impiego delle seguenti matrici: 1. la matrice di coerenza PFV/Strumenti di governo del territorio; 2. la matrice di coerenza PFV/Strumenti di pianificazione settoriale pertinenti. La valutazione della coerenza tra il PFV e gli obiettivi di sostenibilità ambientale verrà effettuata attraverso l impiego della matrice di coerenza PFV/obiettivi di sostenibilità ambientale.

81 Definizione della metodologia utilizzata per l analisi di pertinenza e coerenza Nel Rapporto Ambientale, l analisi di coerenza sarà condotta tra gli obiettivi del Piano Faunistico- Venatorio e gli obiettivi di Piani e Programmi pertinenti. I Piani e Programmi pertinenti al PFV si suddividono in strumenti di governo del territorio, strumenti di pianificazione settoriale, strumenti per la pianificazione dei Parchi. Gli strumenti di governo del territorio individuati sono rappresentati da: - Piano Territoriale Regionale (PTR) della Regione Lombardia; - Piano Paesistico Regionale (PPR) della Regione Lombardia; - Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Mantova (PTCP), - Variante adottata di adeguamento del Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Mantova (PTCP). Gli strumenti di pianificazione settoriale individuati sono: - Piano agricolo triennale (PAT) della Provincia di Mantova; - Piano dei Percorsi e delle Piste Ciclopedonali (PPPC) della Provincia di Mantova; - Piano di Indirizzo Forestale (PIF) della Provincia di Mantova (approvato il 31 marzo 2009); - Piano provinciale per la gestione dei rifiuti (PPGR) della Provincia di Mantova; - Piano Cave della Provincia di Mantova (PCP); - Rete ecologica provinciale della Provincia di Mantova. Di seguito vengono riportati gli obiettivi di tutti i Piani e Programmi che verranno analizzati nel Rapporto Ambientale per l analisi di coerenza esterna.

82 Strumenti di Governo del Territorio Piano Territoriale Regionale (PTR) Gli obiettivi del Piano individuati per l analisi di coerenza con il PFV sono i seguenti: Tabella n. 28: Obiettivi del PTR della Regione Lombardia PIANO TERRITORIALE REGIONALE 2007 DELLA REGIONE LOMBARDIA Fonte: (Capitolo 1.4 del Documento di Piano del PTR) Macro Obiettivi 1. Rafforzare la competitività dei Territori della Lombardia. 2. Riequilibrare il territorio lombardo. 3. Proteggere e valorizzare le risorse della regione. Obiettivi Favorire, come condizione necessaria per la valorizzazione di territori, l innovazione, lo sviluppo della conoscenza e la sua diffusione: - in campo produttivo(agricoltura, costruzioni e industria) e per ridurre l impatto della produzione sull ambiente. - nella gestione e nella fornitura di servizi. - nell uso delle risorse e nella produzione dell energia. - nelle politiche di governo del territorio. - prevedendo processi partecipativi e diffondendo la cultura della prevenzione del rischio. Favorire le relazioni di lungo e di breve raggio, tra i territori della Lombardia e tra il territorio regionale e l esterno, intervenendo sulle reti materiali (infrastrutture di trasporto e reti tecnologiche) e immateriali ( sistema delle fiere, sistema delle università, centri di eccellenza, network culturali), con attenzione alla sostenibilità ambientale e all integrazione paesaggistica Assicurare a tutti i territori della Regione e a tutti i cittadini, l accesso ai servizi di pubblica utilità, attraverso una pianificazione integrata delle reti della mobilità, distributive, culturali, della formazione, sanitarie, energetiche e dei servizi. 4. Perseguire l efficienza nella fornitura dei servizi pubblici e di pubblica utilità, agendo sulla pianificazione integrata delle reti, sulla riduzione degli sprechi e sulla gestione ottimale del servizio. 5. Migliorare la qualità e la vitalità sulla base dei contesti urbani e dell abitare nella sua accezione estensiva di spazio fisico, relazionale, di movimento, e identitaria: contesti multifunzionali,, accessibili, ambientalmente qualificati e sostenibili, paesaggisticamente sostenibili e riconoscibili, attraverso: - la promozione della qualità architettonica degli interventi - la riduzione del fabbisogno energetico degli edifici - il recupero delle aree degradate - la riqualificazione dei criteri di ERP - l integrazione funzionale - il riequilibrio tra le aree marginali e centrali

83 83 - la promozione di processi partecipativi 6. Porre le condizioni per un offerta adeguata alla domanda di spazi per la residenza, la produzione,il commercio,lo sport e il tempo libero, agendo prioritariamente su contesi da riqualificare o da recuperare e riducendo il ricorso all utilizzo di suolo libero 7. Tutelare la salute del cittadino, attraverso il miglioramento della qualità dell ambiente, la prevenzione ed il contenimento dell inquinamento delle acque, acustico, dei suoli, elettromagnetico, luminoso e atmosferico. 8. Perseguire la sicurezza dei cittadini rispetto ai rischi derivanti dai modi di utilizzo del territorio,agendo sulla prevenzione e sulla diffusione della conoscenza del rischio ( idrogeologico, sismico, industriale, tecnologico, derivante dalla mobilità, dagli usi del suolo, della presenza di manufatti, delle attività estrattive), sulla pianificazione e sull utilizzo prudente e sostenibile del suolo e delle acque. 9. Assicurare l equità nella distribuzione sul territorio dei costi e dei benefici economici, sociali ed ambientali derivanti dallo sviluppo economico infrastrutturale ed edilizio Promuovere l offerta integrata di funzioni turistico-ricreative sostenibili, mettendo a sistema le risorse ambientali, culturali, paesaggistiche e agroalimentari della Regione e diffondendo la cultura del turismo non invasivo. Promuovere un sistema produttivo di eccellenza attraverso: - il rilancio del sistema agro-alimentare come fattore di produzione ma anche come settore turistico, privilegiando le modalità di coltura a basso impatto e una fruizione turistica, - il miglioramento della competitività del sistema industriale tramite la concentrazione delle risorse su aree e obiettivi strategici, privilegiando i settori a basso impatto ambientale, - lo sviluppo del sistema fieristico con attenzione alla sostenibilità. 12. Valorizzare il ruolo di Milano quale punto di forza del sistema economico, culturale e dell innovazione e come competitore a livello globale Realizzare, per il contenimento della diffusione urbana, un sistema policentrico di centralità urbane compatte ponendo attenzione al rapporto tra centri urbani e aree meno dense, alla valorizzazione dei piccoli centri come strumento di presidio del territorio, al miglioramento del sistema infrastrutturale, attraverso azioni che controllino l utilizzo estensivo di suolo. Riequilibrare ambientalmente e valorizzare paesaggisticamente i territori della Lombardia, anche attraverso un attento utilizzo dei sistemi agricolo e forestale come elementi di ricomposizione paesaggistica, di rinaturalizzazione del territorio tenendo conto delle potenzialità degli habitat. Supportare gli Enti locali nelle attività di programmazione e promuovere la sperimentazione e la qualità programmatica e progettuale, in modo che sia garantitoli perseguimento della sostenibilità della crescita nella progettazione a tutti i livelli. Tutelare le risorse scarse ( acqua, suolo e fonti energetiche) indispensabili per il perseguimento dello sviluppo attraverso l utilizzo razionale e responsabile delle risorse anche in termini di risparmio, l efficienza nei processi di produzione ed erogazione, il recupero e il riutilizzo dei territori degradati e delle aree dimesse, il riutilizzo dei rifiuti. Garantire la qualità delle risorse naturali e ambientali, attraverso la progettazione di reti ecologiche,

84 la riduzione delle emissioni clima alteranti ed inquinanti, il contenimento dell inquinamento delle acque, acustico, dei suoli, elettromagnetico e luminoso, la gestione idrica integrata. Favorire la graduale trasformazione dei comportamenti, anche individuali, e degli approcci culturali 18. verso un utilizzo razionale e sostenibile di ogni risorsa, l attenzione ai temi ambientali e della biodiversità, paesaggistici e culturali, una fruizione turistica sostenibile, attraverso azioni di educazione nelle scuole, di formazione degli operatori e di sensibilizzazione dell opinione pubblica. Valorizzare in forma integrata il territorio e le sue risorse, anche attraverso la messa a sistema dei 19. patrimoni paesaggistico, culturale, ambientale, naturalistico forestale e agroalimentare e il riconoscimento del loro valore intrinseco come capitale fondamentale per il patrimonio della Lombardia. Promuovere l integrazione paesistica, ambientale e naturalistica degli interventi derivanti dallo 20. sviluppo economico, infrastrutturale ed edilizio, tramite la promozione della qualità progettuale, la mitigazione degli impatti ambientali e la migliore contestualizzazione degli interventi già realizzati. Realizzare la pianificazione integrata del territorio e degli interventi, con particolare attenzione alla 21. risorsa mitigazione degli impatti, assumendo l agricoltura e il paesaggio come fattori di qualificazione progettuale e di valorizzazione del territorio. Responsabilizzare la collettività e promuovere l innovazione di prodotto e di processo al fine di 22. minimizzare l impatto delle attività antropiche sia legate alla produzione (attività agricola, industriale, commerciale) che alla vita quotidiana (mobilità, residenza, turismo). 23. Gestire con modalità istituzionali cooperative le funzioni e le complessità dei sistemi trans regionali attraverso il miglioramento della cooperazione. 24. Rafforzare il ruolo di Motore Europeo della Lombardia, garantendo le condizioni per la competitività di funzioni e territori forti. Piano Paesaggistico Regionale (PPR) Gli obiettivi del Piano individuati per la realizzazione dell analisi di pertinenza e coerenza con il PFV sono i seguenti: Tabella n. 29: Obiettivi del PPR della Regione Lombardia OBIETTIVI DEL PIANO PAESAGGISTICO REGIONALE (Fonte: Introduzione del Rapporto Generale dal Piano Paesaggistico del PTR) 1. Conservazione dei caratteri che definiscono l identità e la leggibilità dei paesaggi della Lombardia, attraverso il controllo dei processi di trasformazione, finalizzato alla tutela delle preesistenze e dei relativi contesti. 2. Miglioramento della qualità paesaggistica e architettonica degli interventi di trasformazione del territorio. 3. Diffusione della consapevolezza dei valori paesistici e la loro fruizione da parte dei cittadini.

85 85 Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Mantova (PTCP) vigente Gli obiettivi del Piano individuati per la realizzazione dell analisi di pertinenza e coerenza con il PFV sono i seguenti: Tabella n. 30: Obiettivi del PTCP della Provincia di Mantova OBIETTIVI DEL PIANO TERRITORIALE DI COORDINAMENTO DELLA PROVINCIA DI MANTOVA DEL 2002 Fonte: Relazione Illustrativa 1. Valorizzazione e salvaguardia delle risorse fisico-naturali 1.1 Costituire una rete verde assicurando continuità a fasce già esistenti e/o in formazione. 1.2 Salvaguardare la varietà biologica vegetale e animale. 1.3 Tutelare e valorizzare le potenzialità rappresentate dalla risorsa suolo ad elevata capacità d uso agricolo. 2. Valorizzazione e salvaguardia paesistico-ambientale 2.1 Perseguire la salvaguardia paesistica evidenziando ambiti, sistemi ed elementi di valore paesistico rilevante. 2.2 Assicurare una corretta gestione delle problematiche relative all assetto idrico, idrogeologico ed idraulico-forestale del territorio. 3. Potenziamento dell accessibilità nel territorio provinciale 3.1 Potenziare la specializzazione e l efficacia delle interconnessioni tra il sistema territoriale mantovano e le polarità delle regioni limitrofe. 3.2 Completare e razionalizzare le relazioni interne al sistema provinciale. 3.3 Incentivare per il trasporto di passeggeri e merci un modello di mobilità che privilegi modalità di spostamenti integrate, favorendo l uso di mezzi di trasporto collettivi ad alta capacità. 3.4 Perseguire l integrazione tra le differenti reti di trasporto e mediante l individuazione ed il potenziamento di efficienti nodi di scambio intermodale (gomma-ferro-acqua-aria). 4. Potenziamento della qualità urbana 4.1 Definizione di indirizzi di assetto territoriale finalizzati alla riqualificazione della struttura urbana. 4.2 Definizione di sistemi di polarizzazione economica e sociale capaci di valorizzare i sistemi produttivi e commerciali e le relative specializzazioni locali. 4.3 Favorire la formazione di un sistema territoriale complementare, integrato, e policentrico. 4.4 Definizioni di indirizzi per migliorare la qualità del servizio di distribuzione commerciale. 5. Sviluppo del sistema produttivo agricolo ed agro-industriale 5.1 Tutelare e valorizzare la tipicità intesa come differenziazione legata al territorio e alla qualità. 5.2 Tutelare e valorizzare le produzioni di latte vaccino e di carne (bovina e suinicola) e la loro trasformazione di produzioni tipiche.

