di M. PASQUALI LASAGNI A. SCARCHILLI V. SEPE
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1 Istituto Chirurgico Ortopedico Traumatologico di Latina Direttore: Prof. Marco Pasquali Lasagni LA NOSTRA ESPERIENZA SUGLI INTERVENTI SCHELETRICI, NELLA PATOLOGIA DEGENERATIVA, DELL'APPARATO ESTENSORE DEL GINOCCHIO di M. PASQUALI LASAGNI A. SCARCHILLI V. SEPE INTRODUZIONE Il trattamento chirurgico nella patologia non traumatica dell'apparato estensore è un argomento molto vasto, che presuppone numerose problematiche legate in prima istanza ad una corretta diagnosi e successivamente all'impiego di tecniche chirurgiche che non solo risolvano la patologia in questione ma che siano in grado di ripristinare l'equilibrio delle forze che agiscono sul ginocchio. Come risulta dal titolo abbiamo escluso in questo lavoro in base al programma Congressuale quegli interventi che agiscono sulle cosiddette "parti molli". Per brevità escludiamo inoltre gli interventi intesi a modificare le anomalie rotazionali di femore e tibia e le deformità assiali di ginocchio, limitandoci agli interventi strettamente localizzati sullo scheletro dell'apparato estensore. Per seguire un ordine semplificativo abbiamo suddiviso gli interventi utilizzati a seconda dello scopo biomeccanico che si prefìggono. Come noto sulla rotula vi sono forze agenti sia sul piano sagittale (coaptazione femoro-rotulea) sia sul piano frontale (9,11). 1) Gli interventi preposti a modificare le forze che agiscono sul piano sagittale sono: Relazione del congresso Ospedaliero di Ortopedia e Traumatologia Campano- Laziale. Formia, settembre 1994.
2 M. PASQUALI LASAGNI, A. SCARCHILLI, V. SEPE a) l'avanzamento della tuberosità anteriore della tibia (T.T.A.) sec. Maquet; b) l'innalzamento o abbassamento della T.T.A.; c) l'osteotomia di riduzione della rotula. 2) Gli interventi che modificano le forze sul piano frontale sono: a) dislocazione mediale del tendine rotuleo (Elmslie, Goldthwait, Grammont); b) interventi che agiscano direttamente sul piano articolare: l'osteotomia della troclea femorale (Albee). 3) Gli interventi direttamente eseguiti sulla cartilagine articolare o sul tessuto osseo sottocondrale: a) spongiosizzazione rotulea; b) patelloplastica biologica o no; c) perforazioni alla Pridie; d) artroplastica femoro-rotulea. INTERVENTI CHE AGISCONO SUL PIANO FRONTALE 1) L'avanzamento della T.T.A. sec. Maquet La casistica ed i risultati di una tecnica (3) che presso l'i.c.o.t. di Latina abbiamo adottato ormai da diversi anni è stata oggetto di una nostra pubblicazione (atti A.L.O.T.O. 1994) alla quale rimandiamo il lettore. L'argomento del resto è stato trattato in questa sede Congressuale da Carreri-Tripodi pertanto abbiamo deciso di evitare ripetizioni. Possiamo comunque sinteticamente dire che i risultati complessivi sono comunque positivi con un 86% di risultati soddisfacenti (50% ottimi 36% buoni) ad oltre 5 anni di follow-up. 2) Abbassamento della T.T.A. per rotula alta La patologia clinica della rotula alta non si discosta molto dalla sintomatologia presente in altri casi di disfunzione rotulea quali il dolore ed il cedimento del ginocchio per la sublussazione laterale rotulea.
