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1 20 gennaio 2014 Numero 2 E-book CentroStudi.Net L economia del : uno sguardo sul mercato del lavoro e sull assenteismo Lo scenario nazionale e internazionale attuale mostra prospettive di inversione di tendenza e segnali di ripartenza dell economia. Il PIL dell, in calo dell 1,8% quest anno, nel 2014 aumenterà dello 0,7% e nel 2015 dell 1,2%. Il percorso di risalita sarà lento e difficile, in un quadro di ridotta capacità produttiva colpita dalla caduta della domanda interna, con numerosi rischi che continuano a minacciare le incerte previsioni di miglioramento del ritmo di marcia del PIL e della futura creazione di occupazione. In questo contesto generale l economia del evidenzia indicazioni preoccupanti: l impatto della crisi ha peggiorato il contesto in cui opera gran parte del tessuto produttivo regionale e condiziona la capacità di molte imprese di rimanere sul mercato con rischi sociali senza precedenti. Il perdurare della fase recessiva ha segnato con forza anche l andamento del mercato del lavoro con un calo occupazionale ed un contestuale aumento della disoccupazione. L analisi dei dati più recenti rivela come il calo occupazionale nella regione sia proseguito anche nel terzo trimestre del Nel periodo in analisi, gli occupati (2,175 milioni) diminuiscono del 2,3% nel confronto con il terzo trimestre del Allo stesso tempo, aumenta considerevolmente il numero di disoccupati (+21,7%), che crescono in misura più ampia rispetto al resto d, raggiungendo le 301 mila unità. Gli E-book di Unindustria sono coordinati da Daniela Quaranta Leoni, Direttore Area Sviluppo Economico di Unindustria, in collaborazione con Antonella Fascioli e Anna Laura Pompozzi.

2 L incremento delle persone in cerca di occupazione è dovuto soprattutto al calo dell occupazione. Il tasso di occupazione diminuisce di 1,8 punti percentuali e si porta al 56,2%, 0,6 punti percentuali al di sopra del dato nazionale. Infine il tasso di disoccupazione sale al 12,2%, in rialzo di 2,2 punti percentuali rispetto allo stesso trimestre del Sulla base di tali premesse, l e-book si propone di analizzare il mondo del lavoro sotto diverse angolazioni. Da un lato, osservando i principali indicatori economici nel medio periodo, tenuto conto dell andamento e dell'ampiezza del calo del prodotto e dell'intenso ricorso alla cassa integrazione; confrontando i periodi recessivi della storia recente: la crisi del e del ; studiando la relazione tra occupazione ed esportazioni, vero driver dello sviluppo. Dall altro, descrivendo le peculiarità del mercato del lavoro del e la disponibilità del fattore lavoro, sino alle diverse cause di assenteismo evidenziate tramite l indagine svolta dal Centro Studi Unindustria all interno della rete dei Centri Studi di Confindustria che tratteggia su base annuale le condizioni occupazionali. 2

3 1. Capacità di tenuta e criticità del mercato del lavoro nel La fase prolungata di crisi, legata prima alla matrice internazionale e successivamente ai problemi di sostenibilità del debito italiano, con le sue ripercussioni finanziarie, economiche e sociali ha segnato la fine del modello che si era distinto sulla scena economica per dinamicità e per capacità di competere con le grandi aree del Paese. Nel decennio pre-crisi l economia laziale cresceva ad un tasso medio annuo del 2%, con un aumento del PIL regionale di oltre un quinto in termini reali (+20,8% tra il 1997 e il 2007) e maggiore della crescita cumulata dell (+16,4% nello stesso periodo). Per diversi anni la capacità di sviluppo del ha infatti superato quella nazionale (anni 2001, 2002, 2004, 2007), mostrando anche una più elevata capacità di tenuta alla recessione del Dal 2010 il trend è risultato più in linea con il dato italiano, sino al calo del 2012 pari a -2,8%. Le stime Cer delineano per il 2013 una diminuzione del valore aggiunto regionale del -1,8% e un ritorno al segno positivo nel 2014, anno che dovrebbe chiudersi con un aumento dell 1%. Variazioni del Prodotto Interno Lordo valori concatenati (Anno 2012 su 2011, valori percentuali) 3