86 86 Variante adottata (deliberazione del Consiglio Provinciale n. 23 del 26 maggio 2009) di adeguamento del Piano Territoriale di Coordinamento della Provincia di Mantova (PTCP) Gli obiettivi del Piano individuati per la realizzazione dell analisi di pertinenza e coerenza con il PFV sono i seguenti: Tabella n. 31: Variante al PTCP della Provincia di Mantova adottata OBIETTIVI DEL NUOVO PTCP DELLA PROVINCIA DI MANTOVA (Fonte: Nuovo Documento Preliminare Approvato, giugno 2007 e Documento Preliminare di VAS, ottobre 2007). 1. Promuovere e rafforzare il sistema territoriale come sistema reticolare di relazioni. 2. Garantire la qualità dell abitare e governare il processo di diffusione. 3. Promuovere una mobilità efficiente e sostenibile e garantire un sistema infrastrutturale intermodale, sicuro e adeguato. 4. Perseguire la difesa e la valorizzazione degli spazi rurali e delle attività agricole. 5. Attivare politiche per un territorio vivibile e sicuro. 6. Perseguire la valorizzazione del paesaggio e la costruzione di reti ecologiche. 7. Valorizzare il sistema turistico e integrare i valori plurali del territorio. 8. Promuovere il sistema economico, valorizzando il legame tra i territori e le produzioni. 9. Incrementare le occasioni di capacità di cooperazione, programmazione e progettazione degli enti locali. 10. Garantire l uso razionale e l efficienza distributiva delle risorse energetiche.

87 Strumenti di pianificazione settoriale Piano di Sviluppo Rurale della Regione Lombardia Gli obiettivi del Piano individuati per la realizzazione dell analisi di pertinenza e coerenza con il PFV sono i seguenti: Tabella n. 32: Piano di Sviluppo Rurale della Regione Lombardia OBIETTIVI DEL PROGRAMMA DI SVILUPPO RURALE DELLA REGIONE LOMBARDIA Fonte: (Capitolo 3.2 del PSR) 1. Favorire negli imprenditori agricoli la piena 1.1 Aumento delle capacità imprenditoriali e valorizzazione delle risorse umane consapevolezza delle dinamiche di mercato ed una 1.2 Valorizzazione dei giovani imprenditori e agevolazione del cambio generazionale maggiore propensione all innovazione ed 1.3 Sviluppo e adeguamento delle infrastrutture per il miglioramento dellea competitività delle aziende che operano in montagna all integrazione 1.4 Adeguamento delle infrastrutture irrigue e salvaguardia del territorio 1.5 Innovazione di processo e di prodotto e riconversione produttiva 1.6 Stimolare la gestione associata dell offerta agricola e le relazioni di filiera 1.7 Valorizzazione e diffusione delle produzioni di qualità lombarde 2. Promuovere uno sviluppo agricolo e forestale sostenibile in armonia con la tutela della biodiversità, la valorizzazione del paesaggio e lo sviluppo di 2.1 Salvaguardia dell agricoltura nelle aree svantaggiate di montagna 2.2 Realizzazione di sistemi verdi territoriali per la fitodepurazione e la creazione di corridoi ecologici 2.3 Massima diffusione di pratiche agricole a basso impatto 2.4 Potenziare la produzione di biomasse legnose in pianura fonti energetiche alternative 2.5 Realizzazione di sistemi verdi territoriali per conservare e migliorare l ambiente e il paesaggio 3. Garantire la permanenza delle popolazioni rurali nelle zone svantaggiate e promuovere la diversificazione dell economia rurale 3.1 Sostegno dello sviluppo integrato e multifunzionale delle attività agricole nelle zone rurali e in ritardo di sviluppo 3.2 Sviluppo del turismo rurale e delle piccole attività imprenditoriali collegabili 3.3 Sviluppo della produzione di energie da fonti rinnovabili e dei servizi connessi 3.4 Incentivare l utilizzo di energie alternative attraverso la diffusione di servizi connessi alla produzione ed alla distribuzione 3.5 Attivazione di servizi essenziali a vantaggio della popolazione rurale e delle imprese locali 4. Rafforzamento dei partenariati locali esistenti. 5. Integrazione degli aspetti agricoli nelle attività di sviluppo locale.

88 88 Piano di Assetto Idrogeologico (PAI) Gli obiettivi del Piano individuati per la realizzazione dell analisi di pertinenza e coerenza con il PFV sono i seguenti: Tabella n. 33: Piano di Assetto Idrogeologico (PAI) OBIETTIVI DEL PIANO STRALCIO PER L ASSETTO IDROGEOLOGICO 2001 Fonte: art. 1 Finalità e contenuti NTA PAI 1. Garantire un livello di sicurezza adeguato sul territorio. 2. Conseguire un recupero della funzionalità dei sistemi naturali (anche tramite la riduzione dell artificialità conseguente alle opere di difesa), il ripristino, la riqualificazione e la tutela delle caratteristiche ambientali del territorio, il recupero delle aree fluviali a utilizzi ricreativi. 3. Conseguire il recupero degli ambiti fluviali e del sistema idrico quali elementi centrali dell assetto territoriale del bacino. 4. Raggiungere condizioni di uso del suolo compatibili con le caratteristiche dei sistemi idrografici dei versanti, funzionali a conseguire effetti di stabilizzazione e consolidamento dei terreni e di riduzione dei deflussi di piena. Piano di Tutela delle Acque (PTUA) Gli obiettivi del Piano individuati per la realizzazione dell analisi di pertinenza e coerenza con il PFV sono i seguenti: Tabella n. 34: Piano di Tutela delle Acque (PTUA) OBIETTIVI DEL PIANO DI TUTELA ED USO DELLE ACQUE DELLA REGIONE LOMBARDIA 2003 Fonte:Relazione generale 1. La tutela in modo prioritario delle acque sotterranee e dei laghi, per la loro particolare valenza anche in relazione all approvvigionamento potabile attuale e futuro. 2. La destinazione alla produzione di acqua potabile e la salvaguardia di tutte le acque superficiali oggetto di captazione a tale fine e di quelle previste quali fonti di approvvigionamento dalla pianificazione. 3. L idoneità di balneazione per tutti i grandi laghi prealpini e per i corsoi d acqua loro emissari. 4. La designazione quali idonei alla vita dei pesci dei grandi laghi prealpini e dei corsi d acqua aventi stato di qualità buono o sufficiente. 5. Lo sviluppo degli usi non convenzionali delle acque, quali gli usi ricreativi e la navigazione, e la tutela dei corpi idrici e degli ecosistemi connessi. 6. L equilibrio del bilancio idrico per le acque superficiali e sotterranee, identificando ed intervenendo in particolare sulle aree sovra sfruttate. 7. Il mantenimento del Deflusso Minimo Vitale in alveo attraverso una corretta gestione delle piene.

89 89 Piano agricolo triennale della Provincia di Mantova Gli obiettivi del Piano individuati per la realizzazione dell analisi di pertinenza e coerenza con il PFV sono i seguenti: Tabella n. 35: Piano agricolo triennale della Provincia di Mantova OBIETTIVI DEL PAT Fonte: Bozza del Rapporto Ambientale della Valutazione Ambientale Strategica del Piano Agricolo Triennale ). 1. Sostegno della competitività delle imprese e sviluppo del sistema produttivo agroalimentare. 2. Attuazioni di politiche agro ambientali. 3. Sviluppo integrato delle zone rurali e miglioramento dell habitat naturale. Piano dei Percorsi e delle Piste Ciclopedonali della Provincia di Mantova Gli obiettivi del Piano individuati per la realizzazione dell analisi di pertinenza e coerenza con il PFV sono i seguenti: Tabella n. 36: Piano dei Percorsi e delle Piste Ciclopedonali della Provincia di Mantova OBIETTIVI DEL PIANO DEI PERCORSI E DELLE PISTE CICLOPEDONALI DELLA PROVINCIA DI MANTOVA Fonte: Relazione Illustrativa OBIETTIVI GENERALI 1. Garantire la continuità dei percorsi a livello extra-provinciale, provinciale e intercomunale, attraverso la costruzione di un modello a rete identificato da tratti e nodi connessi e la messa a sistema di singole tratte ciclabili non collegate tra di loro 2. Garantire la sicurezza dei percorsi, in particolare per i tratti in promiscuità con il traffico veicolare, per le intersezione con strade ad alto traffico, per l utenza debole e organizzata (bambini, anziani, portatori di handicap, gruppi numerosi), attraverso la realizzazione di piste in sede propria, la dotazione di adeguata segnaletica di pericolo sia rivolta ai ciclisti che agli automobilisti, l apposizione di divieti e regolamentazioni del traffico veicolare

90 90 3. Rendere riconoscibili gli itinerari, i nodi e i territori percorsi da parte di tutte le tipologie di utenti attraverso una adeguata, esaustiva ed omogenea segnaletica e la produzione di materiali informativi e turistici efficaci 4. Sviluppare l attrattività della rete e dei territori, attraverso la dotazione ed integrazione di attrezzature, servizi e strutture ricettive per il cicloturismo, nonché la valorizzazione e la riqualificazione degli ambiti a maggior valenza ambientale e storico - culturale 5. Sviluppare la mobilità sostenibile, l uso della bicicletta come forma alternativa di mobilità, mettendo in sicurezza il traffico ciclistico, crea un modello di organizzazione della mobilità nelle aree urbane e nei collegamenti intercomunali, che privilegia percorsi sicuri e diretti 6. Promuovere l intermodalità di trasporto in tutte le sue formule (bici+ treno, bici+ bus, bici+ barca); l interconnessione del sistema ciclabile con quello dei trasporti ferroviari e fluviali garantisce la continuità e l interazione tra i vari sistemi della mobilità 7. Valorizzare il territorio; lo sviluppo di una rete ciclabile implica infatti la valorizzazione e la riqualificazione di ambiti territoriali caratterizzati dalla presenza di elementi antropici e naturali a forte valenza ambientale e storico culturale, creando una rete di connettivo che recuperi anche i percorsi viabilistici minori (strade vicinali, interpoderali, strade arginali), le linee ferroviarie, le stazioni e gli altri manufatti dismessi 8. Potenziare la fruizione del sistema delle aree protette; la connessione della rete con i parchi e le aree protette, rende queste aree più facilmente accessibili e fruibili 9. Sviluppare il turismo sostenibile ed eco compatibile basato sulla messa in valore di un insieme ampio e diversificato di risorse ambientali, culturali, enogastronomiche e tradizionali; la domanda di questo tipo di turismo ha conosciuto negli ultimi anni un notevole impulso che ha comportato un coinvolgimento sempre maggiore di utenti (intesi sia come turisti - praticanti che come addetti ai lavori) e una proliferazione di iniziative, che necessitano di integrazione e di confronto 10. Sviluppare economie su piccola scala, l'ospitalità, il ristoro, l'accompagnamento di gruppi, l'assistenza tecnica, un certo tipo di editoria specializzata (mappe e guide) traggono beneficio dall essere inseriti in un sistema di percorsi ciclopedonali reticolari Piano di Indirizzo Forestale della Provincia di Mantova Gli obiettivi del Piano individuati per la realizzazione dell analisi di pertinenza e coerenza con il PFV nella tabella seguente.

