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1 Università degli Studi di Trieste Facoltà di Ingegneria Sintesi di una resina polimerica stabile per la produzione in vasca di lastre colate di polimetilmetacrilato di Guido Maestro Relatore: Angelo Cortesi Correlatore: Paolo Gozzi A. A

2 INTRODUZIONE Questo studio di tesi è stato sviluppato presso la ditta Plastidite S.p.A. di Trieste nel periodo luglio - settembre La ditta produce lastre colate in polimetilmetacrilato (PMMA), prevalentemente lisce, ma anche a finitura satinata o puntinata. Le lastre prodotte possono essere trasparenti, opacizzate o colorate, in tinta piena o fluorescenti, tramite l aggiunta, in fase di preparazione, di opportuni coloranti e additivi. La produzione attualmente si svolge con metodi tradizionali. Prima dell operazione di colata il monomero (MMA) liquido viene addensato, in un miscelatore, tramite l aggiunta di un granulo metacrilico, realizzato in emulsione, che risulta poi inerte alla successiva polimerizzazione in vasca per ottenere la lastra rigida. La polimerizzazione, fortemente esotermica, avviene quindi per via radicalica a catena, evidenziando difficoltà di controllo termico. Obiettivo dello studio è stata la ricerca di un metodo affidabile per evitare l utilizzo dell addensante, con la produzione di un pre-polimero stabile di polimetilmetacrilato. A tal scopo si è quindi polimerizzato il MMA operando il blocco della polimerizzazione a PMMA ad un certo livello di viscosità, con lo scopo di produrre una resina stabile, stoccabile in serbatoio per qualche giorno, ed infine utilizzabile per la colata, in funzione delle esigenze produttive dello stabilimento. Si sono quindi considerati tempi di produzione della resina dell ordine di un paio di ore (compatibili con la realtà industriale): gli esperimenti sono stati effettuati variando sia le quantità che le proporzioni relative degli iniziatori e di nuovi additivi utilizzati, atti al trasferimento-terminazione di catena. Proprio questi ultimi, attualmente non usati in produzione, sono stati al centro della ricerca perché in grado di far ottenere un peso molecolare meno disperso ed un ottimo controllo del calore sviluppato, evitando così l autoinnesco della reazione radicalica. Lo studio di tesi sviluppato ha portato alla possibile eliminazione dell addensante attualmente utilizzato in produzione con un risparmio economico netto relativo sia al costo dell addensante stesso, sia al miglioramento qualitativo delle lastre ottenute aventi una distribuzione dei pesi molecolari molto più omogenea. La preparazione di un pre-polimero stabile, inoltre, ha permesso di accorciare i tempi del processo con un ulteriore risparmio energetico ottenuto nel far procedere in vasca una reazione già parzialmente avanzata. 1

3 Negli esperimenti svolti la reazione di pre-polimerizzazione è stata addormentata, una volta raggiunto l avanzamento voluto, con un forte e repentino abbassamento della temperatura. Si è poi trasferita la resina (pre-polimero) in contenitori a temperatura ambiente. La resina così stabilizzata è stata quindi utilizzata, dopo un paio di giorni, per la produzione di piccole lastre, riattivando la polimerizzazione in vasca tramite calore ed eventualmente un ulteriore aggiunta di iniziatori. Le prove sono state sviluppate in un reattore da laboratorio realizzato ad hoc, passaggio obbligato per una prima verifica del processo, seguita dal progetto di un prototipo (impianto pilota) per un successivo scale-up industriale. L elaborato della tesi si sviluppa in due parti principali: una, iniziale, teoricaintroduttiva ed una sperimentale. Nella prima parte, relativa ai capitoli I-III, si introduce il mondo delle materie plastiche, con particolare attenzione al polimetilmetacrilato ed alla polimerizzazione a catena, nella seconda (capitoli IV e V) si descrive dettagliatamente l esperienza di laboratorio con il percorso sviluppato alla ricerca dell obiettivo. 2

