Carlo Magno e l'impero Romano d'occidente

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1 Carlo Magno e l'impero Romano d'occidente Nel 774 il Regno Longobardo in Italia cessò definitivamente di esistere. Dopo la sconfitta del 751, quando i franchi di Pipino erano intervenuti una prima volta nella penisola, i longobardi non avevano rinunciato al dominio sull'italia settentrionale, e avevano tentato nuovamente di conquistare Ravenna. Papa Adriano invocò quindi un altro intervento dei franchi, il cui re questa volta era Carlo (salito al trono nel 768), figlio di Pipino, il quale scese di nuovo in Italia e, a Verona, sconfisse il re longobardo Desiderio. La Chiesa cattolica si era salvata dunque grazie all'intervento del nuovo re dei franchi. Dopo aver lasciato i propri soldati a presidiare i territori conquistati in Italia, e a tutela dei possedimenti della Chiesa, Carlo tornò in Francia dove rafforzò il proprio potere e pose le basi per le successive conquiste. In pochi anni infatti i franchi riuscirono a sottomettere prima i Sassoni, popolo che abitava il nord della Germania, poi gli Avari, occupando così la parte meridionale della Germania e l'odierna Austria. Carlo cominciò inoltre la lenta riconquista delle regioni spagnole, che erano state conquistate in precedenza dagli Arabi. Nel 796 poteva dirsi conclusa la missione di re Carlo, ovvero quella di riunificare sotto di sé i territori che formavano il vecchio impero romano d'occidente. Fondamentale fu per Carlo il costante sostegno della Chiesa cattolica, che già aveva usufruito dell'intervento dei franchi in funzione antilongobarda. Carlo si presentava quindi come il difensore della fede cattolica: egli convertì al cattolicesimo i popoli sottomessi, in alcuni casi con atroce violenza, come nel caso dei Sassoni, e lanciò la sfida alla penetrazione araba in Europa Occidentale. L'alleanza tra Franchi e Chiesa cattolica, fra trono e altare, venne sancita la notte di Natale dell'anno 800, quando Carlo ricevette da papa Leone III il titolo 1

2 di imperatore, diventando così Carlo Magno. L'immenso territorio da lui conquistato, che corrispondeva grosso modo all'odierna Europa Occidentale, esclusi i territori sotto dominazione araba, andò a formare il Sacro Romano Impero: sacro in quanto riconosciuto e consacrato dalla Chiesa, romano in quanto continuatore della tradizione dell'antico impero romano. L'impero di Carlo Magno fu organizzato in modo del tutto diverso dall'antico impero romano. Il regno dei Franchi era un piccolo Stato: il suo territorio si era rapidamente ampliato per le conquiste militari, ma non aveva modo di controllare e amministrare dal centro uno spazio così vasto. La stessa città di Aquisgrana, dove Carlo risiedeva normalmente, non fu mai la capitale dell'impero, e l'imperatore ebbe palazzi in vari luoghi dove spesso risiedeva (Reims, Magonza, Treviri ecc.). Per risolvere questo problema, Carlo divise il territorio dell'impero in parti, chiamate contee e marche, e ne affidò l'amministrazione a suoi fedeli detti conti e marchesi. Questi ultimi reggevano le cosiddette marche di confine, zone che necessitavano di una più efficiente difesa militare contro le popolazioni vicine. In molti luoghi invece l'amministrazione era affidata ai vescovi. Conti, marchesi ed ecclesiastici governavano a nome dell'imperatore le zone loro affidate, vi riscuotevano le tasse e amministravano la giustizia. I territori vennero così affidati a uomini di fiducia di Carlo Magno: nacquero i feudi, e feudatari erano coloro che per conto del re li amministravano. Carlo fece restaurare le antiche strade romane e le comunicazioni tornarono a essere più agevoli e sicure. Lentamente anche la vita economica acquistò nuovo slancio. Nelle campagne la produzione agricola si riavviò, favorita anche dall'organizzazione dei monasteri e dei vescovati. Le antiche città ripresero le attività artigianali e gli scambi commerciali e in molti centri si organizzarono fiere e mercati. L'imperatore fece inoltre coniare una nuova moneta d'argento, la lira, divisa in 20 soldi e 12 denari. 2

