I PRINCIPI COSTITUZIONALI IN MATERIA PENALE

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1 I PRINCIPI COSTITUZIONALI IN MATERIA PENALE La Costituzione Italiana presenta in modo più o meno esplicito diversi principi in materia penale, non tutti però contenuti nell art. 27. Inoltre, gli stessi principi espressi dall art. 27 hanno un estensione determinata dall intero impianto costituzionale e talvolta da qualche altro specifico articolo della Costituzione stessa. Consideriamo dapprima queste estensioni, facendo riferimento soprattutto alle sentenze della Corte Costituzionale. ESTENSIONE DEI PRINCIPI ESPRESSI NELL ART. 27 Abbiamo già visto (nel cap. 4.1) in quale modo il principio di non colpevolezza fino alla condanna definitiva risulta declinato nelle norme costituzionali relative alla tutela penale. Abbiamo anche visto (nel cap. 1.1 ) come dopo la storica sentenza 364/88 della Corte Costituzionale il principio di colpevolezza si sia considerato implicito nell art. 27 comma 1. Abbiamo visto infine (nel cap. 3.3) come il principio della finalità rieducativa della pena sia stato assimilato nella legislazione italiana, soprattutto con la riforma penitenziaria del 1975 (L. 354). Aggiungiamo qui che la Corte Costituzionale ha ritenuto che la finalità rieducativa vada assegnata anche: 1) alle misure alternative [alla detenzione] previste in seno all ordinamento penitenziario (sentenza 503/02); 2) alla liberazione condizionale che rappresenta un particolare aspetto della fase esecutiva della pena restrittiva della libertà personale e si inserisce nel fine ultimo e risolutivo della pena stessa, quello, cioè, di tendere al recupero sociale del condannato (sentenza 204/74); 3) alla grazia la cui funzione è quella di attuare i valori costituzionali consacrati nel terzo comma dell art. 27 Cost., garantendo

2 soprattutto il senso di umanità, cui devono ispirarsi tutte le pene, [ ] non senza trascurare il profilo di rieducazione proprio della pena (sentenze 200/06). Importante per garantire il rispetto del fine rieducativo è poi la garanzia di individualizzazione della pena. Dove maggiormente c è questa necessità è l ambito della giustizia minorile, in quanto essa è diretta in modo specifico alla ricerca delle forme più adatte per la rieducazione dei minorenni (sentenza 25/64). Questo si collega a quanto previsto dall art. 31: La Repubblica protegge l infanzia e la gioventù, favorendo gli istituti necessari a tale scopo. Dall art. 31 deriva anche l incompatibilità della previsione dell ergastolo per i minorenni: Se l art.27. comma 3 non espone di per sé a censura di incostituzionalità la previsione della pena dell ergastolo esso assume, rispetto ai minorenni, un significato diverso poiché la funzione rieducativa per i soggetti minori di età è da considerarsi, se non esclusiva, certamente preminente ed anzi, proprio perché applicata nei confronti di un soggetto ancora in formazione e alla ricerca della propria identità, ha una connotazione educativa più che rieducativa, in funzione del suo inserimento maturo nel consorzio sociale (sentenza 168/94). PRINCIPI PRESENTI NELLA COSTITUZIONE AL DI FUORI DELL ART Principi espressi Veniamo ora agli altri principi. Quello più evidente, poiché è altrettanto esplicito che quelli espressi nell articolo 27, è il principio di legalità del reato e della pena. Si trova enunciato nell art. 25 comma 2: Nessuno può essere punito se non in forza di una legge che sia entrata in vigore prima

3 del fatto commesso. La prima parte esprime il principio di riserva di legge, la seconda il principio di irretroattività della norma penale. Il principio di riserva di legge è un principio filosofico-politico, di matrice contrattualista: a seguito del contratto sociale, vi è un monopolio penale detenuto dal legislatore statale. Storicamente, esprime la concezione illuministica della legge come strumento di superamento del pluralismo giuridico tipico dell Ancien Régime. È volto anche ad evitare abusi da parte di poteri diversi dal legislativo (è quindi coerente con il principio della separazione dei poteri). Infine, contiene implicitamente l idea della predeterminazione legale della pena, requisito essenziale affinché la discrezionalità giudiziale nella determinazione concreta della pena trovi nella legge il suo limite e la sua regola e non si traduca, invece, in arbitrio (sentenza 299/92). In genere, la Corte Costituzionale ammette l equiparazione, ai fini del rispetto della riserva di legge, fra legge e atti aventi forza di legge (decreti legislativi e decreti legge): il Parlamento può cioè delegare il Governo ad introdurre nuove norme penali. Al contrario, le fonti comunitarie sono sempre state dichiarate incompetenti in materia penale, coerentemente con il principio della sovranità statale. Tuttavia, le norme della Comunità Europea, pur non potendo avere effetti diretti sulla legislazione penale, sono state recentemente poste a fondamento di alcune sentenze di illegittimità costituzionale 1. Ciò è in accordo con l art. 11: L Italia consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo e con l art. 117 comma 1: La potestà legislativa esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli derivanti dall ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali. 1 Per un confronto fra la Costituzione Italiana e le Carte dei Diritti della Comunità Europea in materia penale, rimandiamo alla sezione dedicata

