Macroeconomia Intermedia Paolo Canofari (6 CFU)

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1 Macroeconomia Intermedia Paolo Canofari (6 CFU) Lezione 1: Derivazione della curva di Philips Riscriviamo l equazione della curva AS (offerta aggregata). Pt = livello dei prezzi fissato dalle imprese M = markup applicato dalle imprese W = salario reale che dipende da Z e u Z = fattori strutturali del mercato del lavoro che hanno effetto positivo sul salario reale (es. forza contrattuale dei sindacati e dei lavoratori) u = tasso di disoccupazione che ha effetto negativo sul salario reale. Dividiamo entrambi i membri dell equazione per Pt 1 e poi calcoliamo il tasso di inflazione. 1

2 Possiamo quindi riscrivere nel seguente modo l equazione iniziale: Dividiamo entrambi i membri per 1+πet e otteniamo la seguente equazione: Esplicitiamo la funzione del salario reale nel seguente modo: dove alfa è la sensibilità del salario reale al tasso di disoccupazione e Z è la forza contrattuale. Il rapporto 1+ πt/1+πet può essere approssimato in questo modo: Riscriviamo dunque l equazione con la nuova approssimazione e ricaviamo la curva di Philips. 2

3 Il tasso di inflazione πt dipende dal tasso di disoccupazione ut: se quest ultimo è più alto i lavoratori riusciranno a spuntare salari reali più bassi, di conseguenza attraverso il markup le imprese fisseranno un prezzo più basso, e ciò comporterà un minor tasso di inflazione. Il tasso di inflazione attesa πet influisce di nuovo sul tasso di inflazione effettivo πt, poiché se i prezzi aumentano o se il tasso di inflazione aumenta, tale aumento verrà incorporato nelle rivendicazioni salariali dei lavoratori e attraverso il markup si trasferirà nuovamente sul livello dei prezzi. Analogamente, il tasso di ricarico delle imprese agisce a parità di disoccupazione e tasso di inflazione attesa sul livello dei prezzi e quindi dell inflazione. Infine, se i lavoratori hanno molta forza contrattuale a parità di tasso di disoccupazione ciò andrà ad aumentare il livello dei salari e quindi di conseguenza il livello dei prezzi. Ciò spiega come in Paesi con uguali tassi di disoccupazione possono verificarsi tassi di inflazione differenti poiché è diversa ad esempio la struttura del mercato del lavoro o quella delle imprese. Utilizzando i dati tra il 1860 e il 1958 (serie storica) del tasso di disoccupazione e del tasso di inflazione, Philips andò a stimare la relazione esistente tra i due. Partì dal presupposto che la variazione dei prezzi (o tasso di inflazione πt) poteva essere messa linearmente in rapporto, attraverso il margine di ricarico, con il tasso di disoccupazione ut. Posto che la variazione dei salari fosse collegata negativamente al tasso di disoccupazione, più i salari erano alti più aumentava, attraverso il margine di ricarico delle imprese, il tasso di inflazione. Dai punti sul grafico generati dalle due variabili Philips derivò un andamento decrescente del tasso di inflazione rispetto al tasso di disoccupazione. 3

4 A partire dagli anni 70 altri economisti iniziarono a notare che dai dati a partire dal 1900 fino agli anni 70 questa relazione stimata da Philips sembrava non sussistere più. Si otteneva una nuvola di punti piuttosto confusa tale da non consentire di capire se la relazione tra i due tassi fosse crescente o decrescente. Nell originaria curva di Philips si ricavava il tasso naturale di disoccupazione; esso indicava che in media le aspettative sul tasso di inflazione per periodo successivo erano pari a zero. Ciò spiegava la stabilità della curva di Philips. Successivamente però le politiche espansive tesero a mantenere il tasso di disoccupazione ben al di sotto del tasso di disoccupazione naturale, considerando un aspettative inflazionistica pari a 0. Mano a mano che u rimaneva a questo livello, il tasso di inflazione generato (data la curva di Philips) passava ad un livello π1. Nel corso del tempo questa inflazione positiva è entrata nelle aspettative, quindi si è avuto un incremento delle aspettative da 0 ad un valore positivo. 4