3 Contemporaneamente, anche la cultura rifiorì. Carlo Magno era quasi analfabeta: probabilmente imparò a leggere ma non a scrivere. Si rese conto tuttavia che gli era necessario il consiglio di uomini colti e di funzionari preparati. Favorì così il sorgere di scuole pubbliche nelle città che erano sedi vescovili e protesse particolarmente lo studio della medicina e della matematica. Si deve a un suo consigliere, (il monaco sassone Alcuino) quello che forse fu il più grande successo della cultura carolingia: la riforma della scrittura; le pesanti e poco leggibili lettere "gotiche" vennero sostituite dalla minuscola carolina, adottata in tutta l'europa del tempo e assai vicina alla scrittura che usiamo oggi. Con tale riforma, scrivere divenne più facile e i manoscritti furono assai più leggibili. La copiatura dei testi fu resa più agevole e rapida, e di conseguenza vi fu una maggiore diffusione della cultura. Sicuramente, quella che si apprendeva nell'età carolingia era una cultura di tipo enciclopedico, con molte nozioni mandate a memoria e poca riflessione; ma il merito più importante di questa prima timida rinascita fu l'aver salvato l'immenso patrimonio culturale del mondo greco-romano, che sarà ripreso e riscoperto nei secoli successivi. Lo stesso imperatore volle presentarsi come continuatore della cultura romana e ordinò che il latino fosse la lingua ufficiale dell'impero. Carlo Magno morì nell'814. Alla sua morte l'impero venne suddiviso in tre parti, ciascuna delle quali fu affidata ad uno dei suoi tre figli. Alla morte dell'ultimo figlio, Ludovico il Pio, l'impero passò agli eredi di questi: era l'843 e si decise, dopo lunghe lotte intestine, che l'italia spettasse a Lotario, la Francia a Carlo il Calvo e la Germania a Ludovico. Quando questa suddivisione sembrava poter mettere fine alle lotte fra gli eredi di Carlo Magno per la supremazia dell'europa, nuovi popoli si 3

4 affacciarono in Occidente: erano le seconde invasioni barbariche. Slavi e Ungari a oriente, Arabi a sud,vichinghi o Normanni a settentrione sembrarono mettere in crisi il sistema creato da Carlo Magno. La suddivisione dell'impero in feudi indebolì in maniera decisiva il potere centrale, impedendo un efficace resistenza ai popoli provenienti da fuori: l'ultimo imperatore carolingio fu Carlo il Grosso e si mostrò incapace di conservare l'impero. Questo cessava di esistere già nell'887. Per quanto riguarda i nuovi popoli che si affacciarono in Europa a partire dal IX secolo, gli Ungari (o Magiari) vennero fermati dai feudatari germanici e decisero di stanziarsi nell'attuale Ungheria, dove si dedicarono all'agricoltura e si convertirono al cristianesimo. Nell'Europa del Sud continuava la pressione dei pirati arabi: i Saraceni sbarcarono a più riprese in Italia e nel Sud della Francia, mentre le grandi isole del Mediterraneo (Sicilia, Sardegna, Corsica) vennero occupate stabilmente dagli Arabi. Dalla Scandinavia era invece partita l'avanzata dei Vichinghi, o Normanni, grandi navigatori e pirati: essi si stabilirono nel nord della Russia, nella Francia settentrionale (l'attuale Normandia) e, da qui, passarono poi in Inghilterra dove nel 1066 riuscirono a prevalere sulle popolazioni che già abitavano l'isola britannica, gli Angli e i Sassoni. Sempre i Normanni si spingeranno fino all'italia meridionale, riuscendo a strappare la Sicilia agli Arabi. In Francia, in Italia e in Germania, cioè in quei territori che avevano costituito il Sacro Romani Impero d'occidente si era affermato il sistema dei feudi. Si creò quindi un vuoto di potere, che nessuno dei feudatari riuscì a colmare nel breve periodo, fino a quando in Germania non emerse la figura di Ottone I di Sassonia che, dopo aver sconfitto gli Ungari, salvando quindi di nuovo l'europa cristiana dai barbari, riuscì a conquistare parte della Francia e l'italia settentrionale. 4

