Paolo Piccinni. Sapienza - Università di Roma Appunti del corso di Topologia Algebrica, a. a raccolti da Alessandro Milanesi

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1 OMOLOGIA SINGOLARE E COOMOLOGIA DI DE RHAM Paolo Piccinni Sapienza - Università di Roma Appunti del corso di Topologia Algebrica, a. a raccolti da Alessandro Milanesi

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3 Indice Capitolo 1. OMOLOGIA SINGOLARE NOTAZIONI E PRIME DEFINIZIONI FUNTORIALITÀ DELL OMOLOGIA SINGOLARE INVARIANZA OMOTOPICA 12 Capitolo 2. LA SUCCESSIONE DI MAYER-VIETORIS ALGEBRA OMOLOGICA LA SUCCESSIONE DI MAYER-VIETORIS OMOLOGIA DELLE SUPERFICI COMPATTE ALCUNE CONSIDERAZIONI 34 Capitolo 3. COOMOLOGIA DI DE RHAM FORME DIFFERENZIALI SU APERTI DI R n APPLICAZIONI DIFFERENZIABILI E VARIETÀ DIFFERENZIABILI PARTIZIONI DELL UNITÀ E SUCCESSIONE DI MAYER-VIETORIS LEMMA DI POINCARÉ E INVARIANZA OMOTOPICA 49 Capitolo 4. INTEGRAZIONE E TEOREMI DI STOKES TEOREMA DI STOKES PER CATENE VARIETÀ CON BORDO ED INTEGRAZIONE DI FORME A SUPPORTO COMPATTO 58 Capitolo 5. DUALITÀ DI DE RHAM E DI POINCARÉ LA TECNICA DI MAYER-VIETORIS LIMITI DIRETTI E INVERSI DUALITÀ DI DE RHAM DUALITÀ DI POINCARÈ E COOMOLOGIA A SUPPORTO COMPATTO 71 Bibliografia 81 3

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5 CAPITOLO 1 OMOLOGIA SINGOLARE 1.1. NOTAZIONI E PRIME DEFINIZIONI Nello spazio topologico R q = R R... R (q volte), q > 0 consideriamo il q-cubo standard: I q = I I... I (q volte), essendo I = [0, 1]. Per q = 0 poniamo I 0 = {0}; per q = 1, 2, 3, I q è rispettivamente un segmento, un quadrato, un cubo. Sia X uno spazio topologico qualsiasi. DEFINIZIONE 1. Ogni applicazione continua T : I q X si dice un q-cubo singolare su X. Le j-esime facce di T (j = 1,..., q) sono i (q 1)-cubi singolari A j T, B j T : I q 1 X definiti, utilizzando le coordinate di R q 1 e di R q, dalle formule (A j T )(x 1,..., x q 1 ) = T (x 1,..., x j 1, 0, x j,..., x q 1 ), (B j T )(x 1,..., x n 1 ) = T (x 1,..., x j 1, 1, x j,..., x n 1 ). Le facce del tipo A j T si dicono facce inferiori, mentre le B j T si dicono facce superiori. L immagine tramite un q-cubo di ogni vertice di I q si dice vertice del q-cubo singolare. Se T è un omeomorfismo sull immagine, allora T ha esattamente 2q facce: q inferiori (A 1,..., A q ) e q superiori (B 1,..., B q ). Il numero dei vertici di T è allora evidentemente 2 q. PROPOSIZIONE 2. Per ogni q-cubo singolare T e se i < j valgono le seguenti identità di faccia A i A j T = A j 1 A i T, B i B j T = B j 1 B i T, A i B j T = B j 1 A i T, B i A j T = A j 1 B i T. DIMOSTRAZIONE. Segue direttamente dalla precedente definizione analitica delle facce inferiori e superiori. 5

6 6 1. OMOLOGIA SINGOLARE Denotiamo con Q q (X) il gruppo abeliano libero generato dalle combinazioni lineari formali, finite e a coefficienti interi di q-cubi singolari, ossia Q q (X) := n α T α : n α Z, T α è un q-cubo singolare. finita DEFINIZIONE 3. Diremo che T : I q X è un q-cubo singolare degenere, o semplicemente degenere, se l applicazione T non dipende da una delle coordinate di R q. Denotiamo con D q (X) il gruppo abeliano libero generato dalle combinazioni lineari formali, finite e a coefficienti interi di q-cubi singolari degeneri, ossia D q (X) := n α T α : n α Z, T α è un q-cubo singolare degenere. finita Dal momento che D q (X) Q q (X), è ben definito il gruppo quoziente C q (X) = Q q (X)/D q (X) che chiameremo gruppo delle q-catene singolari di X. DEFINIZIONE 4. Per ogni q-cubo singolare T : I q X, il bordo q T di T è l elemento di Q q 1 (X) definito come q q T = ( 1) j [A j T B j T ]. j=1 Associando ad ogni T Q q (X) il suo bordo q T Q q 1 (X) si definisce la seguente applicazione q : Q q (X) Q q 1 (X), estensione lineare del bordo: q finita n α T α = finita n α q (T α ). Siccome q (D q (X)) D q 1 (X), è ben definita l applicazione di bordo q : C q (X) C q 1 (X) sulle classi laterali di Q q (X) mod D q (X). DEFINIZIONE 5. Il sottogruppo Z q (X) := ker q C q (X) si dice gruppo degli q-cicli singolari, mentre il sottogruppo B q (X) = im q+1 C q (X) si dice gruppo degli q-bordi singolari. TEOREMA 6. 2 = 0, ossia q q+1 = 0. DIMOSTRAZIONE. Per linearità, è sufficiente dimostrare che q ( q+1 (T )) = 0 per ogni T cubo singolare. Abbiamo che q+1 q+1 q ( q+1 (T )) = q ( 1) j [A j T B j T ] = ( 1) j [ q (A j T ) q (B j T )] = j=1 j=1

7 1.1. NOTAZIONI E PRIME DEFINIZIONI 7 [ q+1 q ] q = j=1( 1) j ( 1) i [A i A j T B i A j T ] ( 1) i [A i B j T B i B j T ] = i=1 i=1 q+1 q = ( 1) j ( 1) i [A i A j T B i A j T + B i B j T A i B j T ] = j=1 = q+1 j=1 i=1 i=1 q ( 1) j+i [A i A j T B i A j T + B i B j T A i B j T ] = = i j( 1) i+j [A i A j T B i A j T + B i B j T A i B j T ] + + i<j( 1) i+j [A i A j T B i A j T + B i B j T A i B j T ]. Dalle identità di faccia discende che q ( q+1 (T )) = i j( 1) i+j [A i A j T B i A j T + B i B j T A i B j T ] + + i<j( 1) i+j [A j 1 A i T B j 1 A i T + B j 1 B i T A j 1 B i T ] e dunque, ponendo k = j 1, si ottiene q ( q+1 (T )) = i j( 1) i+j [A i A j T B i A j T + B i B j T A i B j T ] + + i k( 1) i+k+1 [A k A i T B k A i T + B k B i T A k B i T ]. Per ottenere la tesi basta allora ribattezzare gli indici della prima sommatoria ponendo j = i e k = i. Da quest ultimo Teorema discende immediatamente il seguente COROLLARIO 7. Per ogni q N abbiamo che B q (X) = im q+1 ker q = Z q (X). DEFINIZIONE 8. Il gruppo quoziente H q (X) := Z q (X)/B q (X) si dice q-esimo gruppo di omologia singolare di X. Abbiamo quindi associato ad ogni spazio topologico X un gruppo abeliano H q (X) per ogni q 0. L applicazione di bordo permette di costruire il complesso delle catene singolari di X, ossia la successione di omomorfismi C q (X) q C q 1 (X) q 1 C q 2 (X)... 2 C1 (X) 1 C 0 (X) 0 {0}, tale che l immagine di ogni omomorfismo è contenuta nel nucleo del successivo. Cerchiamo ora di capire come calcolare H q (X). Cominciamo con il caso più semplice. TEOREMA 9. Se X = {x 0 } è un punto, allora

