REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITA.

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1 Sent. Cron. Rep. Oggetto: prelazione agraria Sentenza ex art. 281 sexies REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITA. Il Tribunale di Matera, in persona del Giudice Unico Raffaele VIGLIONE, ha emesso la seguente sentenza nel giudizio n. 332/2009 R.G. Sez. Dist. Pisticci vertente tra: D. P.,, difeso dall avv. Gaetano De Bonis, come da mandato a margine dell atto di citazione (ATTORE), contro A. V., difeso dall avv. Pietro Lafiosca, come da mandato a margine della comparsa di costituzione e risposta (CONVENUTO). All odierna udienza la causa è stata discussa oralmente e decisa come segue. FATTO E DIRITTO 1. L accoglimento della domanda giudiziale proposta, con la quale il D. esercita il proprio diritto di riscatto del fondo agricolo sito in Craco al catasto fg. 30 p.lla 67-72, presuppone l allegazione e la prova da parte di chi fa valere la prelazione di tutte le condizioni soggettive e oggettive analiticamente indicate nell art. 8, comma 1, legge n. 590 del 1965, recante disposizioni per lo sviluppo della proprietà coltivatrice. La norma attribuisce il diritto di prelazione, nel caso di trasferimento a titolo oneroso (o in altre ipotesi), a favore del coltivatore diretto affittuario, mezzadro, colono ecc., a parità di condizioni, purché coltivi il fondo stesso da almeno due anni, non abbia venduto nel biennio precedente altri fondi rustici, e il terreno per il quale intenda esercitare la prelazione, in aggiunta ad altri eventualmente posseduti in proprietà o enfiteusi, non superi il triplo della superficie corrispondente alla capacità lavorativa della sua famiglia.

2 2 Tale normativa, come indicato nel titolo della l. n. 590/65, è finalizzata allo sviluppo della proprietà coltivatrice, ossia a favorire la formazione della piccola e media proprietà contadina. Pertanto requisito indispensabile per l esercizio della prelazione è l uso agricolo (ossia di coltivazione) del terreno tale da consentirne il concreto sfruttamento economico, da solo o accorpato con il fondo oggetto del riscatto, e tale da far raggiungere all istante un'adeguata autonomia produttiva in relazione alle esigenze di una piccola proprietà contadina. 2. Orbene, dalla documentazione agli atti risulta acclarato che il terreno oggetto di riscatto non ha destinazione agricola, rientrando in zona di rispetto dei cimiteri secondo quanto si evince dal certificato del rilasciato dal Comune di Craco; analoga destinazione risulta possedere anche il fondo oggetto di coltivazione diretta da parte del D.. Al riguardo, la giurisprudenza di legittimità e di merito ha costantemente espresso un orientamento granitico in ordine alla inoperatività, in tali ipotesi, del diritto di prelazione previsto nella legge n. 590 del Infatti, la disposizione di cui all art. 8 secondo cui il diritto di prelazione agraria non spetta all'affittuario, al mezzadro, al colono, al compartecipante, rispetto ai terreni che in base al piano regolatore, anche se non ancora approvato, siano destinati a utilizzazione edilizia, industriale o turistica deve essere interpretata nel senso che sono esclusi dalla prelazione tutti i terreni la cui destinazione, seppure non edificatoria, sia comunque da considerare ad utilizzazione urbana in contrapposizione all'utilizzazione agricola (Cass. n del 2012; Cass. 31/03/2010, n. 7796; Cass. n del 2005). Alla stregua di tale criterio deve escludersi (come nella specie) l'esercitabilità del diritto di prelazione in ordine alle aree destinate a rispetto cimiteriale, atteso che i suoli rientranti in tali zone e assoggettate al relativo vincolo, ai sensi dell'art. 338 r.d. n del 1934, ancorché non edificabili, sono suscettibili di utilizzazioni economiche dei terreni stessi non coincidenti con lo sfruttamento agricolo dei medesimi

3 3 (realizzazione di chioschi, infrastrutture per campeggio e turismo, parcheggi e così via) (Cass. n e 4797 del 2006). 3. Al rigetto della domanda attorea per carenza del requisito della utilizzazione agricola del fondo oggetto di riscatto, destinato dallo strumento urbanistico vigente a zona di rispetto cimiteriale, deve accompagnarsi l accoglimento della richiesta risarcitoria avanzata dal convenuto ai sensi dell art. 96, comma 1, c.p.c I granitici esiti raggiunti dalla giurisprudenza in ordine all interpretazione del requisito oggettivo della destinazione agricola del fondo oggetto di riscatto e le missive inviate dal convenuto all attore al fine di evidenziare in via stragiudiziale la mancanza dei presupposti di operatività della prelazione agraria e farlo così desistere dall azione rappresentano elementi sufficienti e inequivoci, secondo parametri di diligenza media, per delineare in modo del tutto compiuto il carattere temerario della lite giudiziaria intrapresa. Infatti, l attore ben ha avuto o avrebbe dovuto avere, usando la normale diligenza, coscienza dell infondatezza della propria richiesta: la stessa mancanza di alcuna difesa svolta sull eccezione sollevata in ordine alla destinazione del fondo appare dimostrazione di una azione esperita in giudizio con colpa grave, oltre che senza normale prudenza. Deve dunque disporsi la condanna del D. per responsabilità aggravata ai sensi dell art. 96, comma 1, c.p.c Quanto alla prova del danno da ristorare, è senz altro vero che secondo la S.C., in tema di responsabilità aggravata per lite temeraria, di natura extracontrattuale, la domanda di cui all'art. 96 c.p.c. richiede pur sempre la prova incombente alla parte istante sia dell'an sia del quantum debeatur o che, pur essendo la liquidazione effettuabile d'ufficio, tali elementi siano in concreto desumibili dagli atti di causa (Cassazione civile, sez. II, 15 febbraio 2007, n. 3388). A fronte di ciò si deve osservare però come in molte corti di merito da tempo, e, da ultimo, anche in Cassazione, si sia fatta strada l'idea che la parte che debba sostenere una lite vada comunque incontro ad una serie di disagi quali, a titolo