3 La nostra esperienza sugli interventi scheletrici, nella patologia degenerativa Assume così fondamentale importanza per un inquadramento nosologico una attenta valutazione radiografica secondo le metodiche di Insall-Salvati (10) o di Caton. Infatti la rotula alta primitiva è rara ed è spesso associata ad un recurvato sia osseo che legamentoso (cosiddetta pseudopatella alta) (15). In tal caso una osteotomia tibiale alta di procurvamento è spesso sufficiente a migliorare il quadro clinico. L'abbassamento della T.T.A. è stato adottato presso l'i.c.o.t. solo in cinque casi, in quanto abbiamo generalmente preferito agire sulle formazioni muscolari e legamentose periferiche. Nei casi eseguiti la T.T.A. è stata distaccata con almeno 4 cm. di cresta tibiale e sintetizzata con 2 viti per consentire una precoce mobilizzazione articolare. I risultati clinici dei cinque casi operati sono stati più che soddisfacenti con buon centramento rotuleo e scomparsa della instabilità. 3) Innalzamento della T. T.A. per rotula bassa La rotula bassa è in genere secondaria ad interventi o traumi sul ginocchio con conseguente immobilizzazione articolare prolungata e retrazione del tendine rotuleo e/o dei legamenti alari (6). L'impegno della rotula nella gola intercondiloidea durante la flessione articolare è responsabile di degenerazione artrosica sia rotulea che trocleare precoce. Abbiamo trattato tale patologia in quattro casi con il solo innalzamento della tuberosità tibiale come intervento a sé stante. Altre 8 volte invece come tempo chirurgico associato di un intervento più complesso (protesi totali). E importante che la superficie cruenta sia abbondante, che la stecca ossea sia spessa ed anche in questo caso lunga almeno 4 cm e che non venga dislocata prossimalmente oltre il piatto tibiale, per evitare fratture secondarie nel corso delle sollecitazioni cui è sottoposta nella flessione attiva del ginocchio che anche in questo caso deve essere iniziata appena possibile.
4 M. PASQUALI LASAGNI, A. SCARCHILLI, V. SEPE Non abbiamo esperienza di allungamento del tendine rotuleo con la tecnica descritta da Dejour. 4) L'osteotomia di rotula (12) È indicata nella sofferenza da condrite femoro rotulea per eccessiva pressione sai globale che localizzata (rotula spessa), o nei casi di rotula malformata tipo Wiberg III e IV (18) con riduzione dell'appoggio limitato alla sola faccetta articolare esterna. Nella rotula spessa trova indicazione l'osteotomia di sottrazione frontale descritta da Bousquet (Disegno l e 2) di cui abbiamo l'esperienza di 6 casi con ottimo risultato sul dolore condritico (Fig. l, 2 e 3). Non abbiamo invece esperienza dell'osteotomia sagittale di Morscher. INTERVENTI CHE AGISCONO SUL PIANO FRONTALE 1) L'intervento di Elmslie (4) È finalizzato a modificare i rapporti della rotula con la troclea femorale nei casi di eccessiva ampiezza nell'angolo Q. Lo pratichiamo secondo i dettami della tecnica originale della Scuola Lionese illustrata da Trillat (16) e dalla sua Scuola con la sezione di una lunga porzione di cresta tibiale possibilmente peduncolata distalmente a mezzo del periostio, associandolo spesso ad un avanzamento secondo Maquet (Fulkerson 1983) (6) nei casi in cui la iperpressione abbia già determinato una degenerazione artrosica. Non abbiamo eseguito una dislocazione superiore ad l cm. in quanto sovente una riduzione eccessiva dell'angolo Q, può determinare una iperpressione femoro-tibiale mediale o una rotazione secondaria esterna della tibia nel tentativo biologico di riformare l'angolazione originaria. Nella nostra casistica che consta 117 casi abbiamo sempre utilizzato per l'avanzamento osso omoplastico di banca senza lamentare pseudoartrosi o riassorbimento dell'impianto.
