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1 Parte Prima Principio di legalità 1 Cosa si intende per «principio di legalità»? Il diritto penale italiano si fonda sul principio di legalità espresso dall antico brocardo latino secondo cui «nullum crimen, nulla poena sine lege». Il principio di legalità è previsto dall articolo 25 della Costituzione per un esigenza di prevenzione generale e di certezza delle incriminazioni e di tutela della libertà personale che può essere compressa solo mediante atti che siano espressione di un potere riconducibile alla rappresentanza politica, e cioè alla sovranità popolare. Pertanto, per soddisfare queste molteplici esigenze, il riferimento alla legge contenuto nell art. 25 Cost. va inteso nel senso di atto emanato all esito del tipico procedimento di formazione degli atti legislativi previsto nella stessa Costituzione in conformità al sistema democratico volto a tutelare l individuo contro gli abusi dello Stato. Tradizionalmente si distingue tra principio di legalità formale e sostanziale al fine di stabilire se per reato debba intendersi quel fatto previsto dalla legge come tale ovvero un fatto antisociale. Il principio di legalità formale esprime il divieto di punire un qualsiasi fatto che, al momento della sua commissione, non sia espressamente previsto come reato dalla legge e con pene che non siano dalla legge espressamente stabilite. Ne deriva che esso risponde ad una scelta politica individualistico-garantista e dunque all esigenza di salvaguardare la libertà del singolo individuo (favor libertatis). Il principio di legalità sostanziale implica che costituisca reato quel fatto considerato socialmente pericoloso, ancorchè non espressamente previsto dalla legge, e che ad esso si applicano le pene adeguate allo scopo. Questa interpretazione esprime una scelta politica destinata alla tutela della «difesa sociale» (favor societatis).

2 6 Parte Prima I corollari del principio di legalità sono rappresentati da alcuni sottoprincipi: riserva di legge tassatività irretroattività. 2 Cosa si intende per «riserva di legge»? Il principio di riserva di legge coinvolge la tematica delle fonti del diritto penale poiché esprime il divieto di punire un determinato fatto in assenza di una legge preesistente che lo configuri come reato e che ne preveda la relativa sanzione (nullum crimen, nulla poena sine lege poenali scripta). La riserva di legge attiene alla fonte che può introdurre, modificare, abrogare una determinata fattispecie incriminatrice. Si tratta, infatti, di quel corollario del principio di legalità che afferma il monopolio del legislatore in ordine alle scelte incriminatrici al fine di tutelare la libertà personale contro possibili arbitri del potere giudiziario e di quello esecutivo. La riserva di legge in via di principio implica l esclusione di fonti diverse dalla legge e dagli atti aventi forza di legge. In dottrina da tempo si è discusso e tuttora si discute se la riserva di legge contenuta nell art. 25 Cost. debba ritenersi assoluta o relativa, cioè se solo la legge possa disciplinare la materia riservata, con esclusione dell intervento di norme sub legislative, oppure se al legislatore spetti soltanto il compito di fissare le linee fondamentali della disciplina affidandone il completamento ad altre fonti di rango subordinato (ad es. regolamenti). Secondo un primo orientamento, oggi prevalente, la riserva di legge è assoluta dal momento che il ricorso a fonti secondarie comporterebbe una lesione alle esigenze di garanzia cui risponde il principio di legalità. Un secondo orientamento ammette una riserva relativa di legge purchè sia la legge a determinare i caratteri, i limiti e i contenuti degli atti dell organo non legislativo. In dottrina prevale la tesi della natura assoluta della riserva proprio in virtù della ratio sottesa al principio di legalità, ossia il favor libertatis.

