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1 DOTTORATO DI RICERCA IN TECNOLOGIA DELL ARCHITETTURA E DELL AMBIENTE, XIV CICLO TESI DI DOTTORATO DALLA DECOSTRUZIONE ALLA CYBER-ARCHITETTURA E OLTRE L USO DEL COMPUTER NELLA PROGETTAZIONE DEGLI SPAZI NON- EUCLIDEI Tutor Prof.ssa Maria BOTTERO Co-tutor Prof.ssa Rossana RAITERI Dottorando Paolo Vincenzo GENOVESE SEDI: FACOLTÀ DI ARCHITETTURA DEL POLITECNICO DI MILANO FACOLTÀ DI ARCHITETTURA DEL POLITECNICO DI TORINO FACOLTÀ DI ARCHITETTURA DELL UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI GENOVA

2 FACOLTÀ DI ARCHITETTURA DELL UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI FACOLTÀ DI ARCHITETTURA DELLA II UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI

3 A mia Madre, della quale mai ho dubitato

4 La condizione interiore del senza-forma: imperscrutabile, quella che ha assunto una forma precisa: ovvia. L imperscrutabile vince, l ovvio perde. Sun Tzu

5 DALLA DECOSTRUZIONE ALLA CYBER-ARCHITETTURA E OLTRE L USO DEL COMPUTER NELLA PROGETTAZIONE DEGLI SPAZI NON-EUCLIDEI Indice delle illustrazioni PREFAZIONE 0. La ricerca geometrico-spaziale dal costruttivismo alla decostruzione p. I Tavole del Cap. 0.» III PARTE PRIMA 1. Il decostruttivismo come precursore della Cyber-architettura» Temi fondativi della decostruzione» Figure di passaggio dalla decostruzione verso la Cyberarchitettura» 9 Tavole del Cap. 1.» La Cyber-architettura» Natura ed origini della cultura Cyber» Lo spazio nella Cyber-architettura» Spazi virtuali e spazi costruiti. Due nature della Cyber-architettura» 75 Tavole del Cap. 2.» 87 PARTE SECONDA 3. Studi di architetti contemporanei. Un matrimonio tra arte, scienza, filosofia e tecnologia» Introduzione e caratteri generali del problema» La progettazione come scultura. Frank O. Gehry» L architettura nata dalla virtualità. Greg Lynn» La generazione automatica degli spazi non-euclidei. Peter Eisenman» 176 Tavole del Cap. 3.» 187

6 CONCLUSIONI GENERALI 4. Il rinnovamento della pratica operativa nella progettazione degli spazi non-euclidei con il computer» 213 Bibliografia generale» 225 APPENDICE I Schede di studio» 229 Frank O. Gehry Coop Himmelb(l)au Günther Domenig Greg Lynn Asymptote Reiser + Umemoto Neil Denari Marcos Novak Dagmar Richter Kunst und Technik André Poitiers Anton Markus Pasing Peter Eisenman Interviste Kunst und Technik André Poitiers Anton Markus Pasing APPENDICE II» 289

7 Indice delle illustrazioni Fig. 1: Alfred Neumann e Zvi Hecker, Natania City Hall and Civic Center Fig. 2: Alfred Neumann e Zvi Hecker, Facoltà di Ingegneria Meccanica, Haifa Fig. 3: Moshe Safdie, Habitat, Schema I, New York Fig. 4: Moshe Safdie, Habitat 67, Montreal, 1967 Fig. 5: Annie Griswold Tyng, Farm House, 1953 Fig. 6: Annie Griswold Tyng, Dormitorio per collegio, 1963 Fig. 7: Bernard Tshumi, Parc de la Villette, Parigi 1985 Fig. 8: Frank O. Gehry, Gehry House, Santa Monica, 1979 Fig. 9: Frank O. Gehry, Casa Wagner, 1978 Fig. 10: Frank O. Gehry, Casa Familian, 1978 Fig. 11: Frank O. Gehry, Wilton House, Fig. 12: Zaha Hadid, Landesgartenschau, Weil am Rhein, Fig. 13: Zaha Hadid, Museo d arte contemporanea, Roma, Fig. 14: Zaha Hadid, Grande Biblioteque du Quebecl, Montreal, Fig. 15: Toyo Ito, Vision of Japan, Londra, 1991 Fig. 16: Toyo Ito, Uovo dei Venti, Tokyo, Fig. 17: Peter Eisenman, IBA, Berlino, Fig. 18: Greg Lynn/Form, H2 House (Hydrogen House), Vienna, Austria, Fig. 19: Reiser+Umemoto, Yokoama Port Terminal, Tokio, Giappone, 1994, progetto Fig. 20: Neil M. Denari, Massey Residence, Los Angeles, California, 1995 Fig. 21: Makoto Sei Watanabe, The Induction Cities, , progetto Fig. 22: Anton Markus Pasing, Genesis 9 super tool, , progetto Fig. 23: Anton Markus Pasing, Elektrochanger Haus an der B 54, 1991, progetto Fig. 24: Anton Markus Pasing, Das letzte Haus, 1995, progetto Fig. 25: Peter Eisenmann, Aronoff Center, University of Cincinnati, Cincinnati, Ohio, Fig. 26: Marcos Novak, Paracube, , progetto Fig. 27: Karl S. Chu, Phylux, 1999, progetto Fig. 28: Asymptote, Virtual Guggenheim Museum, Fig. 29: Kolatan/Mac Donald Studio, Resi-Rise (vertical mode), New York, 1999, progetto Fig. 30: Kolatan/Mac Donald Studio, Housing, 1999 Fig. 31: Nastro di Möbius nell interpretazione di Maurits Cornelius Escher, Striscia di Möbius II Fig. 32: Ben Van Berkel & Caroline Bos, Möbius House, Het Gooi, Olanda, Fig. 33: Foreign Office Architects, Virtual House, 1997, progetto Fig. 34: Foreign Office Architects, Azadi Cinepleh, Teheran, Iran, 1997, progetto Fig. 35: Foreign Office Architects, Yokohama Port Terminal, Yokohama, Giappone, 1995 Fig. 36: Oosterhuis Associates, Trans_Ports 2001, Rotterdam, Olanda, , progetto