8 8 1. OMOLOGIA SINGOLARE H q (X) = { {0}, q 1 Z, q = 0. DIMOSTRAZIONE. Se q 1 si ha Q q (X) = D q (X) e dunque C q (X) = {0}. Pertanto il complesso delle catene singolari è C q (X) = {0} q C q 1 (X) = {0}... 2 C1 (X) = {0} 1 C 0 (X) 0 {0}. Ma allora non può che essere H q (X) = Z q (X)/B q (X) = {0}. Se q = 0 abbiamo che I 0 = {0} e quindi l unico T : I 0 X genera il gruppo abeliano Q 0 (X) = {nt : n Z} = Z, inoltre D 0 (X) = {0}. Pertanto C 0 (X) = Z e B 0 (X) = im 1 = {0}, dunque H 0 (X) = Z. Per il calcolo dell q-esimo gruppo di omologia singolare è utile conoscere le componenti connesse per archi di X. Ricordiamo che uno spazio topologico X si dice connesso per archi se per ogni coppia di punti x, y X esiste un applicazione continua γ : I X tale che γ(0) = x e γ(1) = y, mentre una componente connessa per archi di uno spazio topologico X è un elemento massimale nella famiglia dei sottospazi connessi per archi di X ordinata per inclusione. Ne segue che ogni spazio topologico è unione delle sue componenti connesse per archi. Vale allora la seguente: PROPOSIZIONE 10. Supponiamo che X = τ Γ X τ, dove le X τ sono le componenti connesse per archi di X. Allora per ogni q 0. H q (X) = τ Γ H q (X τ ) DIMOSTRAZIONE. Se q 0 allora Q q (X) = τ Γ Q q (X τ ) dato che l immagine continua di uno spazio connesso per archi è ancora connessa per archi, quindi per lo stesso motivo deve essere D q (X) = τ Γ D q (X τ ). Pertanto C q (X) = τ Γ C q (X τ ). Si vede poi immediatamente che l applicazione q manda C q (X τ ) in C q 1 (X τ ) quindi Z q (X) = τ Γ Z q (X τ ) e B q (X) = τ Γ B q (X τ ) e allora H q (X) = τ Γ H q (X τ ). Da quest ultima Proposizione e dal Teorema precedentemente dimostrato discende il seguente COROLLARIO 11. Se S 0 := {x R : x = 1} = { 1, 1} è la 0-sfera, H q (S 0 ) = { {0}, q 1, Z Z, q = 0. Osserviamo che i generatori di H 0 (S 0 ) sono T 1 : I 0 {1} e T 1 : I 0 { 1}. In relazione ad ogni singola componente connessa per archi di uno spazio topologico, abbiamo la seguente:

9 1.2. FUNTORIALITÀ DELL OMOLOGIA SINGOLARE 9 PROPOSIZIONE 12. Se X è uno spazio topologico connesso per archi allora H 0 (X) = Z. DIMOSTRAZIONE. Per un qualsiasi spazio topologico X abbiamo che H 0 (X) = Z 0 (X)/B 0 (X) con Z 0 (X) = C 0 (X) (poiché 0 : C 0 (X) 0), quindi H 0 (X) = C 0 (X)/B 0 (X). Siccome ogni c 0 C 0 (X) è combinazione lineare a coefficienti interi di 0-catene singolari T : I 0 X possiamo considerare allora l applicazione φ : C 0 (X) Z definita ponendo φ n α T α = n α. finita finita Si tratta, come si vede facilmente, di un omomorfismo di gruppi. Se dimostriamo che ker φ = B 0 (X) = im 1 la dimostrazione è conclusa grazie al Primo Teorema di Isomorfismo per i gruppi. Cominciamo col provare che B 0 (X) ker φ. Se c 0 B 0 (X) allora 1 (c 1 ) = c 0, con c 1 = n α T α C 1 (X) e dunque ( ) c 0 = 1 nα T α = n α 1 (T α ) = n α ( A 1 T α + B 1 T α ). Si vede allora chiaramente che la somma dei coefficienti di c 0 è nulla. Proviamo che ker φ B 0 (X). Se c 0 ker φ allora c 0 = n α T α con n α = 0. Dobbiamo dimostrare che c 0 è bordo di qualche c 1 C 1 (X). Se T 0 : I 0 {x 0 } X, risulta c 0 = n α T α T 0 nα = n α (T α T 0 ). Ogni T α è un applicazione della forma I 0 {x α } X e dunque possiamo considerare l arco c α : I X tra x 0 e x α (che è un elemento di C 1 (X)) per ogni α. Ma allora T α T 0 = 1 (c α ), vale a dire c 0 = n α (T α T 0 ) = ( ) n α 1 (c α ) = 1 nα c α con n α c α C 1 (X). Conseguenza immediata della precedente Proposizione è allora il seguente: COROLLARIO 13. Per ogni spazio topologico X = τ Γ X τ, con X γ componente connessa per archi di X τ Γ, si ha H 0 (X) = τ Γ Z FUNTORIALITÀ DELL OMOLOGIA SINGOLARE CENNI SU CATEGORIE E FUNTORI. DEFINIZIONE 14. Una categoria C consiste di: 1) una classe Ob(C), i cui elementi si dicono oggetti della categoria; 2) per ogni coppia di oggetti X, Y, un insieme indicato con Hom C (X, Y ) (o con C(X, Y )) detto insieme dei morfismi da X a Y per il quale ogni elemento f si indicherà con f : X Y ;

10 10 1. OMOLOGIA SINGOLARE 3) per ogni X Ob(C), un morfismo speciale 1 X Hom C (X, X); 4) per ogni terna X, Y, Z Ob(C), una legge di composizione : Hom C (X, Y ) Hom C (Y, Z) Hom C (X, Z) tale che valgano i seguenti assiomi: a) la legge di composizione è associativa; b) il morfismo 1 X agisce come elemento neutro della legge di composizione per ogni oggetto X di Ob(C). Vediamo qualche esempio di categoria. ESEMPI. (1) La categoria che ha come oggetti gli insiemi e come morfismi le applicazioni tra insiemi. (2) La categoria che ha come oggetti gli spazi vettoriali e come morfismi le applicazioni lineari. (3) La categoria che ha come oggetti i gruppi e come morfismi gli omomorfismi di gruppi. (4) La categoria che ha come oggetti gli spazi topologici e come morfismi le applicazioni continue. Veniamo alla definizione di funtore (covariante e controvariante). DEFINIZIONE 15. Un funtore covariante F : A B dalla categoria A a valori nella categoria B è una legge che associa ad ogni oggetto X A un oggetto F (X) B e ad ogni morfismo f : X Y, tra oggetti di A, un morfismo F (f) : F (X) F (Y ), tra oggetti di B in modo tale che F (f g) = F (f) F (g) e F (1 X ) = 1 F (X). Un funtore F : A, B si dice controvariante se per ad ogni morfismo f : X Y associa un morfismo F (f) : F (Y ) F (X) e si ha F (f g) = F (g) F (f). Assegnata una categoria C possiamo considerare la categoria opposta C 0 definita come quella categoria che ha gli stessi oggetti di C, Ob(C 0 ) = Ob(C), mentre Hom 0 C (X, Y ) = Hom C(Y, X) per ogni coppia di oggetti X, Y in Ob(C 0 ). Si vede facilmente che un funtore controvariante F : A B è covariante quando lo si considera da A a B 0 oppure da A 0 a B. DEFINIZIONE 16. Un morfismo f : X Y tra oggetti di una categoria C si dice un isomorfismo se esiste un morfismo g : Y X tale che f g = 1 Y e g f = 1 X. Chiameremo tale morfismo inverso di f e lo denoteremo con f 1. PROPOSIZIONE 17. Sia f : X Y è un isomorfismo tra oggetti di una categoria C. L inverso di f è unico. Se poi F : C D è un funtore covariante, allora anche F (f) : F (X) F (Y ) è un isomorfismo tra gli oggetti della categoria D. DIMOSTRAZIONE. Segue dalle definizioni. Vogliamo ora costruire un funtore tra la categoria degli spazi topologici, denotata con Top, e quella dei gruppi, denotata con Gr, che associ ad ogni assegnata