91 91 Tabella n. 37: Piano di Indirizzo Forestale della Provincia di Mantova OBIETTIVI DEL PIANO DI INDIRIZZO FORESTALE DELLA PROVINCIA DI MANTOVA Piano di Indirizzo Forestale della Provincia di Mantova OBIETTIVI GENERALI 1. Riforestare 2. Valorizzazione del bosco come elemento strategico per la gestione del territorio 3. Valorizzazione dei Sistemi Forestali come sistema economico di supporto ed integrazione dell attività agricola 4. Valorizzazione del bosco come struttura di supporto al disegno del paesaggio ed allo sviluppo di attività ricreative 5. Approfondire per l area della Provincia di Mantova il ruolo nel territorio svolto dalla arboricoltura da legno e in particolare dalla pioppicoltura, nonché dai sistemi verdi connessi in rete ecologica, ai fini del miglioramento della qualità del territorio e delle forme di gestione da applicare 6. Integrare l analisi e le proposte di piano con il PTCP della Provincia di Mantova 7. Dotare la Provincia di indirizzi organici e adeguati rispetto alle modalità operative di gestione delle competenze nel settore forestale, in merito sia alle problematiche più direttamente operative, sia agli indirizzi di sviluppo da fornire al settore Piano Provinciale per la Gestione dei Rifiuti della Provincia di Mantova Gli obiettivi della Rete ecologica individuati per la realizzazione dell analisi di pertinenza e coerenza con il PFV sono i seguenti: Tabella n. 38: Piano Provinciale per la Gestione dei Rifiuti della Provincia di Mantova OBIETTIVI DEL PROGETTO DI PIANO PROVINCIALE DI GESTIONE DEI RIFIUTI DELLA PROVINCIA DI MANTOVA Fonte: Documento di Piano - Quadro conoscitivo 1. Raggiungimento degli obiettivi indicati dalla L.R. n.26/ Assicurare un efficace protezione della salute dell ambiente; 1.2 Ridurre la quantità e la pericolosità dei rifiuti, da attuare anche con azioni positive a carattere preventivo; 1.3 Ottimizzare ed integrare le operazioni di riutilizzo, recupero e riciclaggio come materia delle singole frazioni di rifiuti urbani provenienti dalla raccolta differenziata e dai rifiuti speciali; 1.4 Incentivare e sostenere l effettivo e oggettivo recupero, sia in termini di materia sia in termini di energia, delle frazioni di rifiuto urbano; 1.5 Incentivare l adozione di forme di auto smaltimento; 1.6 Promuovere l utilizzo di materiali derivanti dalle operazioni di recupero e di riciclaggio; 2. Raggiungimento degli obiettivi del Piano Regionale di Gestione dei Rifiuti

92 Riduzione, rispetto al 2000, della quantità dei rifiuti destinati allo smaltimento finale (20% entro il 2005); 2.2 Riduzione, rispetto al 2000, del volume dei rifiuti pericolosi prodotti (20% circa entro il 2010 e 50%circa entro il 2020); 3. Gestione unificata a livello provinciale della raccolta e del trattamento dei RU; 4. Promozione di interventi di prevenzione (soprattutto compost domestico e riduzione imballaggi); 5. Aumento della % della raccolta differenziata (fino al 65% entro il 2012); 6. Favorire l implemento del sistema di raccolta domiciliare; 7. Incremento della frazione organica da avviare a compostaggio (fino a 110 Kg al 2015); 8. Raggiungimento degli obiettivi di qualità del compost e del CDR prodotto; 9. Riduzione a ruolo marginale delle discariche; 10. Massimizzazione della vita delle discariche presenti; 11. Valutazione delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti; 12. Valutazione dei siti idonei alla localizzazione degli impianti attraverso un percorso di partecipazione dei soggetti interessati. Piano Cave della Provincia di Mantova Gli obiettivi della Rete ecologica individuati per la realizzazione dell analisi di pertinenza e coerenza con il PFV sono i seguenti: Tabella n. 39: Piano Cave della Provincia di Mantova INDICAZIONI DEL PTCP PER LA RETE ECOLOGICA PROVINCIALE Fonte: Par Il progetto della rete ecologica del PTCP di Mantova PIF Provincia di Mantova 1. Individuare i giacimenti sfruttabili 2. Identificare gli ambiti territoriali estrattivi compresi quelli ubicati nelle aree protette ai sensi della l.r. n. 86/83 3. Definire i bacini territoriali di produzione a livello provinciale 4. Individuare le aree di riserva di materiali inerti, da utilizzare esclusivamente per le occorrenze di opere pubbliche 5. Individuare le cave cessate da sottoporre a recupero ambientale 6. Stabilire la destinazione d uso delle aree per la durata dei processi produttivi e la destinazione finale al termine dell attività estrattiva 7. Determinare per ciascun ambito i tipi e le quantità di sostanze di cava estraibili 8. Stabilire le normative generali applicabili a tutte le attività estrattive per la coltivazione e per il recupero ambientale

93 93 Rete ecologica provinciale Gli obiettivi della Rete ecologica individuati per la realizzazione dell analisi di pertinenza e coerenza con il PFV sono i seguenti: Tabella n. 40: Rete ecologica provinciale della Provincia di Mantova INDICAZIONI DEL PTCP PER LA RETE ECOLOGICA PROVINCIALE Fonte: Par Il progetto della rete ecologica del PTCP di Mantova PIF Provincia di Mantova 1. Incrementare i livelli di dotazione naturalistica per gli ambiti urbani, legandoli ad interventi di riqualificazione del verde pubblico, e ridefinire le aree urbane di frangia tesa a connettere la rete extraurbana con il sistema delle aree verdi urbane. 2. Analizzare le interferenze prodotte dai tracciati delle infrastrutture esistenti o generate dall esecuzione di quelle in progetto. 3. Individuare degli ambiti in cui avviare la promozione di Parchi Locali di Interesse Sovracomunale di concerto con le Amministrazioni comunali. 4. Salvaguardare e valorizzazare i territori agricoli, gestendo le risorse naturali e culturali compatibilmente con le necessità delle attività agricole ed attivando politiche di incentivo verso quelle parti di territorio che si prestano ad una valorizzazione ambientale e paesaggistica. 6.2 Verifica di coerenza PFV/obiettivi e normativa di riferimento per Parchi e Riserve Sul territorio provinciale è stata rilevata la presenza di Parchi e Riserve disciplinate dalla Legge Regionale 30 novembre 1983, n. 86 e s.m.i. Piano generale delle aree regionali protette. Norme per l istituzione e la gestione delle riserve, dei parchi e dei monumenti naturali nonché delle aree di particolare rilevanza naturale e ambientale. All interno del capitolo relativo all analisi di coerenza del Rapporto Ambientale sarà valutato il rapporto tra il PFV e (1) gli obiettivi e (2) la normativa di riferimento per Parchi e Riserve al fine di individuare la coerenza tra gli obiettivi e la presenza di eventuali restrizioni per il PFV derivanti dalla disciplina di queste ultime. La valutazione della coerenza tra gli obiettivi del PFV e gli obiettivi delle aree protette sarà realizzata attraverso la compilazione di una matrice di coerenza PFV/obiettivi aree protette, secondo le modalità precedentemente descritte. La matrice, quindi, permette di valutare: - la coerenza interna tra gli obiettivi del PFV; - la coerenza interna tra gli obiettivi delle aree protette; - la coerenza esterna tra gli obiettivi del PFV e gli obiettivi delle aree protette.

94 94 La presenza di eventuali restrizioni per il PFV presenti nella normativa di riferimento per le aree protette sarà rilevata analizzando la normativa di seguito riportata Individuazione degli obiettivi generali per i Parchi e le Riserve Di seguito vengono riportati gli obiettivi generali relativi alle aree protette da consioderare per la compilazione della matrice di coerenza PFV/obiettivi aree protette. Parchi regionali Gli obiettivi dei Parchi Regionali individuati per la realizzazione dell analisi di coerenza con il PFV sono i seguenti: Tabella n. 41: Obiettivi relativi ai Parchi Regionali OBIETTIVI PARCHI REGIONALI Fonte: art. 1 - Legge Regionale 30 novembre 1983, n. 86 e s.m.i. 1. Protezione della natura e dell ambiente 2. Uso culturale e ricreativo 3. Sviluppo delle attività agricole, silvicole e pastorali e delle altre attività tradizionali atte a favorire la crescita economica, sociale e culturale delle comunità residenti Riserve Naturali statali Gli obiettivi delle riserve naturali statali individuati per la realizzazione dell analisi di coerenza con il PFV sono i seguenti: Tabella n. 42: Obiettivi relativi alle Riserve Naturali statali OBIETTIVI RISERVE NATURALI STATALI Fonte: art. 1 - Legge Regionale 30 novembre 1983, n. 86 e s.m.i. 1. Conservazione della natura in tutte le manifestazioni che concorrono al mantenimento dei relativi ecosistemi

95 95 Riserve naturali regionali Gli obiettivi dei riserve naturali regionali individuati per la realizzazione dell analisi di pertinenza e coerenza con il PFV sono i seguenti: Tabella n. 43: Obiettivi relativi alle Riserve naturali regionali OBIETTIVI RISERVE NATURALI REGIONALI Fonte: art. 1 - Legge Regionale 30 novembre 1983, n. 86 e s.m.i. 1. Conservazione della natura in tutte le manifestazioni che concorrono al mantenimento dei relativi ecosistemi PLIS Gli obiettivi dei riserve naturali regionali individuati per la realizzazione dell analisi di pertinenza e coerenza con il PFV sono i seguenti: Tabella n. 44: Obiettivi relativi ai Parchi Locali di Interesse Sovracomunale OBIETTIVI DEI PARCHI LOCALI DI INTERESSE SOVRACOMUNALE Fonte: D.g.r n. 8/ Contribuire alla realizzazione della rete ecologica regionale e provinciale. 2. Tutelare i nodi principali nella rete ecologica fra le aree protette e creare fasce tampone intorno ad aree con maggiore valenza naturalistica. 3. Realizzare parchi territoriali di vasta area, a scala metropolitana. 4. Mantenere e valorizzare i caratteri tipici delle aree rurali, il loro valore naturale, paesistico, culturale per tutelare lo spazio rurale rispetto all avanzata dell urbano. 5. Tutelare i paesaggi con presenze monumentali, dell antica architettura rurale. 6. Conservare i territori limitrofi ai corpi idrici coniugando esigenze naturalistiche con quelle fruitive. 7. Realizzare e gestire nuove forestazioni nel quadro degli adempimenti previsti dal protocollo di Kyoto (riduzione dei gas serra). 8. Promuovere attività didattiche finalizzate alla conoscenza, coltivazione, cura di aree verdi.