8 Fig. 37: Oosterhuis Associates, Saltwaterpavilion, Neeltje Jans, Olanda, 1997, progetto Fig. 38: NOX, V2 Lab, Rotterdam, Olanda, 1998, progetto parzialmente realizzato Fig. 39: Herzog & De Meuron, Library of the Eberswalde Technical School, Eberswalde, Germania, Fig. 40: Massimiliano Fuksas, Europark, Salisburgo, Austria, Fig. 41: Helmut Jahn, KU 70, Berlino, Germania Fig. 42: decoi, Boutique Missoni, Parigi, Francia, 1996, progetto Fig. 43: NOX, Beachness, Noordwijk, Olanda, 1997, progetto Fig. 44: Naga Studio Architecture, ESK House, Cairo, Egitto, 2000 Fig. 45: Naga Studio Architecture, Marina International Hotel Sharm Safari Gate, Los Angeles, California, 1998 Fig. 46: Naga Studio Architecture, Sharm Safari Gate, Sharm El Sheikh, Sinai, 1997 Fig. 47: Naga Studio Architecture, Tetraedro Fig. 48: Gregg Lynn/Form: Embriological Housing, 1998, progetto Fig. 49: Gregg Lynn/Form: Embryologic Space, 1998, progetto Fig. 50: René Thom, caduta di gravi nel liquido Fig. 51: Gregg Lynn/Form: Cardiff Bay Opera House, Wales, 1994, progetto di concorso Fig. 52: Frank O. Gehry, Casa Lewis, Lyndhurst, Ohio, Fig. 53: Gregg Lynn/Form: Animated Form, progetto Fig. 54: Gregg Lynn/Form: Port Authority Gateway, New York, USA, 1995, progetto Fig. 55: Peter Eisenman, Staten Island Institute of Arts and Sciences,New York, 1997, progetto Fig. 56: Peter Eisenman, Biblioteca per la Piazza delle Nazioni,Ginevra, Svizzera, Fig. 57: Peter Eisenman, Una chiesa per l anno 2000, Roma, 1996 Fig. 58: Peter Eisenman, Virtual House, Berlino, 1997, progetto Fig. 59: NOX, Fresch H 2 O expo, Neeltje Jans, Olanda, 1997 Fig. 60: Oosterhuis Associates, Garbage Transfer Station, Elhorst/Vloedbelt Zenderen, Olanda, 1995 Fig. 61: Greg Lynn, Korean Presbyterian Church, Long Island, 1999 Fig. 62: Neil M. Denari, Massey Residence, Los Angeles, 1995 Fig. 63: Marco Galofaro, Progetto per il Teatro La Fenice di Venezia, Venezia, 1996 Fig. 64: Frank O. Gehry, Guggenheim Museum, Bilbao, Spagna, Fig. 65: Frank O. Gehry, Uffici Chiat-Day-Mojo, Venice, California, Fig. 66: Modelli di studio per il Guggenheim Museum di Bilbao di Frank O. Gehry Fig. 67: Modelli tridimensionali del Guggenheim Museum di Bilbao Fig. 68: Frank O. Gehry, Vila Olimpica, Barcellona, Spagna, 1989 Fig. 69: Frank O. Gehry, Childrens s Museum, Boston, Fig. 70: Greg Lynn, Port Authority Gateway, 1995 Fig. 71: Greg Lynn, Embriological House Fig. 72: Greg Lynn, New York Presbyterian Church, Fig. 73: Peter Eisenman, Laboratori Biologici dell Università Goethe,i Francoforte sul Meno, 1987 Fig. 74: Peter Eisenman, Klingelhofer Triangle, Berlino, 1995 Fig. 75: Peter Eisenman, Carnegie Mellon Research Center, Pittsburgh, Fig. 76: Peter Eisenman, Chiesa a Roma per l Anno 2000

9 Prefazione Capitolo 0 La ricerca geometrico-spaziale dal costruttivismo alla decostruzione Oggi, in epoca post-moderna, ci interroghiamo sullo stato dell arte in architettura e, in particolare, sul progetto dello spazio in rapporto alla sempre più perfezionata tecnica del computer. Il pensiero moderno in architettura ha trovato il suo punto di crisi verso la metà del XX secolo quando lo stile internazionale si è diffuso ovunque, generalizzando schemi costruttivi, spaziali e urbanistici, senza alcun rispetto o concessione per le culture locali. L evidente matrice di questo modello era una forma di resistenza e di critica. Da un lato, artisti isolati come l architetto americano Louis Kahn o l architetto di origine austriaca Frederick Kiesler progettano edifici iconoclasti rispetto alla cultura dell epoca, dall altro ingegneri strutturisti sperimentali come il francese Robert Le Ricolais, l americano Richard Buckminster Fuller, o il tedesco Frei Otto, studiano strutture leggere basate su geometrie inedite, tali da mettere in crisi il sistema statico trave-pilastro dell architettura corrente. In particolare Fuller, grazie alle sue capacità mediatiche, riesce a sviluppare una teoria onnicomprensiva che si coniuga con il nascente pensiero ecologico e che influenza una cerchia molto vasta di persone, dal gruppo di artisti dell avanguardia newyorkese, al popolo hippy della controcultura o cultura alternativa (soprattutto americana), al composito quadro architettonico inglese che si riconosce nella rivista «Architectural Design», a una serie di architetti di diversi paesi (fra cui molti israeliani) interessati soprattutto all aspetto della rifondazione geometrico-statico-spaziale della geometria sinergetica di Fuller. Questa geometria (chiamata anche tensegrale in quanto le forze di compressione sono isolate all interno di un sistema che lavora in tensione) parte dalla rilettura critica della geometria euclidea e dei solidi platonici per introdurre la triangolazione geodetica delle famose cupole di Fuller. Vogliamo a questo punto sottolineare che la ricerca morfologico-spaziale che avviene oggi tramite l uso del computer in un architetto come l americano Greg Lynn (che fra l altro non è immemore dalla lezione di Kiesler), trova un precedente non peregrino nelle ricerche spaziali degli anni di cui quelle geometriche rappresentano un aspetto notevole. Le ricerche geometriche degli anni 60 e 70 si sono svolte in più direzioni che non è ora il caso di indagare, se non per indicare i due filoni principali. Il primo è legato alla statica strutturale dove un chiaro esempio sono le cupole geodetiche di Fuller, i tubi automorfici di Le Ricolais e le tensostrutture di Frei Otto; il secondo è legato al problema della