11 1.2. FUNTORIALITÀ DELL OMOLOGIA SINGOLARE 11 una funzione continua f : X Y tra spazi topologici un omomorfismo di gruppi f : H q (X) H q (Y ), per ogni q 0. Procediamo per gradi. Se f : X Y è una qualsiasi funzione continua tra gli spazi topologici X, Y e T : I q Y un q-cubo singolare di X, la composizione f # (T ) := f T va da I q a Y ed è dunque un q-cubo singolare di Y. Estendendo per linearità si può definire f # : Q q (X) Q q (Y ) ponendo f # ( n α T α ) = n α f # (T α ). Dato che f # (D q (X)) D q (Y ) si può passare ai quozienti ed è quindi ben definita f # : C q (X) C q (Y ). Osserviamo che f # (A j T ) = A j f # (T ) e f # (B j T ) = B j f # (T ). Pertanto f # ( n T ) = n f # (T ) e quindi il seguente diagramma C q (X) C q 1 (X) f # Cq (Y ) f # Cq 1 (Y ), dove si passa da C q a C q 1 mediante q, è commutativo (ossia q f # = f # q ). Ne segue subito che f # porta cicli in cicli e bordi in bordi: f # (Z q (X)) Z q (Y ) e f # (B q (X)) B q (Y ). Si può dunque passare ai quozienti H q (X), H q (Y ) e definire tra essi un applicazione, che verrà denotata con f. La definizione formale è: f = f q : H q (X) H q (Y ), [u] f u = [f # u] dove u è un q-ciclo in Z q (X) e f # u è l immagine di u tramite f # (ossia un q-ciclo in Z q (Y )). La notazione con le parentesi quadre [ ] è, ovviamente, relativa alle classi di equivalenza nei gruppi quoziente. TEOREMA 18. (DI FUNTORIALITÀ). a) Se id X : X X è l identità, allora (id X ) = id Hq(X); b) Se X f Y g Z sono applicazioni continue, allora (g f) = g f. DIMOSTRAZIONE. La dimostrazione di a) è ovvia, mentre b) segue dalla proprietà associativa della composizione (g f) # (T ) = (g f)(t ) = g f T = g # (f T ) = g # f # (T ). COROLLARIO 19. Se X un isomorfismo di gruppi per ogni q 0. f Y è un omeomorfismo allora H q (X) f H q (Y ) è DIMOSTRAZIONE. Segue dal Teorema di Funtorialità. Abbiamo, in definitiva, definito un funtore H q : Top Gr, per ogni q 0, che associa ad ogni spazio topologico X il gruppo abeliano H q (X) e ad ogni funzione continua f : X Y l omomorfismo di gruppi H q (f) = f definito poco sopra. H q si dice funtore di omologia singolare.

12 12 1. OMOLOGIA SINGOLARE Cominciamo con la seguente: 1.3. INVARIANZA OMOTOPICA DEFINIZIONE 20. Due applicazioni f, g : X Y tra spazi topologici si dicono omotope se esiste un applicazione continua, detta omotopia, F : X I Y tale che F (x, 0) = f(x) e F (x, 1) = g(x) per ogni x X. In tal caso scriveremo f g In sostanza un omotopia tra due applicazioni continue, come nella definizione, definisce una famiglia continua di applicazioni continue {F t } t I := {F t : X Y : F t (x) = F (x, t), t I}. La relazione di omotopia è di equivalenza nell insieme delle applicazioni continue tra i due spazi X e Y. Infatti un applicazione continua f : X Y è omotopa a se stessa mediante l applicazione F (x, t) = f(x) (la relazione è riflessiva). Abbiamo poi che se f è omotopa a g mediante l applicazione F, come nella definizione, allora l applicazione G(x, t) = F (x, 1 t) è un omotopia tra g ed f (la relazione è simmetrica). Infine se f è omotopa a g mediante F e g è omotopa ad h mediante G allora l applicazione { F (x, 2t) per t [ ] 0, 1 2 H(x, t) = G(x, 2t 1) per t [ 1 2, 1] è un omotopia tra f ed h (la relazione è transitiva). TEOREMA 21. (DI INVARIANZA OMOTOPICA). Se f, g : X Y sono applicazioni omotope allora f = g. DIMOSTRAZIONE. Usiamo l omotopia F : X I Y tra f e g per definire omotopie di catene, cioè degli omomorfismi ϕ q : C q (X) C q+1 (Y ), per ogni q 0, che verificano la seguenta proprietà q+1 ϕ q ϕ q 1 q = ( 1) q+1 [f # g # ], dove f #, g # sono state definite in funzione di f, g nella sezione precedente. La situazione è visualizzabile nel diagramma C q+1 (X) C q (X) ϕ q f #,g # C q+1 (X) Cq (Y ) ϕ q 1 C q 1 (X) C q 1 (Y ). Supponiamo per un attimo di aver definito gli omomorfismi ϕ q con le proprietà asserite, e sia [u] H q (X) e u Z q (X) C q (X) un suo rappresentante. Allora q u = 0 e dunque q+1 ϕ q (u ) ϕ q 1 q (u ) = q+1 ϕ q (u ) = ( 1) q+1 [f # u g # u ]

13 1.3. INVARIANZA OMOTOPICA 13 Pertanto f # u g # u è un bordo, per ogni [u ] H q (X), ed abbiamo quindi la conclusione del teorema: f = g. E dunque sufficiente costruire le omotopie di catene ϕ q, e a tale scopo partiamo dai cubi T : I q X. Definiamo: (ϕ q T )(x 1,..., x q, x q+1 ) = F (T (x 1,..., x q ), x q+1 ) (le x i variano in [0, 1]) e osserviamo che tale applicazione può estendersi per linearità ad omomorfismo ϕ q : C q (X) C q+1 (Y ). Per 1 j q risulta, in modo naturale, A j (ϕ q T ) = ϕ q 1 (A j T ) e similmente B j (ϕ q T ) = ϕ q 1 (B j T ) mentre A q+1 (ϕ q T )(x 1,..., x q ) = F (T (x 1,..., x q ), 0) = f(t (x 1,..., x q )) = f # T (x 1,..., x q ) e B q+1 (ϕ q T )(x 1,..., x q ) = F (T (x 1,..., x q ), 1) = g(t (x 1,..., x q )) = g # T (x 1,..., x q ). Pertanto: q+1 q q+1 (ϕ q T ) = ( 1) j [A j (ϕ q T ) B j (ϕ q T )] = ( 1) j [A j (ϕ q T ) B j (ϕ q T )] + j=1 j=1 q +( 1) q+1 [f # T g # T ] = ( 1) j [ϕ q (A j T ) ϕ q (B j T )]+( 1) q+1 [f # T g # T ] = j=1 = ϕ q 1 ( q T ) + ( 1) q+1 [f # T g # T ], ed il Teorema è dunque dimostrato. DEFINIZIONE 22. Due spazi topologici X e Y si dicono omotopicamente equivalenti se esistono due applicazioni continue f : X Y e g : Y X tali che g f è omotopa all identità X X, cioè g f id X, e f g è omotopa all identità Y Y, cioè f g id X. In tal caso f e g si dicono equivalenze omotopiche e scriveremo X Y. Ovviamente due spazi topologici omeomorfi sono anche omotopicamente equivalenti. DEFINIZIONE 23. Uno spazio topologico X si dice contraibile se è omotopicamente equivalente ad un punto. COROLLARIO 24. Se X Y allora H q (X) = H q (Y ) per ogni q 0. DIMOSTRAZIONE. Se X Y, dal Teorema di Funtorialità e dal Teorema di Invarianza Omotopica segue che g f = (g f) = (id X ) = id Hq(X) f g = (f g) = (id Y ) = id Hq(Y ) e pertanto f e g sono isomorfismi di gruppi, uno inverso dell altro. ESEMPIO 25. R n è contraibile. Sia infatti x 0 R n, f( x ) = x 0 per ogni x R n e g : { x 0 } R n tale che g( x 0 ) = 0. Risulta allora (f g)( x 0 ) = x 0 =

14 14 1. OMOLOGIA SINGOLARE id { x0}, mentre g f : Rn R n è omotopa a id R n mediante F : R n I R n, F ( x, t) = t x con t [0, 1]. COROLLARIO 26. H q (R n ) = Z se q = 0, mentre H q (R n ) = {0} se q 0. ESEMPIO { 27. Sia S n 1 := { x R n : x = 1} la (n 1)-sfera. Allora X := 0 } R n 1 S n 1. Consideriamo infatti le seguenti applicazioni continue f : X S n 1, f( x ) = x x e g : Sn 1 X l inclusione di S n 1 R n. Risulta, banalmente, che f g = id S n 1 mentre g f id X mediante l omotopia F : X I X, F ( x, t) = t x + (1 t) x x. Quest ultimo esempio ci tornerà utile quando avremo calcolato l omologia singolare della sfera. Ricordiamo infine la seguente DEFINIZIONE 28. Sia Y un sottospazio topologico di uno spazio topologico X. Chiameremo retrazione di deformazione ogni applicazione continua r : X Y tale che, se i : Y X è l inclusione, allora r i = id Y e i r id X. Se una tale applicazione esiste diremo che Y è un retratto per deformazione di X. ESERCIZIO 29. Dimostrare che i gruppi topologici O(n), U(n) e SO(n) sono retratti per deformazione rispettivamente di GL n (R), GL n (C) e GL + n (R).

