CORTE COSTITUZIONALE 7 aprile 2011 n. 115 il potere di ordinanza del sindaco nell interpretazione del giudice delle leggi. A cura di Annaclara Viola

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1 CORTE COSTITUZIONALE 7 aprile 2011 n. 115 il potere di ordinanza del sindaco nell interpretazione del giudice delle leggi A cura di Annaclara Viola La sentenza della Corte Costituzionale 07 aprile 2011 n. 115 affronta il delicato tema delle ordinanze sindacali di cui all art. 54 comma 4 del d.lgs. n. 267 del 2000 come sostituito dall art. 6 del d.l. n. 92/2008 (Misure urgenti in materia di sicurezza pubblica), convertito con modificazioni dall art. 1 comma 1 della legge n. 125/2008. La norma oggetto di sindacato costituzionale prevede che il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotta con atto motivato provvedimenti, anche contingibili e urgenti nel rispetto dei principi generali dell ordinamento, al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l incolumità pubblica e la sicurezza urbana. Si tratta di una disposizione che traccia la distinzione tra ordinanze ordinarie ed ordinanze caratterizzate dai presupposti fattuali della urgenza e della contingibilità. Preliminarmente, giova riassumere i caratteri che segnano le ordinanze sindacali di necessità ed urgenza che nel nostro ordinamento detengono una peculiare posizione proprio in relazione alla loro forza derogatoria ed eccezionale rispetto agli altri provvedimenti in titolarità dei sindaci. Il tema in esame è strettamente connesso al concetto di necessità che in diritto amministrativo legittima la p.a. all esercizio di poteri straordinari con la conseguenza di acquisire non solo il ruolo di presupposto per l emanazione di atti in potere della p.a. ma anche quello di possibile fonte del diritto in quanto, dinanzi ad uno stato di necessità, l esaurirsi dei poteri della p.a. non esclude la necessità di un intervento volto alla salvaguardia dell esistenza stessa dell ordinamento giuridico. Al riguardo, la giurisprudenza consolidata ha precisato che la contingibilità è sinonimo di accidentalità, eccezionalità ed imprevedibilità, essendo incerto il verificarsi di un evento sia nell an che nel quando. Ne consegue che la deviazione dalla catena regolare degli avvenimenti non può essere affrontata e risolta con gli strumenti ordinari attribuiti alla p.a., essendo questi mancanti ovvero insufficienti. Gli strumenti idonei a rimuovere la situazione eccezionale ed urgente devono essere anch essi eccezionali e straordinari, deviando dalla catena regolare e regolata dell attività amministrativa in quanto la contingibilità si coniuga con l intervento urgente e necessario che impone alla p.a. di provvedere tempestivamente affinché il danno non diventi irrimediabile. Tuttavia, nel nostro ordinamento domina il principio di legalità che di fronte alle ordinanze de quibus subisce una parziale contrazione in quanto l ipotesi della necessità comporta una rottura dell ordinario dispiegarsi dell ordinamento giuridico in relazione al quale l assunzione di poteri straordinari da parte della p.a. assumerebbe carattere di atto illegittimo se non fosse che proprio lo stato di emergenza legittima l esercizio dei poteri diretti a fare fronte a tali situazioni. Sotto tale profilo il ricorrere di uno stato di necessità si pone, secondo alcuni autori, come fonte autonoma del diritto all interno dell ordinamento giuridico sulla base 1

2 della distinzione tra fonte del diritto e fonte fatto che richiama a sua volta la distinzione tra fonte di produzione e fonte sulla produzione che, a differenza della prima, non individua il comportamento dovuto dai consociati bensì legittima l autorità amministrativa ad attivarsi senza il vincolo di norme codificate. Altri autori ritengono invece che lo stato di necessità legittima soltanto la p.a. ad adottare alcuni atti straordinari, accompagnati inderogabilmente da una serie di garanzie volte ad assicurare l integrità dell ordinamento giuridico anche in situazioni di emergenza in cui il livello di garanzie minime non può essere pretermesso e disatteso. La legittimità dei poteri straordinari ed urgenti passa dunque attraverso l esistenza di una situazione di fatto contingibile ed eccezionale che funge da presupposto procedimentale in relazione al quale misurare la proporzionalità ed adeguatezza dell intervento provvedimentale che, per il carattere eccezionale, deve avere efficacia limitata nel tempo. Tale ultimo elemento, attinente al profilo della durata di efficacia delle ordinanze, si