96 Individuazione dei riferimenti normativi per i Parchi e le Riserve Nella tabella che segue sono individuati Parchi e Riserve per la Provincia di Mantova e i relativi riferimenti normativi, all interno dei quali saranno individuate le eventuali limitazioni al PFV nell esercizio delle sue funzioni. Tabella n. 45: Riferimenti dei riferimenti normativi per i Parchi e le Riserve Parchi e Riserve della Provincia di Mantova Parco regionale del Mincio Parco regionale dell'oglio Sud PLIS - Parco San Lorenzo - Parco San Colombano - Parco delle Colline Moreniche - Parco delle Golene Foce Secchia - Parco Golenale del Gruccione - Parco La Golena e le sue lanche - Parco Solferino - Parco Golenale lungo Po - Ostiglia - Parco del Moro (in fase di riconoscimento) Riserve naturali statali Normativa e pianificazione di riferimento per Parchi e Riserve della Provincia di Mantova Atto istitutivo: L.r , n.47 Piano Territoriale di coordinamento: D.g.r , n. 7/193 mod. d.g.r. 03/8/00, n Riferimento normativo nazionale: L. 6 dicembre 1991, n. 394 Riferimento normativo regionale: L.r. 30 novembre 1983, n. 86 e s.m.i. L. r. 16 luglio 2007, n.16 Testo unico delle legge regionali in materia di istituzioni dei parchi Atto istitutivo: L.r , n.17 Piano Territoriale di coordinamento: D.g.r , n Riferimento normativo nazionale: L. 6 dicembre 1991, n. 394 Riferimento normativo regionale: L.r. 30 novembre 1983, n. 86 e s.m.i. L. r. 16 luglio 2007, n.16 Testo unico delle legge regionali in materia di istituzioni dei parchi Delibera di riconoscimento PLIS: D.g.r n. 8/6148 Riferimento normativo regionale: L.r. 30 novembre 1983, n. 86 e s.m.i. D.g.r. 20 aprile 2001 n.7/4345

97 97 - Bosco Fontana (nel parco regionale del Mincio) Riferimento normativo nazionale: L. 6 dicembre 1991, n. 394 Riferimento normativo regionale: L.r. 30 novembre 1983, n. 86 e s.m.i. Riserve naturali regionali: Riferimento normativo nazionale: L. 6 dicembre 1991, n. 394 Riferimento normativo regionale: l.r. 30 novembre 1983, n. 86 e s.m.i. - Complesso Morenico di Castellaro Provvedimento di istituzione: Lagusello D.g.r. III/1738 dell 11 ottobre 1984 (nel parco regionale del Mincio) - Garzaia di Pomponesco Provvedimento di istituzione: D.g.r. 1176, del 28 luglio Isola Boschina Provvedimento di istituzione: D.c.r. III/1966, del 6 marzo Isola Boscone Provvedimento di istituzione: D.c.r. IV/566, del 29 gennaio Le Bine (nel parco regionale dell Oglio Sud) Provvedimento di istituzione: D.g.r. IV/769 dell 1ottobre Palude di Ostiglia Provvedimento di istituzione: L.r. 86 del 30novembre 1984; D.c.r III/1737 dell 11ottobre Torbiere di Marcaria (nel parco regionale dell Oglio Sud) Provvedimento di istituzione: D.g.r del 31maggio Vallazza (nel parco regionale del Mincio) Provvedimento di istituzione: D.g.r. 102 del 24 gennaio Valli del Mincio (nel parco regionale del Mincio) Provvedimento di istituzione: D.g.r. III/1739 dell 11ottobre 1984 Risulta inoltre necessario riportare gli ulteriori riferimenti normativi, utili all individuazione di eventuali restrizioni per il PFV: Legge nazionale Legge regionale Legge 11/02/1992, n. 157 e s.m.i. Art. 21 Divieti L.R. 16/08/93 N. 26 e s.m.i. Art. 43 Divieti Per considerazioni riguardanti SIC e ZPS si rimanda alla specifica sezione del Rapporto Preliminare (CAPITOLO 9).

98 Individuazione degli obiettivi di sostenibilità perseguiti a livello nazionale e comunitario Nel presente paragrafo vengono illustrati gli obiettivi di sostenibilità ambientale che verranno confrontati con quelli del PFV al fine di effettuare una valutazione di coerenza ai sensi di quanto richiesto al punto e dell allegato I al D.Lgs n. 152/06 e s.m.i. Negli ultimi decenni vi è una sempre maggiore attenzione e sensibilità nei confronti delle tematiche ambientali, per questo motivo si sta sempre più diffondendo il concetto di Sviluppo Sostenibile. La prima definizione di sviluppo sostenibile, in ordine temporale, è stata quella contenuta nel rapporto Brundtland del 1987 e ripresa dalla Conferenza mondiale sull'ambiente e lo sviluppo dell'onu (World Commission on Environment and Development, WCED): lo Sviluppo sostenibile è uno sviluppo che soddisfa i bisogni del presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di soddisfare i propri bisogni. Una successiva e più globale definizione è stata fornita dalla World Conservation Union, UN Environment Programme and World Wide Fund for Nature nel 1991: lo Sviluppo sostenibile è un miglioramento della qualità della vita, senza eccedere la capacità di carico degli ecosistemi di supporto, dai quali essa dipende L International Council for Local Environmental Initiatives (ICLEI) ha fornito un'ulteriore definizione di sviluppo sostenibile: lo sviluppo che fornisce elementi ecologici, sociali ed opportunità economiche a tutti gli abitanti di una comunità, senza creare una minaccia alla vitalità del sistema naturale, urbano e sociale che da queste opportunità dipendono. Secondo l ICLEI le dimensioni economiche, sociali ed ambientali sono strettamente correlate ed ogni intervento di programmazione deve tenere conto delle reciproche interrelazioni. Nel 2001, l'unesco ha ampliato il concetto di sviluppo sostenibile indicando che la diversità culturale è necessaria per l'umanità quanto la biodiversità per qualsiasi forma di vita (.) essa costituisce patrimonio comune dell Umanità e deve essere riconosciuta e affermata a beneficio delle generazioni presenti e future Fonte: Art 1 della Dichiarazione Universale sulla Diversità Culturale, UNESCO, Parigi 2001

99 99 Il D.Lgs n. 4/08, che introduce modifiche ed integrazioni al D.Lgs. 152/06, all articolo 3-quater definisce il Principio dello sviluppo sostenibile : 1. Ogni attività umana giuridicamente rilevante ai sensi del presente codice deve conformarsi al principio dello sviluppo sostenibile, al fine di garantire che il soddisfacimento dei bisogni delle generazioni attuali non possa compromettere la qualità della vita e le possibilità delle generazioni future. 2. Anche l'attività della pubblica amministrazione deve essere finalizzata a consentire la migliore attuazione possibile del principio dello sviluppo sostenibile, per cui nell'ambito della scelta comparativa di interessi pubblici e privati connotata da discrezionalità gli interessi alla tutela dell'ambiente e del patrimonio culturale devono essere oggetto di prioritaria considerazione. 3. Data la complessità delle relazioni e delle interferenze tra natura e attività umane, il principio dello sviluppo sostenibile deve consentire di individuare un equilibrato rapporto, nell'ambito delle risorse ereditate, tra quelle da risparmiare e quelle da trasmettere, affinché nell'ambito delle dinamiche della produzione e del consumo si inserisca altresì il principio di solidarietà per salvaguardare e per migliorare la qualità dell'ambiente anche futuro. 4. La risoluzione delle questioni che involgono aspetti ambientali deve essere cercata e trovata nella prospettiva di garanzia dello sviluppo sostenibile, in modo da salvaguardare il corretto funzionamento e l'evoluzione degli ecosistemi naturali dalle modificazioni negative che possono essere prodotte dalle attività umane. In questa fase di valutazione, per l individuazione degli obiettivi di protezione ambientale, denominati in questa sede obiettivi di sostenibilità, si è fatto riferimento ai seguenti documenti di livello comunitario e nazionale: Il Sesto Piano Comunitario in materia Ambientale approvato nel Consiglio di Göteborg del 15 e 16 giugno 2001 e riconfermato nel Consiglio di Barcellona del 15 e 16 marzo La Nuova Strategia dell Unione Europea in materia di Sviluppo Sostenibile La Strategia d azione ambientale per lo sviluppo sostenibile in Italia (Delibera CIPE n. 57/02). Linee guida per la Valutazione Ambientale Strategica (VAS) Fondi Strutturali (Supplemento al mensile L Ambiente Informa n. 9/99 del Ministero dell Ambiente). Gli obiettivi individuati sono stati riportati nella tabella consuntiva che segue, declinati nei diversi settori tematici di riferimento.

100 100 Tabella n. 46: Obiettivi di sostenibilità TEMI Clima e OBIETTIVI 1. Ridurre le emissioni climalteranti. atmosfera 2. Tutelare e migliorare la qualità dell aria. 3. Conservare e migliorare lo stato di fauna e flora selvatiche e degli habitat. Biodiversità 4. Conservare e sviluppare conservare le Aree Naturali protette e la Rete Natura Conservare e sviluppare la connettività ecologica. 6. Uso sostenibile delle risorse naturali Sistemi Naturali, Acqua e Suolo 7. Riduzione della pressione antropica. 8. Tutelare e ripristinare le risorse idriche intermini di qualità e quantità. 9. Gestione sostenibile della risorsa idrica e razionalizzazione dei consumi. 10. Lotta alla desertificazione. 11. Protezione del territorio dai rischi idrogeologici e sismici. Paesaggio 12. Conservare migliorare la qualità delle risorse storiche e culturali. 13. Riequilibrio territoriale ed urbanistico. Salute umana e qualità della vita Conservare e migliorare la qualità dell ambiente locale (limitare l esposizione ad 14. inquinamento acustico ed elettromagnetico) 15. Bonifica e recupero dei siti inquinati. 16. Valorizzazione delle risorse socioeconomiche e loro equa distribuzione. 17. Miglioramento della qualità sociale e della partecipazione democratica. 18. Sicurezza e qualità degli alimenti. 19. Orientare la popolazione verso modelli di consumo più sostenibili. 20. Risparmio energetico. Energia 21. Diffusione dell uso delle risorse rinnovabili (nei limiti delle capacità di rigenerazione) e sviluppo di tecnologie innovative. 22. Promuovere la riduzione, il recupero ed il riciclaggio dei rifiuti. Rifiuti 23. Ridurre la produzione dei rifiuti tossici pericolosi. Turismo 24. Sviluppo del turismo di tipo sostenibile. 25. Valorizzare le produzioni tipiche locali e di qualità.

101 101 In sintesi CAPITOLO 6 Ai sensi del D.Lgs. n. 04/08 risulta necessario, nel processo di VAS, illustrare il rapporto con altri pertinenti Piani o Programmi (p.to a dell allegato VI) e definire in che modo si è tenuto conto degli obiettivi di protezione ambientale perseguiti a livello internazionale e comunitario (p.to e, Allegato VI). Per questo motivoverrà analizzata, in sede di VAS, la coerenza tra gli obiettivi del Piano Faunistico-Venatorio in oggetto di studio e: (1) gli obiettivi di altri Piani e Programmi pertinenti e (2) gli obiettivi di sostenibilità ambientale perseguiti a livello comunitario e nazionale. Tale analisi di coerenza verrà effettuata nel Rapporto Ambientale, mediante la costruzione di specifiche matrici. In sede di VAS, inoltre, sarà valutato il rapporto tra il PFV e (1) gli obiettivi e (2) la normativa di riferimento per Parchi e Riserve al fine di individuare la coerenza tra gli obiettivi e la presenza di eventuali restrizioni per il PFV derivanti dalla disciplina di queste ultime. La valutazione della coerenza tra gli obiettivi del PFV e gli obiettivi delle aree protette sarà realizzata attraverso la compilazione di una matrice PFV/obiettivi aree protette, secondo le modalità precedentemente descritte. La presenza di eventuali restrizioni per il PFV presenti nella normativa di riferimento per le aree protette sarà rilevata analizzando la normativa riportata nel capitolo.

102 102 7 CONTESTUALIZZAZIONE E CARATTERIZZAZIONE DEL PIANO 7.1 Definizione dei settori di analisi In relazione alla valenza provinciale del Piano Faunistico Venatorio oggetto di analisi, il territorio della Provincia di Mantova verrà suddiviso in 8 macro-settori al fine di procedere ad un analisi di dettaglio dei potenziali effetti relazionati alle proposte di Piano e alla valutazione di diverse ipotesi di intervento. Figura n. 12: Suddivisione del territorio provinciale in 8 macro-settori Gli 8 macro- settori rappresentano le seguenti zone: SETTORE 1: Zona a sud-ovest con la presenza di comuni quali Viadana e Sabbioneta; SETTORE 2: Zona a sud con la presenza di comuni quali Pegognaga e San Benedetto Po; SETTORE 3: Zona a sud con la presenza di comuni quali Ostiglia e Poggio Rusco; SETTORE 4: Zona a sud-est della Provincia di Mantova con la presenza di comuni quali Sermide e Felonica; SETTORE 5: Zona della città di Mantova; SETTORE 6: Zona a nord della Provincia di Mantova; tra i comuni presenti compaiono Castiglione delle Stiviere e Castellaro Lagusello.