3 Principio di legalità 3 Cos è una norma penale in bianco? La norma penale incriminatrice è costituita da una parte precettiva (precetto) ed una parte sanzionatoria (sanzione). Il precetto integra il divieto di tenere una determinata condotta o di cagionare un determinato evento o talvolta il comando di compiere un determinato atto; la sanzione è la conseguenza giuridica che deriva dalla violazione del precetto. Talora il legislatore affida la descrizione del precetto a fonti extrapenali, cioè a norme che provengono da altri rami dell ordinamento, ad es. dal diritto amministrativo. Si tratta del fenomeno della norma penale in bianco nella quale la scelta incriminatrice viene compiuta pur sempre dal legislatore penale che si limita a prevedere la sanzione rinunciando a descrivere il precetto la cui descrizione, invece, è demandata ad una fonte extrapenale. In questo caso il legislatore descrive con assoluta genericità il dovere di osservare la fonte extrapenale anche di rango inferiore cui rimanda. L art. 650 c.p. costituisce una tipica ipotesi di norma penale in bianco laddove sanziona il comportamento di «chiunque non osservi un provvedimento legalmente dato dall Autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica, o di ordine pubblico o di igiene» con «l arresto fino a tre mesi o con l ammenda fino 206». L articolo integra pertanto una norma in cui il precetto è formulato in modo generico, richiedendosi l osservanza di un generico «provvedimento legalmente dato dall Autorità», mentre la sanzione è specificamente e precisamente determinata. 4 La norma penale in bianco è compatibile con il principio di riserva di legge? Più volte nel nostro ordinamento si è posto il problema della legittimità costituzionale delle norme penali in bianco, in relazione alla loro compatibilità col principio di riserva di legge. Talora, infatti, il legislatore ha demandato l integrazione del precetto ad atti normativi secondari o, addirittura, ad atti non normativi (ad esempio provvedimenti amministrativi), in apparente contrasto con la riserva assoluta di legge. 7

4 8 Parte Prima Al fine di risolvere la questione, nel corso del tempo si sono avvicendate molteplici interpretazioni. In un primo momento, si è fatto riferimento alla «concezione sanzionatoria» del diritto penale secondo cui la riserva di legge riguarderebbe solo la sanzione e non il precetto, potendo quest ultimo rintracciarsi negli altri rami dell ordinamento, risultando così compatibile col principio costituzionale. Oggi prevale, invece, la «concezione costitutiva» del diritto penale in virtù della quale la riserva di legge investe anche il precetto in quanto il legislatore è tenuto sempre a riqualificare i precetti posti dagli altri rami dell ordinamento. Successivamente, allora la Corte Costituzionale ha risolto il problema accogliendo la natura assoluta della riserva di legge dandone una interpretazione ampia, intendendo per «legge» non solo la legge penale ma anche la legge extrapenale. Oggi, anche la Corte di Cassazione riconosce la compatibilità della norma penale in bianco con il principio di riserva di legge poichè il regolamento o il provvedimento amministrativo, che disciplinano il precetto, in quanto richiamati nella norma penale in bianco, perdono la loro origine extrapenale e assumono natura penale proprio grazie alla loro funzione integratrice dell intera fattispecie. 5 Qual è la funzione del «principio di tassatività»? La tassatività attiene alla tecnica di formulazione della fattispecie, rilevante ai fini del riscontro della tipicità. Il «principio di tassatività» è rispettato allorchè la norma incriminatrice raggiunga un grado di determinatezza necessario e sufficiente per consentire al giudice di individuare il tipo di fatto concreto dalla norma disciplinato. Si tratta di quel principio, costituzionalmente garantito dall art. 25 Cost., che tutela la libertà personale (favor libertatis) contro il possibile arbitrio del giudice nel riscontro della conformità tra fatto concreto e fattispecie astratta. Sul legislatore incombe l obbligo di prevedere i fatti costituenti reato e, congiuntamente, di delineare in modo preciso il contenuto della norma penale, al fine di garantire ai consociati la conoscenza di un quadro normativo certo e ben definito. Laddove, quindi, la norma si rivelasse eccessivamente vaga e indefinita,