rivela particolarmente significativo in quanto a fronte del presupposto procedimentale della necessità l autorità amministrativa è autorizzata dalla legge anche a derogare a quanto disposto dalla legislazione vigente. Tale attitudine derogatoria, secondo l interpretazione offerta dalla Corte costituzionale, deve però trovare la propria fonte nella legge, da cui individuare peraltro i presupposti dell agire amministrativo straordinario, la materia oggetto di intervento, le finalità perseguite e l autorità emanante ma non anche il contenuto delle ordinanze, la cui definizione è rimessa alla discrezionalità della p.a., giustificata dalla necessaria aderenza dell intervento alle situazioni di fatto di volta in volta mutevoli e peculiari. Pertanto, sebbene le ordinanze in esame abbiano capacità derogatoria presentando dunque forza pari a quella di legge è da escludere che le medesime abbiano valore di legge, non essendo fonti del diritto in senso stretto e non essendo sottoponibili al relativo giudizio di costituzionalità. La natura giuridica delle ordinanze in esame è dunque da ricondurre ai provvedimenti amministrativi, i cui presupposti procedimentali sono da riferire a circostanze concrete prese in considerazione dalla legge in quanto legittimanti l esercizio di poteri extra ordinem necessari per fronteggiare situazioni altrimenti sottratte al potere di intervento della p.a. La tesi della natura normativa appare minoritaria e non sostenibile in quanto verrebbe legittimato il potere amministrativo di legiferare senza quelle garanzie procedimentali e sostanziali che caratterizzano le fonti del diritto, capaci di per sé di innovare stabilmente l ordinamento giuridico, attitudine al contrario mancante nelle ordinanze sindacali aventi efficacia circoscritta nel tempo e specificamente dirette a disciplinare situazioni peculiari prive dei caratteri della generalità e come tali non regolabili in astratto. Tuttavia, la tesi inerente la natura normativa delle ordinanze sindacali è stata ripresa da una parte della dottrina in relazione alla previsione di cui all art. 54 comma 4 2

3 TUEL in quanto l impiego dell avverbio anche prima delle parole contingibili e urgenti farebbe ritenere che il sindaco, quale ufficiale del Governo, adotti provvedimenti a contenuto normativo ed efficacia a tempo indeterminato al fine di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minaccino la sicurezza urbana anche fuori dai casi di contingibilità ed urgenza. La norma censurata dinanzi alla Corte Costituzionale sembra infatti che attribuisca al sindaco un potere normativo vasto ed indeterminato, idoneo ad esplicarsi in deroga alle norme di legge ed all assetto vigente delle competenze amministrative, semplicemente in forza del dichiarato orientamento a fini di protezione della sicurezza urbana. Tale potere sarebbe esercitabile fuori da concrete condizioni di contingibilità ed urgenza con la conseguenza di legittimare un potere di ordinanza ordinario senza i presupposti della necessità ed urgenza e tale da imporre anche divieti ed obblighi di comportamenti significativi persino sul piano religioso ovvero su quello delle tradizioni etniche. A parere del TAR Veneto che ha rimesso la questione di legittimità alla Corte Costituzionale, un interpretazione adeguatrice della norma risulterebbe impraticabile a fronte di una realtà che vede esercitare in modo incontrollato poteri di normazione secondo le opzioni politiche individuali dei sindaci, perlopiù su materie inerenti ai diritti ed alle libertà fondamentali. In tale prospettiva, contingibilità ed urgenza dovrebbero sempre rappresentare presupposto, condizione e limite per una disciplina che consenta il superamento, sia pure nell ambito dei principi generali dell ordinamento, delle disposizioni vigenti in rapporto ad una determinata materia e che attribuisca un potere siffatto in capo ad un organo monocratico in luogo di quello ordinariamente deputato. Per tale ragione le norme in materia di ordinanza dovrebbero assicurare indefettibilmente il contenuto provvedimentale delle medesime in rapporto all obbligo di motivazione e all efficacia limitata nel tempo. A parere del remittente, un potere di ordinanza del tutto svincolato dalle condizioni di urgenza e contingibilità ed in mancanza di un apposita norma primaria che ne autorizzi il concreto esplicarsi verrebbe a tradursi in vero e proprio potere normativo, libero nel contenuto ed equiparato al potere legislativo, violando così tutte le regole costituzionali che riservano alle assemblee