ISFOL, PRESENTATO A ROMA XIV RAPPORTO SULLA FORMAZIONE CONTINUA

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1 ISFOL, PRESENTATO A ROMA XIV RAPPORTO SULLA FORMAZIONE CONTINUA Offrire un panorama esaustivo sull attuale situazione italiana del sistema di finanziamento pubblico a sostegno della formazione per le imprese ed i lavoratori: è stato questo il tema centrale del XIV Rapporto sulla Formazione Continua realizzato dall Isfol. Lo studio è stato presentato il 26 giugno nel corso del convegno Lo sviluppo delle competenze per il lavoro - Presentazione delle indagini Isfol sulla Formazione Continua e sulla Formazione e Istruzione Tecnico Superiore. L incontro ha affrontato due principali tematiche: da un lato i processi di crescita economica, produttiva ed occupazionale che dovrebbero sostenere la formazione finanziata; dall altro i soggetti e le policy che devono agire per la risoluzione della crisi. Quello della formazione è un argomento da sempre al centro delle ricerche dell Isfol, come ha affermato in apertura del lavori il Presidente Pietro Antonio Varesi, ricordando i 40 anni di attività dell Istituto. Il Presidente Varesi ha dunque lasciato la parola ai ricercatori Pierluigi Richini, Davide Premutico, Roberto Angotti, Benedetta Torchia, che hanno illustrato nel dettaglio i dati del Rapporto. Nella sua indagine, il Dott. Pierluigi Richini ha presentato i risultati del Rapporto sulla Formazione Continua nei confronti europei ed internazionali. Le imprese che ce la fanno ha dichiarato Richini - sono quelle che investono in innovazione ed internazionalizzazione. Si tratta di un innovazione - ha proseguito Richini - non più solo incrementale e non riferibile all ambito dei processi produttivi, dell organizzazione e delle strategie di marketing, ma soprattutto della creazione di nuovi prodotti maggiormente rispondenti alle necessità di mercati non confinati all ambito domestico, ma globali. I motivi di questo arretramento rispetto ai competitors di altri Paesi Ue, secondo il ricercatore dell Isfol, è da ricercare nelle scelte deboli del nostro Paese, sia da parte del sistema delle imprese che delle politiche di sostegno. I problemi principali individuati dall indagine sono: la carenza di investimenti (inferiori alla media europea); l inadeguatezza dei modelli organizzativi delle imprese, che non sono in grado di sostenere la capacità di assorbimento delle innovazioni. Di conseguenza, si riscontrano difficoltà in termini di risorse umane, di formazione, di competenze per il lavoro e sul lavoro, di facilitazione di processi di apprendimento virtuosi nelle organizzazioni di lavoro. Analizzando a campione la popolazione fra i 18 ed 64 anni di età, risulta che solo il 6,25% di essi ha partecipato ad iniziative di IeFP nelle quattro settimane precedenti l intervista, a fronte del 15% stabilito in sede Ue. La Francia è passata dal 5,2% del 2012 al 17,7% del 2013 (anche per i nuovi parametri Eurostat usati ma soprattutto per l impegno di tale Paese nella Formazione Continua). Pesano, - ha evidenziato il Dott. Richini - nelle notevoli differenze con i Paesi del Nord Europa, non solo le maggiori opportunità fruibili da imprese e cittadini, ma la percezione della formazione come dovere civico e come diritto, nonché come fattore indispensabile per creare occupazione qualificata e competitività delle imprese. Ciò si rispecchia anche nell impegno in Formazione Continua più fra la popolazione di inattivi e disoccupati piuttosto che fra gli adulti occupati. In Italia, infatti, la formazione viene realizzata soprattutto nei confronti degli inattivi, fenomeno registrato anche in Grecia e in Germania. Ma mentre nella realtà tedesca questo è da attribuire alla politica mirata a innalzare il tasso di occupazione, nella nostra Nazione il motivo è più legato a comportamenti dei singoli. Altro dato importante che emerge dallo studio è il tasso relativamente meno alto di occupati fra coloro che hanno conseguito elevati livelli di scolarizzazione rispetto ad altri Paesi europei. Tale