5 L incremento dell aspettativa di inflazione comporta uno spostamento verso l alto della curva di Philips, con una nuova aspettativa > 0 e uguale a π1, cioè l inflazione del periodo precedente. Quindi la curva di Philips non è scomparsa, ma sono variate le aspettative inflazionistiche. Se u si mantiene al di sotto del tasso naturale, l inflazione continuerà a salire entrando nuovamente nelle aspettative degli operatori e generando quindi un ulteriore spostamento della curva di Philips. Questa condizione ovviamente non si verifica perché tramite politiche o altre manovre il tasso di disoccupazione tornerà al livello naturale. Assunto che il tasso di inflazione atteso è uguale al tasso di inflazione del periodo precedente, possiamo riscrivere l equazione della curva di Philips nel seguente modo: Esisterà un tasso di disoccupazione che rende nulla la prima differenza, cioè che non fa variare il tasso di inflazione, ed è il tasso di disoccupazione naturale. Se il tasso di disoccupazione è al di sopra del livello naturale avremo una riduzione del tasso di inflazione, se è al di sotto avremo un aumento dell inflazione. 5

6 Rappresentiamo graficamente la nuova curva di Philips, mettendo però sull asse verticale non il tasso di inflazione ma la sua variazione (πt - πt-1) rispetto al tasso di disoccupazione. Quando ut è uguale al tasso naturale non avviene alcuna modifica nel tasso di inflazione. Quindi in corrispondenza del tasso u naturale il tasso di inflazione è uguale a quello del periodo precedente, cioè non vi è variazione. Se, invece, per mezzo di politiche espansive u viene tenuto al di sotto del suo livello naturale, ciò comporta un aumento dell inflazione ed innesca un processo inflazionistico finché u non torna al livello naturale. Analogamente, con un tasso u più alto del livello naturale il tasso di inflazione tende a diminuire (non diventa negativo!) rispetto al valore precedente. 6

7 A livello econometrico stimiamo i coefficienti a0 e a1 come la relazione tra la variazione del tasso di inflazione ed il tasso di disoccupazione. Individuata tale relazione, dobbiamo cercare quel tasso di disoccupazione che rende nulla la variazione del tasso di inflazione con il calcolo un = a0/a1. Lezione 2: Legge di Okun e politiche monetarie Negli anni 70 Okun stimò la seguente relazione per glli Stati Uniti: dove il primo membro è il differenziale del tasso di disoccupazione tra il periodo t e il periodo t-1. Utilizzò la seguente equazione: dove al secondo membro ciò che è contenuto tra parentesi è il differenziale tra il tasso di crescita reale del PIL e il tasso di crescita del PIL di lungo periodo (o tasso di crescita del PIL naturale o potenziale). Il coefficiente delta, stimato da Okun intorno a 0,4, è un numero minore di 1. Ci aspettiamo che esso sia minore di 1 per catturare l ipotesi del lavoratore scoraggiato. L equazione mostra come per ridurre il tasso di disoccupazione ut rispetto a quello del periodo precedente non è sufficiente che vi sia un tasso di crescita del PIL positivo, ma è necessario che questo sia superiore al tasso di crescita del PIL di lungo periodo. Nel caso specifico dei dati relativi agli anni 70 negli Stati Uniti era necessario che il tasso di crescita del PIL fosse superiore al 3% affinché si potesse ridurre il tasso di disoccupazione. Esplicitiamo la funzione di produzione aggregata Yt nel seguente modo: dove Yt è il PIL di lungo periodo, Nt è la forza lavoro (quanti lavoratori sono a disposizione o vengono impiegati all interno del sistema economico), At è la tecnologia (indice di produttività per ogni unità di lavoro, incorporante sia il fattore capitale sia la tecnologia). Il tasso di crescita del PIL si calcola con la derivata del PIL rispetto al tempo moltiplicato per 1/Yt (dividere la variazione del PIL per il PIL stesso). Lo stesso si fa per At e Nt, dividendoli per Yt. 7

