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1 UNIVERSITA DEGLI STUDI DI PADOVA FACOLTA DI ECONOMIA CORSO DI LAUREA IN ECONOMIA E COMMERCIO PROVA FINALE Ricchezza e Felicità: esame critico degli indicatori di benessere alternativi al PIL RELATORE: CH.MO PROF. BENEDETTO GUI LAUREANDO: MICHELE FAGGION MATRICOLA N ANNO ACCADEMICO

2 INDICE INDICE... 1 INTRODUZIONE... 2 EXCECUTIVE SUMMARY... Errore. Il segnalibro non è definito.

3 INTRODUZIONE Oggi mi trovo a tornare col pensiero alla filosofia, perché essa, per prima, si è posta l obiettivo della felicità per l uomo. Le scelte e le risposte si sono poi differenziate, con i vari Talete, Parmenide, Eraclito e Democrito, fino alla triade dei grandi Socrate, Platone e Aristotele. Nei dialoghi di Platone ritorna spesso la domanda Cos è la felicità?. La novità è che oggi la domanda se la ponga un economista. Che il PIL non fosse una valida misura della felicità degli uomini l aveva intuito anche Robert Kennedy: Non troveremo mai un fine per la nazione né una nostra personale soddisfazione nel mero perseguimento del benessere economico, nell'ammassare senza fine beni terreni. Non possiamo misurare lo spirito nazionale sulla base dell'indice Dow-Jones, né i successi del paese sulla base del Prodotto interno lordo. Il PIL comprende anche l'inquinamento dell'aria e la pubblicità delle sigarette, e le ambulanze per sgombrare le nostre autostrade dalle carneficine dei fine-settimana. Il PIL mette nel conto le serrature speciali per le nostre porte di casa, e le prigioni per coloro che cercano di forzarle. Comprende programmi televisivi che valorizzano la violenza per vendere prodotti violenti ai nostri bambini. Cresce con la produzione di napalm, missili e testate nucleari, si accresce con gli equipaggiamenti che la polizia usa per sedare le rivolte, e non fa che aumentare quando sulle loro ceneri si ricostruiscono i bassifondi popolari. Il PIL non tiene conto della salute delle nostre famiglie, della qualità della loro educazione o della gioia dei loro momenti di svago. Non comprende la bellezza della nostra poesia, la solidità dei valori familiari, l'intelligenza del nostro dibattere. Il PIL non misura né la nostra arguzia né il nostro coraggio, né la nostra saggezza né la nostra conoscenza, né la nostra compassione né la devozione al nostro paese. Misura tutto, in breve, eccetto ciò che rende la vita veramente degna di essere vissuta. Può dirci tutto sull'america, ma non se possiamo essere orgogliosi di essere americani. Così il senatore americano in un suo discorso del 18 marzo 1968 all Università del Kensas, tre mesi prima d essere assassinato in un Hotel di Los Angeles. Fu il primo leader che ebbe il coraggio di mettere in discussione quello che veniva ed è considerato, non un mero indice statistico, ma l essenza stessa e il traguardo dell intero sistema economico. Da allora, molte cose sono cambiate. Gli stessi economisti negli ultimi decenni hanno iniziato a riflettere su quale sia l obiettivo perseguito dall intero sistema produttivo e sociale: l incremento del PIL o del Benessere? Da quando Richard Easterlin nel 1974 evidenziò come nei paesi occidentali, nei trent anni precedenti, la crescita del PIL non fosse stata accompagnata da un aumento della felicità degli individui, parte della teoria economica ha elaborato nuovi modelli per riuscire a spiegare il perché 2