2 dato ha affermato Richini - rappresenta l evidenza di una scarsa capacità di proporre nuove figure strategiche più centrate sulle tipicità del sistema produttivo, cui si associano frequentemente fenomeni di sottoinquadramento dei livelli elevati. Analizzando in particolare la popolazione con diploma di laurea in discipline scientifiche e ingegneristiche, il confronto europeo mostra risultati scoraggianti: gli occupati in Italia sono solo il 7%, al di sotto della media Ue di 2 punti. Nel Regno Unito tale quota è pari al 13%, in Germania 12,1%, in Francia e Spagna intorno al 10-8%. Anche la Turchia registra una dato superiore al nostro Paese (8,1%). Tra i rilevanti problemi che emergono dall indagine ricordiamo: gli orientamenti nelle politiche per la Formazione Continua; le sinergie da potenziare fra il sistema dell istruzione e quello della Formazione Continua i nuovi modelli di apprendimento da promuovere; le relazioni da individuare, sul piano delle policy, fra la facilitazione delle aggregazioni di imprese e gli strumenti di promozione della Formazione Continua; i nuovi soggetti che devono contribuire allo sviluppo della conoscenza nelle imprese e tra i lavoratori. Di Fondi Paritetici Interprofessionali e Integrazione delle fonti di finanziamento ha parlato il Dott. Davide Premutico, il quale ha ricordato che in Italia sono attualmente operativi 18 Fondi Interprofessionali sui 21 autorizzati. Dal punto di vista finanziario essi raccolgono più del 70% del contributo dello 0,30%; vi aderiscono nel complesso circa 793mila imprese e 8,9 milioni di dipendenti. A fianco ai Fondi vi è l impegno delle Regioni (con l FSE) a sostegno soprattutto dei singoli lavoratori. Ci si trova dunque davanti ad un sistema duale : Fondi da una parte e Regioni dall altra: i primi agiscono essenzialmente sulle imprese e i relativi lavoratori dei comparti produttivi privati, le seconde operano sui lavoratori in difficoltà (target in crisi, disoccupati) e su quelli non coperti da alcun contributo stabile per la formazione (soprattutto lavoratori autonomi e imprenditori). Ciò crea una certa incertezza e mancanza di sistematicità negli interventi. Nonostante questi problemi, i Fondi hanno permesso di sviluppare alcune iniziative di rilievo, tra cui: la ricerca di strumenti di finanziamento più rapidi come, ad esempio, i conti formativi (anche di sistema) o modalità a sportello che autorizzano l avvio delle attività in tempi rapidi; la concentrazione su tematiche dedicate all innovazione e in minore misura internazionalizzazione, specie per le PMI: il crescente finanziamento di metodologie didattiche, meno tradizionali e più di tipo esperienziale; l avvio di un processo di qualificazione e certificazione dell offerta formativa, concordata con le normative europee e nazionali in materia e avviata, in alcuni casi, in collaborazione con le Regioni; l impegno a stringere accordi, prevalentemente di natura bilaterale, con alcune Regioni al fine di integrare risorse e strategie di azione su specifici territori e settori. Sembra evidente adesso l esigenza di superare la logica della sperimentazione, per avviare un processo di sistema in materia di finanziamenti per la Formazione Continua. Fra i principali risultati che si evincono dall indagine (relative al 2013) possiamo citare: il processo di polarizzazione fra i Fondi Interprofessionali; l ampia adesione di aziende di piccole dimensioni e collocate prevalentemente al Nord Est; le strategie di finanziamento più diffuse (con avvisi o conti aziendali); le principali finalità contenute nei piani approvati (competitività di impresa/innovazione; formazione ex lege, ossia obbligatoria; mantenimento/aggiornamento delle competenze); le modalità di formazione nei piani approvati (aula nell 84% dei casi, autoapprendimento 5,9%, training on the job 4% etc.); la tipologia delle certificazioni nei piani approvati (nessuna