legislative il compito di emanare atti aventi forza e valore di legge (artt. 23 e 97 nonché artt. 70, 76, 77 e 117 Cost.). Le norme costituzionali violate sarebbero inoltre gli artt. 2, 3, 5, 6, 8, 13, 16, 17, 18, 21, 24, 41, 49, 113, 118. Con la sentenza n. 196 del 2009, la Corte Costituzionale aveva già precisato come la novella del 2008 avesse introdotto, al fianco del potere di provvedere in situazioni di contingibilità e urgenza, la possibilità per i sindaci di adottare provvedimenti di ordinaria amministrazione a tutela di esigenze di incolumità pubblica e sicurezza urbana. Lo stesso art. 54, d altra parte, avrebbe fissato alcuni parametri di contenimento e indirizzo del potere sindacale. Sarebbe, infatti, richiesta una situazione di pericolo 3

4 attuale o potenziale di minaccia all incolumità pubblica e alla sicurezza urbana. Il pericolo, in tale contesto, dovrebbe essere grave ed il provvedimento dovrebbe assicurare, per essere legittimo, una funzione risolutiva. Di tali condizioni l ordinanza del sindaco dovrebbe dare conto nella relativa motivazione espressamente richiesta dalla legge. Con la recente sentenza, qui commentata, la Corte Costituzionale compie un analisi ulteriore che conduce a dichiarare l illegittimità costituzionale dell art. 54 comma 4 TUEL il cui enunciato normativo si espone a molteplici critiche proprio in relazione alla formulazione letterale e all impiego della parola anche. La Corte osserva, infatti, che la frase anche contingibili e urgenti nel rispetto dei principi generali dell ordinamento è posta tra due virgole da cui si trae la conclusione secondo cui il riferimento al rispetto dei principi generali dell ordinamento riguarda i provvedimenti contingibili ed urgenti e non anche le ordinanze sindacali di ordinaria amministrazione. L estensione anche a tali atti del regime giuridico proprio degli atti contingibili ed urgenti avrebbe richiesto una disposizione così formulata <<adotta con atto motivato provvedimenti, anche contingibili e urgenti, nel rispetto dei principi generali dell ordinamento>>. Secondo la dizione letterale della norma non è consentito alle ordinanze sindacali ordinarie di derogare a norme legislative vigenti, come invece è possibile nel caso di provvedimenti che si fondino sul presupposto dell urgenza e a condizione della temporaneità dei loro effetti. E stato, infatti, già precisato, con giurisprudenza costante e consolidata, che deroghe alla normativa primaria da parte delle autorità amministrative munite di potere di ordinanza sono consentite solo se temporalmente delimitate e comunque nei limiti della concreta situazione di fatto che si tratta di fronteggiare. Le ordinanze di cui al comma 4 dell art. 54 TUEL non sono, infatti, assimilabili a quelle contingibili e urgenti in quanto al contrario consentono ai sindaci di adottare provvedimenti di ordinaria amministrazione a tutela di esigenze di incolumità pubblica e sicurezza urbana. Pertanto, la corretta interpretazione della norma non conferisce ai sindaci alcun potere di emanare ordinanze di ordinaria amministrazione in deroga a norme legislative o regolamentari vigenti, consentita invece per le ordinanze di necessità ed urgenza. Ciò dimostra che le ordinanze ordinarie devono sottostare al principio di legalità sostanziale e alla regola della riserva di legge che rappresenta, nel caso di specie, l elemento di giudizio e valutazione della norma impugnata. Quest ultima, infatti, attribuisce ai sindaci il potere di emanare ordinanze di ordinaria amministrazione che, sebbene non derogatorie di norme di legge o regolamenti, si presentano come esercizio di una discrezionalità praticamente senza alcun limite, se non quello finalistico, genericamente identificato dal legislatore nell esigenza di prevenire e di eliminare gravi pericoli che minacciano l incolumità pubblica e la sicurezza urbana. 4