4 del paradosso di Easterlin o dei paradossi della felicità, più volte riesaminati negli anni successivi. Allo stesso tempo, il PIL, il più noto indicatore della performance economica di un paese, viene decantato da molti come misura del benessere degli individui: quest ultimo ruolo, che gli è stato inopportunamente attribuito nel tempo, rischia, però, di farci dimenticare altre dimensioni del benessere, dell ambiente e della vita, che, purtroppo, non sono calcolate dal PIL o sono da esso mal conteggiate. Una parte degli economisti ha iniziato a sviluppare nuovi indicatori in grado di tener conto dei fattori che influiscono sul benessere e degli effetti negativi prodotti dal sistema economico sul pianeta. Rimarrà da capire se e quanto questi nuovi indici siano validi e se riusciranno a battere la concorrenza del PIL. Nel primo capitolo verrà descritto sinteticamente il paradosso della felicità, gli saranno date delle spiegazioni e verranno individuate le carenze dei modelli impiegati dalla teoria economica prevalente, incapaci di risolvere e prevedere il verificarsi del paradosso. Nel secondo capitolo saranno prima indicati i principali difetti del PIL, per poi esaminare ed analizzare i fondamentali indicatori di benessere alternativi al PIL. Nell ultimo capitolo, infine, saranno confrontati gli indici studiati e i rispettivi risultati ottenuti nei diversi paesi. Si cercherà, quindi, di proporre un esame critico di quelle che saranno, in futuro, le caratteristiche che dovrà avere il o i nuovi indicatori di benessere in sostituzione del PIL. 3

5 EXECUTIVE SUMMARY L obiettivo che ci si era posti all inizio dello scritto era analizzare il rapporto fra il benessere degli individui e il reddito effettivamente percepito, per poi illustrare i principali indicatori alternativi al PIL e svolgere un esame critico su di essi. La trattazione è iniziata con l analisi del modello delle preferenze rivelate. Quest ultimo, si è detto, si presenta però come un modello troppo semplice per studiare le preferenze di un individuo, il quale effettua delle scelte che vengono osservate (<<rivelate>>) e rappresentate in una funzione di utilità. La teoria economica prevalente, infatti, si fonda su delle assunzioni, fra le quali vi è quella per cui un individuo, che si presume essere razionale, opera delle scelte in grado di procurargli la massima utilità possibile (dato il suo vincolo di bilancio, il reddito). Verrebbe quindi spontaneo ritenere che, aumentando la quantità di beni e servizi che un soggetto può acquistare (ciò si rende possibile solo con l aumento del reddito), un individuo possa raggiungere la felicità massima. Tale approccio risulta, però, discordante con le evidenze raccolte da Easterlin e da altri autori, secondo cui nei paesi occidentali l aumento del Prodotto Interno Lordo (principale misura del reddito e della performance economica) non ha mediamente prodotto un aumento del benessere soggettivo negli individui (ove per soggettivo s intende percepito in un dato istante e misurato tramite dei questionari). Negli Stati Uniti, ad esempio, (come descritto al paragrafo 1.4.) la felicità media degli individui è rimasta sostanzialmente costante dagli anni 70 ad oggi, mentre il PIL pro capite (a parità di potere d acquisto) è cresciuto del 94%. Questo fenomeno viene definito paradosso di Easterlin o paradosso reddito-felicità. Una delle spiegazioni al paradosso va ricercata proprio nel modello delle preferenze rivelate, che non ammette l ipotesi per cui un aumento dei beni scambiati o del reddito percepito possa portare ad un livello di felicità ( utilità ) identico al precedente o, peggio, ad una sua diminuzione. Dagli studi svolti da numerosi autori (si veda il paragrafo 1.2) è emerso, infatti, che il modello che meglio interpreta il comportamento degli individui è quello dell adattamento e delle aspirazioni, secondo cui una persona (dotata di un set di obiettivi e di mezzi per raggiungerli) una volta riuscita a soddisfare le proprie aspettative, aumenta il proprio livello di aspirazioni, avviando un circolo vizioso per cui un individuo non risulta mai interamente appagato o adattato al cambiamento intervenuto. Tuttavia, questo adattamento completo non si verifica per alcune situazioni, come l intrattenere rapporti o relazioni sociali, godere di un buon livello di salute o fruire delle libertà personali. 4