4 Quanto alle fonti regionali, infine, è escluso che la potestà punitiva possa fare capo alle Regioni. Questo sarebbe fra l altro in contrasto con l art. 3 (vedi sotto) e con l art. 5 il quale, pur nel riconoscere le autonomie locali, ribadisce La Repubblica, una e indivisibile. La riforma del Titolo V della Costituzione, che ha cambiato il riparto di competenze fra Stato e Regioni, non ha modificato tutto ciò. Il principio di irretroattività della norma penale è come sentenzia la Corte Costituzionale un fondamentale principio di civiltà giuridica (sentenza 148/83) ed un essenziale strumento di garanzia del cittadino contro gli arbitri del legislatore (sentenza 3, 94/06). Infatti, avuto riguardo anche al fondamentale principio di colpevolezza ed alla funzione preventiva della pena, desumibili dall art. 27 Cost., ognuno dei consociati deve essere posto in grado di adeguarsi liberamente o meno alla legge penale, conoscendo in anticipo sulla base dell affidamento nell ordinamento legale in vigore al momento del fatto quali conseguenze afflittive potranno scaturire dalla propria decisione: aspettativa che sarebbe per contro manifestamente frustrata qualora il legislatore potesse sottoporre a sanzione criminale un fatto che all epoca della sua commissione non costituiva reato, o era punito più severamente (ivi). Questo principio trova riscontro nelle varie Carte dei diritti sovranazionali (es. l art. 49 comma 1 della Carta dei diritti dell UE) Principi implicitamente ricavati Oltre ai principi espressi, ve ne sono altri che anche se non esplicitamente formulati possono essere ricavati con argomentazioni 2 Vedi nota 1

5 più o meno complesse a partire dalla stessa Costituzione. Innanzitutto ci sono i corollari del principio di legalità di cui si è appena detto. Il primo di questi, conseguenza diretta di quello di irretroattività, è quello della retroattività della norma penale più favorevole (o della lex mitior). Esso è una proiezione del principio di uguaglianza (art. 3 comma 1) che impone, in linea di massima, di equiparare il trattamento sanzionatorio dei medesimi fatti, a prescindere dalla circostanza che essi siano stati commessi prima o dopo l entrata in vigore della norma che ha disposto l abolitio criminis o la modifica mitigatrice (sentenza 394/06). Anche per questo c è un diffuso consenso internazionale, tanto che la Corte di Giustizia della Comunità Europea lo ha riconosciuto come principio generale dell ordinamento comunitario che fa parte delle tradizioni costituzionali comuni degli Stati membri. Ci sono poi i principi di tassatività e determinatezza: si ritiene che essi vengano riconosciuti implicitamente nell art. 25 comma 2. Essi sono direttamente menzionati nell art. 1 del Codice Penale: Nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto dalla legge come reato, né con pene che non siano da essa stabilite. Bisogna cioè che il reato e la sanzione siano previsti in modo tassativo, senza lasciare spazio ad interpretazioni. Anche le pene devono essere chiaramente determinate (Tale determinatezza prevede comunque un minimo e un massimo della pena, per consentire al giudice di adeguare la sanzione al caso concreto, tenendo conto del grado di gravità del reato): si tratta di evitare che, in contrasto con il principio della divisione dei poteri e con la riserva assoluta di legge in materia penale, il giudice assuma un ruolo creativo, individuando, in luogo del legislatore, i confini fra il lecito e l illecito; e per un altro verso, garantire la libera autodeterminazione individuale, permettendo al destinatario della norma di apprezzare a priori le conseguenze giuridico-penali della propria condotta (sentenza 327/08). A tal fine le disposizioni penali devono