5 Orbene, il principio di legalità sostanziale non consente l assoluta indeterminatezza del potere conferito dalla legge ad un autorità amministrativa che produce in concreto l effetto di conferire una totale libertà al soggetto senza che ne venga determinato il contenuto e le modalità di esercizio in quanto non è sufficiente che il potere sia finalizzato dalla legge alla tutela di un bene o di un valore ma è indispensabile che il suo esercizio sia determinato nel contenuto e nelle modalità in modo da mantenere costantemente una pur elastica copertura legislativa dell azione amministrativa. Le ordinanze sindacali che incidono, per la natura delle loro finalità e per i loro destinatari, sulla sfera generale di libertà dei singoli e delle comunità amministrate, ponendo prescrizioni di comportamento, divieti, obblighi di fare e di non fare, che, pur indirizzati alla tutela di beni pubblici importanti, impongono comunque restrizioni ai soggetti considerati richiedono, per essere legittime, che le eventuali prestazioni personali o patrimoniali siano imposte in base alla legge secondo quanto dispone l art. 23 della Costituzione. Afferma la Corte che la riserva di legge richiamata dall art. 23 ha indubbiamente carattere relativo nel senso che lascia all autorità amministrativa consistenti margini di regolazione delle fattispecie in tutti gli ambiti non coperti dalle riserve di legge assolute, poste a presidio dei diritti di libertà, contenute negli artt. 13 e seguenti della Costituzione. Il carattere relativo della riserva de qua non relega tuttavia la legge sullo sfondo, né può costituire giustificazione sufficiente per un rapporto con gli atti amministrativi concreti ridotto al mero richiamo formale ad una prescrizione normativa in bianco, genericamente orientata ad un principio valore, senza una precisazione, anche non dettagliata, dei contenuti e modi dell azione amministrativa limitativa della sfera generale di libertà dei cittadini. L art. 23 della Costituzione viene particolarmente esaminato dalla Corte in quanto l espressione in base alla legge si deve interpretare in relazione al fine della protezione della libertà e della proprietà individuale a cui si ispira il fondamentale principio costituzionale secondo cui la legge che attribuisce ad un ente il potere di imporre prestazioni non può lasciare all arbitrio dell ente impositore la determinazione della prestazione. Con la sentenza n. 190/2007 è stato inoltre ribadito che, per rispettare la riserva relativa di cui all art. 23 Cost., è quanto meno necessario che la concreta entità della prestazione sia desumibile chiaramente dagli interventi legislativi che riguardano l attività dell amministrazione. Inoltre, precisa oggi la Corte che il concetto di prestazione è molto ampio tanto da ricomprendere anche le imposizioni di non fare in quanto l obbligatoria omissione di un comportamento altrimenti riconducibile alla sfera del legalmente lecito è anch essa restrittiva della libertà dei cittadini, suscettibile di essere incisa solo dalle determinazioni di un atto legislativo, direttamente o indirettamente riconducibile al Parlamento, espressivo della sovranità popolare. Nella materia è intervenuto il decreto del Ministro dell Interno 5 agosto 2008 che ha fornito le definizioni di incolumità pubblica e sicurezza urbana al fine di 5

6 assolvere alla funzione di indirizzo in relazione all azione del sindaco che, in quanto ufficiale del Governo, è sottoposto ad un vincolo gerarchico nei confronti del Ministro dell Interno. Tuttavia, la natura amministrativa del decreto de quo, sebbene svolga la funzione di regolare i rapporti tra autorità centrale e periferiche nella materia, non può soddisfare la riserva di legge, essendo atto inidoneo a circoscrivere la discrezionalità amministrativa nei rapporti con i cittadini. Il decreto, infatti, si pone esso stesso come esercizio dell indicata discrezionalità senza trovare alcun fondamento in un atto avente forza di legge. Le limitazioni e gli indirizzi contenuti nel decreto non possono essere impiegati dalla Corte al fine di misurare la dimensione di legittimità della discrezionalità amministrativa riconosciuta ai sindaci, trattandosi di un atto amministrativo a carattere generale non avente valore legislativo. Secondo la Corte, dunque, la norma censurata, nel prevedere un potere di ordinanza dei sindaci quali ufficiali del Governo non limitato ai casi contingibili e urgenti, pur non attribuendo agli stessi il potere di derogare in via ordinaria e temporalmente non definita a norme primarie e secondarie vigenti, viola la riserva di legge relativa di cui all art. 23 della Costituzione in quanto gli obblighi di fare, non fare o dare non possono essere previsti sic et simpliciter dalle ordinanze sindacali ordinarie per ragioni di intervento ritenute meritevoli dall autorità politica ma richiedono al contrario una previsione generale di carattere legislativo. Al riguardo, la sentenza fa riferimento al vizio logico di autoreferenzialità ravvisabile in presenza di limiti alla discrezionalità non di origine legislativa bensì provvedimentale, come tali non idonei a definire validi confini di legittimità del suddetto agire amministrativo. La