LE STRUTTURE DI SERVIZIO IGIENICO: LE FOSSE BIOLOGICHE ED IL

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1 LE STRUTTURE DI SERVIZIO IGIENICO: LE FOSSE BIOLOGICHE ED IL LORO UTILIZZO COME "MONDEZZAI" All'interno e all'esterno del Palazzo d'arnolfo sono state rinvenute numerose fosse biologiche ( 20 in totale) appartenenti per la maggior parte alle fasi edilizie comprese tra il XV ed il XVI secolo. Poiché tali fosse sono state utilizzate anche come "mondezzaio", il loro deposito, sostanzialmente intatto, ha permesso il recupero di numerosi frammenti ceramici e vitrei, in ottimo stato di conservazione, che hanno consentito, già in questa prima fase di studio, la ricostruzione e l'individuazione di una grande quantità di forme d'uso da mensa e da cucina, offrendo un interessante ed eccezionale "spaccato" di vita quotidiana, relativamente ad un palazzo vicariale, in età rinascimentale e post-rinascimentale. Lo studio dei materiali è ancora in corso; quindi ci limitiamo a descrivere e a motivare la presenza e l'uso di tali fosse, di un tipo cioè di struttura di servizio documentato nelle fonti scritte e nelle risultanze archeologiche e conservata perfettamente nel palazzo da noi esaminato. Fosse biologiche esterne All'interno del palazzo le fosse biologiche (del tipo a perdere) sfruttano di preferenza le fondazioni stesse dei muri e dei pilastri, occupando l'intera o buona parte dell'area sottostante ai singoli ambienti (vedi fig. 43). Procedendo all'analisi delle singole strutture, troviamo nell A.4 una fossa che ha come pareti perimetrali ovest e sud rispettivamente la fondazione della torre (US 273) e la fondazione 274. Ad est invece, non si giunge fino al muro di tamponamento (US 204) e la parete tagliata nel terreno vergine viene foderata con una muratura in 69

2 ciottoli, di varie dimensioni e su corsi non sempre paralleli, appoggiata al plinto di fondazione del pilastro d'angolo. Sistema analogo si ha nella parete nord. L'ambiente quadrangolare così ottenuto (dimensioni 5 mq ca.) è stato poi coperto con una volta in laterizi posti di coltello; ai lati est e ovest sono stati sistemati due elementi in ciottoli e malta con funzione di rinfianco (US ). Al momento dello scavo, la volta è risultata sfondata al centro e chiusa, in una fase successiva, con una colata di conglomerato di malta e pezzame di pietra e ciottoli (US 202). Quest'intervento non ha comunque disturbato, se non forse in superficie, il deposito orizzontale. Non è stato individuato, come invece vedremo in altri casi, il o i discendente/i di arrivo alla fossa biologica stessa. Una perdita dalla fossa biologica moderna limitrofa (posta immediatamente all'esterno dell'a.4) ha reso assai difficoltoso riconoscere all'interno del deposito una ben precisa stratigrafia; si è dunque proceduto ad una suddivisione artificiale in due tagli (US 268 e 275) della potenza di 75 e 50 cm rispettivamente. I frammenti ceramici, scarsi, provenienti da ambedue i tagli, sono risultati contigui, a riprova della non affidabilità stratigrafica del deposito in esame. La durata d'uso della fossa biologica, testimoniata dal deposito conservatoci, risulta compresa tra la metà del XV secolo ed i primi anni del XVII. La fossa biologica, occupante per intero l'area sotterranea dell'a.3, ha invece una vicenda edilizia più complessa che vede un primigenio uso del vano probabilmente come cantina. Tale vano ha come pareti perimetrali le fondazioni dei muri 7, 205 e 65, mentre ad ovest sfrutta la presenza dei plinti dei pilastri 33 e 81 e del terreno vergine su cui è stato costruito l'arco di sostruzione del tamponamento 210. Nella fase in cui è utilizzato come cantina, è presente nell'angolo sud-est una piccola fossa biologica rettangolare, coperta a volta, e, ancora più sopra, da una superficie piana in malta e mattoni (riutilizzati) su cui si imposta una struttura semicircolare (in malta e laterizi) che serve da contenitore al discendente di scarico, inserito nel muro 65 (figg. 44, 45). Questo canale di scarico è stato rinvenuto, al momento dello scavo, otturato da almeno tre brocchette invetriate; la loro presenza ha evidentemente impedito la continuità d'uso di questo servizio e forse anche per 70