5 Principio di legalità l interpretazione da parte del giudice si trasformerebbe in un attività di creazione del diritto, in contrasto con le garanzie costituzionali di legalità riconosciute ai cittadini. La ratio del principio medesimo è rappresentata dalla esigenza di certezza del diritto che a sua volta assicura l eguaglianza giuridica dei cittadini a parità di condotte, l accertamento della colpevolezza, la funzione general-preventiva del diritto penale e la possibilità di conoscere la norma da parte dei consociati. Si comprende, dunque, che mentre il principio di riserva di legge presiede alla individuazione delle fonti del diritto penale, il principio di tassatività concerne la tecnica di formulazione di queste fonti. 6 È ammessa l «analogia» in diritto penale? L analogia è il procedimento attraverso cui vengono risolti i casi non previsti espressamente dalla legge estendendo ad essi la disciplina dettata per i casi simili (analogia legis) o altrimenti desunta dai principi generali del diritto (analogia iuris). Infatti, l analogia legis costituisce un fenomeno volto ad assegnare alla previsione normativa un significato più ampio rispetto a quello risultante dalla portata letterale della stessa, mentre l analogia iuris garantisce lo stesso risultato utilizzando i principi generali dell ordinamento. Nei sistemi penali fondati sul principio di legalità formale, come quello italiano, il meccanismo dell analogia non può trovare applicazione per colmare le lacune di previsione normativa. L art. 14 disp.prel. c.c., infatti, stabilisce che «le leggi penali e quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e i tempi in esse considerati». Anche se solo implicitamente, questo divieto trova fondamento costituzionale nell art. 25 Cost., in quanto è destinato ad eliminare qualsiasi rischio di arbitrio da parte sia del potere giudiziario sia dello stesso legislatore nell interpretazione ed applicazione delle norme penali incriminatrici. La ratio sottesa al divieto di analogia in ambito penale è rappresentata proprio dall esigenza di tassatività della fattispecie, dal momento che l analogia è in contrasto con l obbligo del giudice di punire solo i comportamenti tassativamente previsti dalla legge. In dottrina e in giurisprudenza si discute in ordine al carattere assoluto o relativo del divieto di analogia: ci si chiede se riguardi anche le 9

6 10 Parte Prima norme poste a favore dell imputato (analogia in bonam partem) ovvero se sia circoscritto alle sole norme sfavorevoli (analogia in malam partem). I sostenitori del carattere assoluto del divieto di analogia invocano la prioritaria esigenza di certezza e univocità del diritto penale, che diversamente sarebbe compromessa mediante il ricorso al procedimento analogico. L orientamento maggioritario, invece, predilige l opposta interpretazione secondo cui il divieto di analogia è relativo, limitato alla sola analogia in malam partem. Il divieto di analogia è concepito a tutela del favor libertatis compromesso solo dall applicazione dell analogia in malam partem. Del resto, per «leggi penali» di cui all art. 14 disp.prel. c.c. bisogna intendere esclusivamente le norme incriminatrici, quelle sulle quali cioè si fonda la previsione di un reato o di una sanzione penale. Pertanto, l unica forma di analogia ammissibile in diritto penale è quella in bonam partem, nel rispetto dei limiti di corrispondenza dell eadem ratio dell incriminazione, del necessario grado di determinatezza della disposizione oggetto di applicazione analogica, del divieto di analogia delle norme eccezionali. 7 È possibile l applicazione analogica delle scriminanti? Molteplici sono le ragioni addotte contro o a favore della tesi sulla ammissibilità dell applicazione analogica delle scriminanti. Invero, superato l argomento fondato sull assolutezza del divieto di analogia in ambito penale, non è mancato chi ha comunque escluso l ammissibilità dell applicazione analogica delle scriminanti in considerazione del ritenuto carattere eccezionale delle stesse. Tuttavia, si preferisce la tesi secondo cui il rapporto tra norma incriminatrice e scriminante non sia di regola-eccezione non solo per la mancanza della necessaria unità di materia, ma anche perché le scriminanti, lungi dal derogare alle norme penali in base a contrari principi regolatori, sono esse stesse espressione di principi generali. Sennonché, la rispondenza a principi generali e l esclusione del carattere generale non bastano a fondare la loro indiscriminata applicazione analogica; non si può trascurare, infatti, che nel settore delle cause di giustificazione alla prevalenza del favor libertatis corrisponde sempre il sacrificio del bene giuridico di un terzo.