8 Il primo membro non è altro che il tasso di crescita naturale (cioè quello che dipende dalla forza lavoro e da tecnologia e capitale), quindi gn, nel secondo membro sostituiamo Yt con la funzione AtxNt. I due addendi che compongono il secondo membro dell equazione sono tassi di variazione, il primo è il tasso di variazione della tecnologia, il secondo il tasso di variazione della forza lavoro. Quest ultima equazione è molto importante perché permette di mostrare come il tasso di crescita di lungo periodo (3%) dipenda da due altre varibili, cioè il progresso tecnologico e il tasso di crescita della forza lavoro (cioè aumento della popolazione, che avviene con immigrazione e nuove nascite). Se il tasso di crescita del PIL è uguale al tasso di crescita del PIL naturale (avendo per esempio un tasso di tecnologia intorno al 2% e di forza lavoro intorno all 1%) non vi è alcuna diminuzione del tasso di disoccupazione perché il PIL è interamente dovuto allo sviluppo della tecnologia o all aumento della forza lavoro. Supponiamo che il tasso della tecnologia sia pari a 0, quindi l unica variabile che fa aumentare il PIL naturale è il tasso di crescita della forza lavoro (1%). Immaginiamo che il tasso reale dell economia sia dello 0%. Ovviamente ciò comporta un aumento del tasso di disoccupazione, poiché non vi è stato un aumento del PIL sufficiente a compensare l aumento della forza lavoro. Se invece abbiamo un tasso di crescita tecnologica del 2% e un tasso di crescita della forza lavoro dell 1%, se il PIL aumenta del 4% (quindi di un valore superiore ai due tassi) la differenza tra quanto è cresciuta l economia (4%) e il tasso di crescita naturale (3%) andrà a ridurre in parte il tasso di disoccupazione. Solo in parte perché bisogna considerare anche il coefficiente delta (0,4), che riduce l effetto espansivo dovuto all incremento del PIL. Avremo quindi una diminuzione del tasso di disoccupazione pari allo 0,4%. Riscriviamo l equazione di domanda aggregata, considerando gamma0 = 0 e quindi che la domanda aggregata sia determinata solo dalla politica monetaria. 8

9 Il tasso di crescita del PIL (gty) è quindi uguale al tasso di crescita dell offerta di moneta meno il tasso di crescita dei prezzi (o tasso di inflazione πt). È necessario che il tasso di crescita della moneta sia superiore al tasso di inflazione affinché si abbia un tasso di crescita effettivo del PIL reale. Infatti, se il tasso di crescita della moneta è uguale a quello dell inflazione lo stock di moneta in termini reali rimane immutato e quindi non abbiamo alcun effetto. Riscriviamo la Legge di Okun e la Curva di Philips, ed introduciamo la politica monetaria: tasso di crescita reale del PIL = tasso di crescita dello stock di moneta in termini nominali - tasso di inflazione. Ipotizziamo la seguente situazione con i seguenti dati: 9