3 certificazione nel 59,1%, dispositivi di certificazione rilasciati dall organismo realizzatore o dal fondo 25,7% etc.); le dimensioni delle imprese che hanno concluso piani (piccole e medie imprese, con dipendenti da 1 a 9 nel 36,4% dei casi e con dipendenti da 10 a 49 nel 34,8% dei casi). Al di là di quale modello organizzativo e gestionale l integrazione tra risorse debba seguire, - ha affermato Premutico - è fondamentale che sia inserito all interno di una cornice chiara in termini di target da supportare e obiettivi da perseguire. Solo in questi termini si può favorire anche l allargamento ad altri soggetti che possono cofinanziare o collaborare in termini di expertise e consulenza: si pensi, ad esempio, alle associazioni e agli ordini professionali per i libero professionisti, ai centri di ricerca e alle Università. La Dott.ssa Gabriella Bettiol ed il Dott. Stefano Miotto di Confindustria Veneto SIAV hanno trattato il tema dell innovazione nella Formazione Continua, riportando un indagine effettuata su alcune imprese di Puglia, Piemonte e Veneto (tre Regioni con sistemi territoriali diversi fra loro). Lo scopo di tale studio è stato quello di scoprire come la relazionalità fra ricerca, impresa e mediazione della PA sia a supporto dell innovazione. La Puglia ha evidenziato la Dott.ssa Bettiol - ha mostrato di metter in atto una grande energia, puntando molto sulle start up (13 casi di nuove imprese su settori innovativi), con un grande sostegno da parte delle Università, della PA e delle imprese. Tuttavia queste ultime hanno intorno il deserto industriale, che certo non favorisce questo slancio imprenditoriale. Dal canto suo, il Piemonte si conferma una Regione al top nella trasformazione industriale, con una base tecnologica avanzata ed un Università che lavora a stretto contatto con la PA. Con la riconfigurazione dell assetto industriale ha affermato Bettiol si affacciano sul mercato nuove filiere. Un esempio di innovazione è quello della Maserati, che è passata da una innovazione esterna ad una capacità di assorbimento dell innovazione dall interno, con un introduzione di risorse umane superqualificate in grado di formare a loro volta il personale. La vicinanza al prodotto permette in tal modo di fare innovazione vera. Un altro esempio indicato è stato quello di una fabbrica di ingegneria del tessile, che lega il saper fare con le nuove tecnologie. Ciò conduce all istituzionalizzazione dell innovazione: non si vende più il prodotto ma la funzionalità del prodotto. Il Veneto, ultima Regione presa in esame, mostra la potenzialità delle medie imprese. In conclusione, ha dichiarato Gabriella Bettiol l Open Innovation va mantenuto, ma va anche introiettata la conoscenza (ad es. con gli ingegneri dentro le aziende). Si va verso l innovazione sociale, ossia un innovazione tecnologica e della conoscenza. Secondo il Dott. Miotto, il sistema di governance deve investire in innovazione ed internazionalizzazione, laddove si parla di un innovazione a 360%, non solo tecnologica. Per uscire dalla crisi, infatti, le aziende devono trasformarsi, innovarsi. In Italia ha dichiarato Miotto esistono contributi a progetti che fanno innovazione aziendale, con sistema a fondo perduto. Ma quanto costa la gestione del fondo perduto?. I progetti Ue, come Horizon, - ha proseguito Stefano Miotto - sono uno strumento straordinario, non tanto per il contributo in sé quanto per la costruzione di reti e l internazionalizzazione. Il suggerimento è quello di investire di più sul capitale umano, favorendo l inserimento di personale qualificato, in grado di garantire iniezioni di conoscenza nelle aziende. La formazione su cui puntare è quella non tradizionale (accompagnamento, esperti, qualificatori non docenti): occorre in altre parole fare cultura. Il Dott Miotto indica dunque tre punti fondamentali: 1) i fornitori di conoscenza (universitari etc.) che devono rapportarsi maggiormente con le imprese; 2) un osservatorio che analizzi la situazione; 3) il trasferimento della conoscenza con metodi diversi.