4 Tra il 2009 e il 2012 a livello nazionale si è registrato un calo del Pil in volume dello 0,4% accompagnato da una contrazione del 2,7% dei consumi delle famiglie. Nello stesso triennio, nel la diminuzione del Pil è stata pari a -1,2% e i consumi hanno subito un forte ridimensionamento pari al -2,8%. Tra il 2007 e il 2012 il prodotto lordo del si è ridotto complessivamente del 6,1%, con lunghe fasi recessive che hanno riportato il valore reale della produzione sui livelli di metà Gli effetti di simili andamenti si ripercuotono con evidenza nel mercato del lavoro Disoccupati nel lungo periodo: vs (Numero di disoccupati; valori in migliaia; asse dx) Tasso di disoccupazione: vs (Valori percentuali) lazio Appare significativa la crescita della disoccupazione: dal punto di minimo del 2007 le persone in cerca di lavoro nella regione sono aumentate di oltre unità. Il 2012 si è chiuso con una media di persone in cerca di occupazione a fronte delle del 2011 (+23,9%) e un picco nell ultimo trimestre di unità, un segnale che prefigurava già dalla fine dell anno il peggioramento delle dinamiche occupazionali. Il deterioramento interessa in misura ancora più grave la scena nazionale dove, con un incremento di oltre il 30%, i disoccupati aumentano di unità. Il tasso di disoccupazione aumenta di 1,9 punti, attestandosi al 10,8%, e quello giovanile raggiunge il 40%, con un salto di 6,2 punti percentuali. Al contrario, diminuiscono del -2,7% gli inattivi, pari a 1,295 mila unità, spinti dalla necessità di rientrare nel mercato del lavoro in una situazione economica estremamente critica. 4

5 Dinamica degli inattivi: vs (No. inattivi; valori in migliaia; asse dx.) Tasso di inattività: vs (Valori percentuali) Un aspetto importante, di cui è indispensabile tener conto, è il ricorso alla cassa integrazione guadagni che, in tutte le sue componenti (straordinaria, ordinaria e in deroga), è esplosa dai 14 milioni di ore autorizzate del 2007 agli 86 milioni di ore del 2012 (+530%). Ciò equivale a persone a tempo pieno in un contesto di forte difficoltà delle imprese a riprendere l attività lavorativa. Nel solo 2012 nel le ore di CIG autorizzate in totale crescono in misura più ampia rispetto al dato nazionale (+23,8% a fronte del +12,1% dell ). Diminuiscono dell 8% le ore di cassa integrazione straordinaria, che scendono da 36,7 a 33,7 milioni di ore; al contrario aumenta la cassa integrazione ordinaria (+55,3%), con un incremento rilevante sia nelle ore di CIGO autorizzate nell Industria (+60,5%) sia nell Edilizia (+45,7%) e la CIG in deroga fa registrare un incremento molto maggiore di quello nazionale (+62,5% a fronte del +10,9% ). Ore di CIG per tipo di intervento nel e in (Dati annuali; valori in milioni; ass dx.) 5