7 Principio di legalità L analogia è, dunque, esclusa per le scriminanti che la stessa legge prevede nella loro massima portata, come nei casi di esercizio del diritto e adempimento del dovere (art. 51 c.p.); allo stesso modo è preclusa rispetto alle norme che il legislatore ha costruito in maniera tassativa, per cui il superamento di uno degli elementi costitutivi della scriminante farebbe venir meno la eadem ratio della disciplina, con inammissibile creazione di nuove scriminanti. Ciò accade, ad esempio, in tema di uso legittimo delle armi laddove il legislatore descrive una fattispecie «satura o esclusiva»: la norma, cioè, dettando una disciplina per il caso descritto, ad esclusione di quelli simili, non risulta suscettibile di applicazione analogica. Risultano, invece, concordemente estensibili analogicamente le scriminanti dello stato di necessità anticipata e della legittima difesa anticipata (artt. 54 e 52 c.p.). In questi casi l analogia si fonderebbe, pur in assenza della richiesta attualità del pericolo, sull eadem ratio: si è in presenza di una situazione solo analoga allo stato di necessità e alla legittima difesa contemplate dal legislatore allorchè, pur non essendo ancora in atto il pericolo, si abbia tuttavia la certezza della non differibilità dell intervento difensivo, senz altro vano se ritardato in attesa dell insorgere del rischio. È il caso del sequestrato che uccide il guardiano per fuggire, sapendo che presto verrà ucciso, attesa la mancata corresponsione del riscatto. L assunto è stato condiviso in giurisprudenza dal Tribunale di Trento nel 2004, secondo cui in materia di stato di necessità non osta alla sua applicazione la mancata perfetta configurabilità dell elemento dell attualità del pericolo, poiché non rappresenta difformità dal diritto l allargamento analogico della previsione dei casi su cui la scriminante può adattarsi. Invero, la mancanza del presupposto dell attualità del pericolo di danno grave alla persona è surrogata, ai fini dell eadem ratio, dal fatto che l attendere che il pericolo si attui, rende impossibile o molto ardua la possibilità di salvarsi dal danno. 8 Come opera il «principio di irretroattività»? Il principio di irretroattività opera sul piano della validità della legge penale nel tempo: la legge penale si applica solo ai fatti com- 11

8 12 Parte Prima messi dopo la sua entrata in vigore e non può essere perciò applicata a fatti ad essa anteriori. L art. 25 co. II Cost. dispone, infatti, che «nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima del fatto commesso», l art. 11 disp.prel. c.c. sancisce la generale irretroattività della legge, e infine l art. 2 c.p. è volto ad enunciare i criteri di risoluzione dei vari problemi che il tema della successione delle leggi penali nel tempo è destinato a creare. La ratio sottesa al «principio di irretroattività» della legge penale è quella di preservare la libertà individuale (favor libertatis) da possibili arbitrii dello stesso potere legislativo, configurabile laddove si susseguano maggioranze parlamentari tra un mandato e l altro. Inoltre, il principio assolve anche ad una funzione di prevenzione generale in virtù della quale la norma incriminatrice deve essere già in vigore al momento del fatto commesso, proprio per la necessità che l efficacia dissuasiva dell incriminazione si produca prima del compimento del fatto. Pur essendo un principio generale per tutti gli atti normativi, assurge al rango costituzionale solo in materia penale e quindi il legislatore ordinario giammai potrebbe prevedere, neppure indirettamente, la retroattività delle sue disposizioni, ciò che invece può accadere in tutti gli altri settori dell ordinamento. Per questi ultimi il principio è, infatti, posto solo dall art. 11 disp.prel. c.c., quindi da una fonte primaria che ben può essere derogata da una fonte di pari rango. In materia penale, la ratio del «principio di irretroattività» è tale da limitarne l ambito applicativo solo alle nuove incriminazioni oppure, in caso di successione di leggi penali incriminatrici, a quella più sfavorevole al reo. L art. 2 c.p., infatti, oltre a consacrare al I comma il principio di irretroattività delle norme penali incriminatrici, stabilisce al II comma il principio di retroattività della norma penale favorevole, salvo il limite del giudicato, con ciò intendendo l irretroattività solo in termini relativi; il III comma (introdotto dalla l. 85/2006), derogando alla regola che individua nel giudicato di condanna un limite alla retroattività della disposizione favorevole, dispone che se vi è stata condanna a pena detentiva e la legge posteriore prevede esclusivamente la pena pecuniaria, la pena detentiva inflitta si converte immediatamente nella corrispondente pena pecuniaria; il IV comma, infine, contempla l ipotesi di successione di leggi modificative prevedendo l applicazione della legge più favorevole al reo.