103 103 SETTORE 7: Zona ad ovest della Provincia in cui i nuclei principali sono rappresentati da Asola e Bozzolo; SETTORE 8: Zona a nord-est con la presenza di comuni quali Castel d Ario e Roncoferraro. Nella redazione del Rapporto Ambientale si procederà all individuazione del TASP della Provincia di Mantova conformemente alla D.g.r. 16 aprile 1993 n Approvazione dei contenuti tecnici per la definizione delle superfici da computare ai fini del territorio agro-silvo-pastorale che rappresenterà l ambito di influenza per la valutazione ambientale del Piano. 7.2 Descrizione sintetica delle componenti ambientali coinvolte Descrizione preliminare del contesto territoriale ed ambientale La Provincia di Mantova si estende su una superficie di circa ettari. Il suo territorio è caratterizzato prevalentemente da aree pianeggianti (92% della superficie provinciale) ad eccezione della parte settentrionale interessata dal lembo meridionale dell anfiteatro morenico. La vocazione del territorio mantovano è prevalentemente agricola, ma il continuo aumento della richiesta di suolo per nuovi insediamenti produttivi, e dei necessari ampliamenti e adeguamenti infrastrutturali, costituisce una delle maggiori criticità del territorio, comportando l occupazione di ulteriori spazi agricoli e la loro impermeabilizzazione. Una prima caratterizzazione del territorio è riassunta dalla tabella seguente 37, che riporta la suddivisione della superficie provinciale in quattro macro tipologie ambientali, estrapolate dalla base cartografica del DUSAF 2.0. Tabella n. 47: Caratterizzazione ambientale del territorio provinciale (fonte: Cartografia preliminare di Piano) 38 Tipologia ambientale Superficie (ha) Percentuale sul totale (%) Aree agricole Aree antropizzate Aree boscate o seminaturali Aree delle acque La tipologia ambientale prevalente in termini di superficie è rappresentata dalle aree agricole, che occupano il 77% del territorio provinciale. La tipologia di uso del suolo prevalente risulta quella a seminativi semplici (71,5% della superficie provinciale totale), rappresentati prevalentemente da mais, foraggere e grano, seguita dalla 37 Fonte: Provincia di Mantova, Documentazione preliminare alla stesura del Piano Faunistico Venatorio della Provincia di Mantova, settembre Fonte: Provincia di Mantova, Documentazione preliminare alla stesura del Piano Faunistico Venatorio della Provincia di Mantova, settembre 2009.

104 104 destinazione a pioppeti (3,78% della superficie provinciale totale) situati prevalentemente nelle aree golenali del Po 39. Dal Piano Agricolo Provinciale si evince che la maggior parte delle aziende agricole sono aziende specializzate, con netta prevalenza di aziende a seminativi (60,4%), seguite da aziende con erbivori (17,9%) e da aziende miste (10,3%). Le aree antropizzate occupano il 13% della superficie territoriale complessiva e rappresentano la seconda tipologia ambientale della Provincia dopo le aree agricole. Il territorio è infatti caratterizzato da una significativa discontinuità e frammentazione, causata dalla fitta rete infrastrutturale e urbana. Le aree naturali o seminaturali rappresentano una percentuale molto ridotta della superficie provinciale complessiva e sono situate soprattutto nella fascia collinare, dove si riscontra la presenza di prati aridi alternati a boschetti a Roverella (Quercus pubescens), Carpino nero (Ostrya carpinofolia), Orniello (Fraxinus ornus) e talvolta Cerro (Quercus cerris), e nelle aree ripariali dei principali fiumi mantovani, con associazioni caratteristiche dei boschi ripariali, pioppeti coltivati e alcune zone a canneti e cariceti 40. Per quel che riguarda la caratterizzazione forestale, sul territorio mantovano si individuano due tipologie di Regioni Forestali prevalenti: la planiziale e l avanalpica 41. La prima risulta estremamente ridotta ed è costituita da boschi relitti (querco-carpineti e querceti di farnia) e dalla vegetazione presente lungo i principali corsi d acqua. Nella parte più settentrionale della provincia (la zona delle colline moreniche) si riscontra il lembo più meridionale della regione avanalpica, caratterizzata dalla presenza di querco-carpineti a cui si aggiungono castagneti e robinieti, e dove le formazioni forestali appaiono fortemente frammentate (Gallinaro, 2004 e Del Favero, 2001). La superficie totale boscata occupa circa ha (dati ERSAF), di cui la maggior parte situata nella fascia collinare. Il reticolo idrografico mantovano è caratterizzato da una fitta rete di canali artificiali e dalla presenza dei fiumi Po, Mincio, Oglio, Secchia e Chiese, che costituiscono un importante risorsa per il territorio agricolo e elementi fondamentali del paesaggio. Essi sono inoltre costituenti fondamentali della rete ecologica provinciale: lungo il loro corso si snodano importanti corridoi ecologici, caratterizzati da habitat idonei per diverse specie faunistiche, nel contesto fortemente antropizzato della pianura circostante. 39 Fonte: Provincia di Mantova, Documentazione preliminare alla stesura del Piano Faunistico Venatorio della Provincia di Mantova, settembre Fonte: Provincia di Mantova, Documentazione preliminare alla stesura del Piano Faunistico Venatorio della Provincia di Mantova, settembre Fonte: Piano di Indirizzo Forestale della Provincia di Mantova,

105 105 Flora e fauna: presenza di specie di interesse naturalistico 42 A seguito delle radicali trasformazioni di gran parte del territorio il quadro della flora e della fauna vertebrata è cambiato significativamente da quello del secolo scorso. Per quanto riguarda l aspetto floristico si rileva che: - nell areale delle colline rimangono ancora, nonostante le manomissioni urbanistiche ed agricole, le testimonianze floristiche delle variazioni climatiche reperibili nei prati aridi, tra la vegetazione rupicola termofila, nei boschi steppici collinari e nei boschi di cerro; - anche le Valli del Mincio ed i prati stabili ad esse adiacenti conservano specie meritevoli di tutela (tra le quali ad esempio la Genziana pneumonanthe o la Stratiotes aloides); - il Bosco della Fontana, tutelato già dai Gonzaga, resta uno dei relitti vegetazionali più importanti per superficie e ricchezza specifica. Relativamente alla fauna si osserva che: - i mammiferi di grossa mole, che richiedono ampi areali, sono scomparsi, restano lagomorfi e roditori (lepri, muridi e arvicole). I carnivori (volpi, faine, donnole), esclusa la volpe che ha una notevole capacità di adattamento, presentano diffusione limitita alle zone più marginali; - anfibi e rettili sono quasi spariti per la crescente urbanizzazione, l uso di antiparassitari e la riduzione delle zone umide; - l istituzione delle aree protette ha favorito l ornitofauna che si è accresciuta grazie anche alle limitazioni poste all attività di caccia; - l ittiofauna si è generalmente impoverita per le cattiva qualità delle acque e per le continue immissioni di pesci esotici, che in molti casi sostituiscono o si sovrappongono alle popolazioni autoctone. Il peggioramento delle caratteristiche dell acqua hanno indotto variazioni apprezzabili anche nei popolamenti dei molluschi dulciacquicoli per i quali si assiste alla costante, progressiva riduzione dei bivalvi. Per una caratterizzazione approfondita della fauna del territorio della provincia di Mantova, le fonti principali disponibili sono costituite da: - Rapporto sulla fauna selvatica della Lombardia (2008); - dati forniti dalla Provincia; - dati ufficiali sui siti della Rete Natura ; 42 Fonte: Rapporto Ambientale redatto per la VAS della Variante 2009 al PTCP della Provincia di Mantova. I dati presentati nel quadro conoscitivo ambientale di tale rapporto costituiscono aggiornamento al 2009 delle informazioni del rapporto Lo stato dell ambiente del territorio mantovano (2001) aggiornati con la collaborazione di settori e uffici competenti della provincia, utilizzando i dati elaborati nei piani di settore provinciale o in altre banche dati ambientali. 43 Per l elenco dei siti della Rete Natura 2000 si rimanda al capitolo 9.

106 106 - osservazioni e segnalazioni, soprattutto riferite alle zone con le maggiori caratteristiche di naturalità. Per le specie faunistiche presenti nei SIC della Provincia di Mantova, oltre alle schede tecniche del Ministero dell Ambiente, sono consultabili le relazioni tecniche di monitoraggio della Regione Lombardia, suddivise per provincia. Oggetto dell indagine di monitoraggio sono: le specie elencate nell'allegato I della Direttiva 79/409/CEE e successive integrazioni; le specie elencate negli Allegati II.1 e II.2 della Direttiva 79/409/CEE e successive integrazioni; le specie comprese nell allegato II della D.G.R. 20 aprile 2001, n. 7/4345. Descrizione delle principali specie faunistiche di interesse gestionale Si riporta di seguito una descrizione delle principali specie di interesse gestionale, tratta dal rapporto della Regione Lombardia La fauna selvatica in Lombardia - Rapporto 2008 su distribuzione, abbondanza e stato di conservazione di uccelli e mammiferi. Lepre comune (Lepus europaeus) L'habitat tipico della lepre comune è rappresentato dagli ambienti di prateria, ma in seguito all espansione dell agricoltura si è adattata alle zone coltivate, dove esistono disponibilità alimentari in ogni periodo dell'anno. Preferisce gli ambienti caratterizzati da buona diversità ambientale con colture in rotazione, boschetti, terreno ben drenato e fertile. In Lombardia la specie è ampiamente diffusa su tutto il territorio, soprattutto entro i 250 m di quota, ma è soggetta ormai da molti anni ad un calo delle popolazioni, dovuto da un lato dalla caccia eccessiva, dall altro al continuo espandersi dell agricoltura intensiva, con conseguente perdita di habitat idoneo per la specie. Sul territorio regionale popolazioni stabili ed in buono stato di conservazione sono ormai presenti quasi esclusivamente all interno di aree protette. La specie necessita dell'applicazione di corretti modelli di gestione venatoria, affinché il prelievo sia rapportato alla produttività naturale. Ne consegue l'abbandono della pratica del ripopolamento, che negli ultimi 50 anni è stata attuata principalmente con animali importati da altri paesi, provocando due gravi effetti negativi: la diffusione di nuovi agenti patogeni e l'introduzione di forme alloctone che hanno gravemente compromesso il mantenimento degli aplotipi autoctoni. Inoltre, dovrebbero essere incentivate le pratiche agricole tradizionali, che favoriscono la presenza di questa specie. Le informazioni in merito alla consistenza e alla distribuzione della specie sul territorio mantovano sono carenti, ma l andamento attuale sembra essere in controtendenza rispetto al quadro regionale, con un apparente capacità delle popolazioni locali di autosostenersi. Le cause di questo andamento possono essere individuate nell idoneità ambientale del territorio mantovano

107 107 per specie di livello alto e l utilizzo di buone pratiche di gestione, tra cui l abbandono della pratica dei ripopolamenti con individui provenienti dall estero, privilegiando l immissione di soli individui catturati nelle ZRC distribuite sul territorio o, in alcuni casi, il rilascio di individui provenienti da allevamenti nazionali 44. Fagiano comune (Phasianus colchicus) Il fagiano comune nidifica in ambienti diversificati, generalmente freschi e umidi, tra cui incolti erbosi, prati e coltivi, anche intensivi, ove siano presenti zone marginali con folta vegetazione; in pianura è presente anche in boschi e foreste riparali. La specie presenta le maggiori densità in zone pianeggianti irrigue e golenali. In Italia l entità della popolazione è difficilmente stimabile a causa dei frequenti rilasci a scopo venatorio: In Lombardia il numero di coppie è oscillato tra 1700 nel 1992 e nel 2007, ma considerato il massiccio prelievo venatorio e le altrettanto massicce operazioni di ripopolamento, tali valori sono puramente indicativi. La specie, dopo un periodo in cui sembrava in diminuzione, ha mostrato una tendenza all aumento, soprattutto a partire dal ; complessivamente l incremento medio annuo registrato è pari all 11%. La specie risente della riduzione e trasformazione degli habitat riproduttivi e di alimentazione e le popolazioni sono costituite prevalentemente da individui immessi a scopo venatorio. La situazione a livello provinciale della specie sembra rispecchiare l andamento positivo regionale: da diversi anni le popolazioni mostrano un continuo aumento, presentando densità medie tra un minimo di 0,1 e un massimo di 0,6 coppie/kmq, soprattutto nelle aree golenali. Tali dati vanno considerati tenendo conto che il numero degli individui varia in modo considerevole a seconda degli interventi di ripopolamento. La gestione della specie sul territorio provinciale negli ultimi anni è stata incentrata sull immissione di individui di provenienza nazionale. La specie non è oggetto di tutela in base alla legislazione internazionale, nazionale, regionale, a convenzioni e liste rosse. Starna (Perdix perdix) La starna frequenta ambienti erbosi con presenza di cespugli e zone prive di vegetazione ma con disponibilità anche minime di acqua. In Europa predilige le zone incolte, le zone rurali ben diversificate, gli ecotoni e le siepi di delimitazione interpoderale. Durante la nidificazione utilizza aree di pianura e collina ove siano presenti prati, pascoli, coltivi tradizionali a rotazione con abbondanza di ecotoni con siepi, fasce cespugliate, vigneti e frutteti. Si ritiene che la sottospecie P. p. italica, considerata endemica del nostro Paese, sia probabilmente estinta in Lombardia e 44 Fonte: Provincia di Mantova, Documentazione preliminare alla stesura del Piano Faunistico Venatorio della Provincia di Mantova, settembre 2009.