10 Si intende ridurre il tasso di inflazione verso un tasso di inflazione target del 5%. Quali sono le politiche che la Banca centrale può attuare per raggiungere tale obiettivo? Supponiamo di partire da una situazione di equilibrio, cioè in cui il tasso di crescita del PIL è uguale al tasso di crescita del PIL naturale, e il tasso di disoccupazione è uguale al tasso naturale. Prima ipotesi: decidere di abbassare in un solo anno il tasso di inflazione dal 21 al 5%. Applicando la curva di Philips avremo 5-21 = - (ut - 6) ut = 22. Risolvendo l equazione otteniamo che bisogna portare il tasso di disoccupazione al tempo t ad un livello del 22%, quindi altissimo. Dobbiamo vedere attraverso la legge di Okun di quanto si deve far decrescere il PIL. Otteniamo che il tasso di crescita del PIL dovrà essere di -37%. Occorre quindi generare una recessione del 37% al tempo t per alzare il tasso di disoccupazione dal 6% al 22%. Applicando l equazione della politica monetaria, occorre che quest ultima generi un tasso di crescita negativo del 37% allo scopo di raggiungere un tasso di inflazione del 5%; occorre quindi che lo stock di moneta sia ridotto del 32%. Ma qual era il tasso di crescita della moneta con un tasso di inflazione del 21%? Considerato che il tasso di crescita del PIL era uguale a quello naturale (3%), svolgendo l equazione avremo: Nel lungo periodo, quando il tasso di crescita è uguale al tasso naturale, l inflazione è un fenomeno puramente monetario, cioè dipende soltanto dal tasso di crescita della moneta. Se l obiettivo è avere un inflazione di lungo periodo pari a 0, occorre che il tasso di crescita della moneta sia uguale al tasso di crescita naturale del PIL. Seconda ipotesi: ridurre il tasso di inflazione dal 21% al 5% non in un solo anno ma in diversi anni, riducendo dell 1% ogni anno. Applicando la curva di Philips avremo - 1 = ut - 6 ut = 7. Risolvendo l equazione otteniamo che bisogna portare il tasso di disoccupazione al tempo t ad un livello del 7%, tenendo tale tasso al 7% per diversi anni (fino ad arrivare al tasso di inflazione del 5%). Possiamo quindi calcolare quale tasso di crescita o decrescita del PIL bisogna avere per raggiungere un tasso di disoccupazione del 7% e quindi di quanto dobbiamo ridurre lo stock di moneta ogni anno. 10

11 Lezione 5 [Il tasso di cambio può essere definito come numero di unità di moneta estera che possono essere acquistate con un unità di moneta nazionale.] Riscriviamo l equilibrio nel mercato dei beni come reddito uguale spesa, riscrivendo la spesa in un modo più generale: dove Y è il reddito del paese considerato, Y* quello estero ed Epsilon è il tasso di cambio reale, dato dalla seguente equazione: dove E è il tasso di cambio nominale, P* indica i prezzi esteri, P indica i prezzi interni. Il tasso di cambio nominale è la quantità di valuta nazionale per unità di valuta estera. Ciò significa che se abbiamo un incremento di E, quindi un incremento del tasso di cambio nominale, sono necessarie più unità di valuta nazionale per un unità di valuta estera e si ha quindi un deprezzamento del tasso di cambio nominale. Viceversa, una riduzione del tasso di cambio nominale comporta un apprezzamento della valuta nazionale rispetto a quella estera. P* e P sono indici dei prezzi. Se vogliamo avere un indice di competitività dell area euro rispetto agli USA dobbiamo moltiplicare i prezzi degli USA per il tasso di cambio nominale e dividere per i prezzi nell area euro. Fermi restando E e P, se aumeta P* (inteso come i prezzi negli USA), aumenta Epsilon, perché se il tasso di cambio nominale e i prezzi in Europa non mutano ma i prezzi negli USA aumentano ciò comporta un deprezzamento reale dell euro rispetto al dollaro. Quindi le merci europee diventano più competitive di quelle degli USA. Fermi restando, invece, E e P*, se aumenta P (inteso come i prezzi in Europa), si ha un riduzione di Epsilon, cioè l Europa diventa meno competitiva degli USA perché vi è un apprezzamento reale dell euro rispetto al dollaro. Quindi il tasso di cambio reale rappresenta un indice di competitività di un area. Fermi restando, invece, P e P*, se E aumenta si ha una svalutazione dell euro rispetto al dollaro e ciò comporta un incremento del tasso di cambio reale. Quindi al deprezzamento nominale dell euro corrisponde un deprezzamento reale perché i prezzi sono rimasti fermi, e ciò migliora la competitività dell Europa rispetto agli USA, e aumenta le esportazioni nette tra Europa e USA. 11