4 4 esemplificativo, l'apprensione connessa all'esito del giudizio, la perdita di tempo e di danaro per la ricerca della documentazione probatoria e per la consultazione del proprio legale, ecc. Ove, quindi, tali aggravi risultino connessi ad una lite instaurata in modo del tutto temerario, ben risulta fondata la richiesta di risarcimento ex art. 96 c.p.c. e, in mancanza di una precisa prova sull'ammontare del danno, questo può sicuramente essere liquidato secondo equità (Tribunale Milano, sez. VIII, 22 marzo 2006, n. 3662, in Corriere del merito 2006, 1263). D altra parte, l esistenza stessa del danno da processo può desumersi da nozioni di comune esperienza anche alla stregua del principio, ora costituzionalizzato, della ragionevole durata (art. 111, comma 2, Cost.) e della L. n. 89 del 2001 (c.d. legge Pinto), secondo cui, nella normalità dei casi e secondo l'id quod plerumque accidit, ingiustificate condotte processuali, oltre a danni patrimoniali, causano ex se anche danni di natura psicologica che, per non essere agevolmente quantificabili, vanno liquidati equitativamente sulla base degli elementi in concreto desumibili dagli atti di causa (Cass. n del 2011; Cass. n del 2007). Le condotte realizzate da una parte che integrino dunque la responsabilità di cui all'art. 96 c.p.c. costringono l'altra parte a sopportare un processo ingiustificato e perciò qualificabile come eccessivo nella sua intera durata, con la conseguenza che il tipo di lesione verificata si presenta analoga a quella relativa alla irragionevole durata del processo. Il danno allora, pur mancando la piena prova circa la sua esistenza e il suo ammontare, potrà essere considerato come conseguenza normale della violazione del diritto e quantificato in via equitativa sulla base dei medesimi criteri elaborati dalla Corte di Strasburgo per un processo irragionevolmente lungo (Corte appello Firenze, sez. I, 3 marzo 2006, in Resp. civ. prev. 2006, 1915; Trib. Bari 4 gennaio 2012, in giurisprudenzabarese.it; Trib. Bari 14 ottobre 2010, ivi). Anche di tale tipologia di pregiudizio è stato specificamente chiesto dal convenuto il risarcimento e, per le ragioni suesposte, deve essergli accordato nella

5 5 misura, liquidata ad oggi secondo equità, di 3.000,00, oltre interessi legali dalla sentenza al soddisfo. 4. Il rigetto della domanda attorea importa la condanna del D. alla rifusione delle spese di lite in favore di controparte, in virtù del principio della soccombenza: tali spese si liquidano con immediata applicazione del d.m. Giustizia , n. 140, così come previsto dall art. 41 del medesimo d.m. (in senso conforme v. Cass., sez. un., n del 2012, secondo cui, se l attività difensiva è almeno in parte proseguita in epoca successiva all entrata in vigore del cit. d.m., l intera prestazione professionale, compresa quella svolta prima dell entrata in vigore del decreto, deve essere liquidata alla stregua dei nuovi parametri), tenendo conto della natura e complessità della controversia (art. 4 d.m. cit), nonché del valore della causa rapportato al relativo scaglione di riferimento, con riduzione dell importo per la fase istruttoria e per quella decisoria, svoltesi in forme semplificate. P.T.M. Il Giudice unico, definitivamente pronunziando, così dispone: A) rigetta la domanda proposta dall attore nei confronti di A. V.; B) dichiara l attore responsabile ai sensi dell art. 96, comma 1, c.p.c. e per l effetto lo condanna al risarcimento del danno nei confronti della controparte, danno che si liquida ad oggi nella misura di 3.000,00, oltre interessi legali dalla sentenza al soddisfo; C) condanna parte attrice alla rifusione in favore del convenuto delle spese di lite, che si liquidano in complessivi 1.030,00, di cui 360,00 per fase di studio, 195,00 per fase introduttiva, 200,00 per fase istruttoria e 275,00 per fase decisoria, oltre Iva e Cap se e nella misura in cui siano per legge dovuti. Sentenza letta in udienza ai sensi dell art. 281 sexies c.p.c.

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