108 108 progressivamente sostituita da sottospecie alloctone introdotte con i ripopolamenti a scopo venatorio. In Italia sono stimate coppie con una tendenza al generale decremento, soprattutto nelle porzioni nord-orientali della Pianura Padana, anche se il numero degli effettivi può variare in modo considerevole a causa delle regolari immissioni a scopo venatorio. In Lombardia la popolazione presente fino alla metà degli anni 90 nelle zone appenniniche dell'oltrepò si è ridotta ai limiti della scomparsa. Le principali minacce per la starna sono rappresentate dalla distruzione e trasformazione degli habitat riproduttivi e di foraggiamento, dall inquinamento genetico dovuto al rilascio di soggetti di varia provenienza europea e dall eccessivo prelievo venatorio. La gestione di questa specie dovrebbe prevedere interventi di tutela e miglioramento delle siepi e delle aree a vegetazione naturale in prossimità delle coltivazioni di cereali e una corretta pianificazione del prelievo venatorio. Un contributo potrebbe anche arrivare da ripopolamenti tecnicamente corretti. La specie è inclusa nell allegato I della Direttiva Uccelli (79/409/CEE). Il territorio provinciale sembra essere non idoneo alla specie, ad eccezione di una piccola porzione dei colli morenici; inoltre, a causa degli interventi di ripopolamento effettuati negli anni, non è possibile definire il numero di individui presenti 45. Volpe (Vulpes vulpes) La volpe è presente in una grande varietà di habitat: praterie alpine, foreste di conifere, boschi misti di latifoglie, macchia mediterranea, pianure e colline coltivate, valli fluviali; è frequente anche in zone rurali e, sempre più spesso, è presente anche all interno nelle città. In Lombardia è specie ubiquitaria che sembra mancare solo nelle aree eccessivamente urbanizzate. I siti riproduttivi, però, sono concentrati soprattutto nelle zone golenali dei principali fiumi. Sul territorio regionale i valori di densità noti per le tane variano tra un minimo di 0,18 tane/km 2 in Provincia di Cremona e 0,48 tane/km 2 in Provincia di Pavia. La specie, nonostante abbattimenti localmente intensi, sembra essere in aumento e non presenta particolari problemi di conservazione. Una corretta gestione dovrebbe prevedere la limitazione degli abbattimenti al solo periodo di caccia e una riduzione dei ripopolamenti di piccola selvaggina a scopo venatorio, che oltre a costituire un problema per le stesse specie oggetto dei ripopolamenti, fornisce alla volpe grandi quantità di prede troppo facilmente accessibili. Attualmente in Italia non sono presenti popolazioni portatrici della rabbia silvestre. 45 Fonte: Provincia di Mantova, Documentazione preliminare alla stesura del Piano Faunistico Venatorio della Provincia di Mantova, settembre 2009.

109 109 In Provincia di Mantova è attivo un piano di controllo della volpe ai sensi dell art. 19 della Legge 157/92 e dell art. 41 della LR 26/93, che prevedono piani di controllo delle specie di fauna selvatica, qualora sia necessario intervenire per la migliore gestione del patrimonio zootecnico, per la tutela del suolo, per motivi sanitari, per la selezione biologica, per la tutela del patrimonio storico-artistico, per la tutela delle produzioni zoo-agro-forestali ed ittiche. La tabella successiva mostra i carnieri degli abbattimenti relativi alle specie soggette ai piani di controllo provinciali. I dati, in aumento dal 2006 al 2008, suggeriscono che le popolazioni in oggetto sono caratterizzate da resistenza e plasticità. Tabella n. 48: Carnieri degli abbattimenti relativi alle specie soggette a piani di controllo in Provincia di Mantova 46 Specie Volpe Nutria (Myocastor coypus) La nutria trova il suo habitat ottimale in ambienti palustri caratterizzati da una fitta rete di canali intercomunicanti utilizzati soprattutto durante le fasi di dispersione. Vive anche in prossimità di fiumi e canali irrigui, lungo le sponde di laghi e paludi, ove sia presente abbondante vegetazione acquatica. Le coltivazioni (granoturco, riso, barbabietole) nei pressi dei bacini e dei corsi d'acqua favoriscono la sua presenza in quanto sono una fonte di cibo facilmente accessibile. L'areale originario della nutria si estende dal Brasile, Bolivia e Paraguay fino all Argentina e al Cile. A seguito di introduzioni per la produzione commerciale delle pellicce la specie risulta attualmente naturalizzata in diversi paesi di America settentrionale, Asia, Sudafrica, Giappone ed Europa. Attualmente in Italia la specie, introdotta verso la fine degli anni 50, è distribuita in Pianura Padana, lungo la costa alto Adriatica sino all'abruzzo e lungo il versante tirrenico sino al Lazio, con popolazioni spesso in forte aumento. Presenze puntiformi interessano invece l'italia meridionale e le isole maggiori. In Lombardia è ormai presente in modo continuo in tutta la bassa pianura. I valori di densità rilevati sul territorio regionale sono di 4-21,7 individui/ha nelle lanche e di 8-14,9 individui ogni 100 m lungo i canali. Valutazioni complessive effettuate all inizio dell anno 2000 stimavano in circa gli individui presenti in Lombardia, ma è ragionevole supporre che questo valore sia ulteriormente aumentato negli ultimi anni. I problemi determinati dalla crescente presenza della nutria sono diversi. La specie è solita scavare una serie di cunicoli e camere sotterranee, che nelle arginature pensili dei canali di irrigazione possono compromettere la tenuta strutturale di tali manufatti, soprattutto in occasione delle ondate di piena. Questa specie può anche provocare danni economici localmente elevati nutrendosi delle coltivazioni, quali barbabietola da zucchero, granoturco, ecc. 46 Fonte: Provincia di Mantova, Documentazione preliminare alla stesura del Piano Faunistico Venatorio della Provincia di Mantova, settembre 2009.

110 110 Si è ipotizzato che la specie possa rappresentare un rischio di natura igienico-sanitaria conseguente alla riscontrata positività di alcuni esemplari alla leptospirosi. Infine osservazioni compiute in aree assiduamente frequentate dalla specie hanno consentito di appurare, oltre alla selezione trofica nei confronti di alcuni elementi della vegetazione, che ha indotto una loro preoccupante rarefazione, anche un impatto negativo, per distruzione dei nidi, sulle popolazioni di alcuni uccelli. Interventi di controllo numerico, condotti in modo selettivo ed eticamente accettabile, di questa specie sono quindi necessari. La Provincia di Mantova al fine di contenere e prevenire i suddetti danni ha predisposto un "Piano per il contenimento della nutria" con il coinvolgimento dei Comuni e dei Consorzi di Bonifica, ai sensi della Legge 157/92 e della LR 26/ Fonte:

111 111 Altre specie di interesse venatorio Si riportano nella tabella seguente i dati complessivi di abbattimento delle ultime cinque stagioni venatorie, dedotti dalla lettura dei tesserini venatori 48. Essi forniscono un quadro di riferimento sulle specie di interesse venatorio presenti sul territorio provinciale. Tabella n. 49: Abbattimenti (lettura tesserini venatori)delle ultime cinque stagioni venatorie Specie / / /09 Allodola Alzavola Beccaccia Beccacino Cesena Codone Colombaccio Cornacchia grigia Fagiano Fischione Folaga Fringuello Gallinella d'acqua Gazza Germano reale Ghiandaia Lepre Marzaiola Merlo Mestolone Moretta Moriglione Passero Pavoncella Peppola Quaglia Starna Storno Tordo bottaccio Tordo sassello Tortora Volpe Giornate di caccia Fonte: Provincia di Mantova, Settore Agricoltura, Attività Produttive, Caccia e Pesca - Servizio Caccia e Pesca

112 112 Parchi, aree protette e zone umide presenti sul territorio Nella Provincia di Mantova vi sono numerose aree sottoposte a tutela naturalistica, tra cui i due Parchi Regionali Parco del Mincio e Parco dell Oglio Sud. Figura n. 13: Provincia di Mantova Parco del Mincio e Parco dell Oglio Sud (fonte: Studio per la Valutazione d incidenza ambientale del PTCP, dicembre 2008) Il Piano Territoriale di Coordinamento Provinciale ha previsto la creazione di numerosi corridoi di interconnessione, che comprendono, oltre ai siti di Rete Natura 2000, i Parchi Locali d Interesse Sovracomunale (PLIS) già istituiti o segnalati. In tabella si riportano i Parchi e le aree protette presenti in Provincia di Mantova, mentre la figura successiva mostra la rete ecologica provinciale.

113 113 Tabella n. 50: Parchi e aree protette presenti sul territorio mantovano Parchi ed Aree Protette in Provincia di Mantova Parchi regionali Parco del Mincio Parco dell'oglio Sud Parchi Locali di Interesse Parco San Lorenzo (comune di Pegognaga) Sovracomunale Parco San Colombano (Comune di Suzzara) Parco delle Colline Moreniche Parco delle Golene Foce Secchia (Comune di Quistello, Quingentole,Moglia e San Benedetto Po) Parco Golenale del Gruccione (Comune di Sermide) Parco La Golena e le sue lanche (Comune di Viadana) Parco Solferino Parco Golenale lungo Po - Comuni di Ostiglia, Sustinente, Serravalle a Po e Pieve di Coriano Parco del Moro (in fase di riconoscimento nel Comune di Casalmoro) Riserve Naturali Statali Bosco Fontana Riserve Naturali Regionali Isola Boschina Complesso Morenico di Castellaro Lagusello Garzaia di Pomponesco Isola Boscone Le Bine Palude di Ostiglia Torbiere di Marcaria Vallazza Valli del Mincio Figura n. 14: Rete ecologica della Provincia di Mantova (fonte: Rapporto Ambientale redatto per la VAS della Variante 2009 al PTCP della Provincia di Mantova

114 114 Sono inoltre in atto alcune proposte per l istituzione di nuove aree protette, in particolare 49 : - una Riserva naturale orientata di Lanche di Gerre Gavazzi-Runate ; - una Riserva naturale parziale botanica e morfo-paesistica di Golena di Sant Alberto. Nel Comune di Sermide è in progetto l istituzione dell oasi della Digagnola (17 ettari) ubicata tra l argine maestro e quello golenale. Sul territorio provinciale sono presenti diverse zone umide che rivestono particolare importanza dal punto di vista ecologico, individuate dall I.S.P.R.A. (ex I.N.F.S) ai fini dei censimenti degli uccelli acquatici svernanti 50. Tra queste, particolare rilevanza ricoprono tre zone umide di importanza internazionale dichiarate pregevoli ai sensi della Convenzione di Ramsar, già tutelate attraverso l istituzione di Riserve Naturali Regionali e comprese nella Rete Natura 2000: - Isola Boscone - Paludi di Ostiglia - Valli del Mincio. Un problema legato all attività venatoria particolarmente significativo per le zone umide, è il fenomeno del saturnismo, l intossicazione da piombo che colpisce l avifauna selvatica. Oltre a determinare conseguenze ambientali a causa dei lunghi tempi di degradazione, la dispersione di piombo nell ambiente comporta l accumulo nella catena alimentare fino ai livelli superiori e la morte di un numero verosimilmente significativo di esemplari. La causa del fenomeno è attribuibile per lo più alla caccia (70-80% secondo Bianchi et al., 2006) e in misura minore alla pesca. L assunzione di piombo può avvenire o per ingestione diretta di pallini da caccia, che gli uccelli acquatici scambiano per pietruzze normalmente ingerite per favorire la digestione, o per ingestione di prede intossicate da parte di predatori. Il fenomeno è particolarmente grave, considerata l intensità della caccia praticata nelle zone umide. Si riportano di seguito alcuni dati forniti dal Corpo Forestale dello Stato. Nei Paesi dell Unione Europea stime recenti calcolano che ogni anno vengono rilasciate nelle zone umide non meno di 2500 tonnellate di pallini da caccia, di cui almeno 150 tonnellate in Italia. Il Canadian Wildlife Service ha stimato che circa il 10% dei 60 milioni di anatidi cacciabili, che migrano dal Canada agli Stati Uniti, ingeriscono pallini da piombo ed almeno 200 mila anatre 49 Fonte: Provincia di Mantova, Documentazione preliminare alla stesura del Piano Faunistico Venatorio della Provincia di Mantova, settembre Fonte: Provincia di Mantova, Documentazione preliminare alla stesura del Piano Faunistico Venatorio della Provincia di Mantova, settembre 2009.