6 Va osservato che le persone in cassa integrazione vengono conteggiate nei dati relativi agli occupati, mascherando una problematica consistente della situazione occupazionale regionale e portando ad una sottostima delle difficoltà intervenute in questo ultimo anno di crisi Occupazione nel lungo periodo: - (Numero di occupati; valori in migliaia; asse dx) Tasso di occupazione: vs (Valori percentuali) L occupazione nel trend di medio periodo sembra evidenziare una maggiore tenuta rispetto al mercato del lavoro nazionale: tra il 2007 al 2012 nel si osserva un aumento dell 1,6% a fronte della riduzione pari a -1,4% rilevata in media in. L analisi in termini di tassi, che offre una lettura della situazione occupazionale in rapporto alla corrispondente popolazione, fornisce una più chiara evidenza della diminuita capacità di assorbire l offerta di lavoro. Nel 2012 il tasso di occupazione del cala di 0,2 punti percentuali, passando dal 58,8% al 58,6%; lo stesso dato, in, scende dal 56,9% al 56,8%. Tuttavia, allargando l'orizzonte temporale e prendendo in considerazione l'aumento della popolazione attiva che accompagna il positivo aumento degli occupati in valore assoluto, si evidenzia come non corrisponda una reale e correlata creazione di opportunità lavorative: il tasso di occupazione del nel 2012 perde infatti 1,1 punti percentuali rispetto al 2007 scendendo dal 59,7% al 58,6%. I risultati relativi al mercato del lavoro regionale mettono in luce, dunque, una serie di criticità legate al sensibile rallentamento delle opportunità di lavoro, alla crescita dei disoccupati, alla stagnazione dell occupazione, al forte ricorso alla cassa integrazione e all'aumento della precarietà in una fase dell'economia regionale che vive processi di riconversione delle attività, una sostanziale frammentazione produttiva e le difficoltà delle piccole e piccolissime realtà produttive a sostenere il peso della crisi. 6

7 2. Recessioni a confronto In questo paragrafo si mette a confronto la reazione dell economia regionale durante due episodi recessivi della storia recente: la crisi del e la recessione del La gravità eccezionale della recessione che l economia mondiale sta attraversando presenta, da una lato, analogie con le più profonde contrazioni produttive del passato e, dall altro, si caratterizza per specificità senza precedenti. La contrazione del PIL, ad esempio, si profila fra le più durature e profonde attraversate sia dall economia italiana sia da quella regionale. Secondo i dati dei conti nazionali trimestrali, la perdita cumulata è già più grave di quella del e potrebbe risultare di entità analoga a quella registrata negli anni Trenta. La riduzione del prodotto ha finora risentito soprattutto del brusco arresto del settore industriale, da cui è derivato un decremento delle quantità manufatte su livelli prossimi a quelli di quindici anni fa. 4% Recessioni a confronto nel (Decorrenza dei trimestri sulle x e var. % rispetto al picco precrisi sulle y) 2% 0% -2% -4% -6% -8% Recessione Recessione Interpolazione Sul fronte delle peculiarità della crisi corrente spicca la sua dimensione mondiale. Rispetto agli episodi precedenti, è venuto a mancare soprattutto lo stimolo proveniente dalle esportazioni. La scarsa crescita che le vendite estere stanno attraversando non trova riscontro nella crisi del , biennio in cui l export, favorito dalla pronta ripresa del commercio internazionale e da una forte svalutazione del cambio, aveva rapidamente intrapreso un sentiero di crescita robusta, al momento non prevedibile. 1 1 Sul ruolo dell export nella congiuntura recente si tornerà nel prossimo paragrafo. 7

8 Focalizzando l attenzione sull occupazione, si nota come le ricadute sul mercato del lavoro dell ultima recessione siano profondamente diverse da quelle prodotte nel Il grafico mostra la relazione tra il numero dei trimestri dall inizio della crisi (asse orizzontale) e la variazione del numero di occupati in ciascun trimestre rispetto al picco pre-crisi (asse verticale). L inizio della Grande Recessione si fa convenzionalmente risalire al secondo trimestre 2008, mentre per la recessione del l inizio è stato fissato al primo trimestre 1993 per limitazioni nella disponibilità di dati. Si osservi come i cali del numero di occupati di trimestre in trimestre (linea blu) siano stati più forti nella recessione del Al contrario, nella crisi in atto l occupazione ha mostrato una considerevole capacità di tenuta con variazioni negative più contenute. D altro canto, nel biennio il punto di minimo nel mercato del lavoro è stato raggiunto dopo sedici trimestri, mentre nella recessione in atto, a distanza di 20 trimestri dall inizio, non sono ravvisabili segni di inversione della tendenza. Tuttavia, una volta raggiunto il punto di svolta della recessione in corso, dovrebbe essere più rapido il ritorno ai livelli occupazionali pre-crisi prevista nel 2015 in considerazione dell ampiezza più contenuta del calo. Nel caso della recessione del ci sono voluti 36 trimestri per tornare ai livelli pre-crisi. Se le attese fossero confermate, nonostante la profondità, la crisi attuale si potrebbe caratterizzare per una perdita di posti di lavoro più attenuata rispetto al passato. 3% 2% 1% 0% -1% -2% -3% -4% -5% -6% Recessione : vs (Decorrenza dei trimestri sulle x e var. % rispetto al picco precrisi sulle y) Recessione 08-13: Recessione 08-13: 8