5 Il Sacro Romano Impero germanico Fu papa Giovanni XII che incoronò imperatore Ottone I, nel 962, sancendo la nascita del Sacro Romano Impero germanico. Le principali differenze col precedente impero carolingio riguardavano innanzitutto l'estensione, assai più ridotto era l'impero di Ottone, limitato alla Germania e all'italia del Centro- Nord, rispetto a quello di Carlo Magno. In Francia infatti l'aveva alla fine spuntata Ugo Capeto, che darà vita alla dinastia dei Capetingi, capace di controllare l'area intorno a Parigi e di gettare le basi della futura nazione francese. Inoltre quello di Ottone, e poi di suo figlio Ottone II, non era un impero ereditario: l'imperatore veniva eletto dai grandi principi tedeschi. Ottone si era presentato come difensore della Chiesa e venne consacrato imperatore dal pontefice; tuttavia egli, fu ben consapevole della propria forza politica e militare, e così avvenne con i suoi successori. Da allora i rapporti tra papa e imperatore furono piuttosto da pari a pari e, in seguito, per questioni di potere politico, anche di forte rivalità. L'Impero Bizantino a Oriente Mentre l'europa Occidentale era sconvolta da guerre e invasioni barbariche, ad Est splendeva ancora l'impero Romano d'oriente. Capaci di respingere l'avanzata araba, i Bizantini erano riusciti a spingersi fino all'italia meridionale, conquistando la Puglia e la Calabria. Essi controllavano inoltre la penisola balcanica. Le terre furono in gran parte distribuite a piccoli proprietari, che le coltivavano direttamente e che, in caso di guerra, venivano richiamati alle armi. Come già 5

6 era avvenuto a Roma, questa classe di contadini-soldati costituì la forza economica e militare che teneva in piedi lo Stato. Tutti i territori controllati da Costantinopoli vennero suddivisi in temi, cioè regioni governate da generali (strateghi) che dipendevano direttamente dall'imperatore. La lingua greca era, la lingua ufficiale dell'impero: questo permise di conservare, studiare e diffondere il grande patrimonio culturale del mondo greco antico. Un successo religioso e politico di Costantinopoli fu rappresentato dalla conversione delle popolazioni slave al cristianesimo: la Chiesa greca si diffuse nelle vaste regioni della Bulgaria e della Russia, aumentando notevolmente così l'influenza del1' impero bizantino. La Chiesa Cattolica A partire dall'viii secolo il prestigio della Chiesa cattolica, e quindi del papa, era cresciuto notevolmente in tutta l'europa Occidentale. I popoli che mano a mano giungevano sul territorio europeo grazie alle invasioni barbariche si convertirono quasi interamente al cristianesimo, volontariamente, come nel caso dei Franchi, o con la forza come per i Sassoni. In età medievale inoltre la cultura passò quasi per intero nelle mani della Chiesa, che ne deteneva il monopolio: i maggiori scrittori, cronisti e filosofi erano cristiani e spesso ecclesiastici. Le loro opere, così come quelle dei padri della Chiesa (sant'agostino, sant'ambrogio, san Girolamo) e dei grandi autori greci e romani, erano conservate nelle biblioteche delle chiese e soprattutto dei monasteri. I monasteri divennero fondamentali centri di civiltà, sostituendo spesso i centri politici. Il fenomeno del monachesimo, il cui iniziatore fu nel 529 Benedetto da Norcia, che fondò il monastero di Montecassino, contribuì poi in maniera decisiva alla diffusione del cristianesimo e alla conversione delle 6