15 CAPITOLO 2 LA SUCCESSIONE DI MAYER-VIETORIS 2.1. ALGEBRA OMOLOGICA La costruzione del Capitolo precedente che ci ha portato a definire l omologia singolare suggerisce di formalizzarne gli aspetti puramenti algebrici. Essi si collocano nella cosiddetta Algebra Omologica, nella quale non è necessario prendere in considerazione spazi topologici, connessione per archi, ecc. Cominciamo con qualche definizione. DEFINIZIONE 30. Sia C := {(C q, q )} q Z una famiglia di coppie dove ogni C q è un gruppo abeliano e q un omomorfismo di gruppi tra C q e C q 1 ( q : C q C q 1 ), per ogni q Z. Chiameremo tale famiglia complesso di catene se q q+1 = 0 (o equivalentemente se im q+1 ker q ) per ogni q Z. Sia D un altro complesso di catene. Un morfismo di catene ϕ : C D tra complessi di catene è una famiglia ϕ := {ϕ q } q Z di omomorfismi di gruppi della forma ϕ q : C q D q tali che il seguente diagramma q+1 q C q+1 Cq Cq 1 D q+1 q+1 D q q D q 1 dove si passa da C q+1 a D q+1 tramite ϕ q, è commutativo. ϕ si dice isomorfismo se tutti i ϕ q sono isomorfismi di gruppi. Il gruppo quoziente H q (C ) = ker q /im q+1 si dice q-esimo gruppo di omologia del complesso di catene C. PROPOSIZIONE 31. (FUNTORIALITÀ). i) Ogni morfismo di catene ϕ : C D induce omomorfismi di gruppi ϕ : H q (C ) H q (D ). ϕ D ψ E, risulta (ψ ϕ ) = ψ ϕ. ii) Dati i morfismi di catene C iii) Se 1 : C C è il morfismo identico, risulta (1 ) = id Hq(C ). DIMOSTRAZIONE. i) Sia u ker q e poniamo ϕ ([u]) = [ϕ q (u)]. Risulta subito, che q (ϕ q (u)) = ϕ q 1 ( q (u)) = ϕ q 1 (0) = 0, dalla commutatività del diagramma, inoltre se u = u + q+1 (v) allora ϕ ([u + q+1 (v)]) = ϕ ([u]) + ϕ ([ q+1 (v)]) = ϕ ([u]) + [ϕ q ( q+1 (v))] = ϕ ([u]) + [ q+1 (ϕ q+1 (v))] = ϕ ([u]). Pertanto ogni ϕ è ben definita e va da H q (C ) in H q (D ). La ii) non è altro che l associatività della composizione di omomorfismi. La iii) è immediata. 15

16 16 2. LA SUCCESSIONE DI MAYER-VIETORIS Se denotiamo con Chain la categoria che ha come oggetti i complessi di catene e come morfismi i morfismi di catene, dalla Proposizione precedente segue che possiamo definire un funtore H q dalla categoria Chain alla categoria Gr. Tale funtore manda ogni complesso di catene C nel gruppo H q (C ) e che associa ad ogni morfismo ϕ : C D l omomorfismo ϕ : H q (C ) H q (D ). Inoltre, sempre dalle proprietà di Funtorialità, segue che se ϕ è un isomorfismo di catene allora ϕ è un isomorfismo di gruppi. ESEMPI. (1) OMOLOGIA SINGOLARE. Se X è uno spazio topologico qualsiasi, in relazione a quanto detto nel capitolo precedente, possiamo definire un complesso di catene C (X) ponendo { {(C q (X), q )} q 0 C (X) = {({0},0)} q < 0 dove C q (X) è il gruppo delle q-catene singolari, q è l omomorfismo di bordo, 0 : {0} {0} è l applicazione nulla e H q (C (X)) = H q (X) è il q-esimo gruppo di omologia singolare. (2) OMOLOGIA SINGOLARE DI UNO SPAZIO TOPOLOGICO X CON VERTICI IN UN PUNTO x 0 X. Si costruisce seguendo gli stessi passi con cui si arriva all omologia singolare, con la differenza che i q-cubi T : I q X considerati sono solo quelli che mandano i 2 q vertici di I q in x 0 (ad esempio se T : I X è un tale q-cubo allora T (1) = T (0) = x 0, ossia T è una curva chiusa). Tali applicazioni si chiameranno dicono q-cubi con vertici in x 0 e denoteremo l insieme che formano con Ξ. Pertanto, analogamente al caso dell omologia singolare, si pone Q q (X x 0 ) := n α T α : n α Z, T α Ξ, finita D q (X x 0 ) := n α T α : n α Z, T α Ξ degeneri, finita C q (X x 0 ) = Q q (X x 0 )/D q (X x 0 ), q : C q (X x 0 ) C q 1 (X x 0 ). Possiamo allora definire il complesso di catene relativo a questa omologia ponendo C (X x 0 ) = { {(C q (X x 0 ), q )} q 0 {({0},0)} q < 0 e questo si dirà complesso delle catene singolari di X con vertici nel suo punto x 0. La sua omologia, detta omologia singolare con vertici in x 0, si

17 2.1. ALGEBRA OMOLOGICA 17 denota con il simbolo: H q (X x 0 ) := H q (C (X x 0 )). (3) OMOLOGIA SINGOLARE PICCOLA DI UNO SPAZIO TOPOLOGICO X RISPETTO AD UN RICOPRIMENTO APERTO U DI X. Anche qui si procede come con l Omologia Singolare prendendo però i q-cubi piccoli di U = {U β }, ossia quei q-cubi T : I q X tali che T (I q ) U β, per qualche U β U. Si pone allora Q q (X; U) := n α T α : n α Z, T α è un q-cubo piccoli, finita D q (X; U) := n α T α : n α Z, T α è un q-cubo piccoli e degeneri, finita C q (X; U) = Q q (X; U)/D q (X; U), q : C q (X; U) C q 1 (X; U). Il complesso delle catene singolari piccole di ordine U si definisce allora come: C (X; U) = { {(C q (X; U), q )} q 0 {({0},0)} q < 0, e la sua omologia, detta omologia singolare piccola di ordine U, si denota con il simbolo: H q (X; U) := H q (C (X; U)). Vogliamo ora stabilire un confronto tra omologia singolare e omologia singolare con vertici in un punto di uno spazio topologico. E definito, per costruzione, un morfismo di inclusione τ : C (X x 0 ) C (X). Il seguente teorema, di cui omettiamo la dimostrazione (si veda p. es. [4]), consente di stabilire un confronto tra il gruppo fondamentale π 1 (X) di uno spazio connesso per archi e il suo primo gruppo di omologia singolare H 1 (X). TEOREMA 32. τ : H q (X x 0 ) H q (X) è un isomorfismo di gruppi. L accennata relazione con il gruppo fondamentale è data dal seguente: COROLLARIO 33. Sia X uno spazio topologico connesso per archi. L applicazione naturale che associa ad ogni cappio uscente da x 0 il cappio stesso pensato come 1-ciclo in X induce un omomorfismo suriettivo di gruppi Φ : π 1 (X, x 0 ) H 1 (X), il cui nucleo è il sottogruppo dei commutatori in π 1 (X, x 0 ). Risulta quindi: H 1 (X) = π 1 (X, x 0 ) [π 1 (X, x 0 ), π 1 (X, x 0 )].