9 Nel grafico viene confrontata la recessione a livello regionale e a livello nazionale. L andamento conferma una maggiore capacità di tenuta dell occupazione nel rispetto al resto d dovuta probabilmente alla più elevata incidenza del pubblico impiego rispetto al resto del Paese. Nel è stato raggiunto e superato il picco pre-crisi in ben tre occasioni (8, 12 e 16 trimestre, che corrispondo al secondo trimestre del 2010, 2011 e 2012), mentre in le variazioni dall inizio della recessione sono state tutte negative. A 20 trimestri dall inizio della recessione l occupazione regionale si attesta a -1,9%, mentre quella nazionale a -4,8%, facendo presupporre una ripresa economica regionale più celere che nel resto del Paese. 3. Occupazione ed export: una relazione che diventa negativa Nel 2012 l export laziale ha proseguito la sua corsa nonostante la recessione: le vendite estere registrano un incremento tendenziale del 5,1%. Tale dinamica potrebbe dipendere in parte dalla svalutazione interna e in parte dalla dinamica dei tassi di cambio, ovvero la svalutazione esterna. Considerando la svalutazione interna, attuata tramite il contenimento del costo del lavoro, preoccupa la relazione negativa degli ultimi trimestri tra export e occupazione. Le stime indicano che un aumento dell export a livello nazionale del 10% è associato a un calo occupazionale dello 0,2%. In effetti, nel 2012 il numero di occupati nel è calato dello 0,1%. In particolare, al guadagno di competitività corrisponde un calo dei costi medi del lavoro (CLUP), dovuto a una riduzione delle unità di lavoro impiegate. Poiché i salari sono poco flessibili verso il basso, la quantità di lavoro è l unica variabile su cui si può agire. I miglioramenti competitivi sarebbero quindi ottenuti tramite deterioramenti quantitativi nel mercato del lavoro. 9

10 Relazione tra export e occupazione nelle regioni italiane 3% 2% Trentino 1% Toscana 0% -20% -15% -10% -5% 0% 5% 10% 15% 20% 25% Friuli VG -1% Umbria Basilicata y = -0,0216x - 0,0036 Calabria -2% Sicilia -3% D altro canto, l effetto positivo dei tassi di cambio sulla crescita dell export regionale dovrebbe essere più contenuto, soprattutto perché metà degli scambi avviene dentro l area euro. Una certa influenza dei cambi è comunque supportata dal deprezzamento del 5% del tasso di cambio effettivo nominale (media dei tassi bilaterali pesati per l incidenza dei flussi con i partner commerciali) tra il 2011 e il 2012, che dovrebbe rendere le nostre merci meno costose all estero. All interno del tasso medio, i singoli tassi bilaterali hanno avuto dinamiche divergenti. La debolezza del dollaro contro l euro non ha favorito le imprese esportatrici del che hanno visto una riduzione tendenziale delle vendite negli USA del 13,7% nel A questo, però, si contrappone il deprezzamento dell Euro nello stesso periodo contro il pound, il renmimbi e lo yen, a cui è associato un aumento dell export rispettivamente verso il Regno Unito (+5,2%), la Cina (+37,3%) e il Giappone (+3,1%.). Il consolidarsi della ripresa globale dovrebbe avere un effetto positivo sull economia del soprattutto attraverso l export. Tuttavia alcune criticità strutturali dell economa regionale fanno emergere il rischio di una mancata realizzazione di questo scenario. Una conferma in tal senso arriva dal rallentamento del commercio estero rilevato nel terzo trimestre del Uno dei principali fattori di rischio è senz altro il contenuto grado di apertura internazionale dovuto a una specializzazione del sistema produttivo nel terziario e nei beni non commerciabili. 10