Corte, pertanto, evidenzia come l imposizione di comportamenti attivi ovvero omissivi non costituisca oggetto di autonoma previsione da parte dei sindaci in quanto non sono sufficienti i fini perseguiti di sicurezza ed incolumità pubblica per legittimare scelte provvedimentali che di fatto si traducono in interventi regolatori svincolati dalle previsioni di legge e dunque contrastanti con il principio di riserva di legge e legalità sostanziale. Parimenti, risulta violata la riserva di legge di cui all art. 97 Cost. prevista al fine di assicurare l imparzialità della pubblica amministrazione, la quale può soltanto dare attuazione, anche con determinazioni ulteriori, a quanto in via generale è previsto dalla legge che rappresenta il parametro in relazione al quale verificare concretamente il corretto agire amministrativo, essendo il medesimo assoggettato a scrutinio di legittimità costituzionale. La Corte evidenzia quindi come l assenza di una valida base legislativa, riscontrabile nel potere conferito ai sindaci dalla norma censurata, così come incide negativamente sulla garanzia di imparzialità della p.a., a fortiori lede il principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge in quanto non delimita il potere discrezionale dei sindaci con la conseguenza che gli stessi comportamenti potrebbero essere ritenuti variamente leciti o illeciti a seconda delle numerose frazioni del territorio nazionale rappresentate dagli ambiti di competenza dei sindaci. 6

7 In tali casi non si tratta di adattamenti o modulazioni di precetti legislativi generali in vista di concrete situazioni locali ma di vere e proprie disparità di trattamento tra cittadini, incidenti sulla loro sfera generale di libertà che possono consistere in fattispecie nuove ed inedite, liberamente configurabili dai sindaci senza alcuna base legislativa. Com è prevedibile tale disparità di trattamento, se manca un punto di riferimento normativo per valutarne la ragionevolezza, integra la violazione dell art. 3 primo comma Cost. in quanto consente all autorità amministrativa restrizioni diverse e variegate, frutto di valutazioni molteplici non riconducibili ad una matrice legislativa unitaria. La mancanza di un chiaro parametro legislativo e l impossibilità di misurare la grandezza e l intensità della discrezionalità attribuita ai sindaci dal comma 4 dell art. 54 TUEL si traduce in un possibile e pericoloso sconfinamento nell arbitrio con correlata violazione del generale principio di uguaglianza, disatteso ove eventuali differenti discipline di comportamenti, uguali o assimilabili, dei cittadini contenute nelle più disparate ordinanze sindacali, non siano valutabili alla luce di un comune canone legislativo che ponga le regole ed alla cui stregua si possa verificare se le diversità di trattamento giuridico siano giustificate dalla eterogeneità delle situazioni locali. Nel dichiarare l illegittimità costituzionale dell art. 54 comma 4 per violazione degli art. 23, 97 e 3 della Costituzione (assorbite le altre censure di legittimità costituzionale contenute nell ordinanza di remissione), la Corte concentra il proprio ragionamento sull importanza ed il ruolo svolto dalla riserva di legge nel nostro ordinamento che rappresenta lo strumento di definizione del quantum e del quomodo di discrezionalità amministrativa esercitatile dalle autorità locali. Pertanto, la sentenza in commento mette in evidenza non già la questione inerente l esistenza o meno di un potere di ordinanza di carattere ordinario a fronte di ragioni di sicurezza ed incolumità pubblica quanto piuttosto la necessità di individuare inderogabilmente una norma primaria in grado di delimitare i contorni di tale potere che solo nella legge può trovare la propria legittima dimensione. Ciò risulta particolarmente importante nelle ipotesi in cui l intervento sindacale sia tale da incidere sulle libertà fondamentali dei cittadini e sui principi fondamentali dell ordinamento tra cui la tutela della proprietà individuale, che non può essere incisa da prestazioni patrimoniali che non siano appositamente stabilite e previste dalla legge, ed il principio di non discriminazione che passa attraverso la riserva di legge di cui all art. 97 Cost. e l art. 3 che, mediante il parametro della ragionevolezza, permette di sindacare l orientamento dell azione amministrativa, piuttosto che nei presupposti meramente formali, nelle relative conseguenze giuridiche e nelle inevitabili ricadute a livello ordinamentale. 7

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