18 18 2. LA SUCCESSIONE DI MAYER-VIETORIS DIMOSTRAZIONE. Osserviamo in primo luogo che Φ è ben definita: se f f 1 mediante l omotopia F, allora pensando f, f 1 come 1-cicli risulta f = f 1 + F. Inoltre Φ è evidentemente suriettiva e risulta un omomorfismo di gruppi. Infatti se [f], [g] π 1 (X, x 0 ) definiamo il 2-cubo T : I 2 X come { f(t + 2s) per t + 2s 1 T (t, s) = g( t+2s 1 t+1 ) per t + 2s 1 { f(2s) per 0 s 1 2 (e ricordiamo che f g = g(2s 1) per 1 2 s 1 ). Allora T = f + g ɛ x 0 f g, essendo ɛ x0 il cappio costante nel punto x 0. Dunque: Φ([f] [g]) = Φ[f g] = Φ[f] + Φ[g]. Osserviamo poi che, essendo H 1 (X) = imφ = π1(x) ker Φ abeliano, il sottogruppo [π 1 (X), π 1 (X)] dei commutatori è contenuto in ker Φ. Si ha dunque un omomorfismo indotto: Ψ : π 1(X) π 1 (X) := [π 1 (X), π 1 (X)] H 1(X), ed è ora sufficiente mostrare che Ψ è un isomorfismo. Per fare ciò consideriamo il diagramma C 1 (X x 0 ) = Z 1 (X x 0 ) k H 1 (X x 0 ) l π 1(X) (abelianizzato) τ Ψ H1 (X) dove, osservato che C 1 (X x 0 ) = Z 1 (X x 0 ), k è la proiezione con nucleo B 1 (X x 0 ); l è invece definito sui T : I X (T (0) = T (1) = x 0 ), associando la proiezione su π 1 di [T ] π 1 (X, x 0 ). Si noti che, poiché π 1 è abeliano, l si estende a Q 1 (X x 0 ) portando D 1 (X x 0 ) nell elemento neutro; dunque l : C 1 (X x 0 ) π 1(X, x 0 ) è suriettiva. Poiché il diagramma commuta risulta D altra parte della successione ker l ker k = B 1 (X x 0 ). C 2 (X x 0 ) 2 l C 1 (X x 0 ) π 1 (X, x o ) risulta, con semplice omotopia, l 2 = 0. Dunque è anche: B 1 (X x 0 ) ker l,, e quindi B 1 (X x 0 ) = ker l. Ne segue che Ψ è un isomorfismo. Analogamente, passando ora al confronto tra omologia singolare e omologia singolare piccola, vi è un morfismo di inclusione σ : C (X; U) C (X), e per esso dimostriamo il seguente TEOREMA 34. σ : H q (X; U) H q (X) è un isomorfismo di gruppi.

19 2.1. ALGEBRA OMOLOGICA 19 DIMOSTRAZIONE. Sia [v] H q (X, U). Ricordiamo che per definizione σ [v] = [σ(v)]. Si devono dunque mostrare i seguenti fatti: (a) σ : H q (X; U) H q (X) è suriettiva, cioè ogni classe di omologia si può rappresentare con cicli piccoli di ordine U. (b) σ : H q (X; U) H q (X) è iniettiva, cioè se σ [v] è lo zero di H q (X), ovvero v = u con u C q+1 (X), allora è anche v = z con z C q+1 (X; U). Articoliamo la dimostrazione in quattro passi. 1 o passo: Suddivisione baricentrica. Consideriamo l insieme E q = { e = (e 1,..., e q ); e i = 0, 1}, dei vertici del q-cubo standard I q ; esso è in corrispondenza biunivoca con l insieme dei cubetti che costituiscono la suddivisione baricentrica del cubo standard I q. Se T : I q X è un q-cubo singolare, allora per ogni e E q si ha la seguente restrizione ingrandita al q-cubetto rappresentato da e : F e T : I q X, (F e T )( x) = T ( 1 ( x + e)) 2 e la suddivisione baricentrica di T : Sd q T = e E q F e T. Essa si estende per linearità Sd q : Q q (X) Q q (X) e, essendo Sd q : (D q (X)) Q q (X), passa al quoziente: sd q : C q (X) C q (X). E commutativo il diagramma di omomorfismi: C q (X) C q 1 (X) sd q sd q 1 Cq (X) Cq 1 (X), come si deve ragionando sulle singole facce dei cubi. Vale il seguente: LEMMA 35. Per ogni catena u C q (X), esiste un intero r = r(u) tale che dove sd (r) q sd (r) q (u) C q (X; U), è l operatore di suddivisione ripetuto r volte. DIMOSTRAZIONE. Sia [u] = n α T α ; mostriamo che esistono numeri naturali r α con la proprietà asserita, e scegliamo r = min (r α ). Se U = {U β } β B, consideriamo il ricoprimento aperto {Tα 1 (U β )} β B di I q e sia δ α un suo numero di Lebesgue; allora, se r α è tale che q 2 rα < δ α

20 20 2. LA SUCCESSIONE DI MAYER-VIETORIS è certamente sd rα q T α C q (X; U) [ q è la massima distanza tra due punti del q-cubo standard ]. 2 o passo: Costruzione di un omotopia di catene tra la suddivisione baricentrica e l identità. Vogliamo definire omomorfismi tali che risulti: ϕ q : C q (X) C q+1 (X) sd q (u) u = q+1 ϕ q + ϕ q 1 q. Procediamo così. Le seguenti funzioni η 0, η 1 : I 2 X η 0 (x 1, x 2 ) = x x x, η 1 (x 1, x 2 ) = 2 se x 1 + x x 2 1 se x 1 + x 2 1 hanno la proprietà che im η 0 = [0, 1 2 ], im η 1 = [ 1 2, 1]. Per ogni e E q e per ogni q-cubo singolare T : I q X, q > 0, definiamo: G e T : I q+1 X e quindi: G e T (x 1,..., x q+1 ) = T (η e1 (x 1, x q+1 ),..., η eq (x q, x q+1 )), Φ q : Q q (X) Q q+1 (X), q > 0 Φ q (T ) = ( 1) q+1 e E q G e T, completando con l assumere Φ q : Q 0 (X) Q 1 (X) l applicazione nulla. Osservato che Φ q porta cubi degeneri in cubi degeneri, si hanno morfismi indotti: ϕ q : C q (X) C q+1 (X), q 0. Guardando alle singole facce, si riconosce che per ogni T : I q X risulta: q+1 Φ q (T ) = Sd q T T Φ q 1 q (T ) + cubi degeneri. Ne segue che sulle catene: q+1 ϕ q + ϕ q 1 q = sd q T id. 3 o passo: Omotopia di catene tra l iterazione della suddivisione baricentrica e l identità. Si pone (omettendo gli indici sotto sd e ): ψ q = ϕ q + sd ϕ q + sd (2) ϕ q sd (r 1) ϕ q. Allora, ricordando che sd = sd : ψ q + ψ q 1 = ϕ q + sd ϕ q + sd (2) ϕ q sd (r 1) ϕ q + +ϕ q 1 + sd ϕ q 1 + sd (2) ϕ q sd (r 1) ϕ q 1 = = sd q id + sd (2) sd + sd (3) sd (2) sd (r) sd (r 1) = sd (r) id.

21 2.1. ALGEBRA OMOLOGICA 21 4 o passo: Conclusione. Dunque: dove sd (r) q Mostriamo dunque: q+1 ψ q + ψ q 1 q = sd (r) q id, : C q (X) C q (X; U). Osserviamo anche che: u C q (X; U) = ϕ q (u) C q (X; U) = ψ q (u) C q (X; U). (a) σ : H q (X; U) H q (X) è suriettiva. DIMOSTRAZIONE. Sia [u] H q (X); allora sd (r) q u C q (X; U) e (sd (r) q u) = 0. Poiché: sd (r) q u u = q+1 ψ q u + ψ q 1 q u (il secondo addendo a destra essendo nullo), risulta che [u] = [sd (r) q u] H q (X). Dunque: σ [sd (r) q u] = [u], e [sd (r) q u] H q (X; U). (b) σ : H q (X; U) H q (X) è iniettiva. DIMOSTRAZIONE. Sia [v] H q (X; U) con σ [v] = 0, cioè v = u con u C q+1 (X). Sia r tale che sd (r) q u C q+1 (X; U). Poiché: applicando risulta: Pertanto: sd (r) q+1 u u = q+2ψ q+1 u + ψ q q+1 u = q+2 ψ q+1 u + ψ q v, (sd (r) q+1 u) v = (ψ qv). v = (sd (r) q+1 u ψ qv), la (q + 1)-catena z = sd (r) q+1 u ψ qv essendo piccola di ordine U. Dunque [v] = 0 nell omologia piccola, e la dimostrazione è completa. DEFINIZIONE 36. Una successione di omomorfismi tra gruppi abeliani... fq+2 f q+1 f q f q 1 f q 1 G q+1 Gq Gq 1 Gq 1..., con q Z, si dirà esatta in G q se imf q+1 = ker f q, mentre si dirà esatta se imf q+1 = ker f q per ogni q Z. Solitamente di ha G q = {0} tranne al più per un numero finito di q Z. ESEMPI. (1) La successione {0} G f H... è esatta in G se e solo se f è un omomorfismo iniettivo.