12 Per semplificare la trattazione immaginiamo che P e P* rimangano fermi e che il loro rapporto sia uguale a 1 (P/P* = 1), e che quindi l inflazione attesa sia pari a 0 (πe = 0), cioè i prezzi siano costanti. Riscriviamo quindi l equazione: scrivendo E in luogo di Epsilon poiché se assumiamo che i prezzi siano fissi allora tasso di cambio nominale e reale sono uguali, e scriviamo i in luogo di r per lo stesso motivo. [Il tasso di interesse reale, è il tasso di interesse al netto del tasso di inflazione vigente in una data economia (tasso di interesse nominale).] [La parità dei tassi d'interesse è la relazione che lega i tassi d'interesse ai tassi di cambio.] Parità scoperta dei tassi di interesse Prediamo come esempio il tasso di interesse degli USA e quello medio dell Europa e un investitore che deve scegliere di acquistare bond dell uno o dell altro con capitale 1. Se investe 1 su un titolo ad un anno europeo otterrà un montante pari a 1+it. Per investire negli USA dovrebbe prima convertire quell euro in dollari e poi investirlo sul titolo emesso dal governo statunitense. Come si converte 1 in dollari data la definizione del tasso di cambio? Si deve per esso (1/Et). Per esempio, se il tasso di cambio è 0.8 per ogni dollaro dobbiamo dividere per 0.8 e otteniamo i dollari corrispondenti ad 1. Questi dollari devono poi essere investiti al tasso di interesse americano. Avremo quindi la seguente formula: Dopo un anno, quindi, il risultato della frazione dovrà essere moltiplicato per 1 + i*. Ciò che è stato ottenuto tramite investimenti però sono dollari, che bisogna nuovamente convertire in euro, quindi moltiplicare per Ee t+1, cioè il tasso di cambio al tempo t+1 che è un aspettativa. La condizione di non possibilità di arbitraggio stabilisce che i due rendimenti devono essere uguali: quello ottenuto investendo negli USA e quello dell area euro. Questa condizione rende indifferente l investimento in dollari o in euro. 12

13 Riscriviamo in questo modo l equazione della non possibilità di arbitraggio. Vale a dire che il tasso di interesse dell area euro è uguale al tasso di interesse degli USA + la variazione del tasso di cambio euro/dollaro. Dalla precedente equazione ricaviamo Et, cioè il tasso di cambio corrente, che è funzione dell aspettativa sul tasso di cambio per il periodo t+1 (che immaginiamo data) ed anche del tasso di interesse interno e da quello estero. Se questi due sono uguali, Et è uguale alle aspettative e quindi significa che non ci aspettiamo né un apprezzamento né un deprezzamento. Rappresentiamo graficamente l andamento del tasso di cambio rispetto al tasso di interesse interno. Esisterà un livello di tasso di interesse in corrispondenza del quale il tasso di cambio è uguale al tasso di cambio atteso, ed è il tasso di interesse estero. Se i* aumenta, Et aumenta e quindi osserviamo un deprezzamento dell euro perché i capitali si spostano negli USA. Ciò implica che vi è un aspettativa di apprezzamento dell euro rispetto al dollaro poiché alzandosi Et diventa maggiore dell aspettativa. 13

14 Se it aumenta, Et diminuisce e quindi osserviamo un apprezzamento immediato, ciò implica che vi è un aspettativa di deprezzamento del tasso di cambio poiché alzandosi Et diventa minore dell aspettativa. Possiamo quindi unire il modello IS-LM al discorso dell economia aperta, cioè il modello di Mundell-Fleming. Riscriviamo l equazione di equilibrio nel mercato dei beni sostituendo il tasso di cambio con l equazione della parità scoperta dei tassi di interesse. Il tasso di interesse di equilibrio del modello IS-LM è uguale al tasso di interesse estero. Proiettiamo quindi il tasso di interesse estero sul grafico dell andamento del tasso di cambio con il tasso di interesse. 14