4 CAP. I : MATERIALI POLIMERICI I polimeri sono materiali macromolecolari che hanno origine da un unità strutturale derivante da un monomero. Queste unità possono essere di una o più specie: in questo secondo caso si parla di copolimeri. Alcuni polimeri come la cellulosa, la gomma naturale e le resine sono di origine naturale; la stragrande maggioranza è di origine sintetica, sviluppata a partire dalla fine del 1800 con la prima produzione industriale di celluloide e bakelite. Le macromolecole possiedono un ampio spettro di proprietà fisiche: sono caratterizzate da bassi valori di peso specifico, da notevole inerzia chimica e possono evidenziare modesti carichi di snervamento con grandi allungamenti a rottura. Tutte hanno un importante limite nelle applicazioni industriali legato alla scarsa resistenza alle alte temperature. Una prima classificazione dei polimeri si può effettuare in base alla loro struttura: si distinguono in polimeri lineari, con unità strutturali legate a formare lunghe catene più o meno raggomitolate, in polimeri ramificati, quando da una catena principale si dipartono ramificazioni laterali ed in polimeri reticolati, quando alcune ramificazioni legano chimicamente più catene. Le diverse strutture influenzano, naturalmente, le proprietà delle macromolecole: così, i polimeri lineari (termoplastici) sono solubili in solventi e, all aumentare della temperatura, tendono a rammollire per poi passare in fase liquida, mentre quelli reticolati (termoindurenti) sono insolubili e infusibili. Se le unità strutturali sono tutte uguali si può parlare di omopolimero. La polimerizzazione però può coinvolgere due o più monomeri diversi: in questo modo si ottengono i copolimeri. In genere i polimeri ottenuti da un solo monomero presentano migliori caratteristiche meccaniche mentre i copolimeri sono più fluidi e malleabili negli stampi ed hanno una migliore resistenza all urto ed agli agenti chimici. 1.1 PESO MOLECOLARE E GRADO DI POLIMERIZZAZIONE Le caratteristiche dei materiali polimerici sono strettamente legate alla natura del monomero e al numero di unità monomeriche presenti nelle macromolecole. Si parla al riguardo di grado di polimerizzazione che rappresenta il numero di monomeri mediamente 3

5 presenti nelle macromolecole; solitamente compreso fra alcune centinaia e alcune migliaia di unità. Si parla altresì di peso molecolare medio delle macromolecole, che è semplicemente il prodotto del grado di polimerizzazione per il peso molecolare del singolo mero. Nel caso dei polimeri la peculiarità è rappresentata dal fatto che si tratta di sistemi eterogenei dal punto di vista delle lunghezze di catena e ciò si riflette in una non omogeneità dei pesi molecolari; per questa ragione è necessario impiegare funzioni o grandezze statistiche per descrivere la distribuzione dei pesi molecolari. È allora frequente ricorrere a valori medi del peso molecolare, che sono in realtà punti singoli della funzione di distribuzione. Vi sono due principali tipi di peso molecolare medio: numerico e ponderale. Il peso medio numerico si ottiene dividendo il peso totale di tutte le molecole polimeriche di un campione per il numero totale di molecole, ovvero come sommatoria dei pesi molecolari delle singole molecole (M i ) moltiplicate per la loro frazione molare (x i ): n i i M x M (1.1) Il peso medio ponderale, invece, tiene conto del fatto che molecole più lunghe hanno un maggior peso sulla quantità di massa totale e si calcola come sommatoria dei pesi molecolari delle singole molecole (M i ) moltiplicate per la loro frazione ponderale (w i ): M w i i w M (1.2) Nessuno dei pesi molecolari medi considerati, preso singolarmente, è completo. Normalmente la cosa migliore è cercare di conoscere la distribuzione del peso molecolare. Esistono diverse rappresentazioni della distribuzione delle masse molecolari. Nel grafico di figura 1, ad esempio, si riportano i valori dei pesi molecolari in funzione della frazione in peso data dal rapporto: Frazione in peso dw dm in cui dw = massa della frazione di peso molecolare fra M e M+dM. Il peso medio ponderale è sempre maggiore di quello numerico (vedi figura 1.1). Quale indice di eterogeneità rispetto il peso molecolare medio viene utilizzato il rapporto tra peso molecolare medio ponderale e numerico, che prende il nome di polidispersità: 4

6 Frazione in peso Polidispersità M w (1.3) n M Statisticamente, per molti processi di polimerizzazione, il rapporto tende a 2 Mn Mw P. Molecolare Figura 1.1: Distribuzione dei pesi molecolari di un polimero Per le strutture reticolari non esiste una misura monodimensionale significativa della lunghezza. Per le strutture lineari ci sono due parametri: la lunghezza quadratica media e la lunghezza estesa [1]. La lunghezza quadratica media rappresenta la lunghezza effettiva della molecola lineare come si presenterebbe nel solido polimerico: L l m (1.4) dove l è la lunghezza di un singolo legame nello scheletro della catena dell idrocarburo ed m è il numero di legami. La lunghezza estesa è una lunghezza ipotetica, che si ottiene immaginando di estendere la molecola nel modo più lineare possibile (senza la distorsione dell angolo di legame, pari a per una catena lineare): 109,5 L est m l sin (1.5) 2 Ogni atomo può ruotare liberamente attorno all angolo di legame: il risultato è una configurazione molecolare a gomitolo e avvolta (vedi figura 1.2). 5

7 Figura 1.2: Angolo di legame e conformazione di catena di un polimero Un altro importante parametro per i polimeri termoplastici che vengono elaborati allo stato fluido è il comportamento reologico, che a sua volta è strettamente legato al grado di polimerizzazione. A molecole corte corrisponde un assetto ordinato allo stato solido, una temperatura di fusione netta e un liquido molto mobile. A molecole di media lunghezza corrisponde un solido meno ordinato, un modesto intervallo per la fusione e un liquido viscoso; a molecole molto lunghe corrisponde un solido largamente amorfo, un ampio intervallo per la fusione e la formazione, ad alta temperatura, di un prodotto gommoso, difficile da formare [2] (vedi figura 1.3). Figura 1.3: Comportamento reologico in funzione del grado di polimerizzazione 6