11 Un altra criticità riguarda la concentrazione settoriale dell export: la performance positiva delle esportazioni è legata soprattutto all andamento del settore farmaceutico - costituito principalmente da multinazionali - che incide per un terzo delle vendite estere regionali. Altri settori importanti per l export, seppur in misura minore, sono il chimico (11%) e quello dei mezzi di trasporto (10%). L elevata specializzazione settoriale espone l economia regionale al rischio di shock negativi di settore che comprometterebbero una preziosa fonte di crescita. Se nel lungo periodo la politica economica deve mirare all attuazione di riforme strutturali che aumentino gli incentivi agli investimenti, nel breve termine bisogna evitare che la leva della competitività sia la svalutazione interna. 5. L assenteismo nell Indagine Confindustria sul mercato del lavoro L indagine sul mercato del lavoro effettuata dalla rete dei Centri Studi di Confindustria Mentinsieme - realizza su base annuale il monitoraggio delle condizioni occupazionali nelle aziende del sistema. La rilevazione, giunta alla nona edizione, negli anni si è dimostrata uno strumento utile per orientare le politiche associative e meglio mirarle alle esigenze delle imprese. Nel, l analisi si è rivolta ad un campione autoselezionato di aziende, composto da 178 imprese, di cui la maggioranza manifatturiere (circa il 70%) e la restante parte di Servizi. Le imprese, associate ad Unindustria - Unione degli Industriali e delle imprese Roma, Frosinone, Latina, Rieti e Viterbo - e appartenenti al sistema imprenditoriale locale, rappresentano un totale di dipendenti. La struttura settoriale delle risposte nell Industria è così articolata: il 19% appartiene al comparto chimico e farmaceutico, seguito dal 15,2% del metalmeccanico, dal 5% delle imprese alimentari e delle costruzioni, dal 4,5% del comparto della gomma-plastica. Con riferimento ai Servizi, invece, il terziario rappresenta l 11% circa, le telecomunicazioni il 5% e i trasporti il 3,4%. In termini dimensionali prevale la classe con un numero di addetti compresi tra 16 e 99, che rappresenta il 42% dei rispondenti, mentre la classe da 1 a 15 addetti è pari al 20% e quella con oltre 100 addetti raccoglie il 38% delle risposte totali. Dal punto di vista territoriale, il 67% dei casi si riferisce a Roma, il 19% a Frosinone, il 10% a Viterbo e la restante parte a Latina e Rieti (2% circa). 11

12 Struttura delle risposte per settore e dimensione Totale Industria 9,6 31,5 28,1 69,1 Alimentare 1,7 1,1 2,2 5,1 Chimico-Farmaceutico 1,1 8,4 9,6 19,1 Gomma-Plastica 0,0 3,4 1,1 4,5 Metalmeccanico 1,7 4,5 9,0 15,2 Tessile-Abbigliamento 0,0 0,6 0,0 0,6 Altra industria 2,8 10,7 5,6 19,1 Costruzioni 2,2 2,8 0,6 5,6 Servizi 10,7 10,7 9,6 30,9 Telecomunicazioni 0,6 1,7 2,8 5,1 Terziario 6,2 2,8 1,7 10,7 Trasporti 0,6 1,7 1,1 3,4 Altre attività terziarie 3,4 4,5 3,9 11,8 Totale complessivo 20,2 42,1 37,6 100,0 5.1 I principali risultati Dai principali risultati dell indagine il appare come una regione piuttosto dissimile dal resto del Paese. Gli unici aspetti in cui si allinea ai valori nazionali riguardano la tipologia contrattuale e la diffusione del part time. Al contrario, la regione si caratterizza per più elevati livelli di istruzione, flessibilità contrattuale e assenteismo, ma anche per un minore ricorso al licenziamento. Nel dettaglio, analogamente a quanto osservato per l, nel gli occupati a tempo indeterminato rappresentano il 95,5% dei dipendenti. Nel 2012 l occupazione alle dipendenze nelle aziende associate diminuisce dello 0,9% come sintesi di diversi andamenti delle tipologie contrattuali: aumentano i contratti d inserimento e di apprendistato e si riducono quelli a tempo determinato, mentre rimane invariata la quota di lavoratori a tempo indeterminato. Più di un lavoratore su dieci ha un attività a tempo parziale. Il dato risulta dimezzato rispetto all anno precedente: nel 2011 il part time assorbiva circa il 20% dei contratti della regione. 12