7 popolazioni barbariche. Il feudalesimo Con Carlo Magno si era imposto in Europa Occidentale il sistema feudale come modello di organizzazione politica e territoriale. Il modello economico corrispondente era quello curtense: l'agricoltura costituiva l'attività principale di castelli e monasteri. Il signore, come anche l'abate del monastero, faceva direttamente coltivare parte delle proprie terre; in genere le più vicine, da servi; costoro non potevano abbandonare la terra alla quale erano legati, e venivano comprati e venduti con essa. Chiamati servi della gleba essi potevano essere liberati solamente dal proprietario. La procedura politica con cui il feudo veniva assegnato al feudatario era invece l'investitura: essa iniziava con il giuramento di fedeltà e di obbedienza, il Vassallo che riceveva il feudo rendeva omaggio al Signore che lo concedeva mettendosi in ginocchio a capo scoperto; giurava a questi fedeltà e che avrebbe messo al suo servizio le sue truppe, i propri amici e la propria famiglia. Dopo l'omaggio e il giuramento, il signore "investiva" il vassallo del beneficio affidandogli il territorio del feudo, ponendo nelle sue mani i simboli dei poteri e delle ricchezze ma anche dei suoi obblighi. Il sovrano, o il signore, concedeva al vassallo le cosiddette immunità: il potere di comando civile e militare, l'autorità sugli abitanti del feudo, il diritto di amministrare la giustizia, direttamente o tramite suoi giudici. Il vassallo poteva poi riscuotere le tasse. La società feudale si divideva sostanzialmente in tre classi. Feudatari e cavalieri si dedicavano all'attività militare, e alla difesa del feudo quindi; gli 7

8 ecclesiastici si dedicavano alla preghiera e alla cura delle anime; infine il resto della popolazione, prevalentemente contadina, si dedicava all'attività economica, ovvero alla produzione agricola. Per quanto concerne la prima classe, che poi era quella che deteneva tutto il potere politico, si diffuse la consuetudine, alla morte del feudatario, di lasciare il feudo in eredità al primogenito: questo per evitare di smembrare l'unità territoriale tra i vari figli, indebolendo così la stessa entità politica. In genere ai figli minori restavano due possibilità: diventare ecclesiastici o intraprendere la carriera militare. Fu in ogni caso la Chiesa a sfruttare la cavalleria, e non viceversa. Fu la Chiesa infatti a considerare quella dei cavalieri come una classe sociale, e in particolare la classe sociale dominante, con lo scopo di avere un valido strumento militare, sia a tutela della fede cristiana (in secoli in cui la pressione musulmana pareva poter mettere in pericolo l'egemonia cristiana sull'europa), sia a difesa dell'ordine costituito, cioè a tutela dei privilegi delle prime due classi sociali e a danno della terza, quella dei contadini. Altra caratteristica peculiare della società feudale, in riferimento al rapporto tra potere politico e potere temporale, fu la cosiddetta lotta per le investiture. Fu Enrico IV, imperatore del Sacro Romano Impero nell'xi secolo, a spingere affinché i vescovi tedeschi si sollevassero contro il papa. Questi, che era Gregorio VII, lo scomunicò. L'imperatore raggiunse così il castello di Canossa, si inginocchiò davanti a Gregorio VII ed ottenne la remissione della scomunica. La guerra per le investiture continuerà anche dopo la morte di questi due uomini, ma l'atteggiamento di sottomissione mostra già la debolezza di un'organizzazione statale, quella imperiale, che di lì a poco sarebbe definitivamente decaduta. Gli inizi del secondo millennio furono per la Chiesa un periodo di profonda 8

9 crisi. Nella società feudale essa aveva avuto un ruolo prezioso: aveva mantenuto vivo il messaggio cristiano della pace e della fratellanza e tenuto sotto controllo l'irrequietezza dei cavalieri, aveva condannato le maggiori violenze e, in qualche caso, era anche riuscita a evitarle. Ma come tutte le istituzioni, anche la chiesa era fatta di uomini, con le loro debolezze; molti erano entrati a farne parte senza un'autentica vocazione, per questioni di potere politico o, semplicemente, per trovarvi da vivere. Col passare del tempo, insomma, la Chiesa sembrava aver dimenticato la propria missione spirituale: numerosi vescovi, abati, cardinali, gli stessi pontefici vivevano nella ricchezza e nel lusso e tenevano una propria corte come i principi; erano spesso governanti, amministratori, signori feudali, piuttosto che pastori di anime o capi di comunità religiose. Spesso le cariche ecclesiastiche venivano acquistate e rivendute per denaro. Altre volte le autorità della chiesa assegnavano i beni della chiesa stessa a parenti, amici e sostenitori. 9

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