4 La Dott.ssa Benedetta Torchia ha esposto i risultati dell indagine sulla riqualificazione dei lavoratori attraverso i percorsi di IFTS. In un ottica di integrazione di risorse, obiettivi e competenze e dotazioni finanziarie - ha detto la Dott.ssa Torchia i legislatori in questi ultimi anni hanno rivisitato l intero sistema di istruzione e formazione professionale, con misure volte a sostenere forme di aggregazione territoriale e la diffusione di metodologie didattiche che valorizzassero la partecipazione attiva del soggetto in apprendimento e l integrazione tra sistemi (formazione impresa, istruzione, enti locali). Gli obiettivi possono così riassumersi: elevare le spendibilità delle competenze della forza lavoro re-intrepretando in chiave tecnologicamente avanzata anche la produzione propria della tradizione del made in Italy, mantenere la dimensione di occupabilità anche dei soggetti più adulti interessati dal ridimensionamento o trasformazione delle imprese sul territorio, sostenere il tessuto produttivo attraverso la diffusione di competenze che possano concorrere al mantenimento della competitività nazionale e internazionale. Istituita con la L.144/99, la Formazione Tecnica Superiore si è costantemente adeguata e riorganizzata, cercando di rispondere ai suddetti obiettivi. Le attività corsuali (tra le 800 e le 1000 ore, di cui il 30% in stage) presentano una modalità didattica prevalentemente laboratoriale e permettono l accesso a giovani e adulti e anche a tutti coloro che sono privi del diploma di scuola secondaria superiore, ovvero a tutte quelle persone che hanno assolto l obbligo di istruzione e formazione nel canale della formazione professionale triennale o che, privi del titolo di studio, siano interessati a dare un assetto a competenze acquisite in contesti lavorativi o di apprendimento formali e non formali. Ogni Regione ha risposto alle esigenze del proprio tessuto produttivo, articolando gli IFTS in accordo con i fabbisogni del territorio ed in modo che contribuissero a rinforzare la filiera lunga della formazione tecnica e professionale. Ma come sono composte le aule degli Istituti della Formazione e Istruzione Tecnica Superiore? Il numero di iscritti ai 249 percorsi conclusi fra il 2010 ed il 2013 sono unità. Ogni classe ha circa 24 allievi, di cui la maggior parte di sesso maschile (63,2% uomini contro 36,8% donne). In generale, le donne si iscrivono agli IFTS in età più adulta, dopo aver conseguito titoli di studio più elevati (di livello terziario). Il 34,5% dei corsisti è over30; prevalgono comunque i corsisti con un età tra i 20 e i 24 anni (43,1%) cui si aggiungono i giovani tra i 25 e i 29 anni (21,6%). Per quanto riguarda gli esiti dei corsi, lo studio mostra che nel corso del periodo la percentuale di occupati è del 57,3% ed il 45,6% dei corsisti ha modificato la propria condizione trovando lavoro (38,2%) o cambiando occupazione (7,4%). L 11,6% non ha lavoro ma non lo cerca, in quanto già impegnato in percorsi di studio, mentre il 15,8% si è indirizzato verso nuovi percorsi di istruzione e formazione. In conclusione il 73,1% è la quota di successo ed inserimento lordo. Nel 21,3% dei casi lo stage si è rivelato un opportunità di lavoro. Fra coloro che risultavano già occupati al momento dell iscrizione risulta che sono pari al 22,3% del totale dei corsisti. A fronte di un 20,9% di casi in cui il datore di lavoro non è stato informato circa la frequenza dell iniziativa formativa, in quasi il 29% dei casi l ex allievo ha raccolto un pieno consenso nei confronti del corso IFTS. Degli occupati già durante l attività formativa, l 85,6% resta occupato anche dopo il corso IFTS. Di questi, il 61,2% continua a lavorare nella stessa impresa, mentre il 38,8% ha cambiato lavoro o posto di lavoro. Ben il 50% di coloro che lavorava alle dipendenze ha cambiato lavoro, mentre tra i corsisti con lavoro autonomo, circa il 63% conferma l attività che svolgeva.