115 115 muoiono per l intossicazione. Nel Parco del Delta dell Ebro il 27% della popolazione di germano reale risulterebbe colpita da saturnismo e ancora più grave risulterebbe la situazione per le anatre tuffatrici. Studi condotti in numerosi Paesi nel corso degli ultimi quarant anni hanno dimostrato che dall intossicazione da piombo vengono colpiti non solo gli anatidi ma moltissime altre specie. In Italia il saturnismo è un fenomeno diffuso, considerata la massiccia attività venatoria che si svolge nelle zone umide, e, anche se è tuttora un fenomeno poco studiato, si ritiene che sia un importante causa di morte diretta e indiretta per molte decine di migliaia di uccelli. Sono tuttavia assenti indagini sistematiche e programmi specifici di monitoraggio del fenomeno, per cui i casi sporadici di intossicazione accertati riguardano spesso gli animali più grandi o vistosi. Il problema dell intossicazione non riguarda solo l assunzione da parte dell avifauna, ma comporta anche un rischio sanitario per l uomo, attraverso l ingestione di cacciagione, come è stato dimostrato da indagini condotte in Spagna. La gravità del problema ha portato i governi di diversi Paesi a bandire l uso dei pallini in piombo sul territorio nazionale, o a introdurre forti limitazioni all uso negli ambienti umidi. A questo proposito l Italia ha approvato e recepito con la Legge 6 febbraio 2006 n. 66, l Accordo sulla conservazione degli uccelli migratori acquatici (Agreement on the Conservation of African- Eurasian Migratory Waterbirds - AEWA ). Tra le misure individuate da questo Accordo, che trova attuazione attraverso il Decreto Ministeriale del 17 ottobre 2007, vi è quella che prevede il divieto di utilizzo di munizionamento a pallini di piombo all interno delle zone umide Descrizione del contesto ambientale attraverso indicatori di vulnerabiltà vk La metodologia DCGIS prevede la caratterizzazione del territorio in termini di elementi di vulnerabilità (k) descritti da specifici indicatori vk. Ad esempio i Siti di Interesse Comunitario sono caratterizzati dalla densità di specie protette (vspecie) e si configurano quali aree tutelate per finalità ecologiche (vareeprot). Il territorio viene quindi definito attraverso un insieme strutturato di mappe di vulnerabilità (K) costruito con particolare riferimento ai sistemi cartografici regionali e provinciali. La matrice che consente di destrutturare i diversi elementi di vulnerabilità del territorio in specifici indicatori vk viene definita tensore delle vulnerabilità ε(r,t). Viene di seguito riportato il tensore ε(r,t) preliminare che individuare gli indicatore vk per i principali elementi di vulnerabilità della Provincia di Mantova.

116 116 Tabella n. 51: Tensore ε(r,t) preliminare Indicatori di vulnerabilità vk Elemento di vulnerabilità Nome DCGIS Presenza di specie protette vspecieprot Presenza di specie protette vspecieprot Presenza di habitat di pregio vhabitat Biopotenzialità territoriale vbtc Habitat Suitability Model vhsm Siti di Interesse Comunitario Zone di Protezione Speciale ksic kzps Parchi kparchi Laghi klaghi Reticolo idrico kret-idro Vegetazione kvegetazione Aree boscate kbosco Zone umide kzoneumide

117 Caratterizzazione del Piano in termini di obiettivi operativi ed indicatori Gli obiettivi operativi (OBop,x) individuati nella fase di caratterizzazione del PFV rappresentano le tipologie di interventi (cluster di azioni) attraverso le quali il Piano potrà agire sul territorio provinciale. Nella tabella a seguire vengono riportati gli obiettivi definiti dalla specifica normativa di settore. Tabella n. 52: Obiettivi operativi definiti dalla normativa faunistico-venatoria Contenuti dei Piani Faunistico Venatori Provinciali (PFV) (Art. 10 comma 8, Legge 11/02/1992, n. 157) I Piani Faunistico-Venatori comprendono: a) le oasi di protezione, destinate al rifugio, alla riproduzione ed alla sosta della fauna selvatica; b) le Zone di Ripopolamento e Cattura (ZRC), destinate alla riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale ed alla cattura della stessa per l'immissione sul territorio in tempi e condizioni utili all'ambientamento fino alla ricostituzione e alla stabilizzazione della densità faunistica ottimale per il territorio; c) i centri pubblici di riproduzione della fauna selvatica allo stato naturale, ai fini di ricostituzione delle popolazioni autoctone; d) i centri privati di riproduzione di fauna selvatica allo stato naturale, organizzati in forma di azienda agricola singola, consortile o cooperativa, ove è vietato l'esercizio dell'attività venatoria ed è consentito il prelievo di animali allevati appartenenti a specie cacciabili da parte del titolare dell'impresa agricola, di dipendenti della stessa e di persone nominativamente indicate; e) le zone e i periodi per l'addestramento, l'allenamento e le gare di cani anche su fauna selvatica naturale o con l'abbattimento di fauna di allevamento appartenente a specie cacciabili, la cui gestione può essere affidata ad associazioni venatorie e cinofile ovvero ad imprenditori agricoli singoli o associati; f) i criteri per la determinazione del risarcimento in favore dei conduttori dei fondi rustici per i danni arrecati dalla fauna selvatica alle produzioni agricole e alle opere approntate su fondi vincolati per gli scopi di cui alle lettere a), b) e c); g) i criteri per la corresponsione degli incentivi in favore dei proprietari o conduttori dei fondi rustici, singoli o associati, che si impegnino alla tutela ed al ripristino degli habitat naturali e all'incremento della fauna selvatica nelle zone di cui alle lettere a) e b); h) l'identificazione delle zone in cui sono collocabili gli appostamenti fissi. In via preliminare gli obietti operativi sono stati caratterizzati attraverso la definizione di indicatori di pressione uj, come riportato nella seguente matrice (Tensore degli stressor σ(r,t)).

118 118 Tabella n. 53: Esempio di destrutturazione in indicatori uj degli obiettivi operativi di valorizzazione del contesto ambientale Tensore OBop/vk Obiettivi operativi Occupazione di suolo Indicatori di pressione uj Emissioni di piombo Disturbo selvaggina Immissioni acustiche umq upb udisturbofauna udb OBop,1 Oasi di protezione OBop,2 ZRC OBop,3 Centri pubblici e privati di riproduzione della fauna selvatica OBop,4 Zone di Addestramento Cani * 1 1 OBop,5 Identificazione delle zone in cui sono collocabili gli appostamenti fissi * Correlazione esistente per le ZAC di tipo C Il tensore evidenzia che gli obiettivi operativi OBop,1, OBop,2 e OBop,3 non si configurano come interventi con particolari attributi (indicatori) di pressione, ma al contrario rappresentano istituti con potenziali effetti positivi sul contesto ambientale. Per tale ragione, nell ambito della procedura VAS gli obiettivi operativi (OBop,x) verranno suddivisi in due tipologie come evidenziato nel Capitolo 4 del presente rapporto. Nella tabella a seguire viene evidenziata la classificazione preliminare degli obiettivi operativi, funzionale al percorso di VAS. Tabella n. 54: Suddivisione preliminare degli obiettivi operati per la valutazione ambientale del Piano Tipologia di obiettivi operativi Obiettivi operativi Metodologia di analisi OBop,1 Oasi di protezione Obiettivi operativi di valorizzazione del contesto ambientale OBop,2 OBop,3 ZRC Centri pubblici e privati di riproduzione della Analisi mediante la definizione di mappe di idoneità definite attraverso la correlazione Obiettivi operativi/indicatori vk. fauna selvatica Obiettivi operativi di OBop,4 Zone di Analisi mediante la definizione di 51 In seguito ZAC.

119 119 Addestramento utilizzo del territorio funzionale all attività venatoria OBop,5 Cani 52 Identificazione delle zone in cui sono collocabili gli mappe di idoneità definite attraverso la destrutturazione degli obiettivi operativi in indicatori di pressione uj, correlati ad indicatori vk. appostamenti fissi. Al fine di analizzare i potenziali effetti ambientali generati dal PFV ed individuare l idoneità del territorio ad ospitare le differenti azioni, risulta necessario: I. correlare gli obiettivi operativi di valorizzazione del contesto ambientale con gli specifici indicatori che caratterizzano il contesto ambientale vk; II. destrutturare gli obiettivi operativi di utilizzo del territorio funzionale all attività venatoria in specifici indicatori di pressione uj. Vengono di seguito riportati due esempi relativi alla matrice di correlazione obiettivi operativi/indicatori che verranno sviluppate nel Rapporto Ambientale. Tabella n. 55: Esempio di destrutturazione in indicatori vk degli obiettivi operativi di valorizzazione del contesto ambientale Tensore OBop/vk Obiettivi operativi Reticolo idrico vacque Indicatori di vulnerabilità vk Rete ecologica veco Biopotenzialità territoriale vbtc Habitat Suitability Model vhsm OBop,1 Oasi di protezione OBop,2 ZRC OBop,3 Centri pubblici e privati di riproduzione della fauna selvatica In seguito ZAC.

120 120 Tabella n. 56: Esempio di destrutturazione in indicatori degli obiettivi operativi di utilizzo del territorio funzionale all attività venatoria Tensore OBop/uj Obiettivi operativi Occupazione di suolo Indicatori di pressione uj Emissioni di piombo Disturbo selvaggina Immissioni acustiche umq upb udisturbofauna udb OBop,4 ZAC OBop,5 Zone in cui sono collocati/collocabili appostamenti fissi Gli indicatori di pressione uj verranno correlati agli indicatori di vulnerabilità vk attraverso la definizione della matrice di correlazione [θjk]; viene di seguito riportato un esempio relativo alla matrice [θjk]. Tabella n. 57: Matrice di correlazione [θjk] vacque Indicatori di vulnerabilità vk Reticolo idrico Occupazione di suolo umq Indicatori di pressione uj Emissioni di piombo upb Disturbo selvaggina udisturbofauna Immissioni acustiche udb veco Rete ecologica vbtc Biopotenzialità territoriale vhsm Habitat Suitability Model Al fine di determinare quali siano gli indicatori maggiormente significativi per la definizione delle mappe di idoneità viene prevista nell ambito della procedura partecipata il coinvolgimento dei diversi soggetti interessati e degli esperti di settore. Risulterà quindi possibile predisporre mappe di idoneità specifiche rispondenti ai criteri gerarchizzati individuati dalle differenti categorie, che potranno essere correlate al fine di individuare i punti di convergenza delle diverse esigenze.