5 La nostra esperienza sugli interventi scheletrici, nella patologia degenerativa Disegno 1. Disegno 2.
6 M. PASQUALI LASAGNI, A. SCARCHILLI, V. SEPE Fig. 1. Fig. 2.
7 La nostra esperienza sugli interventi scheletrici, nella patologia degenerativa Fig. 3. La stecca è stata sintetizzata con l o con 2 viti a seconda se il periostio distale era rimasto intatto o avesse subito delle rotture nel distacco. L'intervento è stato quasi sempre completato da una sezione del legamento alare esterno, e talvolta da un abbassamento-orizzontalizzazione del vasto mediale: le fibre del vasto mediale obliquo infatti, inserendosi sul bordo interno della rotula a 55, giocano un ruolo assai importante nello stabilizzare la rotula negli ultimi 20 di estensione nella troclea (17). Il miglioramento dell'orientamento rotuleo è stato ottenuto così nell'80% dei casi, con scomparsa della sintomatologia dolorosa primitiva. 2) L'intervento di Goldthwait (7, 8) Trasposizione mediale dell'emitendine rotuleo laterale è considerato intervento sulle "parti molli". Lo abbiamo incluso in questo studio poiché noi preferiamo, diversamente dalla tecnica originale, distaccare dalla tibia as-
8 M. PASQUALI LASAGNI, A. SCARCHILLI, V. SEPE sieme con la metà laterale del tendine una pasticca ossea, che viene passata al di sopra della metà mediale e sintetizzata con una piccola vite medialmente alla sua inserzione. Così facendo si ottiene un sollevamento laterale della rotula, che va aiutato con la sezione del legamento alare esterno. Lo abbiamo eseguito con risultati ottimi o buoni in 15 casi di sindromi da iperpressione esterna. Nei casi in cui non fosse ancora avvenuta l'ossificazione della cartilagine epifisaria Grammont esegue la trasposizione dell'inserzione distale del tendine rotuleo distaccandolo dalla tibia con un lembo periostale senza lamentare danni della cartilagine stessa. Noi non abbiamo esperienza diretta di questa metodica. 3) L'Osteotomia della troclea femorale Così come descritto da Albee (1) prevede l'innalzamento del versante laterale della troclea femorale ripristinando nei casi di displasia una superficie di scorrimento rotulea orientata più fisiologicamente a contrastare l'angolo Q. Non abbiamo mai adottato presso il nostro Istituto tale intervento; né l'affondamento della troclea secondo la metodica della Scuola Lionese. INTERVENTI CHE AGISCONO SUL PIANO ARTICOLARE 1) La spongiotizzazione di rotula sec Ficat (5) Trova indicazione nelle gravi distruzioni del mantello cartilagineo rotuleo con sclerosi dell'osso subcondrale. L'intervento consiste nella totale asportazione della cartilagine e dell'osso subcondrale; così facendo si elimina il tessuto osseo sclerotico sottocondrale e si asportano le terminazioni sensitive sottocondrali della rotula eliminando il dolore. Il tessuto spongioso messo a nudo si ricopre rapidamente di uno strato di connettivo-fibroso favorendo in questo modo lo scivolamento delle superfici a contatto.
9 La nostra esperienza sugli interventi scheletrici, nella patologia degenerativa Vista la semplicità e l'efficacia di questo gesto chirurgico lo abbiamo adottato anche come tempo rotuleo nella protesizzazione totale di ginocchio in oltre 200 casi. 2) La patelloplastica Può dirsi un miglioramento della spongiotizzazione in quanto si riveste la superficie cruentata rotulea o con materiale biologico (sinoviale, fascia lata) o con materiale artificiale per favorire lo scorrimento precoce sulla troclea femorale. Noi usiamo coprire la rotula con un foglio di Silastic e suturarlo superficialmente con dei punti in Vycril (Fig. 4). Esso permette una mobilizzazione indolore immediata post-operatoria del ginocchio. Dopo circa l mese i punti in Vycril hanno ceduto, il Silastic si è più o meno mobilizzato e viene asportato artroscopicamente; nel frattempo ha consentito il formarsi sul piano rotuleo di uno strato connettivale, che ricopre la spongiosa rotulea, come dopo una spongiotizzazione ma con molto meno dolore iniziale. 3) Le perforazioni alla Pridie (14) Costituiscono ancora un buon sistema di rivascolarizzazione del tessuto osseo sub-condrale nelle gravi ulcerazioni localizzate. Ne abbiamo una casistica di oltre 50 casi. In 35 le perforazioni sono state associate ad infìssione nei fori di chiodini di fibre di carbonio, senza tuttavia notare differenze particolari nell'utilizzo di queste metodiche. Con entrambe le metodiche abbiamo tuttavia riscontrato nei casi di accertamenti artroscopici a distanza di tempo, una buona formazione di tessuto fibrocartilagineo attorno ai fori. 4) La protesi femoro-rotulea L'artroplastica femoro-rotulea trova indicazione quando il processo degenerativo è in fase molto avanzata (stadio IV di Outerbridge).