5 Circa la coerenza fra quanto studiato e l attività lavorativa, il 51,1% di ex corsisti descrive il lavoro svolto come conforme con la formazione IFTS. Esistono tuttavia delle divergenze fra già occupati e mai occupati: sembra infatti che l utilizzo del corso in termini di aggiornamento professionale sia per lo più capitalizzato da coloro che non hanno cambiato lavoro (soprattutto uomini) e per i quali il corso IFTS si manifesti proprio come attività di formazione continua. Di contro, la formazione sembra meno incisiva per i nuovi inserimenti occupazionali. Nello svolgere la propria attività lavorativa, il 39,5% afferma di non utilizzare affatto quanto appreso durante il corso. Mentre il 60,5% degli occupati impiega le competenze apprese anche se in misura e modi differenti. Prendendo in esame le tipologie di contratto, si evince che il 27,9% degli occupati ha un contratto di lavoro a tempo indeterminato (sul dato incidono coloro che erano occupati anche prima del corso). Rispetto al livello di inquadramento, circa il 60% degli ex corsisti occupati è inquadrato come impiegato; seguono gli operai specializzati e gli operai generici. Nel complesso, il 18,2% degli ex corsisti dichiara di aver lavoro autonomo, soprattutto per la difficoltà di trovare lavoro dipendente ma anche per la convinzione di esplicare al meglio la propria professione in modo indipendente. Nelle intenzioni del legislatore i percorsi IFTS sono stati istituiti per rispondere al divario fra domanda e offerta di competenze di tipo tecnico sia a favore delle imprese più grandi, sia a sostegno dello sviluppo del sistema produttivo rappresentato dalle piccole e medie imprese. Gli IFTS hanno poi assunto una funzione diversa, intendendo fornire un alta specializzazione richiesta dal mercato del lavoro. Tuttavia il bacino di utenza risulta molto più limitato rispetto alle aspettative iniziali. Negli ultimi 4 anni, infatti, sono stati realizzati su tutto il territorio nazionale circa 500 corsi IFTS e le Regioni che hanno provveduto all offerta di formazione superiore sono 9 (Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Puglia, Toscana, Abruzzo, ossia tre in meno dello scorso anno, cui si aggiungerà la Provincia di Trento). Le questioni che ad oggi restano aperte riguardano l esigenza di incrementare l offerta che garantisca la continuità nel processo di programmazione e realizzazione dei percorsi, quali parti integranti del sistema ordinamentale, in modo da ampliare orizzontalmente le competenze acquisite in percorsi dell istruzione quinquennale e/o ad ampliare verticalmente competenze acquisite in percorsi triennali e quadriennali. Il Dott. Roberto Angotti ha concluso la presentazione del Volume con l indagine campionaria sull Offerta di Formazione Professionale (OFP) in Italia, con particolare riferimento all offerta di Formazione Continua. Oltre all analisi degli assetti istituzionali e degli elementi di governance dei sistemi regionali, lo studio si è focalizzato soprattutto sul soggetto erogatore dell attività formativa. Obiettivo della ricerca è stato quello di verificare l adeguatezza dei sistemi regionali di fronte alle sfide economiche e occupazionali: nello specifico, si è posto l accento sulla capacità delle strutture formative di innovare e offrire livelli adeguati di qualità dei servizi formativi. I fattori critici evidenziati riguardano la crisi economico-finanziaria, la difficoltà nell individuazione dei fabbisogni formativi, l eccessiva attenzione all offerta. Due le fasi prese in esame: una qualitativa e una quantitativa. La prima è stata basata su 70 interviste tematiche a funzionari regionali, stakeholders, esperti, rappresentanti di organismi formativi, rappresentanti del partenariato economico e sociale e poi a 12 Focus Group regionali. La seconda ha considerato i dati di 1225 sedi operative di strutture formative attive.