13 Forme di flessibilità di orario Full-time 84,4% 86,8% Part-time 13,7% 11,5% Al contrario, il livello di istruzione del personale nel è mediamente superiore a quello nazionale: l incidenza dei laureati quinquennali nella regione è pari al 32% contro il 15,2% registrata per l. Tuttavia, con riferimento alla laurea triennale, il risultato si inverte: il 2% nel a fronte del 2,6% nazionale. L incidenza dei diplomati risulta maggiore al resto del Paese (51% contro 42,6%); specularmente, per la regione si rileva un minor peso dei lavoratori con la sola scuola dell obbligo (15% contro 39,7%). 13

14 Nel le tipologie contrattuali flessibili, ad eccezione del Co.co.co (34% regionale contro 40% nazionale), sono più diffuse rispetto al resto d. Nella regione, comunque, le trasformazioni in forme più stabili di impiego risultano meno frequenti in confronto al Paese tranne per i contratti a tempo determinato 2. La percentuale di conversione di quest ultima tipologia è infatti pari al 34%, il doppio dell. Diffusione dei contratti flessibili e tasso di conversione Dall indagine emerge poi che l utilizzo delle forme di flessibilità, nella regione, aumenta con la dimensione dell azienda, mentre il numero di conversioni in forme contrattuali stabili non appare condizionato dalle dimensioni aziendali. 2 La diffusione si riferisce alla quota di imprese che utilizza i contratti e il tasso di conversione è la percentuale di contratti flessibili che viene convertito a tempo indeterminato nel corso dell anno. 14

15 Diffusione e conversione dei contratti flessibili per dimensione d azienda nel Nel 2012, nel, il ricorso al licenziamento è meno frequente rispetto all (7,7% regionale contro il 13,1% nazionale). Altre cause significative di cessazione del rapporto di lavoro si legano alle dimissioni del lavoratore, che anche in questo caso si manifestano in misura minore che nel resto del Paese (21% a fronte del 27,4%), e al mancato rinnovo a scadenza del contratto. Quest ultimo fa registrare la maggiore incidenza tra le varie motivazioni di interruzione del rapporto di lavoro, interessando il 50% del campione (37,3% il dato italiano). Le altre cause (pensionamenti, cessazioni incentivate e altro) sono diffuse nel in misura simile al resto del Paese. Scendendo nel dettaglio, a livello regionale i licenziamenti sono concentrati tra i contratti a tempo indeterminato (oltre il 15% dei casi). Nei contratti a termine le cause più ricorrenti sono il mancato rinnovo a scadenza e le dimissioni del lavoratore. 15

16 Passando dal tempo determinato all inserimento e all apprendistato aumenta il peso delle dimissioni ma si riduce quello del mancato rinnovo. Infatti, il mancato rinnovo spiega quasi il 90% delle cessazioni per i contratti a tempo determinato, scende all 80% per i contratti di inserimento e arriva a circa il 25% per quelli di apprendistato. Al contrario, le dimissioni pesano meno del 5% per i contratti a tempo determinato, il 15% per quelli di inserimento e salgono al 65% per i contratti di apprendistato. 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% 50,0% Cause di cessazione dei rapporti di lavoro 37,3% 27,4% 21,0% 7,7% 13,1% 21,4% 22,3% Scadenza Dimissioni Licenziamento Altro 100% 90% 80% 70% 60% 50% 40% 30% 20% 10% 0% Cause di cessazione dei rapporti di lavoro per tipologia contrattuale nel Tempo Tempo indeterminato determinato Inserimento Apprendistato Altro* Licenziamenti Dimissioni Scadenza La rilevazione analizza il tasso di gravità delle assenze nel 2012, calcolato come il rapporto tra le ore di assenza e le ore lavorabili. In base ai risultati dell indagine, il evidenzia un tasso di assenteismo pari all 8,1% che si raffronta con una media nazionale del 7%. I valori risultano comunque più bassi rispetto al 2011, anno in cui il tasso di assenteismo era pari al 9,2% per la regione e al 7,3% per il Paese. Tra il 2011 ed il 2012 il ha dunque ridotto considerevolmente il gap con l : il differenziale è infatti passato dall 1,9% all 1,1%. Tasso di assenteismo 2012: vs 9,0% 8,0% 7,0% 6,0% 5,0% 4,0% 3,0% 2,0% 1,0% 0,0% 8,1% Le cause del differenziale - sono individuabili in due particolari categorie: la componente femminile degli occupati e la classe degli impiegati e degli operai che, relativamente ai propri omologhi nel resto d, si assentano di più. 7,0% 16