3 71

4 Fig. 44 II muretto contenente il discendente otturato dalle brocchette. Fig. 45 La piccola fossa biologica che sottostava al piano pavimentale della cantina dell'ambiente 3. 72

5 questo l'intero vano cantina è stato a sua volta adibito a fossa biologica. La copertura di questo spazio è a volta, molto ribassata, ma la struttura che si è presentata al momento dello scavo non era evidentemente quella originale, essendo chiari numerosi indizi di restauro e ristrutturazione. I nuovi discendenti vengono collocati nel muro 205 e in una struttura in laterizi, rettangolare, addossata al muro 7 (US 223), la cui superficie orizzontale è risultata rasata a livello del pavimento attuale. Nel deposito orizzontale si sono riconosciuti 5 diversi strati, in funzione delle loro diverse caratteristiche fisiche, ma anche in questo caso i frammenti ceramici sono risultati per la maggioranza contigui, indicando una commistione nel deposito. A conferma di quanto detto sul succedersi della fase fossa biologica alla fase fossa cantina, mentre nei primi tre strati (US 260, 276, 277) sono stati rinvenuti reperti, gli ultimi due (US 278, strato di sabbia gialla compatta e US 284, strato di terreno più scuro, ricco di laterizi frammentati e grumi di malta) non hanno restituito alcun frammento ceramico. I materiale recuperati attestano un uso come fossa biologica che va dalla seconda metà del XV secolo a tutto il XVI. Anche la vicenda edilizia delle fosse biologiche dell'a. 1 si mostra piuttosto articolata. Dal pozzo profondo (quota -4,50 m dal piano attuale), scavato sotto le fondazioni dei muri 82 e 65 e foderato in laterizi di cui è stato rinvenuto il probabile residuo del crollo (o della ristrutturazione) della volta di copertura (US 182) poi ricostruita: US 116, quota -70 cm dal piano attuale si passa all'uso di un ampio vano interno / esterno (esteso in direzione ovest) delimitato internamente dalle fondazioni dei muri 7 e 82 e dei plinti 166 e 165, ed esternamente da fodere in laterizi (fig. 46). Dal lato ovest è collegata con la fossa biologica un'ampia canaletta (US 1093), appartenente all'ultima fase d'uso della fossa stessa. All'ampliamento degli spazi di servizio per le fosse biologiche corrispondono una serie di ricostruzioni delle volte di copertura: dalla volta 116, la più grande e la prima in ordine di costruzione, con andamento est-ovest addossata al muro 82, si passa alle volte 73

6 Fig. 46 Le grandi fosse biologiche al di sotto dell'ambiente 1. di dimensioni più piccole addossate al plinto 165 e alla fondazione del contrafforte 63: US 83, 100 e 157 (fig. 47). La volta 116, nell'ultima fase d'uso di queste fosse, riceveva un discendente nell'angolo sud-est dell'ambiente, dove era probabilmente collocato un servizio igienico. L'uso, attestato dai materiali ceramici e dai reperti numismatici, per queste fosse biologiche copre tutto il XVI secolo e, forse, i primi anni del XVII. 74

7 Fig. 47 L'intreccio di volte al di sotto del piano pavimentale dell'ambiente 1. Due fosse biologiche, di piccole dimensioni (m 2,30x1,00), coperte da volte molto ribassate (US 119 e 120), di cui una risulta essere l'ampliamento dell'altra, sono state rinvenute all'estremità sud dell'ambiente 2, tra i muri 4 e 65. Un discendente in cotto è ancora visibile nel muro 65, inserito in uno sfondamento della parete stessa. Le pareti della fossa est sono foderate con murature miste di 75