10 partizione omogenea dello spazio, con i lavori dell inglese Keith Critchlow, gli israeliani Alfred Neumann, Zvi Hecker (Figg. 1 e 2) e Moshe Safdie (Figg. 3 e 4). Comune a questi due filoni di ricerca era l obiettivo di trovare alternative valide al modello spaziale basato sull angolo retto e sulla struttura trilitica trave-pilastro. Nel primo caso la struttura portante è generatrice spaziale; nel secondo, è la singola unità spaziale o mattone cavo poliedrico che in assemblaggio close packing a generare lo spazio complessivo dell edificio. In entrambi i casi si prospettano architetture che sono profondamente e sostanzialmente diverse dal modello tradizionale basato sull angolo retto. Accanto a questi due principali filoni vale la pena di citare anche il caso isolato dell americana Annie Griswold Tyng, allieva di Fuller e collaboratrice di Kahn, che si è soprattutto dedicata a speculazioni teoriche sul ruolo della geometria nella crescita biologica e nell evoluzione storica della società (Figg. 5 e 6). La ricerca geometrica degli anni 60 e 70, largamente sperimentale, contesta l architettura corrente dello stile internazionale attraverso specifiche teorie geometriche e spaziali. Il pensiero soggiacente cui è plausibile riferirle è quello dello strutturalismo, una filosofia trasversale che attraversa molti campi disciplinari ma che è utilmente riassumibile in alcuni postulati dell antropologia strutturale di Claude Lévy-Strauss, apertamente polemica con la tradizione umanistica (primato del pensiero occidentale coltivato nei confronti del pensiero non educato o selvaggio dei popoli cosiddetti primitivi; primato del soggetto che parla nei confronti della struttura collettiva del linguaggio e quindi dell inconscio collettivo). Lo strutturalismo propone un rinnovamento culturale a partire dalla rivalutazione delle strutture dell inconscio collettivo, degli archetipi mentali che sottendono il linguaggio, sia esso parlato che figurativo o geometrico. Contro l esercizio progettuale soggettivo, la ricerca geometrica propone la reinterpretazione di un sistema di pensiero che ha antiche radici archetipiche di matrice collettiva-sociale. Se il bisogno di rinnovamento dei modelli architettonici correnti ha prodotto negli anni 60 e 70 un certo tipo di ricerca spaziale, legata alla rilettura e/o revisione della geometria euclidea e platonica, oggi questo stesso bisogno di rinnovamento produce una ricerca geometrico-spaziale avventurosa, che, avvalendosi delle prestazioni tecniche del computer, si allontana definitivamente dalla geometria euclidea per approdare ad una morfologia spaziale complessa e difficilmente descrivibile se non attraverso l elaboratore Se la legittimazione della ricerca geometrica degli anni 60 e 70 poteva essere trovata nel pensiero strutturalista, che privilegiava il sistema collettivo del linguaggio alla libera espressione soggettiva e individuale, la ricerca spaziale e geometrica attuale trova una legittimazione nella teoria derridiana della decostruzione e della rimessa in discussione del linguaggio assunto come prodotto collettivo vincolante e fondante.

11 Fig. 5: Annie Griswold Tyng, Farm House, 1953

12 Fig. 6: Annie Griswold Tyng, Dormitorio per collegio, 1963

13 Fig. 3: Moshe Safdie, Habitat, Schema I, New York

14 Fig. 4: Moshe Safdie, Habitat 67, Montreal, 1967

15 Fig. 1: Alfred Neumann e Zvi Hecker, Natania City Hall and Civic Center

16 Fig. 2: Alfred Neumann e Zvi Hecker, Facoltà di Ingegneria Meccanica, Haifa

17 PARTE PRIMA Capitolo 1 Il decostruttivismo come precursore della Cyber-architettura 1.1. Temi fondativi della decostruzione La parola «decostruzione» viene usata per la prima volta nello scritto Della grammatologia del 1967 del filosofo francese Jacques Derrida. Il decostruttivismo nasce, inizialmente, come teoria letteraria. Ma grazie alla sua particolare concezione si diffonde in ogni aspetto dell interpretazione dei fatti culturali. Essenzialmente Derrida parla di decostruzione del logocentrismo o della metafisica, del bisogno di decostruire certe opposizioni concettuali 1, di stabilire antinomie e cortocircuiti nella lettura e nell interpretazione dell opera. Alcuni aspetti appaiono assai oscuri nell analisi del processo decostruttivista. Derrida stesso parla della necessità di «scomporre il costrutto di una frase» o, prendendo definizioni da vocabolario, «smontare le parti di un tutto», o ancora «perdere la propria costruzione» 2. La pratica decostruttivista si è rivolta da subito verso un «pensare il proprio pensiero», verso un autoriflessione che sanciva una sorta di metacomunicazione 3. Tale atteggiamento che peraltro è una costante in tutta la storia della civiltà 4 è stato interpretato come la fine di un epoca. Si sanciva la perdita di senso del pensiero Modernista verso qualcosa di assai diverso. La pratica che Derrida proponeva superava la rigida griglia di strutture e sotto-strutture, poneva un limite alla scomposizione dei problemi in infinite categorie. La nuova ipotesi di lavoro era basata sulla trasversalità disciplinare e la disseminazione dei contesti. Lo strutturalismo, in qualche modo, possedeva una miopia derivata da un eccessiva attenzione alla forma, ai codici e alle convenzioni letterarie, tralasciando il contenuto di ordine tematico e le vere ragioni della creazione di un opera. La decostruzione opera per una distruzione delle griglie logiche, per un sovvertimento delle gerarchie, mettendo in pratica un rovesciamento dell opposizione classica e uno spiazzamento generale del costrutto. Chi pratica la decostruzione lavora all intero dei termini del sistema ma al fine di lacerarlo 5. Qui nascono le prime ambiguità di questa posizione così contorta. Decostruire significa lavorare all interno di un sistema 1 Jonathan Culler, Sulla decostruzione, Bompiani, Milano, 1988, p Jacques Derrida, Lettera a un amico giapponese, in «Rivista di estetica», n. 17, anno XXV, Torino Cit anche in Bianca BOTTERO (a cura di), Decostruzione in architettura e in filosofia, Città Studi, Milano, Jonathan Culler, op. cit., p Maria Bottero, Decostruzione versus Postmoderno, in Bianca BOTTERO (a cura di), op. cit., p Jonathan Culler, op. cit., p. 77.