22 22 2. LA SUCCESSIONE DI MAYER-VIETORIS (2) La successione... G f H {0} è esatta in H se e solo se f è un omomorfismo suriettivo. (3) La successione {0} G f H {0} è esatta se e solo se f è un isomorfismo. (4) Ne segue che se la successione {0} G f H g K {0} è esatta allora, f è iniettivo, g è suriettivo e risulta K = H/ ker g = H/imf = H/G. Se assumiamo che f sia iniettiva, g suriettiva e imf = ker g allora vale anche il viceversa. Una successione esatta come quella appena vista si dice successione esatta corta. Un esempio semplicissimo di successione esatta corta è la seguente {0} Z f Z π Z 2 {0}, dove f(n) = 2n e π è la proiezione alle classi resto modulo 2. Noi saremo in particolare interessati a successioni esatte corte di complessi di catene: 0 C ϕ D ψ E 0, con ϕ e ψ morfismi (d ora in avanti indicheremo semplicemente con 0 sia il gruppo nullo che il complesso di catene nullo). Si tratta dunque di diagrammi commutativi, che possono anche essere infiniti nella dimensione verticale, del tipo: ϕ q+1 ψ q+1 0 C q+1 Dq+1 Eq+1 0 ϕ q ψ q 0 C q Dq Eq 0 ϕ q 1 ψ q 1 0 C q 1 Dq 1 Eq 1 0 dove ogni successione è esatta corta in orizzontale. Il prossimo Teorema, detto Teorema Fondamentale dell Algebra Omologica, chiarirà con le sue applicazioni l importanza delle successioni esatte corte di complessi di catene. TEOREMA 37. (FONDAMENTALE DELL ALGEBRA OMOLOGICA). Consideriamo la seguente successione esatta corta di complessi di catene 0 C ϕ D ψ E 0.

23 2.1. ALGEBRA OMOLOGICA 23 E possibile definire, per ogni q Z, omomorfismi : H q (E ) H q 1 (C ), detti omomorfismi di connessione, in modo tale che la successione lunga formata dai gruppi di omologia dei tre complessi... H q+1 (E ) H q (C ) ϕ H q (D ) ψ H q (E ) H q 1 (C ) ϕ sia esatta. ϕ Hq 1 (D ) ψ H q 1 (E ) H q 2 (C )... DIMOSTRAZIONE. Dalle ipotesi abbiamo il seguente diagramma commutativo di omomorfismi di gruppi 0 C q+1 ϕ D q+1 ψ Eq C q ϕ D q ψ Eq 0 0 C q 1 ϕ D q 1 ψ Eq 1 0 le cui righe costituiscono successioni esatte, ossia le ϕ sono iniettive, le ψ sono suriettive e risulta imϕ = ker ψ (cioè ψ ϕ = 0) mentre le colonne sono legate dall applicazione di bordo tali che im q+1 ker q. Strutturiamo la dimostrazione in diversi passi. 1) DEFINIZIONE DI. Sia z q E q un ciclo ( z q = 0). Esiste (e non è detto che sia unico) un d q D q tale che ψ (d q ) = z q (per la suriettività di ψ). Sia dunque x q 1 C q 1 tale che ϕ (x q ) = d q. Un siffatto x q 1 deve esistere per forza, dato che ψ ( d q ) = ψ (d q ) = z q = 0 e quindi d q ker ψ = imϕ. Osserviamo che x q 1 è un ciclo. Infatti ϕ ( x q 1 ) = ϕ (x q 1 ) = 2 d q = 0 e ϕ è iniettiva. Ha quindi senso porre [z q ] = [x q 1 ]. Dobbiamo allora verificare che tale definizione è ben posta e che effettivamente va da H q (E ) in H q 1 (C ). Se d q è un altra scelta tale che ψ ( d q) = zq, risulterà ψ ( d q d q) = zq z q = 0, vale a dire d q d q ker ψ = imϕ e dunque esiste un c q C q tale che ϕ (c q ) = d q d q. D altra parte, per quanto detto in precedenza, esistono x q 1, x q 1 C q 1 tali che ϕ (x q 1 ) = d q, ϕ ( x q 1) = d q e quindi, dalla commutatività del diagramma, se ϕ (c q ) = d q d q si ha anche ϕ ( c q ) = d q d q. Essendo ϕ iniettiva, deve essere c q = x q 1 x q 1 e dunque la costruzione non dipende dal rappresentante x q 1 scelto in [x q 1 ]. Infine se z q = z q+1 (z q è un bordo) sappiamo che esiste un d q+1 D q+1 tale che ψ (d q+1 ) = z q+1 e quindi ψ ( d q+1 ) = ψ (d q+1 ) = z q+1 = z q. Ponendo d q = d q+1 si ottiene che d q = 0 e quindi non può che essere x q 1 = 0 (essendo ϕ iniettiva).,

24 24 2. LA SUCCESSIONE DI MAYER-VIETORIS 2) ESATTEZZA DELLA SUCCESSIONE ESATTA LUNGA DI OMOLOGIA. Dobbiamo dimostrare le seguenti inclusioni : i) imϕ ker ψ ; ii) imϕ ker ψ ; iii) imψ ker ; iv) imψ ker ; v) im ker ϕ : vi) im ker ϕ. Cominciamo da quelle più semplici. i) Siccome ψ ϕ = 0, dalla funtorialità segue immdiatamente che ψ ϕ = 0, vale a dire imϕ ker ψ. iii) Se [z q ] imψ abbiamo che ψ [d q ] = [z q ], ossia ψ (d q ) = z q con d q = 0. Ma allora deve essere, per quanto già detto, x q 1 = 0. Pertanto imψ ker. v) Sia [x q 1 ] = [z q ] im H q 1 (C ). Per costruzione, abbiamo che ϕ (x q 1 ) = d q con ψ (d q ) = z q. Ma allora ϕ [x q 1 ] = 0 H q 1 (D ) ovvero [x q 1 ] ker ϕ e dunque im ker ϕ. Appena un po più elaborate sono le rimanenti verifiche. ii) Sia [y q ] H q (D ) tale che ψ [y q ] = 0 H q (E q ). Allora 0 = ψ [y q ] = [ψ (y q )] implica che ψ (y q ) = z q+1, per qualche z q+1 E q+1, ed inoltre ψ (d q+1 ) = z q+1, per qualche d q+1 D q+1. Poniamo allora y q := d q+1. Risulta ψ ( y q y q) = ψ (yq ) ψ ( y q) = zq+1 ψ (d q+1 ) = z q+1 z q+1 = 0 e quindi y q y q ker ψ = imϕ. Ne segue che esiste x C q tale che ϕ (x) = y q y q, inoltre si tratta di un ciclo essendo l immagine tramite ϕ, iniettiva, del ciclo y q y q. Pertanto ϕ [x] = [ϕ (x)] = [ y q y q] = [yq d q+1 ] = [y q ] vale a dire imϕ ker ψ. iv) Sia [z q ] ker, vale a dire [x q 1 ] = [z q 1 ] = 0 da cui x q 1 = c q, con c q C q. Sia poi d q D q tale che ψ (d q ) = z q. Calcolando il bordo di d q ϕ (c q ) si ottiene (d q ϕ (c q )) = d q ϕ (c q ) = d q ϕ ( c q ) = d q ϕ (x q 1 ) = 0, dato che ϕ (x q 1 ) = d q. Pertanto d q ϕ (c q ) è un ciclo, cioè [d q ϕ (c q )] H q (D ), e dunque ψ [d q ϕ (c q )] = [ψ (d q ) ψ (ϕ (c q ))] = [ψ (d q )] = [z q ] ovvero [z q ] imψ (si ricordi che ψ ϕ = 0). Ne segue che imψ ker. vi) Se [x q ] ker ϕ allora ϕ [x q ] = [ϕ (x q )] = 0 ossia ϕ (x q ) = d q+1, per qualche d q+1 D q. Ne segue che ψ (d q+1 ) = z q+1 è un ciclo (il diagramma è commutativo). Ma per definizione di dovrà aversi [x q ] = [z q+1 ] ossia [x q ] im. Abbiamo allora provato che im ker ϕ LA SUCCESSIONE DI MAYER-VIETORIS Sia X uno spazio topologico tale che X = U V, con U, V aperti di X. Abbiamo dunque il ricoprimento aperto U := {U, V } e su X l omologia singolare piccola di ordine U.