8 1.2 POLIMERI AMORFI E CRISTALLINI La struttura di un polimero dipende anche dalle condizioni di solidificazione. Allo stato fuso le macromolecole hanno forma disordinata e si muovono continuamente all interno di una fase che è isotropa e amorfa. Al diminuire della temperatura le macromolecole tendono a raggiungere una configurazione di minima energia, associandosi in fasci che vengono inglobati in una matrice amorfa di macromolecole disordinate. Normalmente i polimeri si ripiegano su se stessi dopo essersi allungati per brevi tratti; diversi spezzoni si dispongono parallelamente tra loro favoriti dalla possibilità di connessioni intermolecolari. Si vengono così a formare le cosiddette lamelle cristalline, interconnesse da qualche molecola laccio [2] (vedi figura 1.4). Figura 1.4: Struttura lamellare di un polimero Variando le modalità di raffreddamento di un polimero fuso si sviluppano nuclei di cristallizzazione dai quali crescono, in direzione radiale, nastri di lamelle che alla fine formano aggregati di forma sferica dette sferuliti (figura 1.5). Queste hanno diametri variabili da 10 a 1000 μm e la loro dimensione non aumenta più quando incontrano altre sferuliti in fase di crescita; sono tenute insieme da molecole laccio che attraversano la superficie di contatto. Il loro diametro dipende dalla velocità di nucleazione e influenza le caratteristiche del polimero; sferuliti grosse, non nucleate, inducono fragilità mentre sferuliti piccole, nucleate, inducono tenacità. La deformazione di un polimero semicristallino è spesso accompagnata da una profonda modificazione della sua struttura. Mediante un carico a trazione si passa da una struttura a sferuliti indeformate a una struttura di tipo lamellare. Si formano così le fibre, fasci di catene parallele, con forti proprietà anisotrope: legami deboli fra catene e forti lungo di esse. Nella struttura di questi materiali sono 7

9 presenti dei microvolumi, all interno dei quali le macromolecole si dispongono con un certo ordine quasi fossero dei cristalli. Questi microvolumi, denominati cristalliti, sono dispersi in una matrice amorfa e hanno dimensioni dell ordine di 100 Å, ovvero di 10-6 cm [2]. La frazione di polimero che si trova allo stato ordinato prende il nome di grado di cristallinità. Figura 1.5: Rappresentazione di una Sferulite Sottoposti a stiramento a freddo i polimeri mostrano un aumento del grado di cristallinità e un orientamento dei cristalliti parallelo alla direzione di sollecitazione. All aumentare della cristallinità in un polimero aumentano la resistenza meccanica, la temperatura di impiego, la densità. 8

10 1.3 COMPORTAMENTO DI UN POLIMERO CON LA TEMPERATURA Coefficiente di espansione termica lineare [1] Indica l aumento (dl) che si ha, con il crescere della temperatura (dt), della dimensione complessiva (L) del materiale in una determinata direzione e viene espresso come: 1 dl (1.6) L dt I polimeri hanno dei coefficienti alti rispetto ai metalli, e ancor di più rispetto ai materiali ceramici o ai vetri, perché hanno delle energie di legame meno elevate. Quindi, un aumento della temperatura porta ad una maggiore vibrazione termica degli atomi e ad un incremento della distanza di separazione media degli atomi adiacenti. Conduttività termica [1] Esprime la velocità di trasferimento di calore attraverso un area a causa di un gradiente di temperatura. La conduzione del calore nei materiali interessa due meccanismi primari: le vibrazioni atomiche e la conduzione degli elettroni liberi. I polimeri essendo, in genere, elettricamente neutri possono condurre meno il calore rispetto altri materiali come i metalli. Le vibrazioni atomiche, che sono la sorgente prevalente di conduzione termica nei polimeri, hanno più facilità di propagarsi in una struttura più ordinata, più cristallina, rispetto ad una amorfa anche della stessa composizione. [1] Calore specifico C p È definito come la quantità di calore, a pressione costante, da fornire ad un grammo di sostanza per innalzarne la temperatura di un K. Generalmente i polimeri non sono dei buoni conduttori termici rispetto ad altri materiali, come i metalli, e quindi hanno calori specifici più elevati. Temperatura di transizione vetrosa- temperatura di fusione [3] Il calore specifico di un polimero termoplastico, amorfo o semicristallino, per una continua somministrazione di calore, subisce un improvviso aumento in corrispondenza di una temperatura, caratteristica per ogni macromolecola, denominata temperatura di transizione vetrosa, T g. Il coefficiente di espansione termica sotto T g è paragonabile a quello di un solido cristallino, sopra T g a quello di un liquido. 9

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