18 riconoscendone l intrinseca esattezza; ma a partire da questa coerenza intrinseca trovare delle logiche che, verificando il sistema, lo invalidano. Jacques Derrida stesso, parlando della decostruzione, dice che Decostruire la filosofia diventa un pensare la genealogia strutturata dei suoi concetti nella maniera più fedele e interna possibile, ma anche da un certo al di fuori che essa non può qualificare e nominare [...]. 6 In sostanza, lo scardinamento di una struttura avviene per una rinnovata posizione interpretativa che tende a riconoscere le contraddizioni nascoste in ogni sistema perfetto e a collocarle come germe di distruzione dell insieme. E altrove: La decostruzione non fa appello a un principio logico o a una ragione superiore ma fa uso dello stesso principio che decostruisce. 7 La decostruzione non consiste nello spostarsi da un concetto all altro ma nel rovesciamento e nello spiazzamento di un ordine concettuale, così come dell ordine nonconcettuale a cui si articola. 8 Derrida, in qualche modo, sancisce una fusione che abolisce i contrari e le loro differenze. Queste antinomie o opposizioni sulle quali si esercita l operazione di decostruzione ha come risultato finale non la decostruzione assoluta delle contraddizioni, bensì la loro accettazione come parte integrante del sistema dialettico. Il risultato di questo terremoto è certamente nuovo. Invece di rivendicare la proposizione di un terreno solido per la costruzione di un nuovo ordine o di una nuova sintesi, la decostruzione rimane implicata o attaccata al sistema che critica e si sforza di spiazzare. 9 La decostruzione comporta, sempre, una mossa decisamente anticonvenzionale: «[...] la logica dell argomento usato per difendere una posizione contraddice la posizione che è stata affermata» 10. [...] il rapporto che la decostruzione svela non è la trasparenza del testo a se stesso in un atto di riflessione, di descrizione di sé, o di autopossesso; è piuttosto l inquietante simmetria che genera il paradosso, un autoriferimento che alla fine mette in luce l incapacità del discorso a dar conto di sé e il fallimento a far coincidere [...] fare ed essere. 11 Come sottolinea anche Paul de Man, una decostruzione ha sempre come obiettivo lo svelamento dell esistenza di articolazioni e frammentazioni nascoste all interno di presunte totalità monadiche. 12 Un aspetto importante e centrale nella riflessione decostruttivista riguarda il sovvertimento del logocentrismo. Derrida afferma la distruzione dell orientamento filosofico che, da sempre, era rivolto verso un ordine del significato. Si tratta, qui, dell incanto della rappresentazione di un idea attraverso il Logos, cioè la realizzazione di funzioni secondarie e subordinate come veicoli del discorso, ove il significato precede sempre ciò 6 Jacques Derrida, Posizioni, Bertani Editore, Verona, 1975, p Jonathan Culler, op. cit., p Jacques Derrida, cit. in, ivi, p Jonathan Culler, op. cit., p Ivi, p Ivi. p Paul de Man, Allegories of Reading: Figural Language in Rousseau, Nietzsche, Rilke, and Proust, Yale University Press, New Haven, 1979, p Tr. it., J. Culler, P. de Man, N. Rand, Allegorie della critica, Liguori Editore, Napoli, 1987.

19 che è significato. Nella disputa poetica, letteraria, artistica ed architettonica, nessun elemento può funzionare come segno senza riferirsi ad un altro che non sia presente. Il risultato di questa combinazione è che ogni elemento si muta in un segno che cambia altri elementi del sistema. Ogni intreccio è un testo prodotto trasformando un altro testo. Niente, né fra gli elementi, né all interno del sistema, si rivela allora essere presente o assente. Sempre, l unica cosa di cui sia lecito parlare sono le Differenze. La natura eterogenea di questa differenza non dovrebbe essere né universale né regolare. Ogni elemento di lettura o di interpretazione di un testo (sia esso letterario, figurativo, architettonico) necessita di una seconda lettura e, contemporaneamente, questa azione produce ulteriore testo, dando vita ad un processo infinito di interpretazione. Come sottolineato in precedenza, un importante aspetto della decostruzione è la trasversalità disciplinare. Non esistono confini tra saperi e ogni operazione di rilettura e di destrutturazione del testo può avvalersi di innumerevoli tecniche. Credo sia importante questa apertura dei confini e soprattutto dei confini accademici fra testi e discipline; e quando dico confini accademici non penso soltanto alle discipline umanistiche e alla filosofia, ma anche all architettura. Questo incrociarsi, questo andare attraverso i confini disciplinari è una delle principali non solo strategie, ma necessità della decostruzione. L aggancio di un arte all altra, la contaminazione dei codici, la disseminazione dei contesti sono qualche volta metodi o strategie di decostruzione. 13 Questa premessa è stata necessaria per via dello stretto rapporto che è sempre esistito tra filosofia decostruttivista e architettura. Due sono le tappe essenziali di questo curioso matrimonio. Il primo è l invito da parte di Bernard Tschumi rivolto a Jacques Derrida a lavorare al progetto del Parc de la Villette a Parigi. Tramite Tschumi, Derrida incontra Peter Eisenman che rivedrà più volte a New York e con il quale inizia una collaborazione teorica che ha il punto di partenza nella lettura del Timeo di Platone. Ciò che interessa Derrida è l ipotesi di un architettura decostruita nel senso di non essere subordinata al vincolo delle funzioni. Quando scoprii quella che ore si chiama architettura decostruttivista mi interessava il fatto che questi architetti decostruivano gli aspetti essenziali della tradizione e criticavano tutto ciò che subordinava l architettura a qualcos altro per esempio al valore dell utile, del bello e dell abitabile non per costruire qualcos altro che fosse inutile, brutto o inabitabile, ma per liberare l architettura da tutti questi obiettivi esterni [...] e non per ricostruire un architettura pura e originale, ma, al contrario, proprio per mettere l architettura in rapporto con gli altri media e le arti, per contaminare l architettura [...]. 14 In realtà l architettura è sempre stata concepita come abitazione. Secondo Derrida, una simile interpretazione sottomette l arte del costruire ad un valore che può essere opinabile. Per questo il filosofo tenta di contestare questi assunti, domandandosi dove potrebbe portare un architettura che non fosse semplicemente subordinata a questi valori di abitare e alloggiare. Architetti decostruttivisti, come Eisenman e Tshumi, hanno mostrato che ciò è possibile; possibile non come fatto, come semplice dimostrazione, poiché è ovvio che la loro architettura è ancora fatta per alloggiare dare riparo. Da questo punto di vista, secondo Derrida, ciò che offre l esperienza architettonica è precisamente l occasione di sperimentare la possibilità di queste invenzioni di una diversa architettura. Gli assunti appena espressi sono fondamentali per capire alcune posizioni estreme della Cyber-architettura. Non a caso, Eisenman a cui Derrida pensa nei passi appena citati è stato uno degli ispiratori di alcuni progettisti che verranno analizzati nel capitolo secondo. In questi casi, l aspetto funzionale diviene secondario e, talvolta, tende 13 C. Norris, Intervista con Jacques Derrida, in «Architecture Design», n. 1/2, 1989, p Ivi, p. 8.