17 Con riferimento al primo aspetto, il tasso di assenteismo femminile della regione è di oltre 3 punti percentuali superiore al dato nazionale. Anche lo spread di genere è più elevato: 7,2 punti per il contro 4,6 per l. Per quanto riguarda il differenziale - in termini di inquadramento, da 1,3 punti percentuali dei quadri si sale ai 2,2 degli impiegati fino ai 3 punti degli operai. Tasso di assenteismo per genere Tasso di assenteismo per inquadramento 16,0% 14,0% 12,0% 12,0% 10,0% 10,0% 8,0% 8,0% 6,0% 4,0% 2,0% 6,3% 5,7% 13,5% 10,3% 6,0% 4,0% 2,0% 4,9% 3,6% 8,5% 6,3% 11,0% 8,0% 0,0% Maschi Femmine 0,0% Quadri Impiegati Operai Passando ai settori, nei servizi si osserva un maggior assenteismo rispetto all industria (7,4% contro 6,7%). In questo caso si assiste ad un maggiore assenteismo dei quadri e degli impiegati del terziario laziale, mentre gli operai risultano più assenteisti nell industria (8,1% contro il 7,7% dei servizi). Tasso di assenteismo per settore e quadramento nel 9% 8% 7% 6% 5% 4% 3% 2% 1% 0% 5,6% 4,5% 3,2% Industria 7,7% 8,1% 7,7% 7,4% 6,7% Servizi Quadri Impiegati/Intermedi Operai Totale 17

18 In termini di motivazione delle assenze, il gap negativo - è attribuibile alle malattie non professionali, ai congedi retribuiti e agli altri permessi retribuiti. Le assenze per CIG, che a livello nazionale sono la causa principale di assenteismo, risultano inferiori nella regione: 1,7% nel contro 4,3% in. Tasso di assenteismo per causa Nel il tasso di assenteismo cresce con la dimensione dell azienda. Nelle aziende con più di 100 dipendenti vengono perse quasi il doppio delle ore lavorabili rispetto alle imprese con meno di 15 addetti. La perdita è più accentuata per la componente femminile, per cui si registra un differenziale di oltre 4 punti percentuali tra piccole e grandi imprese. 14% Tasso di assenteismo e dimensione d'azienda nel 12% 10% 8% 6% 4% 2% 0% Maschi Femmine Totale

19 Nel corso del 2012, nel un lavoratore medio è stato assente per 129,5 ore, mentre la media nazionale del numero pro-capite delle ore d assenza si attesta a 113,1 ore. La differenza, che ammonta a due giorni lavorativi per l intero campione, cresce a 6 giorni circa per la componente femminile. Nel confronto con il 2011 si evidenziano andamenti opposti tra e : mentre nella regione il numero di ore è aumentato (erano 121 nel 2011), a livello nazionale si è considerevolmente ridotto (153,9 nel 2011). Ore pro capite di assenza annue Nel le ore di lavoro straordinario effettuate nel 2012 sono superiori alla media nazionale: 71,9 contro 58,5 ore. Tale risultato è influenzato soprattutto dal contributo della componente maschile. Anche per gli straordinari, nel confronto con il 2011, si rileva un trend inverso tra e ; le ore diminuiscono nella regione (63,4) mentre crescono a livello nazionale (66,7). Ore pro capite di straordinari annue 19

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