8 pietra e laterizi, quelle della fossa ovest di soli laterizi e tra i due piccoli vani era innalzata una parete divisoria, sempre in mattoni, conservata solo parzialmente. Il riempimento della fossa coperta dalla volta 120 (US 125) ha restituito una grande quantità (almeno 50 forme riconoscibili) di tegami invetriati con decorazione, sempre uguale, in ingobbio giallino (un cerchio puntinato disegnato al centro del fondo interno, pennellate oblique sulle pareti esterne) la cui forma, di piccole dimensioni, è caratterizzata da basse pareti, ansa ad orecchiette e sgocciolatoio sul lato opposto; una mezzina (sempre con decorazione ad ingobbio), un catino e almeno 10 pentole mono o biansate. Nessun frammento di maiolica accompagna questa restituzione piuttosto singolare, cui si aggiungono 121 frammenti di vetro, tra cui 31 colli di bottiglia in vetro soffiato, verde, a parete sottile. Da notare che i tegami invetriati non hanno tracce di fuoco sulle pareti né sul fondo; anche le loro dimensioni lasciano pensare ad un servito, piuttosto povero, da mensa. Per quanto riguarda poi il loro stato di conservazione, in alcuni casi ottimo, la grande quantità e la univocità dello scarico, è lecito ipotizzare che ci si sia disfatti di un intero corredo, probabilmente a causa di un'infezione / epidemia, anche se non sono state riscontrate tracce di calce (del resto non sempre presenti). La fossa contigua ha invece offerto una restituzione più varia che, accanto alla solita grande quantità di ceramica da cucina invetriata, presenta 2 scodelle in marmorizzata verde e rossa, 1 scodella a fondo ribassato ed una serie di forme aperte (scodelle e piatti) in ingubbiata e graffita policroma a punta, un piatto del tipo "foglia verde" e stoviglie in maiolica monocroma bianca. Si tratta dunque di un contesto di tardo XVI-XVII secolo. Veniamo infine alle fosse degli ambienti 11 e 12. La prima (dimensioni m 2,40x2,00) addossata alla fondazione del muro 304, ha le parte nord e ovest foderate con murature a corsi alternati di ciottoli e laterizi. La volta di copertura si è conservata solo parzialmente e sulla faccia inferiore mostrava evidenti tracce dell'incannicciato utilizzato nella costruzione (fig. 48). Non è stato rinvenuto alcun deposito, poiché una ripavimentazione degli A.11, 12 e 13, eseguita negli anni '70, ha asportato quasi completamente la stratigrafia orizzontale degli A. 11 e 13, con l'esecuzione di cor 76

9 Fig. 48 Particolare della volta 303 (ambiente 11), con le tracce di incannicciato. doli in cemento lungo i muri perimetrali e l'imposta di un solaio su rete metallica. L'A.12, una volta rimosso il solaio, ha presentato invece su tutta l'area l'impronta di una volta, impressa su una struttura in grassello (di consolidamento) dello spessore di 30 cm ca., eseguita per la rimozione della volta stessa, probabilmente pericolante. Lo spazio sottostante ha conservato, seppure disturbato, il deposito della fossa biologica a cui giungevano almeno tre discendenti (uno nel muro 304, uno nel muro di tamponamento e uno appoggiato al muro 321, incamiciato in una colonna di laterizi). Sulla scorta dei materiali recuperati, l'uso della fossa si data dal XV al XVII secolo. Altre tre fosse biologiche, non scavate per motivi statici, si trovano rispettivamente nel piccolo vano tra l'a.5 e l'a.2, in comunicazione con un'altra fossa esterna al di là del muro di tamponamento 19, nella torre, nell'ambiente d'ingresso al di sotto della scala d'accesso allo scantinato. 77

10 Fosse biologiche esterne AREA 1000 A ridosso del muro di tamponamento 19 si apre una profonda fossa con pareti foderate in ciottoli e laterizi (a corsi alternati) comunicanti ad est con l'altra fossa non scavata (vedi sopra) e la cui volta di copertura presenta due fasi di costruzione. Il deposito è risultato composto da 8 unità stratigrafiche, raggruppabili in 6 fasi d'uso della fossa stessa. La fase VI è relativa ad un riempimento composto da terra sciolta, laterizi e calcinacci, e pochissimi frammenti ceramici (invetriata slip-ware e maiolica XVI-XVII sec.) ed è relativa all'abbandono dell'uso della fossa biologica. La fase V è data da un solo strato caratterizzato da terra sciolta, scura e soffice, contenente residui di calce, e possiamo considerarla come l'ultima fase di utilizzazione come struttura di servizio igienico. La fase IV è data da uno strato con terra argillosa, scura, con residui organici, anche cinerosi. La fase III appartiene probabilmente alla ristrutturazione della volta di copertura, poiché i due strati ad essa relativi presentano frammenti laterizi, calcinacci, in un terreno sciolto, marrone scuro. La fase II è data da uno strato di calce, un vero e proprio piano, sigillante la prima fase d'uso del pozzo nero (a partire da quota -308), caratterizzata da uno strato di terreno argilloso, grigiastro per la ricca presenza di residui cinerosi. Mentre le fasi V-II non hanno restituito alcun frammento di materiale, alla fase I appartiene un unico frammento di maiolica arcaica tarda (forma aperta) che conferma la datazione dell'impianto della struttura, già supposta a livello di logica stratigrafica, entro la metà del XV sec. Il dato interessante mostrato da questa struttura è l'uso della calce per la bonifica e la disinfezione delle fosse biologiche (dato del resto già noto) che troveremo anche in altre fosse esterne. La seconda fossa biologica dell'area 1000 è addossata al plinto 1039, sfruttando la presenza di quest'ultimo come parete est; le altre pareti sono foderate in ciottoli di piccole e medie dimensioni, disposti su corsi irregolari (analogamente al pozzo nero dell'a.4). 78