20 addirittura a scomparire. La corrente più astratta della Cyber-architettura quella rivolta alla creazione di spazi della percezione destinati a vivere esclusivamente nella memoria virtuale di un computer traggono la loro ispirazione da questa provocazione derridiana della perdita di funzionalità. Se Derrida dimostra la necessità di uno svincolamento tra architettura e funzione di abitare, diviene lecito pensare all architettura come puro spazio di percezione, operazione che molti architetti Cyber affrontano. Personalmente riteniamo che le due cose debbano essere ben distinte. L architettura è come sottolinea Aldo Loris Rossi esclusivamente spazio del vissuto. Il resto appartiene ad altro tipo di esperienza, altrettanto importante ma distinto. È, però, importantissimo ai fini teorici stabilire una comunanza tra le tendenze della pura virtualità e quelle dell architettura costruita. Entrambe le tendenze sono figlie di una stessa madre, presentano caratteri comuni e le modalità di progettazione presentano numerosi punti di contatto. Differenti, semmai, sono gli obiettivi e le risposte che intendono dare. È fondamentale l aver trovato nella decostruzione un momento di ispirazione dal punto di vista della perdita della funzione dell abitare. Così, le eredità che la Cyber-architettura ha derivato da questo movimento sono di una duplice natura. Da una parte troviamo l uso di geometrie non convenzionali, la rottura dei sistemi figurativi precedenti, la necessità di ampliare il concetto di forma tutti aspetti potenziati dalle esperienze sulle geometrie cristallografiche, analizzate nell introduzione di questo scritto, dall altra parte esiste lo scollamento del binomio architettura/funzione abitativa che da sempre ha caratterizzato la progettazione. Una domanda importante riguarda il fatto se possa esistere un architetto decostruttivista. Si può dire che esistono disegni, dipinti e sculture basate sulla decostruzione? Lo stesso Derrida sostiene che il pensiero architettonico Decostruttivista è irrazionale. Riferendosi ai progetti di Bernard Tshumi per il Parc de la Villette di Parigi del 1985 (Fig. 7), Derrida si è staccato dalle basi della decostruzione mettendo in risalto il fatto che, nonostante l apparenza, la decostruzione non è una metafora architettonica, come non è semplicemente un problema di demolizione, ma un atteggiamento affermativo, positivo. Secondo Derrida, nella tradizione, il modo in cui l architettura, l habitat, lo spazio visibile, viene compreso dal pensiero filosofico e architettonico è l evidenza del pensiero logocentrico. Tuttavia, il Logocentrismo, che può condurre alla decostruzione attraverso la riarticolazione Metafisica, si incentra sull architettura, seppur trascendendone le etichette. Il pensiero architettonico [...] può essere considerato decostruzionista solo nel seguente significato: come tentativo di visualizzazione di ciò che stabilisce l autorità che unisce architettura e filosofia. 15 L idea che può essere sviluppata da questa partenza la si potrebbe definire come transarchitettura, un termine di origine derridiana che tuttavia vedremo usato anche in alcune sperimentazioni legate alla cultura Cyber 16. L idea di un architettura avulsa dalla funzione la si può osservare nelle folies che coprono il Parc de la Villette. Derrida ritiene che sia necessario abbandonare le nozioni architettoniche post-moderniste a favore di un idea Post-Umanista, caratterizzata dalla dispersione del soggetto dal decentramento. Nell estate del 1988 Philip Johnson e Mark Wigley allestiscono una mostra al Museum of Modern Art di New York intitolata Deconstructivism. Viene messo a confronto il lavoro di sette architetti: Frank O. Gehry, Daniel Libeskind, Rem Koolhaas, Peter Eisenman, Zaha Hadid, Coop Himmelb(l)au e Bernard Tshumi. Si tratta in realtà di una curiosa intersezione di esperienze diverse. Ma tutti i lavori sono legati da alcune costanti che sono da 15 G. Broadbend, Deconstruction a Student Guide, Editor J. Glusberg Publisherl, Andrea Papadakis, New York, 1991, p Cfr. con l opera di Karl Chu, Cap. 2.

21 individuarsi nelle idee di dislocazione, deviazione, distorsione, dalla tensione verso l inesplorato potenziale della modernità. La critica ha sempre riconosciuto una grande eredità di questo movimento tratta dal Costruttivismo russo degli anni venti. I punti di riferimento sono personalità fondamentali quali Iran Leonidov, Iakov Chernikov, Alexander Radichenco e altri ancora. Alcuni studiosi tracciano questi paralleli citando l interesse dei decostruttivisti per gli aspetti macchinistici e sculturali dei precedenti sovietici. Persona lmente non abbiamo mai condiviso questa visione, proprio perché l aspetto più interessante della vicenda decostruttivista è legata non tanto alle visioni scultoree degli oggetti macchina (certo presenti, ma di minor impatto innovativo), bensì alla rivoluzione di carattere spaziale. Il legame che ritroviamo più aderente ad una verità storica riguarda lo spazio Suprematista. Il campo Suprematista è uno spazio di collisione e di eventi, piuttosto che di oggetti. Qualunque opera Suprematista è senza scala e senza misura. La sua diversità, in relazione alla solidarietà tattile e agli oggetti meccanicamente interconnessi dal Modernismo, offre un paradigma di un universo spazio/tempo che si può definire, col senno di poi, Decostruttivista. Una delle figure centrali della decostruzione è certamente Peter Eisenman, la cui posizione è assolutamente anomala rispetto agli altri autori selezionati nella mostra. Il suo apporto è contemporaneamente progettuale e metodologico, capace di creare dei veri e propri rinnovamenti di metodo. La decostruzione, dice Eisenman, è ingannevole, speculativa, cerca l insieme, il brutto nel bello, l irrazionale nel razionale per svelare il represso, il reale nascosto, intaccare la testualità e rimuovere il sistema. Proprio per questa sua filosofia, Eisenman vede i suoi progetti decostruttivisti emergere in progetti che contrastano con l insieme creando un architettura per un uomo alienato, proprio come Edward Munch aveva fatto in pittura. Eisenman afferma che gli architetti che frantumano, come Gehry e SITE, non stanno realmente decostruendo. Essi sono semplicemente illustrativi e non attaccano il sistema dell architettura nel complesso. Il passo è fondamentale. Ritornerà spesso in questo scritto l idea del rinnovamento del metodo, aspetto che vede Eisenman come figura di primissimo piano, anche se, sempre, ambigua. Sulla stessa linea è anche Tshumi il quale affronta il problema della creazione in architettura come problema di destabilizzazione dei processi creativi. Per lui l architettura è sempre transitoria. I nuovi concetti di spazio e di tempo hanno trasformato le nozioni della stabilità edilizia. Il suo scopo è disfare le icone e le idee di città, da tempo radicate, per mostrare il disfacimento della metropoli, non più basata su uno sviluppo organico o quantomeno prevedibile, ma cresciuta per frammenti e crisi. La mostra dell 88 è certamente un punto fondamentale per la promozione della decostruzione, ma essa sancisce, più che altro, uno spirito che era iniziato almeno da un decennio. Il caso certamente più emblematico è Gehry House a Santa Monica del 1979 (Fig. 8). Qui, la poetica cambia radicalmente in funzione di una logica più vicina al Dadaismo che agli assunti del Movimento Moderno. È condivisibile l opinione di numerosi critici che leggono in quest opera un vero atto di rivoluzione del discorso compositivo. Non siamo ancora di fronte ad un ragionamento di carattere spaziale, bensì ad una riflessione sui principi compositivi dell architettura basati, da allora in poi, sulla poetica del frammento e sulla perdita di unitarietà. Il precedente più diretto è, sempre in Gehry, il progetto non realizzato di Casa Wagner e Casa Familian entrambe del 78 (Figg. 9 e 10). L idea di frantumazione, nel primo Gehry 17, è plurima. Ovvero, non si esaurisce in queste componenti. Come dimostra la Wilton House (Fig. 11) del , il metodo 17 Questa dicitura è di fatto impropria. Frank O. Gehry, prima di questi eventi, aveva un nutrito curriculum professionale nel quale nulla emergeva della futura sperimentazione sulla forma. Parliamo pertanto di prima stagione creativa in rif erimento a quel periodo nel quale egli iniziò a divenire un innovatore della forma e della metodologia di progetto i architettura, approssimativamente tra gli anni 1978 e il 1989, data quest ultima di completamento del Vitra Museum a Weil am Rhein.