9 Principio di legalità 9 Cosa si intende per «disposizione più favorevole al reo»? La dottrina e la giurisprudenza sono concordi nel ritenere che la valutazione per stabilire quale di due o più disposizioni sia la più favorevole al reo va fatta in concreto, mettendo a confronto i risultati che deriverebbero dall applicazione di ciascuna delle norme alla fattispecie concreta: più favorevole sarà la norma che, applicata al fatto oggetto dell esame del giudice, apparirà condurre, secondo parametri prettamente oggettivi, a conseguenze meno gravose. La determinazione del carattere più o meno favorevole di una norma nei confronti di un altra va operata in relazione sia al precetto che alla sanzione, secondo parametri oggettivi, senza tener conto dell interesse dell imputato all applicazione di una data norma. Una volta individuata la legge più favorevole, essa dovrà essere applicata anche se successivamente sia stata nuovamente modificata in senso sfavorevole per l imputato; inoltre, dovrà essere applicata in toto, dal momento che non è possibile disciplinare certi aspetti con parte di una legge ed altri con parte dell altra. 10 Quali sono gli effetti della dichiarazione di incostituzionalità di una norma penale? La l. 87/1953 risolve espressamente il problema della efficacia temporale della norma dichiarata incostituzionale, confermando il principio sancito dall art. 2 co. II c.p., secondo cui l abolitio criminis travolge anche il giudicato. L art. 30 della l. 87/1953 dispone, infatti, che «le norme dichiarate incostituzionali non possono essere applicate dal giorno successivo alla dichiarazione della decisione» (in conformità con il dettato dell art. 136 Cost.); «quando, in applicazione della norma dichiarata incostituzionale, è stata pronunciata sentenza irrevocabile di condanna, ne cessano l esecuzione e tutti gli effetti penali». Ma anche con riguardo alle leggi dichiarate incostituzionali si è posto il problema della loro applicabilità, qualora più favorevoli al reo, ai fatti commessi durante la loro vigenza. 13

10 14 Parte Prima Da un lato vi sono i sostenitori dell assoluta prevalenza del dato normativo ex art. 136 Cost., che ritengono che l inefficacia retroattiva della legge incostituzionale produce come conseguenza ineluttabile l incapacità della stessa a regolare nemmeno in senso più favorevole per il reo i fatti compiuti nella sua vigenza. In senso radicalmente contrario, altra parte della dottrina valorizza il principio garantistico propugnato dall art. 25 co. II Cost., sacrificando sull altare della libertà personale del reo l inefficacia retroattiva sancita per le leggi dichiarate incostituzionali. La soluzione attualmente prevalente in dottrina e in giurisprudenza, anche costituzionale, è decisamente orientata verso la netta preferenza del bene giuridico tutelato dagli artt. 13 e 25 co. II Cost. nel bilanciamento con gli interessi in conflitto con il disposto normativo dell art. 136 Cost.; ne deriva, quindi, che la legge successiva meno favorevole rispetto a quella dichiarata incostituzionale, non può essere applicata a fatti commessi durante la vigenza di quest ultima, poiché rispetto ad essi non può aver svolto alcuna funzione di orientamento e di limite alle scelte di comportamento dell agente.

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