11 Fig. 49 La volta La volta di copertura (US 1038) si è presentata sfondata sul lato est; il danno è probabilmente da attribuire all'ampliamento, nel XVI secolo, delle fosse biologiche inteme ali'a.2, la cui parte esterna confina con la fossa in esame (fig. 49). Il deposito non ha restituito alcun materiale. Vi sono state distinte 2 fasi d'uso: la prima è data da un piano di calce distribuito su tutta l'area (ciò può indicare un'operazione di predisposizione all'uso della fossa, oppure che, dopo un primo svuotamento, si è 79

12 proceduto ad una bonifica); la seconda da strati di terreno nero, argilloso, con abbondanza di residui organici (molti i gusci d'uovo), soprattutto nei pressi del plinto, dove è evidente la traccia dello scivolo di entrata. Infine abbiamo i residui del crollo della volta (dopo che l'ampliamento sopra citato ne ebbe danneggiato l'appoggio sul lato sud-est) in un terreno marrone plastico. L'assenza di materiali ceramici e vitrei e di resti di pasto (numerosissimi nelle fosse biologiche interne) in questi due pozzi (se si escludono i rari frammenti dello strato superficiale del pozzo coperto dalla volta 1154) lascia supporre una differenziazione d'uso negli scarichi all'interno del palazzo, che vale la pena di approfondire. AREA 8000 Una situazione analoga, che rafforza quanto ora detto, è offerta dall'unica fossa scavata nell'area 800 (lato est del porticato esterno) dove, tranne che nel riempimento superficiale (US 878) contenente, oltre che a calcinacci, invetriata con decorazione ad ingobbio e maiolica di XVI-XVII secolo, non sono stati trovati altri materiali e neppure resti di pasto. La stratigrafia, assimilabile a quella dei pozzi dell'area 1000, soprattutto per la presenza di terre argillose, compatte, ricche di cenere e di residui organici, è cosi riassumibile: Fase II: terreno marrone scuro, soffice, con calcinacci, rari frammenti laterizi (abbandono dell'uso della fossa); Fase I: terreno argilloso, ricco di residui cinerosi e carboniosi (US ). Nell'ultimo degli strati argillosi era ben evidente un avvallamento di forma semicircolare parzialmente riempito da laterizi interi e frammentari (fig. 50). Dal punto di vista della struttura si tratta di un ambiente a pianta rettangolare, definito da murature contro terra in corsi alternati di ciottoli e laterizi; la parete ovest, posta al di sotto dell'arco di sostruzione del muro di tamponamento, poggia su due plinti (US 340 e 348) e divide questa fossa dall'altra, speculare, posta neh'a.ll. Un discendente arriva all'angolo nord-ovest, inserito nel muro di tamponamento. La copertura a volta, sfondata sul fronte ovest, presenta le trac 80

13 Fig. 50 La stratigrafia evidenziata nella fossa biologica scavata nell'area 800. ce di incannicciato sulla faccia sottostante, analogamente alla fossa dell'a.ll. Le pareti est, sud, nord della fossa sono le uniche a presentare uno spiccato di fondazione in grossi ciottoli. Nell'area 800 restano da esaminare altre due fosse biologiche ed un silos da grano, riutilizzato come pozzo di scarico, come mostra la canaletta introdotta nella corona. 81

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