22 decostruttivista di Gehry consiste nel ridurre in frantumi un edificio esistente e lasciare gli elementi del suo lavoro incompiuti. La dialettica di Gehry, come quella di Eisenman, è una forma di anticlassicismo. Questo ci porta a un punto cruciale e cioè ad una probabile ipocrisia nascosta nella decostruzione: essa dipende sempre, per il suo significato, da ciò che è costruito precedentemente. Pone sempre un ortodossia che sovverte, un passato da infrangere. Questa ipotesi è certamente vera, ma in un aspetto fondamentale i decostruttivisti hanno portato un innovazione centrale: nell idea di spazio. Esso è innovativo, offre l immagine del caos e della frantumazione della percezione. I luoghi dell abitare sono disseminati, privi di un centro, esplosi in modo da creare un idea di geometria non riconducibile ad alcun elemento precostituito. Se analizziamo le diverse poetiche degli autori citati in precedenza nell ambito della decostruzione notiamo come esista una sostanziale differenza di concezioni, poetiche e metodologie di generazione dell organismo architettonico. Al contrario di Gehry, Zaha Hadid sembra concepire un operazione basata essenzialmente sul dinamismo. Fin dal Peak di Hong Kong, l idea è espressa in una serie di dipinti dinamici che sembrano esplosi in livelli frantumati. Il progetto è basato su differenti strati che interpretano in modo molto corretto la complessità di una città come Hong Kong. Il Peak Club è un grattacielo orizzontale la cui struttura consiste in una sovrapposizione di tre travi lineari collocate ad estremità differenti in modo da creare vuoti e spazi nel mezzo. Ad ognuna di esse è affidata una funzione. La prima consiste in una serie di dodici studi a doppia altezza ricavati dal pendio. La seconda trave appoggia sulla prima ed è composta da venti appartamenti adibiti ad albergo. Il club stesso è collocato nel vuoto tra il tetto dell hotel. La terza trave sospesa ad angolo sopra di esso è infine concepita come appartamenti di lusso. Il sistema di spazio si libra come un astronave. Qui, la stratificazione comune a tutte le anime della decostruzione viene usata come congegno antigravitazionale. La dinamica, che è stata una costante di tutta la storia dell architettura del Novecento, diviene qui più radicale. In effetti, se in passato il movimento veniva alluso con elementi linguistici che tendevano a sottolineare l idea di linearità e di movimento, nella Hadid il discorso si sposta a livello spaziale. È come se l intera architettura venisse deformata per soddisfare un idea di spazio rivolto al movimento. Lo spazio accompagna il fruitore nel movimento interno e tutta l organismo edilizio sottolinea e guida una direzionalità. L opera di Zaha Hadid, in più, esprime la continuazione del Modernismo come estrazione distorta. Il suo progetto per Kurfustendamm 70 (poi vinto da Helmuth Jahn), riguardante un edificio per uffici a Berlino, è una lastra piegata, distorta, che si deforma sull angolo che deve completare imponendo dinamiche violente. Il progetto è composto da mura boomerang e da pilastri inclinati, gli usuali cocktail sticks, il muro trasparente non portante offre un rivestimento sottilmente incurvato che si inclina mentre sale. E la sequenza dello spazio è contrassegnata da cunei stratificati e da travi a mensola. Qui, la ricchezza di espressione dinamica è ottenuta distorcendo un blocco tipicamente Moderno. Hadid propone, quindi, rotture epistemologiche che vanno ben al di là di un semplice riferimento a movimenti d avanguardia del passato. Ella [...] preleva dai contesti linguistici originari parti, brani, frammenti, spogliandoli del significato che gli stessi detenevano. Attraverso un azione dirompente, li manipola con forza, li riplasma, trasformandoli in altro. Dopo tale lavoro di smontaggio, si dedica a un assemblaggio, dove ogni «pezzo», recuperando un indiscutibile intensità espressiva, torna a caricarsi di una significatività forte e inedita Cesare De Sessa, Zaha Hadid. Eleganze dissonanti, Testo & Immagine, Torino, 1996, p. 11.

23 Hadid, in sostanza, opera essenzialmente sulla différence, sulla distanza che esiste tra norma e realtà, sulla capacità innovativa di ogni singolo elemento di un sistema complesso che si inserisce in altri sistemi complessi. A partire dal bar Moonsoon a Sapporo in Giappone del 1990, Hadid vara una metodologia che rimarrà inalterata per tutta la sua produzione, fino alle opere contemporanee. Il metodo di progettazione tende a esaltare e drammatizzare la fluidificazione spaziale dell invaso 19. Gli impianti planimetrici e gli alzati sono [...] come confusi, amalgamati l uno con gli altri, innestati reciprocamente per dare vita a uno spazio molteplice, «non rappresentabile», ma da fruire. 20 Gli aspetti legati all opera della Hadid sono davvero molteplici, ma se volessimo schematizzare le caratteristiche principali del suo pensiero potremmo dire che l idea centrale consiste in una sorta di conformazione spaziale sintetica. Con questa affermazione intendiamo dire che, sempre, il suo disegno tende a creare un architettura dalla grande riconoscibilità, elementi fortemente identificabili e basati su una sintesi formale all interno di una complessità spaziale di grande intensità. Naturalmente, nell economia di questa tesi, interessano particolarmente le questioni legate allo spazio. Hadid, ha un procedimento del tutto personale che la rende molto diversa dalla maggior parte degli altri protagonisti. La forma generale dell architettura è distorta a formare uno spazio fortemente caratterizzato e direttamente derivato da tale articolazione volumetrica. Se Gehry, ad esempio, tende ad un accartocciamento delle masse murarie che divengono fogli leggerissimi poi arricciati, e lo spazio è illeggibile in forma razionale e non collegabile a tale articolazione delle masse, la Hadid attua una sintesi molto forte tra tettonica e spazio (Figg. 12, 13 e 14). In altre parole, Hadid crea uno spazio a partire dalla massa dell architettura. Poi tale spazio è prevalentemente rivolto alla fluidità, alla dinamica suggerita e allusa. Abbiamo deciso fin ora di delineare i temi della decostruzione in architettura citando solamente due autori particolarmente emblematici: Gehry e Hadid. In realtà, questo movimento ha prodotto una numerosissima serie di contributi, alcuni particolarmente originali ed interessanti e fondamentali per la nostra riflessione sullo spazio. Tuttavia, l approfondimento e la descrizione di altre opere nulla apporterebbe di nuovo al discorso di carattere generale sullo spazio. Come dimostrano i progetti sopra riportati, l idea di spazio decostruttivista non rispecchia uno spazio euclideo. Non descrive, più in generale, uno stato di ordine. Esiste allora una duplice motivazione nella visione di uno spazio decostruito. Da una parte esso è espressione di uno stato di inquietudine rivolto alla rappresentazione irrazionale, mentre dall altro esiste una volontà di delineare alcuni caratteri della contemporaneità. Il primo aspetto è legato ad un cambiamento culturale, già posto in atto dalle ricerche geometriche degli anni cinquanta e sessanta. La necessità era quella di indagare le nuove possibilità dell abitare connesse con le problematiche spaziali. La decostruzione ha offerto un rinnovamento dei parametri spaziali partendo da una nuova cultura figurativa, non più basata su solidi platonici o cristallografici ma sull informale e sul caos. Il senso derivava dalla consapevolezza della contaminazione, della perdita di senso di un pensiero forte e logocentrico. Gli effetti erano sostenuti non tanto dall arbitrio, bensì dalla volontà di raggiungere una destabilizzazione assai poco rassicurante ma rispondente ad una nuova filosofia di interpretazione della contemporaneità. La città post-moderna è il risultato di una disintegrazione del concetto Moderno di pianificazione e l effetto principale è una distruzione del vecchio ordine. 19 Ivi, p Ibid.