6 essere rese conoscibili dai destinatari grazie ad una pubblicità adeguata (art. 73 comma 3). Un altro principio implicito nel dettato costituzionale è il principio di materialità, secondo il quale la pena dev essere utilizzata solo in relazione a comportamenti esteriori (cioè a fatti, non a mere intenzioni o a modi di essere della persona). Connesso a questo è il principio di offensività, secondo il quale non vi può essere reato senza offesa ad un bene giuridico, cioè a qualcosa che sia protetto dall ordinamento. Come il principio di colpevolezza, il principio di offensività è stato costantemente ribadito dalla Corte Costituzionale. 3. Principi generali del sistema Giudici della Corte Costituzionale Vi sono infine dei grandi principi costituzionali di carattere generale, che assumono un particolare significato in materia penale. Sono fra questi: il principio di proporzionalità, inteso non soltanto quale proporzione fra gravità del fatto e sanzione penale bensì, anche e soprattutto, quale [criterio di] congruenza degli strumenti normativi rispetto alle finalità da perseguire (sentenza 487/89); il principio di sussidiarietà, cioè la necessità che il diritto penale costituisca davvero la extrema ratio di tutela della società e che il legislatore non è sostanzialmente arbitro delle sue scelte criminalizzatrici, ma deve circoscrivere, per quanto possibile, tenuto conto del rango costituzionale della libertà personale, l ambito del penalmente

7 rilevante (sentenza 409/89). Questa idea è stata ulteriormente specificata chiarendo che la stessa è mezzo da riservare ai casi in cui non appaiano efficaci altri strumenti per la tutela di beni ritenuti essenziali (sentenza 317/96). il principio di ragionevolezza. Il giudizio di ragionevolezza delle norme penali è stato utilizzato anzitutto secondo il tradizionale paradigma della ragionevolezza-uguaglianza (art. 3). In base ad esso la Corte Costituzionale ha censurato ogni incriminazione in cui si potessero scorgere dei presupposti discriminatori su sesso, razza, lingua, religione, opinioni politiche e condizioni sociali. Un esempio è la sentenza 131/79, che ha dichiarato l illegittimità della conversione della pena detentiva in pena pecuniaria in caso di insolvibilità del condannato, osservando che la pena detentiva finisce per attuarsi soltanto a carico dei nullatenenti, dei soggetti cioè costretti alla solitudine di una miseria che preclude anche ogni solidarietà economica e reca, perciò, l impronta inconfondibile di una discriminazione basata sulle condizioni personali e sociali la cui illegittimità è apertamente, letteralmente proclamata dall art. 3 Cost. L EVOLUZIONE DELLA COSTITUZIONE PENALE I principi di cui sopra, come si è visto, sono stati sviluppati ed arricchiti dalla Corte Costituzionale anche sotto l influenza delle Carte sovranazionali nel loro contenuto di garanzia: alcuni sono stati affermati come principi inderogabili, come ad esempio il principio di irretroattività o come quello di colpevolezza; altri sono invece compatibili con deroghe ragionevoli, come il principio di offensività (cui si può derogare in caso di presunzione non irragionevole di pericolo). C è ampia condivisione sull approccio costituzionale, che ha consentito ai giudici di far convivere il Codice Rocco con la Costituzione democratica,

8 depurando il primo dalle norme più liberticide per rendere possibile il godimento dei diritti e delle libertà costituzionalmente garantiti. L approccio costituzionale ha posto soprattutto una serie di vincoli negativi per il legislatore penale. In questa prospettiva, la Corte Costituzionale ha di volta in volta utilizzato: decisioni interpretative di rigetto, decisioni di accoglimento parziale di tipo manipolativo, decisioni di illegittimità tout court. Non vi sono invece, nella nostra Costituzione, dei vincoli positivi di criminalizzazione, ovvero i cosiddetti obblighi costituzionali di tutela penale, tranne uno: si tratta dell art. 13 comma 4: È punita ogni violenza fisica e morale sulle persone comunque sottoposte a restrizioni di libertà. L importanza di questo articolo, cui si è accennato a proposito della mancanza del reato di tortura nel nostro c.p. (vedi cap. 3.3) sta sia nel ribadire il principio del rispetto della persona umana (cfr. art. 2: la repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell uomo), richiamando l art. 27 comma 3, sia nel pronunciarsi in modo esplicito sulla necessità di sanzionare gli abuso dello Stato nei confronti del cittadino. Con esso la Costituzione italiana si esprime in modo inequivocabile contro le cosiddette punizioni extragiudiziali, purtroppo ancora molto diffuse anche nei paesi democratici. La Corte Costituzionale

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