6 Ne deriva che il PIL non può considerarsi un indicatore in grado di tener conto dei molteplici aspetti dello sviluppo e del benessere che condizionano gli individui. Proprio a tal riguardo, il PIL presenta numerose problematiche, riconducibili sostanzialmente al fatto che esso considera quasi esclusivamente le operazioni economiche per le quali è associabile un prezzo : l indice, sia trascura le attività svolte nel tempo libero che procurano felicità agli individui, sia non contabilizza eventuali danni o effetti negativi prodotti sul benessere o sull ambiente dal sistema economico. A partire dagli anni 70, tuttavia, sono stati sviluppati numerosi indicatori di benessere alternativi al PIL, alcuni proponendosi come suoi possibili sostituti. A tal proposito, si è discusso se sia meglio adottare un indicatore unico, oppure un insieme di indicatori, che possano succedere al Prodotto Interno Lordo. A mio parere, costruire un indicatore sintetico in grado di rappresentare in modo chiaro e riassuntivo la reale situazione economica e sociale di un paese, e quindi il benessere medio dei suoi cittadini, senza prescindere dall aspetto ambientale (che ritengo il più rilevante ed impellente di cui occuparsi), è l unica soluzione che possa mettere fine al predominio incontrastato del PIL. Risulta evidente, come accade già oggi per il PIL, che un dato unico e noto alla maggior parte dei cittadini sia più adeguato per l individuo medio che utilizza la televisione come principale mezzo d informazione, senza riuscire (o meglio ad avere il tempo) ad approfondire un argomento così importante come quello economico. Diversamente, un sistema di indicatori risulterebbe più complesso e verrebbe compreso da una quantità di individui ( ascoltatori ) inferiore rispetto a coloro che potenzialmente sarebbero in grado di ricevere un informazione più breve, come quella data da un indicatore sintetico di benessere. Come già discusso nel paragrafo 3.4. tale scelta non pregiudicherebbe la qualità complessiva dell informazione data, a condizione che, come proposto, sia basata su un set di indicatori più specifici ed approfonditi delle rispettive dimensioni economiche e del benessere, opportunamente pesati. Inoltre, altra motivazione che ritengo fondante la costruzione di un indice unico sostituto del PIL non è di carattere statistico, bensì economico: il fatto di comprendere nella misurazione dell indice aspetti che oggi sono in parte ignorati dal PIL obbligherebbe i policy maker ad occuparsi seriamente di problematiche che stanno compromettendo il benessere complessivo degli individui e, soprattutto, l ambiente, che meriterebbe, a mio avviso, un peso elevato (per i motivi espressi nel paragrafo 3.3). Va infine affrontata un ultima questione. Per il nuovo indicatore di benessere in fieri si dovrà decidere se affidargli il ruolo di valutare complessivamente il benessere degli individui, oppure preferire un indice che valuti l impatto e gli effetti non economici prodotti dal sistema 5

7 produttivo sul benessere e sull ambiente. La prima strada è quella seguita da indicatori come il QUARS o l HDI, misure in grado di rappresentare l effettiva condizione di benessere tout court degli individui, ma che rilevano pure delle dimensioni, i cui effetti sul benessere dipendono da molteplici variabili come la legislazione, la qualità dell istruzione o la cultura generale di un paese. Viceversa, un indicatore come il Genuine Progress Indicator (GPI) riuscirebbe ad esprimere il benessere degli individui, seppur solo (data la sua metodologia e costruzione) per la parte relativa agli effetti prodotti dal sistema economico stesso, ricordandosi di tener conto dell impatto dell economia sull ambiente e sulle relazioni sociali. In conclusione, a prescindere dalla soluzione qui proposta e da quella che verrà adottata in un futuro speriamo prossimo, è auspicabile che il benessere degli individui e la tutela dell ambiente divengano i due obiettivi fondamentali, di cui si dovrà occupare tanto la teoria economica nel suo complesso, quanto, possibilmente, chi è fornito dell effettiva possibilità e capacità di mutare i comportamenti e le scelte individuali: noi tutti. 6

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