24 Il secondo motivo, più sotterraneo e meno esplicito nel campo della critica architettonica è di carattere psicoanalitico. L architettura decostruttivista è, altresì, uno specchio dell attuale crisi di identità, venutasi a creare con i rinnovamenti in ambito sociale. In tal modo la creazione di uno spazio del vissuto manifesta alcune aberrazioni ed insicurezze del sentire sociale. Tale questione non deve apparire fuori luogo. Nella trattazione sulla cultura Cyber è evidente come vi sia una stretta interconnessione tra aspetti legati alla sociologia e alla progettazione degli spazi. Questo legame, già tradizionalmente stretto, è in questo caso particolarmente evidente. Nel capitolo 2.1. risulterà evidente come la caratteristica principale della Cyber-cultura sia la smaterializzazione. Questo effetto è presente nella generazione degli spazi della percezione perché fa parte del vissuto contemporaneo. La società attuale sposta progressivamente alcune modalità del vissuto dalla realtà fisica a quella immateriale della virtualità. È, per così dire, una sorta di degenerazione della presenza dei media nel vissuto quotidiano. Internet, la rete Web e l uso del computer hanno progressivamente abituato le persone ad accettare una sorta di esistenza parallela, la prima fatta di materia, la seconda davvero molto importante fatta di virtualità. Ma per poter capire questo mondo, attualmente in essere, occorre comprendere come la decostruzione abbia sancito un rinnovamento sostanziale nei confronti del rapporto con il reale. La deformazione delle geometrie è lo specchio della perdita di identità e del desiderio di indagare forme del vissuto profondamente differenti alla tradizione Figure di passaggio dalla decostruzione verso la Cyber-architettura La Cyber-cultura ha dato corso esattamente a quelle prefigurazioni di rinnovamento che la decostruzione aveva delineato. La decostruzione è stata, altresì, un movimento apocalittico capace di evidenziare le contraddizioni interne del precedente sistema e, attraverso un procedimento interpretativo, di demolirlo. Quanto ne è uscito è una nuova idea di società, basata su nuovi paradigmi, profondamente differente da quella attaccata. Ogni momento di crisi pone in evidenza disparità esistenti tra reale e modalità interpretative di questo status. La Cyber-cultura (analizzata in dettaglio nel prossimo capitolo) non è stata la risposta alla crisi. Rappresenta, semmai, un nuovo assetto nato da due rivoluzioni contemporaneamente in atto. La prima è stata determinata dal cambiamento post-moderno, la seconda dalla rivoluzione informatica. In questo quadro generale, è possibile dire che esistono nel panorama architettonico internazionale alcuni autori che più di altri hanno intuito il cambiamento in atto. Non stiamo parlando di architetti facenti parte di una o di un altra corrente. Sono, semmai, personalità che hanno capito le ragioni profonde di un nuovo assetto e in alcune opere hanno manifestato con chiarezza questa posizione. In particolare, abbiamo trovato che Peter Eisenman e Toyo Ito abbiano creato alcuni lavori particolarmente importanti per sottolineare il cambiamento dalla decostruzione alla Cyber-cultura. Anche se in tutto lo scritto abbiamo utilizzato l escamotage di collocare i diversi autori in determinate correnti di architettura per una maggiore comodità critica, in questo caso non lo faremo poiché risulterebbe inesatto. In verità, il passaggio dalla decostruzione alla Cyber- cultura, non è particolarmente chiaro. Non esiste nessun atto d intenti, né alcuna opera emblematica che costituisca una dichiarazione a tale riguardo. Tutt al più, possiamo individuare alcuni lavori nei quali è possibile cogliere temi maturi della decostruzione ma che, in qualche modo, fanno uso di processi informatici. Un primo ed essenziale riferimento è Toyo Ito. La vasta opera del maestro giapponese non è da prendere in considerazione in questo caso. Né è possibile parlare di Ito come di un autore appartenente alla decostruzione. Esistono, tuttavia, tre lavori assai importanti nella sua produzione. Questi hanno la caratteristica di essere emblematici di un