15 Cosa avviene se facciamo una politica fiscale espansiva in regime di tasso di cambio flessibile? La IS si sposta in alto, quindi aumentano Y e i, che quindi diventerà superiore al tasso di interesse estero, quindi Et diminuisce (si è apprezzato), ma se l aspettativa rimane tale si genera un aspettativa di deprezzamento del tasso di cambio. La politica fiscale espansiva fa aumentare il reddito, che fa aumentare la domanda di moneta, che fa aumentare i tassi di interesse per tornare in equilibrio il mercato della moneta, l aumento dei tassi di interesse genera un aspettativa di deprezzamento del tasso di cambio perché oggi il tasso di cambio si apprezza e l aspettativa rimane uguale. Una politica fiscale genera deficit pubblico e deficit nella bilancia commerciale (twin deficit). Cosa avviene se facciamo una politica fiscale restrittiva in regime di tasso di cambio flessibile? La IS si sposta in basso, quindi diminuiscono Y e i, che quindi diventerà inferiore al tasso di interesse estero, quindi Et aumenta (si è deprezzato), ma se l aspettativa rimane tale si genera un aspettativa di apprezzamento del tasso di cambio. [Il modello Mundell-Fleming è un'estensione del modello IS-LM. Mentre il modello IS-LM descrive l'economia sotto una condizione di autarchia, il sistema Mundell-Fleming prova a descriverlo in economia aperta.] [Il tasso di cambio può essere lasciato variare liberamente nei mercati, con o senza dei limiti al di là dei quali la Banca Centrale interviene in difesa della valuta nazionale, oppure in un regime di cambi fissi.] Un regime di tasso di cambio fisso riduce l incertezza negli scambi internazionali per quanto riguarda il rischio di cambio. Per mantenere il tasso di cambio fisso occorre che: Ciò comporta la perdita di autonomia di politiche monetarie perché non si può far variare il tasso di interesse interno rispetto a quello estero altrimenti varia il tasso di cambio che non è più fisso. 15

16 In regime di tasso flessibile si parla di apprezzamento e deprezzamento dello stesso: in regime di tasso fisso si parla di rivalutazione e svalutazione. Una politica fiscale espansiva in regime di tasso fisso deve essere accompagnata da una politica monetaria espansiva affinché il tasso di interesse rimanga fisso e quindi non vari il tasso di cambio. Come fa la banca centrale a controllare il tasso di cambio? In un economia aperta l offerta di moneta è data dal credito interno (domestic credit), sotto il controllo della banca centrale, e dalle riserve di valuta estera (o riserve internazionali) che non sono sotto il contro della BCE. Rappresentiamo graficamente la bilancia commerciale in rapporto al tasso di cambio. Esisterà un livello di tasso di cambio in corrispondenza del quale la bilancia commerciale è in equilibrio, cioè le esportazioni sono uguali alle importazioni. Ciò non avviene quasi mai. Immaginiamo che il tasso di cambio sia ad un livello superiore, quindi deprezzato. Le esportazioni risultano maggiori delle importazioni, quindi l offerta di valuta estera è maggiore alla domanda di valuta estera. Ciò comporta una spinta all apprezzamento del nostro tasso di cambio, che tenderà a scendere verso il livello di equilibrio. Per mantenere il tasso di cambio al livello E è necessario che aumenti la domanda di valuta estera (che è inferiore all offerta). Quindi la BCE deve offrire valuta nazionale in cambio di valuta estera, quindi incrementare le proprie riserve internazionali per far uguagliare domanda e offerta (S= D). 16

17 Immaginiamo che il tasso di cambio sia ad un livello inferiore. Le importazioni risultano maggiori delle esportazioni, quindi la domanda di valuta estera è maggiore dell offerta di valuta estera. Ciò comporta una spinta al deprezzamento del nostro tasso di cambio. Per mantenere il tasso di cambio al livello E è necessario che aumenti l offerta di valuta estera (che è inferiore alla domanda). Quindi la BCE deve utilizzare le proprie riserve di valuta estera per acquistare valuta nazionale così da mantenere il tasso di cambio apprezzato al livello E. Ciò non è sostenibile perché le riserve internazionali sono finite e quindi prima o poi si esauriscono. Riscriviamo la condizione di parità scoperta dei tassi di interesse e ricaviamo Et: Se la frazione è uguale a 1, il tasso di cambio oggi dipende da quello che prevarrà fra n periodi. 17

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