25 2.2. LA SUCCESSIONE DI MAYER-VIETORIS 25 TEOREMA 38. Le inclusioni i C (U) k C (U V ) C (X; U) j C (V ) dei complessi di catene singolari indicati inducono una successione esatta corta di complessi di catene 0 C (U V ) ϕ C (U) C (V ) ψ C (X; U) 0, dove ϕ = (i, j ) e ψ = k l. l DIMOSTRAZIONE. Bisogna dimostrare che ϕ è iniettiva, ψ è suriettiva è imϕ = ker ψ. L iniettività è ovvia per definizione. Sia allora q Z e consideriamo la successione 0 C q (U V ) ϕq C q (U) C q (V ) ψq C q (X; U) 0, dove ϕ q = (i q, j q ) e ψ q = k q l q. Per verificare la suriettività di ψ q osserviamo che ogni c C q (X; U) può essere scritto, per definizione, come c = c U + c V dove c U C(U) e c V C(V ) (in modo non unico). Pertanto c = k q (c U ) l q ( c V ). Dimostriamo ora che imϕ q ker ψ q. Se ψ q (c U, c V ) = k q (c U ) l q (c V ) = 0 allora k q (c U ) = l q (c V ) ossia c U c V come elementi di C q (U V ); quindi ϕ q (c U ) = (c U, c U ) = (c U, c V ). Passiamo all inclusione inversa: imϕ q ker ψ q. Sia x imϕ q, ossia x = (i q (y), j q (y)) con y C q (U V ). Dunque ψ q (x) = (k q i q )(y) (l q j q )(y) = 0. Il prossimo risultato è di fondamentale importanza sia per il calcolo dell omologia singolare, sia per dimostrarne notevoli proprietà. La useremo quindi più volte nel seguito. TEOREMA 39. (MAYER-VIETORIS). Sia X uno spazio topologico tale che X = U V, U = {U, V } ricoprimento aperto di X. Si ha allora la seguente successione esatta... H q+1 (U V ) ϕ H q+1 (U) H q+1 (V ) χ H q+1 (X) Hq (U V ) ϕ H q (U) H q (V ) χ H q (X) Hq 1 (U V ) ϕ H q 1 (U) H q 1 (V ) χ H q 1 (X)..., detta Successione di Mayer-Vietoris. DIMOSTRAZIONE. Dal Teorema precedente segue che la successione corta 0 C (U V ) ϕ C (U) C (V ) ψ C (X; U) 0

26 26 2. LA SUCCESSIONE DI MAYER-VIETORIS TABELLA 1. Omologia delle Sfere H 0 H 1 H 2 H 3... H n... S 0 Z Z S 1 Z Z S 2 Z {0} Z S 3 Z 0 0 Z S n Z Z è esatta e dunque, dal Teorema Fondamentale dell Algebra Omologica abbiamo una successione esatta... H q+1 (U V ) ϕ H q+1 (U) H q+1 (V ) ψ H q+1 (X; U) Hq (U V ) ϕ H q (U) H q (V ) ψ H q (X) Hq 1 (U V ) ϕ H q 1 (U) H q 1 (V ) ψ H q 1 (X)... Ricordando che esiste un isomorfismo σ : H q (X; U) H q (X), ponendo χ = σ ψ e = σ 1 si ottiene la successione voluta. Vediamo ora qualche importante applicazione del Teorema di Mayer-Vietoris nel calcolo dell omologia singolare di alcuni spazi. COROLLARIO 40. (OMOLOGIA DELLE SFERE). l omologia della n-sfera La seguente tabella descrive S n := { x R n+1 : x = 1 } : Dunque: e, per ogni q 1, H 0 (S n ) = { H q (S n ) = { Z Z, n = 0 Z, n 1 Z, q = n 0, q n. DIMOSTRAZIONE. Ci riferiremo alla TABELLA 1. La prima riga e la prima colonna sono già state dimostrate. Infatti S 0 = { 1, 1} mentre S n è connessa per per archi, ogni n 1. Consideriamo gli aperti { U = x S n : x n+1 > 1 } (emisfero boreale abbondante) 2 { V = x S n : x n+1 < 1 } (emisfero australe abbondante). 2

27 2.2. LA SUCCESSIONE DI MAYER-VIETORIS 27 Si vede facilmente che U, V sono connessi per archi mentre { U V = x S n : 1 2 < x n+1 < 1 } 2 ha come retratto di deformazione la sfera S n 1 (si analizzi, a titolo di esempio, il caso di S 1 ). Pertanto per q 2, il Teorema di Mayer-Vietoris fornisce H q (U) H q (V ) χ H q (S n ) H q 1 (U V ) ϕ H q 1 (U) H q 1 (V ), dove H q (U) H q (V ) = 0 = H q 1 (U) H q 1 (V ) e H q 1 (U V ) = H q 1 (S n 1 ). Per quanto detto abbiamo che è un isomorfismo e ciò suggerisce di procedere per induzione su q. Quello che manca è allora la premessa induttiva che si ottiene per q = 1. Distinguiamo due casi per n, cioè n = 1 e n > 1. Per n = 1 abbiamo: H 1 (U) H 1 (V ) χ H 1 (S 1 ) H 0 (U V ) ϕ H 0 (U) H 0 (V ) χ H 0 (S 1 ), ossia 0 H 1 (S 1 ) Z Z ϕ Z Z χ Z 0. Siccome la successione è esatta, segue che è iniettiva, im = ker ϕ e imϕ = ker χ, inoltre χ non è nulla, dato che imχ deve coincidere con il nucleo dell applicazione nulla. Quindi imϕ = Z e dunque im = Z. Supponiamo ora n > 1. Abbiamo allora: ossia H 1 (U) H 1 (V ) χ H 1 (S n ) H 0 (U V ) ϕ H 0 (U) H 0 (V ) χ H 0 (S n ) 0 H 1 (S n ) Z ϕ Z Z χ Z 0. Come prima abbiamo che è iniettiva quindi H 1 (S n ) = im = ker ϕ e χ è non nulla. Allora imϕ = ker χ = Z e dunque anche ϕ è iniettiva. Ne segue che H 1 (S n ) = 0. La tesi è ora immediata. Dall omologia delle Sfere si ottiene subito il seguente Teorema di invarianza topologica della dimensione. TEOREMA 41. (DELLA DIMENSIONE). R n non è omeomorfo a R m se n m. DIMOSTRAZIONE. Supponiamo { esista un omeomorfismo f tra R n ed R m con 0 } { n m. Allora X = R n è omeomorfo a Y = R m f( } 0 ). Ma X è omotopicamente equivalente ad S n mentre Y è omotopicamente equivalente ad S m 1. Dalla TABELLA 1 discende immediatamente che ciò porta ad un assurdo. Una conseguenza del Teorema precedente è che due varietà topologiche di dimensioni diverse non sono omeomorfe. Ricordiamo tuttavia che R m ed R n hanno la stessa cardinalità. Continuiamo con il calcolo dell omologia di altri spazi. Ricordiamo che un bouquet di r circonferenze (r N) è uno spazio topologico unione di r spazi omeomorfi a S 1 e che si intersecano tutti in un unico punto (FIGURA 2.2.1). Sia allora X r un

28 28 2. LA SUCCESSIONE DI MAYER-VIETORIS FIGURA Bouquet di 5 Circonferenze FIGURA Nell ordine gli aperti U, V, U V del Bouquet di 5 Circonferenze bouquet di r circonferenze. Possiamo chiamare petali i sottospazi di X r omeomorfi ad S 1 (così X r ha r petali). Lo spazio X r può essere decomposto nell unione di due aperti U e V, dove U è ottenuto da X r rimuovendo un arco da un certo petalo r 1 (compresi gli estremi) mentre V è ottenuto da X r rimuovendo un arco da ogni altro petalo diverso da r 1 (FIGURA 2.2.2). Si vede facilmente che U V è contraibile, mentre U e V hanno come retratti per deformazione un bouquet di r 1 circonferenze X r 1 ed S 1 rispettivamente. Ciò suggerisce, per il calcolo dell omologia di X r, di procedere per induzione su r. COROLLARIO 42. Sia X r un bouquet di r circonferenze. Allora Z q = 0 H q (X r ) = Z r = Z... Z q = 1. 0 q 0, 1 DIMOSTRAZIONE. Come già osservato, conviene procedere per induzione su r. Per r = 1 abbiamo che X 1 = S 1 e quindi l asserto è vero. Supponiamo allora Z q = 0 H q (X r 1 ) = Z r 1 = Z... Z q = 1. 0 q 0, 1 Dal Teorema di Mayer-Vietoris discende che la seguente successione... H q+1 (U V ) ϕ H q+1 (U) H q+1 (V ) χ H q+1 (X)