25 cambiamento di fase. Nella mostra Visions of Japan al Victoria and Albert Museum di Londra (Fig. 15), una ricchissima serie di immagini di Tokyo erano proiettate su pareti, pavimento e soffitto, creando un grande caos visivo. Diversi amplificatori diffondevano a gran volume i rumori della città. L ambiente era confuso ed evanescente ma molto esplicito della visione di Ito sulla realtà contemporanea. Il risultato, oggi, ci appare forse scontato, ma nel 1991 (anno di realizzazione del progetto) certamente non lo era. La sovrapposizione delle immagini non consente la loro piena registrazione da parte del fruitore che, come conseguenza, non ha la facoltà di comprenderle. Questo fa sì che l immagine venga svuotata di ogni significato, bloccata in uno stadio che ha raggiunto i sensi ma non si è focalizzata nell intelletto. Le immagini sono flussi di informazioni che attraversano la realtà senza colpirla. Esse sono illusorie e prive di significato. Quello che sono in grado di comunicare è un senso generalizzato di caos e immaterialità. Anche l Uovo dei venti è collocabile nella medesima direzione (Fig. 16). Si tratta di un installazione costituita da una grande scultura-caleidoscopio rivestita di pannelli di alluminio traforato. Al di fuori, una serie di immagini erano proiettate sulla scocca, mentre dall interno alcuni schermi mostravano immagini di varia natura. Il gioco di sovrapposizioni era metafora, di nuovo, della compresenza delle informazioni che il quotidiano impone. L elettronica è, per Ito, come un mare, come le onde, come un soffio vitale. Lo spazio deve riflettere l idea della vita, e oggi essa è dominata dai flussi di dati. Questa è l idea fondamentale che ritroviamo anche in un opera del 1986, la Torre dei venti. Questa costruzione ovoidale costruita per Yokohama assume una forma fluida. L involucro è in grado di assumere aspetti differenti a seconda delle sollecitazioni sonore che registra al suo intorno. Non siamo più nelle condizioni nelle quali la forma di un oggetto era determinata dalla funzione o dal meccanismo interno. Ora l involucro è indipendente e diventano irriconoscibili i processi di funzionamento. Questo determina una progressiva evanescenza della forma che, concettualmente, diviene indifferente. Ito interpreta queste qualità con la trasparenza. Sia l Uovo dei venti che la Torre dei venti sono schermi che agiscono sulle sovrapposizioni di immagine, sulle alterazioni dei significati ultimi. Il valore della parte è ridotto a nulla e persino il senso collettivo non si manifesta dalla somma. L uovo e la torre non sono più oggetti ma supporti, medium dai quali si diffondono le informazioni. Allora, l immaterialità delle immagini, ipertroficamente ripetute sulle pareti della mostra Visions of Japan o l Uovo dei venti, o, ancora, la Torre dei venti, rappresentano nel loro complesso, l atto di nascita della cultura dell immaterialità. Il messaggio chiarissimo che Ito aveva offerto era quella di una società basata sulla sovrapposizione e sul caos, sulla ripetizione incontrollata di messaggi che, in virtù della loro ridondanza, divenivano insignificanti. Il vero momento di grande novità riguarda il fatto che tale caos era espresso non tanto da una grammatica architettonica, da un edificio, bensì da una selva di immagini elettroniche. In questo notiamo il punto di contatto tra decostruzione e virtualità: l espressione attraverso il caos di un mondo di pure immagini. Le immagini generavano un comportamento spaziale, con le medesime modalità che la cultura Cyber utilizza. Peter Eisenman è una figura che accompagnerà tutto questo lavoro. Egli cavalca i movimenti, talvolta li crea e ne diviene uno degli esponenti di punta. Ma sempre esiste il problema di una sorta di estrema astrattezza delle sue composizioni che rischiano di essere lavori programmatici e manifesti teorici di una posizione militante di una determinata corrente. Nessun architetto è più legato alla fede dello scetticismo dogmatico, all importanza dei divari e delle contraddizioni come Peter Eisenman. Nel 1978 egli è diventato un decostruzionista, e nello stesso tempo si è sottoposto alla psicanalisi. I suoi scritti e i suoi edifici contengono un energia frenetica e sono costruttivamente fusi come se ciò potesse

26 produrre una breccia, una nuova non-architettura che è in parte costruzione, scrittura e modello. Paradossalmente la sua estetica è rimasta la stessa della sua prima casa, sebbene nuove tipologie siano state aggiunte al suo repertorio. Nella sua fase decostruttivista, dall epoca dei Five Architects non molto è cambiato. È presente una pressoché totale assenza di decorazione, gli elementi linguistici sono basati su un razionalismo de-strutturato e riassemblato in modo assai diverso, esiste sempre un immagine purista dell architettura, negata esclusivamente dalla creazione di spazi compenetrati e da una perdita della costruzione illuminista dell architettura in funzione di una negazione della razionalità compositiva. I suoi primi progetti, le House 1 e 2, continuano anche la sintesi Modernità di Le Corbusier e Terragni, autore quest ultimo di grande importanza teorica per Eisenman. La House 3 e 6 erano un tardo esercizio, esempi semplificati di un puro formalismo, influenzate da quello strutturalismo che, nel capitolo precedente è stato accennato, e dal Minimalismo di Donald Judd. Il ciclo è concluso dalla House 10 del 1978, l ultimo lavoro formalista e, contemporaneamente il primo esempio di decostruzione in Eisenman. Come sempre avviene, in Eisenman il processo di concezione dell edificio è estremamente complesso (o meglio complicato). L edificio è stato progettato sottraendo alcuni elementi con una serie di processi meccanici che hanno distrutto il centro della casa. Così, Eisenman attua il concetto di decentramento tipico della decostruzione. L uso di una scala antropomorfica (scalatura dimensionale), i materiali usati in modo ribaltato (come il caso del vetro utilizzato come pavimento) sono tutti mezzi per attuare un processo anamorfico, un vero e proprio attacco alla rappresentazione motivato dalla necessità di distanziarsi dalle tendenze umanistiche e classiche. Desideriamo evitare una descrizione dei tortuosi processi mentali che portano Eisenman a comporre architettura, riservandoci un approfondimento nei capitoli successivi. È fondamentale, tuttavia, indagare almeno un progetto, particolarmente significativo per il processo compositivo di Eisenman: l IBA di Berlino (Fig. 17). Questo edificio, collocato vicino al Checkpoint Charlie, è un emblema del trauma attraversato dalla città tedesca nei precedenti quarant anni. Eisenman ha avuto l opportunità di rappresentare catastrofi e discontinuità del passato e del presente. Il primo progetto (1982), postula il nuovo sviluppo con aggiunte ed eliminazioni, ma la versione realizzata è una soluzione ridotta rispetto alla prima ipotesi. Infatti, solo trentasette unità di appartamenti furono costruite dall angolo nord occidentale. Con questo progetto egli aveva intenzione di fornire un alternativa allo storicismo Post-moderno, basandosi su una composizione che sfruttasse in modo alternativo la stratificazione storica. Se in quest ultimo movimento, l idea storia era fornita come collage ironico di stilemi del passato, nell operazione di Eisenman il trascorso diviene uno strumento per intessere maglie, griglie dimenticate e riarticolate in un sistema complesso e sovrapposto. Il Post-modern è respinto come tentativo di imbalsamare il tempo oppure di invertirlo con una forma di nostalgia. Eisenman propone un antimemoria neutralizzante. Il problema, sia in questo progetto che in tutti i lavori di Eisenman, è che nessuno sarebbe in grado di comprendere tutti i significati che l autore stratifica senza leggere le note accluse. Molte cose vengono intenzionalmente tenute all oscuro, lasciate astratte senza spunti o convenzioni visive. Questa difficoltà a comprendere è una parte essenziale della sua teoria della totalità e non tiene conto che gli abitanti potrebbero fraintendere l edificio se solo lo guardassero o lo vivessero. La forma ad L dell edificio berlinese, ad esempio, si sovrappone e si deforma in funzione delle griglie scaturite dalle stratificazioni storiche dell intera città attraverso un processo che, sebbene diverso, ha utilizzato anche Libeskind nella creazione della conformazione del Museo Ebraico per la stessa città. Le griglie si sommano, entrano in crisi per poi annullare ogni identità e riconoscibilità figurativa. L edificio, inclinato, in grate frammentate verdi, griglie rosse e grigie, offre una

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