10 M. PASQUALI LASAGNI, A. SCArCHILLI, V. SEPE Fig. 4. Fig. 5.
11 La nostra esperienza sugli interventi scheletrici, nella patologia degenerativa Dal 1980 presso l' I.C.O.T. di Latina abbiamo utilizzato protesi femoro rotulee modello Grammont e Bousquet dal 1984 abbiamo invece impiantato protesi mod. Pasquali (Fig. 5). L'impianto protesico eseguito in oltre 40 pazienti anche nel follow-up a lungo termine ci hanno dato ottimi risultati (13) facendoci ritenere tale presidio tuttora valido in caso di interessamento del solo compartimento anteriore in assenza di deviazioni assiali. CONCLUSIONI A nostro avviso alla base di un adeguato trattamento chirurgico è come sempre lo studio approfondito della biomeccanica articolare. L'utilizzo di nuove tecniche diagnostiche quali la T.C. e la R.M.N., senza rinnegare l'importanza della radiologia tradizionale, può dare un valido aiuto nell'approfondimento diagnostico e nella valutazione delle lesioni da trattare. Bisogna ribadire tuttavia che l'analisi clinica dei molti fattori che incidono sulla biomeccanica femoro-rotulea è prevalente rispetto a qualsiasi altra indagine; l'analisi deve considerare sia i fattori intrinseci della femoro rotulea sia i cosiddetti fattori estrinseci: il morfotipo di ginocchio, la patologia torsionale, le patologie associate dell'anca e del collo piede, la cui risoluzione è talvolta, oltretutto, più rilevante della patologia articolare vera e propria. Riassunto Gli Autori espongono sull'esperienza nel trattamento chirurgico della patologia non traumatica dell'apparato estensore del ginocchio presso l'i.c.o.t. di Latina. Oltre ad una breve parentesi sulle indicazioni, vengono riportate per le diverse tecniche chirurgiche, la casistica ed i risultati a distanza. Bibliografia 1) ALBEE F.H.: The bone graft Wedge in the treatment of abitual dislocation of patella. Med. Rec. 88: 257, ) CATON G., DESCHAMPS G., CHAMBAT P. et al.: Les rotules basses: à propos de 128 observations: Rev. Chir. Orthop. 68: 317, 1982.
12 M. PASQUALI LASAGNI, A. SCARCHILLI, V. SEPE 3) DE PASQUALI P.M., FRANCESCHINI G., IUNDUSI C., SCARCHILLI A.: L'intervento di Maquet: casistica e risultati. Atti riunioni A.L.O.T.O ) ELMSLIE R.C.: Unpublished work at St. Bartholomew Hospital, London, Quoted by I.S. Smillie. In: "Disease of the Knee Joint" Edinburgh, ) FICAT R.P., FICAT, GEDEON P., TROUSSIANT J.B.: Spongialization: a new treatment for diseased patellae. Clin. Orthop. Rel. Res. 14, 74, ) FULKERSON J.P.: Anteromedialization of the tibial tuberosity for patellofemoral malalignement. Clin. Orthop, and rel. res. 177, 176, ) GOLDTHWAIT J.E.: Dislocation of the patella: Trans. Am. Orthop. Assoc.: 237, ) GOLDTHWAIT J.E.: Permanent dislocation of the patella: report of a case of twenty years duration, successfully treated by transplantation of the patella tendons with the tubercle of the tibia. Am. Surg. 29: 62, ) HUNGERFORD D.S., BARRY N.: Biomechanics of the patella-femoral. Joint Clin. Orthop. 144: 9, ) INSALL J.N., SALVATI E.: Patella position in the normal knee Joint. Radiology 101, ) MAQUET P.: Considerations biomècaniques de l'arthroses du genou. Un traitment Biomècanique de l'artrose fèmoropatellaire. L'avancement du tendon rotulien. Rev. Rheumat. Nal. Ostéoartic., 1996, 30, ) PASQUALI LASAGNI M.: Le osteotomie di rotula. Relazione St. Vincent ) PASQUALI LASAGNI M., SCARCHILLI A. et al.: La protesi femoro-rotulea: casistica e considerazioni cliniche. Il Ginocchio. Anno XI, Vol ) PRIDIE K.H.: A method of resurfacing osteoarthritic knee joints. J. Bone Joint Surg. (Br) 41 B: 618, ) REIDER B., MARSCHALL J.L., KOSLIN B. et al.: The anterior aspect of the Joint in anatomical study. J. Bone Joint Surgery (AM) 63 A:351, ) TRILLAT A., DEJOUR H. and COUETT A.: Diagnostic et traitment des subluxations recidivantes de la rotule: Revue de Chinirgie Orthopèdique 50, 813, ) VILLARUBIAS J.M.: Patologia del aparato extensore de la rodilla. Editorial JMS ) WIBERG G.: Roentengraphic and anatomic studies in the femoro-patellar Joint with special reference to chondromalacia patellae. Acta Orthop. Scad. 319, 141.
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