6 Tra i principali dati emersi dall indagine si deduce che gli IFP si concentrano soprattutto nel Nord Ovest, mentre la Formazione Continua è diffusa in modo più equilibrato sul territorio. La natura giuridica appare piuttosto variegata, con un 35% di strutture facente parte di un organismo più ampio ed un 61,6% di centri di Formazione Continua e Permanente con accreditamento. La certificazione di qualità è in possesso del 65,3% dei soggetti. Per quanto concerne l anzianità di servizio, il 22% delle strutture può definirsi storico ed il 50% nato di recente, mentre per l anzianità di accreditamento metà si è accreditato prima del Sotto il profilo dimensionale, si registra un numero medio di aule pari a 5-6, con circa 150 postazioni/allievi, con una larga diffusione di laboratori e la presenza di altri spazi (aula magna, sala convegni, biblioteca/sala lettura, sale multimediali, centro di informazione e orientamento). Ampia la gamma di servizi non formativi (orientamento, individuazione di percorsi formativi, placement individuali, servizi alle imprese). Le attività formative sono in prevalenza a finanziamento pubblico. Quasi tutte le strutture fanno attività esclusivamente di FP ed hanno un fatturato limitato (sotto i 500mila euro) ed utilizzano soprattutto fondi pubblici. Il 19% attinge ai Fondi Interprofessionali e direttamente dalle imprese. Nel complesso, in un anno si rilevano 63mila corsi e un milioni di allievi frequentanti. Ben 40mila corsi, 9 milioni di ore di formazione e 670mila allievi ricevono finanziamenti dai fondi pubblici. Percentualmente, i corsi finanziati con fondi pubblici sono il 61,2%, quelli con fondi privati il 38,8%. Ogni struttura eroga in media 17 corsi ed ha 280 allievi. La durata media di un corso è pari a 220 ore e la frequenza media di un corso è di 16 allievi. Le più importanti criticità per area geografica son legate a: riduzione dei finanziamenti, ritardo dell erogazione, calo della domanda, accesso al credito. Le conseguenze derivate da tali problemi sono: la riduzione dell attività, i ritardi della retribuzione, i contratti flessibili, la riduzione del personale, la flessibilità dell orario. Le strategie anticrisi suggerite concernono innanzitutto l ampliamento e la diversificazione dell offerta, l allargamento della rete di relazioni con il territorio, la ricerca dei finanziamenti, l aggiornamento, l innovazione. Rispetto alle strutture di IFP, quelle che forniscono Formazione Continua hanno introdotto più innovazioni, specialmente di processo. Dopo la parte del convegno dedicata all illustrazione del Rapporto, ha preso la parola il Sottosegretario del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali Luigi Bobba, il quale ha sottolineato la crescita del sistema di Formazione Continua in Italia, nonostante la crisi di risorse, spesso dirottate verso altri settori prodotti dalla crisi stessa (ammortizzatori sociali in deroga). Il sistema manifatturiero ha dichiarato il Sottosegretario Bobba si sta riprendendo. In tale quadro, la Formazione Continua agisce su due versanti: quello delle imprese e quello delle risorse umane (due versanti che rispondono a dinamiche ed esigenze diverse). Secondo Bobba, il tema vero è il trasferimento della conoscenza. Le aziende che fanno innovazione di prodotto e di processo, infatti, fanno investimenti sulla formazione delle persone. L investimento nelle competenze ha proseguito il rappresentante del Ministero va orientato verso settori cardine: economia sociale, green economy, settori innovativi. Dal punto di vista delle persone, la nuova tutela del lavoratore non può essere più la tutela del posto, come diceva nel 1990 il noto politico Carlo Donat-Cattin. L attenzione va indirizzata anche verso la tutela della formazione continua (diritto alla formazione). Finora questo punto di vista della Formazione Continua (ossia quello del lavoratore) è stato trascurato rispetto al punto di vista delle aziende. Tre sono le direzioni proposte dal Sottosegretario:

7 1) realizzare un osservatorio permanente delle ricerche 2) creare un governo triangolare del sistema (tra Ministero, Regioni e Parti Sociali) 3) puntare sull innovazione sociale (innovazione tecnologica e innovazione sul capitale umano). Infine Luigi Bobba ha ricordato che la Formazione Continua costituisce anche oggetto della Legge delega attualmente in discussione al Senato e dei successivi provvedimenti attuativi. L evento si è concluso con una tavola rotonda, moderata da Varesi, cui hanno partecipato i rappresentanti delle Parti Sociali e delle Regioni. Tema della discussione i processi di riforma delle policy e dei modelli di governance per lo sviluppo delle competenze. A CURA DELLA REDAZIONE ENDO-FAP NAZIONALE

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