121 121 In sintesi CAPITOLO 7 Al fine di valutare nel dettaglio un contesto provinciale quale quello della Provincia di Mantova si è proceduto ad un individuazione di 8 settori per poter eseguire analisi di dettaglio e dei focus specifici. Si è quindi proceduto ad una caratterizzazione preliminare del contesto territoriale con particolare agli aspetti di interesse faunistico quali ad esempio l individuazione delle specie di interesse venatorio e di particolare interesse ai fini della conservazione. La caratterizzazione di dettaglio del contesto ambientale della Provincia di Mantova verrà eseguita nella redazione del Rapporto Ambientale ed in particolare gli elementi di vulnerabilità del territorio verranno descritti attraverso indicatori di vulnerabilità vk (nel Rapporto Preliminare viene riportato un esempio del tensore ε(r,t) che associa gli elementi di vulnerabilità ai relativi indicatori vk). Gli obiettivi operativi di valorizzazione del contesto ambientale verranno correlati ad indicatori di vulnerabilità vk per la definizione di mappe di idoneità del territorio ad ospitare tali interventi. Gli obiettivi operativi di utilizzo del territorio funzionale all attività venatoria verranno destrutturati in indicatori di pressione uj correlati agli indicatori di vulnerabilità vk per individuare ambiti di collocazione idonei al contenimento dei potenziali impatti.

122 122 8 MODALITA DI REDAZIONE DEL RAPPORTO AMBIENTALE 8.1 Definizione dei contenuti del rapporto ambientale Ai sensi del D.Lgs. n. 152/06 e s.m.i., nel Rapporto Ambientale devono essere individuati, descritti e valutati gli impatti significativi che l'attuazione del Piano proposto potrebbe avere sull'ambiente e sul patrimonio culturale, nonché le ragionevoli alternative che possono adottarsi in considerazione degli obiettivi e dell'ambito territoriale del Piano stesso (Art. 13 comma 4). Le informazioni da fornire nel Rapporto Ambientale sono esplicitate nell Allegato VI alla Parte seconda del D.Lgs. 152/06 e s.m.i. Per ciascuna informazione da includere nel Rapporto Ambientale, secondo l Allegato VI, viene di seguito descritta l applicazione specifica alla VAS del Piano Faunistico Venatorio, sulla base del percorso metodologico descritto in precedenza. Tabella n. 58: Contenuti previsti per il Rapporto Ambientale del PFV in base all Allegato VI del D.Lgs. 152/06 e s.m.i. Applicazione specifica dello schema ALLEGATO VI AL D.LGS 152/06 e s.m.i. metodologico previsto per la VAS del PFV a. Illustrazione dei contenuti, degli obiettivi principali del piano o programma e del rapporto con altri pertinenti Piani o Programmi. e. Obiettivi di protezione ambientali stabiliti a livello internazionale, comunitario o degli Stati membri pertinenti al piano o al programma e il modo in cui, durante la sua preparazione, si è tenuto conto di detti obiettivi e di ogni considerazione ambientale. A partire dall idea forza del Piano vengono declinati gli obiettivi specifici e operativi, già valutati preliminarmente nel Capitolo 4 del presente Rapporto. Viene quindi valutata la coerenza degli stessi con: -gli obiettivi previsti dalla pianificazione vigente, - gli obietti per la aree tutelate (Parchi), - gli obiettivi di sostenibilità, di cui al Capitolo 5 del presente rapporto. b. Aspetti pertinenti dello stato attuale dell ambiente e sua evoluzione probabile senza l attuazione del piano o del programma. c. Caratteristiche ambientali, culturali e paesaggistiche delle aree che potrebbero essere significativamente interessate. d. Qualsiasi problema ambientale esistente pertinente al Piano o Programma, ivi compresi in particolare quelli relativi ad aree di particolare rilevanza ambientale, culturale e paesaggistica, Per l analisi dello stato attuale dell ambiente e l individuazione di eventuali criticità ambientali viene impiegato il software DCGIS. In particolare si procederà con: - la definizione di mappe di vulnerabilità (Kfolder) in funzione del quadro informativo di base disponibile sull area di influenza dell intervento; - la destrutturazione degli elementi di vulnerabilità in indicatori di vulnerabilità vk; - l analisi dei problemi ambientali esistenti pertinenti al

123 123 quali le zone designate come zone di protezione speciale per la conservazione degli uccelli selvatici e quelli classificati come siti di importanza comunitaria per la protezione degli habitat naturali e della flora e della fauna selvatica, nonché i territori con produzioni agricole di particolare qualità e tipicità, di cui all articolo 21 del D.Lgs n. 228/01. f. Possibili impatti significativi sull ambiente, compresi aspetti quali la biodiversità, la popolazione, la salute umana, la flora e la fauna, il suolo, l acqua, l aria, i fattori climatici, i beni materiali, il patrimonio culturale, anche architettonico e archeologico, il paesaggio e l interrelazione tra i suddetti fattori. Devono essere considerati tutti gli impatti significativi, compresi quelli secondari, cumulativi, sinergici, a breve, medio e lungo termine, permanenti e temporanei, positivi e negativi. Piano (già introdotti nel presente Rapporto); Per la determinazione dei potenziali effetti significativi sull ambiente risulta necessario: - Destrutturare gli obiettivi operativi del Piano in indicatori di pressione uj; - Recepire le indicazioni operative relative agli indicatori di maggiore importanza da considerare per la geolocazione degli istituti; - Definire le matrici di correlazione: Obiettivi operativi/ Indicatori vk; Indicatori uj/indicatori vk. - Predisporre le mappe di idoneità relative ad ogni tipologia di obiettivo operativo; - Confrontare diverse alternative di Piano e valutare: Le performance degli interventi che si configurano come obiettivi operativi di valorizzazione del contesto ambientale; Potenziali impatti degli obiettivi operativi di utilizzo del territorio funzionale all attività venatoria. g. Misure previste per impedire, ridurre e compensare nel modo più completo possibile gli eventuali impatti negativi significativi sull ambiente dell attuazione del piano o del programma. h. Sintesi delle ragioni della scelta delle alternative individuate e una descrizione di come è stata effettuata la valutazione, nonché le eventuali difficoltà incontrate (ad esempio carenze tecniche o difficoltà derivanti dalla novità dei problemi e Verranno condotte analisi mediante le mappe di idoneità per specifico obiettivo operativo; i risultati evidenzieranno la necessità di eventuali correzioni rispetto alla strategia adottata. Il capitolo 4 del presente Rapporto Preliminare descrive le modalità di analisi che verranno adotatte nella redazione del Rapporto Ambientale. Attraverso l impiego del software DCGIS è possibile effettuare la taratura del sistema con i parametri

124 124 delle tecniche per risolverli) nella raccolta delle informazioni richieste. i. Descrizione delle misure previste in merito al monitoraggio e controllo degli impatti ambientali significativi derivanti dall attuazione del Piano o Programma proposto definendo, in particolare, le modalità di raccolta dei dati e di elaborazione degli indicatori necessari alla valutazione degli impatti, la periodicità della produzione di un rapporto illustrante i risultati della valutazione degli impatti e le misure correttive da adottare. j. Sintesi non tecnica delle informazioni di cui alle lettere precedenti. corrispondenti ad eventuali alternative di Piano al fine di fornire risultati confrontabili e determinanti per la scelta dell alternativa. Nel Rapporto ambientale verrà definito un piano di monitoraggio 53 finalizzato a verificare nel tempo il raggiungimento dei target di qualità ambientale in relazione agli obiettivi prefissati. Nella sintesi non tecnica verranno riassunti i risultati ottenuti dalle attività di analisi svolte nelle fasi precedentemente descritte. 8.2 Esempio di analisi degli obietti operativi mediante la definizione di mappe di idoneità Le mappe di idoneità consentono di individuare quale sia la propensione del territorio ad accogliere i diversi interventi, minimizzando quindi i potenziali impatti sull ambiente e/o massimizzandone la performance. Nel presente paragrafo viene riportata, a titolo esemplificativo una proposta preliminare di mappa di idoneità del territorio ad ospitare l obiettivo operativo Zone di Ripopolamento e Cattura. La mappa è stata realizzata a partire dalla matrice di correlazione preliminare tra ZRC e gli indicatori di vulnerabilità vk e verrà definita in fase di redazione del Rapporto Ambientale in base (1) alle risultanze del percorso analitico/valutativo della proposta di Piano e (2) alle indicazioni dei diversi soggetti coinvolti nel percorso di VAS. I valori sono stati discretizzati nei seguenti livelli di idoneità: 2-4 = Idoneità molto elevata (livello massimo); 1-2 = Idoneità elevata; 0,5-1 = Idoneità media; 0 0,5 = Idoneità bassa. 53 Ai sensi dell art. 14 del D.Lgs n. 152/06 e s.m.i. le autorità preposte all approvazione dei P/P esercitano, con l aiuto delle Agenzie ambientali, il controllo sugli effetti ambientali significativi derivanti dall attuazione dei Piani stessi, al fine di individuare tempestivamente gli effetti negativi imprevisti e adottare quindi eventuali misure correttive.

125 125 Viene riportata a titolo esemplificativo un analisi preliminare su un area focus relativa al settore 2 (Zona a sud con la presenza di comuni quali Pegognaga e San Benedetto Po) con superficie pari a ha.

126 126 Tabella n. 59: Analisi su un area focus (Settore 2) con esempio di mappa di idoneità relativa alle ZRC MAPPA DI IDONEITA RELATIVA ALLE ZONE DI RIPOPOLAMENTO E CATTURA REPORT DI ANALISI 54 REPORT PERCENTUALE 55 % Superficie 0.0% 11.5% 32.2% L1: 0-0,5 L2: 0,5-1 L3: 1-2 L4: % L analisi ha evidenziato che nell area focus è presente una superficie pari a 4351 ha (32,2% dell area considerata) caratterizzata da idoneità elevata (L3); sono stati inoltre individuati 4,9 ha caratterizzati da idoneità molto elevata. Qualora si prevededa di ubicare una ZRC in tale ambito (area focus) sarà quindi possibile geolocare l Istituto nella aree maggiormente idonee al fine di massimizzare le performance operative. 54 Il report riporta il numero di celle conteggiate per ogni livello Lx di idoneità. Considerando che ogni cella ha estensione pari a 100 m 2, risulta possibile computare la superficie per ogni livello moltiplicando per 100 il numero delle celle conteggiate. 55 L area di riferimento del focus ha superficie pari a ha.

127 127 Realizzata la mappa di idoneità, risulta possibile valutare l efficacia della collocazione prevista per l obiettivo operativo di riferimento; tale analisi viene condotta attraverso lo strumento georeport ( ) del sistema DCGIS. Definita ad esempio una Zona di Ripopolamento e Cattura denominata ZRC 1 (Figura seguente), risulta possibile valutare se e quanto il posizionamento risulti strategico, attraverso un confronto mediante l impiego dello strumento (georeport) con la mappa di idoneità per le ZRC. Figura n. 15: Esempio di ZRC definita dal Piano denominata ZRC 1 Viene di seguito riportata l analisi relativa alla ZRC 1.

128 128 Tabella n. 60: Esempio di analisi relativo alla ZRC 1 ANALISI RELATIVA ALLA ZRC DENOMINATA ZRC 1 REPORT DI ANALISI REPORT PERCENTUALE % % Superficie 0.4% L1: 0-0,5 40.0% L2: 0,5-1 L3: 1-2 L4: % L analisi ha evidenziato che la ZRC 1 risulta ubicata per il 40% in area con livello di idoneità media L2 e per il 59,5% in area con livello idoneità elevata L3; la collocazione spaziale dell Istituto viene quindi valutata positivamente. Risulterebbe possibile aumentare le performance dell intevento espandendo i confini della ZRC 1 in direzione est in cui viene rilevata la presenza di aree con idoneità elevata (L3). 56 L area di riferimento è la superficie della ZRC 1 pari a 229,1 ha.

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