29 2.3. OMOLOGIA DELLE SUPERFICI COMPATTE 29 Hq (U V ) ϕ H q (U) H q (V ) χ H q (X) Hq 1 (U V ) ϕ H q 1 (U) H q 1 (V ) χ H q 1 (X)... è esatta, e noi sappiamo che H q (U V ) = H q (pt) e H q (U) H q (V ) = H q (X r 1 ) H q (S 1 ). Ora se q 2 abbiamo che H q 1 (U V ) = 0 e H q (U) H q (V ) = 0 e quindi: 0 H q (X r ) 0, ossia H q (X r ) = 0. Vediamo il caso in cui q = 1. Risulta: 0 H 1 (pt) ϕ H 1 (X r 1 ) H 1 (S 1 ) χ H 1 (X r ) H0 (X r 1 ) ϕ H 0 (X r 1 ) H 0 (S 1 ) χ H 0 (X r ) 0 cioè, a meno di isomorfismi e ricordando che X r è connesso per archi, 0 Z r χ H 1 (X r ) Z ϕ Z 2 χ Z 0. Per l esattezza della successione si ha che χ : Z 2 H 0 (X r ) = Z è suriettiva quindi ϕ è iniettiva. Ma anche χ : Z r H 1 (X r ) è iniettiva quindi ker = Z r. A questo punto basta osservare che può solo essere l omomorfismo nullo. La dimostrazione è conclusa OMOLOGIA DELLE SUPERFICI COMPATTE Richiamiamo alcune definizioni, esempi e risultati utili. Una superficie (topologica) è una varietà topologica di dimensione 2, ossia uno spazio topologico di Hausdorff a base numerabile e tale che ogni suo punto possiede un intorno aperto omeomorfo al disco aperto { (x, y) : x 2 + y 2 < 1 }. Siamo interessati alle superfici compatte e connesse. ESEMPI. (1) La Sfera S 2 := { (x, y, z) R 3 : x 2 + y 2 + z 2 = 1 } è una superficie compatta e connessa. (2) Il Toro T 2 := S 1 S 1 è una superficie compatta e connessa. Ricordiamo che il Toro può ottenersi come spazio quoziente di un opportuno sottospazio di R 2. Più precisamente consideriamo il quadrato Q := { (x, y) R 2 : x, y [0, 1] } e sia ρ la relazione su Q definita ponendo { y = y 1, x = 0 e x 1 = 1 (x, y)ρ(x 1, y 1 ) x = x 1, y = 0 e y 1 = 1. Lo spazio quoziente Q/ρ dotato della topologia quoziente è allora omeomorfo al Toro T 2 con la topologia di sottospazio in R 3 (FIGURA 2.3.1).

30 30 2. LA SUCCESSIONE DI MAYER-VIETORIS FIGURA Toro T 2 FIGURA Piano Proiettivo P 2 R (3) Il piano proiettivo P 2 R è una { superficie compatta. Ricordiamo che può 0 } ottenersi a partire da R 3 identificando i punti sulla stessa retta vettoriale. Siccome ogni retta vettoriale di R 3 interseca S 2 {z 0} rispettivamente in due punti o in un punto a seconda che tale retta sia contenuta nel piano xy o meno, P 2 R può ottenersi anche a partire da S2 {z 0} quozientando mediante la relazione di equivalenza che identifica i due punti di intersezione con ogni retta contenuta nel piano xy. Pertanto P 2 R può essere pensato come in FIGURA OSSERVAZIONE 43. La Sfera ed il Toro sono esempi di superfici orientabili nel senso che in entrambe è possibile distinguere due faccie, una interna e l altra esterna. Il Piano Proiettivo invece non è orientabile SOMMA CONNESSA DI SUPERFICI. Un modo per ottenere una nuova superficie a partire da due superfici S 1 ed S 2 si ha attraverso la loro somma connessa, S 1 #S 2. Tale procedimento consiste essenzialmente nel selezionare due dischi (cioè sottoinsiemi omeomorfi a E 2 := { (x, y) R 2 : x 2 + y 2 1 } ) da entrambe le superfici S 1, S 2, uno per ognuna, si rimuove l interno ad entrambi e si identifica il bordo. Più precisamente siano E 1, E 2 due sottoinsiemi in S 1, S 2, rispettivamente, omeomorfi entrambi ad E 2 e quindi omeomorfi tra loro. Sia f un tale omeomorfismo. Risulta allora che E 1 possiede un sottoinsieme D 1 omeomorfo a E 2 e lo stesso per E 2 con sottoinsieme D 2 (contenuti strettamente). Allora S 1 #S 2 si definisce come lo spazio quoziente di ) ) (S 1 D 1 (S 2 D 2

31 2.3. OMOLOGIA DELLE SUPERFICI COMPATTE 31 (unione disgiunta) modulo la relazione che identifica x D 1 con f(x) D 2, cioè ) ) (S 1 D 1 (S 2 D 2 S 1 #S 2 :=. L insieme che si ottiene, dotato della topologia quoziente, si dimostra essere ancora una superficie. Ovviamente connessione e (l eventuale) compattezza vengono preservate dalla continuità della proiezione al quoziente. Dimostriamo prima di tutto che si tratta di uno spazio di Hausdorff. Sia X il sottoinsieme di S 1 #S 2 per il quale non è la relazione banale. E chiaro che due punti qualsiasi contenuti in Y := S 1 #S 2 X possiedono intorni disgiunti. Siano x 1 Y e x 2 X e sia ) ) π : (S 1 D 1 (S 2 D 2 S 1 #S 2 la proiezione al quoziente. Se U è un aperto contenente x 2 allora π 1 (U) è unione di due aperti disgiunti, uno contenente x 2 e l altro contenente f(x 2 ) (dato che π 1 (x 2 ) = {x 2, f(x 2 )}). Se W è un aperto contenente x 2 opportunamente piccolo allora f(w ) è un aperto contenente f(x 2 ) e risulta π(w f(w )) è un aperto di S 1 #S 2. Basta allora prendere intorni abbastanza piccoli per concludere. Con dimostrazione analoga si risolve il caso in cui x 1, x 2 X. Rimane da dimostrare che ogni punto possiede un intorno aperto omeomorfo a { (x, y) : x 2 + y 2 < 1 } ma ciò è praticamente ovvio, per come è definita. DEFINIZIONE 44. Chiameremo superficie orientabile di genere g 1 la somma connessa S g del Toro T 2 con se stesso g volte, ossia S g := T 2 #T 2 #...#T 2 g volte. Chiameremo invece superficie non orientabile di genere r 1 la somma connessa S [r] del Piano Proiettivo P 2 R con se stesso r volte, ossia S [r] := P 2 R#P 2 R#...#P 2 R r volte. La superficie compatta orientabile S 2 non è altro che una sorta di Toro con due buchi (FIGURA 2.3.3). Abbiamo il seguente importante Teorema di Classificazione. Per una dimostrazione può vedersi p. es. [4]. TEOREMA 45. (CLASSIFICAZIONE DELLE SUPERFICI COMPATTE E CONNESSE). Ogni superficie S compatta e connessa è omeomorfa a una tra le seguenti: S 2, o S g per qualche g 1, o S [r] per qualche r OMOLOGIA DELLE SUPERFICI COMPATTE E CONNESSE. Il nostro scopo è calcolare l omologia delle superfici compatte connesse. Per fare ciò dobbiamo riflettere un attimo sulla loro costruzione. E possibile ottenere dei modelli di S g e S [r] a partire da poligoni topologici con opportune identificazioni dei lati. Pensiamo ad esempio alla superficie S 2 = T 2 #T 2. Non è difficile rendersi conto che S 2 può

32 32 2. LA SUCCESSIONE DI MAYER-VIETORIS FIGURA Toro con due Buchi S 2 FIGURA Costruzione di S 2 ottenersi attraverso un procedimento simile a quello in FIGURA In generale, per le superfici del tipo S g, si avrà a che fare con un poligono con 4g lati. Nel caso delle superfici del tipo S [r] la situazione è leggermente differente, in ogni caso non è difficile convincersi che, pensando alla costruzione di S [2] = P 2 R #P2 R, si perverrà ad un poligono di 2r lati. Ragionando sempre come su S [2] si capisce come vanno identificati i lati per realizzare la somma connessa (vedi FIGURA 2.3.5). Abbiamo allora il seguente Teorema. TEOREMA 46. Risulta: 1) Per ogni g 1 H q (S g ) = Z q = 0, 2 Z 2g q = 1 0 q 0, 1, 2.

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